Modulo 1 | Metrologia - Cenni sulla teoria degli errori PDF
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This document introduces the theory of measurement errors. It categorizes errors into gross, systematic, and accidental errors, explaining how to identify and minimize them. It also discusses calculation techniques using standard deviation and average as ways to quantify measurement uncertainties. The document is well-organized with diagrams and provides a good overview of the principles related to error theory and their application in metrology.
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# Modulo 1 | Metrologia ## 1 Cenni sulla teoria degli errori Come già considerato nel Modulo 2 del primo Volume, ogni misurazione è affetta da incertezze che dipendono dallo strumento che si usa e dalle condizioni operative e ambientali. Ripetendo la stessa misura più volte ci si accorge di rileva...
# Modulo 1 | Metrologia ## 1 Cenni sulla teoria degli errori Come già considerato nel Modulo 2 del primo Volume, ogni misurazione è affetta da incertezze che dipendono dallo strumento che si usa e dalle condizioni operative e ambientali. Ripetendo la stessa misura più volte ci si accorge di rilevare una serie di misure spesso diverse tra loro. In conclusione, è impossibile accertare il valore vero di una misura, in quanto non si può annullare l'errore insito nella misurazione. Ciò che potrebbe sembrare molto penalizzante in realtà non è significativo, in quanto nel campo della tecnica è sufficiente accertare che la misura sia compresa tra un minimo e un massimo, come vedremo nel paragrafo sulle tolleranze. In definitiva, accertare il valore vero di una misura può essere essenziale nel campo della ricerca scientifica o in quello filosofico, ma è scarsamente importante in quello della tecnica. Quanto sopra non implica tuttavia che gli errori non vadano individuati e minimizzati per quanto possibile. ### 1.1 Tipi di errori Gli errori di misurazione si distinguono in errori grossolani, sistematici e accidentali. Gli errori grossolani sono i più facili da individuare in quanto si discostano molto dalle altre misure della serie, pertanto possono essere facilmente eliminati. Gli errori sistematici influenzano la misura sempre nello stesso senso (cioè sempre in più o sempre in meno) e sono pertanto i più difficili da eliminare. Per esempio, se un micrometro non è ben tarato, presenterà sempre un valore delle misure sfasato di un ox rispetto alla migliore misura eseguibile; purtroppo eseguendo anche molte misurazioni, tale errore si ripeterà sistematicamente, sempre in più o sempre in meno. Gli errori accidentali, come suggerisce il nome, sono dovuti al caso, quindi affliggono la misurazione in più o in meno in maniera casuale, rendendo l'errore più facilmente riducibile. Supponiamo di eseguire un numero n di misurazioni x, di una certa grandezza e di riportarle su un piano cartesiano: sulle ascisse si riporta il numero della prova e sulle ordinate il valore della grandezza misurata. Otteniamo quindi una serie di punti che rappresentano ciascuno una delle misure effettuate (Fig. 1a); se ci domandiamo quale di questi valori sia da ritenere più attendibile, un criterio plausibile sarà di cercarne uno x tale che, detta scarto s, la differenza tra la misura x₁, e questo valore x, la sommatoria di tutti gli scarti sia uguale a zero: **Nota bene** $S₁ =x-x$ $\\~\\$ $Σ(x – x) = 0$ $\\~\\$ Si può dimostrare che tale valore x è la media aritmetica di tutte le misure, ritenuta pertanto il valore più attendibile: $\\~\\$ $x= ΣΧ$ $\\~\\$ Si può anche dimostrare che la media aritmetica è quel valore per il quale si minimizza la sommatoria degli scarti quadratici: $\\~\\$ $Σ(χ, - x)² = 0$ $\\~\\$ Per stimare l'affidabilità della misurazione effettuata, possiamo considerare le entità degli scarti, nel senso che scarti piccoli rappresentano una misurazione più affidabile. Se vogliamo stimare l'affidabilità del valore medio bisogna ricorrere alla deviazione standard o scarto