Nutrizione PDF - Accademia Italiana Personal Trainer

Summary

Questo documento fornisce una panoramica sulla nutrizione, includendo concetti come la composizione degli alimenti, la digestione e l'assorbimento dei nutrienti, e le funzioni dei vari nutrienti. Parla delle caratteristiche dei carboidrati, proteine e lipidi, ed esplora i differenti tipi di nutrienti. Gli spunti sono destinati a un pubblico professionale, come personal trainer.

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ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 18. NUTRIZIONE Per alimentazione si intende l’assunzione di alimenti al fine di nutrire l’organismo e, in tal modo, garantire l’apporto di tutte le sostanze necessarie allo sviluppo delle strutture corpor...

ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 18. NUTRIZIONE Per alimentazione si intende l’assunzione di alimenti al fine di nutrire l’organismo e, in tal modo, garantire l’apporto di tutte le sostanze necessarie allo sviluppo delle strutture corporee e allo svolgimento delle funzioni vitali. Una buona alimentazione deve favorire la tutela della salute ed una buona qualità della vita. Viene definito alimento, qualsiasi sostanza utilizzabile dall’organismo ai fini dell’accrescimento e del mantenimento del funzionamento delle strutture corporee; gli alimenti si possono distinguere per origine: animale, vegetale o minerale. Un’alimentazione sana ed equilibrata deve rispettare alcune regole generali: varietà della proposta degli alimenti; adeguatezza dell’apporto dei nutrienti e dell’energia; proporzionalità nella ripartizione dei nutrienti; distribuzione corretta delle reazioni alimentari nell’arco della giornata. La quantità e la qualità degli alimenti che assumiamo è definita razione alimentare, mentre per dieta, si intende l’organizzazione di più razioni alimentari nel tempo. Nella prescrizione di una proposta nutrizionale, non si può prescindere dal considerare: le abitudini alimentari preesistenti (apporti nutrizionali, gusti, tradizioni, convinzioni ed esperienze personali, ecc.); le esigenze nutrizionali quantitative (apporto energetico); le esigenze nutrizionali qualitative (composizione della razione alimentare in macro e micronutrimenti). 170 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER DIGESTIONE E ASSORBIMENTO Possiamo definire, in maniera sintetica la digestione, come l’insieme dei processi meccanici, chimici ed enzimatici, attraverso i quali l’organismo, è in grado di dividere il cibo ingerito in molecole sempre più piccole e semplici, in modo da poterle assorbire a livello dell’intestino. La ''digeribilità'' di un alimento, è legata al tempo che esso impiega per lasciare lo stomaco (svuotamento gastrico): tanto maggiore è il tempo necessario, tanto minore sarà la digeribilità dell'alimento. Prima tappa: la bocca Nella bocca, gli alimenti vengono masticati, mescolati alla saliva, ed in parte da essa digeriti grazie all’enzima ptialina, contenuto nel liquido salivare che opera una prima scissione degli amidi. La deglutizione, consente il transito del cibo attraverso la faringe e l’esofago fino allo stomaco. Seconda tappa: lo stomaco A livello gastrico, il cibo viene ulteriormente digerito dal succo gastrico. Gli enzimi effettuano una parziale degradazione delle proteine ad opera della pepsina gastrica e dei grassi ad opera della lipasi gastrica. Terza tappa: il duodeno Nel duodeno, primo tratto dell’intestino tenue, confluiscono il dotto pancreatico (dal pancreas, ghiandola che secerne enzimi ed ormoni) ed il dotto biliare (dalla cistifellea, contenitore della bile, secreta a livello epatico) che veicolano gli enzimi specifici (proteinasi, lipasi, saccaridasi) necessari alla digestione finale delle proteine, dei grassi e dei glucidi. Quarta tappa: l’intestino tenue Le molecole, prodotte dalle reazioni enzimatiche, subiscono, se necessario, un’ulteriore scissione in micromolecole fino a renderne possibile l’assorbimento da parte degli enterociti, cellule intestinali specializzate per questa funzione. I nutrienti assorbiti attraverso il citoplasma, vengono riversati nel flusso sanguigno o linfatico e, attraverso i capillari, ridistribuiti al fegato (filtro cellulare) e poi alle cellule di tutto il corpo dove esplicano le loro specifiche funzioni. 171 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 18.1 CARATTERISTICHE GENERALI DEI NUTRIENTI I nutrienti che formano gli alimenti sono: i carboidrati; le proteine; i lipidi; i sali minerali; le vitamine; l’acqua. L’acqua, i glucidi, le proteine ed i grassi sono considerati macronutrienti, perché presenti in quantità rilevante nell’organismo, mentre le vitamine ed i sali minerali, presenti in quantità inferiore, vengono definiti micronutrienti. Per alcuni alimenti, a volte, il contenuto dei vari nutrienti non corrisponde esattamente alla quantità che l’organismo è realmente capace di utilizzare, dopo i processi di digestione e di assorbimento; la quota del contenuto totale di ciascun nutriente, presente in un alimento che l’organismo riesce ad assorbire e ad utilizzare viene definita ''biodisponibile'' corrisponde, quindi alla quantità di un nutriente realmente responsabile della qualità biologica dell’alimento. Vengono definiti nutrienti energetici, quelle sostanze presenti negli alimenti, in grado di fornire all'organismo l’energia necessaria per l’espletamento di tutte le funzioni, compresa la contrazione muscolare. Appartengono a questa categoria di nutrienti: i glucidi, i lipidi e le proteine. Anche l’alcol, prodotto dalla fermentazione alcolica degli zuccheri, fornisce energia all’organismo, ma non viene comunemente considerato, in quanto non indispensabile per l'organismo. L'acqua, le vitamine e i sali minerali non forniscono energia, per questo vengono definiti nutrienti non energetici. Le proteine vengono utilizzate per lo più a scopo plastico, per la formazione, riparazione ed accrescimento dei tessuti e degli organi dell'organismo. Solo secondariamente vengono utilizzate le calorie contenute nelle proteine per soddisfare le necessità energetiche dell’organismo, in condizioni di digiuno prolungato, o nel corso di attività fisiche prolungate. In condizione di riposo, la principale fonte energetica (substrato) per le cellule sono i lipidi, ottenuti attraverso l'ossidazione degli acidi grassi (metabolismo aerobico). Anche i carboidrati (glicogeno muscolare ed epatico, glucosio circolante nel sangue), vengono utilizzati in condizione di riposo a scopo energetico, anche se il loro utilizzo diventa predominante nel corso dell'attività fisica, specie se svolta ad alta intensità. 172 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 18.2 LE FUNZIONI DEI NUTRIENTI In base alle caratteristiche chimico-fisiche delle singole molecole che li compongono, i nutrienti adempiono alle funzioni: plastiche, energetiche, protettive e bioregolatrici. I carboidrati e i lipidi, hanno una funzione principalmente energetica, liberano energia sotto forma di calore o la immagazzinano come molecole di ATP. Le proteine svolgono una funzione prevalentemente plastica, costituiscono lo scheletro delle strutture corporee (ossa, muscoli, unghie, capelli) e solo in caso di ''malnutrizione energetica'' vengono utilizzate per produrre energia. Le vitamine e i sali minerali svolgono un’azione bioregolatrice e catalizzatrice nelle reazioni chimiche. Inoltre, alcune vitamine e alcuni sali minerali, svolgono un’azione di protezione nei confronti di possibili fattori interni (endogeni) ed esterni (esogeni) in grado di danneggiare le strutture cellulari. Una proprietà chimica importante, da un punto di vista nutrizionale, delle molecole che costituiscono gli alimenti è la tendenza a rilasciare ioni positivi o negativi durante le reazioni biochimiche. Da un punto di vista metabolico, ciò può determinare un cambiamento del pH. Il pH medio fisiologico del sangue arterioso è 7,42 a 38°C. Va precisato che l’organismo dispone di efficienti e specifici meccanismi metabolici (sistemi tampone) che sono in grado di mantenere in modo costante l’equilibrio tra acidità (pH7) dei livelli di pH sanguigno, in quanto anche minime alterazioni potrebbero ripercuotersi in maniera importante sulle funzioni necessarie a garantirne la vita. Pertanto, a differenza di quanto molto spesso si sente affermare, il consumo di cibi ''acidificanti'' o ''alcalinizzanti'', non è in grado di modificare, nei soggetti in buona salute, l’equilibrio acido-base, all'interno dell'organismo. Inoltre va precisato che la maggior parte dei cibi sono costituiti allo stato naturale, da sostanze neutre (pH7) che solo dopo essere state digerite e metabolizzate danno origine a composti acidi o alcalini. 173 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 18.3 I CARBOIDRATI I carboidrati, anche conosciuti ''come idrati di carbonio'' o ''glucidi'' o ancora più diffusamente con il termine di zuccheri provengono tutti dal mondo vegetale, eccetto il lattosio (disaccaride presente nel latte, formato da una molecola di glucosio e una di galattosio) che rappresenta l’unica fonte animale di zuccheri. In base al numero di gruppi CHO, al tipo di composizione chimica e alla struttura che assumono, i glucidi si dividono in : monosaccaridi (una sola molecola): glucosio, levulosio, fruttosio, galattosio e mannosio; disaccaridi (due molecole di monosaccaridi unite insieme): maltosio (glucosio- glucosio) lattosio (glucosio-galattosio) e saccarosio (glucosio-fruttosio); polisaccaridi (tre o più molecole di monosaccaridi): amidi, glicogeno e fibra. I monosaccaridi e i disaccaridi, sono detti anche zuccheri semplici, mentre i polisaccaridi sono detti zuccheri complessi. I carboidrati si dividono in : Carboidrati disponibili: zuccheri semplici (glucosio, fruttosio, lattosio, maltosio e saccarosio); polisaccaridi (amido, destrine e glicogeno). Carboidrati non disponibili: oligosaccaridi della serie del raffinosio ( raffinosio, strachiostro, ecc.); fibra alimentare (cellulosa, lignina, emicellulosa, pectina,ecc.); amido non digeribile o ''resistente'' La funzione principale dei carboidrati è quella di produrre energia: hanno in media un potere calorico di 4 Kcal/g. Il glucosio contenuto nelle cellule può provenire da tre differenti fonti: la dieta, la glicogenolisi (scissione delle molecole di glicogeno accumulate nel fegato e nei muscoli scheletrici) e la gluconeogenesi epatica (produzione di glucosio a partire dagli aminoacidi: alanina, arginina, asparagina, acido aspartico, cisteina, acido glutammico, glutammina, glicina, istidina, metionina, prolina, serina, treonina, triptofano e valina); queste tre vie in misura variabile e a seconda delle condizioni metaboliche e alimentari, vengono utilizzate dall'organismo per mantenere costante la glicemia sanguigna. 174 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER La glicemia indica la concentrazione ematica del glucosio che in condizioni normali oscilla tra 60-110 mg/dl. Nella dieta la quantità di glucidi deve rappresentare il 55/65% della quota energetica totale giornaliera (ETG). La quota giornaliera totale di glucidi deve essere rappresentata per l'80% dai glucidi complessi e per il restante 20% dai glucidi semplici. 