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Farmacologia (dragged) 4 PDF

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Summary

This document discusses the pharmacology of ethanol and methanol, including their effects, metabolism, and treatments for intoxication. It also covers the oxidation of purine and xanthine bases, the oxidative deamination of biogenic amines, the enzymes involved in these processes, and their roles in drug metabolism. The document also discusses drug metabolism via reductions and hydrolysis, and the importance of phase II reactions.

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Etanolo Disulfiram: inibitore irreversibile dell’ALDH; usato nella disassuefazione degli etilisti → accumulo di acetaldeide in chi ha assunto etanolo: Sapore disgustoso, nausea, vomito Vasodilatazione generalizzata → cefalea, ipotensione; tachicardia; difficoltà respiratorie;...

Etanolo Disulfiram: inibitore irreversibile dell’ALDH; usato nella disassuefazione degli etilisti → accumulo di acetaldeide in chi ha assunto etanolo: Sapore disgustoso, nausea, vomito Vasodilatazione generalizzata → cefalea, ipotensione; tachicardia; difficoltà respiratorie; confusione mentale Metanolo (CH3-OH) → formaldeide →acidoformico (neurotossico) Il metanolo è usato in bevande come adulterante (costo < etanolo) Dose letale di metanolo: 50-250 ml Effetti dell’acido formico: inibizione della citocromo c ossidasi mitocondriale → ipossia e grave acidosi metabolica; cecità permanente da degenerazione del ganglio ottico (già con 4-10 ml di metanolo) L’intossicazione da metanolo viene trattata con un eccesso di etanolo (per via e.v.), che è 100 volte più affine per l’alcool deidrogenasi ADH (competizione salvavita). Unità alcolica e alcolemia 1 unità alcolica (drink) corrisponde a ~12g di etanolo → alcolemia 0,23g/l Serve almeno 1 ora per smaltire 1 drink assunto a stomaco pieno. Gradazione alcolica: quantità in ml di etanolo in 100ml di bevanda (es. 12° o 12%). Per ottenere il contenuto di alcool in peso: volume * 0,8 (peso specifico dell’etanolo) Tasso alcolemico o alcolemia: [etanolo]sangue calcolata secondo la Formula di Widmark. [peso etanolo * 1,055 (peso specifico del sangue)] / [peso corporeo * FW (Fattore di Widmark = peso corporeo/sangue = 0,73 per uomini e 0,66 per donne)] 12 aprile 2024 Effetti dell’etanolo sul SNC L’etanolo non è un alimento ma una sostanza psicoattivache interferisce con le funzioni neuropsichiche e induce fenomeni neuro-adattivi (tolleranza; dipendenza fisica, con sindrome d’astinenza; dipendenza psicologica), agendo su diversi sistemi neurotrasmettitoriali (GABA, DA, 5-HT, glutammato, neuropeptidioppioidi endogeni). L’etanoloè incluso nell’elenco delle droghe di tipo legale. L’etanolo deprime il SNC, anche se provoca euforia, disinibizione e perdita dell’autocontrollo. Gli effetti su funzioni cognitive e comportamento cambiano con i livelli di alcolemia: o Euforia (0.2-0.8 g/L) o Ebbrezza (0.8-1.5 g/L) o Ubriachezza (> 2.0 g/L) Caratteristiche farmacocinetiche dell’etanolo Assorbimento rapido per os (30-90 minuti); distribuzione omogenea in tutti i fluidi dell’organismo (Vd = 42 l in un adulto di 70 kg di peso corporeo); passa barriera ematoencefalica e placenta (→ sindrome fetale alcolica). Eliminazione prevalentemente epatica: 92-98% dell’etanolo presente nell’organismo viene ossidato ad acetaldeide ed acido acetico: 1,6-6% eliminato per via polmonare e, in misura minore (0,5-4%), con le secrezioni (sudore, lacrime, latte materno) e con le feci. Il rapporto tra [etanolo] in plasma e in aria espirata è relativamente costante → alcool test. 101 Il fegato è in grado di biotrasformare solo una certa quantità di etanolo. La velocità massima di eliminazione dell’etanolo in soggetti adulti non etilisti è mediamente di 8 g/ora → lento decremento dell’alcolemia (~0,15 g/l/ora). È sufficiente assumere 10 g di etanolo (~100 ml di vino)/ora per causare un progressivo accumulo e conseguenti effetti tossici. Biotrasformazione epatica dell’etanolo 1. In condizioni fisiologiche l’etanolo è ossidato prevalentemente (~75%) tramite una singola via ossidativa (ADH1 e ALDH) facilmente saturabile (Km di ADH1 = 0,08 g/l). È sufficiente assumere 40 g di etanolo (~100 ml di superalcolico o 400-500 ml di vino) per ottenere un’alcolemia di 1 g/l, valore per il quale la ADH1 è già saturata. 2. L’ossidazione dell’etanolo da parte del CYP2E1 diventa rilevante ad alte [etanolo] e in caso di induzione enzimatica (anche da etanolo stesso, come negli etilisti). 3. La catalasi converte l’etanolo ad acetaldeide (causa di nausea, vomito) utilizzando il perossido di idrogeno. In un bevitore moderato, solo il 10-20% dell’etanolo viene ossidato attraverso le vie 2 e 3. La [etanolo] nell’aria espirata (misurata con l’etilometro, almeno 10-15 min dopo l'ultima bevuta) che corrisponde al valore di alcolemia legale (0,5g/l) è pari a 0,25mg/l. Ossidazione di basi puriniche e xantiniche Basi puriniche Deaminazione di adenina → ipoxantina Deaminazione di guanina → xantina In entrambi i casi il prodotto finale è l’acido urico attraverso l’enzima xantina ossidasi (metallo flavoproteina) citosolico. I substrati della xantina ossidasi sono: Endogeni: o ipoxantina, xantina Esogeni: Caffeina, teofillina → 3-metilxantina Allopurinolo (falso substrato, analogo dell’ipoxantina), usato come antigottoso → inibizione della sintesi di acido urico. Deaminazione ossidativa di amine biogene La deaminazione ossidativa di amine biogene porta alla produzione di aldeidi che sono rapidamente metabolizzate dall’aldeide deidrogenasi ai corrispondenti acidi carbossilici. Enzimi coinvolti: monoamino ossidasi (MAO), flavoproteine presenti in quasi tutti i tessuti, localizzate sulla membrana esterna dei mitocondri. Substrati: Endogeni: catecolamine (A, NA, DA); derivati del triptofano (triptamina; serotonina) Esogeni: primachina (antimalarico); aloperidolo (antipsicotico); tiramina (di origine alimentare) 102 Gli enzimi MAO Nel fegato, hanno un ruolo difensivo cruciale nell’inattivazione delle monoamine circolanti o di sostanze di origine alimentare (es. tiramina) che sono ingerite o che originano nell’intestino e vengono assorbite nella circolazione portale. La tiramina (composto monoaminico naturale derivato dall’aa tirosina) è contenuta in molti alimenti (formaggi; carni lavorate; salsa di soia; prodotti alimentari fermentati; pesce; cioccolato; bevande alcoliche, tra le quali vino rosso e birra) e agisce come una amina simpaticomimetica ad azione indiretta, rilasciando catecolamine (NA, A, DA) dalle terminazioni nervose. Non essendo capace di attraversare la barriera ematoencefalica, produce solo effetti simpaticomimetici periferici, non psicoattivi. Un introito alimentare di tiramina elevato o in corso di terapia antidepressiva con farmaci inibitori delle MAO può causare la cosiddetta risposta pressoria alla tiramina o cheese reaction caratterizzata da una pericolosa ipertensione acuta (preannunciata da cefalea pulsante), conseguente al rilascio di catecolamine indotto dalla tiramina → vasocostrizione, aumento frequenza cardiaca e pressione arteriosa. Le MAO esistono in due isoforme, MAO-A e MAO-B, codificate da 2 geni distinti, con diversa distribuzione tissutale e diversa specificità di substrato: MAO-A MAO-B Fegato, polmoni placenta, Intestino tenue, fegato, pacenta, Localizzazione intestino tenue, Neuroni serotonergici centrali, predominante Neuroni catecolaminergici centrali astrociti e periferici Substrati preferenziali 5-HT, NA, DA, A, tiramina DA, tiramina Selegilina, rasagilina (irreversibili) Moclobemide (reversibile) → ↓ degradazione DA (neuroni Inibitori selettivi (MAO-I) → ↓ degradazione 5-HT e NA dopaminergici nigrostriatali) (basse dosi) → ↑ tono dell’umore → ↑ neurotrasmissione dopaminergica Usi terapeutici dei MAO-I Depressione, disturbi dell’umore, Morbo di Parkinson (effetti sul SNC) disturbi d’ansia, attacco di panico Riduzioni Molto meno comuni delle ossidazioni, sono inibite dall’ossigeno molecolare. Enzimi coinvolti: microsomiali (sistema citocromo P450, soprattutto dei batteri anaerobi intestinali) ed extramicrosomiali (DT diaforasi: NADPH-chinone reduttasi, epatica, inducibile ® riduzione di chinoni a idrochinoni) Substrati principali: nitro- e azocomposti Hanno importanza tossicologica, perché possono portare alla formazione di metaboliti tossici o intermedi reattivi (bioattivazione). Esempi: Alotano (anestetico generale inalatorio), ridotto a radicali liberi tossici → perossidazione lipidica → epatotossicità Doxorubicina e daunorubicina (antracicline, antibiotici citotossici antitumorali) → formazione di radicali liberi e specie reattive dell’ossigeno (ROS) → cardiotossicità Nitrati e nitriti → nitrosamine cancerogene 103 Idrolisi Enzimi coinvolti: ubiquitari, con la più alta attività in fegato e plasma