Elementi Di Psicologia Sociale PDF
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Università degli Studi Suor Orsola Benincasa - Napoli
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These notes cover the field of social psychology, including the history, theories, and processes. It discusses topics like the development of social psychology and behavior, the interplay between the individual and society, the nature of consciousness, and the psychological motivations behind our actions and interactions.
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lOMoARcPSD|41045442 Elementi DI Psicologia Sociale Consulenza pedagogica e formazione continua (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sp...
lOMoARcPSD|41045442 Elementi DI Psicologia Sociale Consulenza pedagogica e formazione continua (Università degli Studi Suor Orsola Benincasa) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 ELEMENTI DI PSICOLOGIA SOCIALE Capitolo 1 L’ambito della psicologia sociale La psicologia sociale ha origine tra fine Ottocento e inizio Novecento, quando si afferma il metodo scientifico. Essa è lo studio sistematico del comportamento sociale umano nell’ambito delle interazioni che si producono nei diversi contesti e situazioni di vita quotidiana. Nella prospettiva degli studi psicosociali, le interazioni possono realizzarsi anche senza che vi sia un contatto personale. Gordon Allport, infatti, sosteneva che la presenza di altri individui poteva essere anche immaginata. Le interazioni possono essere ricondotte a diversi livelli. Willem Doise individuò 4 livelli: -intrapersonale: relativo a come le persone conoscono e organizzano la loro esperienza del mondo; -interpersonale e situazionale: vero e proprio; -posizionale: riferibile al fatto che le relazioni tra individui e gruppi richiamano status che caratterizzano quel gruppo e quegli individui all’interno della società; -ideologico: per rendere conto dell’influenza dei sistemi di credenze, valori e norme di cui gli individui del gruppo sono portatori. Gli studiosi che mirano ad identificare leggi per spiegare l’evoluzione, l’affermazione e il consolidamento del comportamento umano, si chiamano comportamentisti. Essi concepiscono il comportamento come la manifestazione oggettiva ed esterna dell’attività degli organismi riconducibile ai condizionamenti dell’ambiente esterno. Essi distinguono il condizionamento classico da quello operante. -C.Classico: sta nella disposizione biologica del sogg a rispondere incondizionatamente a determinati stimoli presenti nell’ambiente. Il condizionamento, quindi, consiste nel produrre una risposta condizionata utilizzando uno stimolo condizionato e uno incondizionato in qualità di Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 rinforzo (principio della contiguità) (es. Pavlov cane-campanello: Associando per un certo numero di volte la presentazione di carne ad un cane con un suono di campanello, alla fine il solo suono del campanello determinerà la salivazione nel cane. La salivazione è perciò indotta nel cane da un riflesso condizionato provocato artificialmente). -C.Operante: possiamo far riferimento all’intelligenza animale studiata da Thorndike e Skinner. Gli esperimenti di Skinner prevedevano gabbie al cui interno erano collocati ratti sottoposti a rinforzi positivi (premi) o negativi (scosse elettriche) a seconda del comportamento adottato. In questo caso il condizionamento, porta il sogg-cavia a modificare il proprio comportamento. La differenza tra i due comportamenti, sta nella modalità di utilizzazione del rinforzo. Dunque, possiamo dire che il comportamentismo proponeva una visione del rapporto tra individuo e ambiente molto elementaristica e molto messa, successivamente, in discussione. Ciò che caratterizza l’evoluzione culturale del 900 è Freud, il quale ci parla dell’inconscio. Egli afferma la possibilità di un’interpretazione razionale del comportamento, sviluppando una teoria basata sia sugli istinti e pulsioni, sia sul sociale. Per comprendere le intersezioni tra conscio e inconscio, bisogna distinguere: -ES: sede originaria delle pulsioni e delle motivazioni dell’essere umano. Il principio guida del piacere spinge il sogg ad agire; -IO: corrisponde alla parte cosciente della personalità. La sua funzione è quella di mediare tra l’Es e Super-io e deve stabilire un equilibrio dinamico con le spinte provenienti dal mondo esterno; -SUPER IO: è un sistema di censure che regola il passaggio delle pulsioni dall’Es all’Io. È la coscienza morale