Introduzione alla storia delle istituzioni politiche (PDF)

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Tiziano Torresi

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Questo documento introduce i concetti di base della storia delle istituzioni politiche. Esso analizza le strutture costituzionali, le istituzioni politiche, e il modo in cui il potere politico si è organizzato nel tempo, con particolare riferimento all'esperienza europea. Il testo esplora le relazioni tra dinamiche storiche, politiche e culturali, evidenziando il legame tra eventi, personalità, e idee che hanno plasmato le costituzioni e le strutture del potere statale, discutendo i concetti fondamentali di istituzione politica, come ordine politico, mezzi di organizzazione, esiti pratici.

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Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai se...

Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 1 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti Indice 1 L’OGGETTO DI STUDIO DELLA STORIA DELLE ISTITUZIONI POLITICHE................................................................ 3 2 LE ISTITUZIONI POLITICHE: CONCETTI E DEFINIZIONE........................................................................................ 5 3 L’ISTITUZIONE DI UN ORDINAMENTO GIURIDICO.............................................................................................. 7 4 GLI ELEMENTI DELL’ORDINAMENTO GIURIDICO................................................................................................ 8 5 IL GOVERNO.....................................................................................................................................................10 6 LA FORMA DI STATO.........................................................................................................................................12 7 LA FORMA DI GOVERNO...................................................................................................................................13 8 IL PRINCIPIO DELLA SEPARAZIONE DEI POTERI.................................................................................................15 9 LA FORMA DI GOVERNO PARLAMENTARE........................................................................................................16 10 LA FORMA DI GOVERNO PRESIDENZIALE..........................................................................................................18 11 LA FORMA DI GOVERNO SEMIPRESIDENZIALE..................................................................................................19 12 LA FORMA DI GOVERNO DIRETTORIALE...........................................................................................................20 13 LO SVILUPPO DELLA DISCIPLINA.......................................................................................................................21 BIBLIOGRAFIA............................................................................................................................................................22 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 2 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti 1 L’oggetto di studio della storia delle istituzioni politiche La storia delle istituzioni politiche è una disciplina che studia le modalità attraverso le quali è stato organizzato il potere politico lungo la storia. L’oggetto principale di questa disciplina sono le strutture costituzionali, le istituzioni portanti dello Stato moderno e contemporaneo, come ad esempio i Parlamenti e i Governi, nonché tutte quelle articolazioni interne attraverso le quali si compone e si esprime il potere dello Stato nei confronti dei cittadini: la pubblica amministrazione, le magistrature, le istituzioni militari, le varie istituzioni economiche e sociali. La storia delle istituzioni politiche studia come questa complessa e, via via, più capillare articolazione del potere dello Stato si sia sviluppata nel corso degli ultimi secoli 1. L’obiettivo è pertanto quello di leggere e interpretare il profondo legame che sussiste tra le dinamiche storiche, politiche e culturali che hanno attraversato la vita delle società e degli Stati europei, soprattutto a partire dalla Rivoluzione francese e sino ai nostri giorni, e il formarsi delle costituzioni e delle strutture del potere statale, gran parte delle quali, ancora oggi, presiedono al funzionamento della vita civile, politica e democratica. Uno degli aspetti più interessanti di questa disciplina storica è infatti proprio quello di confrontare i testi che sono stati elaborati dal costituzionalismo moderno e contemporaneo – in modo particolare le Costituzioni2, ma anche le Dichiarazioni dei diritti, i Trattati e alcune leggi di grande rilevanza nella vita di una nazione – alla luce degli eventi, delle personalità, delle idee che ne hanno motivato e dettato la preparazione e che appaiono sedimentati in quelle pagine. Al tempo stesso questo esercizio di analisi dei testi aiuta a illuminare, a meglio comprendere le conseguenze di quelle decisioni per la vita di uno Stato, gli aspetti della storia politica sui quali più esse hanno inciso, sempre ragionando in un’ottica di lungo periodo. La storia delle istituzioni politiche studia perciò come si organizza il potere, come si mantiene l’ordine politico, quali mezzi l’uomo ha architettato per far funzionare il potere, per organizzarlo e 1 Cfr. F. BONINI, Lezioni di storia delle istituzioni politiche, Giappichelli, Torino 2010. 2 Cfr. M. FIORAVANTI, Costituzione, il Mulino, Bologna 1999. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 3 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti renderlo presente ed efficace nella vita dei cittadini. Ma occorre prima chiedersi: cosa è, propriamente, una istituzione politica? Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 4 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti 2 Le istituzioni politiche: concetti e definizione La parola istituzione deriva direttamente dalla lingua latina, nella quale il vocabolo institutio definisce un proposito, una regola, una consuetudine, una istruzione. Essa denota pertanto un atto, o un insieme di atti, attraverso i quali si istituisce, si fonda, si stabilisce, si introduce nell’uso qualcosa. Da questa accezione generale della parola derivano tre significati ulteriori. Una istituzione può essere un organo o un ente istituito per ottenere un determinato fine: ad esempio una istituzione assistenziale, che lenisce le difficoltà degli indigenti o dei malati, una istituzione culturale, che lavora nel campo del pensiero o dell’arte, una istituzione canonica, cioè formalmente eretta o approvata dall’autorità della Chiesa. Un secondo significato è quello di un ordinamento nel campo sociale, religioso, morale, o politico, fondato su una legge oppure accettato in obbedienza a una consuetudine comune come, ad esempio, l’istituzione matrimoniale; questa accezione viene in evidenza quando, scherzosamente, si dice di qualcuno o di qualcosa che è stato a lungo presente o attivo in un determinato ambiente e quindi ne è divenuto un elemento caratteristico: è un’istituzione! C’è però un terzo e ultimo significato della parola ed è quello che compete più strettamente alla disciplina della storia delle istituzioni politiche. In senso più ampio una istituzione è infatti una qualunque società o un corpo sociale ordinato e organizzato giuridicamente. Essa rinvia dunque a qualcosa di imposto in una data società e in un dato momento storico, non un atto spontaneo, naturale, ma un atto coercitivo che fonda, istituisce, appunto, l’organizzazione politica3. Quindi il termine istituzione politica identifica l’azione dell’istituire e, al tempo stesso, il suo effetto, la regola o la consuetudine che essa introduce in un sistema e che ha carattere di stabilità e di durevolezza nel tempo. Su questo tipo di istituzioni la disciplina indaga cercando di comprenderle come realtà oggettive, non immaginando o descrivendo come queste realtà 3 Cfr., per un quadro di insieme su tutti questi concetti, il volume fondamentale: N. BOBBIO, Stato, governo, società. Per una teoria generale della politica, Einaudi, Torino 1985. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 5 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti dovrebbero o avrebbero dovuto essere, con un approccio morale. Le colloca piuttosto con molta attenzione nel contesto storico che le ha determinate, analizza quadro formale entro il quale sono iscritte, verifica e descrive gli esiti pratici e pragmatici che hanno avuto per un dato sistema di valori. Proprio in quanto intese come realtà oggettive, come comportamenti oggettivati e non solo degli enti, le istituzioni prendono una duplice forma: visibile, cioè attinente a tutte quelle organizzazioni pubbliche o private, si pensi alla famiglia, alle associazioni di qualsiasi natura, sino allo Stato, entro le quali si svolge la vita degli individui; ma posso assumere anche una forma simbolica, attinente a quell’universo di contenuti culturali condivisi all’interno di una determinata società, che in qualche modo la identifica; è il caso, tra gli altri, di una bandiera di Stato o di un inno nazionale, della lingua di una nazione, delle tradizioni e dei riti di un popolo. La definizione di una istituzione politica può pertanto essere riassunta così: è l’atto originario che istituisce/costituisce un ordine politico, che configura una serie di strutture organizzate giuridicamente e che hanno lo scopo di tutelare e garantire le relazioni tra i cittadini, e provvedere all’applicazione efficace delle norme che regolano il rapporto tra l’individuo, la società e lo Stato, sottraendole dall’arbitrio dei singoli. Si riporti, a mero titolo di esempio, l’espressione che viene utilizzata nei discorsi sulle Istituzioni repubblicane di Louis Antoine de Saint-Just: «Le Istituzioni costituiscono per il governo di un popolo libero la garanzia contro la corruzione del governo.. Solo l’Istituzione può incatenare il delitto e l’ingiustizia contro l’arbitrio, noi vi proponiamo istituzioni civili per le quali anche un bimbo possa resistere all’aggressione di un uomo potente ed ingiusto. Ci sono troppe leggi e poche Istituzioni civili... più istituzioni ci sono, più il popolo è libero»4. 