L'IMPRENDITORE- IVAT2024 PDF

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Summary

Questi appunti trattano il diritto commerciale, la definizione di imprenditore e i requisiti per tale categoria. Sono specificati differenti tipi di imprenditori e differenti aspetti del diritto commerciale e vengono discusse le modifiche nel tempo.

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By prof Augugliaro IL DIRITTO COMMERCIALE DIRITTO PRIVATO → diritto civile ∖ diritto commerciale Diritto civile: norme che regolano i rapporti tra gli individui in materia di famiglia, proprietà...

By prof Augugliaro IL DIRITTO COMMERCIALE DIRITTO PRIVATO → diritto civile ∖ diritto commerciale Diritto civile: norme che regolano i rapporti tra gli individui in materia di famiglia, proprietà, obbligazioni, contratti, successioni etc. Diritto commerciale: norme che regolano i rapporti relativi all’attività economica: statuto dell’imprenditore, categorie di imprenditori, organizzazione ed esercizio dell’attività di impresa, società, contratti di impresa, titoli di credito, procedure concorsuali. Introduzione al diritto commerciale- la codificazione. Il diritto commerciale nasce nel Medioevo, attorno al XII secolo in età comunale (nascita dei Comuni) allorquando le città cominciano a ripopolarsi e commercianti e artigiani riprendono a sviluppare attività di scambio e di produzione. Furono gli stessi mercanti e artigiani, riuniti nelle Corporazioni di arti e mestieri, a porre le regole, prima consuetudinarie (ius mercatorum), poi inserite negli Statuti delle Corporazioni, necessarie per disciplinare i loro rapporti. Ciò costituì il primo nucleo del diritto commerciale. A dirimere le controversie tra mercanti intervenivano gli organi giurisdizionali delle corporazioni. Attorno al Cinquecento, in seguito alla crisi del sistema feudale e alla nascita delle grandi monarchie nazionali, gli Stati iniziarono ad intervenire nei rapporti economici (politica mercantilista) e a volerli regolamentare direttamente in quanto mezzo di espansione economica e territoriale: ciò determinò la fine dell’autonomia normativa delle corporazioni e la nascita di una legislazione organica a carattere nazionale di diritto commerciale. Successivamente, all’indomani della rivoluzione francese e con la nascita dello Stato liberale, passando attraverso il superamento delle monarchie assolute, si affermano i principi propri della borghesia al potere: soppressione dei privilegi di classe, uguaglianza formale tra i soggetti giuridici, autonomia contrattuale, libertà d’iniziativa in campo economico. La codificazione ottocentesca rispecchia tali principi. Nel 1804 viene emanato il codice civile francese (codificazione napoleonica), a cui si affianca nel 1807 il codice di commercio. Per quanto riguarda l’Italia, questo dualismo nelle fonti del diritto privato (codice civile e codice di commercio) permane fino al 1942. Al codice civile napoleonico si ispira il codice civile italiano del 1865 (codice Pisanelli), così come, al codice di commercio francese, guarda il primo codice di commercio dell’Italia unita del 1865, sostituito poi dal codice di commercio del 1882. Il codice di commercio del 1882 rimane in vigore fino a che nel 1942 viene sostituito dal nuovo codice civile: il By prof Augugliaro codice civile emanato appunto in epoca fascista, che assorbe anche il codice di commercio e porta all’unificazione codicistica di diritto privato. Struttura Codice civile (Ripasso!!) Struttura codice civile: - Disposizioni sulla legge in generale (Preleggi): fonti del diritto, efficacia, interpretazione della legge, abrogazione - Libro I: Delle Persone e della famiglia (artt.1-455): persone fisiche e persone giuridiche - e i rapporti familiari (matrimonio, filiazione, adozione) - Libro II: Delle successioni (artt.456-809): successioni mortis causa e donazioni - Libro III: Della proprietà (artt.810-1172): proprietà, possesso, diritti reali minori - Libro IV: Delle obbligazioni (artt.1173-2059)→rapporti giuridici che si stabiliscono per effetto di contratti e fatti illeciti - Libro V: Del Lavoro (artt.2060-2642): temi propri del diritto commerciale→ impresa, azienda, società, rapporto di lavoro - Libro VI: Della tutela dei diritti (artt.2643-2969): norme che riguardano le prove