che guida gli atti e i desideri istintivi dell’uomo. Gli studiosi gestaltisti, invece, rivolgono il loro interesse all’esperienza fenomenica, ossia al modo in cui il mondo ci appare, alla percezione. Con Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 la Gestalt ci si apre ad una concezione dinamica e non statica dei processi sociali. La psicologia sociali attinge, dunque, da numero discipline riconducibili a grandi raggruppamenti quali sono le scienze della natura, umane e sociali. L’attenzione degli psicologi sociali è data all’interazione del sogg con l’ambiente sociale. Per egli, però, il comportamento di un sogg o gruppo non è mai irripetibile in quanto tale comportamento è sempre riconducibile a regolarità che sono proprie dell’ambiente sociale. La teoria assume un ruolo molto importante. Esse, infatti, riflettono i molteplici versanti del comportamento sociale, ma anche concezioni diverse della natura umana. Affinché le definizioni empiriche e le supposizioni costituiscano una teoria, sono necessarie le regole di corrispondenza. Attraverso le definizioni empiriche è possibile esplicitare i concetti chiarendo i procedimenti e gli strumenti adottati per sostenere la fondatezza. Lewin ci parla di Concettualizzazione, cioè di traduzione dei fenomeni in concetti. Dunque, i fatti non hanno esistenza al di fuori della cornice teorica poiché sono illuminati dalla teoria. Capitolo 5 Per agire nella quotidianità e comunicare con gli altri, sviluppiamo processi mentali che anticipano, accompagnano e seguono l’azione. Tali processi possono essere attivati intenzionalmente ma si realizzano anche la di fuori del nostro controllo. I gestaltisti furono i primi ad interessarsi dei processi interiori attraverso le leggi fenomeniche della percezione, ossia a come la nostra mente organizza l’esperienza sociale. Ogni interazione presuppone la conoscenza dell’altro. A tal proposito vi sono diverse formulazioni: -Teoria implicita della personalità: sviluppiamo delle teorie generali della personalità del nostro interlocutore attraverso pochi elementi di effettiva conoscenza dell’altro. Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 -Effetto alone: ossia se riconosciamo ad una persona una caratteristica, deriviamo da tale caratteristica anche la presenza di un altro carattere. Es: sogg introverso è anche sensibile, infelice ecc; -Il carattere centrale: Asch sostiene che la percezione di una persona non equivale alla somma dei singoli tratti ad essa attribuiti; -Effetto d’ordine: secondo cui l’idea che ci forniamo degli altri è soggetta all’influenza degli episodi e delle circostanze che ci portano ad apprezzare o meno le loro caratteristiche. Con l’espressione “social cognition” ci riferiamo all’insieme degli studi che esaminano in che modo le persone ricevono le info dall’ambiente. Le persone utilizzano due tipi di processi di conoscenza: -bottom-up: (basso verso alto) in cui gli individui si centrano su ogni singolo elemento di informazione; -top-down: (alto verso basso) si basano su un giudizio già esistente, accorciando il lavoro cognitivo. Possibilità di errore o distorsione. Per comprendere la ragione profonda della cognizione umana, abbiamo bisogno di sapere cosa sia la categorizzazione. Esso, dunque, è il processo cognitivo in base al quale vengono distinti elementi potenzialmente uguali al fine di attivare comportamenti differenti funzionali nella situazione. I processi categoriali sono essenziali per la sopravvivenza e la riproduzione, perché favoriscono il controllo della situazione e la prevedibilità degli eventi. Negli anni ‘70 Tajfel sottolinea che la percezione è influenzata dal sistema di categorie che adottiamo per produrre info. Strettamente connesso alla categorizzazione sono gli stereotipi e i pregiudizi, ed è proprio in questo che risiedono le funzioni schematiche. Vi sono 4 tipi di schemi: -Schemi di persone: richiamati nel momento in cui dobbiamo descrivere una persona terza ad un interlocutore che non la conosce; -Schemi di sé: attraverso ciò il sogg costruisce un’immagine propria coerente, selezionando e valorizzando alcuni elementi e aspetti della vita; Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 -Schemi di ruolo: attivati in base alla pressione del gruppo familiare e sociale; -Schemi di eventi: (script) spiegano le nostre rappresentazioni di come sia la vita. A questo proposito possiamo parlare di Euristiche, ossia scorciatoie cognitive che riflettono schemi di ragionamento non sistematici. Vi sono diverse strategie