Sistema citocromo P450 → idrolisi di esteri di un acido carbossilico o fosforico Epossido idrolasi (microsomiale; polmoni, fegato, testicoli; inducibile) → detossificazione di epossidi elettrofili, spesso mutageni e cancerogeni (formazione di addotti a proteine, DNA e RNA), originati durante l'ossidazione citocromo P450 dipendente (CYP1A1) di idrocarburi olefinici o aromatici. Esempio: benzo[a]pirene Proteasi: scarsamente coinvolte nella biotrasformazione dei farmaci; presenti in secrezione gastrica, plasma, fluidi interstiziali, endotelio vasale, lisosomi → idrolisi di peptidi/proteine, endogeni e esogeni (farmaci proteici). Carbossilesterasi: ubiquitarie (anche plasma); con limitata specificità di substrato: o Esterasi, sia specifiche (fegato, intestino) che non specifiche (nel plasma, è detta pseudocolinesterasi ed è geneticamente polimorfa) → rapida idrolisi di esteri. Substrati: ▪ Endogeni: acetilcolina (acetilcolinesterasi specifica) ▪ Esogeni: atropina (anticolinergico muscarinico); cocaina (psicostimolante); procaina (anestetico locale estereo); succinilcolina e mivacurio (bloccanti neuromuscolari); molti profarmaci o Amidasi, non specifiche (plasma) → lenta idrolisi di amidi Substrati esogeni: procainamide e lidocaina (anestetici locali; antiaritmici per via e.v.) Reazioni di fase II La tendenza di una certa sostanza, esogena o endogena, a combinarsi con un dato agente coniugante dipende solo dalla presenza nella sua molecola di un gruppo funzionale appropriato (centro per la coniugazione: -COOH; -OH; NH2; -SH). Rispetto alle reazioni di fase I, gli enzimi coinvolti nella fase II sono meno inducibili. I substrati coinvolti possono essere il farmaco, se possiede un gruppo funzionale sufficientemente reattivo, o i metaboliti delle reazioni di fase I. Via escretive dei Reazione Gruppo funzionale Capacità relativa coniugati PM < 400 da: urine Glucurunazione -OH; -COOH; -SH; NH2 Elevata PM > 400 da: bile Acetilazione -NH2; -SO2NH2 Variabile Urine Coniugazione con carbonio o eteroatomo Bassa Bile GSH (-O, -N, -S) elettrofilo Coniugazione con -COOH Media Urine glicina Solfatazione -OH; -NH2; -SO2NH2 Bassa Urine Metilazione -OH; -NH2 Bassa Urine Cofattori ad alta energia degli enzimi di fase II L’energia richiesta per la coniugazione viene utilizzata quasi sempre per attivare l’agente coniugante a composto ad alta energia. L’attivazione è mediata direttamente o indirettamente dall’ATP. Eccezione: coniugazione con glicina (o altri aminoacidi), in cui è il substrato ad essere attivato. Coniugazione con acido glucuronico Agente coniugante attivato: acido UDP-glucuronico (nel metabolismo intermedio di sintesi del glicogeno); in alta concentrazione (350 µM) nel citosol 104 Gruppi funzionali legati: -OH (fenoli, alcooli); -COOH (acidi carbossilici aromatici e alifatici); -SH (tioli); NH2 (amine ed amidi/sulfonamidi) Enzima: UDP-glucuroniltransferasi Microsomiale; ubiquitario (fegato); inducibile In molte isoforme (differenze interindividuali e tra le specie) Ampia specificità di substrato; alta capacità ma bassa affinità Esempi di substrati: Endogeni: bilirubina; ormoni steroidei; ormoni tiroidei Esogeni: acido salicilico, fenilbutazone, paracetamolo (FANS); morfina (oppioide). I coniugati con alcooli e fenoli possono essere idrolizzati dalle b–glucuronidasi della microflora intestinale → agliconi che possono essere riassorbiti e rientrare nel circolo enteroepatico (fegato → bile → duodeno → idrolisi del coniugato → riassorbimento in circolo). Coniugazione con acido solforico Agente coniugante attivato: PAPS (3'-fosfoadenosin-5'-fosfosolfato); in bassa concentrazione (75 µM) nel citosol. Substrati: fenoli; alcooli; amine aromatiche. Endogeni: catecolamine; acidi biliari; ormoni steroidei Esogeni: paracetamolo (FANS) Enzimi: solfotransferasi (citosoliche), presenti in fegato, rene, intestino e polmoni; numerose isoforme (differenze tra le specie e tra i sessi); bassa capacità ma alta affinità. Molti xenobiotici (es. paracetamolo) che subiscono coniugazione con acido glucuronico possono essere coniugati anche con acido solforico. La capacità e l'affinità relative delle due reazioni di coniugazione fanno sì che uno xenobiotico sia: A basse dosi prevalentemente solfoconiugato Ad alte dosi prevalentemente glucuronoconiugato Il paracetamolo, attraverso una reazione della fase I, produce benzochinone, una molecola molto attiva per cui deve essere immediatamente associata alla reazione di fase II. In caso di sovradosaggio il benzochinone causa tossicità epatica → insufficienza. Coniugazione con acido acetico Agente coniugante attivato: acetil-coenzima A (acetil-CoA) (dalla glicolisi o da interazione diretta dell’acetato con il CoA mediata da CoA-S-acetiltransferasi) Gruppi funzionali legati: -NH2 (amine primarie aromatiche e alcune alifatiche; idrazine); -SO2NH2 (sulfonamidi) Enzimi: N-acetiltransferasi (NAT) citosoliche. Nell’uomo, in due isoforme: NAT1 (ubiquitaria); NAT2 (in fegato e intestino; geneticamente polimorfa) Substrati: via preferenziale di biotrasformazione di amine (-NH2) e idrazine (-NH2 NH2) aromatiche (farmaci e xenobiotici ambientali) Endogeni: colina; istamina 105 Esogeni: sulfamidici (antibatterici); isoniazide (antitubercolare) Caratteristiche degli N-acetilati (NAT1) (sulfonamidi, idrazine): spesso sono meno idrosolubili dei composti d'origine → ritardata escrezione → possibili complicazioni tossicologiche. Esempio: gli N- acetilderivati di alcuni sulfamidici (antibatterici) sono meno idrosolubili → cristalluria renale (precipitati nei tubuli renali) → danno renale. Coniugazione con glicina Coniugazione di acidi carbossilici di origine esogena con aminoacidi (glicina, acido glutammico, taurina). Importante per la biotrasformazione ed escrezione urinaria di acidi carbossilici (detossificazione), richiede: I. Attivazione dell'acido carbossilico al derivato tioestere del CoA, catalizzata dalla CoA-ligasi (mitocondriale, ATP-dipendente) (fegato, reni) II. Trasferimento (legame peptidico) del gruppo acilico dell’acil-CoA tioestere sul gruppo aminico dell'aminoacido ricevente (glicina), catalizzato dalla acil-CoA aminoacido N-aciltransferasi (citosolica e mitocondriale) Substrati: Endogeni: acidi biliari (con glicina e taurina) → escrezione biliare Esogeni: acidi aromatici ed alifatici → escrezione renale. Esempio: aspirina Metilazioni Prevalentemente coinvolte nel metabolismo di sostanze endogene. Alcuni farmaci possono essere metilati da metiltransferasi non specifiche (in polmoni e altri tessuti). Mascherano gruppi funzionali ionizzabili (-NH2; -OH; -SH), altrimenti coniugabili da altri enzimi di fase II → minore idrosolubilità e capacità di subire ulteriori processi coniugativi → escrezione sfavorita. Eccezione: N-metilazione di xenobiotici piridinici (nicotina) → NH4+ idrosolubili. Agente coniugante attivato: S-adenosilmetionina (SAM) (donatore di -CH3). Deriva dalla reazione tra L- metionina e ATP, catalizzata dalla L-metionina adenosiltransferasi. Substrati: fenoli e catecoli; amine alifatiche e aromatiche; composti con gruppi SH Endogeni: catecolamine; L-DOPA; serotonina; istamina Esogeni: nicotina; amfetamine (psicostimolanti); 6-mercaptopurina (immunosoppressore, antitumorale); tiouracile (antitiroideo); tioeteri del GSH Enzimi: ubiquitari, per lo più citosolici e relativamente specifici. Nell’uomo: catecol O-metiltransferasi (COMT), per catecolamine e L-DOPA Coniugazione con glutatione (GSH) Agente coniugante: GSH, tripeptide citosolico (acido glutammico, cisteina, glicina), ubiquitario. In fegato ([~10 mM] negli epatociti), plasma, intestino, reni, surreni. Rimuove i composti elettrofili potenzialmente tossici (detossificazione) legandoli al gruppo nucleofilo tiolico della cisteina. Substrati: numerose sostanze endogene ed esogene (anche farmaci) dotate di un certo grado di idrofobicità ed elettrofile (presenza di un carbonio elettrofilo o di un eteroatomo elettrofilo,-O,-N,-S). Intermedi reattivi che originano da biotrasformazioni di fase I o di fase II (epossidi; chinonimine; ioni nitrenio; carbocationi; radicali liberi); alcheni; aril-alchil-derivati; alo- e nitro-alcani; alo- e nitro-aromatici. Composti fortemente elettrofili possono reagire col GSH anche spontaneamente (non enzimaticamente). 