MARKET DRIVEN MANAGEMENT principale PDF

Summary

This document introduces the concept of marketing management, focusing on the principles, methods, and techniques for managing exchange relationships. It discusses the value creation process within businesses and the importance of stakeholder engagement. The text delves into the concepts of value, exchange, and various types of business-to-business and business-to-consumer interactions in the market.

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CAP. 1 ECONOMIA, SOCIETÀ E MERCATO La parola marketing è il nome moderno di un insieme di principi, metodi, tecniche che, fondamentalmente, sono finalizzati a governare un fenomeno esistente sin da quando l’uomo si organizzò in comunità: le relazioni di scambio. 1.1 Metodo, strumenti e tecniche di...

CAP. 1 ECONOMIA, SOCIETÀ E MERCATO La parola marketing è il nome moderno di un insieme di principi, metodi, tecniche che, fondamentalmente, sono finalizzati a governare un fenomeno esistente sin da quando l’uomo si organizzò in comunità: le relazioni di scambio. 1.1 Metodo, strumenti e tecniche di una disciplina relazionale Il marketing management è una forma di gestione delle relazioni di scambio che si considera ottimale in termini di efficacia, cioè capacità di raggiungere gli obiettivi, ed efficienza, ovvero minimizzazione dello sforzo relativo al raggiungimento del risultato. Questo si basa su un metodo, una tecnica e su strumenti. Con metodo si intende il modo, la via, il procedimento seguito nello svolgere una qualsiasi attività, secondo un ordine e piano prestabiliti in vista del fine che si intende raggiungere. Con tecnica si intende l’insieme delle norme su cui è fondata la pratica di un’arte, di una professione, o di una qualsiasi attività manuale o intellettuale. Con strumento si intende un arnese, congegno, dispositivo e similare, necessario per compiere una determinata operazione, o svolgere un’attività. Il marketing accresce: Il valore dell’impresa, soddisfacendo e fidelizzando la clientela acquisita, battendo la concorrenza sul mercato, oltre che, naturalmente, inventando prodotti e conquistando nuovi spazi di mercato; Il valore per la domanda, creando formule di offerta sempre nuove e alienate ai tempi, con il consumatore riconosce il senso e parole attraverso le quali può così aggiornare e migliorare il proprio stile di vita; Il valore per la società, indirizzando su quei beni e servizi effettivamente necessarie desiderati dalla collettività e operando un continuo processo di trasposizione delle nuove istanze sociali in attributi di offerta. IL VALORE Il valore è una combinazione di benefici economici, relazionali e competitivi che un’organizzazione crea e sostiene nel tempo, per i propri clienti e per i propri stakeholder coinvolti, e per l’organizzazione stessa, offrendo prodotti o servizi che soddisfano bisogni e desideri dei consumatori meglio della concorrenza. Il desiderio, a differenza del bisogno, è un qualcosa di consapevole, mentre il bisogno posso anche non essere consapevole di averlo. COSA SIGNIFICA CREARE VALORE A LIVELLO DI UN’AZIENDA 1 Solida visione del business e orizzonte strategico chiaro: L a prima cosa che un’azienda deve fare e avere un’idea solidissima di dove l’azienda vuole essere in un determinato periodo di tempo(es. 10 anni), orizzonte che può anche essere flessibile. Se abbiamo in testa una direzione abbiamo sicuramente un risparmio di risorse e possiamo dividere eventualmente il percorso in tappe intermedie. Avere un orizzonte temporale lungo significa equipaggiarsi degli asset (di persone e tecnologie) adatti al raggiungimento dell’obiettivo. Share biodegradabili: quelli che danno soldi per farci crescere nel mercato se le nostre prospettive portano risultati migliori rispetto ad un investimento nel mercato, deve essere garantito un ritorno economico. È importante avere un portafoglio di prodotti distintivo e performante: un prodotto performante superiore alla concorrenza da un punto di vista qualitativo, che abbia aspetti distintivi rilevanti per il consumatore. I prodotti cambiano costantemente per essere migliorati. Caratteristiche uniche del brand Se queste cose sono integrate e parlano tra di loro possiamo creare un valore. Queste sono idee, devo capire come concretizzarle perché deve atterrare tutto sul mercato. TIPI DI VALORE Valore economico: in termini finanziari è strettamente legato alla sua capacità di generare profitti nel tempo. Questo può essere misurato attraverso vari indicatori: - il valore degli utili (utile netto) - la capitalizzazione di mercato - il valore degli asset - la capacità di creare valore per gli azionisti (Es. attraverso il ROI- Return on Investment o una crescita stabile Valore stakeholders: il valore non riguarda solo i clienti, ma anche gli stakeholder come i dipendenti, i fornitori, la comunità e gli investitori. Un’azienda crea valore per i dipendenti attraverso salari equi, opportunità di crescita e un ambiente di lavoro positivo Value for money: percezione che il cliente ha del prodotto tra benefici ricevuti (qualità, caratteristiche, esperienze) e costi sostenuti (prezzo, tempo, sforzo). Maggiore è la percezione di questo valore, maggiore sarà la fidelizzazione e la soddisfazione del cliente. Value sostenibile: Valore non solo in termini economici a breve termine, ma anche in termini di sostenibilità a lungo termine. Questo include l’attenzione alla responsabilità sociale (CSR), l'uso efficiente delle risorse, e l'impatto ambientale, per garantire una crescita continua senza compromettere il benessere delle future generazioni. Valore competitivo: differenziarsi dalla concorrenza. Può avvenire attraverso l'innovazione, il miglioramento dei processi produttivi, o l'offerta di prodotti o servizi unici che creano un vantaggio competitivo. Il valore competitivo permette all'azienda di mantenere o aumentare la propria quota di mercato e di resistere alle pressioni del mercato. LA CAPITALIZZAZIONE La capitalizzazione di mercato (o market capitatization) è una misura che rappresenta il valore totale di una società quotata in borsa, calcolato moltiplicando il prezzo di mercato di una singola azione per il numero totale di azioni in circolazione. 2 CM: Prezzo per Azione x Numero di Azioni in Circolazione Es. se una società ha 10 milioni di azioni in circolazione, e il prezzo per azione è 50 euro sarà 50x10=500 milioni di euro. PERCHE CI SIA VALORE è NECESSARIO: Profitto Vantaggio sostenibile Posizione di mercato competitiva Un target di consumatori che ‘scelgono’ i nostri prodotti/servizi essendo disposti a pagarne il prezzo Una rete di distributori e intermediari per i quali sia conveniente commercializzare i nostri prodotti (invece di quelli di altri) Degli investitori che ‘scommettono’ su di noi COME SI FA IL TRASFERIMENTO DI VALORE Attraverso uno scambio che può implicare lo scambio di denaro o simili che prendono il nome di transazione. Le parti dello scambio sono il fornitore di valore: venditore, produttore e il ricevitore del valore: compratore finale o intermedio. 1.2 Lo scambio, fondamento del marketing Il marketing unisce in modo evoluto delle complesse del XXI secolo, di governare quello che è una volta semplicemente commercio. Il commercio è fondamentale per la sussistenza dell’essere umano, così come per il suo livello di benessere e tenore di vita. Lo scambio è un fenomeno che contraddistingue l’umanità stessa e che è sempre stato gestito dagli uomini. Gli elementi fondamentali dello scambio sono sei: 1. le parti-coinvolte 2. il risultato che ciascuna di esse intende perseguire 3. l’oggetto dell’atto di scambio, cioè il prodotto (bene o servizio) 4. la sua contropartita (il prezzo) 5. le relazioni che si instaurano tra le due parti, in virtù dello scambio 6. l’orizzonte temporale dello scambio 1.2.1 Le parti dello scambio Le parti coinvolte nello scambio di mercato sono sostanzialmente due: il venditore e il compratore. Nello scambio, il venditore rappresenta il soggetto di offerta, il compratore quello di domanda. Il venditore può essere costituito da: un produttore, un commerciante, o una persona fisica; il compratore può essere: un produttore un commerciante, un compratore/utilizzatore finale o la pubblica amministrazione, nelle proprie articolazioni organizzative (ministero, Comune ecc…) 3 A seconda dei soggetti che si interfacciano nello scambio, possiamo avere quattro sistemi possibili: 1. business to business (B2B):entrambi i soggetti di offerta e domanda sono imprese. I contraente parlano ‘la medesima lingua’. Le forme possibili sono le seguenti: - produttore vende a produttore: es. mercato della componentistica auto - produttore vende a commerciante: es. i produttori a marca industriale (Barilla), vendono i loro prodotti ai distributori (Esselunga). - commerciante vende a commerciante: es. i farmaci, dove il grossista vende i prodotti ai farmacisti 2. business to consumer (B2C): un’impresa si confronta con una persona fisica. I termini linguistici del confronto sono diversi in quanto l’offerta “pensa” sempre in chiave economica, ma deve “parlare” una lingua diversa e ben comprensibile dalla domanda. Anche qui abbiamo diversi casi possibili: - produttore vende direttamente all’acquirente/utilizatore finale: es. l’artigianato e il fatto su misura, acquisti online di ricariche telefoniche, negozi monomarca gestiti direttamente o in franchising da un produttore. - venditore vende all’acquirente/utilizatore finale: es. il commercio intermediato (“faccio la spesa alla Coop”) 3. consumer to consumer (C2C): scambi tra persone fisiche ad es. Vinted, Ebay 4. business to governement (B2G): scambio delle forniture alla Pubblica Amministrazione, appalti per la costruzione di opere pubbliche. Questo tipo di scambi sono caratterizzati da due elementi principali: è un mercato dove il venditore concorre per assicurarsi la preferenza del compratore, in un contesto competitivo dettagliatamente regolamentato; fra gli strumenti di scambio ha preponderanza la gara di appalto, che conferisce al compratore un potere di scambio assoluto. 5. business to business to consumer (B2B2C) ci troviamo nei mercati intermediati in cui il produttore sceglie dei dei distributori indipendenti per raggiungere i consumatori. 4 LO SCAMBIO WIN WIN: Entrambe le parti ottengono il risultato desiderato, lo scambio è vantaggioso per entrambi L’azienda ottiene ricavi e potenzialmente profitti Il cliente ottiene la soddisfazione dei suoi bisogni o desideri, o la soluzione di un suo problema. Il valore risiede nel ricevere qualcosa che risponde alle loro aspettative, siano esse legate alla qualità, al prezzo, all'esperienza o ad altri fattori. Quando abbiamo le basi per una relazione commerciale stabile duratura abbiamo la customer satisfaction, cruciale perché determina la fedeltà e il ritorno del cliente, che a loro volta influenzano i ricavi futuri. PRIMO GRUPPO: Nel momento in cui non rispettiamo le aspettative del cliente c’è un problema; è possibile che il cliente segua la convenienza del prezzo, per cui le aziende producono lo stesso prodotto quindi il cliente si rivolge al più conveniente. Questo vuol dire che il prodotto è banalizzato, il cliente non è fedele, la marca non fa differenza. SECONDO GRUPPO: il cliente è affezionato al prodotto che ha sempre usato ma siamo comunque a rischio perché non c’è soddisfazione, quindi appena c’è un prodotto migliore viene sostituito. Non va cambiato il prezzo, ma incrementato il valore del prodotto stesso. Il reward ce l’abbiamo anche guardando quello che è il feedback del consumatore. TERZO GRUPPO: abbiamo un'alta soddisfazione, ma una bassa lealtà QUARTO GRUPPO: corrisponde al mercato ideale, al punto a cui ogni azienda deve aspirare, ovvero ad una condizione in cui c'è un'alta soddisfazione e un'alta lealtà da parte dei clienti. Questo permette un sostentamento di lunga durata dell'azienda. Le aziende possono mantenere la loro posizione e svilupparsi fintanto che hanno clienti soddisfatti e fedeli. 