euristiche: -E. della disponibilità: i nostri giudizi sono formulati in base alle info e alle conoscenze di cui disponiamo; -E. della controfattualità: il pensiero ipotetico agisce sulle rappresentazioni degli eventi della nostra vita producendo scenari alternativi. -E. della rappresentatività: vanno a braccetto con l’Effetto Alone per sottolineare come l’attivazione di una categoria richiami implicitamente altre categorie di giudizio (donna nordica rappresenta libertà sessuale e la donna meridionale rappresenta riservatezza). - E. dell’ancoraggio e dell’accomodamento: in cui le nostre opinioni e i nostri pregiudizi non sopravvivono da soli. Ogni giudizio espresso, infatti, diventa un punto di ancoraggio per un ulteriore giudizio correlato. L’attribuzione è un processo percettivo-interpretativo che riguarda molteplici circostanze ed eventi della vita delle persone. Vi sono diverse teorie per spiegare tale processo e sono: Attribuzione Della prospettiva dell’osservatore ingenuo La proposta di Heider privilegia il senso comune, ovvero la prospettiva ingenua adottata dagli individui nell’interazione sociale. Dunque, la nostra percezione scaturisce dalla confluenza di esperienze che mirano ad elevare il controllo. Egli individua nell’intenzionalità il fattore principale della causalità personale. Attribuzione Nella prospettiva dell’uomo come scienziato in miniatura Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 Kelley, diversamente da Heider, interpreta il comportamento cognitivo dell’uomo della strada sulla base di un modello statico evoluto, il cosiddetto metodo di analisi della varianza. Ci si fa riferimento al principio della covariazione, cioè quando un effetto viene attribuito ad una condizione che si viene a creare quando l’effetto è presente oppure assente se l’effetto è assente. La covarariazione sottende alcune regole come: regola del carattere distintivo, del consenso e della congruenza. La teoria dell’inferenza corrispondente Tale teoria, studiata da Jones e Davis, evidenzia nei processi attribuzionali la corrispondenza tra effetto, intenzione e disposizione. Essi individuano l’incidenza di alcune regole cognitive: -principio degli effetti non comuni: evidenzia che la possibilità di sviluppare un’inferenza corrispondente è maggiore quanto più il comportamento osservato sembra generare effetti diversi; -principio della desiderabilità sociale: fa riferimento alle idee o credenze dell’osservatore in ordine a come altri agenti si sarebbero comportati nella stessa situazione. -la rilevanza edonica -la competenza di ruolo Capitolo 6 Il Sé, nella prospettiva psicosociale, focalizza l’attenzione sui processi di costruzione sociale della conoscenza che gli individui hanno di sé stessi, e su come questa conoscenza influenzi le interazioni sociali. Gergen, infatti, ha definito il Sé come l’insieme dei concetti che gli individui hanno a disposizione quando tentano di definire sé stessi. James, invece, propone di distinguere nel Sé, l’Io, cioè il soggetto attivo che conosce e agisce, e il Me, che è l’oggetto. Neisser, invece, distingue 5 diverse forme di conoscenza del Sé: Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 1- Il Sé ecologico: È il Sé percepito in rapporto con l’ambiente fisico; 2- Il Sé interpersonale: È la conoscenza immediata dell’interazione con l’altra persona; 3- Il Sé esteso: È la conoscenza di sé come oggetto/soggetto unico e integrato; 4- Il Sé privato: È la consapevolezza dell’unicità di alcuni aspetti del proprio essere; 5- Il Sé concettuale: sono i concetti e le teorie che ciascun individuo elabora rispetto a sé stesso. Markus, invece, propone la nozione di “schema di Sé”. Secondo egli, infatti, il Sé è costituito da un insieme di schemi che condizionano il nostro modo di essere nei contesti di vita, influenzando l’autopercezione. Essi cambiano da persona a persona. Quando parliamo del Sé facciamo riferimento a tutti i concetti che un individuo ha a sua disposizione. Alcuni di questi concetti fanno riferimento all’identità sociale e all’autocategorizzazione di Turner. Tale concetto si suddivide in infiniti livelli. Al livello più alto l’individuo può autocategorizzarsi come essere umano; al livello intermedio, mi autocategorizzo come membro di un gruppo sociale; al livello meno generale il soggetto di autocategorizza come persona unica con determinati attributi. MA il Sé ha anche una sua complessità. Per complessità del Sé si intende la varietà di modelli e attributi cui il Sé fa riferimento. È possibile distinguere