106 I GSH-coniugati formatisi nel fegato sono escreti con la bile o sono trasformati ad acidi mercaptourici → urine. Enzima (richiesto per la coniugazione di xenobiotici che non reagiscono spontaneamente col GSH): glutatione S-transferasi (GST), con due siti di legame (uno per il GSH ed uno per il substrato). Numerose isoforme (differenze interindividuali e tra le specie) GST citosoliche (> 95%): metabolismo di xenobiotici (anche farmaci) GST microsomiali (< 5%): elevata velocità di reazione (5-40 volte > GST citosoliche); metabolismo di composti endogeni (leucotrieni, prostaglandine); inducibili Ubiquitarie, con massima attività in plasma, fegato, intestino, rene e surrene. La resistenza a certe sostanze tossiche è spesso dovuta all'abbondanza di GST. Individui con bassa attività dell'enzima sembra siano a più alto rischio di carcinoma polmonare indotto dal fumo di tabacco. Confronto tra reazioni di Fase I e reazioni di Fase II Reazioni di fase I Reazioni di fase II Determinata da un gruppo Determinata da un gruppo funzionale funzionale Tipi di reazione Ampia varietà Numero limitato Relativamente imprevedibile Relativamente prevedibile Spesso più idrosolubile Quasi sempre più Con minore, uguale o Metabolita idrosolubile* maggiore attività (profarmaci) Quasi sempre inattivo** Idoneo per reazioni di fase II Reazioni catalizzate da Gran parte delle idrolisi, Tutte, eccetto la enzimi alcune ossidazioni e riduzioni glucuronidazione extramicrosomiali Non inducibili Non inducibili Reazioni catalizzate da Gran parte delle ossidazioni e Solo la glucuronidazione riduzioni, alcune idrolisi enzimi microsomiali Inducibile Inducibili *Eccezioni: acetilazioni; metilazioni **Eccezioni: morfina 6-glucuronide; minoxidil solfato (antiipertensivo); N-acetilprocainamide (antiaritmico) 16 aprile 2024 Fattori che influenzano la biotrasformazione dei farmaci Nella pratica clinica, uno dei problemi più rilevanti è costituito dalla notevole variabilità interindividuale nella risposta dei pazienti ai farmaci, sia in termini di effetti terapeutici che di effetti indesiderati. Uno stesso farmaco somministrato per la stessa via e alla stessa dose a più individui può generare risposte diverse. In alcuni individui il farmaco è molto efficace, in altri è poco/per nulla efficace e in altri ancora può generare effetti tossici. La biotrasformazione è il processo farmacocinetico suscettibile delle maggiori variazioni interindividuali: La velocità con cui sono biotrasformati certi farmaci può differire centinaia di volte da individuo a individuo Assorbimento, legame alle proteine plasmatiche, escrezione biliare e renale possono variare solo di alcune volte da individuo a individuo. 107 Poiché durata e intensità d’azione di molti farmaci sono ampiamente determinate dalla velocità alla quale sono biotrasformati, le variazioni nell’attività biotrasformante rappresentano la maggior fonte di variabilità interindividuale nella risposta clinica ai farmaci. Possono causare: Mancato/parziale effetto terapeutico o esagerata risposta Maggiore o minore incidenza di effetti indesiderati Risulta anche influenzata la suscettibilità individuale a quelle malattie (es. malattie immunitarie e neoplastiche) nelle quali gli xenobiotici o i loro metaboliti hanno un ruolo causale. Principali fattori che influenzano la capacità metabolica individuale Differenze (qualitative e quantitative) tra le specie → difficoltà nell’estrapolare i dati dagli animali da esperimento all’uomo Differenze interindividuali: numerose condizioni (fisiologiche, patologiche, ambientali, genetiche) possono alterare l’attività degli enzimi biotrasformanti i farmaci (studi di farmacogenetica) Fattori fisiologici Età: Periodo fetale e neonatale: scarsa attività biotrasformante o Sviluppo completo dei CYP entro pochi mesi o Sviluppo completo degli enzimi coniuganti oltre 1 anno Periodo infantile (1-8 anni): metabolismo ossidativo molto minore dell’età adulta Età adulta: massima attività biotrasformante Età senile: regressione dell’attività biotrasformante (efficienza metabolica di fase I molto variabile (anche per patologie concomitanti); efficienza metabolica di fase II invariata) Differenze metaboliche tra i sessi (farmacologia di genere): la biotrasformazione dei farmaci è sessualmente dimorfica e dipende dal singolo enzima coinvolto Di fase I: CYP3A4 e CYP2B6 > nelle donne; CYP1A2, CYP2D6, CYP2E1 e ADH gastrica < nelle donne Di fase II: UDP-glucuroniltransferasi e COMT < nelle donne Fattori patologici Stati patologici come malattie epatiche (cirrosi, epatiti) hanno due effetti contrastanti: Diminuzione della capacità biotrasformante, soprattutto del metabolismo ossidativo Ipoalbuminemia (l’albumina viene prodotta nel fegato) → maggiore quota di farmaco non legata → minore velocità di biotrasformazione Al contrario, in seguito a riformazione del fegato (ad esempio in seguito ad esportazione parziale), la capacità di biotrasformazione è maggiore rispetto a quella normale. Fattori ambientali Molti xenobiotici (compresi farmaci) possono aumentare o diminuire l’attività di vari enzimi biotrasformanti (soprattutto CYP), rispettivamente inibendone l’attività (inibizione enzimatica) o inducendone la biosintesi (induzione enzimatica). Questi fenomeni sono spesso alla base di interazioni avverse tra farmaci (compromissione dell’azione terapeutica, tossicità), derivanti da assunzione contemporanea di differenti principi attivi: Possono richiedere aggiustamenti del dosaggio o la scelta di farmaci che non interagiscono con tali enzimi Devono essere tenute in considerazione soprattutto quando si usano: farmaci vitali per il paziente; farmaci con importanti effetti collaterali; farmaci con stretta finestra terapeutica 108 Quelle causate da inibizione di isoenzimi CYP sono le più frequenti (~50% delle interazioni farmacologiche osservate nella pratica clinica) e pericolose (la quasi totalità delle interazioni farmacologiche potenzialmente fatali). Hanno portato al ritiro dal commercio di numerosi farmaci responsabili di tali interazioni. Gli inibitori enzimatici (soprattutto di CYP) in genere inibiscono solo un enzima/isoenzima o isoenzimi strettamente correlati e possono agire in modo reversibile o irreversibile. L’effetto clinico conseguente (spesso farmaco-specifico e generalmente tossico) di solito è massimo entro poche ore dall’assunzione dell’inibitore (entro 24 ore). Conseguenze dell’esposizione a inibitori enzimatici: Riduzione della biotrasformazione dell’inibitore stesso, di substrati endogeni ed esogeni (farmaci) somministrati contemporaneamente all’inibitore. Maggiore [farmaco attivo]plasma (anche considerevole, se l’enzima inibito costituisce la via più importante di eliminazione del farmaco) → condizione di sovradosaggio o ↑ Intensità e durata degli effetti farmacologici o ↑ Incidenza di reazioni avverse (possibile raggiungimento di livelli tossici) o ↓ Incidenza di reazioni avverse di farmaci che producono metaboliti tossici o ↓ Azione o inefficacia terapeutica di un profarmaco Esempi di inibitori enzimatici Farmaci: alcuni antibiotici (cloramfenicolo); alcuni antiulcera (cimetidina); alcuni antimicotici (ketoconazolo) Alimenti: Flavonoidi in succo/polpa di mirtillo su CYP2C9 intestinale (cautela in pazienti in terapia con l’anticoagulante orale warfarin) Furanocumarine in succo/polpa di pompelmo e di altri agrumi correlati su CYP3A4 e CYP2D6 intestinali (controindicati in pazienti, soprattutto anziani, in terapia orale con certi farmaci biotrasformati da CYP3A4 o CYP2D6 intestinali) Interazione succo di pompelmo e farmaci Esempio: biotrasformazione presistemica della felodipina6 ad opera del CYP3A4 negli enterociti (1) e poi negli epatociti (2). Il CYP3A4 biotrasforma il farmaco fino a ridurne la biodisponibilità del 15%. Il pompelmo, invece, inibendo l’enzima aumenta la biodisponibilità del farmaco di quasi il 50%. Le furanocumarine (bergamottina; 6,7-diidrobergamottina) e naringina presenti nel pompelmo causano l’inattivazione irreversibile del CYP3A4 intestinale e inibiscono la glicoproteina P intestinale. 6 Calcio-antagonista altamente selettivo a livello vascolare, che riduce la pressione arteriosa attraverso la riduzione delle resistenze vascolari sistemiche. 109 200-250 ml (un bicchiere) di succo di pompelmo o un frutto intero possono ridurre del 50% il contenuto intestinale di CYP3A4, causando effetti clinici significativi. Ci vogliono ~24 ore per recuperare il 50% dell’attività enzimatica e, in soggetti predisposti, fino a 3 giorni per un recupero completo (sintesi de novo dell’enzima). L’interazione tra succo di pompelmo e farmaci dipende dal farmaco e non dalla classe di appartenenza del farmaco stesso. I farmaci (più di 85 identificati) che interagiscono con il succo di pompelmo, con conseguenze cliniche significative, condividono tre caratteristiche essenziali: 1. Vengono assunti per os (se assunti per via e.v. l’interazione non si verifica) 2. Hanno bassa bio disponibilità per os ( 2,5 µg/ml a 6 ore sono considerati acetilatori lenti. La farmacogenetica identifica e studia i polimorfismi a carico di geni coinvolti nella risposta clinica ai farmaci allo scopo di individuare la migliore terapia farmacologica (massima efficacia con minima tossicità) per un dato paziente. 