175 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 18.4 LE PROTEINE Le proteine sono costituite da unità semplici, dette aminoacidi (AA) che legandosi fra loro e ad altre molecole formano catene con una struttura più o meno complessa che ne determina le caratteristiche chimico-fisiche e funzionali. Le proteine costituiscono circa il 15-20% dell’organismo umano, dei 20 diversi aminoacidi necessari per la sintesi delle varie proteine corporee, solo 8 sono essenziali (leucina, isoleucina, valina, lisina, triptofano, metionina, fenilalanina, treonina). Questi aminoacidi sono considerati essenziali, perché l’organismo umano non è in grado di sintetizzarli e quindi devono essere introdotti attraverso la dieta. Al contrario, gli altri aminoacidi, non essenziali , possono essere sintetizzati partendo da altre molecole. Tutti i 20 aminoacidi (essenziali e non essenziali) sono indispensabili all’organismo in quanto rappresentano l’unica fonte di azoto (N) utilizzabile metabolicamente. Le proteine vengono assunte attraverso gli alimenti, scisse in molecole più piccole e digerite, nello stomaco e nel primo tratto dell’intestino, fino a divenire aminoacidi che vengono assorbiti a livello delle cellule intestinali e veicolati a livello epatico, dove vengono utilizzati per la sintesi proteica e la formazione di azoto (N). mentre un’altra quota,attraverso la circolazione ematica, viene successivamente distribuita ai tessuti, soprattutto il muscolo scheletrico. Una quota di aminoacidi, in particolare gli aminoacidi ramificati (BCAA: lucina, isoleucina e valina) e la glutammina, attraverso la circolazione ematica, vengono trasportati fino ai muscoli scheletrici. In tutte le condizioni di digiuno e catabolismo proteico, le proteine dei muscoli scheletrici vengono ''distrutte'' e gli aminoacidi ''liberati'' nel sangue, per far fronte alle diverse esigenze dell’organismo. L’ossidazione di un grammo di proteine produce 4 Kcal, inoltre gli aminoacidi possono contribuire al metabolismo energetico ''trasformandosi'' in glucosio o corpi chetonici, rispettivamente in aminoacidi glucogenetici e chetogenetici: Aminoacidi glucogenetici: alanina, arginina, asparagina, acido aspartico, cisteina, acido glutammico, glutammina, glicina, istidina, metionina, prolina, serina, treonina, triptofano e valina. Aminoacidi chetogenetici: leucina, lisina e triptofano. Aminoacidi glucogenetici e chetogenetici: fenilalanina e tirosina. Nel corpo umano le proteine, in base alle loro specifiche caratteristiche, svolgono varie funzioni. Le proteine dell’uovo, per la loro favorevole composizione in aminoacidi sono considerate le proteine cosiddette ''di riferimento'' (con valore biologico pari a 100) verso cui rapportare le proteine contenute negli altri alimenti. Anche le proteine contenute in altri alimenti di origine animale, quali il latte di vacca, la carne e il pesce, per il loro contenuto in aminoacidi essenziali e per la loro digeribilità soddisfano i criteri di ''qualità e digeribilità''; le proteine contenute negli alimenti vegetali, sono invece considerate di medio o basso valore biologico, perché nella loro costituzione non sono presenti tutti gli aminoacidi essenziali. 176 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Il fattore principale in grado di determinare il valore delle proteine, presenti in una dieta mista abituale, nel coprire i fabbisogni proteici, è rappresentato dalla loro digeribilità, determinata attraverso la misura dell’azoto presente negli alimenti e quello contenuto nelle feci. 177 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 18.5 I LIPIDI Questa categoria di nutrienti anche detti generalmente grassi, rappresentano la migliore fonte di energia per l’uomo, in quanto a parità di peso fornisce il maggior numero di calorie, ben 9 Kcal/g. Nel mondo occidentale i lipidi vengono in generale, considerati negativamente perché potenzialmente in grado, se consumati in eccesso, di creare problemi per la salute come ad esempio l’obesità, il diabete, l’infarto e altre malattie cardiovascolari. In realtà i cibi che contengono lipidi, sono invece importanti per l’organismo umano, in quanto oltre all’energia forniscono altre sostanze essenziali, senza le quali si potrebbero sviluppare malattie anche gravi. Per gli atleti e gli sportivi anche amatoriali, soprattutto di discipline sportive impegnative, come in genere sono le attività fisiche di lunga durata, i lipidi sono indispensabili, dato che sono in grado di far fronte alle elevate richieste di energia che caratterizzano queste attività sportive, senza far aumentare eccessivamente il volume totale del cibo da consumare. I lipidi sono presenti tanto negli alimenti di provenienza vegetale (gli oli, fluidi allo stato naturale) che animale (i grassi solidi allo stato naturale) e possono suddividersi in lipidi semplici o complessi. I lipidi semplici sono costituiti da una lunga catena di atomi di carbonio (C-C-C-C-C) alla cui estremità sono legati un gruppo carbossile (COOH) e ioni idrogeno (H); la molecola elementare è l’acido grasso. I lipidi complessi sono costituiti da una catena carboniosa a cui sono legati, oltre al gruppo carbossile, gruppi chimici di varia origine. Il numero degli atomi di carbonio, la presenza di legami semplici o doppi, e infine il tipo di molecole che si legano allo scheletro carbonioso caratterizza il comportamento biochimico e il suo valore nutrizionale del lipide. I lipidi semplici, come gli acidi grassi, hanno prevalentemente una funzione energetica e di deposito; mentre i lipidi complessi (il colesterolo, i fosfolipidi e le vitamine liposolubili), svolgono una funzione plastica e regolatrice, partecipando alla costituzione delle membrane cellulari e alla formazione di molecole importanti come gli ormoni e le prostaglandine. Oltre alla loro funzione principale di fornire energia all’organismo, i lipidi svolgono come già accennato, altre importanti funzioni: forniscono sostanze indispensabili al buon funzionamento degli organi ed apparati, come le vitamine liposolubili (A, D, E, K) e gli acidi grassi essenziali (acido linoleico della serie omega 6 e acido linolenico della serie omega 3). E’ molto importante che nella dieta sia presente una quota di lipidi pari al 25-30% rispetto al totale delle calorie giornaliere, con una netta prevalenza di quelli di origine vegetale rispetto a quelli di origine animale. Infatti i lipidi di origine vegetale, fatta eccezione per alcuni tipi particolari come l’olio di cocco e di palma, sono più ricchi di acidi grassi insaturi, generalmente considerati protettivi per la salute. 178 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Una dieta ricca di alimenti che garantiscano un buon apporto di acidi grassi insaturi può certamente giovare alla salute dell’atleta e quindi alla lunga anche alla sua prestazione sportiva. In tal senso è certamente consigliabile utilizzare preferenzialmente l’olio extravergine di oliva, sia come condimento a crudo sia nella preparazione di cibi cotti, e di ridurre al minimo l’uso del burro e di altri grassi da condimento. L’olio di oliva, soprattutto quello extravergine, è ricco di acido oleico, un acido grasso monoinsaturo ritenuto particolarmente adatto all’alimentazione umana e utile alla nostra salute. Secondo l’ipotesi biochimica, proposta da Barry Sears a sostegno della Zone Diet, gli AGE omega 6 sarebbero in grado di indurre la produzione di eicosanoidi ''cattivi'', mentre gli omega 3 sarebbero i precursori di molecole di eicosanoidi ''buoni''. Gli eicosanoidi ''cattivi'', sarebbero nocivi per la salute, mentre gli eicosanoidi ''buoni'', sarebbero benefici per la salute. Tra gli alimenti che contengono una elevata quantità di acidi grassi essenziali della serie omega 6 figurano gli oli di semi, mentre gli acidi grassi essenziali della serie omega 3 sono contenuti nel grasso presente in alcuni pesci (alici, sgombri, salmone, ecc.) e carni bianche (pollo, tacchino, coniglio), queste ultime particolarmente adatte per l’alimentazione atletica, in virtù del loro ridotto contenuto totale di grassi, nonché della loro maggiore digeribilità. 179 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 18.6 LA FIBRA Diversamente dagli alimenti di origine animale, tutti i prodotti vegetali (frutta, ortaggi, verdure, legumi, cereali e tuberi) contengono una certa quantità di fibra o per meglio dire di fibra alimentare. Ancora oggi viene accettata la definizione proposta da Trower nel 1974 secondo la quale ''le fibre alimentari sono i residui delle cellule vegetali resistenti all’idrolisi operata dagli enzimi intestinali dell’uomo; sono cioè un gruppo di sostanze che passano attraverso l’ileo e che vengono parzialmente idrolizzate dai batteri presenti nel colon''. Le fibre alimentari, poiché non vengono digerite e assorbite, non rappresentano un substrato energetico e, quindi, non forniscono energia all'organismo. Tuttavia, affermare in modo assoluto che le fibre non sono nutrizionalmente disponibili non è del tutto corretto, in quanto alcune sostanze classificate come fibra vengono aggredite dalla microflora normalmente presente nel colon (i batteri saprofiti che concorrono favorevolmente a migliorare il nostro stato di salute) che è capace, sia pur solo parzialmente, di digerirle e di fermentarle. Le fibre alimentari vengono classificate sulla base delle loro caratteristiche chimiche e fisiche, in particolare in funzione del loro comportamento (solubilità o no) rispetto all’acqua. Le fibre non idrosolubili (cellulosa, lignina ed emicellulosa) o insolubili, resistono all’azione degli enzimi digestivi, si mescolano alle feci e, poiché si idratano assai poco, accrescono il volume della massa fecale, rendendola più morbida ed omogenea. Al contrario le fibre idrosolubili (pectine, gomme, mucillagini, guar gum, olicossacaridi) o solubili, per la loro caratteristica di assorbire molta acqua si rigonfiano e si trasformano in una massa gelatinosa e per questo motivo vengono chiamate anche gel forming. Attraverso una corretta alimentazione non è difficile garantire un buon apporto di fibra, ma quando nella dieta abituale si consumano pochi alimenti di origine vegetale, è probabile che l’apporto di fibra sia insufficiente. Le maggiori organizzazioni scientifiche sono concordi nel consigliare un consumo di circa 30g/die di fibra per la popolazione adulta con un rapporto 3:1 tra frazione solubile e insolubile. Il dipartimento americano dell’agricoltura suggerisce come guida generale, di consumare tutti i giorni almeno un alimento compreso in ciascuno dei seguenti cinque grandi gruppi di prodotti contenenti fibre: frutta fresca; verdure fresche; verdure cotte; succhi di frutta; frutta secca. 