Operations Management: GTIO-II Parziale PDF

Summary

This is a chapter on operations management in industrial production and services. It discusses the role of AI, decision-making processes, key performance indicators, and trade-offs, illustrating how operations management strategies vary depending on the type of business and market needs. The chapter explains how operations management strategies and processes help organizations gain competitive advantage.

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CAP. 10 – LE OPERATIONS NELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE E NEI SERVIZI 10.1 La quarta rivoluzione: l’intelligenza artificiale Definizioni utili: - Operations: è la funzione aziendale responsabile della pianificazione, gestione e controllo di tutte le risorse necessarie per produrre e consegn...

CAP. 10 – LE OPERATIONS NELLA PRODUZIONE INDUSTRIALE E NEI SERVIZI 10.1 La quarta rivoluzione: l’intelligenza artificiale Definizioni utili: - Operations: è la funzione aziendale responsabile della pianificazione, gestione e controllo di tutte le risorse necessarie per produrre e consegnare beni e servizi; - Sistema delle operations: è un sistema articolato di mezzi, uomini, risorse, conoscenze che scambia flussi informativi, fisici e finanziari interconnettendosi con altri sistemi aziendali. Si configura come un vero e proprio organismo che consuma risorse per produrne altre all'in- terno di un incessante ciclo di trasformazione; - Operations management: il compito principale risiede nell'organizzazione e gestione dei pro- cessi che garantiscono la trasformazione di input (sia input da trasformare che input per trasformare) in output espressi da beni servizi e condizioni operative, tramite prestazioni che consentano un'efficace ed efficiente acquisizione e consumo. Queste ultime sono costituite da prestazioni di tempo, costo, qualità, flessibilità e sicurezza (meglio se presenti tutte in- sieme) che accompagnano la produzione del bene. Agli output specifici si accompagnano altri output collaterali generati da un sistema produttivo, che spesso sono poco considerati o definiti sotto il termine di “esternalità” (es: occupazione, utilizzo di materiali riciclabili, ridu- zione dell'impatto ambientale…). 10.1.1 Le decisioni di operations management Le decisioni di operations management devono essere coerenti con le strategie aziendali. Il pro- cesso di formulazione strategica segue una direttrice top down e si sviluppa su tre livelli: - Corporate: si elaborano gli obiettivi e le linee guida di lungo termine per l'intera organizza- zione, derivanti dalla vision e mission; - Business: si elaborano piani distinti per le strategic business unit in modo da definire gli elementi posti alla base della creazione del vantaggio competitivo; - Funzione: si elaborano i piani di lungo periodo da assegnare alle funzioni in modo che que- ste possano sostenere la creazione del vantaggio competitivo definito ai precedenti livelli. L'approccio gerarchico descritto è guidato dalle indicazioni top down ma impone interazioni a due vie, in un percorso bottom up. Il peso decisionale delle scelte provenienti dal basso può essere determinante come sostenuto dalle teorie delle emergent strategies, secondo cui l'implementazione di una strategia può emergere dall'esperienza operativa quotidiana. L'operation strategy si colloca al terzo livello dell'articolazione descritta e, al pari delle altre strategie funzionali, si concretizza nell'e- laborazione del modello di governo delle decisioni e delle azioni strategiche. L'operation strategy può trovare realizzazione secondo due diverse prospettive: - Market-driven operations strategy: le scelte aziendali discendono dagli obiettivi di posizio- namento sui mercati target e, al loro interno, dagli obiettivi di customer satisfaction, da cui deriva il livello di performance necessario per competere con successo e le modalità di or- ganizzazione idonee alla loro efficace generazione. - Resource-based operations strategy: formula le scelte aziendali partendo dalla consape- volezza del proprio patrimonio di risorse (competences), in base a cui è in grado di strutturare un set di capacità operative (operations capabilities) per il perseguimento del successo com- petitivo. Questi due approcci possono trovare opportune modalità di integrazione per il dinamismo proprio dei mercati. 10.1.2 Order qualifier e order winner Nella prospettiva market driven le operations devono adeguare la propria strategia in funzione dei fabbisogni espressi dal mercato. Per soddisfare le richieste dei clienti è necessario che il sistema di operations selezioni gli elementi chiave su cui investire, allineandosi alle attese della clientela. I fattori competitivi e gli obiettivi di performance possono essere divisi in due categorie. - Order qualifier: sono tutti profili prestazionali per cui i clienti prendono in considerazione l'of- ferta di prodotti e servizi di un'azienda al pari di altre realtà concorrenti. Sono fattori e livelli 1 di prestazione in assenza dei quali un'azienda perde ogni possibilità di competere con suc- cesso, in quanto risultano imprescindibili. Sono definiti punti di parità. - Order winner: sono anche definiti punti di vantaggio e rappresentano gli specifici fattori e elementi prestazionali per cui un'azienda acquisisce la fiducia del cliente. Essi contribuiscono a realizzare un business vincente. 10.2 Operations management e obiettivi di performance L’Operations management consiste nell’insieme dei processi decisionali che consentono ad un’azienda di creare vantaggio competitivo dall’offerta di prodotti. Il compito principale è quello di sviluppare prestazioni adeguate alle richieste interne ed esterne che possono essere sintetizzate in 4 categoria. - Performance di costo: il costo è legato all’efficienza complessiva e alla produttività dei fattori impiegati. Il contenimento del livello dei costi è legato al conseguimento di economie di scala o allo sfruttamento dei differenziali di costo negli altri paesi. - Performance di qualità: la qualità viene valutata con riferimento al progetto e alla conformità à o Qualità di progetto: misurata da indicatori pre-specificati; o Qualità di conformità: rispondenza del prodotto alle specifiche di progettazione. È valutata con riferimento alla sede e al momento della sua rilevazione: interna o in house prima della cessione al mercato, esterna o in field se il prodotto è nella dispo- nibilità del cliente. - Performance di flessibilità: riguarda la capacità di far fronte alla varietà. Viene scomposto in più flessibilità elementari come à o Flessibilità di mix: capacità di variare il range di prodotti offerti; o Flessibilità di prodotto: capacità di industrializzare e lanciare prodotti nuovi; o Flessibilità di piano: capacità di accettare variazioni di ordini con preavvisi ridotti; o Flessibilità di volume: capacità di modificare i volumi produttivi a costi e in tempi ridotti. - Performance di tempo: può essere delineata in termini di velocità di introduzione di nuovi prodotti e rapidità e puntualità delle consegne. Il time-based competition ha assunto un ruolo fondamentale. A questi obiettivi di produzione devono affiancarsi altri obiettivi come ambiente, sicurezza e salute, sintetizzati nella CSR (Corporate Social Responsibility) e dalle 3P della Triple Bottom Line (Profit, Planet e People). 10.2.1 Il concetto di Trade-off e le strategie PwP (Plant-within-a-Plant) L’identificazione delle prestazioni consente al management di individuare specifici obiettivi funzionali, anche se i sub-obiettivi potrebbero risultare numerosi e antitetici. L’approccio tradizionale alle scelte di operations si basa pertanto sul concetto di focalizzazione: in presenza di obiettivi divergenti o trade-off occorre privilegiarne pochi e considerare gli altri in via residuale. Ovviamente la scelta si basa sul livello di ciascuna performance, che assume un carattere relativo alla concorrenza, al mer- cato e al profilo temporale. Per scongiurare il rischio di defocalizzazione è stato elaborato l’approccio PwP o Plant-within-a- Plant, che consiste nell’isolare all’interno della medesima struttura i processi produttivi dedicati a diverse linee di prodotto o segmenti di clientela (come un reparto di chirurgia che non si deve con- fondere con un reparto di maternità). La focalizzazione in molti casi ripaga, per quanto ciò limiti la polivalenza e la crescita del personale. Diversamente, le strutture in grado di operare su più fronti sono caratterizzate da una maggiore versatilità produttiva ma anche da sistemi di offerta più onerosi. 10.3 Le leve di progettazione del Sistema delle Operations Il passo successivo è plasmare il sistema dedicato all’execution, per rispondere alle necessità iden- tificate prima. Le leve di progettazione sono raggruppabili in base al grado di irreversibilità delle scelte: - Leve Hardware: riguardano le infrastrutture, gli impianti, le tecnologie adottate ecc… 2 Queste decisioni si assumono per intervalli temporali medio-lunghi e definiscono i caratteri permanenti della struttura produttiva. Si definiscono anche scelte di configurazione o di foot- print design. - Leve software: sono relative alle fasi di pianificazione, esecuzione e controllo dei processi core e sono suscettibili di modificazioni frequenti, in quanto si prestano maggiormente alla gestione di breve periodo. Le leve di software si innestano generalmente in un hardware definito, garantendone l’ottimale com- portamento, per cui è necessario che vi sia coerenza tra i diversi strumenti adottati e che vi sia un’unitaria visione organizzativa e gestionale. Ogni forzatura potrebbe degenerare in incongruenza. 10.4 Evoluzione degli obiettivi prestazionali e sistemi di controllo Nel tempo i diversi obiettivi si sono progressivamente accumulati, fino a sfociare nella situazione attuale in cui essi costituiscono un insieme di prestazioni comuni a tutte le imprese che devono essere perseguiti congiuntamente per risultare competitive. In funzione del proprio posizionamento e della fase storica di un’impresa, uno degli obiettivi deve prevalere sugli altri ma senza che nessuno sia considerato irrilevante (es. i lowcost prediligono costi minori ma non devono ignorare gli standard qualitativi minimi). Inoltre, le prestazioni presentano spesso dei legami di interdipendenza e si influenzano reciproca- mente: al conseguimento di determinate performance esterne, concorrono più prestazioni interne, frutto di considerazioni e scelte condotte in sede di progettazione del Sistema delle Operations. L’esigenza di disporre di efficaci sistemi di controllo delle prestazioni delle operations ha condotto alla progettazione di “cruscotti” in grado di offrire uno stretto monitoraggio delle performance, dei margini di miglioramento e delle direttrici lungo cui progredire. La necessità di sviluppare un adeguato sistema di controllo delle prestazioni delle operations si giu- stifica sia per l’impatto che hanno sulla redditività, sia per la rapida evoluzione che si sta manife- stando sotto il profilo delle richieste di servizio da parte del mercato, che, se non correttamente monitorate, rischiano di inficiare le strategie competitive. Infine, c’è un’obiettiva difficoltà a correlare le performance operative al successo aziendale, causata dalle iniziative di miglioramento proposte nelle operations che trovano tiepidi riscontri presso i vertici aziendali a causa dell’assenza di indicazioni specifiche: ciò si può giustificare dallo sfasamento tem- porale tra i momenti degli interventi, della produzione degli effetti immediatamente rilevabili e dai riflessi eco-fin rilevabili solo nel lungo periodo. 