17 aprile 2024 Escrezione dei farmaci Parte del processo di eliminazione (rimozione irreversibile) del farmaco insieme alla biotrasformazione. Escrezione: espulsione dei farmaci immodificati e/o dei loro metaboliti dall’organismo nell’ambiente esterno attraverso gli organi emuntori e/o le secrezioni ghiandolari. Per farmaci/metaboliti non volatili o Renale(urine) o Epato-biliare (feci) o Con le secrezioni (sudore, saliva, lacrime, latte materno): vie quantitativamente poco importanti Per farmaci/metaboliti volatili o gassosi o Polmonare (aria espirata) Fattori fisiologici (età) e patologici (patologie renali ed epatiche) possono modificare l’escrezione dei farmaci. Escrezione renale dei farmaci Principale via escretiva e quantitativamente più importante per la maggior parte dei farmaci. 115 Il rene è l’organo che, rispetto alla massa, riceve il più alto flusso ematico (20-25% della gittata cardiaca; ~1,3l di sangue/min/70kg di peso corporeo). Con l’arteriola afferente, attraverso il glomerulo passano ~650ml di plasma/min dei quali: ~20% (~130 ml/min; > 150 l/giorno) viene filtrato attraverso i capillari glomerulari fenestrati; il restante 80%, con l’arteriola efferente, passa nei capillari peritubulari. L’escrezione renale dipende dagli stessi processi che intervengono nell'allontanamento dei prodotti finali del catabolismo delle sostanze endogene. Le sostanze escrete preferenzialmente con l’urina hanno PM < 400 Da e sono idrofile. 3 meccanismi influenzano l’entità dell’escrezione renale: 1. Filtrazione glomerulare 2. Riassorbimento tubulare passivo 3. Secrezione tubulare attiva Filtrazione glomerulare Passaggio delle sostanze presenti nel plasma attraverso i capillari glomerulari fenestrati (40-60 nm) insieme al solvente (l’acqua del sangue), guidato dal gradiente di pressione idrostatica nei capillari glomerulari (processo passivo, unidirezionale). Prevede il passaggio attraverso 3 strati: 1. Endotelio fenestrato dei capillari glomerulari 2. Membrana basale 3. Capsula di Bowman Le sostanze sono filtrate a velocità inversamente proporzionali alle loro dimensioni molecolari (PM non > 20.000 Da). Le proteine plasmatiche cui si legano i farmaci non sono filtrate. Solo la quota di farmaco libero/metabolita (coniugati con acido glucuronico, acido solforico, acido acetico o glicina) passano nel filtrato, mentre la quota legata alle proteine plasmatiche non può essere filtrata e resta in circolo. La quantità di farmaco filtrata dipende da: Velocità della filtrazione glomerulare (in base alla pressione sanguigna → aumenta bevendo acqua) Entità del legame del farmaco alle proteine plasmatiche Secrezione tubulare attiva Potenzialmente è il meccanismo renale più efficace per la rimozione dei farmaci. Le molecole di farmaco presenti nei capillari peritubulari del tubulo contorto prossimale vengono secrete attivamente (contro gradiente di concentrazione, con dispendio di energia cellulare) dal plasma dentro il lume tubulare attraverso le cellule epiteliari tubulari. La secrezione è un processo saturabile, inquanto è attuata da trasportatori SLC (per anioni e cationi organici) e ABC, localizzati nella membrana basolaterale (plasmatica) e apicale (luminale) delle cellule epiteliari tubulari. I sistemi di trasporto renali sono incompleti alla nascita (necessitano di 2-3 settimane per il loro sviluppo). 116 La secrezione tubulare coinvolge (seppure in misura variabile da farmaco a farmaco) anche la frazione di farmaco legata alle proteine plasmatiche, qualora il farmaco abbia maggiore affinità per il trasportatore rispetto alla proteina plasmatica. Esempi: Penicillina G (antibiotico; quota legata 80%) dotata di maggiore affinità per il trasportatore renale (OAT) → quasi totalmente estratta dal plasma in un singolo passaggio attraverso il rene Furosemide (diuretico) dotata di maggiore affinità per l’albumina (quota legata 99%) non viene secreta Trasportatori renali per anioni organici Membrana basolaterale Trasportatori SLC (OAT1; OAT3; OAT2) nella membrana basolaterale delle cellule epiteliali tubulari mediano il flusso di anioni organici (endogeni ed esogeni) dal sangue all’interno delle cellule stesse. Gli anioni organici idrofili sono trasportati nella cellula contro gradiente elettrochimico in scambio con α-chetoglutarato intracellulare (antiporto) che si muove secondo il suo gradiente di concentrazione dal citosol al sangue. Membrana apicale Il meccanismo per il trasporto di anioni organici attraverso la membrana apicale dal citosol della cellula tubulare al lume tubulare resta controverso: Trasportatori SLC: antiporto di anioni (OAT4); antiporto per il riassorbimento di acido urico (URAT1, Uric Acid transporter 1) Trasportatori ABC di efflusso per sostanze acide e neutre (MRP2, multidrug resistance-associated proteins; BCRP, Breast Cancer Resistance Protein) Trasportatori renali per cationi organici Membrana basolaterale Trasportatori SLC (OCT2; OCT3) nella membrana basolaterale delle cellule epiteliali tubulari mediano il flusso di cationi organici (endogeni ed esogeni) dal sangue all’interno delle cellule stesse, guidati dal potenziale elettrico di membrana. Membrana apicale Il trasporto di cationi organici dal citosol della cellula tubulare al lume tubulare attraverso la membrana apicale è dovuto a: Trasportatori SLC: OCTN1 (Novel Organic Cation Transporter) che scambia il catione organico con un protone; MATE1 e MATE2 (Multidrug and Toxin Extrusion), che scambiano il catione organico con carnitina più sodio o con un protone Trasportatori ABC di efflusso: MDR1 (Multidrug Resistance protein), per sostanze basiche e neutre Questi trasportatori possono saturarsi se il farmaco raggiunge l’equilibrio tra il citosol e il lume, questo può accadere quando l’urina ristagna nel lume per disidratazione, portando a concentrazioni potenzialmente tossiche all’interno della cellula renale. Competizione per i trasportatori renali I trasportatori renali, avendo bassa specificità per i substrati, possono trasportare molte sostanze (sia endogene che esogene) → competizione tra sostanze per lo stesso trasportatore. 117 Esempi di competizione di interesse clinico: trasportatori per anioni organici Probenecid e penicillina G (antibiotico) su OAT: riduzione velocità di escrezione renale della penicillina G → prolungamento della sua durata d’azione (utile nel trattamento della gonorrea con singola dose di antibiotico) Probenecid e acido urico su URAT1: minore riassorbimento renale e quindi maggiore eliminazione di acido urico → azione uricosurica → uso del probenecid nell’iperuricemia e nella gotta Riassorbimento tubulare passivo I processi di escrezione renale (filtrazione glomerulare e secrezione tubulare attiva) possono essere contrastati da meccanismi di riassorbimento (dal lume tubulare alla cellula epiteliale e quindi nella circolazione sistemica) prevalentemente nel tubulo contorto distale, mediante: Trasporto attivo, mediato da trasportatori (SLC; ABC; trasportatori per sostanze fisiologiche, quali glucosio, aminoacidi, oligopeptidi, acidi biliari, nucleosidi) Diffusione passiva, promossa riassorbimento di H2O e sodio n dal Farmaci/metaboliti liposolubili e non ionizzati; piccole sostanze idrofile (es. urea). Farmaci/metaboliti idrosolubili, in funzione di: o Grado di ionizzazione, dipendente da pKa del farmaco e pH dell’urina (4,5-8; normalmente 6-6,5) o Grado di liposolubilità della forma non ionizzata o Flusso urinario (maggiore il flusso, minore il processo di concentrazione nel lume tubulare e minore il riassorbimento tubulare) L’entità del riassorbimento per diffusione passiva può essere variata modificando il pH dell’urina: esempi di interesse clinico Una modificazione del pH dell’urina che faccia aumentare la forma ionizzata di un farmaco nel lume tubulare può essere utilizzata per aumentare l’escrezione renale di un farmaco indesiderabile (vedi Antagonismo farmacocinetico). Alcalinizzazione dell’urina (per somministrazione per os di citrato o bicarbonato di sodio porta ol pH di plasma e urina = 8) in un paziente in intossicazione acuta da barbiturici o aspirina. → Forma ionizzata del farmaco acido organico debole favorita (AH → A- + H+). Acidificazione dell’urina (per somministrazione e.v. del diuretico acidificante cloruro di ammonio ® pH di urina = 4-5) in un paziente in intossicazione acuta da amfetamine. → Forma ionizzata del farmaco base organica debole favorita (BH+ → B + H+). In caso di intossicazione acuta da farmaci escreti in buona parte dal rene e riassorbibili nei tubuli renali, normalmente queste tecniche vengono usate in combinazione con la diuresi forzata (somministrazione di fluidi insieme con un diuretico, quale ad es. mannitolo o furosemide) → maggiore flusso urinario → minore gradiente di concentrazione tra filtrato e plasma → minore riassorbimento tubulare. Escrezione epato-biliare dei farmaci Grazie alla sua doppia irrorazione (arteria epatica e vena porta), il fegato può rimuovere sostanze non solo dal sangue arterioso (come il rene) ma anche da quello venoso, refluo dal