nel processo, la trascrizione degli atti, la responsabilità patrimoniale del debitore etc. NB: I codici sono leggi che disciplinano un intero ramo del diritto. Sono predisposti dal Governo con Decreto legislativo, quindi si trovano su un piano di parità con le fonti primarie. L’IMPRENDITORE L’attività economica Dalla seconda metà del Settecento con la rivoluzione industriale, il fulcro del processo economico si accentrò sulla produzione, sul momento dell’acquisizione e organizzazione dei fattori produttivi al fine di produrre e scambiare beni e servizi. Il capitalismo commerciale si trasformava in capitalismo industriale. In questo sistema la figura dell’imprenditore divenne l’asse portante dello sviluppo economico. Requisiti dell’imprenditore Il codice civile del 1942 ha così sostituito la figura del mercante con la figura dell’imprenditore e, all’art.2082 c.c., ne fornisce la definizione: “è imprenditore chi esercita professionalmente un’attività economica organizzata al fine della produzione o dello scambio di beni o di servizi” (art.2082) Rientrano in questa definizione: -i piccoli imprenditori (art.2083 c.c.) By prof Augugliaro -gli imprenditori agricoli (art.2135 c.c.) - gli imprenditori commerciali (art.2195 c.c.) Perché è importante conoscere una definizione di questo tipo? Perché, prima di intraprendere un’attività, è importante sapere se la nostra attività si possa qualificare come imprenditoriale o meno. Per es, le ex maestre che decidono di aprire un nido d’infanzia, sono imprenditrici? E l’idraulico, che basa la propria attività esclusivamente sul lavoro personale, lo è? L’art.2082 fissa i requisiti necessari per l’acquisto della qualità di imprenditore. Una volta accertato che siamo divenuti imprenditori, dovremmo poi sapere se siamo imprenditori commerciali o altro (per es. piccoli imprenditori o imprenditori agricoli) in quanto dalle diverse qualificazioni derivano obblighi giuridici diversi. Chiariamo il contenuto dell’art.2082: 1. l’attività svolta deve essere economica, cioè produttiva di ricchezza e idonea almeno a coprire i costi con i ricavi e a ricostituire, al termine del processo produttivo, il capitale investito(requisito dell’economicità). Non occorre, quindi, necessariamente, che l’impresa realizzi un profitto (cioè che i ricavi siano superiori ai costi), anche se normalmente l’attività economica è svolta con lo scopo di conseguirlo. E’ sufficiente che operi in condizioni di pareggio di bilancio: esistono imprese che non hanno fine di lucro o non hanno esclusivamente tale fine (imprese pubbliche, imprese cooperative con scopo mutualistico, imprese sociali cioè imprese non profit). Questo non significa neanche che l’impresa non possa subire perdite per definirsi tale: il requisito dell’economicità è soddisfatto se l’impresa è potenzialmente in grado di produrre ricavi in grado di rigenerare il ciclo produttivo e remunerare i fattori produttivi, qualora registri deficit di bilancio temporanei non perde necessariamente il requisito dell’economicità Inoltre, il requisito dell’economicità è soddisfatto solo se l’impresa copre i costi con i propri ricavi, non se fa ricorso a contributi esterni, come, per esempio, donazioni. L’attività economica può generare utili o perdite, da ciò deriva l’assunzione del rischio d’impresa. NB: lo scopo di lucro è invece essenziale nelle società lucrative, dove i soci esercitano un’attività economica in comune “allo scopo di dividersi gli utili”(art.2247c.c.) Risolvi i casi: - se gli utili derivanti da un’attività produttiva venissero devoluti totalmente in beneficenza, il titolare dell’attività potrebbe essere ugualmente qualificato come imprenditore? - se avessimo un’attività finalizzata a scopi benefici, che si finanzia attraverso operazioni di raccolta di fondi, saremmo in presenza di attività economica? 