4 L. SAINT-JUST, Frammenti sulle Istituzioni repubblicane, Einaudi, Torino 1975. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 6 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti 3 L’istituzione di un ordinamento giuridico Quando attraverso delle istituzioni politiche si organizza il potere politico si pone fondamento anche a un ordinamento giuridico. Il passaggio però non è immediato e anche sotto il profilo teorico richiedere qualche spiegazione ulteriore. Gli studiosi hanno dell’ordinamento giuridico principalmente tre definizioni che non si escludono ma si integrano a vicenda. Una prima concezione è stata elaborata da Hans Kelsen ed è la teoria normativa 5. Definisce l’ordinamento giuridico come un complesso di leggi formali, norme giuridiche positive generali, e atti amministrativi e individuali, strutturati entro una norma fondamentale superiore. Un’altra concezione, risalente al giurista Santi Romano, identifica l’ordinamento giuridico come un ente o un corpo sociale reale ed effettivo che coincide con il diritto oggettivo: è la teoria istituzionale, basata sull’assunto che dove c’è la società c’è il diritto6. La teoria del rapporto di Alessandro Levi definisce invece l’ordinamento come un sistema di rapporti giuridici, sottolineandone così l’aspetto soggettivo, come matrice di facoltà o di potestà, di diritti e di obblighi in capo agli individui 7. Quando si affronta la storia delle istituzioni politiche e delle modalità attraverso le quali essi hanno fondato ordini politici, e perciò anche ordinamenti giuridici, occorre tuttavia prestare attenzione in particolare ad un aspetto: l’ordinamento giuridico non corrisponde esattamente o soltanto con un sistema di leggi e di norme. Il diritto oggettivo, inteso come un complesso di norme scritte o di norme consuetudinarie, non esaurisce il concetto di ordinamento giuridico. Esso comprende, oltre alle norme, anche il principio di autorità da cui le norme stesse emanano. 5 H. KELSEN, Lineamenti della dottrina pura del diritto, Einaudi, Torino 1967. 6 S. ROMANO, L'ordinamento giuridico. Studi sul concetto, le fonti e i caratteri del diritto, Mariotti, Pisa 1917. 7 N.BOBBIO, Teoria dell'ordinamento giuridico, Giappichelli, Torino 1960. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 7 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti 4 Gli elementi dell’ordinamento giuridico Perché un ordinamento giuridico sussista sono necessari infatti almeno tre fattori: a) Una collettività, cioè un ente o un corpo sociale che riconosce in maniera condivisa una comune autorità o almeno un comune principio che conferisce legittimità al potere, chiamato a regolare i rapporti tra i diversi soggetti della collettività per realizzare i fini di accrescimento e di sviluppo della stessa. Il principio di legittimità del potere si è molto evoluto nel corso del tempo. Due esempi: nella monarchia assoluta la legittimità del potere era una esclusiva del sovrano per un presunto diritto divino. L’espressione L’état, c’est moi, Lo Stato sono io, attribuita, sebbene con molte incertezze storiografiche, a Luigi XIV, Re di Francia dal 1643 al 1715, esprime molto efficacemente questo concetto: la legittimità del potere risiede nella sola volontà del monarca. Un secondo esempio: nella costituzione della Repubblica italiana il principio di legittimità del potere, in base all’art. 1, comma 2, risiede nella sovranità del popolo: «la sovranità appartiene al popolo». b) Una condizione di uguaglianza giuridica tra i membri della collettività, nel senso che a tutti sia riconosciuta una capacità di diritto. c) Una situazione di disuguaglianza di voleri tra i membri della collettività, basata su una diversità di interessi particolari. Tale situazione determina dei conflitti di interesse, per dirimere i quali l’autorità, in cui si esprime il potere sovrano, opera, con l’emanazione dei comandi giuridici in via preventiva (leggi) o successiva (sentenze e atti amministrativi), una mediazione attraverso cui viene riconosciuto e tutelato l’interesse prevalente e certi comportamenti vengono di conseguenza autorizzati, vietati, o resi obbligatori (rapporti giuridici). Ricapitolando, una istituzione politica definisce un fatto originario del costituirsi, dell’esserci in modo durevole nel tempo di un ordinamento inteso non solo come un fatto giuridico e normativo ma anche come un modo di essere della realtà sociale. In un senso più concreto una istituzione politica definisce anche la costituzione di un governo, ossia dell’articolazione dei poteri Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 8 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti che costituiscono la struttura principale di questo ordinamento. Anche di questo occorre chiarire alcuni concetti basilari. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 9 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti 5 Il governo Come per la parola istituzione anche per la parola governo l’etimologia si rivela molto efficace per definirne il senso. Governo deriva infatti da un vocabolo greco di origine abbastanza complessa, dal verbo kybernàn, ovvero reggere il timone di una imbarcazione, espletare la funzione tipica del pilota di una barca o di una nave, che mantiene la rotta. Dunque è l’arte del pilotare, ripresa tra l’altro, nel 1948, dal matematico statunitense Norber Wiener, quando coniò l’espressione della moderna cibernetica. Ad ogni modo è nel mondo antico, circa nel VI secolo a.C. che si stabilisce una sempre più chiara similitudine tra l’idea di governare e quella di pilotare, di dirigere, di orientare. In fondo è un parallelo che sussiste tuttora, seppure in una accezione generica: la capacità di governo è quella di esprimere una guida, di mettere sulla giusta rotta, di dirigere politicamente le vicende di una nazione e di uno Stato. Oppure si pensi, per un altro esempio, agli attributi tipici della regalità, del governo, del dominio che la tradizione ebraico- cristiana ha assegnato come tipici della divinità, che guida, dirige dall’alto le sorti del mondo e degli uomini. Già nell’antica Roma a questo senso più generale espresso dalla parola governo vennero accostate altri verbi, ciascuno dei quali coglieva una differente, non sempre distinta, sfumatura dell’esercizio del potere, dell’azione di governo: il verbo regnare, derivato dall’azione, di natura religioso-sacrale di tracciare la linea entro la quale sarebbe stato costruito il tempio, e perciò di indicare alla comunità della città la via principale da seguire; administrare cioè l’atto posto in essere da un minus (minister) per far eseguire le decisione superiore gerarchica di un maior (magister), che è appunto l’atto tipico dell’amministrazione, del sistema burocratico; ducere, cioè il condurre gli eserciti, l’atto tipico del potere militare. Sin dall’antichità, dunque, il governo ha assunto queste e molteplici altre espressioni e uno dei compiti principali della storia delle istituzioni politiche è proprio lo studio delle forme assunte dal governo nel succedersi del tempo. Questo Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 10 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti chiama in causa una distinzione molto importante che viene adottata dagli studiosi: quella tra forma di Stato e forma di governo8. 8 Cfr. G. AMATO, F. CLEMENTI, Forme di Stato e forme di Governo, il Mulino, Bologna 2012. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 11 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti 6 La forma di Stato La forma di Stato riguarda le modalità attraverso le quali si combinano i tre elementi costitutivi di uno Stato: il popolo ad esso soggetto, il territorio geografico entro i suoi confini e il governo che lo regge. Questi elementi si sono definiti in maniera chiara e netta principalmente a partire dal XVI secolo, quando si forma quell’ordinamento giuridico sovrano su un determinato territorio che è lo Stato moderno. Sotto un profilo di ripartizione dei poteri a livello territoriali si possono distinguere Stati unitari e Stati federali, a seconda che il potere sia concentrato in un’unica entità oppure suddiviso tra alcuni Stati, membri di una federazione, che partecipano alla vita politica comune mantenendo una loro autonomia, cioè una porzione, spesso molto significativa, della loro sovranità. Un altro aspetto che qualifica la forma di Stato è il rapporto che sussiste tra i governanti e i governati e che può assumere forme molteplici: lo stato assoluto, lo stato di diritto, lo stato liberale o democratico sono soltanto alcuni esempi di queste possibili qualificazioni, a seconda che, sempre da un punto di vista storico si considerino i diversi principi, ma anche le ideologie e le strutture di autorità in cui si muovo gli attori politici principali. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 12 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti 7 La forma di governo La forma di governo indica un concetto diverso che attiene alle regole della distribuzione dei poteri tra gli organi costituzionali posti al vertice di uno Stato. Essa perciò concerne soltanto uno dei tre elementi dello Stato, il governo, appunto, considerato come assetto generale dei poteri, come l’apparato attraverso il quale lo Stato diventa il soggetto principale all’interno di un ordinamento. La forma di governo può allora essere intesa come il modo nel quale la funzione di indirizzo politico viene espressa ed esercitata tra i diversi organi costituzionali di un ordinamento. Anche in questo campo la tradizione antica ci consegna già alcuni modelli, sebbene ormai non più in uso. Nota è infatti la tripartizione cara ad Aristotele tra le forme di governo giudicate buone, come la monarchia, l’aristocrazia e la democrazia e quelle degenerate, ovvero la tirannide, l’oligarchia e l’oclocrazia. In queste riflessioni emergeva un principio che diventerà un cardine del costituzionalismo e il principio giuridico basilare dello Stato di diritto e della democrazia liberale: quello della separazione dei poteri. Esso si basa sull’idea che, per prevenire abusi, il metodo migliore sia suddividere il potere tra soggetti ciascuno avente una specifica funzione pubblica nell’esercizio della sovranità dello Stato. Queste tre funzioni sono quella legislativa, quella amministrativa, quella giurisdizionale, ciascuna delle quali, a sua volta, viene attribuita a un potere dello stato distinto e indipendente dagli altri due: il potere legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario. Giova riportare uno dei testi capitali sui quali è fondata la moderna teoria della separazione dei poteri. Nel 1748, Montesquieu così scrive nella sua opera Lo spirito delle leggi: «Chiunque abbia potere è portato ad abusarne; egli arriva sin dove non trova limiti [...]. Perché non si possa abusare del potere occorre che [...] il potere arresti il potere". E sulla distinzione tra i tre poteri chiarisce: «In base al primo di questi poteri, il principe o il magistrato fa delle leggi per sempre o per qualche tempo, e corregge o abroga quelle esistenti. In base al secondo, fa la pace o la guerra, invia o riceve delle ambascerie, stabilisce la sicurezza, previene le invasioni. In Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 13 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti base al terzo, punisce i delitti o giudica le liti dei privati». Il presupposto è che «una sovranità indivisibile e illimitata è sempre tirannica»9. 9 C.L. DE SECONDAT DE MONTESQUIEU, Lo spirito delle leggi, Mondadori, Milano 1967, p. 207. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 14 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti 8 Il principio della separazione dei poteri Il principio della separazione dei poteri è importante anche perché aiuta a qualificare e a contraddistinguere le diverse forme di governo10. Secondo alcuni proprio il maggiore o minore grado di separazione tra i poteri aiuta a individuare forme di governo rigide, come le monarchie costituzionali e i regimi presidenziali, da quelle flessibili, come i regimi parlamentari. Un’altra possibile distinzione è tra forme di governo monistiche, come quella del governo parlamentare a prevalenza dell’esecutivo o dell’assemblea, e dualistiche, come la monarchia costituzionale e le forme di governo presidenziali. Un’altra ancora predilige operare una distinzione sulla base dell’organo che detiene la funzione di indirizzo politico, il «pilota della barca»: distingue perciò tra una forma di governo costituzionale pura, dove “governa” il Capo dello Stato, costituzionale parlamentare, dove governano il parlamento e l’esecutivo, oppure collegiale, dove la guida della politica è affidata a un direttorio. Il criterio principale che viene adottato dagli studiosi per definire una forma di governo è però quello che si basa principalmente su due aspetti: il legame tra il potere legislativo e quello esecutivo, in particolare riguardo al rapporto di fiducia che sussiste tra il secondo ed il primo, da un lato, e le modalità con le quali viene eletto il Capo dello Stato, dall’altro. Sulla base di queste due distinzioni si possono pertanto individuare quattro principali forme di governo. 10Cfr. A. VIGNUDELLI (a cura di), Istituzioni e dinamiche del diritto: i confini mobili della separazione dei poteri, Giuffrè, Milano 2009. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 15 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti 9 La forma di governo parlamentare Nel governo parlamentare il cuore del governo è l’organo di potere legislativo eletto, in forme e modalità molto diverse nel corso del tempo, dai cittadini, al quale compete la funzione legislativa e il compito di controllare, sanzionare o addirittura esprimere il governo e di verificarne l’operato. La storia delle istituzioni politiche individua la nascita di questa forma di governo nelle monarchie costituzionali dell’Ottocento. In esse la separazione tra legislativo ed esecutivo è netta: il Parlamento non dà la propria fiducia al governo e i ministri che compongono quest’ultimo sono responsabili sotto un profilo politico solo nei riguardi del sovrano – sono infatti «suoi» ministri – il quale è il titolare del potere esecutivo e pure contribuisce con la sanzione formale delle leggi che ne permette la promulgazione, alla funzione legislativa, oppure, attraverso la nomina dei giudici e la concessione della grazia, ha altresì una capacità di intervento anche nel potere giudiziario. Il sovrano detiene la facoltà di scioglimento del parlamento e della revoca dei ministri. A fronte di questi ampi poteri dell’esecutivo, in larga misura ancora accentrati nella volontà del monarca, il potere legislativo ha comunque la possibilità di porre veti significativi e orientare la politica fiscale e di mettere in stato di accusa dei ministri grazie alla clausola della controfirma degli atti aventi forza di legge. Questo quadro dei poteri era sostanzialmente il medesimo in molte delle carte prodotte dal costituzionalismo europeo dell’Ottocento. Da apripista, sebbene in via consuetudinaria, era stata l’esperienza del Regno Unito, nella quale, per ragioni storiche di antica data, si era andata progressivamente ampliando l’autonomia del Parlamento e, per contro, si era conosciuta una sensibile riduzione dei poteri di indirizzo politico del monarca, contestualmente al consolidarsi del legame di responsabilità/fiducia tra il legislativo e l’esecutivo inteso come organo collegiale nel quale il Primo Ministro cominciava ad emergere come il vero e proprio «pilota della barca». La forma di governo parlamentare, nella storia delle istituzioni politiche, ha avuto una grande fortuna, potendosi adattare perfettamente sia agli stati monarchici che a quelli repubblicani. La maggioranza che esprime il parlamento assume un ruolo determinante nell’indirizzo politico e Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 16 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti nell’azione di governo alla quale normalmente non partecipa il Capo dello Stato. Molteplici sono le modalità attraverso le quali si può realizzare sotto un profilo formale o informale il legame di fiducia tra il parlamento e il governo che ne è l’emanazione: attraverso un voto oppure in via presuntiva, come avviene nel Regno Unito; il meccanismo di fiducia/sfiducia può coinvolgere il governo in quanto organo collegiale oppure soltanto chi lo presiede; la fiducia può essere espressa dal parlamento attraverso differenti maggioranze; la sfiducia può prevedere inoltre un meccanismo che ha l’obiettivo di garantire nel sistema una maggiore stabilità al potere esecutivo, anche in una logica di continuità, quello della sfiducia costruttiva, cioè la possibilità di subordinare la sfiducia comminata a un primo ministro all’indicazione del suo successore. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 17 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti 10 La forma di governo presidenziale Il presidenzialismo si basa principalmente su tre elementi: l’elezione diretta del presidente da parte dei cittadini; l’assenza di un legame fiduciario tra il parlamento e il governo, il parlamento cioè non esprime il governo e il presidente non può scioglierlo; il presidente nomina, presiede, dirige ed eventualmente revoca i componenti del Governo a sua piena e completa discrezione. Storicamente questa forma di governo, seppure realizzata con molte distinzioni in diversi stati del mondo, è stata compiutamente posta in essere negli Stati Uniti d’America a partire dal 1787, quando fu approvata a Philadelphia una Costituzione che esprime in modo nettissimo il principio della separazione tra i poteri tra il Congresso, composto da una camera eletta per due anni e un senato eletto ogni sei ma rinnovato per un terzo ogni due anni dai diversi stati delle federale, e il potere giudiziario, affidato anch’esso in via esclusiva alla corte suprema di rango federale e alle corti di giustizia di grado inferiore. La rigida separazione dei poteri si combina con il loro bilanciamento attraverso un sistema di pesi e contrappesi (checks and balances) che danno al potere legislativo ed esecutivo la facoltà di condizionarsi, di controllarsi e mitigare eventuali eccessi nell’esercizio delle funzioni: il Presidente più porre un veto di natura sospensiva alle leggi approvate dal Congresso, che può aggirarlo con una votazione a maggioranza qualificata; il potere legislativo orienta in modo decisivo le politiche di bilancio e di spesa e quindi può influire in modo pesante sulle politiche dell’esecutivo; operano poi diverse commissioni di controllo da parte del Parlamento, e altri meccanismi nelle nomine dei funzionari federali. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 18 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti 11 La forma di governo semipresidenziale La forma di governo semipresidenziale fonda il sistema politico su due elementi: 1) il presidente è eletto direttamente dai cittadini; 2) il presidente condivide il potere esecutivo con un primo ministro e un gabinetto di ministri da lui nominati ma legati al parlamento da un rapporto fiduciario e perciò subordinati alla maggioranza parlamentare del momento, dinanzi alla quale hanno una responsabilità politica; si configura così un potere esecutivo di forma duale, secondo alcuni «bicefalo», nel quale possono esserci diversi equilibri, giustificati dal fatto che non sempre il presidente della repubblica e la maggioranza parlamentare sono consentanei e può verificarsi il caso nel quale il presidente e il primo ministro sono espressioni di differenti aree politiche, il caso della cosiddetto della «coabitazione». L’esempio storico «classico» nel quale si sarebbe realizzata questa forma di governo è quello della V repubblica francese, a partire dal 1958. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 19 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti 12 La forma di governo direttoriale La forma di governo direttoriale. Storicamente questa forma di governo prende il nome dal direttorio stabilito dalla Costituzione francese del 1795, composta da cinque membri eletti da un parlamento bicamerale i quali detenevano in modo collegiale sia il potere esecutivo, con funzioni di governo nell’ambito della sicurezza della Repubblica, delle relazioni internazionali, dell’esecuzione delle leggi) che le funzioni di Capo della Stato. I poteri erano rigidamente separati: il Direttorio era privo di qualsiasi potere di iniziativa legislativa o di veto rispetto al Parlamento che, viceversa, non poteva revocarlo ma soltanto porlo in stato d’accusa. Questa forma di governo è stata adottata anche dalla Confederazione elvetica dove il parlamento – formato da due camere, una eletta dai cittadini e una espressione dei cantoni – elegge ciascuno dei sette membri del governo, tenendo in particolare considerazione la natura plurinazionale della confederazione svizzera; i membri del governo, ciascuno dei quali svolge a turno le funzioni di presidente, non possono essere né sfiduciati né sciogliere il parlamento. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 20 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti 13 Lo sviluppo della disciplina Come queste note mettono in luce, lo sviluppo delle forme di Stato e di governo e le modalità attorno alle quali si è articolato e realizzato il principio della separazione dei poteri sono state molteplici e cangianti nel corso del tempo. Compito della storia delle istituzioni politiche è comprendere tutto questo in una chiave attenta alle dinamiche storiche, politiche e culturali. Comprendere come, in luoghi diversi, contesti culturali differenti e segnati da idee sempre nuove, il «pilota della barca» si sia destreggiato nel dar forma alle istituzioni politiche lungo l’avanzare di quella che si definisce età moderna e contemporanea. La disciplina, nel far questo, è illuminata da un quadro sempre più complesso di studi, sempre più attenti a cogliere la progressiva erosione della sovranità statale, a tutta vantaggio di una visione più aperta ai fermenti culturali, economici e sociali, meno rigorosa nel definire la dicotomia tra la sfera dello stato e quella della società, come pure l’identità, per lungo tempo incrollabile, tra la sfera dello Stato e quella del politico. Le istituzioni politiche giungono perciò ad includere processi sociali e culturali che innescano nuove interazioni, nuovi equilibri, che si condensano in nuovi testi del costituzionalismo e ne danno, agli occhi dello storico, nuovi chiavi di lettura. L’emergere del concetto di cittadinanza, la dialettica tra amministrazione e Costituzione, le tensioni tra la libertà dello Stato e le libertà dei cittadini si sono intrecciate nel corso di questa storia, sino a configurare modelli istituzionali poliedrici, anche alla luce della crisi del modello di regolazione delle dinamiche sociali in precedenza veicolato dalle istituzioni dello Stato di diritto, consolidatosi nelle istituzioni democratiche liberali del Continente europeo e oggi sempre più coincidente con nuovi soggetti titolari di sovranità su scala planetaria. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 21 di 22 Tiziano Torresi - Introduzione alla storia delle istituzioni politiche: definizioni e concetti Bibliografia Storia delle istituzioni politiche. Dall'Antico regime all'era globale, a cura di M. Meriggi e L. Tedoldi, Roma, Carocci, 2014. F. Bonini, Lezioni di storia delle istituzioni politiche, Giappichelli, Torino 2010. M. Fioravanti, Costituzione, il Mulino, Bologna, 1999. R. Martucci, L'ossessione costituente. Forma di governo e costituzione nella Rivoluzione francese (1789-1799) , il Mulino, Bologna, 2001. M. Meriggi, Gli Stati italiani prima dell'Unità. Una storia istituzionale , il Mulino, Bologna, 2002. M. Fioravanti, Stato e costituzione. Materiali per la storia delle dottrine costituzionali, Giappichelli, Torino, 1993. G. Gozzi, Democrazia e diritti. Germania: dallo Stato di diritto alla democrazia costituzionale , Laterza, Bari, 1999. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 22 di 22 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche dell’antico regime Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 1 di 14 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche dell’antico regime Indice 1 L’AUTORITÀ NELL’ANTICO REGIME.................................................................................................................... 3 2 GLI STATI MODERNI: UN MOSAICO DI POTERI................................................................................................... 7 3 LA MEDIAZIONE DEL POTERE............................................................................................................................. 9 4 LA GIURISDIZIONE, CARDINE DELL’ANTICO REGIME.........................................................................................10 5 CONCLUSIONI...................................................................................................................................................13 BIBLIOGRAFIA............................................................................................................................................................14 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 2 di 14 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche dell’antico regime 1 L’autorità nell’antico regime Per gran parte dell’età moderna la parola «istituzione» rimase estranea al vocabolario della politica; la parola istituzione era infatti utilizzata in origine principalmente per descrivere l’istituzione di una carica, generalmente ereditaria, oppure la fondazione di qualche privilegio; d’altro canto la parola «politica» era più un concetto filosofico che una prassi, rinviava all’antica accezione di società politica come quella società nella quale gli uomini sono naturalmente portati ad associarsi in una comunità di interessi. Solo molto lentamente la parola politica passò a designare ciò che attiene l’arte del governare. Nell’età moderna i confini tra le diverse forme dell’autorità erano molto sottili; la qualità stessa dell’autorità era spesso indistinguibile. Il potere veniva considerato, anche in forme molto distanti tra loro come quello esercitato da un padre di famiglia o da un nobile sui suoi servitori, come l’emanazione, in diverse espressioni, di una unica sostanza: un ordine che la natura aveva fissato e dentro il quale esisteva una precisa gerarchia da rispettare. Solo quando qualcuno intuisce che in alcuni aspetti della vita il potere si esercita non per forme naturali ma per una imposizione dell’uomo stesso, per una convenzione, tutto questo comincia a cambiare lentamente ma profondamente. All’inizio del Settecento cominciò pertanto a prendere piede l’utilizzo del termine istituzione in questa accezione che possiamo considerare moderna. Il filosofo Jean de Barbeyrac, nel 1706 scrisse: «così come gli esseri fisici sono originariamente prodotti dalla Creazione non si riuscirebbe ad esprimere meglio il modo in cui si formano gli enti morali che attraverso il termine di Istituzione»1. Il confronto è chiaro: da un lato la creazione, la natura. Dall’altro l’artificio, la cultura. Dietro sta il concetto fondamentale che fa nascere le istituzioni politiche nel senso moderno: non è il caso, la natura, l’ordine immutabile a generarle ma la storia, le consuetudini dell’uomo in società, le decisioni politiche che danno una forma al potere. La politica è dunque, se tutto questo è vero, la capacità di definire sulla base di scelte razionali, la convivenza della comunità umana. 1 S. VON PUFENDORF – J. DE BAREBYRAC, Le droit de la nature et des gens, Kuyper, Amsterdam 1706, vol. I, p. 4. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 3 di 14 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche dell’antico regime Nell’antico regime queste distinzioni e queste acquisizioni venivano intuite su un versante più propriamente filosofico ma non attecchivano nella prassi politica. Per questo esiste una categoria molto più versatile e utile per comprendere le istituzioni politiche premoderne che è quella dello Stato. Non per intenderlo come la forma embrionale di quello ottocentesco, ma per capire come tra il formarsi degli Stati e le società politiche presenti attorno ad esso si siano sviluppati dei processi di integrazione e di scambio, in una continua tensione tra complementari autonomie, che ha dato una fisionomia alle società politiche dell’antico regime. Ma cosa è uno Stato? Lo Stato è un ente dotato di potestà territoriale, che esercita tale potestà a titolo originario, in modo stabile ed effettivo e in piena indipendenza da altri enti. Gli elementi costitutivi di uno Stato sono: 1. il popolo 2. il territorio 3. la sovranità Lo Stato è fatto dai rapporti che si instaurano tra questi tre elementi. Il primo è l’insieme dei soggetti legati da un vincolo che attribuisce loro diritti e doveri: il vincolo della cittadinanza. Il popolo non va confuso con la nazione, termine di natura etica e politica che indica una comunanza di valori culturali, di lingua, di costumi e di religione. Il territorio è l’ambito spaziale in cui ha efficacia l’ordinamento dello Stato, definisce la misura della sovranità, l’ambito entro il quale sussiste il popolo e vige la coercizione del potere statale, anche rispetto ad interferenze o relazioni con l’esterno; la sovranità, infine, è l’espressione della somma dei tre poteri di governo (legislativo, esecutivo e giudiziario) riconosciuta allo Stato in modo esclusivo all’interno