tratto g.i (v. effetto di primo passaggio). L’escrezione epato-biliare riguarda: Farmaci non completamente o per nulla assorbiti a livello g.i. (es. bloccanti neuromuscolari; oli minerali); farmaci secreti (via trasportatori ABC) attraverso la parete intestinale, dal sangue al crasso (es. certi lassativi) Farmaci/metaboliti escreti con la bile o Farmaci somministrati per os e assorbiti nell’intestino raggiungono il fegato via vena porta o Farmaci somministrati per via parenterale raggiungono il fegato via arteria epatica Vengono escreti farmaci/metaboliti polari con PM > 400 Da. 118 Passaggi nell’escrezione biliare dei farmaci 1. Anche la quota di farmaco legato alle proteine plasmatiche può penetrare nello spazio di Disse attraverso i capillari sinusoidali discontinui 2. Passaggio dallo spazio di Disse all’interno degli epatociti: attraverso la membrana basolaterale (sinusoidale) degli epatociti, per a. Diffusione semplice: per farmaci liposolubili, non legati alle proteine plasmatiche b. Trasporto attivo, mediato da trasportatori SLC di afflusso (OAT, OCT): per farmaci idrosolubili e per quelli legati alle proteine plasmatiche 3. Uscita dagli epatociti ed ingresso nei dotti biliari: per trasporto attivo mediato da trasportatori ABC di efflusso localizzati nella membrana apicale (canalicolare) degli epatociti ⚠Circolo entero-epatico Una volta escreti nella bile, e con essa riversati nel duodeno, i farmaci immodificati o i loro metaboliti non necessariamente sono eliminati con le feci. Se liposolubili, possono essere riassorbiti dalla mucosa intestinale e, attraverso il circolo mesenterico-portale, ritornare al fegato per essere poi riescreti con la bile (→ circolo entero epatico). Il circolo entero-epatico riguarda anche i glucuronidi di alcooli e fenoli che possono essere idrolizzati dalle β-glucuronidasi della microflora intestinale, riportando il farmaco nel suo stato attivo e liposolubile. Esempi: morfina; cloramfenicolo (antibiotico); etinilestradiolo (estrogeno semisintetico); indometacina (FANS) → ulcera intestinale. Il circolo entero-epatico, creando una riserva di farmaco ricircolante, prolunga l’azione del farmaco stesso. Può essere interrotto somministrando per os sostanze non assorbibili che sequestrino il farmaco nel lume intestinale (carbone attivo; colestiramina, resina a scambio ionico). Fisiologicamente, questo meccanismo di riciclo è essenziale per evitare la deplezione continua di sostanze endogene (acidi biliari, estrogeni, vitamine D e B12). Escrezione polmonare di farmaci volatili Gas (protossido d’azoto, anestetico generale), vapori e liquidi volatili (anestetici generali inalatori; etanolo) possono essere eliminati dai polmoni con l'aria espirata. L’escrezione è realizzata dalle cellule epiteliali degli alveoli ed endotelio dei capillari ampiamente fenestrati. Nei polmoni non esistono sistemi specializzati di trasporto per l'escrezione dei farmaci, perciò: L'escrezione dei farmaci avviene per diffusione semplice, ad una velocità che è all'incirca inversamente proporzionale a quella con cui sono stati assorbiti Gran parte dei farmaci sono escreti immodificati dai polmoni Escrezione dei farmaci/metaboliti nel latte materno Il latte è un’emulsione di lipidi e proteine in soluzione acquosa con pH 6,5-7,2 → sostanze lipofile e basi deboli tendono ad accumularsi nel latte. Il passaggio nel latte degli xenobiotici avviene per diffusione passiva o mediante trasportatori ABC (BCRP, Breast Cancer Resistance Protein). Implicazioni cliniche e tossicologiche: Passaggio da madre a lattante (sistemi metabolici ed escretivi immaturi) Passaggio da bovini a popolazione umana attraverso il latte ed i suoi derivati 119 Esempi di xenobiotici che passano nel latte: Sostanze chimiche industriali: insetticidi; diossine; metalli pesanti (Pb, As, Hg) Sostanze di uso voluttuario e farmaci di abuso: caffeina; nicotina; etanolo; eroina; amfetamine Farmaci: quasi tutti i farmaci passano nel latte Di norma i farmaci assunti a dosi terapeutiche dalla madre passano nel latte in quantità non sufficienti a provocare disturbi nel lattante. Norme generali per l’assunzione di farmaci durante l’allattamento Quando possibile, evitare di assumere farmaci o utilizzarli topicamente Scegliere farmaci: ben studiati nei neonati; a rapida eliminazione; a basso assorbimento per os; dotati di bassa liposolubilità Quando possibile, assumere il farmaco 30-60 minuti dopo o 3-4 ore prima dell’allattamento In genere, l’allattamento è sconsigliato se [farmaco]latte/[farmaco]plasma > 1 Altre vie escretive (quantitativamente trascurabili) Escrezione nella saliva (solitamente pH 6,5): per diffusione semplice attraverso le cellule epiteliali delle ghiandole salivari. I farmaci escreti con la saliva generalmente vengono ingeriti e, se liposolubili, sono disponibili per l'assorbimento g.i. → circolo entero-salivare. Alcuni farmaci escreti con la saliva possono causare ipertrofia gengivale generalizzata, anche molto grave (può richiedere gengivectomia). Esempi: anticonvulsivanti (50% dei pazienti); calcio-antagonisti (38% dei pazienti). Escrezione nel sudore: per diffusione semplice attraverso le cellule epiteliali delle ghiandole sudoripare; può dare origine a dermatiti. Incorporazione di farmaci nei capelli: di interesse medico-legale, per individuare un farmaco assunto molto tempo prima della determinazione. Farmaci di abuso: cocaina, oppioidi, amfetamine, tetraidrocannabinoli. La determinazione nei capelli può rivelare l’abuso in settimane/mesi antecedenti il test (in dipendenza dalla lunghezza del capello), mentre la determinazione in plasma o urine evidenzia solo un’assunzione avvenuta nei giorni immediatamente precedenti Metalli pesanti. Esempi storici: rinvenimento di arsenico (anti-ulcera) nei capelli di Napoleone e di mercurio in quelli di Mozart (anti-artrosi) Ricerca e svReazione avverse da farmaci e il Sistema di Farmacovigilanza iluppo di nuovi farmaci Il processo è lungo (tempo medio >10 anni dall’identificazione del lead fino all’immissione in commercio) e costoso (costo medio di realizzazione pari a 300-400 milioni di euro). Fasi per la messa in commercio Fase della ricerca Scoperta del farmaco: selezione del bersaglio Fase dello sviluppo Sviluppo preclinico: farmacocinetica, tossicologia, formulazione, sintesi su larga scale Sviluppo clinico o Fase I: tollerabilità e effetti collaterali su volontari sani (esclusi i chemioterapici) o Fase II: prove su piccola scala, studi di tossicologia a lungo termine o Fase III: prove cliniche controllate su larga scala Approvazione da parte delle autorità, previo controllo dei dati 120 In seguito alla fase dello sviluppo e il commercio si ha una fase IV, che consiste nella farmaco-vigilanza. Fase della ricerca Identificazione del composto guida (lead compound). Il punto di partenza è l’identificazione/selezione di un bersaglio biologico (target) terapeutico. Target: molecola chiave coinvolta in uno specifico cammino di segnalazione cellulare, che è noto/supposto essere specificamente correlato ad un particolare stato di malattia, alla quale il farmaco si legherà modulandone le funzioni per produrre un effetto benefico. Sebbene il target possa essere qualsiasi sostanza biologica (acido nucleico, carboidrato, lipide, ecc.), generalmente è una proteina funzionale. La maggior parte dei farmaci in uso ottiene i propri effetti terapeutici legandosi a e modulando l’attività di proteine (bersagli molecolari). Anche l’accessibilità del farmaco al suo target è critica. I target extracellulari rispetto a quelli intracellulari sono intrinsecamente più facili da avvicinare (target ottimali, per ragioni farmacocinetiche). Solo i target extracellulari sono accessibili alle macromolecole (proteine terapeutiche). Il percorso è valido soprattutto per la ricerca di molecole a basso PM, con un contributo fondamentale della chimica di sintesi. La scoperta di farmaci biologiche come proteine terapeutiche, vaccini, geni terapeutici e oligonucleotidi antisenso segue un percorso differente. Hit: composto chimico che produce un risultato in un test biochimico preliminare che indica che il composto merita ulteriore studio. Lead: composto chimico che è stato selezionato da un gruppo di composti hit in base alle sue qualità, quali l’intensità dell’effetto biochimico che si verifica quando il composto è presente (efficacia) o l’assenza di concomitanti effetti (specificità). Una volta identificato il lead compound, bisogna disporre di modelli sperimentali che riproducano in vitro e in vivo le caratteristiche della malattia su cui si vuole intervenire. Ogni modello sperimentale combina i disturbi caratteristici della malattia (es. disturbi motori nei modelli di Parkinson) con i difetti morfologici e biochimici tipici della malattia (es. lesioni delle vie dopaminergiche). Sono quindi iniziati studi di