due orientamenti: uno di tradizione sociologica che pone la complessità della società alla base della complessità dell’identità e quella di tradizione psicologica la quale attribuisce alla complessità del Sé una funzione difensiva nei confronti degli eventi negativi. Capitolo 7 Atteggiamento: Con Allport il concetto di atteggiamento si impone come cardine della psicologia sociale. Secondo egli vi sono due interpretazioni che ne descrivono il senso: la prima basata sull’etimologia che descrive uno stato soggettivo o mentale della preparazione dell’azione, l’altra, Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 invece, sta ad indicare la posa eterna, come la posizione di un corpo. Da qui nasce la distinzione tra atteggiamento motorio e atteggiamento mentale. Con l’avvento della psicologia cognitiva, negli anni 60, la componente valutativa dell’atteggiamento viene posta al centro dell’attenzione. Per i cognitivisti, infatti, l’atteggiamento è una struttura cognitiva ancorata alla memoria a lungo termine. Vi sono 4 modelli importanti: -Modello tripartito: secondo cui gli atteggiamenti sono delle predisposizioni a rispondere ad uno stimolo attraverso delle specifiche componenti: cognitiva- in cui l’atteggiamento riguarda la percezione dell’oggetto sociale, affettiva-in cui le emozioni prevalgono nei confronti dell’oggetto dell’atteggiamento, comportamentale-in cui si evidenzia la disposizione all’azione da parte del soggetto. -Modello aspettativa-valore: basato sul ruolo delle credenze. Secondo tale modello gli atteggiamenti riflettono le attese del soggetto nei confronti dell’oggetto dell’atteggiamento, ovvero del valore. -Modello dell’azione ragionata: l’attenzione è posta sull’interazione di agire in un certo modo come evento psicologico che si frappone tra l’atteggiamento e il comportamento. -Modello del comportamento pianificato: si tratta di un modello sviluppato da Ajzer con l’aggiustamento della teoria dell’azione ragionata. Egli, ha introdotto la percezione del controllo sull’esito dell’azione. Alcuni studi hanno rilevato scarsa relazione tra atteggiamento e comportamento. Trentin, infatti, individua 3 fasi evolutive degli studi: nella prima fase i teorici ritengono che gli atteggiamenti siano le cause dirette del comportamento sociale, nella seconda fase la coerenza è interpretata come una possibilità e nella terza fase viene studiata la relazione tra comportamento e atteggiamento ponendo attenzione ai processi di ognuno di loro. È possibile distinguere, inoltre, gli atteggiamenti dalle opinioni. Queste ultime, infatti, sono più sensibili alle caratteristiche del contesto specifico. È possibile che prevalga “l’effetto di Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 falso consenso” in virtù del quale si tende a proiettare sugli altri il proprio modo di pensare. Capitolo 9 Gran parte della vita degli individui si sviluppa nell’ambito del gruppo. Un gruppo si può definire come una pluralità di individui che sono in contatto reciproco, che tengono conto gli uni degli altri ed hanno coscienza di avere in comune qualcosa di importante. Un gruppo può essere analizzato considerando la posizione gerarchica degli individui all’interno del gruppo che può essere apprezzata dal punto di vista dello status e del ruolo. STATUS: ci si riferisce alla posizione di cui i membri godono e che dipende dalla cultura sociale di appartenenza. RUOLO: può essere socio-organizzativo in cui l’assunzione del ruolo comporta di per sé una precisa posizione gerarchica (dirigente è in alto e la segretaria in basso, il primo comanda, la seconda esegue); oppure socio-relazionale in cui le relazioni di ruolo si rivelano più complesse e per esaminarle è più utile riferirsi agli aspetti funzionale piuttosto che a quelli gerarchici. RELAZIONI FUNZIONALI: importanti per qualificare l’interdipendenza dei ruoli: conta come il loro operato e comportamento si integrino con quelli degli altri. La struttura gerarchica può essere: - FORMALE: è sostenuta da un sistema codificato di norme e regole che specificano il comportamento atteso dei soggetti (ruolo) e ne definiscono le attribuzioni operative (mansioni) e i compiti (task). - INFORMALE: le regole informali spiegano il comportamento osservato. La dualità formale/informale è importante perché consente di cogliere il grado di burocratizzazione del sistema delle relazioni sociale. Qualora l’organizzazione a cui il gruppo appartiene ed i membri del gruppo privilegiano criteri e status differenti, si viene a creare una discrepanza tra struttura formale e informale. La natura variabile delle relazioni funzionali può comportare esigenze variabili di contatto e comunicazione. I flussi di comunicazione all’interno del gruppo sottolineano il tipo di integrazione reciproca che le persone stabiliscono all’interno del gruppo. Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 STRUTTURA SOCIO-AFFETTIVA: riguarda i sentimenti che legano i componenti di un gruppo in termini di direzione e intensità. Al riguardo, troviamo il Principio Sociometrico di Jacob Moreno. Esso traduce in termini quantitativi le qualità del sistema di relazioni sociali di gruppo. DINAMICA DI GRUPPO: sottolinea la mutabilità e variabilità delle condizioni di vita del gruppo nonché le fluttuazioni nei sentimenti e nei comportamenti interpersonali. Ogni gruppo si costituisce per particolari circostanze, vive la sua vita tra tensioni e conflitti interni ed esterni, conosce i cambiamenti e cessa di esistere così come avviene per qualsiasi sistema vivente. Kurt Lewin (1951) ha evidenziato come la forza delle relazioni interpersonali sia decisiva per la sopravvivenza del gruppo. Egli parla di: - Interdipendenza del destino: la sopravvivenza del gruppo accomuna i suoi membri che condividono una stessa sorte. - Interdipendenza del compito: la possibilità di successo del gruppo dipende dalla capacità dei membri di interagire efficacemente. L’implicazione che i risultati di un individuo hanno sugli altri membri, crea più coesione. COESIONE: è la risultante delle forze tendenti ad allontanare e a mantenere i membri all’interno del gruppo. Queste forze possono essere: centripete che sono quelle che rendono il gruppo attraente e hanno valenza positiva; centrifughe sono forze con valenza negativa della situazione sociale. Costrutto riconducibile all’idea di coesione è quello di Entitatività di Donald Campbell (Group Entitativity). Campbell sottolinea come la percezione di un gruppo come entità possa essere moderata da fattori quali la prossimità e la similarità tra i membri di un gruppo, così come percezione della condivisione di un destino comune o della salienza dell’appartenenza. Così, se il successo incrementa la coesione di un gruppo, non necessariamente l’elevata coesione incrementa l’efficacia del gruppo. La coesione è fortemente influenzata dalla condivisione di norme e valori che favorisce la regolazione reciproca e sancisce criteri di giudizio e di comportamento che l’individuo sente propri. NORMA: si intende qualsiasi criterio adottato per sviluppare giudizi ancorati. ESPERIMENTO DELL’EFFETTO AUTOCINETICO DI SHERIF: spiega i meccanismi dei processi di controllo sociale che ogni gruppo, attraverso norme sociali, effettua nei confronti dei suoi membri. La situazione sperimentale presentava come soggetti, studenti universitari maschi in un ambiente oscuro. Si presenta ai soggetti un punto luminoso immobile che per effetto del buio assoluto produceva un’illusione di Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 movimento del punto stesso (effetto autocinetico). Lo scopo è affermare che in un gruppo esiste condivisione. Difatti, nel contesto di sessioni individuali e di sessioni di gruppo Sherif ha raccolto le stime dello spostamento percepito dalle singole persone e confrontato i giudizi per mezzo di sessioni che adottavano la sequenza individuo- gruppo e gruppo-individuo. Nel primo i soggetti abbandonano la propria norma di valutazione quando effettuano una valutazione di gruppo. Nel secondo i soggetti assegnano una norma di valutazione di gruppo che ciascuno internalizza come propria senza rendersene conto. MODELLO IPA DI BALES: Bales ha studiato l’interazione all’interno del gruppo osservando la comunicazione che avviene all’interno di esso, valorizzando il ruolo che i sentimenti e le emozioni hanno per il successo e la sopravvivenza del collettivo. A partire da allora ha avuto una grande diffusione la sua proposta di schema di analisi osservativa dei processi di interazione (IPA). Il protocollo IPA prevede la minuziosa classificazione di tutti gli atti che un osservatore addestrato può identificare come significativi, in modo tale da prevenire a una mappatura informativa dei flussi della comunicazione, delle modalità espressive della leadership, ecc. COOPERAZIONE E CONFLITTO: esistono due tipi di conflitto: - Interpersonale: evento relazionale caratterizzato dalla divergenza di interessi, obiettivi, bisogni o punti di vista tra due o più persone. - Intrapersonale: che per Lewin insorge quando l’individuo è combattuto tra due valenze positive di pari intensità o quando l’individuo è a metà strada tra due valenze negative di pari intensità o quando l’individuo è esposto a forze opposte che derivano da una valenza positiva e una negativa. TEORIA DELLO SCAMBIO: si fonda su alcuni assunti quali: 1. L’azione è motivata dal desiderio di conseguire piacere ed evitare dolore. 