5 1.2.2 Il risultato perseguito Il risultato perseguito nello scambio dipende dalla natura del soggetto, se cioè il venditore e compratore siano imprese, organizzazioni di altro tipo, o individui. Nel caso di soggetti diversi dal consumatore il risultato perseguito nello scambio passa attraverso la generazione dei ricavi (detti anche revenue), dati dalle quantità di prodotto vendute (che possono essere realizzate da prodotti differenti ) moltiplicate per il rispettivo prezzo. La modalità di determinazione del prezzo dipende dalla natura dell’impresa: possiamo trovarci di fronte a organizzazioni profit-oriented, in cui l’obiettivo principale dell’azienda tendenzialmente è ottenere profitto. Con profitto si intende un guadagno finanziario, ovvero ricavi superiori ai costi, l'indicatore finanziario principale che riflette la sostenibilità e la crescita di un'azienda. Chi investe sulla mia azienda deve poter contare su un ritorno superiore ai mercati azionari. Il profitto: Misura la performance Attrae gli investitori È motore di innovazione Sostenibilità a lungo termine Ci sono però anche altre aziende: le non-profit che perseguono la continuità nel lungo periodo piuttosto che il profitto, di solito sono anche supportate dallo stato almeno in parte. Esempi: enti pubblici come ospedali, scuole; fondazioni; organizzazioni di beneficienza, come Telethon; ONG come la FAO. In questo caso la sostenibilità si misura nella capacità di mantenere il bilancio equilibrato nel tempo. Ogni azienda ha una sua equazione di sviluppo dei ricavi e quindi del profitto, PROFITTO E RICAVO NON SONO LA STESSA COSA. DIFFERENZA TRA PROFITTO E RICAVO Pi rappresenta il prezzo del bene o servizio, e Qvi la quantità venduta ** C (Costi Totali : Fissi = Variabili) RICAVO TOTALE:I ricavi totali di un’azienda sono dati dalla sommatoria della moltiplicazione del prezzo di base di un bene per la quantità del bene venduta PROFITTO: Il ricavo totale meno i costi sostenuti per realizzarlo, quello che l’azienda a volte sbagliando chiama utile Due aziende possono anche avere lo stesso profitto ma ci arrivano in modi diversi COSTI FISSI: di struttura, sono indipendenti dalle quantità, hanno a che vedere con gli asset produttivi. Si ripartisce sul costo del prodotto. COSTI VARIABILI: variano al variare della produzione. 6 Il discorso è diverso per quanto riguarda il consumatore. In questo caso, l'obiettivo perseguito nello scambio è sì economico, ma non orientato al profitto. l’obiettivo generale del consumatore è l’incremento del proprio benessere: noi siamo disposti a cedere quote della nostra disponibilità complessiva di denaro in cambio di beni e servizi che ci facciano vivere quanto meglio possibile, consentendoci di risolvere i problemi della quotidianità e goderci la vita. Ciò a cui noi consumatori puntiamo è estrarre benefici dal prodotto che sono sia di natura pratico-funzionale, che emotivo-simbolica. emotivo/valoriali VALORE AGGIUNTO E AGGIUNGERE VALORE VALORE AGGIUNTO: Concetto tecnico/economico/quantitativo: misura la ricchezza creata da un'organizzazione o da un processo produttivo. Con valore aggiunto si fa riferimento alla differenza tra il valore finale di un prodotto o servizio e costo dei beni o servizi utilizzati per produrlo. VA=Val Prodotto Finale-Costi Beni intermedi Ogni fase del processo di produzione aggiunge valore: Lavoro: abilità conoscenze e creatività Innovazione: aumentare l'efficienza migliorando la qualità o creando nuovi prodotti Design e qualità: migliorare la funzionalità Distribuzione e marketing: rendere il prodotto accessibile e attraente al mercato. Il VA è strettamente legato al profitto aziendale. AGGIUNGERE VALORE: concetto generale di miglioramento. Concetto più generico/qualitativo: descrive azioni o strategie per accrescere il valore percepito di un prodotto/servizio, agli occhi del consumatore o del mercato VFM: Prezzo pagato/valore percepito "aggiungere valore" serve a migliorare l'esperienza del cliente, o qualsiasi altro aspetto che rende un prodotto o servizio più desiderabile o utile. Valore percepito: è la qualità, utilità, o beneficio che il consumatore attribuisce al prodotto o servizio. Prezzo pagato: è il costo effettivo che il cliente ha sostenuto per acquistare il prodotto o servizio. 1.2.3 L’oggetto dello scambio L’oggetto dello scambio sostanzialmente è un prodotto che nel momento in cui è materiale prende il nome di bene, quando è immateriale prende il nome di servizio. Succede però che non possiamo considerare il prodotto come unico oggetto dello scambio: es. quando acquistiamo una polo Lacoste, paghiamo del denaro per ottenere la proprietà di un bene (la polo) e di un brand (il coccodrillo). Il primo è l’output di un processo di trasformazione che crea un valore materiale tangibile (produzione manifatturiera), il secondo di un processo di creazione di valore simbolico ed emotivo (branding). Il primo senza il secondo perderebbe gran parte del proprio valore, dato che il consumatore per una semplice polo priva del coccodrillo non sarebbe disposto a spendere la stessa quantità di denaro. Quindi noi consumatori cerchiamo e acquistiamo delle product offering il cui prezzo riteniamo essere più che compensato dai benefici complessivi che esse promettono di offrire. 7 Dal punto di vista del venditore: questi cerca di valorizzare la propria attività, vedendosi riconosciuto il prezzo che richiede per cedere la proprietà della product offering al compratore. Il significato del prezzo varia a seconda del punto di osservazione. In chiave interna: il venditore sa che il prezzo deve come minimo coprire tutti i costi derivanti dalla produzione del prodotto stesso e parte dei costi generali d’impresa e , se profit-oriented, dovrà comprendere anche un margine di guadagno. In chiave competitiva: il venditore sa che il prezzo che va a richiedere si posizionerà in uno spazio di offerta che probabilmente è già affollato, dove sono presenti altre offerte in competizione con la propria. In chiave comunicativa: il venditore è consapevole che il prezzo esprime anche l’idea di qualità e, in generale, del valore complessivo della propria product offering, quindi cercherà di fissarlo a un livello equilibrato rispetto al valore percepito dal compratore, né troppo alto, né troppo basso rispetto alla promessa di valore di product offering. 1.2.4 Le relazioni nello scambio Uno scambio affinché possa avvenire deve rispettare dei presupposti: 1. la presenza di almeno due parti (compratore e venditore) 2. ciascuna delle due parti ha qualcosa che può essere di valore per l'altra (rispettivamente il denaro e il product offering) 3. ciascuna delle due parti è in grado di comunicare e di trasferire valore all'altra (contesto e mezzi di pagamento) 4. ciascuna delle due parti è libera di accettare o respingere l'offerta dell'altra (la volontarietà dell'atto di scambio, per tutti e due) 5. ciascuna delle due parti è ritiene possibile/desiderabile, trattare con l'altra. "un atto di scambio fra due soggetti ha luogo soltanto se esso si verifica in un contesto di libertà e se migliora la posizione di benessere di ciascuno dei partecipanti". Perché ci sia una transazione è necessario che ci sia una documentazione, che sia regolamentata e implica anche un uso di denaro. 1.2.5 L’orizzonte temporale e spaziale Il tempo Lo scambio può essere one shot o long term 1. One shot: immediato, ovvero lo scambio apre e chiude la relazione con la controparte nel momento in cui si manifesta. Ciascuna delle due parti cerca di ottenere il massimo sul momento, cercando di non concedere alla controparte 8 null’altro se non il dovuto. Le parti dopo lo scambio si separano, non puntano a mantenere un rapporto continuativo; questo perchè ci si concentra su un guadagno immediato senza preoccuparsi di una relazione futura, in quanto questa non ci sarà, per cui non c’è interesse nel mantenere un rapporto. Bisogna comunque fare attenzione perché se un consumatore parla male di noi potrebbe intaccare il nostro mercato e l’opinione di futuri clienti. 2. Long term: di lungo termine. Le parti convengono, a volte tacitamente, che lo scambio che stanno per avviare sia solo il primo di una serie futura, quindi sono consapevoli che esso apre una connessione che dovrà fondarsi sulla fiducia reciproca e sulla considerazione dei rispettivi interessi soggettivi. Quindi la relazione è basata sulla fiducia e sulla soddisfazione reciproca. La letteratura di marketing è solita interpretare la prima situazione come transazione, la seconda come relazione. Lo spazio (pag 14) 1.2.6 La dinamica fondamentale Gli scambi che avvengono definiscono quattro grandezze tra loro collegate Volumi sell-in: è la quantità complessiva di prodotto che transita dal produttore al distributore. Serve a due cose fondamentalmente: devo avere un buono stoccaggio e devo essere in grado di rimpiazzarlo quando non è più in stock. Le offerte e gli sconti sono scommesse sui volumi, sono dei modi per speculare, tipico di mercati ad alta rotazione. Il distributore cerca di portarsi la massima quantità di prodotto al prezzo più basso, quando finisce la promozione, il prodotto che ha pagato meno lo rivenderà a prezzo pieno. Volumi sell-out: è la quantità di prodotto acquistata dagli acquirenti finali presso i punti vendita al dettaglio. Questa cosa funziona quando non ci sono scadenze del prodotto in tempi brevi, quindi su tutti i prodotti che hanno una durata lunga. Sono concetti che funzionano quando c’è un intermediario La domanda va anche stimolata comunicando : packaging, passaparola, media tradizionali. Il consumatore può essere o un acquirente, che acquista non necessariamente per se stesso (magari per un componente familiare) 9 Per il produttore, distributore e acquirente finale sono entrambi soggetti di domanda. Per il distributore, il soggetto di domanda è soltanto l’acquirente finale. Per l’acquirente finale, produttore e distributore sono entrambi soggetti d’offerta. Il soggetto d’offerta cede la proprietà/possesso di beni e servizi, e indirizza i flussi di comunicazione alla domanda. Il soggetto di domanda cede denaro e costituisce fonte di informazioni per quelli d’offerta. COSA SUCCEDE DURANTE LO SCAMBIO Il produttore trasforma il prodotto che passa all'intermediario; qui abbiamo l'offerta, ovvero gli approvvigionamenti: L'intermediario seleziona i produttori per decidere con quali prodotti formare il proprio assortimento da offrire alla domanda finale. Da questo momento l'intermediario che entra in possesso del prodotto si occupa della sua distribuzione (domanda business/sell in): qui avviene quindi il primo passaggio di proprietà del prodotto. I ricavi che se ne traggono vanno a bilancio del produttore. Successivamente alla fase della distribuzione abbiamo la fase finale che è quella del consumo: il prodotto può arrivare all'acquirente finale o all'utilizzatore finale. Acquirente e consumatore non sempre coincidono, spesso sono persone diverse. In questa fase abbiamo la domanda consumer: è la domanda finale (il consumatore) che va stimolata affinché la domanda primaria possa manifestarsi. I ricavi che se ne traggono vanno a bilancio dell'intermediario. Abbiamo però anche la domanda finale/sell out: l'intermediario cura la fedeltà del consumatore rispetto al punto vendita stimolando la frequenza di visita. 