farmacocinetica (biodisponibilità, biotrasformazione). Gli studi di farmacocinetica si avvalgono di metodi analitici (quali ad es. la spettrometria di massa associata a cromatografia liquida ad alta pressione oppure la risonanza magnetica nucleare ad alta risoluzione) per la determinazione dei livelli plasmatici e della concentrazione in organi bersaglio di molecole somministrate per os a piccoli animali da laboratorio. Gli studi metabolici in vitro utilizzano epatociti sia umani che di altri animali (differenze di specie nella biotrasformazione delle sostanze chimiche). Fase dello sviluppo Se il lead compound risulta attivo sui modelli sperimentali più predittivi, se non induce particolari su altri organi o sistemi e se soddisfa i requisiti di biodisponibilità, passa alla fase dello sviluppo. Con l’inizio delle sperimentazioni preclinica e clinica, si rende necessaria la scelta della forma farmaceutica ed il passaggio da una preparazione di laboratorio ad una industriale del nuovo farmaco. Lo sviluppo è regolamentato dalla legislazione farmaceutica nazionale e sovranazionale (organi preposti alla salute pubblica: Ministero della Salute; Enti regolatori) secondo schemi sperimentali e programmi definiti dalle normative internazionali (linee guida o norme metodologiche, disegnate con il proposito di garantire qualità e affidabilità della sperimentazione sui farmaci). 121 Fase dello sviluppo → valutazione di sicurezza/tollerabilità ed efficacia della molecola nuova, composto da: Fase preclinica, esclusivamente sperimentale (su animali) Fase clinica, di sperimentazione sull’uomo (Regolamento 536/2014/CE), che si articola in Fase I, Fase II e Fase III Linee guida per la sperimentazione sui farmaci Prima di poter iniziare le valutazioni di sicurezza ed efficacia dei candidati farmaci, gli enti regolatori verificano che vengano applicate: Good Manufacturing Practices (GMP, Norme di buona fabbricazione, a cura della Organizzazione Mondiale della Sanità): linee guida per produzione e controllo dei medicinali, così da garantirne la qualità per tutto il periodo di validità. Good Laboratory Practices (GLP, Norme di Buona Pratica di Laboratorio): hanno lo scopo di assicurare la validità dei dati ottenuti negli studi preclinici di tossicologia, per poter ottenere la Certificazione di conformità. La normativa GLP specifica i requisiti tecnici ed i controlli, interni ed esterni, da effettuarsi sui vari aspetti della sperimentazione tossicologica. Il Decreto legislativo 4 marzo 2014, n. 26- Attuazione della direttiva 2010/63/UE sulla protezione degli animali utilizzati a fini scientifici, stabilisce misure relative alla protezione degli animali utilizzati ai fini scientifici o educativi e disciplina: Sostituzione e riduzione dell'uso di animali nelle procedure e perfezionamento delle tecniche di allevamento, alloggiamento, cura e impiego degli animali nelle procedure Provenienza, allevamento, identificazione, cura, alloggiamento e soppressione degli animali; attività di allevatori, fornitori e utilizzatori Valutazione e autorizzazione dei progetti che prevedono l'uso degli animali Good Clinical Practices (GCP, Norme di Buona Pratica Clinica): hanno lo scopo di stabilire degli standard internazionali comuni di sperimentazione sull’uomo sancendo modi, responsabilità e aspetti operativi sulla corretta esecuzione di una sperimentazione clinica. L’aderenza alle GCP garantisce pubblicamente la qualità etica, scientifica e tecnica degli studi clinici. Tutela dei diritti, della riservatezza, della sicurezza e del benessere dei soggetti che partecipano allo studio, in conformità con i principi stabiliti dalla Dichiarazione di Helsinki (La preoccupazione per l’interesse del soggetto deve sempre prevalere sugli interessi della scienza e della società) → Consenso informato dei pazienti (libertà di ogni soggetto di partecipare alla ricerca clinica dopo aver acquisito sufficienti informazioni). Attendibilità e robustezza dei dati relativi allo studio clinico (indispensabile per il rilascio di una Certificazione di qualità del farmaco con validità internazionale). La veridicità dei risultati è garantita dai Comitati Etici, organi indipendenti con il compito di valutare e garantire il contenuto etico e scientifico dello studio; approvare i protocolli degli studi clinici. Fase preclinica Studio delle caratteristiche chimico-fisiche (struttura, stabilità nei solventi, liposolubilità, ecc.) e di formulazione del principio attivo in esame. Studi sugli animali: via di somministrazione, quella prevista per l'uomo. Si studia l’effetto del farmaco su diverse specie animali (culminando con la scimmia, molto costosa) per escludere l’influenza di meccanismi specie-specifici. 122 Studio delle proprietà farmacocinetiche: parametri farmacocinetici; biotrasformazione; relazione tempo-effetto Studio delle proprietà farmacodinamiche: azioni e meccanismo d'azione; relazione dose-effetto e determinazione del margine terapeutico Studi di tossicità o Test generali: test di tossicità acuta, subacuta, subcronica e cronica (con dosaggi maggiori rispetto a quelli che saranno somministrati nell’uomo) o Test particolari: test di mutagenesi, di cancerogenesi, di tossicità per la riproduzione (compresa la teratogenesi) e di tossicità speciali (es. neurotossicità) per molecole con rischi particolari Dagli studi sugli animali viene ricavato il dosaggio iniziale da utilizzare per le valutazioni sull'uomo (minima dose che produce effetti tossici; massima dose che non induce alcun effetto, diretto o indiretto, su organi e sistemi). Alla fine della sperimentazione preclinica, esperti esterni stilano un rapporto che viene inviato al Ministero della Salute, per ottenere l'Autorizzazione alla Sperimentazione Clinica (ASC). Obbiettivi degli studi pre-clinici 1° parte Caratteristiche farmacodinamiche o Effetto principale o Effetti collaterali o Durata dell’effetto Tossicità acuta o Variazioni dei parametri vitali o Determinazione DL50 Stabilità chimica 2° parte Parametri farmacocinetici o Assorbimento o Distribuzione o Metabolismo o Eliminazione Tossicità subacuta e cronica o Alterazioni funzionali o Alterazioni anatomopatologiche o Effetti teratogeni o Effetti sulla fertilità o Effetti sul periodo peri- e post-natale o Prove di mutagenesi o Prove di cancerogenesi Tecnologia farmaceutica o Formulazione con più dosaggi Una volta assicurati una bassa tossicità e alta efficacia, viene chiesta l’autorizzazione alla sperimentazione sull’uomo all’organo tecnico (Istituto Superiore di Sanità) e all’organo regolatorio (AIFA). 19 aprile 2024 Studi clinici Studio clinico: qualsiasi forma di esperimento pianificato che coinvolge persone, disegnato per chiarire il trattamento più appropriato per futuri pazienti con una determinata condizione patologica. 123 A mano a mano che si procede nelle fasi degli studi clinici (fase I → fase IV) aumentano sia il numero di soggetti ad osservazione che la durata dello studio stesso. Gli studi clinici sono autorizzati in seguito ad un’accurata pianificazione, in quanto enti esterni non coinvolti nella sperimentazione devono essere in grado di verificarne i risultati e valutare se sia il caso di proseguire o interrompere la sperimentazione. Tipologie di clinical trials Sperimentazioni non controllate (senza un gruppo di paragone, il controllo è dato dai parametri misurati nel paziente stesso quando non è soggetto a trattamento. E.g. diuresi sotto diuretico vs condizioni normali) Sperimentazioni controllate non randomizzate o con controlli paralleli o con controlli storici (controllo con dati presi dai pazienti affetti negli anni precedenti, tutte le persone oggetto di studio vengono trattate) Sperimentazioni controllate e randomizzate (RCT): gold standard, richiesta dalla normativa Canoni metodologici degli studi clinici controllati (clinical trials) definiti nelle GCP Per evitare bias, negli studi clinici sono adottate alcune Good Clinical Practices. Trial controllato: quando l’efficacia terapeutica di un nuovo agente o di una nuova procedura viene confrontata con quella di un farmaco o procedura già noto o, se non esistono, con un placebo (preparazione farmaceutica priva di principio attivo). In alcuni casi il placebo non è utilizzabile (in assenza di trattamento sarebbe soggetto a sofferenze eccessive), per cui il controllo è dato da pazienti trattati con l’attuale gold standard in commercio. Trial randomizzato: in cui l’assegnazione dei singoli volontari sani/pazienti ai gruppi da trattare con l’agente sperimentale o con l’agente di controllo/placebo è casuale. I fattori che potrebbero influenzare il risultato, a parte la terapia in valutazione, sono ugualmente distribuiti nei gruppi di prova e di controllo (età, sesso, etc.). Cecità (blinding) dello studio: In aperto: quando sia i pazienti sia gli sperimentatori sono a conoscenza del tipo di