quadratico medio: $\\~\\$ $σ=√\frac{Σ(x – x)2}{n-1}$ $\\~\\$ con la quale si definisce la deviazione standard della media: $\\~\\$ $σ = \frac{σ}{√n}$ $\\~\\$ che misura appunto l'incertezza da cui è caratterizzato il valore medio. Riportiamo adesso su un piano cartesiano tutti gli scarti relativi alla nostra serie di misure in funzione della frequenza con cui si sono verificati (Fig. 1a). Otteniamo un istogramma con il tipico andamento di Figura 1b. Se estendiamo l'esperienza a un numero di misure tendente a infinito, l'istogramma diventa una curva dalla forma caratteristica degli eventi probabilistici, detta curva o campana di Gauss (Fig. 2), che rappresenta la frequenza o la probabilità che una misura assuma un certo valore. Tale curva è legata sia al valore medio x sia alla deviazione standard σ. Infatti: - x rappresenta l'ascissa su cui è centrata la curva; - σ, influisce sulla forma della campana, che sarà più larga e schiacciata al suo crescere; - considerate due ascisse x₁ e x₂, l'area sottesa dalla Figura 2 e contenuta tra di esse rappresenta la probabilità che la misura sia compresa tra x₁ e x₂. Se x₁ e x₂ distano dalla media del valore ±o, la probabilità è di circa il 68%. Tra le curve di Figura 3, quella avente o minore indica la misurazione più precisa; la distribuzione dei valori si addensa intorno al valore medio e la curva si innalza (frequenza più alta). Occorre nuovamente sottolineare che la presente trattazione riguarda esclusivamente misurazioni affette da errori accidentali o casuali e depurate convenientemente da quelli sistematici. ## 2 Calibro a doppio nonio ### 2.1 Descrizione del calibro Il calibro a doppio nonio (o di Weber) è un normale calibro con due corsoi disposti a 90° (Fig. 4). Il corsoio verticale A regola la posizione di una piastrina B e misura la distanza tra la base della piastrina e i vertici dei becchi (h). Il corsoio orizzontale C misura la distanza tra i due becchi (s). Questo strumento è utilizzato nella misura di spessori a distanza determinata come per esempio il diametro intermedio s di un tronco di cono a una distanza prestabilita h dalla base minore. Tale distanza è regolabile sul corsoio portapiastrina. L'approssimazione consentita dai due noni di questi calibri è cinquantesimale (0,02 mm). Le caratteristiche di lettura sono però diverse da quelle dei normali calibri cinquantesimali: infatti sulla scala fissa sono riportati, oltre ai mm, anche i mezzi mm, e il nonio è formato da 25 trattini. Se il nonio è semplice (Figura 4a), i 25 trattini suddividono in parti uguali una lunghezza di 12 mm, per cui la distanza tra due trattini consecutivi è 0,48 mm (= 12:25). Se il nonio è doppio (Fig. 4b), i 25 trattini suddividono in parti uguali una lunghezza di 24,5 mm, per cui la distanza tra due trattini consecutivi del nonio doppio è 0,98 mm (=24,5:25). In entrambi i casi l'approssimazione di lettura è 0,02 mm. Infatti, quando il primo trattino dopo lo o del nonio semplice coincide con il primo tratto dopo lo o della scala fissa (0,5 mm), l'apertura del calibro è uguale a: $\\~\\$ 0,5-0,48=0,02 mm $\\~\\$ Se il nonio è doppio, quando il primo trattino dopo lo o del nonio coincide con il secondo trattino dopo lo o della scala fissa (1 mm), l'apertura del calibro è anche in questo caso uguale a: $\\~\\$ 1-0,98=0,02 mm $\\~\\$ **Nota bene** La ragione per cui la lettura dei calibri a doppio nonio è diversa da quella dei normali calibri cinquantesimali è che si tratta di strumenti di piccole dimensioni, destinati al controllo dei denti delle ruote dentate. Il normale nonio cinquantesimale, con 50 divisioni su una lunghezza di 49 mm, risulterebbe troppo esteso e renderebbe pesante, ingombrante e di uso disagevole questo strumento. ### 2.2 Misura dello spessore dei denti di una ruota dentata Il calibro a doppio nonio (o di Weber) viene usato per controllare lo spessore s dei denti degli ingranaggi in corrispondenza della circonferenza primitiva e quindi a una distanza a (addendum) dalla sommità del dente. Lo spessore