2. l’attività deve essere svolta professionalmente (requisito della professionalità): il requisito della professionalità è soddisfatto se l’attività produttiva viene svolta in By prof Augugliaro modo stabile, non occasionale, pur non dovendo essere necessariamente continuativa. Infatti, Tale requisito è presente anche in caso di attività periodiche (stabilimento balneare aperto solo in estate, attività di raccolta stagionale della frutta e della verdura etc.): anche l’attività stagionale, purché condotta con abitualità, si deve considerare svolta professionalmente. Caso particolare: un solo affare, ma rilevante: la qualifica di imprenditore si ha anche nel caso della gestione di un solo affare, purchè questo abbia una notevole rilevanza economica ed il suo svolgimento abbia implicato una serie complessa di attività. Es.: siamo proprietari di un fabbricato, che vogliamo demolire e al suo posto costruire un edificio nuovo e venderne gli appartamenti. Sarà la nostra prima e unica operazione immobiliare, possiamo essere considerati imprenditori? La risposta è affermativa in quanto, non si può considerare “affare isolato” per il fatto che comporta un dispiego di mezzi ed una serie di attività protratte nel tempo, che fanno perdere alla nostra attività il carattere di occasionalità. 3. deve essere un’attività organizzata (requisito dell’organizzazione). Siamo in presenza di impresa, cioè di attività economica organizzata, se vi è impiego e coordinamento di fattori produttivi. L’imprenditore, per essere qualificato come tale, non deve necessariamente avere alle proprie dipendenze lavoratori subordinati o avvalersi di lavoratori autonomi: è imprenditore anche chi si avvale esclusivamente del proprio lavoro e di capitale proprio, come il titolare di un negozio di abbigliamento, che lo gestisce senza ricorrere al lavoro dei commessi; si può fare ancora l’esempio di un’impresa di lavanderie a gettoni. 4. l’attività deve essere finalizzata alla produzione o allo scambio di beni o servizi: è imprenditore chi produce per il mercato e non per soddisfare bisogni personali, quindi non lo è chi costruisce una casa per abitarci o i mobili che andranno ad arredare la propria abitazione, chi coltiva l’orto per uso familiare e non per vendere i prodotti al mercato. Inoltre, non può essere considerato imprenditore un soggetto che si limita a godere dei propri beni e a raccoglierne eventuali frutti, es.: Piero, proprietario di numerose case, le concede in locazione, riscuotendo mensilmente il relativo canone, non è imprenditore perché svolge quella che viene definita “attività di mero godimento”, contrapposta all’attività produttiva di nuovi beni e servizi. Diversa è però l’ipotesi in cui decida di utilizzare uno dei propri immobili per lo svolgimento di un’attività alberghiera, che ha carattere imprenditoriale. Ovviamente, l’attività svolta deve essere lecita, cioè non contraria a norme imperative, ordine pubblico e buon costume (non è imprenditore chi commercia sostanze stupefacenti). Le professioni intellettuali La qualifica di imprenditore non viene attribuita dalla legge a chi svolge una professione intellettuale, pur essendo, a ben guardare, un’attività economica organizzata finalizzata alla produzione di servizi. È il caso dei liberi professionisti: geometri, architetti, commercialisti, avvocati, medici, ingegneri, artisti, inventori. Sono liberi professionisti coloro che esercitano un’attività intellettuale senza vincoli di subordinazione, senza porsi alle dipendenze di altri. By prof Augugliaro L’art.2238, c.c. stabilisce che i liberi professionisti non sono mai degli imprenditori, anche se si avvalgono di una cospicua organizzazione di capitale e lavoro (un architetto, un avvocato, che si avvale nel proprio studio anche di tanti collaboratori). Pertanto ad essi non si applica la disciplina dell’impresa (ma quella specifica per la professione intellettuale), non sono soggetti agli obblighi previsti per gli imprenditori e la loro prestazione viene retribuita anche se non soddisfa il cliente. Ma, attenzione! Sono considerati imprenditori solo se svolgono anche un’attività d’impresa, ovvero se esercitano la professione intellettuale nell’ambito di un’altra attività, organizzata come attività d’impresa. Es: il medico che sia anche titolare di una clinica privata, l’artista titolare del teatro in cui recita, l’ingegnere titolare anche di un’impresa edile. In pratica, quando l’organizzazione di persone e mezzi (di lavoro altrui e capitale) prevale sulla sua prestazione d’opera intellettuale, il professionista è considerato imprenditore. Dal 2011 è possibile dar vita a società tra professionisti (STP), che hanno come oggetto esclusivo l’esercizio in comune dell’attività professionale: i