10.5 Le operations nella gestione della produzione di beni e servizi Il processo di deindustrializzazione si accompagna a un duplice fenomeno: - A livello macro si è manifestata una crescita significativa dei servizi del settore terziario, - A livello aziendale si è manifestata una convergenza tra l’offerta di beni e servizi, offrendo servizi complementari o sostitutivi dei beni. 10.5.1 I caratteri distintivi della produzione di beni e servizi Si analizzano quelli qualificanti sotto il profilo di operations management: - Fisicità e deperibilità: i beni hanno natura fisica e tangibile, i servizi intangibile. Paradossal- mente, l’offerta di un servizio è più deperibile di quella di un bene in quanto se non si offre un servizio (teatro/cinema vuoti) si ha un mancato guadagno mai recuperabile. Perciò, il tempo di risposta al cliente deve essere il più breve possibile. - Consumo e sperimentazione: i beni vengono “consumati”, mentre i servizi “sperimentati” e ciò conduce alla simultaneità nella fruizione di un servizio e nel grado di interazione tra pro- duttore e consumatore, che può essere molto vario. - Eterogeneità e variabilità: tipiche di servizi ad elevato contatto, sono legate al fatto che il cliente è al tempo stesso un fattore di produzione. 3 - Interazione cliente-fornitore: l’elevata interazione del processo di erogazione e la connessa variabilità della prestazione impongono elevata professionalità nel personale di contatto o tecnologie che possano disaccoppiare al meglio le relazioni tra le due parti. 10.5.2 La convergenza tra beni e servizi La distinzione tra beni e servizi è progressivamente venuta meno in molte aziende, disegnando una traiettoria di convergenza in molti sistemi di offerta: i servizi incrementano il valore dei beni (assi- stenza o creazione di community) e allo stesso tempo si standardizzano assumendo connotazioni sempre più industriali (call center o servizi online di domanda/risposta). Si è passati dall’offerta di- stinta di un bene fisico a quella del prodotto aumentato a quella dei sistemi prodotto-servizio, in cui entrambi sono strettamente legati, sino ai casi in cui il servizio ha sdoppiato il bene fisico. Ciò può avvenire sia per la sostituzione della cessione di un bene con la cessione della sua funzione d’uso, sia per l’avvento di nuove tecnologie, ma anche per effetto della de-materializzazione. Si pensi infine alla sharing economy e all’affermazione della logica di servitization. Nelle aziende di servizi, la funzione di operations e il Service Operations Management hanno as- sunto rilevanza solo di recente. Per comprendere la varietà dei modelli di gestione della produzione di beni e servizi è necessario riconoscere le tipologie di processi di produzione di beni e di servizi che consentano di apprezzare le principali differenze. 10.6 Analisi tipologica dei processi di produzione dei beni Le due seguenti classificazioni non sono alternative ma semplicemente ispirate a diversi intenti. 10.6.1 Produzione di beni: i profili di analisi dei sistemi produttivi È la classificazione più utile ai fini descrittivi e offre una prospettiva più statica. Si identificano tre profili fondamentali per l’analisi dei sistemi produttivi. - Le modalità di risposta alla domanda, si evidenziano le produzioni: o per il magazzino o per commessa: § commessa differenziata (o singola) per cui è necessario attendere l’ordine per avviare le fasi di progettazione ed esecuzione, 4 §commessa caratterizzata (o ripetitiva) per cui la progettazione è precedente all’acquisizione dell’ordine, § produzione a catalogo su ordine se sia la progettazione che la definizione del prodotto precedono l’ordine. - Le modalità di realizzazione dei volumi produttivi, ossia: o la produzione unitaria: estrema variabilità dei cicli di lavorazione e manufatti unici, o la produzione intermittente (a lotti): variabilità attenuata e produzione scandita da op- portune alternanze di lotti e caratterizzata da flussi intrecciati o alternati, o la produzione in serie: § continua: variabilità nulla per estesi intervalli temporali, § ripetitiva: svolte su prodotti sostanzialmente indifferenziati. - Le modalità di realizzazione del prodotto: o Produzioni per processo: appartengono quei processi per cui è impossibile risalire dal prodotto finito ai materiali componenti, come trasformazioni chimiche o fisiche. Si dividono in: § processi di integrazione: in cui ha luogo una sintesi di materiali non reperibili in natura (industria dell’acciaio), § processi di disintegrazione: con cui si opera per separazione dei componenti (industria petrolchimica). o Produzioni discrete o per parti: è possibile risalire ai componenti elementari. Si divi- dono in: § produzioni a ciclo tecnologico obbligato: in cui la sequenza delle operazioni è vincolata con uno spazio più contenuto relativamente ai temi di gestione, ma con rilevanti problemi tecnologici, § produzioni a ciclo tecnologico non obbligato: hanno ampia applicazione sotto il profilo tecnico-gestionale. 10.6.1 Produzione di beni: i profili di analisi dei sistemi produttivi Il modello si definisce “matrice prodotto-processo”, si presta a una lettura dinamica e si ottiene con- frontando: 5 - le caratteristiche dei prodotti processati: si osserva l’evoluzione che dallo specialty (esemplare unico e irripetibile) conduce tramite un processo di standardizzazione all’offerta di una commodity. - le specificità dei flussi produttivi: evidenzia l’evoluzione del flusso produttivo che diventa via via più continuo. Si definisce “area di coerenza” la diagonale lungo cui sono situate le tipiche strutture organizzative della produzione: - job shop: si tratta della realizzazione di opere con elevato contenuto artigianale o artistico tipicamente su commessa, - reparti: caratterizzati da un'articolazione del processo produttivo per macchinari e operazioni omogenei sotto il profilo funzionale, con flussi fisici complessi e articolati per lotti, - linea: caratterizzata da una disposizione dei macchinari sequenziata secondo le necessità dettate dallo specifico ciclo tecnologico di un prodotto. Può essere: o non connessa: se il trasferimento tra una work station ed un'altra avviene in modo non automatico, o connessa: la movimentazione avviene grazie all'impiego di linee transfert automatiz- zate. - processo continuo: prevalgono le problematiche tecnologiche e il flusso segue general- mente un ciclo tecnologicamente obbligato e non interrotto. Ciascuna fattispecie persegue i propri obiettivi, in termini di differenziazione dell'offerta servizio al cliente, efficienza produttiva e allocazione delle risorse. Nei vertici opposti della diagonale sono riportate delle collocazioni incoerenti che rappresentano stati patologici, i cui sintomi più evidenti risiedono nella manifestazione di oneri ingiustificati che possono essere: - maggiori costi effettivi: è il caso di un processo produttivo continuo in cui si richiede un'am- pia gamma di prodotti, in volumi contenuti con conseguenti fermi-macchina, riattrezzaggi ecc… che conducono ad oneri crescenti. - costi opportunità: è il caso in cui si tenta di realizzare produzioni omogenee in grandi volumi con attrezzature sottodimensionate e generiche, rinunciando all'opportunità di soddisfare il mercato con un'offerta maggiormente coerente. Entrambi gli esempi evidenziano forti incoerenze tra politica di prodotto e formalizzazione del pro- cesso. 10.7 Analisi tipologica dei processi di produzione dei servizi Anche la produzione dei servizi può essere osservata identificando alcune tipologie di sistemi di erogazioni. Ad esempio, è possibile distinguere i servizi in base alla numerosità delle transazioni realizzate in un settore, oppure in funzione delle modalità di erogazione di un servizio, ma anche per settore ecc… sotto il profilo delle operations è possibile introdurre due criteri di classificazione. 10.7.1 Produzione di servizi: la classificazione varietà-volumi È assimilabile alla matrice prodotto-processo, in quanto identifica il grado di coerenza del sistema di offerte e distingue i modelli organizzativi di erogazione dei servizi. Infatti, se i clienti esprimono 6 un'ampia varietà di fabbisogni specifici, è necessario progettare e gestire processi flessibili, per quanto costosi possono essere. Nel caso opposto è possibile progettare processi fortemente stan- dardizzati, per soddisfare a costi contenuti necessità ripetitive e omogenee. La progettazione dei processi di operations nei servizi risulta influenzata da due parametri fonda- mentali: - il volume unitario delle transazioni in un determinato periodo temporale, - la varietà dei compiti che devono essere svolti dal personale. La maggior parte dei servizi si colloca lungo la diagonale che rappresenta “l'area di coerenza” e i cui estremi sono: - commodity: Processi meno costosi, caratterizzati da elevati volumi, bassa varietà, attività e compiti ben definiti con ridotti margini di discrezionalità, - capability: processi più costosi, scarsamente standardizzabili, che richiedono capacità di problem solving specifiche e personale di notevole esperienza. Negli angoli opposti all'area di coerenza si dividono altre due aree che si connotano per un posizio- namento incoerente, motivato da esigenze di breve periodo o scelte errate: - semplicity: si manifesta un disallineamento tra contenuta varietà e sovra-standardizzazione dei processi di erogazione rispetto a servizi caratterizzati da bassi volumi unitari (es. mensa aziendale con poca varietà e pochi clienti, in cui appare evidente riposizionare il servizio sulla diagonale aumentando l'offerta o i volumi di clientela), - complexity: caratterizzati da elevata varietà e basso grado di definizione delle attività. Si verifica quando si tenta di offrire una crescente flessibilità di risposta alle esigenze di un ampio numero di clienti. 10.7.2 Produzione di servizi: intensità di lavoro e interazione con il cliente Questo approccio identifica i diversi modelli di erogazione del servizio contrapponendo il grado di interazione con il cliente con il livello di intensità nell'impiego di personale. La prima dimensione è espressa dalla durata e intensità del contratto tra fornitori e cliente e dal grado di personalizzazione del servizio: all'aumentare della personalizzazione cresce il livello di interazione. La seconda è defi- nita dal rapporto tra costo del lavoro e valore delle attrezzature e tecnologie impiegate nel sistema di erogazione utilizzato. L'incrocio tra le due variabili: - servizi professionali: caratterizzati da un elevato livello di interazione e di intensità di lavoro, emerge l'attenzione alla relazione con il cliente e al processo di problem solving; - service Factory: servizi orientati alla standardizzazione del servizio offerto e caratterizzati da una rilevanza nella componente tecnologica e infrastrutturale; - servizi di massa: connotati da elevata incidenza di personale è contenuta personalizzazione; - service shop: la personalizzazione del servizio viene realizzata in virtù di una bassa inci- denza del costo del lavoro rispetto al valore complessivo delle tecnologie e infrastrutture impiegate. Esistono molti modelli ibridi anche all'interno della stessa realtà aziendale, come nel caso del Plant- within-a-Plant. Nella produzione di servizi si assiste anche alla progettazione di processi di erogazione diversi tra: - back Office: orientati ad una standardizzazione quasi industriale nelle attività e all'efficienza, - front Office: una personalizzazione e conseguente intensità di contatto maggiori, orientati all'efficacia. 