s del dente di una ruota dentata è la lunghezza dell'arco di circonferenza primitiva misurata tra i due profili del dente: $\\~\\$ $S = ABC$ $\\~\\$ Con il calibro orizzontale non è possibile misurare direttamente lo spessore s, ma si misura la corda: $\\~\\$ $c=AC$ $\\~\\$ L'addendum a del dente di una ruota è la distanza radiale tra la circonferenza esterna e la circonferenza primitiva. Il suo valore deve essere uguale a quello del modulo m della ruota: $\\~\\$ $a = EB = m$ $\\~\\$ Con il calibro verticale non si può misurare l'addendum, ma la cosiddetta altezza cordale: $\\~\\$ $h = ED$ $\\~\\$ In base alle caratteristiche dimensionali di una ruota dentata di modulo m, si ottengono le seguenti relazioni: $\\~\\$ $c=mH$ $\\~\\$ $h=mK$ $\\~\\$ dove H e K sono due fattori che dipendono soltanto dal numero di denti Z della ruota dentata e i cui valori sono espressi dalle formule: $\\~\\$ $H = Z senẞ$ $\\~\\$ $K=1+(1-cosẞ)$ $\\~\\$ $B = 2\frac{90°}{Z}$ $\\~\\$ Apposite tabelle forniscono direttamente i valori di He K a seconda del numero di denti Z della ruota in esame. Pertanto, conoscendo il modulo m e il numero di denti Z di una ruota dentata, e calcolando o ricavando dalle tabelle i valori dei fattori H e K, è possibile controllare con il calibro a doppio nonio lo spessore dei denti della ruota. ### 2.3 Procedimento di controllo Si imposta il calibro verticale sul valore: $\\~\\$ $h=mK$ $\\~\\$ che corrisponde all'altezza cordale teorica. Si appoggia quindi la piastrina verticale del calibro sulla sommità del dente. Chiudendo infine i beccucci sui fianchi del dente, si verifica se la misura letta sul calibro orizzontale corrisponde al valore teorico della corda (Fig. 5 a pagina seguente): $\\~\\$ $c=mH$ $\\~\\$ ## 4.1 Misurazioni con l'alesametro Per una misurazione precisa del diametro di un foro, i tastatori devono essere centrati con l'asse di simmetria del foro in esame. Questa condizione è garantita dal dispositivo centratore montato all'esterno del tastatore mobile. Questo dispositivo è normalmente costituito da una piastrina, la quale, azionata verso l'esterno da una molla, si appoggia alla superficie da misurare in due punti e porta automaticamente l'asse del tastatore a passare per il centro del foro. La perpendicolarità tra l'asse dei tastatori e l'asse del foro si ottiene facendo oscillare leggermente lo strumento fino a quando l'indice del comparatore segna la misura minima. A questo stato corrisponde il valore del diametro effettivo del foro (Fig. 13a). Per il controllo di fori di piccolo diametro, per i quali la testina misuratrice deve assumere dimensioni di ingombro minime, il tastatore è costituito da una semisfera, resa elastica da un intaglio longitudinale (Fig. 13b). Le variazioni del diametro della semisfera misuratrice vengono trasformate nello spostamento assiale di un'asta che agisce sull'indice del comparatore. Una serie di semisfere intercambiabili di vario diametro consente di estendere il campo di misura da 0,5 a 12 mm. ## 5 Micrometro di profondità || micrometro di profondità viene impiegato per misure di profondità di fori, cave, scanalature e per misure di battute fra piani paralleli, spallamenti di alberi cilindrici ecc. Si differenzia dal micrometro per esterni per avere in sostituzione della staffa ad arco un ponte applicato alla testa micrometrica. Il campo di misura di questi strumenti è di 25 mm e l'approssimazione è centesimale (0,01 mm). ### Parti fondamentali Le parti fondamentali dello strumento sono: - ponte in acciaio; - piano di appoggio; - asta mobile; - dispositivo di bloccaggio; - bussola graduata; - tamburo graduato. La lunghezza del ponte del micrometro di profondità può variare da 50 a 100 mm. La superficie del piano di appoggio è scanalata, rettificata e lappata. La numerazione della graduazione è incisa in senso contrario a quella dei micrometri ad arco, perché l'asta mobile, quando è totalmente proiettata all'esterno, raggiunge la massima misura: quindi al posto dello 0 è inciso il 25. Per