1.3 Le strutture di mercato Gli scambi primordiali avvenivano direttamente fra il produttore e acquirente finale, in loco e senza l’intervento di nessun terzo soggetto. Oggi, all’opposto, i soggetti che intervengono fra il produttore e l’acquirente finale possono essere molti, il sistema di regole è cresciuto, usi, costumi e abitudini di acquisto si sono cristallizzati e molto spesso fanno norma. Per questo, ogni produttore che decida di eleggere una data area geografica a proprio mercato di riferimento, è solo relativamente libero di decidere come, dove e quando presentarsi con la propria offerta. In ogni mercato vi sono delle condizioni sostanziali che preesistono rispetto 10 alla singola impresa e alla quale essa deve in qualche misura adattare i propri comportamenti (es. ho un produttore di champagne volendolo rivendere in Italia dovrà fare i conti con una rete di punti vendita parcellizzata; dovrà accettare un prezzo che sia sostenibile per il mercato italiano e congruente rispetto alle altre offerte già esistenti). Le stesse regole sul commercio valgono per il consumatore: regolano quando questo può esercitare il proprio diritto di domanda sì gli orari di apertura dei negozi sono regolamentati), il dove (alcuni prodotti, come farmaci, sono acquistabili soltanto i punti vendita specifici). Le strutture di ciascun mercato che occorre prendere in considerazione, quale che sia la categoria che si consideri, sono riconducibili alle seguenti categorie: ➔ le strutture di relazione ➔ le strutture di valore 1.3.1 Le strutture di relazione Si tratta di quelle strutture che rendono possibile e concernono la relazione di scambio fra i soggetti di domanda e offerta. Sono elementi che qualificano come e attraverso chi si snodano le relazioni di scambio all’interno di un determinato mercato, e cioè: La rete commerciale specifica (ad esempio negozi che vendono scarpe e accessori moda); I concorrenti, che insistono sulla medesima domanda di riferimento; Le abitudini di acquisto dei compratori finali; Gli usi e le consuetudini commerciali; Le norme che regolano l’attività commerciale. Tutti questi elementi-vincolo sono componenti strutturali di ogni mercato e presentano le seguenti caratteristiche: sono geograficamente definite (local-specific): Cambiano a seconda dell’area geografica di mercato e ne esprimono il relativo livello di avanzamento e ricchezza; sono category-specific: cambiano a seconda della generica tipologia di prodotto; sono sia formali che informali: Sono espressione di leggi formali, e perciò facilmente conoscibili, ma anche rappresentati da usi e costumi commerciali che si sono sedimentati negli anni, e che perciò è difficile conoscere a priori; sono pro-tempore costanti: vanno considerate come difficilmente o per nulla modificabili dalla singola impresa; sono spesso regolamentate da norme di legge: il mercato è considerato materia di pubblico interesse e ogni Stato, regioni e, laddove previsto, singolo comune alla potestà di intervenire a regolarlo. L’economia contemporanea ha raggiunto un livello di complessità considerevole. Si sono moltiplicati i soggetti che direttamente, o indirettamente intervengono nelle operazioni di mercato. Ciò ha preso la forma di una grande frammentazione della struttura di ogni mercato, con numerosi soggetti che, a vario titolo, intervengono nello scambio. Oltretutto nei mercati si sono prodotte due forze interne: la divisione del lavoro e la specializzazione. 11 1.3.2 Le fasce di valore Questa seconda struttura di mercato ci porta a prestare attenzione ai prezzi finali (sell out price) con i quali un certo tipo di prodotto è commercializzato. Ogni tipo di prodotto è disponibile sul mercato in numerose dimensioni di varietà: marche, tipi e livelli di prezzo. Ad oggi è presente un fenomeno di mercato che si definisce polarizzazione: per ciascuna categoria di prodotto si definiscono due spazi di offerta molto ben distinti e opposti fra loro, uno di valore basic, ovvero economico, caratterizzato dal prezzo basso e dal cosiddetto “buon rapporto qualità/prezzo”; l’altro a valore aggiunto, caratterizzato da prezzi medio-elevati/elevati, e da prodotti di alta qualità. All’interno di ciascuna fascia di mercato le offerte presenti manifestano un diverso valore promesso al cliente con le seguenti caratteristiche: elevata omogeneità interna: le product offering collocate all’interno di una data fascia sono relativamente simili fra di loro. elevata disomogeneità esterna: le product offering collocate in diverse fasce sono percepite in modo assolutamente differente. In asse verticale sono riportati i prezzi finali, vigenti in una data area geografica per una determinata categoria di prodotto, e in asse orizzontale i relativi volumi di venduto. La bipartizione fasce di valori presuppone la fissazione di una data area geografica di riferimento (per esempio l’Italia) e di una data categoria di prodotto (ad esempio vino).la scala prezzi si determina ponendo a 100 il prezzo medio della categoria. I value market Occupano la porzione medio-bassa e bassa (in termini di prezzo) della categoria; i premium market quella medio-alta e alta; i luxury market, nelle categorie dove esistono occupano la parte più alta dei premium. I volumi di vendita maggiori della categoria si manifestano solitamente nei value market, per la semplice ragione che li sono posizionate le marche i cui prezzi, mediamente basso, sono accessibili alla gran parte degli acquirenti. Oltre una certa soglia, si entra nei premium market, o mercati “a valore aggiunto”. I prezzi vanno da un certo livello in su e i volumi di venduto della categoria sono inferiori, naturale riflesso della minor quantità di persone che possono permettersi prezzi più elevati per un dato prodotto. Gli acquirenti che si rivolgono alle marche che stanno in questa fascia di mercato manifestano un interesse per i prodotti a elevate prestazioni esperienziali. All’estremo superiore, infine, i luxury market sono il territorio del lusso propriamente detto, inaccessibile ai più e sostanzialmente sfuggenti alle regole di mercato. 12 CAP.2 IMPRESA E MARKETING Il marketing non è “un altro modo, più moderno, di chiamare le vendite”. Per l’approccio "semplicemente" interessato alla vendita del prodotto, infatti, con l’atto di acquisto del compratore si esaurisce il rapporto: quell’atto va massimizzato subito nel suo valore. Per la visione del marketing, invece, il primo atto di scambio costituisce l’inizio di una relazione, orientata al lungo termine, traguardata sulla generazione di economie di clientela, in regime di convenienza per entrambi. In altri termini, il venditore cerca, con la forza della persuasione, di spuntare il prezzo massimo e/o di convincere ad acquistare il prodotto che deve piazzare, o un insieme di prodotti, nella sostanziale convinzione che sarà difficile incontrare nuovamente quel compratore. Il marketer cerca invece di consolidare da subito la relazione di vendita su un rapporto di fiducia reciproca, costruendo l’offerta di acquisto sulla base delle esigenze e del profilo precipuo del compratore, fornendogli contemporaneamente delle motivazioni di convenienza che guardano a più atti di acquisto futuri. In estrema sintesi, il focus dei venditori è la vendita in una prospettiva di breve periodo, quello del marketing è il cliente, in una prospettiva di lungo termine. 2.1 Il management di mercato Il management è uno stile di direzione aziendale, che si contrappone all’empirismo per il fatto di poggiare su alcune attività che vengono poste in sequenza logico-funzionale fra di loro in un processo. Lo stile direzionale empirico, solitamente fondato sull’accentramento delle decisioni nella persona dell’imprenditore, funziona, semplificando, pressappoco così: 1. (analisi) a fronte di un problema, o del prospettarsi di un’opportunità, il decision maker analizza rapidamente la situazione, facendo ampiamente ricorso alla propria esperienza personale, alla propria memoria, a informazioni raccolte sporadicamente, alla propria personale competenza tecnica; 2. (scelte) fatte le dovute considerazioni, spesso. molto rapide, qualitative e di superficie, si decide cosa fare e si mette immediatamente “in moto la macchina”; 3. (azione) terminata l’operazione, infine, si verificano i risultati, la loro efficacia in relazione agli obiettivi, genericamente individuati inizialmente. Il flusso del processo di management è circolare nel tempo, nel senso che non ha (virtualmente) mai fine: la misurazione dei risultati di un programma di mercato realizzato in 13 un anno costituisce base d’analisi per la scelta dei programmi di mercato per il successivo e così via, realizzando circolarmente quella continuità nel tempo che deve essere tipica delle organizzazioni ben governate. Nel marketing management possiamo identificare: il marketing analitico, ovvero l’attività intellettuale che concerne la scomposizione del quadro entro il quale si colloca la situazione di scambio d’interesse. Le analisi di marketing costituiscono la linfa vitale dei processi decisionali dell’impresa, fornendo ai manager tutte le informazioni necessarie a massimizzare l’efficacia delle scelte di marketing. il marketing strategico, ovvero il processo d’individuazione degli obiettivi generali e finali delle relazioni di mercato, predisponendo le risorse necessarie in ottica di economicità (efficienza nell’uso ed efficacia nella capacità prospettica di realizzazione degli obiettivi) e coerenza con il sistema degli obiettivi aziendali. il marketing operativo, ovvero l’attività di esecuzione dei programmi che realizzano concretamente le scelte assunte, modellando adeguatamente l'organizzazione a tal fine. La digitalizzazione, che ha impatto profondissimo sull’economia tutta e non solo sulle singole imprese, non muta la logica gestionale di fondo. 2.2 Marketing: fare mercato L’impresa fa prodotti e, contemporaneamente, il mercato per questi prodotti. Il senso del termine viene considerato separatamente: (i) la parola market; (ii) il suffisso ing. 2.2.1 Market-ing: il mercato La prima componente del termine marketing è la parola mercato. È un termine fra i più usati nel lessico economico ed esprime un significato a più dimensioni e cioè: - l’ambiente nel quale avviene lo scambio fra il compratore e un venditore, in regime di concorrenza fra quest’ultimo e altri omologhi (per esempio il mercato online); - l’istituzione, ovvero il sistema di regole giuridiche attraverso la quale l’ammi- nistrazione di una collettività decide di organizzare e governare l’attività di scambio (per esempio il mercato italiano del farmaco); - una struttura fatta di soggetti e delle relazioni fra di loro, che si costituisce nel tempo e attraverso la quale avviene lo scambio di una data categoria. - uno spazio competitivo, articolato su due livelli costrutto individuale della singola impresa, frutto di un sistema di scelte che il suo organo direzionale (imprenditore, top management) è chiamato a compiere; l’aggregato, che mette assieme ex post le scelte di cui al punto precedente, da parte di tutte le imprese player di un determinato comparto. Una cosa è il mercato che la singola impresa considera come proprio “territorio competitivo” e nel quale presenta la propria offerta di prodotto, in competizione con quelle di altri, per conquistare i favori degli acquirenti. Altra cosa è il mercato più ampio, che considera non solo il mercato del produttore appena indicato, ma anche tutti i mercati degli altri player che offrono prodotti della medesima categoria. 