7 La scelta può basarsi sull'eterogeneità dei servizi forniti o per scelte di posizionamento competitivo, può variare nel tempo e può essere diversa in base alla fase del complessivo processo di erogazione. L’impatto delle tecnologie può modificare radicalmente l'equilibrio tra back e front Office, introdu- cendo momenti di disaccoppiamento tra cliente e fornitore (es. distance learning). Una degli strumenti più utilizzati per progettare i processi di produzione è la mappatura dei flussi, in particolar modo il service blueprint. La caratteristica principale risiede nella capacità di mappare le fasi in cui si manifesta una elevata interazione con il cliente e le fasi svolte in sua assenza. La distinzione tra queste due prospettive è rappresentata dalla linea di visibilità. 10.8 Lean management Il Lean Management dipende dal Lean Thinking e racchiude una serie di principi, soluzioni organiz- zative e strumenti che nel tempo si sono integrati, a partire dal dopoguerra e fino alle soluzioni at- tualmente diffuse in molte realtà industriali. La nascita si colloca negli anni 80, con la necessità di rendere più flessibili e rapidi i processi produttivi. L’esigenza di competere fornendo risposte più adeguate al mercato ha imposto un ripensamento delle logiche produttive proprio a partire dal set- tore automobilistico in Giappone e da Toyota. Questo cambiamento si è fondato sulla consapevo- lezza dell’esistenza di tre ostacoli definiti delle 3 M: - Muda (spreco): sono connessi a tutte quelle attività che assorbono risorse e non aggiungono valore. Gli sprechi si classificano per: o Sovrapproduzione non necessaria di beni, o tempi di attesa dilatati, o trasporto semilavorati e beni non necessari, o lavorazioni non necessarie, o eccesso di scorte di semilavorati, o movimentazioni e spostamenti evitabili, o difettosità nei componenti e prodotti finiti. Questi sprechi vengono divisi in due gruppi: o Muda di tipo 1: attività che non possono essere eliminate sotto una certa soglia (es. i costi di trasporto) e sono dunque fisiologiche. o Muda di tipo 2: attività che non possono essere annullate e che devono essere con- siderate come un vero e proprio spreco. - Mura (fluttuazioni): irregolarità intese come un ostacolo al corretto fluire delle operazioni, come fluttuazioni nelle richieste che possono impattare sui carichi di lavoro di un reparto. Devono essere smorzate per evitare i disturbi legati a continui sovra utilizzi delle risorse di- sponibili. - Muri (sovraccarico): si riferisce all'impatto di un sovraccarico di persone e macchinari che può condurre a gravi problemi come stress, infortuni sul lavoro o frequenti guasti. Per miglio- rarli è necessario bilanciare il ritmo del processo produttivo. 10.8.1 I principi del Lean Management Il Lean Management si pone come obiettivo quello di modificare i processi produttivi, eliminando le attività inutili o dannose. Si basa su 5 principi di fondo: - Definire il concetto di Valore: può essere espresso solo dal cliente e si riferisce a un pro- dotto/servizio in grado di soddisfarne le esigenze a un determinato prezzo e in un determi- nato momento. - Mappare il flusso del valore: è l’insieme di attività necessarie per creare un prodotto e renderlo disponibile al cliente. Si fa riferimento alla capacità manageriale di sviluppare se- quenze di analisi e risoluzione dei problemi durante tutto il flusso. - Facilitare lo scorrimento del flusso: implementare metodologie che consentano al flusso di superare la sindrome del Batch and Queue, ossia l’attitudine di produrre per grandi lotti, generando lunghi tempi d’attesa. L’obiettivo è quello di trasformare i lotti in flussi continui per ridurre i tempi. - Gestire secondo logiche Pull: sono le logiche per cui il flusso fisico è tirato dal cliente e non spinto (push) dai piani di previsione. La gestione pull consente di sincronizzare la pro- duzione con la domanda, per produrre solo quello che vuole il cliente, diminuendo i costi e accelerando i tempi. 8 - Perseguire la perfezione: adottando l’approccio Kaizen, ossia migliorandosi continuamente cercando di annullare tutti i Muda Il lean management si propone, dunque, di produrre solo quanto effettivamente ordinato, ridurre le scorte accumulate e ridurre i tempi di produzione. Pandemia Covid-19: moltissime aziende si sono trovate in grandi difficoltà, inducendole a riproget- tare le loro supply-chain orientandosi verso forniture multiple, strutture local-for-local e privilegiare scelte che garantissero profili di accresciuta resilienza e agilità. - Sistemi Lean: tendono a ridurre la volatilità della domanda attraverso metodi che perse- guono la semplificazione, l’ottimizzazione e il livellamento dei piani di produzione per garan- tire massima efficienza. - Sistemi Agile: fanno leva sulle caratteristiche di flessibilità e resilienza per adeguarsi alle mutevoli richieste di mercato e garantire maggiore efficacia al cliente. 10.8.2 Lean manufacturing: metodi e strumenti Per i 5 principi precedentemente accennati è possibile indicare le metodologie e gli strumenti mag- giormente diffusi nel lean management. - Valore: assume rilevanza l’integrazione tra le funzioni commerciali e quella di R&S o progetta- zione. Le funzioni commerciali devono evitare l’affermarsi di: o gap di percezione, ovvero di interpretare in modo errato i desideri dei clienti, o gap di comunicazione nell’interazione con gli altri enti, ossia l’incapacità di esprimere in modo corretto quanto auspicato dal cliente, oppure non riuscire a comprendere il brief commerciale, da parte delle funzioni tecniche, o gap di progettazione, si verifica quando le funzioni tecniche non riescono a tradurre il brief commerciale in opportune specifiche di progetto esistenti (es. overspecification se si arricchisce il prodotto con troppi elementi per cui il cliente non è disposto a pagare), o gap di conformità, incapacità da parte delle funzioni produttive di attenersi alle specifi- che tecniche progettuali, realizzando prodotti di qualità. - Definire il Flusso di valore: per quanto attiene alle relazioni con i soggetti esterni è necessario puntare alla trasparenza attraverso partnership. Per le relazioni con soggetti interni, si tratta di verificare la presenza di tempi di attesa lunghi. L’analisi del flusso di valore viene condotta tramite il Value Stream Mapping che consente di ricostruire per ogni fase del processo i tempi al valore aggiunto (processing time) e i tempi di attraversamento complessivi (Total cycle time), pari ai primi più tutti i tempi di attesa che costituiscono dei Muda. L’obiettivo è calcolare il Value Added Ratio, ossia l’indice di valore aggiunto ottenuto come L'incidenza percentuale del rapporto tra processing time e total Cycle time. Questa percentuale rappresenta i margini di miglioramento di un intervento lean, ma spesso si usa anche l'indice di flusso (Flow rate) dato dal rapporto tra total Cycle time e processing time. 9 - Far scorrere il Flusso di valore: si possono adottare strumenti legati al TPM (total productive manteinance) che consistono in dei metodi finalizzati al miglioramento dell'efficienza comples- siva per il miglioramento continuo. L'ottimizzazione del flusso di valore è legata anche alla capacità di disegnare layout che ne fa- cilitino lo scorrimento, come le mappature dei flussi detti spaghetti chart che rappresentano la complessità dei flussi patologici all'interno dei reparti e le logiche di ridisegno del layout in linee brevi con macchinari disposti “a U”. Un flusso che scorre in modo ordinato e continuo ha bisogno di un ritmo di produzione sincronizzato con la domanda e questa esigenza può essere soddi- sfatta dal Takt Time, ossia il rapporto tra tempo disponibile di una risorsa e i volumi di domanda che questa linea deve soddisfare. - Logica pull: l'input informativo che attiva una lavorazione parte da Valle e si muove verso Monte, con l'obiettivo di sincronizzare la cadenza produttiva alla domanda. Il principale metodo che si utilizza è il Just in Time che si basa sull'uso dei Kanban che rappresentano sia una modalità per comunicare i fabbisogni produttivi tra reparti e sia un sistema di controllo del flusso. Grazie ai Kanban è possibile sapere quanti pezzi sono in ogni momento in attesa, in lavorazione o conclusi. - Miglioramento continuo o Kaizen: ci sono due strumenti tesi alla progressiva eliminazione dei Muda: o ruota di deming (PDCA): ha un valore evocativo della circolarità del processo che muove dalla definizione di un obiettivo di miglioramento al suo conseguimento. Si articola in quattro fasi: § Plan: si pianifica un intervento di miglioramento § Do: si esegue quanto pianificato § Check: si controlla se quanto pianificato è stato raggiunto § Action: si diffonde la soluzione sperimentata Una volta affrontato e risolto il primo Muda, progressivamente si riducono i Muda e as- sume nuova priorità quello successivo. Tuttavia, per il principio del perseguimento della perfezione, esisterà sempre un ostacolo da aggredire, seppur meno importante di quelli già affrontati, ma pur sempre prioritario. o Metodo delle 5S, impiegato per organizzare le postazioni del lavoro, con postazioni pulite, ordinate e con dotazioni adeguate di attrezzature e utensili collocati correttamente per un facile reperimento ed utilizzo, al fine di ridurre gli sprechi. Ciò ha condotto all’elaborazione di un approccio basato su cinque momenti: - Separare (Seiri o Sort): distinguere in modo chiaro oggetti, materiali e utensili necessari alle proprie mansioni da quelli inutili, da eliminare o segregati per valu- tarne l’effettivo impiego; - Sistemare (Seiton o Set in order): dedicare attenzione e tempo a riordinare la propria postazione, sistemando ogni strumento, componente e utensile secondo il metodo “un posto per ogni cosa e ogni cosa al proprio posto”; - Splendere (Seiso o Shine): tenere l’ambiente di lavoro pulito e sgombro. Nelle fabbriche lean, ciascun operatore dedica gli ultimi minuti del proprio turno a rior- dinare la postazione per l’operatore del turno successivo, per evitargli perdite di tempo inutili; - Standardizzare (Seiketsu o Standardize): definire dei metodi per cui le prime tre fasi acquisiscono continuità e regolarità diventando routine organizzative abitudi- narie; - Sostenere (Shitsuke o Sustain): adottare ogni possibile intervento per promuo- vere le prassi eccellenti, diffondere e far rispettare le “regole del gioco”, evitare che dopo i primi entusiasmi si ricada nei comportamenti del passato. In linea con i principi del miglioramento continuo, i metodi illustrati generano processi circolari di analisi, diagnosi e ricerca di soluzioni. La possibilità di avviare con successo un progetto di lean management è fortemente condizionata dal fattore umano e dalla capacità di coinvolgere il personale attraverso: 10 - esplicita e costante manifestazione del commitment sul progetto da parte del vertice e delle strutture gerarchiche dell’organizzazione aziendale per diffondere una incisiva e co- stante comunicazione sugli obiettivi di progetto, i risultati raggiunti, i metodi impiegati, ecc…; - interventi di formazione, addestramento e di empowerment del personale coinvolto, in merito ai principi e alle logiche sottostanti un progetto di lean management, agli strumenti e metodi adottati, all’attitudine a lavorare in un gruppo, a trasferire le logiche del miglioramento continuo; - sistemi di misura dei risultati ottenuti, di incentivazione, gratificazione e riconosci- mento dei team migliori, finalizzati anche a promuovere meccanismi di engagement e di condivisione dei risultati; - strumenti di immediata e facile consultazione, progettati secondo logiche di visual manage- ment, ossia che permettono di rendere visibili e interpretabili le informazioni relative al pro- getto, alle performance ottenute, alla composizione del team, alla celebrazione di quelli più performanti, ecc…; - metodi di codifica, standardizzazione e archiviazione di ogni informazione utile, in ter- mini di processi, metodi e risultati potenzialmente impiegabili in progetti di roll-out svolti in altri reparti, unità produttive o partner esterni. 