del proprio territorio. Essa è anche originaria, cioè legata a un determinato ordinamento giuridico, e incondizionata, cioè non è toccata dalla volontà di altri Stati esteri. Queste definizioni non erano ancora chiare e nettamente codificate nel sistema di antico regime. Proprio nel XVI secolo, in particolare nel pensiero di Nicolò Machiavelli, Jean Bodin e Thomas Hobbes cominciano però a emergere grazie all’accresciuta importanza, nelle loro opere, della distinzione tra la sfera della politica e quella dell’etica religiosa: lo Stato comincia cioè a Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 4 di 14 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche dell’antico regime emergere come una struttura gerarchica esclusiva e con caratteri propri della vita associata. In Machiavelli lo Stato è descritto grazie alla metafora del Principe, una immagine nella quale risalta in modo peculiare la forza dell’imperio, delle armi, persino della crudeltà nel momento di istituzione e di imposizione del potere da parte della monarchia2. Al tempo stesso, una volta fondato, lo Stato va governato con autentico spirito repubblicano, cioè con il rispetto delle leggi, della libertà e come garanzia della sicurezza dei cittadini. Jean Bodin, tra i principali teorizzatori della sovranità assoluta dello Stato, afferma che per Stato occorre intendere «un governo giusto che si esercita con potere sovrano su più famiglie e su tutto ciò che esse hanno in comune fra loro» 3. Tuttavia è Hobbes a fissare la fondamentale distinzione tra lo stato di natura e lo stato civile: nel primo gli uomini, uguali tra loro, perseguono fini identici, per ottenere una illimitata appropriazione delle cose e anche per dominare sugli altri; ne consegue una situazione di perenne conflitto, e quindi di precarietà e di povertà. Per uscirne, dal momento che la pace è una situazione conveniente e l’unica che può evitare l’estinzione del genere umano, è necessario stipulare un contratto nel quale ciascuno rinuncia alla libertà personale che avrebbe in natura, cioè al diritto di appropriarsi di tutte le cose e di comportarsi secondo i propri impulsi e desideri. Grazie a questa rinuncia il potere viene trasferito ad un sovrano, che può essere un singolo uomo o una istituzione, il quale tuttavia non rientra negli obblighi del contratto, ma è un superiore verso tutti i sudditi, in una forma assoluta. In cambio della libertà alla quale hanno rinunciato, i sudditi ottengono la garanzia della sicurezza entro i confini dello Stato e anche verso l’esterno. Giova richiamare la celebre pagina del Leviatano di Hobbes: «Io autorizzo e cedo il mio diritto di governare me stesso a quest'uomo o a questa assemblea di uomini, a questa condizione, che tu gli ceda il tuo diritto, e autorizzi tutte le sue azioni in maniera simile. Fatto ciò, la moltitudine così unita in una persona viene chiamata uno stato, in latino civitas. Questa è la generazione di quel grande Leviatano o piuttosto - per parlare con più 2 Cfr. E. Sciacca, Principati e repubbliche. Machiavelli, le forme politiche e il pensiero francese del Cinquecento, Tep, Firenze 2005. 3 J. BODIN, I sei libri dello Stato, a cura di M. Isnardi Parente, Utet, Torino 1988, vol. 1, p. 159. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 5 di 14 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche dell’antico regime riverenza - di quel Dio mortale, al quale noi dobbiamo, sotto il Dio immortale, la nostra pace e la nostra difesa»4. 4 Th. HOBBES, Leviathan, The Second Part: "Of Commonwealth", Chapter 17:" Of the Causes, Generation, and Definition of a Commonwealth". Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 6 di 14 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche dell’antico regime 2 Gli Stati moderni: un mosaico di poteri Mentre queste prime teorizzazioni dello Stato si andavano componendo, lo scenario istituzionale dell’età moderna assomigliava a una vera e propria federazione di poteri spesso fluidi e indistinti. Non bisogna infatti pensare allo stato dell’antico regime come quello contemporaneo: unito, dotato di un chiaro apparato centrale e periferico, coeso. Generalmente si individuano al suo interno due categorie: a. enti territoriali che organizzano il potere su vari livelli (le communitates) b. associazioni di natura professionale, o a carattere religioso, assistenziale, associazioni di ceto e molte altre (i collegia). Sono questi i numerosi corpi che compongono mano a mano lo Stato: si aggregano tante signorie indipendenti tra di loro e anche autonome da una autorità centrale, creando un mosaico di territori e di logiche corporative molto frammentate. Il dato estremamente rilevante è che anche quando queste forme di potere decidono di assoggettare la loro identità originale a un ordinamento più ampio, grazie a precisi documenti giuridici, non la perdono. L’entità non si dissolve nel corpo del nuovo Stato. Certo essa rinuncia a una serie di attributi ma la sua essenza, la comunità, resta identica a ciò che era prima. Sul piano istituzionale si vanno perciò configurando una serie di stati negli stati, che si governano autonomamente e sulla base di un ordinamento legale interno distinto da quello centrale. Un regime “antico” Nello scenario europeo, in piena età moderna, l’esempio classico di affermazione dello Stato è quello francese. Anch’esso si compone come il risultato di annessioni successive e progressive di una moltitudine di poteri indipendenti, di piccoli territori sovrani che, associandosi, vanno ad articolare una organizzazione del potere state sempre più complessa. Queste comunità più piccole mantengono le loro consuetudini e le loro rappresentanze territoriali, rinunciano a parte Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 7 di 14 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche dell’antico regime della loro sovranità ma senza smarrire del tutto la loro identità: questa è dunque la sostanza della istituzione contrattuale di uno Stato protomoderno. Non esisteva una Costituzione, come quella degli Stati odierni, non un unico testo scritto, unitario anche sotto un profilo formale. Esisteva invece una pluralità di contratti di signoria nei quali erano stabiliti di volta in volta i rapporti tra il centro e la periferia, attraverso vari livelli. Se, da un lato, questo sistema di potere diffuso e articolato ebbe un’origine molto lenta e progressiva, dall’altro ebbe una fine chiara e precisa: sarà infatti con l’abrogazione di questi molteplici privilegi territoriali preesistenti che nel 1789 la Rivoluzione francese intenderà fare tabula rasa di quello che, già allora, veniva considerato antico regime. Non soltanto nella misura in cui esso risaliva molto indietro nel tempo, ma perché sorpassato, vecchio, figlio di un’epoca che urgeva chiudere al più presto. L’antico regime non era infatti soltanto il sistema di governo dei Borbone che aveva retto la Francia sino al 1789, contrapposto al nuovo instaurato dalla Rivoluzione francese e dai suoi valori di libertà, uguaglianza e fratellanza. Il termine venne generalizzato grazie all’opera di Alexis de Tocqueville, L’Ancién regime et la révolution nella quale, molto efficacemente egli sintetizza che «la rivoluzione francese ha battezzato ciò che ha abolito» 5. 5 Cfr. G.P. ROMAGNANI, La società di antico regime (XVI-XVIII secolo). Temi e problemi storiografici, Carocci, Roma 2010. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 8 di 14 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche dell’antico regime 3 La mediazione del potere Come veniva esercitato il potere in questa struttura statuale premoderna di natura contrattuale e molteplice? Anche in questo aspetto esistono profonde differenze con gli Stati attuali, nei quali l’autorità si esprime attraverso una catena di comando e di atti che orientano e ordinano la vita della società. Si esprime cioè a partire da un obiettivo in base al quale la volontà dello Stato si sedimenta in una legge, che viene fatta eseguire e, laddove ciò non avviene, intervengono a tutela dei cittadini e del rispetto della legge delle sanzioni giuridiche. Lo Stato di antico regime non aveva questi obiettivi e questo funzionamento. Esso esercitava soprattutto una funzione di mediazione tra i vari poteri che lo componevano, per mantenere in equilibrio i diritti e i privilegi dei corpi collettivi che, su base contrattuale, si erano uniti in esso. Proprio per questo motivo la funzione fondamentale di uno stato di antico regime era quella giurisdizionale, l’atto di giudicare. I monarchi dell’età moderna avevano anzitutto il compito di mantenere e di fare giustizia, di essere giudici, di dire il diritto secondo l’antica tradizione medievale: ius dicere. Il sovrano esercitava il potere di comando come un tutt’uno rispetto al potere di far applicare la legge, di farla eseguire e rispettare, di dichiarare un diritto già dato nell’ordine naturale del mondo, che egli doveva limitarsi a specificare meglio e a riaffermare. Jean Domat, nel 1745 affermava: «fra i diritti del sovrano il primo è quello della amministrazione della giustizia, che deve essere il fondamento dell’ordine pubblico. E questa amministrazione racchiude il diritto di fare le leggi e i regolamenti necessari per il bene pubblico e di farli osservare ed eseguire. Nell’antico regime, dunque, il centro non era tanto il luogo in cui si assumevano autonomamente decisioni destinate a essere poi trasferite in periferia tramite una qualche filiera esecutiva ma piuttosto la sede a cui i sudditi si rivolgevano per comporre i loro conflitti o per chiedere conferme ed estensioni dei loro privilegi»6. 6Cit. Storia delle istituzioni politiche. Dall'Antico regime all'era globale, a cura di M. Meriggi e L. Tedoldi, Roma, Carocci, 2014 [capitolo 1], p. 22. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 9 di 14 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche dell’antico regime 4 La giurisdizione, cardine dell’antico regime La titolarità di iurisdictio e quella di potestas e di imperium erano strettamente connesse e la seconda era diretta conseguenza della prima. Persino il potere di fare le leggi era considerato come una forma di giustizia. Del resto la separazione dei poteri è un principio teorizzato soltanto nel XVIII secolo, in base al quale il potere legislativo è rigorosamente considerato come distinto dalla giurisdizione e il legislatore, cui spetta il compito della produzione delle norme giuridiche, deve distinguersi in modo chiaro dal giudice, il quale è chiamato ad applicarle in modo automatico alla fattispecie concreta in giudizio. Questo principio non corrisponde alla cultura e alla prassi giuridica dell’età medievale e moderna. In esse all’autorità politica si richiedeva soprattutto di tutelare lo status quo, l’insieme delle regole giuridiche esistenti, e non di modificarlo o addirittura di crearne di nuove. La difesa della tradizione e delle consuetudini si fondava necessariamente sul rifiuto della novità, dell’artificio, dell’intervento positivo del potere nella produzione di norme. Esso doveva limitarsi a conseguire una più efficace amministrazione della giustizia. Il sovrano era pertanto un giudice e l’aggettivo più perspicuo che gli si poteva attribuire era quello di «giusto», cioè capace di fare giustizia nei confronti dei sudditi. Le comunità, dal canto loro, riconoscevano l’autorità del Sovrano proprio perché giudice imparziale, garante dei diritti della tradizione e si affidavano al Sovrano per veder tutelata la pace esterna ― grazie alla difesa militare che il sovrano poteva assicurare loro ― e la pace interna alla comunità stessa, grazie a un efficace esercizio della funzione giurisdizionale7. Il sovrano, in quanto giudice, amministrava la giustizia attraverso organi organizzati e legittimati ed esercitava la sua funzione giurisidizionale attraverso tre forme: 1. la giustizia «concessa» (justice concédée) 2. la giustizia «delegata» (justice déléguée) 3. la giustizia «ritenuta» (justice retenue) 7 P. ALVAZZI DEL FRATE, Appunti di storia degli ordinamenti giudiziari. Dall’assolutismo francese all’Italia repubblicana, Aracne, Roma 2009, p. 15. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 10 di 14 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche dell’antico regime La «giustizia concessa» era quella propria del sistema signorile medievale ed era amministrata dai feudatari in virtù di una concessione, appunto, del sovrano. Essa aveva in sé una sua propria legittimità entro la quale il sovrano non doveva entrare, ma che si doveva limitare, sin dove possibile, a rispettare. Era perciò un’amministrazione molto particolaristica, di singoli ordinamenti non comunicanti tra loro e, sebbene con importanti differenze nello spazio e nel tempo, ad essa corrispondevano due distinti organi giurisdizionali: 1. la corte feudale, composta dal feudatario e dai suoi vassalli 2. le varie corti signorili affidati a giudici monocratici nominati dal feudatario stesso. Per lungo tempo vi fu una tensione, per molti aspetti benefica sulla tenuta del sistema, tra la giurisdizione regia e quelle inferiori, nella costante ricerca dei confini tra le rispettive aree di competenza e nella ricerca di un intervento dall’alto laddove la giurisdizione signorile si mostrava negligente, con un progressivo ampliamento dei poteri del sovrano. La giustizia delegata era il cardine della giurisdizione di antico regime. Si basava su una delega del sovrano a una pletora di officiali, titolari di cariche ereditarie, permanenti o venali e aveva una competenza generale sia in campo civile che penale. La complessa amministrazione della giustizia delegata faceva campo principalmente a due livelli: 1. le giurisdizioni inferiori 2. le giurisdizioni sovrane (parlamenti e consigli provinciali) Il termine «parlamento» non ha nulla a che vedere con l’odierno organo legislativo. Nella Francia di antico regime ne esistevano, infatti, tredici in tutto il regno ed avevano competenza, sia in materia civile che penale, di appello nei confronti delle sentenze emanate dai tribunali inferiori. Il sovrano, infine, pure concedendo la giustizia alle corti signorili e delegandola agli officiali di rango inferiore tratteneva e manteneva intatta la sua funzione di giudice supremo: la giustizia ritenuta. Essa aveva pertanto un carattere residuale, era quella che rimaneva alla persona del sovrano oltre alle altre due. In un quadro nel quale i confini tra le tre erano spesso indistinti, al monarca erano riconosciute prerogative molto ampie, teoricamente illimitate, nell’amministrazione Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 11 di 14 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche dell’antico regime della giustizia: egli aveva la possibilità di riformare le sentenze di qualunque tribunale, di condannare o esiliare direttamente con la sua volontà e senza alcun processo, di avocare le cause al consiglio della Corona, o di creare nuove giurisdizioni. Il re, in quanto giudice, poteva pertanto amministrare la giustizia personalmente, come arbitro del bene dello Stato, infliggendo pene e sanzioni giudiziarie, fare giustizia dei colpevoli. A lui spettava, del resto, la risoluzione dei numerosi conflitti di attribuzioni tra le diverse giurisdizioni del regno, e di cassare le sentenze impugnate per eventuali vizi di legittimità. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. 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Ciò significava che il sovrano era in linea di principio tenuto a citare al proprio cospetto tutti i potenziali interessati prima di assumere una decisione di carattere generale che avesse conseguenze sulla loro vita e soprattutto sui loro diritti. Se infatti al sovrano non spettava di creare dal nulla il diritto ma di dirlo, di specificarlo, perché esso era preesistente occorreva una sede nella quale accertare che il diritto dichiarato dal re fosse conforme a quello originario, presente in natura. Questa è una necessità centrale nel sistema di antico regime: è esattamente attorno a questa esigenza che si basava l’esistenza delle istituzioni rappresentative a base cetuale che ruotavano attorno al sovrano nel basso medioevo e nell’età moderna. La presenza e l’ascolto di queste rappresentanze dei territori e dei ceti nel complesso universo dell’età moderna garantisce la possibilità al sovrano di poter esercitare la pienezza dei suoi poteri tramite il loro concorso. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 13 di 14 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche dell’antico regime Bibliografia , M. Caravale, Ordinamenti giuridici dell’Europa medievale, il Mulino, Bologna 1994. G. Tarello, Storia della cultura giuridica moderna, Storia della cultura giuridica moderna, I, Assolutismo e codificazione del diritto, il Mulino, Bologna 1976- I. Birocchi, Alla ricerca dell’ordine. Fonti e cultura giuridica nell’età moderna, Giappichelli, Torino 2002. A. Padoa Schioppa, Storia del diritto in Europa. Dal Medioevo all’età contemporanea, Bologna 2007. M. Ascheri, Introduzione storica al diritto moderno e contemporaneo, II ed., Giappichelli, Torino 2008. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 14 di 14 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche degli stati assoluti Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 1 di 17 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche degli stati assoluti Indice 1 GLI STATI DI ANTICO REGIME............................................................................................................................ 3 2 LO “STATO PER CETI”......................................................................................................................................... 5 3 LA RAPPRESENTANZA CETUALE......................................................................................................................... 7 4 L’AMMINISTRAZIONE NELL’ANTICO REGIME....................................................................................................10 5 L’ASSOLUTISMO...............................................................................................................................................12 6 L’ASSOLUTISMO ILLUMINATO..........................................................................................................................15 7 CONCLUSIONI...................................................................................................................................................16 BIBLIOGRAFIA............................................................................................................................................................17 Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 2 di 17 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche degli stati assoluti 1 Gli Stati di antico regime Nell’età moderna lo Stato non era una entità coesa e unitaria, dotata di un apparato centrale e periferico di organizzazione del potere. Assomigliava piuttosto a una federazione di poteri fluidi e indistinti. Gli studiosi hanno, tra di essi, individuato principalmente due categorie: le communitates, cioè la galassia di enti territoriali attorno ai quali si struttura il potere, e i collegia, cioè una molteplicità di associazioni di natura professionale oppure a carattere religioso e assistenziale. Anche la modalità di esercizio del potere statale era profondamente diverso da quello attuale. Non esisteva una catena di comando, dall’alto al basso, attraverso una amministrazione o una burocrazia. Lo Stato esercitava invece una funzione di mediazione tra i vari poteri che lo componevano, per mantenere in equilibrio i diritti e i privilegi dei corpi collettivi che avevano deciso di riunirsi dentro di esso, pur mantenendo un proprio ordinamento e una propria autonomia. Pertanto la funzione fondamentale di uno Stato di antico regime era quella giurisdizionale, di porre in essere l’atto di