liberi professionisti, regolarmente iscritti agli Ordini, possono esercitare la loro attività scegliendo uno dei modelli societari previsti dal codice civile. Quindi, anche se trattasi di società non commerciali, in quanto svolgono attività intellettuale, possono assumere le vesti di una società commerciale, sebbene non siano soggette alle procedure concorsuali. La titolarità dell’impresa-acquisto della qualità di imprenditore Supponiamo di avere un pub e di affidarne la conduzione ad un nostro amico dotato di ampio potere decisionale. A chi spetta la qualifica di imprenditore? Ed, inoltre, come si acquista? Questi quesiti sono di fondamentale importanza perché è l’imprenditore a dover rispondere delle obbligazioni assunte nello svolgimento della sua attività d’impresa. Si diventa imprenditori, in base all’art.2082, con l’effettivo esercizio dell’attività d’impresa (non basta la semplice intenzione di iniziare un’attività), ma è necessario che tale attività sia giuridicamente imputabile ad un soggetto, quindi imprenditore è colui nel cui nome l’impresa viene esercitata: non è imprenditore il soggetto che gestisce l’impresa di altri quando operi in nome di colui che gli ha conferito potere di rappresentanza (mandato con rappresentanza). È imprenditore chi gestisce l’impresa spendendo il proprio nome (principio della spendita del nome). Da ciò deriva l’assunzione del rischio imprenditoriale e delle relative responsabilità. Imprenditore occulto e socio occulto Riprendendo il caso del pub, di cui siamo titolari, supponiamo di aver conferito al nostro amico il potere di compiere atti giuridici nei confronti di terzi senza rappresentanza, così che potrà compiere gli atti inerenti l’attività d’impresa spendendo il proprio nome e non il nostro, si comporterà, a tutti gli effetti, come se fosse lui l’imprenditore. Noi rimaniamo occulti (nascosti) perché stiamo utilizzando un prestanome (detto anche imprenditore palese). Il fenomeno dell’imprenditore occulto, cioè dell’esercizio d’impresa tramite interposta persona, si configura alla stregua di un mandato senza rappresentanza. Il mandato è un contratto. By prof Augugliaro Analogia mandato senza rappresentanza e imprenditore occulto: Imprenditore occulto (dominus)→ mandante (dirige l’impresa e si appropria degli utili, ma rimane occulto ai terzi) Prestanome (o imprenditore palese)→ mandatario (agisce come se fosse lui l’imprenditore, utilizzando il proprio nome e non quello dell’interessato, spende il proprio nome, ma non gestisce l’impresa) Perché mai un imprenditore utilizzerebbe un prestanome? Le ragioni possono essere varie: - Il caso più frequente è quello dell’imprenditore che non vuole rischiare tutto il proprio patrimonio nell’impresa, né ricorrere al modello della società a responsabilità limitata perché oneroso. Individua così un soggetto, possibilmente nullatenente: il prestanome. Fin quando gli affari vanno bene, ciò non comporta problemi in quanto i creditori saranno soddisfatti. Ma se l’impresa commerciale cominciasse ad andare male, i creditori (lavoratori, fornitori, banche) ben poco potrebbero fare per vedere soddisfatti i propri crediti. Potrebbero chiedere il “fallimento” del prestanome, che agendo in proprio nome ha assunto la qualità di imprenditore, ma, se è nullatenente, non dispone di alcun patrimonio che permetta ai creditori di recuperare i crediti. -Altro esempio per cui uno potrebbe ricorrere al prestanome è quello del divieto giudiziale all’esercizio di impresa: imprenditore, che ha compiuto un reato ed è stato condannato all’interdizione dall’esercizio dell’attività di impresa, intesta a qualcun altro l’impresa per poter continuare a gestirla “nell’ombra”. -Altro esempio ancora, quello del dipendente pubblico, che nel tempo libero svolga attività d’impresa sotto nome altrui (l’attività d’impresa è incompatibile con l’impiego pubblico) Ovviamente, il prestanome si vedrà corrisposto un compenso dall’imprenditore occulto. È il prestanome che acquista la qualità di imprenditore e, se ha agito come imprenditore commerciale, solo lui sarebbe esposto alla liquidazione giudiziale, non l’imprenditore occulto. Tutto ciò potrebbe apparire ingiusto, quasi a legittimare condotte fraudolente. Infatti, in dottrina ci sono tesi opposte al riguardo. L’imprenditore