la stessa ragione, anche la numerazione sul tamburo è invertita rispetto a quella dei micrometri per esterni. ### Aste intercambiabili Per aumentare la capacità di misura, i micrometri di profondità vengono forniti con aste di misura intercambiabili. Queste aste consentono di ampliare la capacità di misura dello strumento sino a 150 mm e anche più (Fig. 14). ### Esempio di misura con micrometro di profondità In Figura 15 è illustrato un esempio di misura della profondità di una scanalatura. Perché la misurazione sia corretta, è indispensabile che il piano del ponte del micrometro di profondità aderisca perfettamente alle superfici del pezzo e con la più ampia zona di contatto possibile. ## 6 Micrometri per esterni speciali ### 6.1 Micrometro per filettature || micrometro per filettature è impiegato per misurare o controllare pezzi filettati. Differisce dal comune micrometro per esterni soltanto per le punte di contatto, intercambiabili a seconda delle filettature da controllare (Fig. 16). La punta conica B è adatta a infilarsi nel solco della filettatura. La punta A, detta capruggine, abbraccia il profilo del filetto. Quando il pezzo filettato è racchiuso tra la punta conica e la capruggine si può rilevare sulla scala del micrometro la dimensione ricercata. L'approssimazione del micrometro per filettature è centesimale. Il campo di misura è di 25 mm, indipendentemente dall'ampiezza dell'arco, che, come nei comuni micrometri per esterni, può avere una portata fino a 100 mm e anche oltre. Lo strumento viene registrato per mezzo di un'astina calibrata come quella in Figura 17. ### 6.2 Punte di contatto Le punte di contatto sono intercambiabili in funzione del passo e del tipo di filettatura. Per un dato passo e per un dato tipo di filettatura vengono utilizzate (Fig. 18): - una coppia di punte per il controllo del diametro medio; - una coppia di punte per il controllo del nocciolo (fondo filetto). Ogni volta che vengono cambiate le punte di contatto il micrometro deve essere azzerato prima di passare alla misurazione. Infatti, le coppie delle punte di contatto hanno dimensioni diverse a seconda del tipo e del passo della filettatura in esame. Il corredo normale dei micrometri per filettature prevede per il controllo del diametro medio: - 7 coppie di punte per il controllo di filettature metriche ISO, con passi da 0,4 a 6 mm; - 8 coppie di punte per filettature trapezie, con passo da 2 a 16 mm; - 10 coppie di punte per filettature Whitworth, da 60 a 3 filetti per pollice (fpp). ### 6.3 Micrometro con contatto a dischi In alternativa al calibro a doppio nonio (o Weber), per il controllo di ruote dentate si può utilizzare il micrometro con contatto a dischi (o secondo il metodo Wildhaber). Il nome dello strumento è dovuto alla forma delle incudini che sono applicate a un normale micrometro centesimale (Fig. 19). Il metodo Wildhaber risulta in genere più preciso di quello di Weber non solo per lo strumento a disposizione con risoluzione 1/100, ma anche per la ragione che la misurazione viene effettuata su più denti di una ruota. Senza approfondire la trattazione teorica, che non rientra nei nostri scopi, esamineremo come si conduce la prova e quali sono i principi teorici. Il metodo si basa sulla proprietà geometrica propria delle ruote dentate per cui la misura rettilinea effettuata su più denti risulta di lunghezza uguale a quella dell'arco di circonferenza di base intercettata dai fianchi dei denti più esterni: $\\~\\$ $DE = ABC$ $\\~\\$ Da questa proprietà discende che lo spessore del dente S, sulla circonferenza primitiva si ottiene: $\\~\\$ $Sp = \frac{S}{cos 0 - m (N,π + Z inv 0)}$ $\\~\\$ dove: - S = misura effettuata (detta scartamento); - θ = angolo di pressione; - N = numero dei vani su cui si effettua la misurazione; - Z = numero dei denti della ruota; - m = modulo dentatura; - inv0 = [(tg) - 0rad] ovvero differenza tra la tangente dell'angolo di pressione in gradi e lo stesso angolo espresso in radianti (per 0 = 20° si ottiene inv 0 = 0,0149). La