14 Le scelte competitive di mercato dell’impresa sono quasi sempre riferite a un mercato aggregato già esistente, salvo i rari casi nei quali ci si trovi di fronte a una innovazione radicale che genera un nuovo spazio competitivo prima inesistente. Elementi di contestualizzazione del mercato. Il mercato aggregato è un concetto che dev’essere, in primis, “storicizzato”: ne vanno definite, cioè, le coordinate spaziali (per esempio il territorio italiano) e temporali (per esempio il mese di settembre 2022). Questo primo passaggio è fondamentale perché consente di “fermare” l’osservazione dell’aggregato isolandolo dagli effetti della varietà spaziale e della variabilità temporale. Una seconda, fondamentale, utilità, legata alla definizione geografica del mercato, è legata alla sua conoscenza e quantificazione. Conoscere i numeri di base del mercato è, infatti, indispensabile ai fini di una corretta gestione del mercato stesso. Le imprese prestano dunque grande attenzione alla definizione del perimetro spazio-temporale del proprio mercato, traendo da quest’operazione importanti spunti conoscitivi: - dimensioni di base della domanda potenziale e della sua attrattività - caratteristiche culturali rilevanti per l’acquisto e l’uso del prodotto: nei paesi arabi, per esempio, certi prodotti non sono esportabili perché proibiti dalle norme locali; - strutture e normative distributive, la canalizzazione dei prodotti di una determinata categoria può differire da paese a paese - player presenti e rapporti di forza consolidati. Quello che abbiamo chiamato contestualizzazione del mercato aggregato è dunque un passaggio conoscitivo e analitico fondamentale per qualsiasi programma di marketing. Elementi di specificazione del mercato. Il mercato è un concetto necessariamente multidimensionale. Prodotto. Per parlare di un dato mercato, il riferimento al prodotto è indispensabile, per la semplice e ovvia ragione che il mercato, in definitiva, associa domanda e offerta di un determinato prodotto. Possiamo parlare di: - concetto generico e molto ampio di prodotto, denominato product category; il mercato dell’automobile, dei televisori… - concetto particolare e verticale di prodotto, denominato product form; rispetto alle categorie sopra richiamate, il mercato dei SUV, dei televisori Led… Domanda potenziale obiettivo. La domanda potenziale obiettivo è il frutto di un ragionamento analitico, di qualche calcolo e di una scelta. Si concretizza nel selezionare un certo numero di potenziali acquirenti – 15 teoricamente interessati all'offerta e/o nelle condizioni materiali per poter accedere all’acquisto – misurandone le dimensioni economiche e descrivendone le caratteristiche principali. Si tratta di un’operazione fondamentale del marketing: la selezione e scelta del target , ovvero del tipo ideale di compratore cui si sceglie di rivolgere l’attenzione, fin dalla progettazione dell’offerta. È un’operazione concettuale delicata che si esprime in diverse possibilità: nel rivolgersi all’intera domanda potenziale, senza considerarne le differenze intrinseche; è il caso della Coca Cola, della penna BIC, del Festival di Sanremo; nella ricerca delle significative disomogeneità presenti nella domanda potenziale, scegliendo uno o più segmenti cui rivolgersi, fino, addirittura, al concentrarsi sul singolo, impresa o individuo che sia; Fascia di valore. La stratificazione delle offerte di prodotto/brand su numerosi livelli di prezzo differenti è un tratto caratteristico dei mercati aggregati contemporanei. Ogni persona sa bene che il prezzo da pagare per acquistare, per dire, un frigorifero, potrà variare all’interno di un certo spettro minimo-massimo. Sa anche bene che a livelli di prezzo più bassi ci saranno prodotti (e marche) più semplici e che, a livelli di prezzo superiori, la qualità e il valore complessivo dei prodotti/brand esistenti andrà sempre più crescendo. All’interno di ciascuna fascia di mercato le offerte presenti manifestano un diverso valore promesso al cliente, con: elevata omogeneità interna, le product offering collocate all’interno di una data fascia sono relativamente simili fra di loro; elevata disomogeneità esterna, le product offering collocate in diverse fasce sono percepite in mondo assolutamente differente; 16 Player concorrenti. A seconda della forma-prodotto e della fascia di valore considerate, è probabile che varieranno le imprese concorrenti. In linea di massima, i player di un dato mercato possono essere: generalisti, ovvero imprese che producono diverse varietà di prodotto nell'ambito della categoria: Volkswagen, Samsung e Mondadori ne sono esempi; specialisti, imprese focalizzate in una frazione del mercato aggregato, su uno o più prodotti fortemente similari: Smart, Alce Nero e National Geographic ne sono esempi. Misure di grandezza. Al pari di ogni fenomeno economico, il mercato – a qualunque livello di aggregazione lo si consideri – deve essere misurato. Le tre dimensioni di base sono - i volumi, che possono esprimersi in termini di unità di prodotto vendute, ore di servizio erogate, numero di clienti serviti e altri indicatori a seconda del caso. I volumi sono maggiori nei value market rispetto ai premium; - i valori, ovvero la moltiplicazione dei volumi per i rispettivi prezzi. I valori sono maggiori nei premium market rispetto ai value; - i consumi pro capite della categoria, ovvero le unità di consumo (pezzi, litri, chilogrammi, prestazioni) espresse nell’anno 17 Il mercato in sintesi. Un dato mercato è, in altri termini, una “porzione di spazio a più dimensioni” nella quale la domanda e l’offerta di un dato prodotto s’incontrano. 2.2.2 Market-ing: la continuità Il suffisso -ing in inglese, tra le altre cose esprime anche la continuità temporale. In questo senso “marketing” sta a indicare che fare mercato (market) deve avere persistenza nel tempo e nello spazio (ing). La dinamicità che caratterizza la gran parte dei mercati consumer attuali, diversamente, esporrebbe il mercato dell’impresa “inerte” a un elevato rischio di chiusura, dovuto a: l’erosione delle basi di valore dell’offerta; il compratore non considera più l’offerta attrattiva, perché superata, anche in considerazione delle offerte concorrenti. Essa è indotta dall’obsolescenza dei prodotti, che può avere natura tecnica (prestazioni non più all’altezza di quelle dei nuovi prodotti) e commerciale (effetto moda ed esaurimento della spinta-novità); il depauperamento del patrimonio di marketing; il compratore non presta più attenzione alle offerte di prodotto, perché non stimolato a farlo. Schematicamente il principio di continuità è riconducibile a 4 variabili-chiave: 18 La continuità temporale dell’azione di mercato dell’impresa si ha quando siano realizzate quattro condizioni: innovazione di prodotto; continuità di comunicazione (ricordo di marca), continuità distributiva (reperibilità e accesso), continuità di cura cliente (relazione). Innovazione di prodotto. L’innovazione di prodotto che veramente conta, nei mercati, è quella percepita, ovvero il dotare l’offerta di connotati di discontinuità, rispetto a quelli del passato, che siano facilmente riconoscibili e/o identificabili dall’acquirente. Un rinnovamento del concept di prodotto non adeguatamente dichiarato, né effettivamente riscontrabile da parte del consumatore, infatti, è come se non fosse mai stato effettuato. Le analisi dei dati d’uso del prodotto, e/o dei caratteri individuali degli utilizzatori, consentono alle imprese delle personalizzazioni più accurate e dinamiche del prodotto. Reperibilità e accesso. È evidente a tutti che alcuni beni di grande e ricorrente consumo – pensiamo ai Ferrero Rocher, per esempio – siano diffusi praticamente ovunque in Italia: non vi è praticamente punto vendita alimentare (e non solo) nel quale non sia presente qualche cioccolatino del produttore piemontese. Tale “capillarità spaziale” è anche costante nel tempo, nel senso che nessun cliente nutre alcun dubbio sul fatto che quella data marca di cioccolata si ritroverà in quel punto vendita anche il giorno dopo, e anche dopo una settimana e così dopo un mese e via dicendo. Grazie a questa aspettativa, nessuno di noi si ritrova nella sgradevole condizione di dover “fare incetta” di scorte alimentari nei negozi quando vi entra. Possiamo avere queste certezze solo perché il produttore piemontese destina ingenti risorse umane, tecniche e finanziarie affinchè ciò avvenga. E lo fa con continuità, senza mai interrompersi. La digitalizzazione ha consentito di superare i limiti fisici che, da sempre, hanno caratterizzato il perseguimento di questo obiettivo. Ricordo di marca. Non passa praticamente giorno senza che un cittadino di una qualunque nazione mediamente civilizzata non si trovi a incrociare lo sguardo con Coca Cola: spot televisivi e radiofonici, maglie di atleti sponsorizzate ecc… Anche in questo caso ci troviamo a verificare l’esistenza di un aspetto spaziale, l’apposizione del brand praticamente ovunque, e di uno temporale, il fatto che questa 19 operazione non cessi praticamente mai. Evidentemente tutto ciò non è spontaneo: la creazione di questa continua presenza ubiquitaria del proprio brand costa un notevole impegno di risorse all’impresa proprietaria del brand. Tutti noi tendiamo – per distrazione, disinteresse e altro ancora – a dimenticare le marche, per questo il ricordo di marca è fondamentale. La digitalizzazione, ampliando la quantità e varietà dei canali di contatto con i compratori, consente anche a piccole realtà imprenditoriali di impostare dei piani di comunicazione finalizzati a far conoscere e ricordare le loro marche. Relazione con la clientela acquisita. Il raggiunto grado di maturità di un numero sempre maggiore di mercati ha prodotto, fra gli altri, un importantissimo effetto sulle condotte competitive dei player: il cliente diviene la risorsa scarsa. Di qui l’attenzione alla cosiddetta customer retention, ovvero l’intento di far sì che il rapporto fra l’impresa e i propri clienti abbia una lunga durata temporale, idealmente infinita. In altri termini, l’impresa non considera più la singola transazione come segno del successo della loro attività commerciale. A interessare è piuttosto l'insieme delle transazioni e quindi la sua fedeltà. La digitalizzazione sta potenziando gli strumenti di relazione a disposizione delle imprese. La continuità, in conclusione, è necessaria per generare e rinnovare costantemente alcune importanti condizioni dello scambio: 1. la desiderabilità delle offerte da parte dei compratori, in particolare per quanto riconducibile al contenuto di innovazione percepita delle stesse; 2. il ricordo delle marche, riconducibile alla continuità della comunicazione verso il target, che fa sì che i compratori, quando hanno esigenza di un determinato prodotto, pensino immediatamente (o quasi) a una determinata marca; 3. la disponibilità e accessibilità delle offerte nei punti vendita–dovuta agli sforzi del produttore, che costruisce e mantiene una fitta rete di relazioni con soggetti esterni, quali le imprese commerciali o gli ausiliari del commercio – e la moltiplicazione delle filiali di erogazione del servizio; 4. la fiducia del cliente e la conseguente fedeltà, scambio su termini win-win (ossia di vantaggio reciproco) di più lungo periodo. 