180 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 18.7 METABOLISMO ENERGETICO In termini metabolici l’organismo umano si trova in una condizione di continuo, reciproco scambio energetico con il mondo esterno, da cui si rifornisce di energia attraverso gli alimenti che contengono nutrienti cosiddetti energetici (glucidi, proteine, lipidi e alcol). L’unità di misura dell’energia, è la chilocaloria (Kcal o Caloria o Grande caloria o Cal),definita come la quantità di calore necessaria ad innalzare da 14,5 a 15,5 °C la temperatura di un litro di acqua distillata alla pressione di un’atmosfera. L’energia ottenuta dalla demolizione degli alimenti viene trasferita e conservata all’interno delle cellule sotto forma di adenosintrifosfato (ATP), la molecola energetica più importante che le cellule umane sono capaci di utilizzare che può essere però accumulata in quantità limitate. L’insieme di tutte le modificazioni chimiche e fisiche che avvengono nell’organismo umano prende il nome di metabolismo: la trasformazione del cibo in energia, la costruzione di nuove molecole, la produzione di ormoni ed enzimi, ecc. Il metabolismo comprende sia i processi di demolizione che avvengono all’interno dell’organismo, dove i principi nutritivi energetici vengono trasformati in sostanze più semplici con liberazione di energia (catabolismo); che il processo opposto (anabolismo) dove le sostanze più semplici vengono trasfornate in composti complessi, con consumo di energia e formazione di materiale biologico. Il dispendio energetico totale (Total Energy Expenditure, TEE) rappresenta il consumo totale di energia nel corso delle 24 ore (24 h Energy Expenditure, 24 h EE) che viene espresso in Kcal, risultante di tre differenti componenti: metabolismo basale, costo energetico da attività e termogenesi indotta dalla dieta. Il metabolismo di base o Metabolismo Basale (MB, o Basal Metabolic Rate BMR) può essere definito come la quota energetica utilizzata per mantenere le funzioni vitali, in condizioni di assoluto riposo, in stato di veglia. In un individuo adulto sano e sedentario, il MB incide per circa il 65-75% del TEE, viene influenzato principalmente: dal peso, dal sesso, dall’età, ma soprattutto dalla percentuale di massa magra all'interno dell’organismo. Il Metabolismo Basale è di circa 1 Kcal/Kg p.c. (0,9 per le donne) ogni ora. Dopo i 30 anni il MB subisce un decremento costante che giunge fino al 30% oltre i 70 anni; durante il sonno si abbassa del 7% circa. La termogenesi indotta della dieta (TID o Thermogenesis Diet Induced , TID), in passato nota come Azione Dinamico Specifica degli Alimenti, rappresenta il dispendio energetico indotto dall’assunzione di alimenti. La TID corrisponde, in media, al 7-15% del TEE, varia in funzione della quantità e del tipo di alimento ingerito; raggiunge il massimo nell’ora successiva all’introduzione del cibo e dura per circa 4 ore. La TID varia in relazione alla qualità e all’utilizzazione dei singoli nutrienti: proteine e aminoacidi (10-35%) carboidrati (5-10%), lipidi (2-5%). 181 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Il costo energetico dell’attività fisica (Activity Energy Expenditure, AEE; Work Induced Thermogenesis, WIT) può variare anche sensibilmente in funzioni delle abitudini di vita, del tipo e dell’intensità dell’attività fisica svolta; può rappresentare poco più del 15% del TEE, fino ad arrivare a valori anche notevolmente superiori (2-3 volte il MB), nel caso di lavori particolarmente faticosi o nel caso di atleti che si allenano quotidianamente, anche due volte al giorno. 182 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 18.8 FABBISOGNO PROTEICO E ATTIVITA' FISICA Nell’elaborazione di una proposta nutrizionale, dopo aver calcolato il fabbisogno energetico, si deve calcolare il fabbisogno proteico. In linea di massima le raccomandazioni nutrizionali, consigliano di consumare 0,75-1,0 g di proteine per chilogrammo di peso corporeo, quantitativo ideale per un adulto in buono stato di salute che svolge un’attività fisica normale. Il fabbisogno proteico risente di molti fattori: età; sesso; apporto energetico globale della dieta; contenuto di carboidrati nella dieta; entità delle riserve glucidiche dell’organismo; peso desiderato; condizione atletica; caratteristiche del programma di allenamento (livello di intensità e frequenza delle sedute di allenamento). Allenarsi con continuità e buona intensità, comporta senza dubbio un fabbisogno proteico maggiore rispetto ai livelli raccomandati per la popolazione generale. L’esercizio di forza fa aumentare il turnover proteico a livello muscolare stimolando sia la sintesi che la degradazione delle proteine (la prima in misura sicuramente maggiore rispetto alla seconda); l’entità di entrambe dipende dal tempo di recupero dopo la seduta di allenamento e dall'intensità di quest'ultimo. Per quegli atleti più severamente impegnati e in tutti quelli che necessitano di un incremento della dotazione muscolare, come avviene soprattutto negli sport di potenza, il bilancio d’azoto deve risultare positivo; vale a dire che la quantità di azoto introdotta deve essere superiore a quella eliminata. Ogni condizione di bilancio azotato negativo indica una perdita di massa muscolare. Nell’atleta e nei soggetti con impegno fisico elevato, le proteine alimentari devono far fronte alle aumentate richieste plastiche dell’organismo, oltre a questo potrebbero giocare un ruolo non trascurabile anche nel metabolismo energetico. Alla luce delle attuali conoscenze non è più accettabile lo schema teorico secondo cui le proteine forniscono energia solo quando sono esaurite le riserve glucidiche e lipidiche dell’organismo, in quanto alcuni autori hanno evidenziato che nel lavoro muscolare, le proteine possono arrivare a soddisfare, in alcuni casi, anche fino al 10-15% dell’impegno energetico totale. 183 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Il catabolismo proteico avviene solo quando il lavoro muscolare si protrae per oltre 60 minuti. In tal senso, da tempo si è sottolineata l’importanza degli aminoacidi ramificati (BCAA), in particolare della leucina, come agenti anticatabolici. Apporto energetico e apporto proteico sono tra loro strettamente correlati, in quanto un ridotto apporto energetico fa aumentare il fabbisogno proteico e viceversa, così come una buona disponibilità di carboidrati favorisce il risparmio proteico durante l’esercizio fisico. Durante l’attività fisica si riduce la quota di aminoacidi destinati alla fase anabolica e aumentano i processi catabolici per l’intervento del cortisolo, prodotto dai surreni e per la minore disponibilità di glucidi (glicogeno muscolare e glucosio ematico), impiegati nella produzione di energia. Al termine dell’attività fisica, i processi anabolici rimangono bassi fino a circa due ore dopo il lavoro muscolare, trascorse le quali si ha un netto aumento dei processi anabolici che superano per entità il livello dello stato basale. L’allenamento induce perciò un aumento della sintesi proteica (bilancio d’azoto positivo), anche senza che ci sia un aumento dell’apporto proteico. Dagli studi effettuati si è visto che le prestazioni sportive di durata (attività aerobiche), che superano i 60 minuti, richiedono un apporto proteico giornaliero di 1,2-1,4 g/kg p.c. in quanto, oltre alle proteine necessarie per il ricambio delle strutture proteiche tessutali, il 5% dell’energia utilizzata per l’esercizio viene fornita da substrati proteici. Quando si tratta di prestazioni particolarmente intense e di durata superiori ai 90 minuti, questa percentuale può arrivare al 10-14% in relazione alla disponibilità di glicogeno all’interno delle cellule muscolari e del fegato. Nelle attività di forza e resistenza muscolare il fabbisogno proteico ottimale sarebbe pari a 1,0-1,2 g/kg p.c. nei soggetti più allenati, per arrivare a 1,3-1,5 g/kg p.c. nei soggetti giovani con meno esperienza di allenamento. Secondo altri autori invece, i benefici maggiori si avrebbero con apporti proteici che vanno da 1,4 a 1,8 g/kg p.c. fino a un massimo di 2 g/kg p.c. Si può quindi concludere dicendo che un apporto di proteine pari a 1,6 g/kg p.c. può essere sufficiente a coprire le necessità proteiche degli atleti di quasi tutte le discipline sportive, anche di quegli atleti più severamente impegnati nelle specialità che richiedono grandi masse muscolari ed espressioni di forza. Un adeguato apporto giornaliero di proteine, insieme ad un generoso apporto di carboidrati (55-60% dell’energia totale giornaliera), rappresentano il presupposto indispensabile affinché, attraverso un corretto e specifico programma di allenamento, si possano produrre opportuni adattamenti delle fibrocellule muscolari, in grado di determinare un aumento delle dimensioni dei muscoli sollecitati nel corso delle sedute di allenamento. 184 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 18.9 ACQUA E ATTIVITA' FISICA Un’adeguata presenza di acqua nella dieta di un soggetto sedentario, sportivo o atleta, determina il benessere e il buon funzionamento generale dell’intero organismo. L’attività fisica determina una maggiore spesa energetica ed una maggiore perdita di acqua sotto forma di sudore. In caso di intensa attività fisica, la quota di acqua che viene persa può raggiungere valori rilevanti e compromettere in modo significativo il risultato sportivo e lo stato di salute dell’atleta. Con l’aumentare dell’utilizzazione dell'ATP, si verifica un incremento della quantità di calore prodotto che a sua volta è responsabile dell’innalzamento della temperatura corporea. L’aumento della temperatura corporea interna che si verifica nel corso dell’attività sportiva costituisce un potenziale fattore di rischio per la salute degli atleti, oltre che essere un elemento sfavorevole per la prestazione atletica. Pertanto, l’organismo umano quando è sottoposto ad uno sforzo fisico, tanto più se svolto in condizioni di temperature e umidità ambientale elevate, deve necessariamente attivare quei meccanismi (termoregolazione) in grado di indurre un’adeguata riduzione della temperatura corporea (termodispersione). Il meccanismo più efficace in tal senso è certamente l’evaporazione del sudore che durante il lavoro muscolare, viene prodotto in maniera più efficiente proprio per salvaguardare l’integrità dell’organismo e per garantirne la massima capacità di prestazione atletica. In atleti impegnati in allenamenti o gare di rilevata intensità e durata (come nel ciclismo su strada, nello sci di fondo, nella maratona, nel triathlon, nel canottaggio ecc.) si possono verificare variazioni considerevoli di peso, fino anche a 5-6 kg, in grandissima parte rappresentate in acqua persa con la sudorazione. Si ritiene che la massima sudorazione possibile sia pari a circa 30ml/min (1800 ml ogni ora di lavoro muscolare). Il sudore è un liquido biologico, ipotonico rispetto al plasma, costituito prevalentemente da acqua con minime quantità di sali minerali disciolti, soprattutto sodio e cloro (NaCl, il comune sale da cucina) e in misura minore da magnesio e potassio; del tutto trascurabile, infine, la presenza di calcio e di ferro o di altre sostanze (vitamine ecc.). Durante l’esercizio fisico, nel soggetto allenato e acclimatato, si ha una risposta delle ghiandole sudoripare anticipata ed esaltata con un inizio precoce della sudorazione e una maggiore produzione di sudore a parità di stimolo. 