giudicare. I monarchi dell’età moderna avevano anzitutto il compito di mantenere e di fare giustizia, di essere giudici, di dire il diritto, non di crearlo. Non di assumere delle decisioni poi trasmesse nel regno attraverso una serie di atti esecutivi ma di svolgere verso i sudditi un ruolo di composizione dei conflitti. Questo meccanismo di funzionamento del potere, che assegnava al sovrano il ruolo centrale di amministrazione della giustizia, influì in modo determinante sul piano istituzionale. Dal momento che il comando e il giudizio erano considerate come due facce della stessa medaglia, gli atti di livello costituzionale erano essi pure calati nell’orbita giurisdizionale, avevano cioè una natura processuale. Perciò occorreva un contraddittorio reso necessario da una celebre regola in lingua latina: quod omnes tangit, ab omnibus audiri et approbari debet. Ciò che tocca la vita di tutti da tutti deve essere ascoltato e approvato. Il sovrano era in linea di principio tenuto a citare al proprio cospetto tutti i potenziali interessati prima di assumere una sua decisione di carattere generale che avesse conseguenze sulla loro vita e sui loro diritti. Se infatti al sovrano non spettava Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 3 di 17 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche degli stati assoluti di creare dal nulla il diritto ma di dirlo, di specificarlo, di ius dicere, occorreva una sede nella quale accertare che il diritto “detto”, dichiarato dal re, fosse conforme a quello originario, presente in natura. Questa è una necessità centrale nel sistema di antico regime ed è esattamente attorno a questa esigenza che si basava l’esistenza delle istituzioni rappresentative a base cetuale che ruotavano attorno al sovrano nel basso medioevo e nell’età moderna. La presenza e l’ascolto di queste rappresentanze diffuse dei territori che compongono il regno, e dei ceti che sostanziano e animano la società del complesso universo dell’età moderna, garantiva la possibilità al sovrano di poter esercitare la pienezza dei suoi poteri tramite il loro concorso. Questo è un tratto comune a molti Stati di antico regime. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 4 di 17 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche degli stati assoluti 2 Lo “Stato per ceti” Il sovrano esercita il proprio potere giurisdizionale tramite il concorso di apposite assemblee che rappresentano il territorio dello Stato. Queste assemblee prendono il nome di: Stati, nell’area francese e italiana Cortes, nell’area spagnola e portoghese Landtagen, nei principati tedeschi Parliaments, nelle isole britanniche Le forme organizzative e anche la rilevanza istituzionale che queste assemblee assumono è molto diversa a seconda delle aree geografiche che le esprimono. Nonostante questo esse hanno almeno alcuni tratti comuni: 1. Nascita: vengono istituite tra il XII e il XIV secolo 2. Potere ad audiendum: hanno la facoltà di porre un veto, di opporsi alle decisioni del sovrano di carattere generale 3. Potere ad tractandum: hanno la facoltà di rendere pienamente efficaci alcuni loro atti, tramite un consenso formale espresso da parte dei sudditi. Per ceto è da intendersi una assemblea riunita chiamata a deliberare (il termine deriva dal verbo latino co-ire: andare insieme), quindi, per estensione, un ordine, una classe di persone convenuta allo scopo di deliberare, o almeno, fin dove il monarca esercitava la propria giurisdizione, per assistere e constatare che “dicesse bene” il diritto, per esprimere e manifestare una volontà da parte del popolo che legittimava l’introduzione di decisioni, in modo particolare, di tasse, a cui il re- giudice non aveva diritto. Del resto, se si pensa al termine francese “Stato”, il pensiero va ad un ordine di relazioni stabilmente fissato, uno schema della gestione del potere rigido, ordinato, entro il quale il sistema delle differenze, delle disuguaglianze, dei gradi, dei livelli sociali viene perfettamente cristallizzato. Ci sono diversità di rango, di gerarchia, di potere. Diversità Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 5 di 17 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche degli stati assoluti create da Dio e perciò riprodotte fedelmente anche nell’ordine politico. Lo stato per ceti è strutturalmente diseguale1. Un altro aspetto che lo caratterizza è l’idea di una composizione di queste parti differenti tra loro in una articolazione funzionale e gerarchica dell’ordine politico. Si tratta cioè di una differenziazione rigida e funzionale di diverse parti di un unico organismo, nel quale ciascuno ha un posto, in base alla differenziazione naturale del potere. Storicamente, tra la fine del medioevo e la prima età moderna, i ceti sono forme di potere locale, comunità cittadini, signorie terriere. In seguito esse vanno via via a coincidere con l’idea di un corpo intero dei cittadini, di un ordine dotato di un potere di rappresentanza, di propri privilegi. In modo particolare in Francia la società per ceti designa uno scenario sociale, civile e politico all'interno del quale i soggetti sono le classi giuridicamente organizzate come états. Un ulteriore aspetto dello sviluppo storico di queste realtà cetuali è quello della loro trasversalità. Proprio in occasione delle grandi consultazioni dei corpi da parte dei sovrani medievali i sudditi presero la consapevolezza di appartenere a gruppi sociali comuni, svilupparono tra loro una organizzazione per realizzare una difesa coordinata dei loro comuni interessi e nei confronti anche dei diritti degli altri gruppi. I ceti cioè non sono da intendersi come una categoria sociale economica ma come gruppi aventi la stessa titolarità di diritti e gli stessi privilegi, in virtù dei quali compartecipano all’esercizio del potere centrale. In questo modo lo Stato non appare più come un mosaico di poteri indistinti ma come un’entità progressivamente strutturata e organica, articolata in una serie di istituzioni che collaborano con il sovrano nell’esercizio del potere giurisdizionale. 1Per un quadro d’insieme sulla tematica cfr. O. BRUNNER, I diritti di libertà nell'antica società per ceti, in Per una nuova storia costituzionale e sociale, Milano 1970, pp. 201-216; O. HINTZE, Tipologie delle costituzioni per ceti in occidente, in Stato e società, Bologna, 1970, pp. 222-235; E. ROTELLI - P. SCHIERA (a cura di), Lo stato moderno, II. Principi e ceti, Bologna, 1973; P. SCHIERA (a cura di), Società e corpi, Napoli 1986. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 6 di 17 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche degli stati assoluti 3 La rappresentanza cetuale I ceti non sono in alcun modo da intendersi come parlamenti di tipo moderno. Il moderno concetto di rappresentanza implica una volontà generale dei rappresentati, prima ancora la sussistenza di comuni e generali interessi. Nel caso dei ceti questo non c’è e non c’è neppure un negozio giuridico, né mandato, e la rappresentanza cetuale proviene dal diritto consuetudinario, dalle tradizioni e non dal diritto espresso dai propri componenti. Gli interessi di un ceto sono corporativi: ogni ceto si riunisce e delibera separatamente dagli altri, manifestando e concordando le esigenze per propri bisogni. Quindi i ceti: non esprimono interessi generali ma corporativi non hanno il diritto di autoconvocarsi a si riuniscono solo su iniziativa del principe che è interprete unico delle esigenze di tutto il territorio non sono composti da persone libere ma da rappresentanti vincolati dalle specifiche esigenze di un corpo locale, territoriale non sono anticipazioni imperfette dei parlamenti ma strumenti che tutelano le libertà di singole corporazioni locali in un meccanismo statale di natura giurisdizionale. I ceti, insomma, rappresentano, in forma opposta e duale, il territorio e le differenti libertà locali di fronte al sovrano. La struttura delle rappresentanze di ceto è molto complessa. Nel corso del medioevo essa si istituzionalizza prevalentemente in una forma tripartita composta da una componente nobiliare, una cittadina e una ecclesiastica, ciascuna dotata di un voto unitario. Ma questo vale principalmente in Francia, in Germania e nell’Italia meridionale mentre in Gran Bretagna si andò strutturando una rappresentanza bicamerale, come pure nell’area scandinava. Quel che appare chiaro, da un certo punto in avanti, è che il modello a due camere tende in genere a rafforzare il peso politico delle assemblee cetuali rispetto al principe, concentrando in una Camera ereditaria Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 7 di 17 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche degli stati assoluti la nobiltà di primo rango e favorendo nell’altra Camera l’osmosi tra rappresentanti delle città e della piccola nobiltà rurale. Questo è il caso tipico del Parlamento inglese. Va inoltre considerato che questo tipo di strutture non sussisteva soltanto ai vertici dello Stato ma si replicava anche nei livelli più bassi. Così in Francia si potevano riscontrare degli Stati provinciali, di regola derivanti da altrettante assemblee di livello inferiore oppure, ad esempio in Germania, c’erano delle assemblee di livello locale, legate ai singoli principati, e, più in alto, la Dieta generale dell’Impero. In altri casi, come nel Regno dei Paesi Bassi, le assemblee si riunivano periodicamente in forma generale e unitaria (Stati generali) per continuando ad amministrare nell’ordinario in modo separato i diversi enti provinciali. Nella filosofia politica, dal Quattrocento in avanti, questa struttura dei poteri influenzò profondamente il recupero della teoria del governo misto. Essa risale all’antichità 2. Già Platone e Aristotele avevano intuito la necessità di frenare le possibili degenerazioni di un potere assoluto tipico di forme pure, non miste, come quella monarchica, aristocratica e democratica, con forme di potere misto, nel quale si mescolassero diverse sfumature di oligarchia e democrazia. In particolare Polibio aveva affermato che lo Stato romano era superiore agli altri proprio perché dotato di una costituzione mista. Le tre forme di governo erano opportunamente mescolate; il potere dei consoli farebbe pensare ad una monarchia, il potere del Senato ad un’aristocrazia, i diritti del popolo ad una democrazia. Grazie alla possibilità di ciascuno di ostacolarsi o sostenersi a vicenda, si aveva la massima efficacia dell’esercizio dei poteri, nel far fronte sia a pericoli esterni sia a discordie interne, ma soprattutto senza derive assolute. Queste riflessioni vennero valorizzate nel corso dell’età moderna per sottolineare l’importanza del consenso della comunità nella formazione dello Stato per ceti. Tale consenso si esprimeva con un patto che dà vita allo Stato. Il potere appartiene originariamente alla comunità che lo trasmette a un soggetto politico (individuale o collegiale). Dunque la sovranità scaturisce dalla comunità, l’esercizio della sovranità è affidato all’autorità politica dalla comunità. Pertanto nessuna legge può essere prodotta senza il 2 Cfr. D. FELICE (a cura di), Il governo misto. Ricostruzione di un’idea, Liguori, Napoli 1990. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 8 di 17 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche degli stati assoluti concorso dei vari Stati che compongono il regno e la comunità è garantita solo nella misura in cui il re è controllato nel suo esercizio giurisdizionale. La forma di governo misto, per ceti, non ebbe mai un rilievo politico comparabile a quello delle rappresentanze odierne né una diffusione uniforme in tutta Europa. La stessa frequenza con la quale vennero convocate le rappresentanze generali dei ceti nei vari stati è profondamente diversa, e nella maggior parte dei casi – con la sola esclusione del parlamento britannico – abbastanza discontinua. Lo spazio politico resta pertanto comunque polimorfo, non organico e unitario e infatti alcuni studiosi hanno adottato la denominazione di «Stato di corpi« piuttosto che Stato per ceti, più appropriata per indicarla. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 9 di 17 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche degli stati assoluti 4 L’amministrazione nell’antico regime Se dunque a livello apicale questa era la struttura principale dello Stato in età moderna, un altro aspetto fondamentale da studiare per comprenderne il funzionamento è quello dell’apparato amministrativo e periferico nel quale era organizzato il potere. Gli studiosi sono infatti concordi nel ritenere l’esistenza di un apparato burocratico composto da collaboratori non legati al sovrano da vincoli di fedeltà feudale o personale o signorile ma dall’attribuzione di un potere di ufficio, di natura burocratica uno degli elementi che contraddistingue lo Stato moderno rispetto ai precedenti ordinamenti. Questo avviene tra il XVI e il XVII secolo: nasce la moderna nozione di “ufficio”, inteso come esercizio di un incarico pubblico preciso all’interno della macchina dello Stato, come una porzione del potere delegato dal sovrano rispetto al quale l’ufficio è al servizio diretto. Così, negli ordinamenti statali dell’età moderna, compare un apparato di uffici molto ben articolato che esercita un potere distinto rispetto a quello dei feudatari ma anche nuovo, nelle sue forme, rispetto a quello dei ceti e dei corpi. In cosa si differenzia questa nozione di ufficio rispetto alla burocrazia statale di oggi? Queste le distinzioni: a) Non esisteva una distinzione tra l’amministrazione e la giurisdizione, le quali non rispondono come oggi a un ramo esecutivo o giudiziario del potere statale, non sono composte in modo alternativo da funzionari o da giudici. b) Non si accedeva per competenze o concorso ma in ragione dell’appartenenza a una ristretta cerchia che controllava tutti gli accessi alla carriera pubblica. Pur derivando la propria autorità dal sovrano, progressivamente questo apparato di uffici si identifica come un corpo distinto e geloso dei propri privilegi. c) L’amministrazione non aveva il compito di rendere esecutivo un volere del sovrano ma di limitarne l’arbitrio, la potenziale assolutezza, mitigando in periferia tutti i possibili conflitti, mediando tra eventuali tensioni tra il Re, al centro, e le altre forme del potere periferico. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 10 di 17 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche degli stati assoluti Di fatto questo si risolve in una gestione giudiziaria dell’autorità condotta da corpi sempre più autonomi tra di loro e dalla stessa autorità dalla quale promanano. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 11 di 17 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche degli stati assoluti 5 L’assolutismo Nel corso dell’età moderna l’equilibrio tra i poteri tipico dell’antico regime, basato sugli elementi sin qui richiamati (potere giurisdizionale del sovrano, potere dei ceti e delle rappresentanze territoriali, potere degli uffici e delle magistrature) tende progressivamente a rompersi a favore del primo dei tre. La necessità di rafforzare militarmente lo Stato e la fine dell’unità religiosa sono i due principali elementi che contribuiscono a ingigantire i poteri dei monarchi, ora dotati di una forza armata, di un’autorità religiosa molto più forte e solida all’interno di sempre più chiari confini nazionali (Francia, Spagna, Inghilterra) e soprattutto autorizzati dalle assemblee, che si riuniscono in modo sempre più sporadico e formale, a pretendere una imposta militare permanente senza il loro previo assenso. Nascono così le monarchie assolute 3. In esse il sovrano esercita un potere libero dai vincoli delle leggi e dalla volontà delle istanze rappresentative di ceto o giudiziarie del proprio regno. Egli è absolutus, sciolto da vincoli di poteri di alcun genere all’interno e all’esterno dei confini del proprio regno. Già nel tardo medioevo la dottrina giuridica aveva affermato il diritto del sovrano all’esercizio di un potere pieno, in quanto conferito da Dio stesso. Il principale teorico dell’assolutismo regio, Jean Bodin, esprime in modo molto chiaro il motivo per cui il potere deve appartenere in via esclusiva al monarca: «Chi è sovrano non deve essere in alcun modo soggetto al comando altrui, e deve poter dare la legge ai sudditi e cancellare o annullare le parole inutili in essa per sostituirne altre, cosa che non può fare chi è soggetto alle leggi o a persone che esercitino potere su di lui»4. In questo modo viene superata la tradizionale concezione del potere e viene ridefinito il concetto di sovranità, intesi come pienezza e unicità del potere statuale. Certo, il sovrano resta comunque vincolato al duplice diritto divino, che gli conferisce l’autorità, e naturale, che egli deve garantire svolgendo la funzione giurisdizionale. L’assolutismo cioè non è in sé una forma tirannica e dispotica. 3 Per un quadro sullo sviluppo europeo delle monarchie assolute cfr. E. FASANO, L’assolutismo, in Storia moderna, Roma 2001, pp. 315-348, e G. G. ORTU, Lo stato moderno. Profili storici, Roma-Bari 2001 4 J. BODIN, I sei libri dello Stato, a cura di M. Isnardi Parente, Utet, Torino 1988, vol. 1, p. 358. Attenzione! Questo materiale didattico è per uso personale dello studente ed è coperto da copyright. Ne è severamente vietata la riproduzione o il riutilizzo anche parziale, ai sensi e per gli effetti della legge sul diritto d’autore (L. 22.04.1941/n. 633). 12 di 17 Tiziano Torresi - Le istituzioni politiche degli stati assoluti Sotto il profilo della prassi tra il XVI e il XVIII secolo queste idee si tradussero in un serie di processi istituzionali complessi ma connessi tra di loro: 1. la già citata creazione di un apparato amministrativo di fiducia del re; 2. la formazione di una corte molto composita nella quale tutta la nobiltà venne rigorosamente irreggimentata e che si configurò come un vero e proprio motore culturale e politico al centro del regno; 3. l’eliminazione di tutti i preesistenti e residuali poteri feudali ed ecclesiastici; 4. una politica bellica particolarmente vivace, con la mobilitazione di vasti eserciti su conflitti di livello europeo. Questi processi conobbero diverse espressioni in varie zone dell’Europa. In Spagna l’affermazione del potere imperiale di Carlo V e, poi, di Filippo II riuscì a convivere con le forti autonomie regionali che, nel corso del XVII secolo, comportarono numerosi conflitti; in Inghilterra l’esperimento assolutista avviato nella fase finale della dinastia Tudor raggiunse il culmine nel Seicento ma venne stroncato da una rivoluzione nel 1642-1648 e dalla riaffermazione della centralità del Parlamento nella vita della nazione; l’ulteriore rivoluzione del 1688 – cosiddetta Gloriosa Rivoluzione – non avrebbe fatto altro che rafforzare i vincoli dell’azione del sovrano, specialmente in materia di imposte, che avrebbe condotto alla formazione di una monarchia costituzionale; in Francia, dilaniata dalle guerre di religione nel corso del Cinquecento, si affermò in modo decisivo l’autorità assoluta del sovrano, specialmente nel corso del lunghissimo regno di Luigi XIV (1661—1715) e grazie all’accorta politica diplomatica e militare di Richelieu e di Mazzarino su scala continentale; di fatto il Re Sole e la sua corte a Versailles incarnarono perfettamente l’ideale della monarchia assolutista, finendo per rappresentare un modello anche in altre regioni europee. Nel corso della sua evoluzione la monarchia assolutista comportò anche un mutamento del potere del sovrano nello stato moderno. La necessità di impegnarsi in uno sforzo crescente di disciplina della vita collettiva, e di regolare tutti gli aspetti della vita sociale comportò che la funzione di governo non venne più limitata alla semplice mediazione giurisdizionale dei conflitti come era avvenuto in una prima fase ma si risolse in una s

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