2.3 Il processo di marketing La grande varietà dei contesti ai quali il marketing e i suoi principi sono applicabili, rendono complicato descrivere in modo universale un concetto di ampio respiro e portata, qual è il processo di marketing. 2.3.1 Una definizione Un processo è: “una procedura categorizzata con precisione, che mette in successione alcune operazioni, ispirate a un medesimo fine e svolte con ordine e regolarità”. La logica del processo è semplice ma rigorosa: il risultato della prima attività si pone come punto di partenza della seconda e così via fino alla fine. 20 Nello specifico del marketing, il processo ha tre dimensioni (analitica, strategica e operativa) che si sostanziano in una sequenza longitudinale di tre macro- attività gestionali, distinte ma logicamente e funzionalmente connesse fra di loro, che: 1. definiscono un mercato di riferimento per l’impresa; si analizza l’ambito geografico di mercato e vi si identifica una domanda di riferimento (cosiddetto “target”) cui indirizzare primariamente la propria offerta; si sceglie una fascia di prezzo orientativa alla quale offrirlo, sapendo che su quella fascia vi saranno probabilmente dei concorrenti; 2. progettano un’offerta di valore (product offering), definendo per questo insieme un prezzo puntuale al quale si immagina l’offerta sia reperibile nei punti vendita prescelti; 3. governano l'offerta di valore nel territorio competitivo, ovvero creano le condizioni affinché l’offerta di valore progettata prenda vita e si affermi nel mercato di riferimento. Il management è uno stile direzionale che si oppone alla logica empirica di gestione tipica delle microimprese, dove il decision maker compie le proprie scelte in modo istintivo e immediato. Ogni singola macro-attività del processo viene impostata secondo le seguenti dimensioni: 21 analitica; l’individuazione, la raccolta e l’analisi di informazioni rilevanti, la loro elaborazione e comunicazione ai fini dei processi decisionali; decisionale; l’assunzione razionale (ovvero basata sulla conoscenza derivante dall’analisi) di scelte d’azione, a fronte di n alternative possibili, e la loro formalizzazione in piani e programmi; di controllo; la verifica dei risultati raggiunti dalla messa in opera delle scelte assunte, mediante misurazioni oggettive e l’analisi degli eventuali scostamenti delle performance dagli obiettivi. La definizione del mercato di riferimento comporta la raccolta e analisi di informazioni sulla base delle quali si decide di fissare il perimetro del proprio mercato. La progettazione dell’offerta di valore comporta l’assunzione di informazioni sulle tecnologie di produzione, così da comprendere le possibilità tecniche di realizzazione di prodotti, l’analisi delle marche già esistenti e della loro identità, la costruzione delle fasce di valore, per comprendere in quale spazio di prezzo collocare l’offerta. Sulla base di queste conoscenze si procederà a definire l’offerta e i suoi meccanismi di controllo d’efficacia nel tempo. 2.3.2 Le scelte del processo di marketing La rappresentazione sinottica in figura 2.6 riconduce il marketing strategico al sistema analisi/scelta/controllo che riguarda la definizione del mercato e la progettazione dell’offerta, laddove invece il marketing operativo concerne il sistema analisi/scelta/controllo che 22 riguarda le attività pratiche di governo dell’offerta sul mercato. Vediamo analiticamente quali sono i contenuti essenziali di ciascuna macro-fase del processo. Definire il business (mercato di riferimento). Nella prospettiva del produttore, il mercato è il risultato di un processo di scelta individuale, con il quale questi può andare a immaginare uno spazio da presidiare all’interno di un più ampio mercato aggregato. Questa prima, fondamentale, attività del processo di marketing è considerata strategica infatti essa è: 1. Creativa, o anche “visionaria”, nel senso che immagina qualcosa prima non esistente; 2. strutturante, in quanto dall’idea generica passa a definire quel costrutto multi-dimensionale che è il mercato di riferimento; 3. vincolante, nel senso che le scelte di marketing successive fanno costante riferimento a essa e per tempi non brevi (almeno tre/cinque anni); 4. incisiva, nel senso che investe direttamente il business model dell’impresa e la probabilità di sopravvivenza e successo dell’impresa nel lungo andare. Questa prima fase del processo di marketing non è necessariamente sempre così creativa come appena descritto. Molto spesso, infatti, la definizione del mercato da parte dell’impresa non ha carattere innovativo, ma anzi persegue condotte più orientate all’imitazione, mutatis mutandis, di altrui scelte di successo. Questa prima fase del processo di marketing porta il produttore a definire il proprio mercato di riferimento come un costrutto multidimensionale. Progettare l’offerta di valore. In quanto creativa, l’idea di mercato necessita di una successiva specificazione tecnica, che spesso l’imprenditore non è in grado di realizzare e per compiere la quale si affianca dei professionisti. La seconda macro-fase si occupa essenzialmente di progettare un quid che, nel complesso, costituisca la concretizzazione di quanto immaginato. Si tratta della product offering, ovvero l'offerta di valore con la quale il produttore si propone di presidiare lo spazio di offerta ideato e perciò di colmare quel vuoto di offerta che egli ha visto nel mercato che ha immaginato e definito. pag. 54 23 Occorre, pur tuttavia segnalare che, nella realtà delle cose, il più delle volte la nuova product offering si colloca in mercati già esistenti e popolati. La product offering si avvale di un insieme di elementi distinti, che trovano senso e valore, per il compratore, come insieme unitario: - product system; il sistema di prodotto, composto dall’idea originale di prodotto, dotato di una determinata qualità e dai servizi associati. Il product concept esprime un valore prevalentemente funzionale, legato cioè all’uso del prodotto e alla sua performance, ma non è estraneo alla generazione anche di un valore semantico, legato alle sue componenti intangibili, come il design per i beni e il layout per i servizi; - brand system, ovvero l’insieme di elementi linguistici, grafici e fonetici che contengono e sostengono l’identità unica e distinta del product concept. - price positioning, ovvero il prezzo al quale si è deciso di presentare l’offerta di valore al compratore finale, collocando la product offering in una delle fasce di valore. Gestire la product offering. A questa macro-fase del processo di marketing corrispondono tutte quelle attività che, nel sentire comune, identificano la presenza del marketing nella società dei consumi contemporanea, come per esempio la pubblicità, le sponsorizzazioni, le promozioni ecc. Si avviano specifici processi gestionali il cui fine è di: 1. far acquisire alla product offering un livello di conoscenza elevato presso il target di riferimento; a tal fine l’impresa si dispone a investire delle risorse nella comunicazione di marketing 2. acquisire un’elevata copertura distributiva del territorio e della popolazione. Quest’obiettivo richiede il sostenimento di considerevoli investimenti finanziari, tecnologici e umani, destinati a garantire un presidio omni-channel del territorio, per i beni, e a moltiplicare i punti di erogazione, per i servizi; 24 3. stimolare la domanda, intermedia e finale, ad acquistare l’offerta, con continuità temporale; a tal fine si ricorre ad azioni capaci di stimolare l’acquisto immediato, offrendo occasioni e vantaggi validi solo pro-tempore ma soprattutto s'imposta la relazione con il cliente in chiave temporale più lunga. 2.3.3 Un processo in costante evoluzione L’approccio al mercato delle imprese, anche in virtù della digitalizzazione, sta mutando forma e intensità. Da lineare, top-down, unidirezionale e deterministico, sta evolvendo per divenire: reticolare, da impresa a cliente e, anche per suo tramite, alla una rete di clienti; interattivo, con clienti sempre più compartecipi dei processi di produzione e di significazione delle product offering; dinamico, per meglio rispondere a processi di acquisto sempre più spesso in mobilità e a dinamiche di domanda mutevoli; collaborativo fra impresa e cliente, e fra imprese stesse. Schema del processo lineare: Questa logica di attuazione del processo di management di mercato, sebbene mantenga una validità di fondo è in via di adeguamento alle mutate realtà di mercato. Il rinnovamento che il marketing sta vivendo è concettuale e operativo e passa, aspetto non banale, anche attraverso un profondo rinnovamento lessicale. 25 2.4 L’esecuzione del processo di marketing L’esecuzione di un sistema di scelte e azioni, tanto ricco e articolato, richiede, in un territorio competitivo complesso e insidioso come non mai, un’organizzazione altrettanto complessa. La competizione di mercato colloca, infatti, il produttore al centro di un complesso intreccio di soggetti, oggetti, relazioni e interazioni – economiche e non – che è, per la varietà di condizioni che lo contraddistinguono e la loro dinamicità, assolutamente complicato. Ne consegue che ciascuna impresa, per riuscire anche solo ad avviare la relazione con un potenziale compratore, deve concepire e realizzare un’architettura complessa d’offerta. L’azione d’impresa, inoltre, s’inserisce oggi in un più ampio contesto sociale, che richiede sempre maggiore impegno e partecipazione attiva. Il produttore non può limitare la propria cura alla sola economicità nella gestione dei processi interni e al raggiungimento di una certa efficacia competitiva, deve quindi contemporaneamente fronteggiare, con la propria struttura interna e rete di partner esterni, una considerevole varietà di problematiche. Queste nonostante la loro eterogeneità sono legate tra loro da un fil rouge: consentire all’impresa di affermarsi sul mercato e meritare il consenso dei clienti e della società intera. 