11 CAPITOLO 11 – LA GESTIONE DEGLI APPROVVIGIONAMENTI 11.1 Scelte strategiche e gestione degli approvvigionamenti Un primo elemento che induce ad un’approfondita analisi del ruolo svolto dalla funzione approvvi- gionamenti è legato al cambiamento del peso degli acquisti sul fatturato aziendale: fenomeno ricon- ducibile a fattori esogeni, risultato dell’evoluzione del contesto ambientale, o fattori endogeni, derivanti da scelte aziendali. Tra i fattori interni (endogeni) si segnalano: - le scelte di esternalizzazione di lavorazioni e fasi del processo produttivo; - l’esigenza di garantire maggiore flessibilità strategica attraverso una crescente variabiliz- zazione della struttura di costo e di disintegrazione verticale dei processi governati; - lo sviluppo di processi di outsourcing e di partnership di lungo periodo con i fornitori stra- tegici; - l’accresciuta complessità dei prodotti e dei loro componenti. Tra i fattori esterni (esogeni) si hanno: - la lievitazione dei costi di alcune materie prime, indotta da fenomeni di scarsità o da di- namiche di mercato; - la globalizzazione dei mercati di approvvigionamento che dischiude opportunità di acqui- sto a livello planetario; - l’innovazione tecnologica (di processo e dei materiali integrati) che stimola scelte di spe- cializzazione e la ricerca di fornitori capaci di presidiare l’evoluzione delle tecnologie. Tali fenomeni hanno fatto sì che aumentasse il peso degli acquisti negli economics aziendali: appare evidente (vedi Tabella 11.1) come il costo totale per unità di prodotto sia fortemente influenzato dalla componente acquisti. Questa tendenza conduce a tre riflessioni strettamente concatenate: 1. si delinea “effetto leva” connesso agli acquisti: una riduzione del 10% del costo degli ap- provvigionamenti riduce del 6,5% il costo totale, sei volte di più rispetto all’effetto di una stessa riduzione applicata al costo del lavoro diretto; 2. da quanto detto, deriva una certa incoerenza della generale collocazione gerarchica ed organizzativa, nonché del potere decisionale, della funzione approvvigionamenti in molte realtà industriali, rimanendo deboli nel processo decisionale azienda, nonostante le conside- razioni precedenti; 3. lo scollamento tra la portata strategica della funzione e la sua rilevanza organizzativa si palesa anche in termini di controllo delle attività tipiche della funzione, considerate alla stregua di pratiche di natura burocratico-amministrativa. 11.2 L’evoluzione della funzione: dalla gestione degli acquisti alla gestione degli ap- provvigionamenti 12 11.2.1 Acquisti e approvvigionamenti “Con il termine acquisti si intende quell’insieme di attività che si concretizzano con la stipulazione del contratto tra venditore e compratore per la fornitura di beni e servizi necessari all’impresa per sviluppare il suo processo di trasformazione. La funzione di approvvigionamento può essere defi- nita come l’insieme delle attività destinate a garantire un regolare flusso di beni e servizi secondo una pianificazione aziendale predeterminata.” Dalla definizione traspaiono due elementi discriminanti: 1. la rilevanza nel processo direzionale, intesa come il grado di autonomia, la latitudine dello spettro delle sue attività e l’impatto sulla formulazione delle strategie aziendali. Agli acquisti vengono riconosciuti compiti maggiormente operativi e contenuta autonomia decisionale, limitando il coinvolgimento nella definizione delle scelte. La funzione approvvi- gionamenti abbraccia un orizzonte gestionale più ampio, esige maggior discrezionalità e de- lega e partecipa attivamente al processo di pianificazione strategica; 2. l’orientamento di fondo nella gestione delle attività caratteristiche. L’azione degli acquisti ha un orientamento al breve periodo, con un approccio operativo e reattivo rispetto a decisioni maturate in altre funzioni. Gli approvvigionamenti si caratteriz- zano per un orientamento di medio-lungo periodo, rappresentando l’evoluzione ed il supera- mento della funzione acquisti, che permane al suo interno come sottoinsieme operativo. 11.2.2 Evoluzione della funzione approvvigionamenti L’evoluzione della funzione approvvigionamenti è osservabile: - sotto il profilo direzionale, da cui emerge la contrapposizione tra la natura tipicamente ope- rativa della gestione degli acquisti e quella strategica della gestione degli approvvigionamenti; - sotto il profilo organizzativo, assume rilevanza il processo di progressiva integrazione con le altre componenti che, muovendo da un’iniziale articolazione per funzioni, conduce all’affer- mazione dei modelli progettati per processi, sino a configurazioni organizzative di supply chain management. I fattori che accomunano i due aspetti sono ravvisabili nelle ragioni che animano il cambiamento da una gestione orientata agli acquisti ad una orientata agli approvvigionamenti, cioè nella necessità di far fronte alla crescente complessità e variabilità del contesto operativo della funzione. Nella precisazione di un’appropriata soluzione gestionale, è possibile ricondurre la scelta in tema di approvvigionamenti all’osservazione di due ordini di fattori: a) la rilevanza degli acquisti, espressa dal valore aggiunto per linea di prodotto, di percentuale dei costi di materie prime sui costi totali, o dal loro impatto sulla redditività; b) la complessità del mercato di fornitura, testimoniata dalla carenza di offerta, dal ritmo di sviluppo tecnologico nei nuovi materiali, dalle barriere all’entrata, dal costo e dalla comples- sità dei fattori logistici e del grado di concorrenza in cui si opera. In presenza di scarsa rilevanza degli acquisti e limitata complessità del mercato, l’impresa opera con una tradizionale gestione degli acquisti, orientata al breve periodo, a scelte di natura stretta- mente operativa e a forti elementi di negoziazione con i fornitori. Nella situazione opposta, si realizza la gestione strategica degli approvvigionamenti: gli ac- quisti assumono rilevanza critica per la sopravvivenza dell’azienda che tenderà ad elaborare politi- che di collaborazioni e accordi di lungo periodo con fornitori strategici. I due quadranti caratterizzati da elevata complessità dei mercati e scarso impatto degli acquisti e ridotta complessità dei mercati e notevole rilevanza degli acquisti sono detti, rispettivamente, 13 sistemi di gestione delle fonti di approvvigionamento e sistemi di gestione dei materiali. Nel primo caso, si tratta di assicurare la continuità della fornitura e la disponibilità di materiali e compo- nenti. Nel secondo caso, assumendo rilevanza i volumi ed i prezzi-costo degli acquisti, si ricerca una razionalizzazione dei flussi fisici, pur mantenendo fonti di approvvigionamento consolidate. 11.3 Le politiche di esternalizzazione Le scelte di esternalizzazione si traducono in decisioni di make or buy, che s’inseriscono in valuta- zioni strategiche riconducibili alle necessità competitive di medio-lungo termine, e derivano da moti- vazioni di natura strategica e da valutazioni di carattere economico. I motivi che possono indurre a delegare la produzione a terzi sono riconducibili ad esigenze di specializzazione tecnica, a vincoli di capacità produttiva o all’opportunità di variabilizzare la struttura dei costi aziendali. La conoscenza specifica dei processi produttivi e dei materiali impiegati è uno degli elementi tipici su cui si fonda la richiesta all’esterno: sempre più frequentemente le produzioni incorporano tecnologie differenti e complementari o utilizzano materiali speciali, quindi il know-how detenuto dall’azienda fornitrice riduce il rischio tecnico delle produzioni poste a valle e tutela il con- sumatore dai fenomeni di obsolescenza tecnologica; altrove, la ciclicità/stagionalità dei mercati si riflette in fluttuazioni dei fabbisogni, per cui esternalizzare le fasi della produzione trae origine dall’im- possibilità o dalla non convenienza a sovradimensionare la capacità produttiva degli impianti per far fronte ai picchi di domanda o ad agire attraverso accumuli di giacenze anticicliche, e lo stesso ac- cade nel mondo dei servizi, che può essere caratterizzato da economie di specializzazione o vincoli di stagionalità. Le ragioni che conducono a scelte di internalizzazione risultano connesse ad elementi come: - la necessità di esercitare un elevato controllo diretto, data la strategicità della fase produttiva, la riservatezza da mantenere circa la produzione di un componente/ingrediente o esigenze di qualità ed accuratezza imprescindibili per il successo competitivo; - il rispetto di specifiche di produzione dettagliate o di rigorose tolleranze di lavorazione garan- tito da attrezzature speciali o competenze distintive reperibili solo all’interno; - l’immagine stessa del prodotto che risulta condizionata da un particolare componente; - esigenze di tutela rispetto a potenziali imitatori che inducono a delegare a terzi parti marginali del processo, mantenendo all’interno la lavorazione che incorpora il vantaggio competitivo connesso all’innovazione; - l’opportunità di lucrare riduzioni di costo grazie a curve di esperienza, consistenti volumi di produzione o processi integrati; - l’affidabilità dell’approvvigionamento. 14 11.4 Il marketing degli approvvigionamenti e le leve del procurement mix Le scelte di esternalizzazione impongono la definizione di opportune politiche di approvvigionamento che, agendo su leve gestibili dall’interno, puntano ad armonizzare offerta e fabbisogno e componenti e servizi nel medio periodo. Per marketing degli approvvigionamenti si intende lo studio sistematico, nell'ottica degli approv- vigionamenti, dell'ambiente, dei mercati, dei prodotti e dei fornitori. Si tratta di un insieme di attività strutturate non occasionali, di natura iterativa, che ha per oggetto il monitoraggio dei mercati di ap- provvigionamento, in tutte le loro possibili manifestazioni. Assume così le connotazioni di un'azione nei confronti del sistema della fornitura, attuale e potenziale, intesa da allargare le conoscenze sui fornitori, costruire un network con i mercati e promuovere l'immagine aziendale, svolgere ricerche di mercato e qualificare i processi di negoziazione. Opera utilizzando un insieme di leve dette di Pro- curement Mix: - il prodotto; - le fonti di approvvigionamento; - il prezzo; - la comunicazione. Per quanto riguarda la crescita della funzione, l'esigenza di elaborare politiche proprie produce un effetto positivo che si realizza con una progressiva integrazione con le altre funzioni aziendali. L'e- laborazione di una politica di prodotto non può prescindere da una stretta collaborazione con la progettazione e l'ufficio tecnico: la funzione finanziaria assiste l'approvvigionamento nella definizione delle politiche di prezzo; le decisioni relative alle fonti di approvvigionamento coinvolgono la produ- zione per le problematiche logistiche (località e trasporti); la comunicazione promuove l'immagine aziendale lavorando in sintonia con il marketing. 