185 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER In generale l'organismo reagisce alla disidratazione con una serie di adattamenti che è possibile riassumere come segue: Disidratazione e iponatrinemia Deficit di acqua 2% p.c. Sete 6% p.c. Sete, oliguria, spossatezza, irritazione, aggressività 7% p.c. Malessere generale, astenia profonda 10% p.c. Pericolo di insorgenza del colpo di calore Deficit di NaCl, trascurabile se le perdite di sudore sono contenute (1-2l) 0,5 g/kg p.c. Debolezza, capogiri, crampi lievi >0,5-0,75 g/kg p.c. Nausea, ipotensione, collasso, crampi violenti Quando lo stato di idratazione pre-esercizio è ottimale esiste un rischio minore di disidratazione, un più basso rischio di eventi traumatici muscolari e una maggiore velocità di ripristino delle condizioni fisiche ottimali. Una regolare e adeguata assunzione di acqua può determinare un modesto senso di sazietà e, pertanto, trova un ulteriore motivo per essere consigliata, soprattutto quando sia necessario adottare un regime nutrizionale ipocalorico, come ad esempio negli atleti che devono rientrare in precise categorie di peso (sport da combattimento, sollevamento pesi, canottaggio, ecc.), o in quelli che praticano discipline sportive in cui un basso peso corporeo è in grado di influire positivamente sulla prestazione atletica (maratona, ginnastica, salto con gli sci, ecc.). L’assunzione di una quota di acqua proporzionata alla quantità dei cibi ingeriti, ma soprattutto con appropriate caratteristiche chimico-fisiche, garantisce oltre al trasporto dei nutrienti, lo smaltimento per via urinaria delle scorie metaboliche prodotte e aumenta la velocità del ricambio. È consigliabile quindi assumere un’acqua in grado di agevolare la funzionalità dell’apparato gastroenterico; con proprietà depurative, capace di favorire il normale funzionamento renale e lo smaltimento dei cataboliti proteici; leggermente alcalina e ricca di ioni di carbonato, per contrastare l’acidosi prodotta nel corso dell’esercizio fisico e tentare di tamponare l’aumentata produzione di acido lattico. 186 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER AMERICAN COLLEGE OF SPORTS MEDICINE: ''POSITION STAND ON EXERCISE AND FLUID REPLACEMENT'' (1966) Prima dell’attività sportiva, nel corso delle due ore che la precedono, ingerire 400-600 ml di liquidi. L’acqua è sufficiente, ma aggiungere dei carboidrati può ottimizzare le riserve di glicogeno. Proseguire con altri 200-300 ml nei minuti che precedono l’inizio della gara per favorire un ulteriore passaggio di acqua in circolo. Durante l’attività sportiva solo acqua, 150-300 ml ogni 15-20 minuti di lavoro, se l’attività dura meno di 60 minuti; quando invece l'attività dura oltre i 60-90 minuti può essere utile consumare bevande che contengono carboidrati in quantità pari al 6-8% (60-80 g/l) e cloruro di sodio, in quantità pari a 10mEQ/l (584mg/l). 187 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 18.10 GLI APPROCCI NUTRIZIONALI PIU' CONOSCIUTI Sia in ambito sportivo che in ambito dietetico, si è sempre assistito ad un susseguirsi ed ad una sempre più variata alternanza di "mode" dietetiche. Nel corso degli anni le varie proposte dietetiche sono state diverse. Tra le diete più famose ricordiamo: Dieta Atkins, Dieta Mediterranea, Dieta a Zona, Dieta Scarsdale, Cronodieta, Dieta Vegetariana, Dieta Vegana, Dieta dissociata. Dieta Atkins Si basa sul concetto che l'organismo umano produce un ormone chiamato "Fat mobilizing hormone'', responsabile della mobilizzazione del grasso dai suoi depositi; quest'ormone ha una concentrazione inversamente proporzionale alla presenza di carboidrati in circolo. Questo tipo di dieta pertanto vieta l'uso dei carboidrati (pane, pasta, riso, cereali e farinacei, frutta, latte e yogurt) nella prima fase (di dimagrimento), preferendo cibi proteici (carne, pesce e uova); seguono poi una fase ponte e una fase di mantenimento, nelle quali si reintroducono alcuni alimenti come i formaggi, i legumi e le verdure. Si tratta in realtà di una semplice dieta iperproteica. Dieta Mediterranea Questa dieta è caratterizzata da un elevato consumo di cereali, preferibilmente integrali, frutta, verdura, legumi, pesce, olio di oliva, latticini e carne in quantità moderata; si tratta dell'alimentazione tipica del nostro paese. E' una dieta completa, varia e bilanciata che presenta poche controindicazioni (morbo celiaco e intolleranze al glutine). Andrebbe corretta negli sportivi con un maggior assunzione di proteine e lipidi. Dieta a Zona E' una delle diete più seguite in ambito sportivo. Si basa sul concetto che il dimagrimento è raggiungibile quando si riesce a raggiungere a livello ematochimico un particolare rapporto tra insulina e glucagone. Questo rapporto si raggiungerebbe facendo rientrare i due ormoni in un particolare intervallo o "zona". In ciascuno dei 5 pasti giornalieri si dovrebbe raggiungere il rapporto 40-30-30 tra carboidrati, proteine e lipidi. Gli alimenti preferiti in questo tipo di dieta sono i cibi ricchi di proteine e carboidrati non raffinati. Questa dieta è una mediterranea sbilanciata che prevede una ridotta quantità di carboidrati e un aumento nell'introduzione di lipidi e proteine. Dieta Scarsdale E' una dieta da circa 1000 calorie al giorno ed è fondamentalmente anche questa una dieta iperproteica che prevede l'assunzione prevalentemente di: carni magre, pollame, pesce, uova, formaggi magri, verdure e frutta. 188 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Cronodieta In questo tipo di dieta assume molta importanza l'orario di introduzione dei singoli alimenti: l'assunzione dei carboidrati viene consigliata nella prima parte della giornata; mentre quella delle proteine in serata, per la maggior presenza dell'ormone somatotropo ipofisario che favorirebbe l'utilizzo dei grassi e la sintesi proteica muscolare. Poiché questa dieta è in realtà una dissociata, ma non sbilanciata, è applicabile a tutte le categorie di persone. Vegetariana La dieta vegetariana consiste nell'eliminazione dall'alimentazione della carne, del pesce e degli insaccati. Se vengono eliminati dalla dieta anche tutti gli altri derivati di origine animale (latticini, uova, ecc..) si parla di dieta vegana. I cibi vietati in questo tipo di dieta vengono sostituiti con proteine di origine vegetale quali: i legumi, la soia, il seitan, ecc.., ricorrendo anche all'utilizzo di qualche integrazione (ferro e vitamine). Dieta dissociata (o dieta Hay) Questo tipo di dieta ordina e gestisce gli alimenti in base alla loro associabilità; quindi gli alimenti si distinguono in associabili e non associabili. Gli alimenti si dividono in 3 categorie: lista A (proteine), lista B (alimenti neutri), lista C (carboidrati); le liste A e C non possono essere associate tra loro, ma solo con B. Questa dieta, se ben interpretata, può essere considerata corretta dal punto di vista nutrizionale e indicata a quasi tutte le categorie di persone, con l'eccezione dei diabetici. 189 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER LA DIETA A ZONA La dieta a Zona è stata ideata negli Stati Uniti dal biochimico Barry Sears. Sears ha sviluppato questo tipo di dieta per raggiungere, attraverso l’uso bilanciato dl cibo, uno stato ottimale di salute in cui l’organismo lavora al massimo dell’efficienza. La chiave per accedere a questo stato metabolico è racchiusa negli eicosanoidi (ormoni). La Zona è un tipo di dieta che tenta di mantenere la produzione di insulina in una "zona" né troppo alta né troppo bassa; si basa su una precisa distribuzione in termini di percentuale dei tre macronutrienti principali in 40-30-30 (40% carboidrati, 30% proteine, 30% grassi) che deve essere rispettata in ogni pasto o spuntino. Tali percentuali si riferiscono alle calorie apportate dai 3 nutrienti fondamentali della dieta. Il concetto chiave della dieta ideata da Sears, consiste nella teoria secondo la quale sarebbe possibile ottenere un'ottimizzazione del metabolismo umano raggiungendo un preciso equilibrio di un tipo particolare di ormoni, chiamati eicosanoidi. Tale equilibrio, secondo Sears sarebbe raggiungibile attraverso un'adeguata proporzione tra insulina e glucagone. Sfruttando il fatto che con l'assunzione di cibi proteici si stimoli, oltre alla produzione di insulina, anche quella di glucagone, mentre con l'assunzione di carboidrati si stimoli molto di più la produzione di insulina (i grassi hanno un effetto meno stimolante su quest'ultimo ormone) Secondo Sears è possibile, definendo un rapporto costante tra proteine e carboidrati assunti, ottenere la proporzione ideale tra insulina e glucagone, per ottenere la giusta ripartizione di eicosanoidi. Sempre secondo Sears sarebbe quindi fondamentale mantenere ad ogni pasto un rapporto tra proteine e carboidrati compreso in un range di 0,6 e 1, con un rapporto ideale di 0,75. Barry Sears, sostiene che equilibrando i tre macronutrienti (carboidrati, proteine, grassi) si può raggiungere uno stato fisico e mentale ottimale. Inoltre la Zona permette una notevole riduzione del grasso corporeo, qualora questo fosse presente in eccesso. INSULINA L'insulina, prodotta dal pancreas, è un ormone anabolico che ha la funzione di immagazzinare i nutrienti all'interno delle cellule. Quando mangiamo, si verifica un innalzamento della glicemia nel sangue che stimola la produzione dell'insulina, la quale, veicolando i nutrienti nelle cellule, riporta i livelli ematici di glucosio nella norma. Quando assumiamo troppe calorie, in particolare troppi carboidrati, si ha un forte sbalzo della glicemia, scatenando così una risposta insulinica elevata che, dopo aver riempito le riserve epatiche e muscolari, immagazzina tutti i carboidrati in eccesso nelle cellule adipose. In altri termini: eccessi di insulina inducono un accumulo di grasso corporeo. GLUCAGONE Il glucagone, invece, è l'antagonista dell'insulina, ovvero mobilita le riserve di energia immagazzinate all’interno delle cellule. Esso è stimolato da una dieta ricca di proteine e povera di carboidrati. 190 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER La corretta modulazione dell’asse insulina-glucagone, attraverso un’introduzione alimentare di carboidrati e proteine bilanciata nelle quantità e nei tempi, garantisce l’adeguata presenza di glucosio nel sangue. La Zona si prefigge di raggiungere l’obiettivo di controllare il bilanciamento dei due ormoni, insulina e gucagone e di regolare la secrezione di eicosanoidi. In particolare, con la Zona si cerca di raggiungere un equilibrio tra la produzione di eicosanoidi ''buoni'' ed eicosanoidi ''cattivi''. Entrambi svolgono le funzioni fisiologiche all'interno dell'organismo, ma un loro squilibrio è la causa di stati patologici come le cardiopatie, le malattie autoimmuni, ecc.. CARATERISTICHE GENERALI DELLA DIETA A ZONA 1) Ad ogni pasto si devono assumere le giuste proporzioni di carboidrati, proteine e grassi (il rapporto in calorie deve essere 40%-30%-30%). 2) Tra un pasto e l'altro non devono trascorrere più di 5 ore. Se intercorre un tempo superiore, bisogna fare uno spuntino. In questo modo la giornata si compone di almeno 3 pasti principali e 2 spuntini. 3) E' necessario ridurre il più possibile il consumo di dolci, pane, pasta, riso e cereali raffinati ad alto indice glicemico, cioè forti stimolatori d'insulina. 4) Per avere una risposta ormonale adeguata, uno spuntino dev'essere composto almeno da un blocchetto di carboidrati, di proteine e di grassi. 5) L'ultimo spuntino dev'essere quello serale (prima di dormire), a meno che non si abbia cenato entro le due ore precedenti. 