2.4.1 L’organizzazione dello staff interno Il primo passo è, naturalmente, la composizione dello staff interno dedicato al management di mercato. A seconda dei casi, questo gruppo interno di professionisti prende il nome di ufficio, direzione o dipartimento marketing, ed è solitamente coordinato e diretto da un direttore, nella dizione internazionale CMO (Chief Marketing Officer). Se si osserva si può vedere che il marketing in ogni impresa occupa posizioni differenti in base a caratteristiche singole delle imprese stesse come per esempio dalla tipologia di mercato nella quale opera alle sue dimensioni, dalla geografia del territorio competitivo alla sua storia aziendale… Nelle imprese realmente orientate al mercato e al cliente, il marketing è sempre un riporto diretto del vertice. In tale eterogeneità di condizioni, la funzione marketing in impresa può assumere diverse configurazioni strutturali che, in essenza, possono seguire una logica: funzionale, è la formula organizzativa più ordinaria e si sviluppa su tre livelli: la direzione generale, le diverse direzioni funzionali e le unità operative. La figura del CMO è posta a capo di una serie di tecnici specialisti, che possono essere organizzati: - per competenze professionali - per linee prodotto o brand; prevede la presenza di un responsabile di un gruppo di prodotti che dirige i responsabili di categoria, che supervisionano i manager di singoli prodotti o brand. - per categorie; prevede dei responsabili di categorie di prodotti, ai quali fanno riferimento i responsabili di singole tipologie di prodotti. geografica; riguarda le imprese che operano su scala nazionale e multinazionale, che, per praticità gestionale, si organizzano per aree geografiche. Così, per esempio, il direttore vendite farà da supervisore ai quattro responsabili regionali, che, a loro volta, la faranno a sei capi zona. Questa struttura a imbuto rovesciato permette di cogliere le differenze territoriali e, di conseguenza, offre la possibilità di sviluppare programmi di marketing differenti per le diverse aree territoriali matriciale; prevede sia responsabili di prodotto sia responsabili di mercati e ben si adatta alle imprese che si occupano di molti prodotti e operano su molti mercati. È 26 un’organizzazione che ha dei notevoli costi e spesso presenta problemi di conflittualità per l’attribuzione delle responsabilità relative alle attività di marketing. Lo staff interno è il cuore di tutto. Dalla sua qualità dipende il buon esito della strategia. In ragione della necessaria trasformazione digitale che devono gradualmente adottare le imprese, viene da chiedersi quale sia la collocazione della funzione digitale negli organigrammi aziendali. La risposta è “dipende”. Al riguardo esiste, infatti, una certa varietà di modelli, riconducibile ai seguenti fattori: la cultura digitale dell’impresa; da assente o limitata, nei casi in cui si è alle prime fasi della digitalizzazione aziendale, a pervasiva nelle situazioni in cui al digitale è attribuita grande importanza come fonte di vantaggio competitivo sostenibile; l’ampiezza degli obiettivi che vengono assegnati alla funzione, da tattici e di breve periodo a strategici e di più ampio respiro; il supporto che la funzione digitale può offrire alle altre funzioni aziendali; da limitato e sporadico, quando è confinato nell’ambito di una sola funzione, a rilevante quando invece l’apporto è trasversale a diverse funzioni e continuo nel tempo; il budget attribuito alla funzione, che può essere del tutto inesistente o legato a quello di altre unità organizzative oppure consistente e autonomo. In relazione a tali fattori, si possono individuare tre differenti soluzioni organizzative: 1. la funzione digitale in staff alla Direzione generale (DG) o al CEO, soluzione tipica delle realtà imprenditoriali che hanno avviato da tempo la loro trasformazione digitale; 2. il digitale come funzione di linea, al pari della funzione produzione, vendite ecc.; 3. il digitale a servizio di un’altra funzione di linea; in questo caso, non c’è una vera e propria funzione digitale ma, per esempio, un’unità “digital marketing” all’interno della funzione marketing. 27 2.4.2 I marketing partner “Non autosufficienza” del produttore significa che si percepisce un crescente bisogno di affiancarsi alle organizzazioni esterne. Ciò vale a dire, che la complessiva azione di mercato è condizionata anche dall'operare di altri soggetti, esterni ed estranei al produttore. In alcuni casi questo ricorso è obbligato, in altri casi il ricorso a partner esterni è discrezionale. I partner in ragione del contributo che offrono all’attività di mercato, possono essere distinti in tre classi: (i) partner di conoscenza; (ii) partner tecnici; (iii) partner di relazione. Va precisato che questa distinzione “rigida” in classi separate è prettamente teorica e motivata dalla necessità di distinguere il tipo di contributo offerto. Partner di conoscenza. Sono quelle organizzazioni il cui sapere specifico supporta il management nei compiti di governo strategico dell’impresa. Si tratta di soggetti che focalizzano la propria attività sull’acquisizione e l’aggiornamento continuo di conoscenze di alto livello e ampiezza, che il singolo produttore, da solo, non riesce a possedere. Partner tecnici. Si tratta di player il cui sapere specifico interessa la risoluzione di precisi problemi di formulazione dell’offerta. Questi player sono tipicamente i beneficiari delle scelte di outsourcing dell’impresa, laddove il produttore trovi convenienza tecnico-economica nell’affidarsi a organizzazioni specializzate, piuttosto che nell’investire risorse nello sviluppo interno delle relative capacità. Partner di relazione. Quelle organizzazioni che conferiscono il proprio contributo nell’attivare concretamente la relazione fra il produttore e i propri clienti. 28 APPROFONDIMENTO SULLE SLIDE SUL MERCATO LE STORIE DEL MARKETING La storia non è mai lineare e razionale. La sua narrazione a posteriori avviene sulla base di schemi concettuali relativi e soggettivi. In generale possiamo identificare cinque momenti chiave: ➔ Pre-era: pre-marketing (prima del 1900) il marketing come campo di studi non esiste: prevale l’empirismo e lo scambio è un fenomeno semplice, fortemente geolocalizzato. ➔ Era 1: i fondamenti I (1900-1920) La crescente industrializzazione delle economie avanzate impone il problema tecnico-economico dell’efficiente ed efficace copertura del mercato di riferimento. Si inizia a prestare attenzione allo scambio di mercato come istituzione economica. Nascono i primi corsi di studio titolati ‘marketing’. ➔ Era 2: la formalizzazione (1920-1950) Si forma il corpo della disciplina ‘principi di marketing’. Nascono negli USA entità che si riveleranno decisive per lo sviluppo della disciplina: l’American Marketing Association, riviste come il “Journal of Marketing” e il “Journal of Retailing”. Iniziano a tenersi numerose conferenze. ➔ Era 3: il cambio di paradigma, il marketing incontra il management e le altre scienze (1950-1980) Il boom post-bellico in America crea la base empirica per lo sviluppo della disciplina. Emergono due prospettive rilevanti: il punto di vista manageriale e l’inserimento delle scienze comportamentali e quantitative, quali basi per il progresso successivo della disciplina. ➔ Era 4: la frammentazione del corpo principale (1980-oggi) Il business-world è chiamato a rispondere a nuove sfide che mutano lo scenario: focus sui risultati finanziari di breve termine, downsizing, globalizzazione, re-engineering delle organizzazioni e strutture. Philip Kotler ha messo a sistema , in un’architettura intellettuale completa e congruente, di facile accessibilità e grande efficacia espositiva, alcune idee, metodi, tecniche e approcci, etichettando il tutto come marketing management. In questo testo incastra i seguenti temi: Il management: Kotler è americano E scrive rivolgendosi alle grandi corporation manageriali statunitensi. La psicologia e la sociologia: Il capitolo sul comportamento del consumatore costituisce una novità culturale importante degli studi aziendalistici. Le tecniche e i metodi del mestiere: Kotler non dimentica il sapere empirico e si preoccupa di descrivere le strumentazioni analitiche, decisionali attuative che ritiene utili alla gestione delle problematiche di scambio. Le idee altrui: Kotler è un “grande assemblatore” di idee formalizzate dagli altri. Kotler in sostanza cambia il modo in cui la dialettica produzione-vendita viene interpretata e gestita da intere generazioni di manager e studiosi, e quindi da imprese. Possiamo individuarlo come colui che ha fatto fare un vero e proprio “salto quantico” alla disciplina. 29 IL MERCATO Forme di mercato in base al grado di concorrenza che si determina tra le imprese: Concorrenza perfetta: una struttura teorica del mercato che non presenta barriere all’ingresso, un numero illimitato di produttori e consumatori e una curva di domanda perfettamente elastica. Concorrenza monopolistica (mercato concorrenziale): un gran numero di imprese che detengono ciascuna una piccola quota di mercato e prodotti leggermente differenziati. Oligopolio: un piccolo numero di imprese insieme controllano la maggioranza della quota di mercato. Duopolio: un caso speciale di oligopolio con due imprese Monopolio: un solo fornitore di un prodotto o servizio (può essere anche naturale, le economie di scala fanno si che l'efficienza aumenti continuamente con le dimensioni dell'impresa, che è in grado di soddisfare l'intera domanda del mercato a costo inferiore rispetto a qualsiasi combinazione di due o più imprese più piccole e più specializzate. CARATTERISTICHE DELLE FORME DI MERCATO LA SEGMENTAZIONE DEL MERCATO È relativa al consumatore, segmenta i consumatori in realtà, non il mercato in sé. 30 Processo di suddivisione di un mercato ampio e eterogeneo in gruppi più piccoli e omogenei di consumatori, detti segmenti, che condividono caratteristiche, bisogni o comportamenti simili. Obiettivo: identificare gruppi distinti di clienti a cui poter offrire prodotti o servizi in modo più mirato ed efficace. 1. Personalizzare le offerte: Creare prodotti o servizi che soddisfano meglio le esigenze specifiche di ciascun segmento. 2. Ottimizzare le strategie di marketing: Sviluppare campagne pubblicitarie e promozioni che parlino direttamente ai bisogni e agli interessi di ogni gruppo di consumatori. 3. Allocare meglio le risorse: Investire tempo, denaro e risorse in segmenti che offrono il miglior potenziale di crescita o profitto. 4. Aumentare la competitività: Conoscere meglio i clienti e offrire un'esperienza più rilevante, differenziandosi dai concorrenti. POLARIZZAZIONE: La domanda tende a concentrarsi sui due estremi, opposti in termini di prezzo, qualità o valore percepito, con meno domanda per i prodotti di fascia media. Polarizzazione in base alle scelte di acquisto: una persona puo’ scegliere prodotti premium per alcune categorie (es. tecnologia o moda) e optare per opzioni economiche per altre (es. prodotti alimentari di base). Le nuove tecnologie permettono alle aziende di servire sia il segmento premium, con prodotti personalizzati o esclusivi, sia il segmento economico, grazie all'automazione e alla riduzione dei costi di produzione. FASCE DI VALORE: Fascia alta (premium o lusso): Prodotti e servizi di alta qualità, con un prezzo elevato, consumatori disposti a pagare di più per il prestigio, status, tecnologia, qualità, o servizio superiore. Es: Automobili di lusso Fascia bassa (economica o base): Prodotti e servizi a basso costo, consumatori attenti al prezzo e disposti a rinunciare a determinate caratteristiche o qualità per risparmiare. Es: Supermercati discount. 