11.4.1 Le politiche di prodotto La politica del prodotto comprende tutte le decisioni relative ai materiali approvvigionati per ap- provvigionati. I materiali diretti sono tutti quei materiali e quei componenti che entrano nella base di prodotto e vengono impiegati per la sua realizzazione. Si tratta di materiali a domanda dipendente, per i quali il fabbisogno è direttamente derivabile dalla domanda del prodotto finito (es: numero di pistoni ne- cessari per produrre motori a quattro cilindri). I materiali indiretti e servizi (detti MRO – Maintenance, Repairs and Operations) sono costituiti da tutti quei beni e servizi che non entrano a far parte direttamente del prodotto finito, bensì possano essere utilizzati per molteplici scopi in tutti i processi aziendali (es: cancelleria, hardware). Nelle aziende industriali, gran parte del valore degli acquisti è assorbito dai materiali diretti, nono- stante il peso crescente degli indiretti e dei servizi. Anche le aziende di servizi consumano beni e servizi nei loro processi di erogazione. L’esigenza di attuare una corretta politica del prodotto trae spunto dall'osservazione del proprio portafoglio materiali, ovvero la classificazione in termini di criticità dei componenti gestiti dall'impresa. Da ciò deriva la possibilità di orientare la ricerca del fornitore e la successiva negoziazione. È possibile classificare i materiali componenti in base al: - l’impatto sulla redditività aziendale, inteso come il valore del materiale, il suo impatto economico rispetto al costo industriale, o alla qualità tecnica o percepita dal consumatore; 15 - il grado di rischio dell’approvvigionamento, legato alle caratteristiche dell'offerta, ovvero alla numerosità di alternative esistenti, alla loro localizzazione e accessibilità e all'evoluzione delle tecnologie intrinseche al prodotto. I materiali non critici sono caratterizzati da scarse ripercussioni sulla redditività e contenuto rischio di approvvigionamento. È il caso di materiali o servizi ampiamente diffusi, considerati commodity perché omologati e unificati, di contenuto valore economico, facilmente acquisibili da una estesa base di fornitura (es: minuterie/guarnizioni per la produzione di beni, servizi di pulizia/manutenzione nel caso di servizi). I materiali strategici sono connotati da elevati impatto strategico o sulla redditività di impresa ed elevato rischio di approvvigionamento. Si tratta di specialty, realizzati su specifica dell'azienda cliente, che spesso comportano investimenti dedicati di rilievo o acquisti su mercati in cui sono pre- senti forti fattori che limitano lo sviluppo di una base di offerta più ampia (es: principi nei settori cosmetico o chimico-farmaceutico). I materiali collo di bottiglia si collocano nel quadrante identificato da ridotte ripercussioni sulla redditività, ma elevato rischio di approvvigionamento. Sono caratterizzati da basso impatto econo- mico e strategico, ma difficile reperibilità per la carenza di offerta, per la specificità tecnologica o la forte personalizzazione (es: alcuni pigmenti organici per produzione di vernici). I materiali con effetto leva presentano forti riflessi sulla redditività aziendale, ma rischio di approv- vigionamento ridotto. Si tratta di materiali o servizi per i quali sono presenti valide alternative di fornitura, ma che presentano un elevato impatto sui risultati e risultano talvolta cruciali per la funzio- nalità del manufatto o essenziali per il valore simbolico apportato allo stesso. L'impiego di questa metodologia si presta ad interventi mirati che possono tendere a modificare le caratteristiche del bene-servizio per spostarlo in un quadrante diverso da quello originario, al fine di ottenere acquisti con più vantaggi di efficienza e minori rischi di approvvigionamento, aumentandone il valore offerto al mercato. 16 Mentre i materiali diretti possono collocarsi in tutti i quadranti della matrice, i materiali MRO general- mente si configurano come materiali e servizi “non critici” o, al più, “effetto leva”. In funzione della criticità del particolare da approvvigionare, la politica di acquisto assume differenti articolazioni in termini di volumi, prezzi e specificità del rapporto di fornitura. L’osservazione del por- tafoglio in essere, raffrontato con quello ideale, conduce alla ricerca di soluzioni volte a ridurre rischi di rifornimento o il costo del componente. Il ruolo degli approvvigionamenti risulta determinante in ragione dell'effetto leva degli acquisti sul costo totale di un prodotto, della costante ricerca di econo- mie di fornitura e dell'esplorazione monitoraggio di ogni possibile alternativa. 11.4.2 Le politiche di approvvigionamento La gestione delle fonti di approvvigionamento rappresenta la seconda area in cui si manifesta la portata strategica della funzione. Ora si rende necessaria un'indagine sulle possibilità di soddisfaci- mento del fabbisogno. L'osservazione delle scelte relative ai canali di approvvigionamento può es- sere condotta ripercorrendo l’iter logico della decisione, che si articola nelle seguenti fasi: 1. Ricerche di mercato L'analisi di mercato delle forniture è intesa a valutare il potere contrattuale dei fornitori con la propria forza di clienti. Le variabili da valutare sono: o le dimensioni del mercato rispetto alla capacità produttiva del fornitore e di rispettivi trend di sviluppo, con l'obiettivo di provvedere possibilità di strozzature e rischi nella continuità delle forniture. È tipico il caso di prodotti o processi detenuti da pochi sog- getti che alimentano un mercato in forte crescita; o il break-even dei fornitori, che si riflette sul rapporto prezzo/lotti di approvvigiona- mento e quindi sulla maggiore minore disposizione a concedere sconti; o l'unicità della fornitura, connessa a fenomeni di scarsità naturali o sofisticazione tecnologica; o il volume globale annuo degli acquisti, che si riverbera direttamente sul potere contrattuale dell'azienda cliente; o la flessibilità ed elasticità garantite dal fornitore, che si riflettono in differenti poli- tiche delle scorte per l'azienda cliente, in caso di fluttuazioni di breve periodo, ma possono pregiudicare i programmi di radicali incrementi di capacità; o la stima dei costi connessi ad eventuali ritardi di consegna o a qualità insoddi- sfacente, che influenzano dimensionamento delle scorte di sicurezza e possono in- cidere sensibilmente sul costo finale della fornitura. 2. Contatto e valutazione preventiva dei potenziali fornitori 17 L'idoneità potenziale di un fornitore a soddisfare un bisogno deve essere considerata obiet- tivamente con riguardo ad elementi tecnici, commerciali, logistici ed economici. Si procede, quindi, con un processo detto di qualificazione del fornitore, con lo scopo di decidere l'am- missione di quest'ultimo nel portafoglio dell'azienda. Si tratta di una valutazione ex ante, in- tesa ad accreditare un potenziale fornitore e sancirne l'appartenenza ad una rosa di fornitori alternativi: gli strumenti impiegati sono interviste e visite ispettive agli impianti, la raccolta di informazioni in via diretta tramite questionari e indiretta tramite acquisizione di informazioni pubbliche (bilanci e certificazioni) e referenze relative ai principali clienti serviti. L'esigenza di ricorrere a periodiche valutazioni del fornitore scaturisce da fenomeni di evoluzione tecnolo- gica nei processi e nei materiali impiegati, dalla ricerca di economie e di più elevati livelli di qualità delle forniture ed altri eventi che possono mettere in discussione il parco fornitori. 3. Selezione dei fornitori Il processo di selezione di un fornitore avviene attraverso la fase di valutazione, che si compie a valle della decisione di acquisto e ha lo scopo di monitorare le prestazioni espresse. Si tratta di un giudizio ex post, volto a valutare la rispondenza delle performance di fornitura rispetto a grandezze standard o parametri obiettivo. È ampiamente diffuso l'utilizzo di check list, che riassumono i punti critici della valutazione, nonché lo svolgimento di prove sperimen- tali su campionature e preserie. Il giudizio emergente, detto di Vendor Rating, deve soddi- sfare il requisito dell'obiettività e pertanto scaturire dalla misurazione di opportuni parametri, ossia: o il livello qualitativo assicurato, inteso come conformità alle specifiche tecniche; o l'affidabilità delle consegne, cioè il rispetto dei programmi e delle scadenze di for- nitura; o il costo; o l'elasticità e la flessibilità garantite dalla tipologia di processo del fornitore; o la disponibilità ad avviare approcci collaborativi. 4. Controllo del fornitore Per attività di controllo si intende l'analisi delle prestazioni garantite dal fornitore. Si basa su database sviluppati archiviando i principali elementi informativi connessi al rapporto di forni- tura, osservato per orizzonti temporali estesi. È prassi comune, in sede di budget annuale, valutare e condividere i dati di prestazione sintetici con i fornitori principali, per utilizzare le indicazioni emergenti in sede di negoziazione e pianificare eventuali interventi congiunti e piani di miglioramento. L'analisi degli indici di prestazione garantisce un costante monitorag- gio sulle performance quali-quantitative del fornitore e viene svolta avendo cura di valutare le competenze tecniche e gestionali del fornitore: le prime rivestono importanza prevalente nei settori in sviluppo, caratterizzati da elevato dinamismo tecnologico, le seconde nei settori maturi a tecnologia consolidata. La crescente attenzione ai temi della Corporate Social Re- sponsability si è estesa anche alle catene di forniture a monte, per cui le aziende valutano i controllano i propri fornitori anche sotto il profilo dell'impatto ambientale e sociale. 11.4.3 La politica del prezzo La negoziazione tra azienda, cliente e fornitore trova il suo massimo momento nella determinazione del prezzo d’offerta. Occorre sottolineare che il prezzo d’acquisto non è che una componente del costo d’acquisto. Il costo d’acquisto risulta composto dal prezzo d’acquisto e dagli oneri accessori di trasporto, imbal- laggio, manutenzione e stoccaggio. L’ufficio approvvigionamenti, nel gestire la politica del prezzo, deve considerare anche l’effetto delle differenti scelte di natura finanziaria e l’incidenza di eventuali sconti per quantità, anche se oggi vi è una diversa sensibilità richiesta agli approvvigionatori, intesa ad apprezzare la qualità delle forniture, l’affidabilità delle consegne ed il livello di servizio. Tale limite 18 trova superamento nella progressiva integrazione della funzione approvvigionamenti con le altre funzioni collegate (produzione, progettazione, logistica). Al fine di esplicitare l’insieme dei costi di- pendenti ad una scelta di acquisto, viene impiegato il TCO – Total Cost of Ownership, che consi- dera non solo il prezzo di acquisto, ma tutti i costi associati alla sua acquisizione e al suo possesso, uso, manutenzione e smaltimento, quindi anche quei costi non necessariamente sotto il controllo dell’Ufficio Acquisti, bensì tutti quelli emergenti lungo di ciclo di vita del prodotto o servizio. Quasi tutte le aziende si dotano di enti e metodologie per il controllo qualità in accettazione, mentre in altri casi, oltre a ciò, vengono affiancati ispettori che hanno il compito di visitare e valutare le produzioni dei terzisti, le modalità di produzione e i materiali impiegati. Una percentuale di difetti riscontrati in produzione, infatti, sono addebitabili a cattive forniture. Solleciti, acquisti urgenti, innalzamento dei livelli di giacenza di sicurezza, o il verificarsi di situazioni di “fuori scorta”, rappresentano i principali effetti negativi riconducibili a ritardate consegne, incidendo sul costo totale dell’operazione. 