191 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER LA PALEO ZONA La Paleo Zona, è un tipo di dieta ideata dal Dott. Aronne Romano. Il Dott. Romano riprende le caratteristiche specifiche della dieta a Zona, apportando delle sostanziali modifiche. La Paleo Zona rispetto alla classica dieta a Zona, prevede un'assunzione più selettiva del cibo, per aumentare ulteriormente i notevoli benefici forniti dall'alimentazione a Zona, attraverso una scelta di alimenti più vicini a quelli consumati dai nostri antenati e pertanto più indicati alla nostra genetica. Il presupposto scientifico è costituito dal fatto che l’uomo per la maggior parte, in qualità di cacciatore-raccoglitore, si è nutrito di carne, pesce, verdura e frutta. Di conseguenza l’organismo umano si è adattato metabolicamente a funzionare al meglio con questo tipo di alimenti. Con l’avvento dell'agricoltura-allevamento (10.000 anni fa), sono stati inseriti, in modo rapido, alimenti quali i cerali, i legumi e i latticini, cibi fino ad allora sconosciuti all’organismo umano che hanno causato, con il passare degli anni, l’insorgenza di malattie metaboliche croniche. Con l’industrializzazione nel XVII secolo (1600), è iniziata la produzione e assunzione di alimenti raffinati e dei cosiddetti junk food, che hanno stravolto e peggiorato ulteriormente la qualità degli alimenti assunti. Questa rapida variazione in peggio della dieta è considerata la causa principale dell'inarrestabile epidemia di: obesità, malattie cardiovascolari, diabete mellito, tumori e di tante altre malattie infiammatorie croniche del mondo occidentale. Malattie che non colpivano il nostri antenati Paleolitici che erano invece sani, magri e con struttura fisica atletica. In pratica la Paleo Zona prevede di evitare l'assunzione di: cereali e derivati, legumi, zucchero raffinato e dolcificanti (fruttosio e miele inclusi), bibite zuccherate, succhi e spremute. Consiglia di assumere, come fonte di carboidrati, frutta e vegetali non amidacei, preferendo quelli a basso carico glicemico; proteine provenienti da fonti magre: pesce, carni bianche, selvaggina, tagli magri di carne rossa, albume d’uovo; assumere almeno 2 litri di acqua al giorno, gli sportivi anche 3 litri. Secondo il Dott. Aronne Romano la Paleo Zona è molto indicata nei periodi di ''stallo'' nella riduzione del grasso corporeo per imprimere a questa un'accelerata. 192 18. NUT RIZIONE ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 19. INTEGRATORI ALIMENTARI I cosiddetti ''integratori alimentari per lo sport'' rientrano nell’elenco dei prodotti alimentari destinati ad una alimentazione particolare con la denominazione di ''alimenti adatti ad un intenso sforzo muscolare soprattutto per gli sportivi'' per i quali il Ministero della Sanità, ora della Salute, ha emanato specifiche linee guida che stabiliscono che tutti questi prodotti ''devono essere formulati in modo confacente alle esigenze nutrizionali per il tipo di attività svolta ed assicurare un'ottimale biodisponibilità dei nutrienti appropriati''. PRODOTTI FINALIZZATI AD UN INTEGRAZIONE ENERGETICA Sono a base di carboidrati, devono essere integrati con vitamine del gruppo B (B1, B2, B6, PP) e vitamina C ed eventualmente con altri nutrienti ad azione antiossidante. Se sono presenti i lipidi, in quantità significative di tipo polinsaturo, è obbligatoria l’integrazione con vitamina E (0,4 mg/g di acidi grassi polinsaturi). L'apporto energetico in questo genere di integratore, non deve essere inferiore a 200 Kcal per porzione. PRODOTTI CON MINERALI DESTINATI A REINTEGRARE LE PERDITE IDROSALINE Contengono elettroliti per reintegrare le perdite idrosaline causate dalla sudorazione conseguente all’attività muscolare svolta. Le basi caloriche devono essere costituite da carboidrati semplici e/o maltodestrine. PRODOTTI FINALIZZATI ALL'INTEGRAZIONE DI PROTEINE L’indice chimico delle proteine utilizzate deve essere pari almeno all’80% di quello della proteina di riferimento FAO/OMS. Le calorie fornite dalla quota proteica devono essere dominante rispetto alle calorie totali del prodotto. Deve essere presente la vitamina B6 in quantità non inferiore a 0,02 mg/g di proteine. Avvertenze da riportare in etichetta: l’apporto totale di proteine (dieta più integratore) non deve essere superiore a 1,5 g/die / kg p.c.; in caso di uso prolungato (oltre le 6-8 settimane) è necessario il parere del medico; il prodotto è controindicato in caso di patologie renali, epatiche, in gravidanza e al di sotto dei 12 anni. 193 19. INTEGRATORI ALIMENTARI ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER PRODOTTI FINALIZZATI ALL'INTEGRAZIONE DI AMINOACIDI Per gli aminoacidi ramificati, la quantità di assunzione giornaliera non deve essere di norma, superiore a 5 g (come somma dei tre ramificati). È preferibile il rapporto 2:1:1 rispettivamente di leucina, isoleucina e valina. È consigliabile per una maggior biodisponibilità del prodotto, l’associazione con vitamine B1 e B6. Avvertenze da riportare in etichetta: in caso di uso prolungato (oltre le 6-8 settimane) è necessario il parere del medico; il prodotto è controindicato in caso di patologie renali, epatiche, in gravidanza e al di sotto dei 12 anni. PRODOTTI CONTENENTI AMINOACIDI E DERIVATI La creatina è un derivato aminoacidico con funzione di riserva di fosfati energetici a livello muscolare. Se la dose consigliata è pari a 4-6 g/die, questa non può superare un periodo di assunzione di 30 giorni, oltre tale periodo la dose non deve essere superiore a 3 g/die. Avvertenze da riportare in etichetta: in caso di uso prolungato (oltre le 6-8 settimane) è necessario il parere del medico; il prodotto è controindicato in caso di patologie renali, epatiche, in gravidanza e al di sotto dei 12 anni. La creatina è un aminoacido non essenziale presente quasi esclusivamente nel muscolo (95%), sia in forma libera (30-40%) che fosforilata come fosfocreatina. Altri organi contenenti creatina sono: il cuore, il cervello, i testicoli e la retina. L’unica spiegazione possibile del diffuso ricorso alla creatina in campo sportivo, è quella legata al solo scopo di tentare di migliorare artificiosamente le capacità di prestazione di un soggetto. Da circa dieci anni l’utilizzo della creatina come integratore si è ampiamente diffuso fra gli atleti di qualsiasi livello e sport. La preparazione commerciale è la creatina monoidrata in polvere micronizzata. La grande maggioranza (70-80%) dei numerosissimi lavori che hanno indagato l’effetto ergogenico della creatina, riferisce un aumento della forza e della potenza muscolare negli sprint di corsa, nel ciclismo e nel nuoto, nonché un miglioramento nella capacità di lavoro durante serie multiple di sforzi brevi ed intensi. 194 19. INTEGRATORI ALIMENTARI ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER ALTRI PRODOTTI CON VALENZA NUTRIZIONALE ADATTI AD UN INTENSO SFORZO MUSCOLARE VITAMINE Le vitamine e le cosiddette pseudo vitamine hanno sempre attirato l’attenzione del mondo dello sport per il loro ipotizzato ruolo nel migliorare la prestazione sportiva (effetto ergogenico). Tuttavia, nonostante questa convinzione si sia diffusa e consolidata tra gli sportivi da molti anni, il mondo scientifico ancora si domanda se l’attività sportiva determini veramente un reale aumento del fabbisogno vitaminico. La maggior parte dei dati scientifici accreditati, disponibili in letteratura, tende a considerare poco probabile, l’ipotesi che la somministrazione protratta nel tempo di integratori vitaminici possa determinare un reale effetto positivo sullo stato di salute e sulle capacità fisiche. SALI MINERALI Tra gli sportivi è molto diffuso da lungo tempo, anche l’utilizzo di integratori contenenti singoli minerali o più spesso miscele, tuttavia al pari di quanto già detto per quanto riguarda le vitamine, allo stato attuale delle conoscenze scientifiche è possibile ritenere che, salvo specifiche e particolari situazioni individuali, l’apporto alimentare di minerali, se realizzato attraverso corrette abitudini alimentari, sia sufficiente a coprirne i fabbisogni. L-CARNITINA E’ una sostanza, con caratteristiche chimiche e funzionali paragonabili a quelle delle vitamine, normalmente presente negli alimenti di origini animale, soprattutto nelle carni rosse e nei formaggi. La carnitina è presente nel corpo umano a livello dei muscoli scheletrici e nel muscolo cardiaco. L’attività della L-carnitina si esplica a livello del metabolismo lipidico. In particolare essa stimola l’ossidazione degli acidi grassi nei mitocondri, a scopo energetico, favorendone il passaggio dal citoplasma ai mitocondri. Oltre a questo svolge un ruolo importante anche nell’ossidazione di diversi aminoacidi e del piruvato (che si forma durante la glicolisi anaerobica), contribuendo così ulteriormente a facilitare i processi energetici cellulari. PRODOTTI ADATTI PER FAVORIRE IL TROFISMO MUSCOLARE PROTEINE Per avere un apporto proteico giornaliero arbitrariamente stabilito come ''ottimale'', la dieta già iperproteica, viene spesso integrata con proteine purificate secondo la convinzione, di atleti e tecnici, che consumare razioni proteiche giornaliere molto elevate sia il ''fattore'' fondamentale (quasi più dell’allenamento) per lo sviluppo delle masse muscolari. In tal modo gli apporti proteici giornalieri superano ampiamente quelli ritenuti adeguati per la popolazione atletica: dai dati attuali pare che questa innaturale pratica 195 19. INTEGRATORI ALIMENTARI ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER nutrizionale non comporti particolari rischi per la salute, in quanto nei soggetti sani che hanno quindi una funzionalità renale ben conservata, il carico proteico non sembra provocare danni: tuttavia in caso di assunzioni prolungate, in termini di anni, sono necessari ulteriori studi per escludere definitivamente ogni rischio. E’ stato riscontrato come elevati apporti proteici aumentino l’escrezione renale di calcio, ma visto l’effetto favorevole dell’attività fisica sul metabolismo di questo minerale e considerando che elevati apporti energetici assunti con una dieta equilibrata sono frequentemente accompagnati da elevati apporti alimentari di tutti i minerali, un eventuale ipercalciura dovrebbe essere comunque ben compensata. Un rischio molto più reale per gli sportivi, connesso con un'eccessiva assunzione di proteine, è quello della disidratazione. L'ossidazione degli aminoacidi che inevitabilmente si verifica quando questi nutrienti vengono consumati in quantità eccessive, porta ad un aumento di produzione di urea (per l'aumento dei processi di deaminazione degli aminoacidi) e quindi di conseguenza ad un aumento dell'escrezione renale. AMINOACIDI Secondo alcune ricerche l’assunzione di alcuni aminoacidi può modulare o regolare la secrezione dell’ormone somatotropo, delle somatomedine e dell’insulina (Bucci et al.,1990; Jacobson, 1990; Bucci et al., 1992; Kreider et al., 1990); per questo motivo gli aminoacidi vengono assunti dagli atleti con lo scopo di incrementare la capacità anabolica dell'organismo. Altri studi hanno, invece, evidenziato che non vi sono differenze dei livelli ormonali con o senza l’assunzione di miscele o di