31 STRATEGIE DI TARGETING DI MERCATO Mercato (settore), mercato (impresa) GLI ORIENTAMENTI DELL'IMPRESA/AZIENDA 32 ALLA PRODUZIONE L’impresa vive su una profonda cultura ingegneristico-produttiva che concentra gli sforzi su alcuni obiettivi gestionali: efficienza degli stabilimenti e contenimento massimo dei costi produttivi. I programmi di mercato sono incentrati sulla distribuzione, capillare (rispetto alla domanda da servire) ed efficiente anch’essa, affinché i prodotti possano avere dei prezzi bassi e su un po’ di comunicazione di massa, per informare gli acquirenti dell’esistenza dell’offerta. AL PRODOTTO Tutti gli sforzi (e gli investimenti) sono concentrati sul prodotto, destinando ai programmi di mercato il minimo indispensabile per raggiungere i compratori. ALLA VENDITA L’impresa ritiene che la domanda, se non adeguatamente stimolata e pressata, non sia sufficientemente capiente. Si produce ciò che si sa fare e poi la vendita di tali prodotti diviene una conseguenza della capacità dei programmi di mercato di persuadere i compratori a sceglierli. Si suppone l’esistenza di una relazione causale fra l’aggressività dell’investimento in marketing –sostanzialmente comunicazione, distribuzione e forza vendita – e gli acquisti da parte dei consumatori. AL MARKETING Condizioni competitive estremamente intense, rapidamente mutevoli e difficili , una domanda finale scarsa, crescenti difficoltà di governare i processi distributivi in linea coi programmi di business, concorrenti numerosi e aggressivi. L’impresa deve dotarsi di strutture e di una rete di partner che le consentano di anticipare i mutamenti, di conoscere i propri clienti e seguirne le evoluzioni Mercato, bisogni e desideri della domanda, integrazione dei programmi di mercato, metriche e redditività, divengono i pillar della gestione d’impresa. AL CLIENTE L’approccio si basa sulla possibilità di instaurare una relazione diretta con il singolo, individuabile, cliente. La tecnologia digitale ha sostanzialmente aiutato, accelerato e talvolta addirittura imposto, questo modo di guardare all’attività, offrendo la possibilità di associare un nome e un indirizzo a ciascun cliente. MODELLO DI ABELL: 1980. DEFINIRE IL CAMPO DI AZIONE 33 Tre dimensioni chiave: 1. AsseX:Clienti. Definisce i segmenti di mercato o gruppi di clienti target dell'azienda. Questo asse rappresenta "chi" sono i clienti 2. AsseY:BisognieFunzioni. Rappresenta i bisogni o desideri che l'azienda soddisfa. Questo è il "cosa" l'azienda risolve o soddisfa. 3. AsseZ:Tecnologie Descrive i metodi o le tecnologie utilizzate dall'azienda per soddisfare i bisogni dei clienti. Questo è il "come" l'azienda soddisfa tali bisogni. Mercato saturo e maturo DOMANI? VERSO I MERCATI LIQUIDI 34 Una società caratterizzata da costante cambiamento, incertezza e flessibilità. ‘Mercato liquido" : sistema economico e sociale flessibile, instabile e mutevole, dove tutto cambia rapidamente e continuamente. Le relazioni,le strutture sociali,le carriere e persino le identità sono in costante movimento e soggetti a mutamenti veloci La "liquidità" descrive la fragilità e la fluidità delle condizioni moderne, in cui le certezze e le istituzioni solide della modernità precedente sono state sostituite da una condizione di continua trasformazione la stabilità è un concetto sempre più sfuggente e le persone devono costantemente adattarsi ai cambiamenti. CARATTERISTICHE DEI MERCATI LIQUIDI 1.Instabilità e precarietà: Il mercato non è più stabile o prevedibile come una volta. I lavoratori, i consumatori e persino le aziende devono adattarsi costantemente a nuove regole, tendenze e innovazioni. Le carriere sono meno stabili, e il lavoro diventa precario, con frequenti cambiamenti di impiego. 2.Consumo e flessibilità: Nella modernità liquida, il consumo assume un ruolo centrale. Le persone sono spinte a essere consumatori veloci, sempre alla ricerca di novità. Anche i mercati sono progettati per soddisfare questa esigenza di rinnovamento continuo, con prodotti che diventano rapidamente obsoleti. 3.Volatilità e incertezza: I mercati liquidi, in senso baumaniano, sono caratterizzati dall'incertezza. Le decisioni economiche, politiche e sociali sono difficili da prevedere e programmare a lungo termine, poiché le condizioni cambiano continuamente. L MARKET DRIVEN MANAGEMENT (MDM) Approccio strategico che pone il mercato e i bisogni dei clienti al centro di ogni decisione aziendali, favorendo l'adattamento e l'innovazione per garantire competitività e successo a lungo termine. Si basa su una profonda comprensione delle esigenze dei clienti e delle tendenze del mercato per guidare lo sviluppo di prodotti, servizi e strategie. Punti chiave: 1. Orientamento al mercato: L'azienda adotta un approccio proattivo, rispondendo alle esigenze del mercato e dei consumatori, piuttosto che concentrarsi esclusivamente su obiettivi interni. 2. Centralità del cliente: Tutte le decisioni sono focalizzate sulla creazione di valore per il cliente, migliorando la sua esperienza e soddisfazione. 3. Creazione di valore: Il valore generato non è solo per il cliente, ma per tutti gli stakeholder, attraverso prodotti, servizi e una gestione efficiente. 4. Flessibilità e adattamento: per adattarsi rapidamente ai cambiamenti del mercato, investendo nell'innovazione per rimanere competitiva. 5. Ascolto del mercato: L'azienda utilizza feedback, ricerche e dati per migliorare la comprensione del mercato e orientare le strategie. 6. Allineamento organizzativo: Tutte le funzioni aziendali lavorano in sinergia per rispondere al meglio alle richieste del mercato. In sintesi combinando i due punti di vista, impresa-cliente In un’ economia di mercato, il ruolo del Market-driven Management è quello di concepire e promuovere, in modo redditizio per l’ impresa e gli shareholders, soluzioni di valore superiori ai problemi o ai bisogni dei clienti (individui e organizzazioni) attraverso scelte manageriali 35 che si poggiano su metodi solidi, efficaci ed efficienti ed utilizzano tecniche e strumenti in continua evoluzione. 36 IL MODELLO DI MANAGEMENT. ORGANIZZAZIONE 37 Prodotto: Cosa si offre al mercato, incluse le caratteristiche, il design, la qualità e le varianti. Prezzo: Quanto il consumatore deve pagare per ottenere il prodotto o servizio. Punto vendita (Place): Dove e come il prodotto viene distribuito e reso disponibile al consumatore. Promozione: Le strategie per far conoscere il prodotto e spingerne l'acquisto (pubblicità, promozioni, relazioni pubbliche). 38 39 MOTIVI DI FALLIMENTO DEL SISTEMA, SOLUZIONI 1. Accorpamento di beni e servizi, che creano poco valore quando vengono offerti congiuntamente →difficoltà ad ottenere un prezzo maggiorato; 2. Sottovalutazione delle difficoltà della vendita di soluzioni il sviluppo comporta maggiori costi, cicli di vendita più lunghi, e un ‘ approfondita conoscenza dei problemi del cliente 40 3. Molte società commercializzano soluzioni(immateriali), ma non adottano una strategia di vendita di tipo relazionale anziché transazionale. FATTORI DI SUCCESSO NELL'APPROCCIO ORIENTATO ALLE SOLUZIONI 1. La soluzione progettata deve riflettere una profonda comprensione dei bisogni dei clienti 2. Creare un’organizzazione basata sulle soluzioni, che richiede un nuovo insieme di competenze, più flessibili. 3. Approccio di vendita relazionale: il fornitore di soluzioni è un partner commerciale che aiuta il cliente in ogni stadio 4. Individuazione di partner in grado di contribuire ad offrire una soluzione completa che contenga tutti i componenti necessari 5. Team interfunzionali che analizzino le necessità dei clienti da varie angolazioni CAP. 3 La marketing intelligence Gli ultimi anni hanno visto l’eccezionale crescita di strumenti informatici di supporto, hardware e software: questi tendono ad automatizzare progressivamente i processi, trasformando l’elaborazione dei dati in immediate azioni, in particolare nello spazio digitale. La prassi, nei decenni, ha sviluppato un corpus tecnico-metodologico specifico, fatto di metodi e tecniche d’indagine, modelli di elaborazione dati, strumenti di osservazione e ascolto e via dicendo. Questa dotazione tecnica è solitamente allocata in società esterne, che comprendono: gli istituti di ricerca di marketing, le imprese specializzate nella produzione di informazione di mercato, i centri studi privati e altri ancora. In effetti, uno dei tratti caratterizzanti la società odierna è proprio l’abbondanza di informazione disponibile e il problema, per il manager, diventa semmai quello di districarsi in un mondo fatto di sovraccarico informativo, per trovare ciò che gli serve. 3.1 Lo scambio di marketing e la conoscenza L’attività di gestione del mercato è fatta di scelte, continue ed eterogenee fra loro: strategiche: sono prese piuttosto raramente e guardano al medio-lungo termine (per esempio 3-5 anni), con un campo visivo piuttosto ampio tattiche: si orientano più al breve termine (massimo un anno), sono focalizzate e circoscritte nello spazio e nel tempo operation: governano aspetti puntuali del business (per esempio, la definizione del piano media nell’ambito del più generale piano di comunicazione) Compiere scelte significa sostanzialmente assumere delle decisioni, nella consapevolezza che, in linea di principio, non esista quella migliore in assoluto, ma che ciascuna rechi con sé una certa probabilità di successo o di fallimento. Tendenzialmente possiamo semplificare dicendo che da un lato c’è chi decide affidandosi essenzialmente all’intuito e all’esperienza personale (empirismo), dall’altro chi opera secondo le logiche “scientifiche” propugnate dalla disciplina di management. Il profilo di rischio delle scelte del primo tipo appare, perlomeno in linea teorica, maggiore delle seconde. La differenza sostanziale fra i due è data dalla diversa conoscenza dei fenomeni sui quali si interviene: la conoscenza empirica appare, infatti, 41 limitata, soggettiva e parziale (il che non significa, comunque, che non possa condurre a scelte esatte); l’altra, invece, poggia su basi più solide e d’ampio respiro. 3.1.1 Conoscenza di marketing e dati elementari L’informazione di marketing può provenire sia da fonti informative informali (empirismo), sia da fonti informative formalizzate e strutturate (management). In questo secondo ambito di fa riferimento a un sistema informativo di marketing: un costrutto ideale a cui non corrisponde, per dire, un ruolo organizzativo e un ufficio. È il motore conoscitivo dell’impresa, che genera costantemente le informazioni che servono ai marketer per agire. GLI ELEMENTI DEL SISTEMA INFORMATIVO Le fonti costituiscono l’ideale “serbatoio” dal quale le informazioni sono attinte per poi alimentare l’intero circuito. I dati alla base delle fonti si distinguono in: - dati primari; dati prodotti in risposta a una specifica esigenza conoscitiva, definita puntualmente in tutti i suoi aspetti. Si raccolgono in varie maniere: attraverso un’apposita rilevazione sul campo (field work); mediante la raccolta dei dati relativi alle property digitali aziendali (per esempio statistiche sulla visualizzazione dei post); con richieste interne. - dati secondari; dati già realizzati dall’organizzazione medesima, o da qualsiasi altro soggetto esterno, in risposta, però, a obiettivi conoscitivi diversi e indipendenti. I dati secondari, a differenza di quelli primari, richiedono un’accorta verifica preliminare delle fonti, della loro reputazione e capacità tecnica. In relazione a chi genera, il dato si suole distinguere fra: - dati di fonte interna; si tratta di dati che l’organizzazione produce in via ordinaria nello svolgimento della propria attività, oppure detiene al suo interno, per i motivi più svariati. 