occulto non risponde dei debiti contratti dall’imprenditore palese. Tuttavia, gli orientamenti giurisprudenziali più recenti tendono a scorgere nell’impresa occulta l’esistenza di una società di fatto tra imprenditore occulto e prestanome con la conseguenza di una responsabilità solidale in capo ad entrambi. Tuttavia, la società di fatto deve essere provata, cioè deve essere provato che dietro il prestanome agiva un’altra persona. Diverso è il caso del socio occulto: qui l’impresa è gestita in forma societaria, non è impresa individuale. In questo caso, se un socio, rimasto occulto, viene individuato, l’eventuale “fallimento” della società si estende anche a lui. Tipi di imprese By prof Augugliaro Da un punto di vista giuridico assume grande importanza la distinzione tra le varie figure di imprenditore in quanto sono sottoposte ad un diverso regime giuridico. Il codice distingue tra: imprenditore commerciale imprenditore agricolo piccolo imprenditore (sia commerciale, che agricolo) 1. l’imprenditore commerciale (art.2195): è sottoposto ad una particolare disciplina dettata dal codice, lo Statuto dell’imprenditore commerciale, oltre a quella comune prevista per l’imprenditore in generale: è obbligato a iscriversi nel Registro delle imprese-sezione ordinaria → iscrizione con funzione di pubblicità legale o dichiarativa: l’iscrizione ha la funzione di rendere opponibili a terzi (a chiunque) i fatti registrati, di conseguenza i fatti iscritti si presumono conosciuti e nessuno può eccepire di non conoscerli (es.:trascrizione compravendite immobiliari). Viceversa i fatti non iscritti non sono opponibili a terzi, quindi, in caso di contestazioni, l’imprenditore che non ha trascritto determinati fatti dovrà subire le conseguente di questa inadempienza; è obbligato a tenere le scritture contabili, indicate dalla legge, affinché, in caso di insolvenza, il giudice possa ricostruire i movimenti finanziari dell’impresa. Le scritture contabili nel caso dell’imprenditore commerciale costituiscono mezzi di prova a tutela dei creditori; è soggetto alle procedure concorsuali (liquidazione giudiziale, prima del 2029 detta “fallimento”) in caso di crisi o insolvenza 2. l’imprenditore agricolo (art.2135): non è obbligato a tenere le scritture contabili, ad eccezione di quelle richieste per i controlli fiscali non è assoggettato alle procedure concorsuali (liquidazione giudiziale) previste per l’imprenditore commerciale adesso si deve iscrivere nella sezione speciale del registro delle imprese →iscrizione con funzione di pubblicità dichiarativa come per l’imprenditore commerciale (Dlgs 228/2001) 3. il piccolo imprenditore (art.2083): non è obbligato a tenere le scritture contabili, ad eccezione di quelle richieste per i controlli fiscali non è assoggettato alle procedure concorsuali previste per l’imprenditore commerciale si deve iscrivere nella sezione speciale del registro delle imprese → iscrizione solo con funzione di pubblicità notizia e certificazione anagrafica: serve cioè solo a fornire a terzi informazioni sulla vita dell’impresa La legge opera una distinzione tra imprese, e quindi, attribuisce una diversa disciplina, sia in base all’oggetto dell’attività (imprenditore commerciale e imprenditore agricolo), sia in base alle dimensioni dell’impresa (piccolo imprenditore contrapposto all’imprenditore medio-grande) Sotto il profilo del soggetto titolare, si hanno: By prof Augugliaro imprese individuali imprese societarie imprese pubbliche imprese private L’impresa individuale è quella con un unico proprietario che la gestisce ed assume su di sé i rischi d’impresa. L’impresa familiare è un particolare tipo di impresa individuale, es.: attività di commercio al minuto (salumeria). Tale impresa è ritenuta individuale, anche se vi partecipano i familiari, che hanno diritto ad una partecipazione agli utili “in proporzione alla qualità e quantità del lavoro svolto”, in quanto la qualifica di imprenditore spetta esclusivamente al titolare, che assume i rischi economici della gestione e risponde illimitatamente verso i creditori. L’impresa individuale, normalmente di piccole dimensioni, può svolgere attività agricola o commerciale. Vantaggi: bassi costi di costituzione e gestione. Svantaggi: la responsabilità grava interamente su un solo