singole aminoacidi (Fogelholme et al., 1993; Lambert et al.,1993; Mitchell et al., 1993; Moukarzel et al., 1993; Sumiski et al., 1993). Aminoacidi, come la glutammina o l’acido aspartico, vengono assunti dagli sportivi, perché potrebbero migliorare lo smaltimento dell’ammoniaca durante l’attività fisica. Gli aminoacidi ramificati, valina leucina e isoleucina, sono tra quelli più frequentemente assunti dagli atleti come integratori per migliorare le prestazioni di forza e di durata in quantità che vanno da 0,1 a 0,25 g/kg p.c. Per questi aminoacidi è stato ipotizzato un ruolo anabolizzante, stimolante della sintesi proteica (Carli et al.,1992) ed energetico. In effetti il muscolo ha la capacità di deaminarli (prevalentemente la leucina) e di utilizzare il gruppo amininico così ottenuto per la sintesi di altri aminoacidi, in particolare l’alanina (legando il gruppo aminico all’acido piruvico); l'alanina formatasi viene prelevata dal circolo ematico e trasferita al fegato dove viene utilizzata per la gluconeogenesi. Tuttavia l’assunzione di aminoacidi ramificati in quantità elevate sotto forma di integratori non modifica la prestazione in maniera evidente, anche perché un’alimentazione adeguata variata, è in grado di fornire quantità più che sufficienti di ramificati. Un’altra ipotesi formulata a proposito degli aminoacidi ramificati è quella che questi possano ritardare l’insorgenza della fatica centrale durante l’esercizio di durata. Tuttavia, le variabili implicate nel complesso meccanismo dell’insorgenza della fatica durante l’esercizio sono moltissime, gli studi condotti hanno fornito pareri molto contrastanti riguardo a questo argomento. La circolare del Ministero della Sanità del 7 giugno 1999 consiglia un apporto giornaliero di aminoacidi ramificati non superiore a 5 g al giorno. 196 19. INTEGRATORI ALIMENTARI ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER CREATINA L’interesse per la creatina come integratore è nato dall’osservazione di un’integrazione orale di creatina che ha permesso di aumentare i livelli di creatina muscolare, portando inoltre ad un aumento del peso corporeo e dell’acqua intracellulare. Tuttavia, la capacità di aumentare il patrimonio muscolare di creatina è geneticamente determinato, quindi ogni individuo risponde in maniera differente alla supplementazione. Per quanto riguarda i rischi legati all’assunzione di creatina, fonti non scientifiche ne hanno riportati tra i più disparati: intolleranza al caldo, tensione muscolare, crampi, edemi, diarrea. L'uso acuto e sub-acuto di creatina non hanno evidenziato alterazioni nella funzionalità epatica e renale. I danni determinati dall’assunzione della creatina per periodi prolungati devono ancora essere definiti, i dati attualmente a disposizione sono insufficienti. Da alcuni studi sperimentali, è emerso che la creatina a dosaggi elevati, pertanto non fisiologici potrebbe avere effetti cancerogeni. 197 19. INTEGRATORI ALIMENTARI ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 20. CENNI SUL DOPING Il ricorso all’uso di farmaci per migliorare la prestazione sportiva è un fenomeno antico che negli ultimi anni ha assunto dimensioni allarmanti. Secondo il comitato olimpico internazionale (CIO): ''il doping è contrario ai principi di lealtà e correttezza nelle competizioni sportive, ai valori culturali dello sport, alla sua funzione di valorizzazione delle naturali potenzialità fisiche e delle qualità morali degli atleti''. ''Con il termine doping si intende il verificarsi di una o più violazioni previste dal regolamento delle attività antidoping''. La presenza di una sostanza vietata o dei suoi metaboliti o marker in un campione biologico dell’atleta. Uso o tentato uso di una sostanza vietata o di un metodo proibito. La manomissione o il tentativo di manomissione di qualsiasi fase dei controlli antidoping. Il possesso di sostanze vietate o metodi proibiti. Il traffico illegale di sostanze vietate o metodi proibiti. La somministrazione di una sostanza vietata o la sua tentata somministrazione, il ricorso ad un metodo proibito o il suo tentativo, o altrimenti fornire assistenza, incoraggiamento, aiuto, istigare, dissimulare, o assicurare complicità in altra forma all’atleta in riferimento ad una violazione o tentata violazione del regolamento. Costituisce aggravante se il fatto è commesso da chi esercita la professione medica, farmaceutica o connessa. L’accertamento di un fatto di doping, l’acquisizione di una notizia relativa ad un fatto di doping, la violazione della legge 376/2000 comportano l’attivazione di un procedimento disciplinare e l’eventuale applicazione delle sanzioni stabilite dal Comitato Olimpico Nazionale Italiano (CONI) e dalla Federazione Sportiva di appartenenza. 198 20. CENNI SUL DOPING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER SOSTANZE VIETATE E METODI PROIBITI IN COMPETIZIONE SOSTANZE VIETATE A. Stimolati B. Narcotici C. Cannabinoidi D. Agenti anabolizzanti E. Ormoni peptidici F. Beta 2 agonisti G. Agenti con attività antiestrogenica H.Agenti mascheranti I. Glucocorticosteroidei METODI PROIBITI A. Aumento di trasporto di ossigeno: Doping ematico Uso di prodotti che aumentano l’assorbimento, il trasporto o il rilascio di ossigeno. B. Manipolazione farmacologica chimica e fisica C. Doping genetico 199 20. CENNI SUL DOPING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER SOSTANZE VIETATE E METODI PROIBITI IN E FUORI COMPETIZIONE SOSTANZE VIETATE A. Agenti anabolizzanti B. Ormoni peptici C. Beta-2-agonisti D. Agenti con attività antiestrogenica E. Agenti mascheranti METODI PROIBITI A. Aumento del trasporto di ossigeno B. Manipolazione farmacologica, chimica e fisica C. Doping genetico SOSTANZE PROIBITE IN PARTICOLARI DISCIPLINE SPORTIVE A. Alcol B. Beta-bloccanti C. Diuretici 200 20. CENNI SUL DOPING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER SOSTANZE SPECIFICHE A. Stimolanti: efedrina, L-metilamfetamina, metilefedrina B. Cannabinoidi C. Beta-2-agonisti per via inalatoria (ad eccezione del clebuterolo) D. Diuretici (non si applica alla sezione IIIC) E. Agenti mascheranti: probenecid F. Beta-bloccanti G. Alcol SOSTANZE STIMOLANTI La categoria comprende numerose sostanze, diverse tra loro, ma con la comune caratteristica generale di agire sul sistema nervoso centrale e di conseguenza di produrre: aumento delle capacità di attenzione e concentrazione, dell’aggressività e competitività, della prontezza di riflessi; riduzione del senso di fatica. Le molecole possono essere classificate in base all’effetto prodotto: Effetto antidepressivo. Non svolgono azione dopante. Effetto eccitante e anoressizzante (riducono il senso della fame). Appartengono a questo gruppo le anfetamine, la caffeina (inserita nel programma di monitoraggio 2004 della WADA, ma fino al 2003 ammessa con limitazione d’uso dal regolamento CIO) e la cocaina (vietata dal regolamento CIO e penalmente perseguibile). Effetto sul sistema respiratorio. Farmaci utilizzati (uso locale e/o sistematico) nella terapia di alcuni banali disturbi delle prime vie aeree (raffreddore, influenza, ecc.) sono proibiti dal regolamento CIO. Effetto antiasmatico. Farmaci utilizzati nel trattamento dell’asma bronchiale; sono sostanze proibite dal CIO eccetto: fermoterolo, salbutamolo, salmeterolo e terbutalina. 201 20. CENNI SUL DOPING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER CANNABIONOIDI Il termine cannabinoidi comprende le 61 sostanze identificate, tra le ancora più numerose (oltre 400) isolate, contenute nella canapa indiana (cannabis sativa, var. indica). Da questa complessa pianta erbacea della specie cannabacee che cresce in climi caldi e temperati, vengono ottenuti tre prodotti principali: la marijuana, l’haschish e l’olio di haschish. Per le loro proprietà farmacologiche, sedative ed eccitanti, i cannabinoidi soprattutto il Δ-9-THC, vengono classificati come farmaci-sedativi. Nella pratica sportiva la marijuana potrebbe essere usata, in modo scorretto e improprio, al fine di ottenere un certo rilassamento in grado di ''alleviare'' la tensione emotiva pre-gara. NARCOTICI I narcotici vengono definiti anche ''oppiacei'' perché derivanti dall’oppio. L’azione analgesica (senza alterazioni della coscienza), narcotica e stupefacente dell’oppio è dovuta al suo contenuto in alcaloidi naturali, soprattutto alla morfina. Nello sport i narcotici vengono utilizzati fraudolentemente e illegalmente per attenuare la percezione del dolore, di qualsiasi origine, ma anche in questo caso, l’uso, otre ad essere vietato dai regolamenti antidoping, è scorretto e pericoloso, nonché proibito dalla legge quando non prescritto da personale medico e/o quando non sussistano ben motivate e selezionate indicazioni terapeutiche. STEROIDI ANABOLIZZANTI ANDROGENI (SAA) Gli agenti anabolizzanti sono sostanze analogiche dell’ormone sessuale maschile, il testosterone, vengono anche chiamati ormoni (steroidei) androgeno-anabolizzanti per rimarcare la loro duplice azione: anabolica (stimolano la sintesi di tutte le proteine prodotte dall’organismo) e mascolinizzante, androgena per l’appunto, in quanto responsabili dello sviluppo degli organi genitali (aumento delle dimensioni del pene e maturazione delle strutture depurate alla produzione degli spermatozoi) e dei caratteri sessuali maschili secondari. In medicina gli steroidi anabolizzanti androgeni vengono impiegati con successo non solo nella terapia sostitutiva delle carenze di testosterone (ipogonadismi in senso lato), ma anche in caso di anemia, osteoporosi, in alcuni disturbi dell’accrescimento e in particolari malattie ginecologiche. Nel mondo dello sport gli steroidi anabolizzanti androgeni assunti illecitamente, a dosaggi maggiori rispetto alle dosi terapeutiche (spesso acquistati attraverso il mercato nero, utilizzando anche molecole di uso veterinario), vengono utilizzati con lo scopo di: aumentare la dotazione muscolare e conseguentemente la forza muscolare; ridurre la massa grassa e ottenere un miglioramento del rapporto peso/potenza; aumentare la produzione di emoglobina e dei globuli rossi, al fine di aumentare il trasporto dell’ossigeno per migliorare le capacità aerobiche. 202 20. CENNI SUL DOPING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER DIURETICI Sono farmaci che aumentano la produzione dell’urina da parte del tessuto renale e sono utilizzati come doping per: diminuire il peso corporeo (per rientrare nelle categorie di peso); aumentare la velocità di escrezione delle sostanze dopanti e la loro diluizione. ORMONI PEPTIDICI E’ un gruppo di farmaci non omogeneo che raccoglie sostanze con effetti farmacologici alquanto vari tra loro. Sono proibite le seguenti sostanze, compresi i loro mimetici, analoghi e fattori di rilascio: 1. Eritropoietina (EPO) 2. Ormone della crescita (hGH) e Fattore di crescita insulino-simile (IGF-1) 3. Gonadotropina corionica (hCG) proibita esclusivamente per gli uomini 4. Gonadotropina ipofisarie e di sintesi (LH) proibita esclusivamente per gli uomini 5. Insulina 6. Corticotropine. SOMATOTROPINA O ORMONE DELLA CRESCITA (GH) E' prodotto dalla pozione anteriore dell’ipofisi che regola anche la produzione dell’ormone luteinizzante (LH), dell’ormone follicolo stimolante (FSH), dell’ormone tireotropo (TSH), della prolattina e della corticotropina (ACTH). Il GH stimola la sintesi proteica, regola il metabolismo dei glucidi e dei lipidi, controlla i processi dell’accrescimento somatico dalla nascita fino alla pubertà. Il GH è utilizzato come doping per gli effetti sia metabolici sia anabolici. L’azione metabolica è insulino-simile con l’aumento di captazione tessutale sia di glucosio sia di aminoacidi, con diminuzione della produzione di sostanze lipidiche. L’azione anabolica avviene tramite la stimolazione delle somatomedine (IGF-1,IGF-2) che inducono la crescita incrementando la proliferazione cellulare e la sintesi cartilaginea. L’abuso di questa sostanza che comporta gravi effetti collaterali, è motivato dalla speranza di un aumento della massa muscolare con una contemporanea diminuzione di quella grassa. 