2. Le azioni altrui procurano piacere/dolore. 3. Attraverso le proprie azioni il soggetto induce interventi in suo favore. 4. L’individuo agisce per ottenere massimo piacere e minimo costo. In base a tali assunti, negli anni ’60 e ’70, si sviluppano i GIOCHI SPERIMENTALI utili ad evidenziare le condizioni che favoriscono o indeboliscono la propensione cooperativa. Molto noto è il GIOCO DEI TRASPORTI (Deutsch e Krauss): è un gioco di coordinazione per due giocatori che assumono il ruolo di amministratori di due ditte di trasporti (Acme e Bolt). L’obiettivo è quello di guadagnare trasferendo merci a destinazione nel minor tempo possibili. I due giocatori hanno a disposizione due Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 strade: una più breve, ma che per un tratto procede su un’unica corsia e una più lunga ma priva di ostacoli. Nel primo esperimento i due non possono comunicare. Il risultato è che entrambi i contendenti costringono il camion avversario sul percorso più lungo, causando una perdita complessiva. In una successiva serie di prove, i camion possono incontrarsi lungo la strada a senso unico, concedendo la possibilità di inversione di marcia, a costo di tempo e denaro. Nessuno fu in grado di maturare profitti. Nel secondo esperimento i due giocatori possono comunicare attraverso delle cuffie. Non ci furono variazioni significative del profitto, evidentemente l’orientamento alla competizione è più forte della loro motivazione a cooperare. Nel terzo esperimento i partecipanti sono sollecitati a comunicare. Si rileva qualche esito positivo in termini di successo economico, ma la comunicazione forzata non incide sulla sensazione di minaccia. Sembra che le persone siano così competitive quando entrambi si sentono minacciati e si finisce per essere, da ambedue le parti, perdenti. Altro famoso tipo di gioco è il DILEMMA DEL PRIGIONIERO (Tucker): in un’ipotetica situazione si vengono a trovare due prigionieri cui è prospettata la possibilità di usufruire di una notevole riduzione di pena in cambio della delazione dell’altro (che subirà un aggravamento della pena). La pena viene diminuita se colui che denuncia, non viene a sua volta denunciato (in tal caso aggravamento x entrambi). In alternativa, il prigioniero può non denunciare l’altro per usufruire del minimo della pena con il rischio però di essere condannato alla pena massima se l’altro decide di denunciarlo. SOCIALIZZAZIONE DI GRUPPO: abbiamo due tipi di socializzazione: - primaria: la famiglia (gruppo d’origine) - secondaria: gruppi diversi da quelli d’origine La socializzazione di un gruppo riguarda l’interazione tra individuo e gruppo in fase di accesso in qualità di nuovo membro È un processo delicato perché entrare in un gruppo ed essere accettato, crea ansia e esitazione per effetto del giudizio che gli altri membri tendono a formulare nei confronti degli altri. Moreland e Levine hanno sviluppato un modello stadiale che descrive le diverse fasi che caratterizzano l’interazione individuo-gruppo e le dinamiche adattive che si producono in simili situazioni: 1. ESPLORAZIONE (ingresso o meno) 2. SOCIALIZZAZIONE (accettazione reciproca) Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 3. MANTENIMENTO (divergenza) 4. RISOCIALIZZAZIONE (convergenza o fuoriuscita) 5. RICORDO L’influenza del gruppo sui suoi membri richiama l’effetto di: - FACILITAZIONE SOCIALE: prestazioni al di sopra dello standard - INIBIZIONE SOCIALE: prestazioni al di sotto dello standard In un caso o nell’altro, il problema è quello di interpretare quando e perché un soggetto di fronte ad altri tende a fornire risposte più o meno efficaci. Moscovici e Zavalloni hanno introdotto l’espressione EFFETTI DI POLARIZZAZIONE. La polarizzazione è un fenomeno dei gruppi coesi. Per la teoria del confronto sociale, le persone inevitabilmente confrontano le proprie opinioni con quelle degli altri. Si parla di INFLUENZA NORMATIVA che porta l’individuo a conformarsi alle aspettative degli altri per il bisogno di essere accettati. È spesso richiamata la teoria dell’INFLUENZA DELL’INFORMAZIONE che induce ad accettare un’informazione proveniente dagli