soggetto. Le società (imprese societarie) sorgono in seguito ad un contratto, detto contratto di società: art.2247 c.c. “ con il contratto di società due o più persone conferiscono beni o servizi per l’esercizio in comune di un’attività economica allo scopo di dividerne gli utili” NB: è possibile costituire società unipersonali, in cui vi è un solo socio: si tratta di società di capitali, che nascono non con contratto, ma con atto unilaterale. In pratica, se non vogliamo legarci ad altri, ma al tempo stesso vogliamo rischiare solo quanto abbiamo conferito nella società, potremmo scegliere questa tipologia a cui si applicano le norme previste per le S.r.l. e le S.p.a. La società pluripersonale è invece un imprenditore collettivo. Per costituire una società occorrono: il contratto il conferimento di beni o servizi: i conferimenti servono a comporre il capitale sociale. I soci mettono a disposizione i mezzi necessari affinché la società possa svolgere la sua attività, non si può entrare nella società senza apportare alcunché. I conferimenti possono consistere in capitali monetari (somme di danaro), beni immobili (es. un fondo), crediti, prestazioni lavorative etc. il valore dei conferimenti determina l’entità della ripartizione degli utili. l’esercizio di un’attività economica (diretta alla produzione o scambio di beni e servizi) il fine della divisione degli utili: lo scopo è quello di conseguire un guadagno, di far sì che dall’attività derivino entrate maggiori delle uscite Il fine della divisione degli utili serve a distinguere la società dall’associazione. Es: organizzazione di volontariato, senza fine di lucro, che, se copre con i ricavi le proprie spese, svolge, come abbiamo visto, un’attività imprenditoriale, ma, mancando il fine della divisione degli utili, non costituisce una società. Tipi di società (ripasso) Una delle prime scelte che l’imprenditore deve compiere riguarda la forma giuridica che dovrà assumere l’impresa. Si dovrà scegliere (se non è impresa individuale) se costituire una società di persone o una società di capitali. Società di persone→ sono: società semplice, società in nome collettivo (s.n.c.), società in accomandita semplice (s.a.s.). Sono caratterizzate dalla responsabilità illimitata e solidale dei soci (autonomia patrimoniale imperfetta): By prof Augugliaro responsabilità illimitata = ogni socio risponde dei debiti sociali con tutto il proprio patrimonio responsabilità solidale = ciascun creditore della società può rivolgersi ad uno solo dei soci e pretendere da questo l’intero pagamento (ma, generalmente, in via sussidiaria, dopo aver escusso il patrimonio sociale) Nelle società di persone, imprenditori sono tutti i soci, illimitatamente responsabili, i quali sono anche gli amministratori della società. Società di capitali→ società per azioni (s.p.a.), società a responsabilità limitata (s.r.l.), società in accomandita per azioni (s.a.p.a.). Sono caratterizzate dall’autonomia patrimoniale perfetta e dalla responsabilità limitata dei soci: i soci rispondono delle obbligazioni sociali limitatamente alla quota conferita, nei limiti, cioè, dell’apporto patrimoniale da essi effettuato. L’imprenditore è la società, che ha personalità giuridica. Le decisioni sono assunte dall’assemblea dei soci, ma l’amministrazione della società spetta all’organo amministrativo (i manager). Vantaggi: ripartizione e limitazione dei rischi tra i soci, facilità di finanziamento, Svantaggi: alti costi di costituzione e gestione, perdita per i soci dell’amministrazione diretta dell’impresa. Un elemento che condiziona la scelta della forma societaria è la dimensione dell’impresa (il volume del fatturato, il numero di dipendenti): tanto più grandi sono le imprese, tanto più preferiranno adottare la forma di società di capitali, che richiede, tuttavia, alti costi di gestione e l’adempimento di numerose formalità contabili e amministrative. NB: il modello della società semplice si può utilizzare solo per l’esercizio di attività non commerciale (agricola, immobiliare, professionale), mentre gli altri tipi di società possono svolgere sia attività agricola, che commerciale. Quelle diverse dalla società semplice, si definiscono società commerciali: società commerciali con oggetto agricolo e società commerciali con oggetto