11.4.4 La politica della comunicazione Le politiche di comunicazione puntano a promuovere l’immagine aziendale tra i fornitori attuali e potenziali. Instaurare solidi e duraturi legami con i fornitori comporta uno sforzo volto alla creazione di un’immagine di correttezza e trasparenza nelle transazioni e veri e propri interventi di assistenza e supporto, riconducibili a tre categorie di interventi: 1. Supporto tecnico Il profilo tecnico si è sviluppato per primo: la ricerca di economicità e qualità nelle forniture si è tradotta in azioni dirette, volte a promuovere processi e metodi innovativi. La cessione in uso di attrezzature o piccoli impianti, in passato e in settori maturi, si è giustificata con l’esi- genza di diffondere tecnologie produttive finanziariamente incapaci di attuare investimenti di sostituzione e rinnovo. Nelle forniture caratterizzate da apporti tecnologici altamente sofisti- cati è frequente una stretta collaborazione tra organi tecnici delle aziende cointeressate, ar- rivando a joint venture tecnologiche. Se i fornitori appaiono insoddisfacenti, si sono speri- mentati nuovi approcci volti a generare nuovi fornitori, facendo crescere aziende tecnica- mente e gestionalmente coerenti con le esigenze del cliente: opzione sviluppata anche tra- mite il monitoraggio e la partecipazione in start-up tecnologiche o lo sviluppo di incubatori aziendali. 2. Supporto finanziario Si correla alla necessità di copertura del circolante e degli investimenti in attrezzature ed impianti. Le modalità di intervento si riconducono all’impiego delle dilazioni di pagamento, del conto lavorazione e della cessione in uso di attrezzature ripagate mediante le forniture. 3. Supporto informativo Si riferisce alla crescente integrazione tra acquirente e fornitore sulla gestione degli ordini, con possibilità di collaborazione. Lo scambio informativo e la reciproca trasparenza riducono i rischi di mancanza e attenuano le possibili oscillazioni nei flussi fisici tra le parti. Gli ordini aperti rispondono alle esigenze di elasticità e flessibilità del terzista, a condizioni di economicità e convenienza: viene assegnato un volume globale di fornitura, da conseguirsi secondo un piano tempificato. 19 11.5 La complessità del processo di acquisto e le soluzioni di e-procurement 11.5.1 L’impatto delle tecnologie di comunicazione sul processo di acquisto Nei casi di acquisti continuativi, una volta definita la rosa di fornitori alla nascita del fabbisogno, la gestione degli acquisti viene regolata da ordini aperti e consegne frazionate, per cui il processo si focalizza sulle scelte di execution. In caso, invece, di ordini strategici, per la criticità intrinseca, as- sumono rilevanza anche le fasi di ricerca, valutazione e selezione. Indipendentemente dalla tipologia e dalla natura degli acquisti, il processo risulta articolato ed oneroso, sia sotto il profilo economico che sotto quello del grado di responsiveness ai fabbisogni. La gestione degli acquisti di beni e servizi su mercati elettronici trae origine da due fattori concomi- tanti: 1. Accessibilità La ricerca di nuove opportunità di fornitura è stata galvanizzata dalle potenzialità offerte dall’estensione virtualmente globale garantita da Internet. La facilità e il basso costo d’ac- cesso rendono infatti la rete un luogo ideale nel quale ricercare, selezionare e avviare pro- cessi relazionali con un mercato di monte illimitato. 20 2. Semplificazione L’esigenza di demoltiplicare la complessità e l’onerosità dei processi di acquisto, in specie per gli acquisti ripetitivi, abilitando gli enti richiedenti o le funzioni approvvigionamenti all’im- piego di routine e automatismi offerti dalle nuove tecnologie. Un primo riferimento è l’approccio sintetizzato nella matrice Arthur D. Little, evoluzione della pro- posta di Kraljic, nella quale si sostituiscono lungo gli assi l’importanza economica e/o strategica del materiale acquistato e la rischiosità del mercato della fornitura rispettivamente con la complessità del bene acquistato e l’importanza economica relativa del valore dell’ordine sul costo del processo di acquisto. La prima variabile tenta di sintetizzare le grandezze prese in esame da Kraljic, distinguendo tra commodity e specialty. La seconda, invece, introduce e sintetizza la problematica dell’onerosità del processo di acquisto rispetto al valore complessivamente acquistato. Incrociando le grandezze os- servate, si perviene a quattro tipologie di materiali e ai corrispondenti fabbisogni di acquisto. Grazie alle proprietà delle ICT, vengono suggerite diverse modalità di gestione: A. Quadrante I In questo quadrante, dove è più probabile che si collochino gli MRO, le scelte più opportune sembrano legate all’impiego di supporti web-based, per ridurre, attraverso opportuni auto- matismi, il costo del processo di acquisto. Per tali tipologie di materiali e servizi, la soluzione estrema è l’outsourcing completo del processo di approvvigionamento, giustificato dall’obiet- tivo di giovarsi della specializzazione del provider esterno e di limitare ingiustificati aggravi alla gestione degli enti di approvvigionamento interni, che possono focalizzarsi sulle compo- nenti di acquisto più critiche. B. Quadrante II In questo quadrante, caratterizzato dalla presenza di materie prime acquistate in grandi vo- lumi e materiali diretti commodity, grazie alla presenza di fonti alternative e di una ridotta complessità di beni approvvigionabili, l’opportunità di ottenere riduzioni di prezzo giustifica il sostenimento di processi negoziali, anche a fronte di ordini con volumi elevati o beni ad ele- vato valore unitario. C. Quadrante III In questo quadrante, tipico dei prodotti specialty ordinati per importi consistenti, la comples- sità del prodotto suggerisce approcci di integrazione della supply chain: l’esigenza di ridurre onerosità del processo e prezzi d’acquisto induce alla ricerca di partner stabili con cui inte- grarsi. D. Quadrante IV In questo quadrante si collocano tutti i materiali diretti, che presentano basso valore dell’or- dine, nonostante la complessità dello stesso: si tratta di acquisti episodici di beni su specifica o costruiti ad hoc per l’azienda cliente. Risulta prioritaria la riduzione del costo del processo di acquisto. 21 L’e-procurement include tutte quelle soluzioni Internet-based a supporto dei processi di acquisto tramite l’uso della rete, come le piattaforme tecnologiche e i servizi forniti. Una prima espressione di questa modalità di integrazione cliente–fornitore è stata l’EDI (Electronic Data Interchange), carat- terizzata però da eventi limiti, superati poi da Internet, da nuovi browser e da linguaggi più efficienti ed efficaci. 11.5.2 I benefici, sistemi di negoziazione e soggetti promotori dell’e-procurement I vantaggi connessi all’adozione di sistemi di e-procurement sono riconducibili a tre aspetti: 1. Prezzi Si evidenziano vantaggi nei prezzi negoziati, per via dei meccanismi di aperta competi- zione innescati da prassi, come le aste inverse, o alla possibilità di concentrare e razionaliz- zare gli acquisti su un numero ridotto di fornitori. 2. Costi e tempi Emergono vantaggi nei costi e nei tempi di transazione, indotti dal ridisegno e dalla sem- plificazione dei processi di acquisto, nonché alla riduzione dei costi amministrativi dell’ordine e del personale addetto. 3. Gestione fabbisogno Si palesano possibili vantaggi nella gestione del fabbisogno, generati dalla possibilità di accorpare, razionalizzare e standardizzare le richieste d’acquisto, con evidenti vantaggi an- che in termini di riduzione delle scorte. Tali benefici sono concretamente acquisibili per mezzo dei diversi sistemi di negoziazione utilizzati nella relazione cliente–fornitore, che sono: A. Cataloghi I cataloghi, ovvero siti nei quali vengono raccolte, organizzate e messe a disposizione dei potenziali acquisitori le informazioni su beni e servizi proposti. B. Aste Le aste di vendita (auction) e le aste inverse d’acquisto (reverse auction), ovvero sedute durante le quali vengono raccolte le offerte, d’acquisto o di vendita, introducendo meccanismi di competizione verso fornitori o clienti precedentemente abilitati. C. Sistemi exchange I sistemi exchange, ove si concentrano scambi “molti a molti”, attraverso negoziazioni e prezzi regolati dalla dinamica delle interazioni tra domanda e offerta. Questi sistemi di negoziazione possono essere gestiti da diversi soggetti promotori, delineando le seguenti classi di soluzioni di e-procurement: A. Soluzioni buy-side Le soluzioni buy-side sono promosse dall’impresa cliente, la quale contatta e conclude transazioni con i fornitori tramite il proprio sito. Ciò avviene o attraverso la consultazione di cataloghi personalizzati (scambi one to one) o tramite reverse auction guidate dal buyer (scambi one to many) che si concludono con la selezione dell’offerta più conveniente. Si adattano ad acquisti ripetitivi e garantiscono un elevato controllo sugli acquisti, riducendo i tempi del processo di ricerca e di analisi delle offerte e contenendo i prezzi raggruppati. B. Soluzioni sell-side Le soluzioni sell-side sono promosse dall’impresa fornitrice tramite un proprio sito di offerta, a cui si connettono i potenziali cliente. Il grado di dettaglio delle informazioni associate al catalogo può essere elevato e l’aggiornamento è tempestivo. Cataloghi e listini possono 22 essere personalizzati per cliente ed è possibile offrire assistenza tecnica online e possibilità di configurazione del prodotto. Il maggior vantaggio risiede nell’ampiezza e profondità delle informazioni offerte, nell’aggior- namento continuo (implicita manutenzione di un unico catalogo e possibilità di interfacciare il sito con i sistemi gestionali interni). Per contro, i buyer devono visitare più siti, rendendo complesso ed oneroso il processo di ricerca. C. Virtual marketplace Le soluzioni basate su virtual marketplace sono promosse da una terza parte neutrale che si interpone tra i due soggetti e funge da intermediario e luogo d’incontro virtuale. Tali solu- zioni coniugano ampiezza di offerta e specializzazione, con la garanzia di elevata efficienza complessiva, automazione nelle transazioni e velocità nella comparazione delle offerte. Svolgono la funzione di aggregatori di domanda ed offerta, utilizzando sistemi exchange, e si distinguono in verticali (specializzati per industry e trattano commodity o prodotti e servizi, rivolgendosi agli operatori di un settore specifico) e orizzontali (specializzati per beni e servizi di tipo commodity, trasversali ai settori ma accomunati per “tecnologia” o