trattamento (agente sperimentale o agente di controllo/placebo) che viene utilizzato da ogni soggetto. Si cerca di evitare questo tipo di studi A singolo cieco: quando la natura del trattamento stabilita dalla randomizzazione è ignota al paziente ma è nota agli sperimentatori A doppio cieco: quando la natura del trattamento stabilita dalla randomizzazione è ignota sia al paziente che agli sperimentatori. Preferibile A triplo cieco: quando la natura del trattamento stabilita dalla randomizzazione è ignota al paziente, agli sperimentatori e agli addetti alla diagnostica e all’analisi dei dati Randomizzazione e blinding servono ad evitare errate valutazioni dei risultati, dovute ad influenze e pregiudizi (bias) da parte di pazienti e sperimentatori. Fase I First in human, effettuati su un piccolo gruppo (20-80) di volontari sani (eccetto chemioterapici), di solito in singolo cieco; durata ~1 anno Obbiettivi: o Tollerabilità/sicurezza del farmaco nell’uomo o Dati di farmacocinetica, definizione delle caratteristiche farmacocinetiche (assorbimento, metabolismo, escrezione) 124 o Schema di dosaggio da impiegare nella fase II (determinato testando diversi dosaggi in sottogruppi dei volontari sani) Soggetti: da 20 a 80 volontari sani (o pazienti in caso di farmaci ad alta tossicità) Durata: 1-2 anni Fase II Primi studi su pazienti selezionati (100-200, criteri di selezione restrittivi), per i quali si suppone che il farmaco sia indicato; durata 2-3 anni. I criteri di esclusioni possono essere: età, presenza di altre patologie, stato di fertilità, stato di gravidanza, stadio di avanzamento della malattia, etc. Obbiettivi Dimostrazione di efficacia terapeutica e sicurezza/tollerabilità del farmaco in presenza della patologia/condizione clinica per la quale si suppone che il farmaco sia efficace; Studio della farmacocinetica della forma farmaceutica definitiva, che può essere diversa nel paziente malato rispetto al volontario sano Identificazione del rapporto dose/effetto Definizione dello schema posologico (dose media/die, frequenza, durata del trattamento) da usare nella fase clinica successiva La Fase II rappresenta la fase critica sui cui risultati si basa la decisione se proseguire o meno nel processo di sviluppo del farmaco. Si tratta di capire se il risultato è così modesto (π < π 0) da non meritare ulteriori studi o sufficientemente buono (π > π1) da giustificare il passaggio alla fase III (costi!!). Fase IIa Studi pilota in aperto, su di un numero limitato di pazienti selezionati (con patologie specifiche ed uso ridotto di farmaci). “Paziente naive” appena entrato nella patologia, “puro” da influenze precedenti e decadimento. Fase IIb Studi a singolo o doppio cieco, controllati, comparativi, vs placebo o farmaco di riferimento; su di un numero maggiore di pazienti (200-300). 30 aprile 2024 Fase III Dopo la dimostrazione che il farmaco è ben tollerato ed efficace, è necessario effettuare uno studio di tipo comparativo tramite confronto vs placebo/standard di riferimento, meglio in cieco. Gli studi di fase III hanno una dimensione molto ampia di soggetti, e criteri di inclusione meno restrittivi degli studi di fase II. Gli studi di fase III devono essere svolti in condizioni metodologiche molto rigorose. Studi multicentrici internazionali definitivi (a fini registrativi), randomizzati, comparativi, di solito in doppio cieco, controllati, vs placebo o farmaco di riferimento. Su di una popolazione di pazienti il più possibile simile a quella in cui il farmaco sarà utilizzato. Durata 2-6 anni (in funzione del tipo di patologia). Il numero di pazienti varia, a seconda della diffusione della malattia, da alcune centinaia (malattie rare) a 1000-3000 (patologie più diffuse). L’obbiettivo è la determinazione dell’efficacia del farmaco, del profilo terapeutico, della tollerabilità e del rapporto sicurezza/efficacia a breve e a lungo termine. 125 Dopo l’autorizzazione dell’EMA passano alcuni mesi prima che raggiunga i pazienti, in quanto gli uffici nazionali devono decidere chi ne debba essere beneficiario e contrattare il prezzo con l’azienda farmaceutica (accordi segreti). Fase IV Studi post-marketing, multicentrici. Confronto dell’efficacia e della tollerabilità con altri farmaci noti o con proprietà simili. Approfondimento delle possibili interazioni con altri farmaci assunti per patologie concomitanti. Se nell’utilizzo si scoprono nuove aree di applicazioni del farmaco (tramite utilizzo off label), l’azienda farmaceutica può iniziare uno studio clinico direttamente in fase III per richiederne l’immissione in commercio con la nuova indicazione d’uso. Farmacovigilanza (DL n. 95 8/4/2003; Direttiva 2010/84/UE, in vigore dal 21/7/2012): la sicurezza d’impiego di un farmaco è sorvegliata per l’intero periodo del suo utilizzo, attraverso la raccolta delle segnalazioni spontanee di sospette reazioni avverse da parte degli operatori sanitari (farmacisti, medici, odontoiatri, infermieri). Drug attrition rate Nuove entità chimiche 8,000-10,000 Farmaci che entrano in sviluppo 12-18 Farmaci che entrano negli studi clinici 6-9 Farmaci che entrano in commercio 1 I motivi primarii per cui i farmaci non raggiungono l’immissione in commercio sono sicurezza ed efficacia (tossicità). Autorizzazione all’Immissione in Commercio (AIC) Tutti i dati raccolti nell’ambito dello sviluppo chimico, farmaceutico, preclinico e clinico (Fase I, II e III) entrano a far parte del Dossier di Registrazione del Farmaco DRF, che viene sottoposto alle competenti Autorità Regolatorie (in Italia, AIFA) per ottenere la registrazione e l’AIC del nuovo farmaco. Il DRF contiene anche una relazione sul rapporto rischio/beneficio che l’uso del farmaco comporta, in considerazione di: Azioni terapeutiche. Effetti secondari; interazioni con altri farmaci; possibilità di una dipendenza fisica; eventuali azioni su gravidanza e allattamento; azioni nell’infanzia, nell’età avanzata ed in patologie speciali. Farmaci ad uso compassionevole: in Italia, DM 8/5/2003 “Uso terapeutico di medicinale sottoposto a sperimentazione clinica” e sue modifiche (DM 7/9/2017): L’uso compassionevole di un farmaco è la possibilità di utilizzare, a fini terapeutici, medicinali o terapie per i quali non sia stata ancora completata (ma che sia in fase avanzata) la sperimentazione clinica e che, quindi, siano privi dell’AIC, in pazienti affetti da malattie gravi o rare o che si trovino in pericolo di vita, quando, a giudizio e sotto responsabilità del medico, non vi siano ulteriori valide alternative terapeutiche. A ulteriore tutela e garanzia, la legge prevede: obbligo della firma del consenso informato da parte del paziente; parere del Comitato etico competente; fornitura a titolo gratuito del farmaco da parte della ditta farmaceutica produttrice. 126 Dopo la registrazione (AIC) del farmaco è necessario continuare la ricerca al fine di migliorare la conoscenza del profilo di efficacia e tollerabilità su casistiche sempre più ampie, in condizioni meno restrittive per: Studiare la frequenza di eventi avversi Verificare interazioni con altri farmaci Valutare l’efficacia in popolazioni meno selezionate e in condizioni di reale impiego del farmaco. Possono essere studi in aperto, ma sempre randomizzati e comparativi. Streptomycin in Tuberculosis Trial Commi ttee Il 1948 è stato uno spartiacque per gli studi clinici (da un editoriale del BMJ, 1998) in quanto è stato l’anno della costituzione dello “Streptomycin in Tuberculosis Trial Committee” in Inghilterra. Studio sulla streptomicina sulla tubercolosi polmonare su 107 pazienti di cui 55 trattati con streptomicina e riposo a letto (Gruppo S) e 52 solo con il riposo a letto (Gruppo C). Caratteristiche dello studio: Tubercolosi polmonare acuta progressiva bilaterale Età compresa fra 15 e 25 anni (in seguito 30) Randomizzazione nell’assegnazione ai gruppi Analisi dei risultati dopo 6 mesi Risultati: Morirono 4 su 55 pazienti del gruppo S e 14 su 52 pazienti del gruppo C. Il risultato è statisticamente significativo e la probabilità che sia dovuto al caso è inferiore a 1 su 100. L’evoluzione nel tempo delle sperimentazioni cliniche Fino agli anni 30: trials non controllati (no termine di paragone) Anni 30-50: trials controllati non randomizzati Anni 50-80: trials controllati randomizzati Anni 80 in poi: mega trials, meta-analisi (analisi complessiva dei dati di studi diversi), review sistematiche, evidence-based medicine Bias Con questo termine si indica una forma di distorsione introdotta nei risultati. I bias possono essere prevenuti attraverso un adeguato disegno sperimentale e una corretta esecuzione dello studio. I bias non si possono evitare attraverso l’ampliamento della casistica. Bias nelle sperimentazioni non controllate Nelle sperimentazioni non controllate il farmaco sperimentale viene dato ad una coorte di pazienti, in genere