42 - dati di fonte esterna; sono tutti i dati che risiedono al di fuori delle mura dell’organizzazione e che sono accessibili, talvolta in forma gratuita, talvolta a pagamento Vediamo ora due fonti che meritano una considerazione a parte, per due ragioni: la loro peculiarità e la loro attitudine a produrre, a seconda delle esigenze, sia dati primari che informazioni di marketing, già pronta per il marketer. Per questa seconda ragione, questi due elementi del sistema sono collocati in uno spazio a sé e parzialmente sovrapposto al riquadro delle informazioni, in figura. La prima è la ricerca di marketing. Sostanzialmente si tratta di un’attività di produzione di dati e informazioni, di natura primaria, che segue un preciso progetto di ricerca, la cui elaborazione ed esecuzione viene affidata a un partner specializzato esterno. La ricerca può spaziare da una dimensione minimale a una ampia. Un’altra fonte che è bene considerare a parte, è quella degli analytics digitali. Il digitale, e la rete in particolare, hanno esteso enormemente la loro potenza, sia a livello operativo che sul piano della generazione di conoscenza di marketing. L’enorme mole di dati digitali oggi disponibili consente la formazione e l’estrazione di informazioni utili al marketer spesso senza alcun intervento diretto umano ma avvalendosi delle potenzialità degli algoritmi. L’informazione nasce dall’elaborazione dei dati e delle informazioni raccolti e ricevuti presso le fonti. L’informazione utilizzata dal marketer nelle proprie scelte scaturisce da un processo sequenziale che, partendo da un dato elementare grezzo, primario o secondario, passa attraverso una sua elaborazione e trattamento, al termine dei quali diviene fungibile. Una precisazione, qui, s’impone: raramente il marketer assume le proprie scelte in solitudine. Anzi, di norma il lavoro in azienda è organizzato per gruppi di lavoro, spesso integrati da persone esterne all’azienda che intervengono portando la loro esperienza e competenza specifica. Le imprese, indipendentemente dalla loro dimensione, possiedono oggi un sistema informatico che connette i computer fra di loro. Si genera così una intranet, chiusa all’esterno. Il processo è circolare: l’organizzazione, infatti, al pari dell’essere umano, apprende dalle proprie azioni. I risultati di ogni processo decisionale, quindi, vanno ad arricchire il database interno, per poi essere nuovamente immessi nel circuito e utilizzati al giro successivo. 43 Ci sono dei canali conoscitivi per indicare il modo in cui può organizzarsi l’acquisizione del flusso di dati elementari di mercato da parte del marketer e dei partner tecnici di cui si avvale. Facendo riferimento alla figura distinguiamo sei classi di canale: 1. interazione: fa riferimento alla rilevazione dati condotta mediante interviste dirette, condotte da persone reali o virtuali. Il dato in uscita può essere sia quantitativo che qualitativo. 2. l’osservazione/l’ascolto: fa riferimento alla rilevazione di dati qualitativi, in contesti reali o virtuali nei quali le persone si muovono e conversano liberamente e i loro movimenti e discorsi sono rilevati secondo protocolli tendenzialmente rigidi. 3. la misurazione: rilevazione di dati quantitativi elementari ed elaborazione ai fini della rappresentazione delle performance 4. la partecipazione: concerne l’acquisizione di dati elementari qualitativi in contesti che si dicono “immersivi”, ovvero con il rilevatore che partecipa attivamente a una situazione seguendo un protocollo mediamente strutturato. 5. la registrazione: rilevazione delle risposte biometriche del corpo umano a stimoli esterni, effettuata attraverso, per esempio, la registrazione dei flussi elettrici e/o sanguigni all’interno del cervello o i movimenti oculari. 6. l’acquisizione: concerne il dato informatico, assunto mediante la rilevazione, raccolta e registrazione delle tracce del passaggio di ogni individuo attraverso i luoghi del nuovo panorama fisico/digitale dell’esistenza. 3.1.2 Conoscenza e management di mercato Il processo di marketing pone continuamente il marketer alle prese con alcune grandi categorie di scelta, rispetto a ciascuna delle quali può essere collocata idealmente una branca specifica delle informazioni di marketing. market research: la scelta del proprio mercato di riferimento, ovvero dello spazio specifico di competizione all’interno di un più ampio mercato aggregato e il compito di produrre dati primari utili allo scopo 44 consumer insight: ha il compito di generare conoscenza sulle persone, sull’impatto del cambiamento sociale ed economico sui loro comportamenti e consentire così di adeguare l’offerta ai loro desiderata. L’insight è fondamentale nel marketing di oggi, in considerazione dell’affollamento dei mercati e della banalizzazione della percezione di valore che interessa molte categorie market measurement: genera le informazioni atte a governare in modo corretto le attività operative: ciò che, del marketing, tutti vedono (profili instagram del brand, spot pubblicitari, product placement nelle serie tv, postazioni di vendita nei corridoi dei centri commerciali ecc… Si occupa quindi di indirizzare gli investimenti dove e quando necessario, nonchè, fondamentale, misurarne l’efficacia nei termini degli obiettivi prestabiliti. La conoscenza, dunque, è una risorsa insostituibile del processo decisionale del marketer. Questa è alimentata da sistemi informatici eccezionalmente efficaci ed efficienti, e dalla progressiva digitalizzazione della vita quotidiana. Proprio da quest’ultima provengono le maggiori spinte a una vera rivoluzione nel modo di generare e usare le informazioni per fare mercato, tanto che alcuni si spingono a immaginare addirittura un nuovo paradigma di marketing: il data- driven marketing. Un utilizzo pertinente e dosato dei dati, operato attraverso gli opportuni strumenti di analisi (digital analytics) e decisione, può idealmente apportare grandi benefici al management di mercato. Chi lavora nel marketing non può non avere una grande consapevolezza sulla tecnologia digitale e la scienza in generale. Non si tratta di diventare dei tecnici, ma di seguire da vicino le evoluzioni che la conoscenza scientifica, costantemente in movimento, metterà a disposizione degli esseri umani. Di contro, tuttavia, allo stato attuale delle conoscenze, dobbiamo dire che nessuno strumento, per quanto potente, potrà mai surrogare la cultura personale. 3.2 Le ricerche di marketing Consistono nella produzione di dati e informazioni originali grazie all’esecuzione di progetti d’indagine a pagamento, che applicano una data formula di ricerca specificamente diretta alla risoluzione del problema conoscitivo di marketing. progetti d’indagine; una ricerca nasce da un progetto che viene concepito e redatto da tecnici (ricercatori) allo scopo di risolvere un determinato problema conoscitivo del marketer; a pagamento;ilcompitodiconcepire,redigereedeseguireilprogettodiricerca viene affidato a un’impresa di servizi (istituto di ricerca) specialista nella materia; si tratta, quindi, di uno scambio B2B; formula di ricerca; è la specifica combinazione originale di metodologia, tecniche di rilevazione, elaborazione e interpretazione dei risultati, impostata dal ricercatore dell’istituto per risolvere uno specifico problema di marketing; problema conoscitivo di marketing; il marketer, per decidere, ha bisogno di conoscere una data informazione che il ricercatore, elaborando tecnicamente il problema, sarà in grado di fornire. 45 3.2.1 Le market research: per vedere dove altri guardano Le due espressioni “ricerche di mercato” e “ricerche di marketing” non sono sinonimi. Ricerche di mercato: la generazione delle informazioni necessarie a compiere la scelta del mercato di riferimento, prima attività del processo di marketing. La scelta del mercato necessita di informazioni accurate, affidabili e aggiornate. Occorre ridurre il rischio di errore al minimo livello possibile, per questo si procede secondo il principio di selettività: - la scelta delle fonti informative deve escludere quelle non sufficientemente affidabili e non consolidate - i dati e le informazioni da considerare devono essere solo quelle più aggiornate La scelta del mercato di riferimento comporta la considerazione di molteplici aspetti. Occorre perciò disporre di diverse informazioni, che è compito, appunto, dell’attività di market research produrre: conoscenza strutturale dell’area geografica di riferimento (informazioni demografiche, culturali, sociali, economiche ecc.); conoscenza strutturale dell’offerta della categoria di prodotto esistente nell'area geografica di riferimento (offerta di categoria, fasce di mercato/prezzo, player ecc.); conoscenza della struttura distributiva per la categoria (normativa commerciale locale, struttura di canale della categoria ecc.); conoscenza della domanda potenziale ed eventuale identificazione di target(stili di vita e comportamenti, struttura delle preferenze, modelli di consumo ecc.). In sostanza, le ricerche di mercato sono una classe particolare di fonte informativa che, raggruppando e assemblando dati di fonte esterna e conducendo indagini ad hoc, laddove non si disponga di dati o informazioni necessarie, fornisce al decisore aziendale gli elementi conoscitivi utili a scegliere il mercato di riferimento. 3.2.2 Il consumer insight: conosci le persone Occorre conoscere il cliente per potergli offrire ciò che desidera e ciò di cui ha bisogno. Questa possibilità è offerta da una serie di strumenti che possiamo riunire sotto diverse categorie: 1. le consumer research o consumer insight 2. il neuromarketing 3. i big data Le prime due fanno riferimento a quella che si definisce “ricerca” che si può riassumere in questo modo: 46 Al neuromarketing fanno riferimento le metodiche proprie delle neuroscienze, in particolare cognitive, per analizzare e (possibilmente) capire aspetti del comportamento umano. Si basa su tecniche di rilevazione e analisi di dati elementari che consentono di studiare le risposte, spesso involontarie, dell’organismo umano agli stimoli esterni: uno spot pubblicitario, un allestimento di uno scaffale, un packaging. Con la digitalizzazione si è passati da una condizione di anonimato della persona, a un’altra esattamente opposta che ha reso la persona: identificabile e riconoscibile, in maniera univoca all’atto del contatto; conoscibile,mediante l’analisi dei dati personali(età,sessoecc.), di navigazione e d’uso delle app; contattabile, in modo diretto, personale, riservato; prevedibile,confrontando il profilo analitico con altri simili così da provare ad anticiparne la domanda. Questo consente di mettere a disposizione del marketer una conoscenza del cliente senza precedenti. Le informazioni possono essere di duplice natura: ➔ qualitativa: la rappresentazione delle informazioni prodotte è verbale (priva di dati e percentuali) e dalla non rappresentatività delle risultanze. ➔ quantitativa: caratterizzata dal produrre un’informazione essenzialmente numerica e fondata su elaborazioni parametriche, nonché dalla rappresentatività statistica delle risultanze, esprimibile in termini probabilistici grazie all’uso di campioni statistici. Il fatto che i risultati siano espressi in forma di numero o meno, e che il campione sul quale sono prodotti sia statistico o meno, non può essere considerato di per sé un criterio di qualità della ricerca. Il fatto che si scelga un percorso metodologico, piuttosto che un altro, andrà a influenzare non la qualità dell’informazione ma solo la sua caratteristica. Ciò che distingue una buona ricerca da una cattiva è la qualità dell’intero processo di ricerca. 47 3.3 Le market measurement: misura il mercato Le discipline manageriali sono alla continua ricerca di strumenti tecnici che consentano di produrre opportune misure degli accadimenti di mercato, avendo cura che siano più affidabili, tempestive

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