misura S, così ottenuta in maniera indiretta andrà confrontata con lo spessore teorico del dente che in corrispondenza della primitiva vale: $\\~\\$ $S = \frac{Μπ}{2}$ $\\~\\$ In Tabella 1, in funzione dei denti Z della ruota è riportato il numero di denti k da comprendere nella misurazione e il valore dello scartamento S corretto. ## 7 Comparatori millesimali o minimetri I minimetri, chiamati anche millesimetri, sono dei comparatori millesimali e hanno una struttura diversa dai comparatori centesimali. Rispetto a questi, i minimetri presentano un limitato numero di elementi cinematici e una ridotta ampiezza del campo di misura (Figg. 21 e 22). L'elevato rapporto di amplificazione consente l'approssimazione di 0,001 mm = 1 µm. I misuratori induttivi possono raggiungere una risoluzione di 0,2 µm. Il campo di misura è limitato a 0,2 mm. I minimetri sono in genere dotati di due indici di riferimento per la tolleranza che possono essere posti in qualunque posizione del quadrante al fine di delimitare un campo di tolleranze prefissato. Eseguendo misure e controlli con i minimetri occorre proteggere i pezzi e l'ambiente da variazioni di temperatura anche minime, che falserebbero la misura. Si tenga presente che è sufficiente la variazione di 1°C di temperatura per falsare di 1,2 µm la misura della lunghezza di un pezzo di acciaio di 100 mm. ### 7.1 Parti di un comparatore millesimale In Figura 23 sono mostrate le parti costitutive di un comparatore millesimale analogico. ## 8 Proiettore di profili Un semplice strumento ottico per il controllo della forma e delle dimensioni di un pezzo meccanico è rappresentato dal proiettore di profili (Fig. 24). Il funzionamento è il seguente (Fig. 25): la luce emessa da una lampada, collocata nella testa del proiettore, passa attraverso un condensatore ottico in modo da ottenere raggi paralleli, illuminando il profilo dell'oggetto da controllare, appoggiato sul piano di lavoro. I raggi passano attraverso una o più lenti che costituiscono l'obiettivo e vengono proiettati da uno specchio su una lastra di vetro smerigliato che funziona da schermo. Il profilo dell'oggetto diventa quindi visibile sullo schermo con un rapporto di ingrandimento che dipende dal sistema ottico adottato; generalmente l'apparecchio è fornito di obiettivi intercambiabili per ingrandimenti da 10× a 100X. L'illuminazione è fornita da lampade alogene provviste di potenziometro di regolazione. L'illuminazione può essere diascopica, ossia proveniente da sotto lo schermo, oppure episcopica, ossia proveniente dall'alto e incidente sulla superficie dello schermo. Un sistema di raffreddamento con ventole contribuisce all'aumento della vita delle lampade. Sullo schermo vengono applicati dei reticoli graduati di precisione dalle forme più varie (Fig. 26). Questi reticoli consentono, per confronto, il rapido controllo del profilo del pezzo in esame. È così possibile verificare celermente altezze, lunghezze, parallelismi, angoli, conicità, interassi, diametri e profili di filettature e dentature. ## 9 Produzione in serie e intercambiabilità dei pezzi L'industria moderna è caratterizzata dalla produzione in serie. La forma, la dimensione e le caratteristiche tecniche e funzionali di un pezzo da produrre in serie sono stabilite nella fase di progettazione, alla quale segue, prima della produzione, la realizzazione di uno o più prototipi. Nella produzione in serie, tutti i pezzi di uno stesso tipo devono avere le stesse dimensioni, affinché possano essere accoppiati o montati con pezzi corrispondenti senza necessità di ritocchi o aggiustaggi e possano essere sostituiti facilmente e indifferentemente in caso di usura o di rottura. I pezzi che soddisfano queste esigenze sono detti intercambiabili. Si richiede che anche la finitura delle superfici (rugosità) sia la stessa per tutti i pezzi. **Nota bene** Per assicurare l'intercambiabilità di due pezzi meccanici, oltre alle loro dimensioni devono essere uguali anche le caratteristiche geometriche (planarità, cilindricità, parallelismo ecc.) delle loro parti. Per chiarire il concetto di intercambiabilità, consideriamo per esempio un gruppo di 1000 motori di un certo tipo, ciascuno dei quali sia costituito da 2000 elementi o pezzi. Smontiamo tutti i motori e rimescoliamo tra loro tutti gli elementi o pezzi. Rimontiamo poi tutti i motori usufruendo dei singoli pezzi scambiati precedentemente e mescolati fra loro. Si raggiungerebbe l'intercambiabilità se il montaggio fosse possibile senza bisogno di ritoccare nessun pezzo, e se i motori così rimontati funzionassero correttamente, come prima dello smontaggio. ### 9.1 Limiti di precisione nella costruzione di pezzi meccanici Affinché i pezzi siano intercambiabili occorre fabbricarli con precisione, ma l'esperienza d'officina insegna che un pezzo non è mai preciso in assoluto e che le dimensioni anche di pezzi uguali non possono essere mai assolutamente identiche. Data l'impossibilità di realizzare le dimensioni con precisione assoluta, un pezzo meccanico è considerato preciso quando le sue dimensioni sono realizzate entro limiti stabiliti in fase di progettazione, in funzione dell'uso che ne deve essere fatto. **Nota bene** Alle dimensioni nominali (quote del disegno) stabilite in fase di progettazione si devono aggiungere i limiti entro i quali le dimensioni effettive del pezzo costruito potranno variare rispetto alle dimensioni nominali. ### 9.2 Dimensione nominale La dimensione nominale è un valore teorico stabilito dal progettista e riportato sul disegno del pezzo da costruire. Evidentemente è una dimensione ideale, alla quale ci si potrà avvicinare sempre più quanto più precisa sarà la lavorazione e grazie alla tecnica e alla cura con la quale verrà eseguita la lavorazione stessa. Tuttavia, la dimensione teorica del disegno non potrà mai essere raggiunta in modo assoluto. Per esempio, se misuriamo la lunghezza di un pezzo, questa sarà la dimensione nominale D, (Fig. 27). ### 9.3 Dimensione effettiva La dimensione effettiva è quella realizzata e misurata al termine della lavorazione. La dimensione effettiva può avvicinarsi alla dimensione nominale con approssimazione tanto maggiore quanto più efficienti sono la macchina e l'utensile, quanto più abile è l'operatore e quanto più precisi sono gli strumenti di misura. La dimensione effettiva non può essere considerata un valore assoluto come la dimensione nominale, ma può essere valutata soltanto approssimativamente con appropriati strumenti di misura. Questi ultimi non consentono infatti misure assolute ma soltanto approssimate. Anche se il valore rilevato con uno strumento di misura coincidesse con la dimensione nominale, si dovrebbe tenere conto dell'approssimazione dello strumento. In questo caso, la dimensione effettiva sarà vicina alla dimensione nominale entro i limiti dell'approssimazione dello strumento utilizzato. Per esempio, se con un calibro misuriamo la lunghezza del pezzo realizzato e leggiamo il valore 50,0 mm, possiamo concludere che questa è la dimensione effettiva del pezzo, con un margine di incertezza che deriva dall'approssimazione dello strumento impiegato. Se l'approssimazione del calibro decimale è di 0,1 mm, possiamo affermare con sicurezza che la dimensione effettiva D. del pezzo è compresa tra 49,9 e 50,1 mm (Fig. 28). ### 9.4 Dimensioni limite massima e minima Per garantire la funzionalità e l'intercambiabilità di un pezzo non è sufficiente stabilire la sua dimensione nominale. Fin dalla fase di progettazione è necessario fissare anche i limiti entro i quali deve essere contenuta la dimensione effettiva al termine della lavorazione. **Nota bene** Accanto alla dimensione nominale vanno indicate anche la dimensione limite massima e la dimensione limite minima consentite per il pezzo in lavorazione: $\\~\\$ $Dmax = dimensione limite massima$ $\\~\\$ $Dmin = dimensione limite minima$ $\\~\\$ Nel disegno in Figura 29 oltre alla dimensione nominale sono indicate quella massima e quella minima entro le quali deve essere contenuta la dimensione