funzione d’uso). Il successo di queste soluzioni discende dal potenziale di aggregazione e dal valore asso- ciato al confronto diretto. In entrambi i casi, la partecipazione è regolata da transaction fee o da partecipation fee. 11.6 Nuovi orientamenti nella gestione del rapporto cliente-fornitore La naturale dialettica tra cliente e fornitore ha trovato un superamento negli approcci improntati alla collaborazione. Le prime esperienze che hanno dimostrato i benefici di un maggior coordinamento nella gestione dei flussi informativi e fisici tra le parti tra gli attori si riferiscono agli approcci JIT (Just in Time), sviluppati in Giappone negli anni ’70 e diffusisi in tutti i sistemi industriali. Uno degli obiettivi delle produzioni JIT è l’eliminazione delle scorte intermedie e la produzione solo nel momento di effettiva necessità del componente. Ciò comporta lo spostamento a monte delle necessità di stoccaggio, coinvolgendo direttamente il fornitore: i materiali devono essere consegnati frequentemente in quantità ridotte, nel momento in cui vengono richiesti e i fornitori devono essere limitati per garantire qualità e affidabilità delle consegne. Nei rapporti negoziali si stabilisce una fat- tiva e duratura collaborazione. La prima responsabilità degli addetti agli approvvigionamenti risiede nell’istruzione del fornitore sugli obiettivi ed i significati di un programma di acquisti JIT. Il rapporto di collaborazione si esplicita in: accordi di fornitura di lungo periodo che assicurino al fornitore adeguati ritorni sugli inve- stimenti; orientamento alla pianificazione dei fabbisogni attuato con previsioni sulla domanda ed ordini sufficientemente anticipati, stabilizzazione dei programmi di acquisto e conseguenti ridotte possibilità di variazione; specifiche tecniche accurate e riprogettazione dei componenti in funzione delle caratteri- stiche e delle capacità produttive del partner; prezzi remunerativi, tempestività nei pagamenti e tutela dei margini del fornitore. La collaborazione si sviluppa su tutti i fronti: progettazione del prodotto, garanzie di qualità, modalità di trasporto e stoccaggio e sistemi informativi sviluppati congiuntamente. L’affermazione di tali mo- dalità di rapporto trae ulteriori motivi di rafforzamento negli approcci collaborativi, basati su un mag- gior scambio di informazioni, agevolate dalle tecnologie ICT. Grazie all’impiego delle nuove tecno- logie web-based, lo scambio informativo non si limita alla condivisione di informazioni strutturate e stabili, ma anche al trasferimento di informazioni dinamiche, influenzate dai processi decisionali in- terdipendenti. 23 11.6.1 Gli approcci collaborativi Alla base di tali approcci risiede il convincimento che solo attraverso una piena trasparenza nei flussi informativi intercorrenti tra i partner si possa realizzare un’evoluzione nei loro comportamenti e in- durre ad un orientamento collaborativo teso al perseguimento congiunto di più elevate prestazioni. L’interdipendenza tra i processi decisionali e il dinamismo delle relazioni di causa-effetto può essere gestita tramite piattaforme tecnologiche comuni, linguaggi standardizzati e protocolli di scambio con- divisi. I principali vantaggi all’impiego di modelli relazionali tesi alla collaborazione sono principalmente riconducibili a: miglioramento dell’efficienza, in virtù della maggior integrazione dei processi interaziendali, che eliminano ogni duplicazione o ridondanza di attività; riduzione dei costi di utilizzo di risorse produttive, tecnologiche e finanziarie esterne all’azienda, grazie alla maggior apertura che caratterizza la relazione di scambio e alla defi- nizione e perseguimento di obiettivi comuni; integrazione e lo scambio di conoscenze specialistiche tra partner, da cui scaturiscono apprendimento e crescenti livelli di efficacia operativa. Gli approcci collaborativi più diffusi sono riconducibili alle metodologie Vendor Management Inven- tory (VMI), ai metodi Consignment Stock (CS) e alle tecniche Continuous Replenishment Program (CRP) e Collaborative Planning, Forecasting and Replacement (CPFR). VMI – Vendor Management Inventory Questa modalità prevede che sia il fornitore ad assumersi la responsabilità di gestire le scorte dei materiali o dei prodotti finiti per conto del cliente. Gli ordini per la ricostituzione dello stock non ven- gono emessi dal cliente: è il fornitore stesso a decidere sul reintegro delle scorte, in base alle infor- mazioni ricevute. Il fornitore, ovviamente, opera all’interno di un margine di discrezionalità preceden- temente condiviso con il cliente in cui sono stati definiti gli obiettivi sui livelli desiderati di stock. Questa logica porta ad una serie di vantaggi: una riduzione delle scorte presso il cliente, legata alla progressiva diminuzione delle scorte di sicurezza non più necessarie per fronteggiare i rischi di stock-out del fornitore; una riduzione delle scorte presso il fornitore, derivante da una migliore visibilità sulla do- manda; una riduzione dei tempi associati alla gestione degli ordini e dei relativi costi amministrativi. CS – Consignment Stock Un’evoluzione del VMI prevede la gestione diretta da parte del fornitore delle scorte presso i clienti. Il fornitore, che conosce i livelli di giacenza nei magazzini, reintegra in autonomia le scorte in accordo con gli obiettivi di copertura minima e massima concordati. Il materiale in giacenza presso il cliente rimane di proprietà del fornitore fino al momento del prelievo: questo passaggio di stato costituisce il presupposto per la fatturazione da parte del fornitore a cui vengono riconosciuti termini di paga- mento più favorevoli. CRP – Continuous Replenishment Program Simile al VMI, è un sistema di riapprovvigionamento di tipo pull che si fonda su procedure di riordino automatico in base al quale il produttore manda ai CEDI (Centri Distributivi) carichi completi, la cui composizione varia in funzione delle uscite e in conformità a un livello di giacenza prefissato. Il sistema è gestito in base ai dati di vendita e alle previsioni, con l’obiettivo di effettuare consegne frequenti ma contenute, così da avere un miglioramento significativo in termini di maggiore rotazione 24 dei magazzini, migliore servizio al consumatore e minori situazioni di sottoscorta. Il produttore pro- pone un piano di consegna (basato sulle uscite dal CEDI, sulle scorte e sulle rotture di stock presso il CEDI e sugli ordini già acquisiti) che diventa esecutivo una volta approvato dal cliente: anche in questo caso la proposta su tempi e quantità ottimali viene generata dal fornitore, mentre il cliente detiene la responsabilità. Perché il metodo sia efficace e migliori le performance, occorre una forte volontà di collaborazione che implica la definizione del set di informazioni da condividere. CPFR – Collaborative Planning, Forecasting e Replenishment Rappresenta un ulteriore passo verso la completa integrazione dei processi di pianificazione e ge- stione. Le linee guida dell’approccio CPFR mettono in luce la necessità di predisporre gli elementi di base della relazione tra gli attori. Tali principi possono essere così riassunti: sviluppo di business plan congiunti: lo scopo di questa fase consiste nel raggiungimento di un mutuo accordo su un piano di business di medio termine per ciascuna categoria di prodotti oggetto dell’accordo; condivisione delle prassi operative: affinché la collaborazione risulti davvero efficace, è necessario definire le principali modalità operative a cui tutti i partner si devono attenere al fine di creare la necessaria omogeneità; selezione congiunta delle misure di performance: l’obiettivo è quello di contribuire al mi- glioramento complessivo dei risultati economici e logistici attraverso la collaborazione tra i partner della supply chain. A tal fine, è fondamentale individuare un set di key performance indicator (KPI) che permetta di monitorare costantemente il risultato dei processi comuni di previsione e pianificazioni dei flussi in termini di soddisfazione del cliente, accuratezza dei dati previsionali, livelli di stock. Ciò richiede un accordo preliminare circa le modalità di cal- colo degli indicatori, la fonte dei dati, la frequenza delle rilevazioni e il livello di disaggrega- zione cui spingere l’elaborazione. I sistemi collaborativi descritti si basano su uno scambio di informazioni teso ad ottimizzare il trade- off tra efficacia (servizio) ed efficienza (giacenze) nella relazione di fornitura. 11.6.2 Le opzioni di sourcing Merita un accenno particolare la disamina delle alternative di gestione del rapporto di fornitura e delle architetture che possono essere disegnate per coordinare al meglio le relazioni gerarchiche tra diversi livelli di fornitura. Sole sourcing Si parla di sole sourcing quando l’intero fabbisogno per una famiglia merceologica viene acquisito da un singolo fornitore. Si tratta di contesti vincolati, con un solo operatore sul mercato, a causa di elevate barriere all’entrata, dovute alla disponibilità di know-how non riproducibile da altri. In tal caso, il potere contrattuale del fornitore lascia poca discrezionalità alla funzione approvvigionamenti del cliente, costretta a ricercare forme di integrazione verticale a monte. Single sourcing La prassi del single sourcing si riferisce ai contesti in cui l’azienda si orienta a privilegiare un solo fornitore, pur esistendo delle alternative, per l’intera fornitura di una famiglia merceologica. A favore di tale approccio vi è la possibilità di ricercare e ottenere da un unico fornitore un rapporto privilegiato di collaborazione. Si manifesta, quindi, l’esigenza di instaurare rapporti duraturi, basati sulla condi- visione del rischio attraverso continui scambi di informazioni, forte coordinamento operativo e piani- ficazione congiunta degli investimenti. Il legame univoco e di lungo periodo garantisce entrambe le 25 controparti: il cliente trova un partner sollecito nel soddisfare i propri fabbisogni e il fornitore vede allocata gran parte della sua capacità produttiva per orizzonti temporali rassicuranti. Second sourcing Si sviluppano rapporti di second sourcing nei casi in cui si instaurino relazioni con fonti alternative, secondarie per volumi allocati e intensità della relazione, con scopo cautelativo, per contenere i rischi della mono fornitura, a mantenere in tensione il rapporto contrattuale con il fornitore principale e a garantire margini di ulteriore flessibilità in presenza di punte di fabbisogno. 11.6.3 Le architetture gerarchiche di fornitura Fornitori di I classe È una categoria che include fornitori comaker globali ed è caratterizzata da una stretta coopera- zione nella progettazione di prodotti e tecnologie, da investimenti comuni in “innovazione tecnologica” e da scambi di informazioni su prodotti e processi. Fornitori di II classe Questa categoria comprende i fornitori integrati (o comaker operativi) e si basa su rapporti di lungo termine soggetti a revisione periodica, possibilità di oscillazione dei prezzi e livelli qualitativi garantiti ed autocertificati secondo criteri concordati e forniture frequenti in lotti contenuti. Il cliente, quindi, non svolge controlli in accettazione, piuttosto dà vita a programmi JIT e si impegna in attività di consulenza ai fornitori. Fornitori di III classe Rientrano in questa classificazione i fornitori normali, con cui si stabiliscono trattative impostate sulla negoziazione del prezzo, specifiche qualitative minimali, ordini singoli e orizzonti di breve ter- mine. L’acquirente necessita, perciò, di predisporre opportuni strumenti cautelativi a fronte di possi- bili inaffidabilità. Sempre più spesso la relazione tra azienda committente e fornitori viene strutturata in forme gerar- chiche piramidali, in cui i fornitori di primo livello, gli unici in contatto con l’azienda terminale, sono responsabili dell’operato di quelli di secondo livello, che a loro volta controllano quelli di terzo livello. 