commerciale. Sono società commerciali (di persone o di capitali): S.n.c. : società di persone, solitamente a base familiare o tra persone legate da un rapporto di reciproca fiducia. S.a.s: società di persone caratterizzate dalla presenza di due categorie di soci, gli accomandanti (che non gestiscono la società e rispondono solo limitatamente alla quota conferita) e gli accomandatari (amministrano la società. Rispondono illimitatamente e solidalmente). Può venire scelta questa forma societaria nel caso in cui si vogliano reperire finanziamenti attraverso l’ingresso di soci che accettino di non intromettersi nella gestione dell’impresa, avendo comunque diritto alla partecipazione agli utili. Il termine “accomandita” deriva da “commendare”, che significa “affidare”: l’accomandante (il socio che apporta i capitali) affida la propria quota agli accomandatari, che amministrano la società. Qualora l’accomandante concludesse affari per la società senza avere la procura, assumerebbe automaticamente la responsabilità illimitata e solidale e potrebbe essere escluso dalla società. S.p.a.: capitale sociale suddiviso in azioni, che vengono attribuite ai soci in cambio dei loro conferimenti, ciascuna azione rappresenta una frazione del capitale sociale. OGGI IL CAPITALE SOCIALE NON PUO’ ESSERE INFERIORE A 50.000 EURO (prima 120.000 euro) Ad alcune Spa, quelle che dispongono di un elevato capitale, è consentito fare ricorso al mercato del capitale di rischio, cioè possono offrire le loro azioni in pubblica sottoscrizione e possono chiedere di essere ammesse a negoziare i loro titoli sui mercati regolamentati (borsa). Le società quotate hanno la possibilità di contare su una raccolta di risparmio di elevate dimensioni. Si addice alle imprese di grandi dimensioni. By prof Augugliaro S.a.p.a.: società di capitali, si adatta alle imprese di medie e grandi dimensioni; anche qui due categorie di soci, accomandanti e accomandatari, con la differenza, rispetto alla S.a.s., che le quote di partecipazione dei soci sono rappresentate da azioni. Inoltre, rispetto alla S.a.s., le S.a.p.a. possono accedere al pubblico risparmio mediante l’emissione di azioni e obbligazioni. S.r.l.: si adatta alle imprese di piccole e medie dimensioni. Le partecipazioni dei soci non possono essere rappresentate da azioni. Esistono S.r.l. unipersonali Società cooperative o mutualistiche Qualcosa sulle cooperative: art.2511 c.c. “le cooperative sono società a capitale variabile con scopo mutualistico” La cooperativa è una società costituita al fine di offrire ai soci occasioni di lavoro o beni e servizi a condizioni più vantaggiose rispetto a quelle praticate sul mercato. Viene detta “a scopo mutualistico” in contrapposizione alle società lucrative. Nelle cooperative, il fine non è tanto il profitto (non che sia escluso), ma lo scopo mutualistico, consistente nel vantaggio che i soci conseguono. Es: cooperative di consumo, le coop. agricole, coop. di lavoro. Le cooperative : hanno autonomia patrimoniale perfetta sono società a capitale variabile, secondo il principio della “porta aperta”: il capitale può variare in base all’ingresso di nuovi soci (aumento del capitale) o all’uscita dei vecchi (diminuzione del capitale) il numero minimo dei soci è 9, ma può scendere a 3 se tutti i soci sono persone fisiche (e non società) impiego degli utili: non vanno tutti ai soci, ci sono dei vincoli (per es., una parte va ad incrementare il fondo di riserva) la caratteristica delle coop. sono i RISTORNI, che rappresentano gli effettivi vantaggi dei soci (più che i profitti). Consistono in somme di denaro proporzionali alla differenza tra quanto il socio ha pagato i beni e i servizi effettivamente e quanto avrebbe dovuto pagarli come socio, se si tratta di coop. di consumo; se si tratta di coop. di lavoro, i ristorni saranno pari alla differenza tra il salario effettivamente percepito e quello che avrebbe dovuto percepire come socio. Es: se entriamo in un negozio di generi alimentari, gestito da una coop. di consumo, probabilmente noteremo che i soci acquistano i prodotti allo stesso prezzo degli altri clienti: il vantaggio viene ai soci in un secondo momento quando gli verranno corrisposti i ristorni.. By prof Augugliaro

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