consecutivamente osservati, e si valutano le modificazioni da pre- a post-trattamento. Bias possibili in questo caso sono: Miglioramento post-trattamento: possono essere spontanei e non dovuti alla terapia La variabilità di decorso delle malattie non consente la distinzione tra beneficio terapeutico e miglioramento spontaneo Le speranze dei pazienti e le aspettative dei medici determinano un bias verso un risultato falso positivo Problemi comuni ai protocolli di studio Popolazione ammessa allo studio Definizione di malattia Misure di outcome 127 Durata dell’osservazione Dimensione campionaria Approvazione da parte del comitato etico Consenso informato Sensibilità, specificità, falsi positivi e falsi negativi Idealmente un test dovrebbe essere in grado di discriminare perfettamente due popolazioni (sani e malati) non sovrapponibili (mutuamente esclusive), dove il “cut off” rappresenta il valore soglia del test. In realtà le due popolazioni si sovrappongono in parte, ed il test necessariamente identificherà come positivi alcuni soggetti non malati (Falsi Positivi) e come negativi alcuni soggetti invece malati (Falsi Negativi). Il posizionamento del cutoff rappresenta un dilemma, in quanto la sua posizione determina la porzione di soggetti che saranno falsi positivi o falsi negativi. Influenza infatti la sensibilità e la specificità del test stesso: Un cut off elevato permetterà di identificare correttamente la maggior parte dei sani, conferendo al test un’elevata specificità (quindi pochi FP), ma sottostimerà la proporzione dei malati, conferendo al test una bassa sensibilità (quindi molti FN). Un cut off basso al contrario permetterà di identificare correttamente la maggior parte dei malati, conferendo al test un’elevata sensibilità (pochi FN), ma sottostimerà la proporzione dei sani, conferendo al test una bassa specificità (molti FP). La decisione di fissare il cut off di un test in modo da essere più sensibili o più specifici dipende dall’obiettivo del test stesso. Se si vuole fare uno screening per identificare una situazione frequente, letale e curabile si preferirà essere meno specifici ma più sensibili (non rischiare di perdere nessun caso anche a costo di avere più falsi positivi). Invece nel caso di una malattia rara e poco invalidante, o in presenza di una scarsità di risorse, o nel caso la terapia da instaurare sia gravata da elevati effetti collaterali, o la diagnosi sia particolarmente stigmatizzante, sarà importante garantire un’elevata specificità nella diagnosi, anche a costo di sacrificare la sensibilità del test stesso, quindi avere più falsi negativi ma pochissimi falsi positivi. Nella realtà dei paesi con elevate risorse spesso si procede con test in serie, con una prima batteria di test molto sensibili e poco specifici per identificare un primo gruppo di persone a rischio da sottoporre ad ulteriori accertamenti, ed una successiva serie di test più specifici (e solitamente più costosi) che siano in grado di discriminare i malati veri dai falsi positivi. È quello che avviene, ad esempio nel caso di vogliano identificare i feti con sindrome di Down. Si inizia selezionando la popolazione di donne ritenute a rischio in base al criterio dell’età (primo test), si procede poi con il test ecografico della traslucenza nucale (TN): questo è un test sensibile e poco specifica. Nel caso in cui la TN risulti positiva si procede con l’amniocentesi e con lo studio del DNA (specifico per sindrome di Down). 128 3 maggio 2024 Reazione avverse da farmaci e il Sistema di Farmacovigilanza Oltre agli effetti utili (effetti terapeutici) i farmaci possono indurre effetti dannosi, più o meno gravi (reazioni avverse o Adverse Drug Reaction ADR), che si manifestano nel normale ambito del loro uso terapeutico. Le manifestazioni patologiche determinate dai farmaci si definiscono iatrogene. Farmacovigilanza La farmacovigilanza è l’insieme delle attività finalizzate all'identificazione, valutazione, comprensione e prevenzione degli effetti avversi o di qualsiasi altro problema correlato all'uso dei medicinali, per assicurare un rapporto beneficio/rischio favorevole per la popolazione. Importante capire se l’evento avverso è legato all’assunzione del farmaco. Non esistono farmaci che siano “a priori” privi di effetti indesiderati, esiste però un livello di accettabilità del rischio di comparsa di effetti indesiderati dato dal rapporto beneficio/rischio, cioè l’equilibrio dinamico tra il livello di rischio che siamo disposti ad accettare e i benefici che ci attendiamo da quella determinata attività. Per calcolare il rapporto beneficio/rischio, è necessario: Valutare l’incidenza e la gravità degli effetti indesiderati rispetto all’efficacia del trattamento. Valutare la qualità della vita da un punto di vista clinico ed economico. Percepire l’eventuale rischio. La nascita di una esigenza: due casi storici Tragedia dell’elisir di sulfanilamide Scoperta dell'attività antibiotica della sulfanilamide (1935) ed uso clinico mondiale per le infezioni da Streptococco nei bambini (1937). La sulfanilamide era disciolta in glicole etilenico per aumentare la palatabilità, il glicole etilenico, tuttavia, è una tossina nefrotossica per degradazione ad ossalato di calcio. Non è stato eseguito nessuno studio premarketing Nessun obbligo legale di elencare gli eccipienti in etichetta Circa 170 morti soprattutto tra i bambini in pochi mesi Questo caso ha portato alla nascita della moderna FDA: Food Drug and Cosmetic Act nel 1938. New Drug Application per dimostrare la sicurezza del prodotto Richiesta la pubblicazione della formulazione in etichetta Indicazioni d'uso e precauzioni devono essere presenti nella prescrizione Talidomide e anomalie congenite La talidomide è un farmaco che in Europa occidentale è stato prescritto alle donne in gravidanza per trattare nausea mattutina ed insonnia. Nel 1961, il medico statunitense W. G. McBride scrive all’editore della rivista scientifica Lancet: Le anomalie congenite sono presenti in circa l'1-5% dei neonati. Negli ultimi mesi ho osservato che l'incidenza di anomalie multiple gravi nei bambini partoriti da donne a cui è stato somministrato il farmaco talidomide ("Distaval") durante la gravidanza, come antiemetico o come sedativo, è quasi del 20%. 129 Queste anomalie sono presenti nelle strutture sviluppate a partire dal mesenchima, cioè le ossa e la muscolatura dell'intestino. Lo sviluppo osseo sembra essere influenzato in modo molto evidente, con conseguente polidattilia, sindattilia e mancato sviluppo delle ossa lunghe (femori e raggi anormalmente corti). Reazione avversa e sperimentazione clinica Il gold standard degli studi clinici sull’uomo sono studi clinici randomizzati, possibilmente in doppio cieco. Anche in questo caso, tuttavia, la normale pratica clinica ha alcune differenze con essi: Non si raggiungono i numeri di soggetti che assumono il farmaco nella normale pratica clinica La durata dell’osservazione è minore Escludono i gruppi a rischio Verificano l’interazione solo con alcuni farmaci La posologia è seguita in modo meno preciso Il follow up è meno accurato Negli attuali studi clinici: il numero di soggetti trattati è, di norma, non superiore a 3.000 → troppo pochi soggetti con condizioni cliniche complicate sono esclusi per semplificare la valutazione dell'efficacia → troppo semplici soggetti molto giovani o molto anziani sono raramente inclusi nei trial → troppo mediano le indicazioni di impiego sono molto ben specificate nel protocollo → troppo specifico reazioni avverse che insorgono dopo anni di terapia cronica non possono essere evidenziate nei trial → troppo breve Nel Pre-marketing risk assessment problematiche ancora aperte: 1. Popolazioni non sufficientemente considerate nella fase pre-approval: a. Bambini b. Anziani c. Donne in gravidanza o allattamento d. Pazienti con rilevanti patologie concomitanti come malattie epatiche o renali e. Pazienti con una gravità della patologia differente da quella studiata nei trials f. Sottopopolazioni con polimorfismo genetico noti e rilevanti per il metabolismo g. Pazienti di differente origine etnica 2. Breve durata delle sperimentazioni cliniche → scarsa conoscenza degli eventi avversi a lungo termine che potrebbero derivare dal trattamento farmacologico cronico 3. Numerosità della popolazione in studio non rappresentativa della post-approval La regola del 3 Il numero di pazienti da osservare per avere una probabilità del 95% di rilevare 1, 2 o 3 casi di reazione avversa a una determinata incidenza della reazione. Expected incidence of Numbers of patients to be observed to detect one, two, or three events the adverse reaction 1 event 2 events 3 events 1 in 100 300 480 650 1 in 200 600 960 1300 1 in 1000 3000 4800 6500 1 in 2000 6000 9600 13000 1 in 10000 30000 48000 65000 130

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