effettiva del pezzo da realizzare. Se la lunghezza è maggiore di 50,1 mm o minore di 49,9 mm, il pezzo è rispettivamente da ripassare o da scartare, perché la sua dimensione effettiva è fuori dai limiti fissati dal progetto. ### 9.5 Tolleranza La differenza tra la dimensione massima e la dimensione minima ammesse dal progetto costituisce la tolleranza dimensionale di lavorazione. La tolleranza indica il grado di precisione richiesto (o di inesattezza ammesso) nella costruzione di un pezzo. Tanto più ristretta è la tolleranza, tanto più precisa sarà la lavorazione richiesta. Le tolleranze vengono indicate sui disegni accanto alla quota nominale con due valori che definiscono le dimensioni limite massima e minima tra le quali dovrà risultare compresa quella effettiva del pezzo al termine della sua lavorazione: 50±0.1 Nel disegno del pezzo in Figura 30 è prevista, accanto alla dimensione nominale (50), anche l'indicazione ±0,1, che costituisce la tolleranza di lavorazione fissata dal progettista. Ciò significa che la dimensione massima consentita è: $\\~\\$ 50+0,1=50,1 mm $\\~\\$ La dimensione minima consentita è: $\\~\\$ 50-0,1=49,9 mm $\\~\\$ La tolleranza dimensionale t è pertanto: $\\~\\$ t=50,1-49,9=0,2 mm $\\~\\$ **Nota bene** Se la dimensione effettiva supera la dimensione massima o è inferiore alla dimensione minima, il pezzo è fuori tolleranza. ### 9.6 Strumenti di controllo fissi La definizione di tolleranza non solo consente l'intercambiabilità dei pezzi, ma rende anche più semplici e meno costosi i controlli durante la lavorazione in serie perché permette l'uso di semplici strumenti di controllo detti calibri fissi. Nell'esempio mostrato in Figura 31 si tratta di controllare la lunghezza di una serie di piccoli alberi di dimensione nominale 50 mm e tolleranza ±0,1. Il calibro fisso illustrato è di tipo differenziale a forcella. Un lato del calibro ha un'apertura uguale alla misura massima, e i pezzi devono essere tutti inferiori a questa misura (lato passa). L'altro lato ha un'apertura uguale alla misura minima consentita e i pezzi devono essere tutti più lunghi di essa (lato non passa). La differenza tra le lunghezze delle due aperture è uguale alla tolleranza. Tutti i pezzi che passano in entrambi i calibri sono da scartare perché troppo corti. Tutti i pezzi che non passano in nessuno dei due calibri sono da ritoccare perché troppo lunghi. Tutti i pezzi che passano in uno dei calibri e non nell'altro rispondono alle condizioni richieste e sono pertanto accettabili. ## 10 Posizione della tolleranza Nello stabilire la tolleranza di lavorazione non basta fissarne l'ampiezza, ma è anche necessario stabilire la sua posizione rispetto alla dimensione nominale. La posizione della tolleranza può essere assegnata: - superiore per intero alla dimensione nominale; - inferiore per intero alla dimensione nominale; - in parte superiore e in parte inferiore alla dimensione nominale, cioè a cavallo di essa. La retta che corrisponde alla dimensione nominale, nella rappresentazione grafica di un pezzo con tolleranza indicata, prende il nome di linea dello zero. D'ora in avanti tale retta sarà contrassegnata nei disegni dalla scritta LINEA ZERO. Nell'esempio in Figura 32 i tre pezzi hanno la stessa dimensione nominale (D = 50 mm) e quindi stessa linea dello zero vale per tutti e tre. Inoltre, per i tre pezzi è prevista la stessa tolleranza dimensionale (t=0,02 mm). Differisce invece nel primo caso la zona di tolleranza è situata al di sopra della linea dello zero (Fig. 32a); nel secondo la zona di tolleranza è attraversata dalla linea dello zero (Fig. 32b); nel terzo la zona di tolleranza è attraversata dalla linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. 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Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso che la tolleranza si trova a cavallo della linea dello zero. Nel secondo caso il pezzo sarebbe da scartare. Se la dimensione del pezzo è compresa tra i valori D₁ e Dmin assegnati in esso