203 20. CENNI SUL DOPING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER FATTORE DI CRESCITA INSULINO-SIMILE (IGF-1) E’ un ormone peptidico, prodotto nel fegato, in grado di regolare l’azione del GH. Viene utilizzato nella terapia dei bambini affetti da rare forme di alterazioni della crescita, mentre come sostanza dopante svolge un'azione anabolizzante ed ergogenica. Gli effetti collaterali connessi con l’uso improprio dell’IGF-1 sono analoghi a quelli indotti dall'ormone della crescita. ERITROPOIETINA (EPO) E’ un ormone peptidico, prodotto dalle cellule del rene che stimola vari processi che portano alla formazione dei globuli rossi. L’ipossia è lo stimolo più efficace per favorire la secrezione di EPO. Nel 1977 si è ottenuta dall’urina umana l’EPO purificata e nel 1983, isolando e clonando il gene umano, si è riusciti, mediante l’ingegneria genetica, a produrla su scala industriale. Da allora si è presentato il problema dell’uso dell’EPO a scopo di dopante. L’aumento degli eritrociti indotto dall’EPO migliora la capacità di trasporto dell’O2, induce un sensibile miglioramento della potenza e della prestazione aerobica. Non si è attualmente in grado di definire in che misura la somministrazione illecita di EPO produca un miglioramento della prestazione in funzione delle condizioni di allenamento. Uno dei principali pericoli nell’uso dell’EPO è il rischio di trombosi (con infarti e embolie). Inoltre, si può avere un potenziamento dell’effetto causato dall’aumento delle resistenze vascolari celebrali indotte dall’esercizio, con possibile emorragie. CORTICOTROPINA (ACTH), CORTICOSTERONE L’ACTH è secreta dall’ipofisi e stimola la produzione di corticosterone dalle ghiandole surrenali con effetti sul metabolismo: glucidico (iperglicemia, glicosuria); proteico (aumento del catabolismo); lipidico (aumenta la deposizioni di tessuto adiposo). L’ACTH è impropriamente utilizzata per aumentare il tasso di corticosteroidi endogeni, ricercando un effetto euforizzante sull’umore, per una migliore sopportazione della fatica. 204 20. CENNI SUL DOPING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER INSULINA Ormone normalmente prodotto dal pancreas che controlla il metabolismo del glucosio regolandone la concentrazione nel sangue (glicemia). Un suo deficit di produzione è responsabile dell’insorgenza dell’iperglicemia che, in alcuni casi porta la comparsa della malattia diabetica, caratterizzata da un quadro clinico articolato e grave, con manifestazioni polimorfe a carico soprattutto dei vasi, del cuore, dei reni e della retina. L’uso negli atleti è consentito soltanto per il trattamento di forme dichiarate, di diabete insulino- dipendente. L’insulina, inoltre, gioca un ruolo fondamentale anche nel metabolismo dei lipidi e delle proteine e, in tal senso, viene utilizzata come doping per favorire l’aumento della massa muscolare e la riduzione del grasso corporeo. GONADOTROPINA CORIONICA (HCG) Anche detta ''ormone della gravidanza'' (test ematici di gravidanza), viene prodotta naturalmente dal tessuto corionico della placenta ed estratta dalle urine di donne in gravidanza. Normalmente viene utilizzata nella terapia delle donne affette da disturbi della fertilità per favorire l’ovulazione, nei maschi in caso di ipogonadismo con sterilità e nei bambini affetti da criptorchidismo allo scopo di favorire la discesa dei testicoli nello scroto. Poiché i suoi effetti sono simili a quelli provocati dall’ormone luteinizzante (LH), (aumento della produzione di ormoni androgeni, soprattutto testosterone), viene utilizzata a scopo dopante per incrementare le masse muscolari e la forza. Inoltre sarebbe in grado di limitare gli effetti collaterali provocati dall’uso di steroidi anabolizzanti androgeni e di far aumentare la sintesi endogena di epitestosterone; riportando così nella norma i valori di testosterone, qualora questo ormone sia stato utilizzato, per aumentare la prestazione sportiva. 205 20. CENNI SUL DOPING ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 21. COMPOSIZIONE CORPOREA Attraverso l'analisi della composizione corporea si può ottenere una stima del grasso corporeo e delle altre componenti corporee. Questa analisi in campo medico è largamente utilizzata per individuare le classi di popolazione più a rischio verso l'insorgenza di alcuni tipi di patologie, a tal proposito alcuni studi hanno evidenziato, come un accumulo di grasso corporeo a livello addominale, possa predisporre verso l'insorgenza di disturbi metabolici e malattie cardiovascolari (Bjorntorp, 1985). In ambito sportivo l'analisi della composizione corporea, viene utilizzata per verificare lo stato di forma dell'atleta e per monitorare i cambiamenti indotti dall'allenamento. Al di là dell'utilizzo medico di tale analisi, agli operatori del fitness tutto ciò può essere utile per fornire ai cliente dei dati sull'andamento in termini di composizione corporea e sulla base di questi intervenire con consigli alimentari e di allenamento adeguati. Esistono diverse formule per riuscire a calcolare il peso ideale, o per riuscire ad ottenere una valutazione sullo stato di forma, una tra le più conosciute a ancora largamente utilizzata è il body mass index, (BMI), o indice di massa corporea, ideato nel 1830 da Adolphe Quetelet. E' una formula molto semplice che mette in relazione il peso corporeo totale e l'altezza, per fornire una valutazione generale sullo stato di forma e di salute; ancora largamente utilizzata in ambito medico, può fornire delle indicazioni scorrette, se applicata su soggetti che possiedono delle masse muscolari al di sopra della media, con percentuali di grasso corporeo basse; questi soggetti infatti vengono considerati in sovrappeso secondo il BMI. Di seguito la formula del BMI con le relative classificazioni: BMI = peso in kg / altezza² in metri CLASSIFICAZIONE BMI SOTTOPESO 18,5 NORMALE 18,5-24,9 SOVRAPPESO 25-29,9 OBESITA' DI PRIMO GRADO 30-34,9 OBESITA' DI SECONDO GRADO 35-39,9 OBESITA' DI TERZO GRADO > 40 206 21. COMPOSIZIONE CORPOREA ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Gli studiosi della Oxford University, hanno messo a punto una nuova formula matematica, con l'obiettivo di superare alcuni limiti della vecchia formula di BMI; la nuova formula sembra essere più accurata della precedente per i soggetti molto alti che superano i due metri di altezza e per quelli molto bassi che misurano meno di 1,52 metri di altezza. Di seguito la nuova formula per calcolare il BMI: BMI = 1,3 x peso in kg / altezza2,5 in metri Una formula per calcolare il peso ideale, forse più attendibile, dato che tiene conto: della statura, del sesso e della circonferenza del polso, è quella di Lanzola. Uomo: polso > 20 cm Peso = 75 x altezza (m) - 58.5 polso 16-20 cm Peso = 75 x altezza (m) - 63.5 polso < 16 cm Peso = 75 x altezza (m) – 69.0 Donna: polso > 18cm Peso = 68 * altezza (m) - 51.5 polso 14-18 cm Peso = 68 * altezza (m) - 58.0 polso < 14 cm Peso = 68 * altezza (m) - 61.0 La rilevazione delle circonferenze corporee, rappresenta un metodo utile e veloce per valutare alcuni elementi di interesse. Misurare la circonferenza del polso ad esempio, è utile per avere delle indicazioni sulla costituzione corporea del soggetto esaminato. Uomo: polso > 20 cm › Brevilineo polso 16-20 cm › Normolineo polso < 16 cm › Longilineo Donna: polso > 18 cm › Brevilinea polso 14-18 cm › Normolinea polso < 14 cm › Longilinea I soggetti normolinei non possiedono inclinazioni verso la pratica di una particolare disciplina sportiva; quelli brevilinei possedendo delle leve vantaggiose, per questo eccellono negli sport di potenza e di forza; quelli longilinei invece, eccellono nelle discipline di endurance e di elevazione. 207 21. COMPOSIZIONE CORPOREA ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER La misurazione della circonferenza vita è molto utilizzata per valutare il rischio cardiovascolare, un valore al di sopra dei 101 cm per l'uomo e di 87 cm per la donna, indica un elevato rischio cardiovascolare. Il rapporto tra la circonferenza vita e la circonferenza fianchi, può fornire un indicazione sul rischio per la salute e sulla predisposizione all'accumulo di tessuto adiposo. Di seguito la relazione tra la circonferenza vita e la circonferenza fianchi, con relativo rischio per la salute: TIPOLOGIA DI TIPOLOGIA DI TIPOLOGIA DI SESSO INGRASSAMENTO INGRASSAMENTO INGRASSAMENTO GINOIDE INTERMEDIO ANDROIDE UOMO < 0,94 0,94-0,99 > 0,99 DONNA < 0,78 0,78-0,84 > 0,84 208 21. COMPOSIZIONE CORPOREA ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 21.1 LA PLICOMETRIA La plicometria, utilizzata fin dai primi del '900, è una tecnica semplice e non invasiva per la ricostruzione della percentuale di massa grassa. La correlazione tra il grasso sottocutaneo con quello totale, subisce delle variazioni in funzione: dell’età, del sesso e delle caratteristiche morfologiche dell'individuo. L'accuratezza e la precisione nelle rilevazioni, sono legate all'esperienza dell'operatore nell'identificare con esattezza i punti di repere e al tipo di calibro utilizzato (Pollock et al., 1984). Sul mercato esistono diversi modelli di calibri, da quelli molto semplificati in plastica, a quelli elettronici, a quelli molto sofisticati utilizzati in ambito clinico. I punti di repere più utilizzati dagli studiosi, per la loro sensibilità alla distribuzione del grasso sottocutaneo, sono: il petto, la coscia, al di sopra della cresta iliaca, sull'addome, sul tricipite. Per effettuare la misurazione, una volta identificato con precisione il punto di repere, con il pollice e l'indice distanti tra loro circa 8 cm, si va ad afferrare lo spessore della piega della cute e del tessuto adiposo corrispondente. La plica deve essere a questo punto sollevata, su di una linea perpendicolare all'asse longitudinale del sito, pollice e indice vengono spostati l'uno verso l'altro, con la plica che viene stretta fra le due dita. Se si utilizza un calibro di quelli semplici in plastica, la misurazione termina quando si avverte con le dita un leggera resistenza; se si utilizza un calibro meccanico, il valore espresso dal plicometro deve essere rilevato dopo 4 secondi. Una volta effettuate le misurazioni, i dati vengono elaborati utilizzando delle equazioni, o più semplicemente tramite l'utilizzo di software appositi. È importante seguire una procedura standardizzata nelle misurazioni, per ridurre il margine d'errore (Harrison, et al., 1988): non effettuare le misurazioni dopo un allenamento, dato che le variazioni dei fluidi corporei potrebbero sfalsare i risultati; fare due rilievi per ogni sito; mantenere lo spessore della plica sollevato durante la misurazione; sollevare la plica un centimetro sopra il sito di misurazione; effettuare i rilievi nella parte destra del corpo; identificare con precisione i siti di misurazione e segnarli con una matita; effettuare i rilievi seguendo un ordine di rotazione; le estremità del plicometro devono essere mantenute perpendicolari alla plica. 