26 CAP 12 – La gestione della logica distributiva 12.1 Rilevanza ed evoluzione della logistica aziendale I flussi logistici si sono oggi estesi progressivamente lungo le filiere produttive. Nei casi in cui il rapporto lungo le reti cooperative interessi non solo i processi logistici ma anche altri processi critici come lo sviluppo di un prodotto o di un servizio, si afferma un nuovo concetto definito supply chain management che consiste nell'integrazione dei processi di business cliente-fornitore finalizzata a fornire prodotti, servizi e informazioni che aggiungono valore al consumatore finale. Gestire la supply chain vuol dire sincronizzare i processi di un'azienda con quelli dei fornitori e dei clienti in modo da allinearsi alle richieste della domanda finale. La logistica distributiva è quindi una componente della più generale supply chain, ma svolge delle funzioni sempre più rilevanti. 12.2 La progettazione del sistema logistico La progettazione di un sistema di logistica distributiva è un fatto complesso che comporta una serie di decisioni riguardo l'ubicazione, la numerosità, la capacità e le proprietà dei nodi di cui è composto. Questo processo è volto a definire gli obiettivi di servizio al cliente e le prestazioni attese. Dopo aver definito gli obiettivi dei servizi, assumono rilevanza strategica le scelte di struttura relative ai nodi e alle modalità di gestione dei flussi fisici e informativi intercorrenti tra i nodi. Nello specifico, sono scelte di canale e di rete logistica. In una prima fase si procede avviando opportune riflessioni con riferimento alle macro-scelte ine- renti alla gestione delle funzioni logistiche principali, come l'organizzazione interna e la gestione dei magazzini o la modalità di regolazione dei flussi fisici. Successivamente si formulano delle micro-scelte di gestione a cui si delega il compito di garantire livelli di operatività adeguati al conseguimento degli obiettivi stabiliti. Per valutare l'adeguatezza delle soluzioni e dei processi predisposti, la progettazione deve entrare nel merito di molteplici decisioni e deve prevedere anche lo sviluppo di un sistema di rilevazione pane e reporting volto ad assicurare una duplice verifica: - un controllo di feedback per apprezzare gli scostamenti rispetto ai valori standard stabiliti, - un controllo di feed-forward per spiegare le motivazioni sottostanti certe prestazioni su cui stimare i parametri tecnici e gestionali per la futura operatività. Questo momento interpretativo non si limita a suggerire la ridefinizione degli standard operativi di funzionamento ma può fornire utili indicazioni riguardo la revisione di parti o di interi processi logistici. 12.2.1 Il servizio logistico C'è un'importante distinzione tra le due componenti che concorrono in termini qualitativi e quantitativi alla definizione di un obiettivo di servizio, ossia: - servizio: è definito come un mix di prestazioni differentemente assortito, in cui il prevalere di una sull'altra dipende dal caso in esame, - livello di servizio: si riferisce all'intensità di erogazione di queste prestazioni (es: la velocità di consegna di un prodotto è un elemento del servizio, mentre il numero di giorni medi ne- cessari ne misura il livello). In generale, all'incremento del livello di servizio erogato corrisponde un aumento esponenziale del costo logistico sostenuto per la sua erogazione. Questa considerazione sintetizza il dilemma circa gli obiettivi di servizio e i corrispondenti livelli di costo che ciascuna azienda deve porsi. 27 Esistono contesti competitivi o imprese per cui la sensibilità delle vendite e dei costi al variare del livello di servizio è molto diversa. Si possono identificare diversi orientamenti sotto il profilo degli obiettivi a cui ispirare la progettazione logistica: - aziende ad alto rischio: caratterizzate da alti costi logistici e bassi livelli di servizio. Si col- locano le aziende con un futuro incerto, caratterizzate da inefficienze gravi e non in grado di soddisfare l'attesa del mercato. Spesso ne fanno parte le aziende che si radicano su posi- zioni progressivamente obsolete o incapaci di seguire concorrenti, - aziende market oriented: privilegiano l’efficacia e sono proprie delle imprese che svilup- pano una particolare attenzione al servizio nonostante gli elevati oneri logistici, - aziende production oriented: maggiormente sensibili al contenimento dei costi logistici, i servizi sono erogati in modo residuale rispetto ad altri vettori competitivi, - aziende logistic oriented: in grado di competere con successo e promotrici di una formula che associa costi logistici contenuti a elevati livelli di soddisfazione del cliente. Quest'ultima alternativa appare sempre più ispirata ai principi sintetizzati nella locuzione Time Based Competition, in cui la dimensione temporale del servizio al cliente sembra prevalere, privi- legiando il valore della velocità o quello della puntualità. In particolare, si definiscono: o time critical i valori in cui la definizione della velocità è più importante, o time definite i valori in cui il minor scostamento rispetto alla data di consegna con- cordata è più importante. In realtà, attualmente le crescenti aspettative dei clienti portano a performance sempre più stringenti su entrambi i profili. 12.2.2 Le scelte di assetto strutturale Le scelte di assetto incidono sui caratteri strutturali dell'impresa e appartengono alla sfera delle scelte strategiche. Ne fanno parte: - le scelte di canale fisico: riguarda la mono o multicanalità, ossia se interfacciarsi con il cliente attraverso il canale virtuale o affiancare anche canali fisici tradizionali. Ultimamente si verifica una progressiva convergenza tra le due scelte, che prende il nome di omnicanalità. Quest'ultima è intesa come la capacità di sfruttare in modo integrato tutte le modalità di co- municazione e interazione con il cliente. La possibilità di impiegare congiuntamente opzioni multicanale offre al cliente e all'azienda un'ampia gamma di possibili interazioni dove i canali online e offline convivono e si possono sostituire con facilità. Ovviamente la gestione multi- canale e quella omnicanale non sono prive di rischi o difficoltà operative. Ad esempio, la tendenza a sviluppare forme di multicanalità oppure nuove iniziative di estensione online di attività preesistenti, espone l'azienda a rischi di conflittualità tra i canali, aumentando i rischi di competizione verticale, competizione orizzontale e cannibalizzazione tra canali. In partico- lare: o competizione verticale: è il caso di produttori che decidono di eliminare il ruolo dei distributori, oppure è il caso di distributori che immettono sul mercato proprie marche senza avere bisogno di azienda produttrice. In questi casi aumenta l'attrito competi- tivo, o competizione orizzontale: è il caso di aziende che non riescono a segmentare la pro- pria clientela e rischiano di vedere acquisti online sostitutivi rispetto a quelli tradizio- nali. In questi casi, si evidenziano incrementi di costo significativi per gestire entrambe le modalità distributive, 28 In entrambi i casi si aggiungono elementi di complessità legati alla coordinazione delle poli- tiche di pricing o alla necessità di garantire sincronizzazione - le scelte relative alla rete logistica. 12.2.3 Progettazione della rete Riguarda l'organizzazione dell'insieme di nodi e canali logistici attraverso cui avviene la regolazione ordinata del flusso fisico e informativo. Le principali scelte sono: - scelte di accentramento/polarizzazione: il grado di centralizzazione del sistema logistico, - scelte di postponement/speculation: il grado di anticipazione di operazioni di personaliz- zazione, rispetto alle specifiche di prodotto e ai fabbisogni del cliente, - scelte di outsourcing: grado di terziarizzazione delle strutture e delle attività logistiche. Scelte di accentramento I due parametri che lo condizionano maggiormente sono il grado di densità di valore del prodotto e il grado di incertezza dei flussi logistici. Per quest'ultimo si intende il grado di incertezza della do- manda che influenza la prevedibilità della stessa e dei flussi in uscita, ma anche l'incertezza dei flussi di acquisto che sono funzione del grado di affidabilità del sistema produttivo. La densità di valore del prodotto influenza il grado di accentramento delle strutture, mentre l'incertezza dei flussi logistici orienta scelte di efficienza o efficacia logistica. Al crescere della densità di valore del prodotto aumenta la convenienza a realizzare i sistemi logistici centralizzati, in quanto gli oneri finanziari aumentano all'aumentare del valore per unità di volume del prodotto. Al contrario, per i prodotti connotati da bassa densità di valore, sono necessari i sistemi logistici distributivi. Invece, nei casi in cui la domanda risulti facilmente prevedibile e il sistema della fornitura affidabile, le scelte logistiche si orientano alla ricerca della massima efficienza operativa e al contenimento dei costi. Per contro, nei casi di inaffidabilità della domanda la logistica persegue scelte volte a localiz- zare le capacità produttive eccedenti e destinare con trasferimenti veloci il prodotto scarso dove viene richiesto. - la logistica ad elevata flessibilità è propria di sistemi caratterizzati da pochi punti nodali in cui avvengono scambi di flussi fisici di compensazione, - La logistica a elevata reattività è caratteristica delle catene distributive, - la logistica a elevato accentramento e caratteristica di distributori di ricambi, - la logistica a elevata efficienza si riferisce solitamente a realtà industriali. Scelte di postponement/speculation Se il prodotto in base al suo grado di configurabilità può essere personalizzato in base alle specifiche d'ordine del cliente, le operazioni in compensazione appaiono più complesse, dovendo immaginare oneri accessori non previsti. Tali costi, sommati ai già citati costi incrementali di trasporto e manipo- lazione, possono rendere le attività di compensazione inefficienti, anche se tecnicamente fattibili. Per ovviare a tali vincoli è possibile attuare delle strategie di postponement, ovvero di dilazione delle opzioni di personalizzazione «al più tardi» rispetto al momento della specificazione dell’acquisto. Queste strategie produttive sono realizzabili solo in presenza di due requisiti: - le opzioni di personalizzazione devono essere associate a varianti preventivamente definite in sede di progettazione, 29 - l'indice di programmazione delle operazioni deve risultare inferiore all'unità. Questo indice è dato dal rapporto tra il tempo di realizzazione per personalizzare il bene (lead time) e il tempo di attesa tollerato dal cliente per la consegna (delivery time). Le scelte di postponement si contrappongono alle scelte di speculation per cui un'azienda accetta il rischio di assumere decisioni anticipate basate sul livello di affidabilità delle

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