209 21. COMPOSIZIONE CORPOREA ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Di seguito la tabella per l'identificazione dei principali punti di repere: SEDE SITO DI MISURAZIONE PETTORALE In diagonale nel punto medio tra la linea ascellare anteriore e il capezzolo SOPRAILIACA In diagonale di circa 45°, circa 2 cm sopra la cresta iliaca, a livello dell'incrocio della linea media ascellare ADDOMINALE In verticale 2 cm a lato dell'ombelico COSCIA In verticale nel punto medio anteriore che si viene a creare tra la piega inguinale e la porzione prossimale della rotula TRICIPITE In verticale posteriormente al braccio nel punto medio tra il processo acromiale e l'olecrano dell'ulna SOTTOSCAPOLARE In diagonale di circa 60° 2 cm sotto l'angolo inferiore della scapola vicino alla linea vertebrale 210 21. COMPOSIZIONE CORPOREA ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER Percentuali di massa grassa nell'uomo e relativa valutazione: età molto buono buono medio scarso molto scarso 18/25 anni 4-8 9-12 13-18 19-25 > 26 26/35 anni 8-13 14-17 18-22 23-27 > 28 36/45 anni 10-16 17-20 21-25 26-28 > 29 46/55 anni 12-18 19-22 23-26 27-30 > 31 > 56 anni 15-19 20-23 24-26 28-31 > 32 Percentuali di massa grassa nella donna e relativa valutazione: età molto buono buono medio scarso molto scarso 18/25 anni 13-18 19-22 23-26 27-30 > 31 26/35 anni 13-19 20-23 24-28 29-34 > 35 36/45 anni 15-20 21-25 26-30 31-35 > 36 46/55 anni 18-23 24-27 28-32 33-37 > 38 > 56 anni 18-24 25-29 30-34 35-38 > 39 Percentuali di massa grassa media negli atleti: disciplina sportiva uomini donne NUOTO 9-12 15-24 CORSA DI FONDO 6-11 15-19 SCI DI FONDO 7-10 15-21 SCI ALPINO 7-14 16-20 TENNIS 8-17 16-23 CICLISMO 11-17 16-21 PALLAVOLO 11-13 17-25 TRIATHLON 7-11 12-14 CORSA DI VELOCITA' 8-16 16-19 211 21. COMPOSIZIONE CORPOREA ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 21.2 LA BIOIMPEDENZIOMETRIA La bioimpedenziometria permette di prendere in esame oltre alla massa grassa, anche quella magra che viene suddivisa in massa intracellulare e massa extracellulare. La massa intracellulare rappresenta il totale della massa vitale, quella metabolicamente attiva che in un soggetto sano si aggira intorno al 40% circa del peso corporeo totale. La massa extracellulare comprende: i legamenti, il collagene, i fluidi extracellulari e lo scheletro. Con la bioimpedenziometria si può verificare la corretta distribuzione dell'acqua totale nei compartimenti intra ed extracellulare, fondamentale indice dello stato di benessere. In un soggetto sano, l'acqua totale rispetto al peso corporeo dovrebbe aggirarsi intorno al 60%, di questa l'acqua extracellulare dovrebbe rappresentare in media il 45-50%. Questi valori si riferiscono agli intervalli rilevati in una popolazione media, secondo studi svolti da Moore, Olesen, Parker e altri; questi valori subiscono delle variazioni in funzione: dell'età, del sesso e del tipo di attività fisica che si svolge. La bioimpedenziometria deve essere eseguita utilizzando delle apparecchiature professionali, spesso molto costose che devono rispettare determinate caratteristiche, l'operatore che esegue la misurazione, per far sì che questa sia obiettiva deve seguire con cura le indicazioni riportate dall'azienda produttrice. 212 21. COMPOSIZIONE CORPOREA ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 22. ALLENAMENTO IN CONDIZIONI PARTICOLARI In palestra gli istruttori e i personal trainer, possono dover assistere dei clienti che presentano delle patologie, in questi casi è necessario lavorare sotto la stretta supervisione del medico, seguendo scrupolosamente le indicazioni fornite. Agire senza questa collaborazione in presenza di aspetti patologici, espone il trainer verso responsabilità legali molto gravi. Al solo scopo informativo, di seguito vengono riportate le possibili indicazioni in riferimento ad alcune condizioni particolari, sottolineando un ulteriore volta che tutto ciò non vuole in alcun modo sostituirsi al consiglio diretto fornito dal medico specialista. 22.1 LA DONNA IN GRAVIDANZA Lo stato di gravidanza provoca delle rilevanti alterazioni anatomo-funzionali a carico di tutto l'organismo, tra cui: alterazioni della postura; aumento del peso; aumento della gittata cardiaca; aumento del battito cardiaco a riposo; aumento della frequenza respiratoria. In gravidanza l'attività fisica può essere svolta in tranquillità, a patto che si rispettino alcune regole essenziali e che si calibri con attenzione l'intensità dell'esercizio. L'allenamento in regime aerobico, non presenta particolari controindicazioni, l'importante è monitorare la frequenza cardiaca che non deve superare il 65% di quella massima teorica. L'allenamento con i pesi, deve essere svolto ad un'intensità moderata, evitando tutti gli esercizi che impongono un equilibrio precario e quelli svolti in posizione supina. Assolutamente da evitare: gli allenamenti ad alta intensità; gli sport ad alto impatto; gli esercizi massimali che simulano la manovra di Valsalva; l'ipertermia, evitare perciò di svolgere allenamenti a temperature troppo elevate e con un alto tasso di umidità; la posizione supina che riduce l'afflusso di sangue all'utero e alla placenta; la disidratazione e il digiuno prolungato. 213 22. ALLENAMENTO IN CONDIZIONI PART ICOLARI ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 22.2 IL SOGGETTO OBESO L'obesità è una problematica molto seria, spesso legata a patologie cardiovascolari, il diabete di tipo 2, ecc.. Un individuo è considerato obeso, quando presenta una percentuale di grasso superiore al 30% del peso corporeo totale, corrispondete solitamente ad un BMI maggiore di 30. Prima di proporre qualsiasi tipo di attività fisica, è necessario il parere del medico che valutate tutte le variabili del caso, dovrà fornire le indicazioni e le controindicazioni sugli esercizi da far svolgere in palestra. In ogni caso per ottenere dei risultati apprezzabili l'esercizio fisico deve essere accompagnato ad un radicale cambiamento nella condotta alimentare. In linea generale, la seduta di allenamento deve essere proposta: ad un'intensità moderata, monitorando la frequenza cardiaca, facendo eseguire esercizi anaerobici e aerobici e ponendo particolare attenzione nella scelta degli esercizi, ad esempio devono essere evitati gli esercizi a terra dove è necessario rialzarsi dalla posizione supina. 22.3 IL SOGGETTO IPERTESO Un individuo che soffre di ipertensione arteriosa, solitamente non presenta dei sintomi che possano fornire un'indicazione degli elevati valori pressori. Nella maggior parte dei casi, l'ipertensione arteriosa viene riscontrata dal medico durante un banale controllo. Individui con valori della pressione arteriosa diastolica, o minima, superiori a 90 mmHg sono già considerati ipertesi. Circa il 25% della popolazione occidentale presenta dei valori pressori che sono considerati elevati, più è grave il livello di ipertensione, maggiore è il rischio di infarto, ictus, ecc.. In presenza di accertata o sospetta ipertensione, è necessario attendere il parere del medico curante che deve fornire il certificato di idoneità prima di far svolgere qualsiasi tipo di attività fisica. Molti studi hanno evidenziato come una pratica regolare dell'attività fisica mista, aerobica e anaerobica, svolta ad intensità moderata, possa nel tempo normalizzare i livelli di pressione arteriosa, nei soggetti che soffrono di ipertensione. In linea generale l'allenamento dovrebbe essere strutturato in questo modo: Prima fase: riscaldamento di tipo aerobico. Fase centrale, o allenante: in cui si svolgono esercizi con attrezzi e pesi liberi, evitando sforzi massimali che simulano la manovra di Valsalva, o serie di allenamento con ripetizioni troppe elevate che provocano un eccessivo innalzamento della frequenza cardiaca e della pressione arteriosa. Fase finale, o di defaticamento: in cui si svolgono esercizi di tipo aerobico mantenendo la frequenza cardiaca a dei livelli costanti, corrispondenti a circa il 70-75% di quella massima teorica, è inoltre molto utile svolgere degli esercizi di stretching a fine seduta. 214 22. ALLENAMENTO IN CONDIZIONI PART ICOLARI ACCADEMIA ITALIANA PERSONAL TRAINER 22.4 IL SOGGETTO DIABETICO Il diabete è una patologia che implica un'alterazione nel metabolismo degli zuccheri, provocata dalla carenza più o meno grave d’insulina; o ad insulino-resistenza, cioè la bassa sensibilità dei recettori cellulari all'azione dell'insulina. L'insulina è l'ormone che permette l'ingresso del glucosio all'interno delle cellule, per questo motivo le alterazioni patologiche di questo meccanismo, provocano delle complicanze acute che se non trattate divengono croniche. Il diabete viene così classificato: Insulino-dipendente, o di tipo 1. Non insulino-dipendente, o di tipo 2. Nel diabete di tipo 1, le cellule del pancreas responsabili della secrezione di insulina, a causa di un alterazione del sistema immunitario, smettono di secernere questo ormone, in questi casi i pazienti vengono trattati con delle somministrazioni regolari di insulina. Il diabete di tipo 2, è la forma più diffusa, colpisce gli adulti al di sopra dei 40-50 anni di età, solitamente in questo caso, non è necessaria la somministrazione di insulina, il trattamento è basato sull'assunzione di farmaci ipoglicemizzanti orali. È scientificamente provato che l'attività fisica regolare, normalizza i livelli di zuccheri nel sangue e migliora la sensibilità all'insulina, va da sé che una volta ottenuto il via libera da parte del medico curante, un'adeguata attività fisica, possa solo coadiuvare il trattamento farmacologico e la corretta alimentazione nei pazienti affetti da diabete. L'attività fisica consigliata deve essere svolta a moderata intensità, mista aerobica e anaerobica, quest'ultima secondo recenti studi è molto utile per migliorare la sensibilità delle cellule all'insulina. 22.5 ALLENAMENTO IN TERZA ETA' E' sempre più in aumento la fascia di popolazione over 65 che si avvicina alla pratica dell'attività fisica all'interno dei centri fitness, è per questo motivo crescente la proposta dei centri verso questo tipo di utenza, in termini di offerte commerciali e di tipo di attività. E' indiscutibile che con l'avanzare dell'età si assiste ad un inesorabile decadimento fisico, in cui: diminuisce sensibilmente la forza muscolare e la coordinazione motoria, aumentando perciò il rischio di cadute nell'anziano; decrementa il tessuto muscolare che provoca un rallentamento del metabolismo che induce un aumento di grasso corporeo che si ripercuote sulla salu

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