altri come prova di verità. DIFFUSIONE DELLA RESPONSABILITÀ: gli individui avvertono in modo più lieve il rischio connesso alle loro scelte se si rendono conto che le responsabilità sono distribuite tra diversi membri. La coesione e la condivisione possono contribuire ad alimentare effetti negativi a livello individuale e collettivo. A riguardo, Janis ha proposto il concetto di GROUPTHINK in cui si nota come i processi decisionali in gruppi di altissima uniformità, per l’esigenza del consenso e dell’iperconformità, vengono distorti pregiudicando gli esiti delle decisioni. Correlato a questo vi sono 5 concetti: - POTERE: capacità potenziale di influenzare i pensieri, i sentimenti e le azioni degli altri in virtù dell’autorità e della capacità di controllo di cui si dispone. French e Raven identificano 5 tipi di relazioni di potere tra un agente comunicante (fonte) e un ricevente (bersaglio): potere di ricompensare, potere di coercizione, potere della legittimità, potere di riferimento basato sull’identificazione, potere di competenza. - INFLUENZA: - CONTROLLO: - AUTORITÀ/OBBEDIENZA DISTRUTTIVA: l’esperimento più famoso e controverso relativo all’influenza sociale fu condotto da Milgram nel 1964 e prende il nome di Esperimento di Eichmann. L’esperimento riguardava soggetti tra i 20 e i 50 anni convocati attraverso un annuncio per esperimenti sull’apprendimento. Essi si trovavano in una situazione sperimentale in cui Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 un’autorità richiedeva ai soggetti di erogare scosse elettriche (finte) di intensità crescente nei confronti di altri soggetti. Il risultato è stato che circa due terzi dei soggetti, nonostante le suppliche degli altri individui e l’assurdità della situazione, arrivavano a somministrare ugualmente fino all’ultima scossa. Questo succede perché le persone comuni non riescono a sottrarsi all’influenza dello sperimentatore (autorità) che le incita a premere il pulsante di erogazione delle scosse: STATO ETERONOMICO (Hitler con i tedeschi). Le conseguenze dello stato eteronomico sono: attenzione selettivamente rivolta all’autorità, perdita soggettiva di responsabilità. I fattori che influenza l’obbedienza sono: 1) vicinanza alla vittima: riduce del 30% l’obbedienza distruttiva. 2) vicinanza all’autorità: aumenta l’obbedienza. 3) vicinanza di altri: se gli altri si rifiutano solo il 10% termina l’esperimento. 4) agent shift: non sono responsabile perché mi è stato ordinato di farlo. - LEADER/LEADERSHIP: può essere interpretata da vari punti di vista nelle espressioni “leader si nasce” e “leader si diventa”. Nella prima si esemplifica la concezione individualistica della leadership. Nella seconda l’attenzione si rivolge alla situazione e al clima di gruppo. Abbiamo diversi tipi di leadership: democratico, autoritario e lassista. A riguardo Lewin, Lippit e White indagano su quanto la caratterizzazione di un gruppo sia determinata dal particolare clima che in esso si viene a creare che, a sua volta, è in stretto rapporto col tipo di leadership che prevale. Nell’esperimento furono costituiti dei gruppi di ragazzi di 10-11 anni il cui fine era di fabbricare maschere per il teatro. Lo studio decretò la decisa valorizzazione del metodo democratico perché il produrre veniva ad essere parte dei valori del gruppo anziché dipendere dalla presenza del leader. Quello lassista si dimostrò inefficiente sotto tutti i punti di vista. Con quello autoritario si rilevarono diversi fenomeni di aggressività e instabilità relazionali. Bales afferma che il leader è colui che è in grado di valorizzare le risorse emozionali. Fiedler con la sua teoria della contingenza, sostiene che l’efficienza della leadership dipende da come si presenta la situazione, ovvero dalle contingenze. L’autore ritiene che i livelli di efficienza della leadership task- oriented e di quella group-oriented seguano due differenti andamenti. La prima rivela un andamento a “U” con efficienza elevata in caso di situazioni molto favorevoli o molto sfavorevoli. La seconda è più funzionale allorché la situazione è mediamente favorevole e in tal caso l’efficienza segue una curva a “U” capovolta. In poche parole, non esiste una leadership buona in quanto i comportamenti del leader andrebbero valutati in base alle situazioni contingenti. Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 Nella leadership trasformazionale il leader deve essere capace di dare corpo ai sogni comuni producendo influenza idealizzata, motivazione ispirazionale, stimolazione intellettuale, considerazione individualizzata. Capitolo 10 L’influenza sociale è un insieme di processi e dinamiche che si manifestano per il semplice motivo che siamo animali sociali. Abbiamo diversi livelli di influenza sociale: 1) Biologico: capacità di adattamento e apprendimento; 2) Sistemi culturali: veniamo condizionati dalla cultura di riferimento, la nostra famiglia è inserita in un contesto che riterrà normale andare a scuola, avere una casa, crescere in una famiglia nucleare, ma ci sono anche contesti come ragazzi che vanno già a lavorare in giovane età, ecc; 3) Interazione: relazioni significative con i membri del gruppo; L’influenza sociale è sempre e comunque ispirata dalle forze biologiche e dalle pressioni culturali di cui ciascun individuo sociale è portatore e interprete. L’individuo non solo subisce le pressioni biologiche e culturali, ma è egli stesso un agente dell’influenza nei confronti dei suoi simili. La questione di fondo sta nel riconoscere come influenziamo. L’influenza sociale è interpretata secondo due paradigmi: - PARADIGMA DELLA SUGGESTIONE: è il processo per il quale gli individui sono portati ad accettare in modo arbitrario opinioni, valutazioni e scelte senza tener conto delle loro qualità. - PARADIGMA DELLA PERSUASIONE: processo attraverso cui si convince una persona ad adottare e a fare suoi certi valori, certe credenze, opinioni e atteggiamenti. COMUNICAZIONE PERSUASIVA: Negli anni ’60 si affermarono interpretazioni che sempre più valorizzano il ruolo dei processi cognitivi e la posizione essenziale della persona che elabora il messaggio persuasivo. Perché la persuasione sia efficace non deve invadere totalmente il sistema cognitivo del soggetto. È necessario che l’informazione possa penetrare nel sistema cognitivo per produrre un disequilibrio che attiverà modificazioni tali da assicurare la coerenza con l’informazione antagonista. Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 La comunicazione persuasiva sarà tanto più efficace quanto più riuscirà a determinare una situazione di crisi nel sistema di rapporti tra elementi cognitivi, ma anche se, nel contempo, consentirà di raggiungere una nuova situazione di equilibrio, basata su nuovi elementi di informazione e su diversi rapporti di unità e sentimento. TEORIA DELLA DISSONANZA COGNITIVA: le vicende umane talvolta mettono in conflitto le azioni delle persone con le loro credenze e valori. Questo conflitto cognitivo si esprime in forma di dissonanza che, a sua volta, produce una tensione (arousal). La dissonanza cognitiva può essere ridotta in tre modi diversi (esempio – io odio FB e tutti i miei amici lo usano): 1) Cambiando l’ambiente (cambio amici o convinco i miei amici a non usare FB); 2) Cambiando il comportamento (non odio più palesemente FB, mi ci iscrivo ma lo uso poco); 3) Cambiando il proprio mondo cognitivo (mi ci iscrivo e lo uso); MODELLO DELLA PROBABILITÀ DI ELABORAZIONE (ELM): vengono individuati due percorsi di elaborazione di un messaggio persuasivo: - Via Centrale: la persona riflette sul messaggio persuasivo, qualora egli possieda abilità ed è motivato. - Via Periferica: se l’individuo non possiede abilità o non è motivato a riflettere sul messaggio, la persona rivolgerà la sua attenzione altrove e sarà influenzata dagli aspetti superficiali della comunicazione. Un ruolo importante nel ELM è giocato da due fattori: la qualità dei messaggi persuasivi che può essere bassa o alta; NFC (need for cognition) di cui gli individui presentano diversi livelli. SCALA NFC: Petty e Cacioppo, somministrarono una scala NFC e, in base ai punteggi ottenuti, divisero i partecipanti in: - Alto NFC: provano piacere nei compiti che richiedono alto sforzo cognitivo (preferiscono il giornale). - Basso NFC: preferiscono acquisire le info in maniera estremamente facile (preferiscono la TV). Nell’esperimento del modello ELM, Petty, Cacioppo e Goldman presentarono un messaggio persuasivo che poteva contenere delle argomentazioni qualitativamente forti o deboli (sbarramento tra biennio e triennio) e poteva essere pronunciato da un preside o dal ministero dell’istruzione. Gli studenti dovevano riportare il loro atteggiamento nei confronti dell’oggetto. I partecipanti con bassa rilevanza personale mostravano un atteggiamento positivo nei confronti dello sbarramento se il messaggio veniva sostenuto da una fonte autorevole (ministero) che da una fonte Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 non autorevole (un qualsiasi preside). Non venivano influenzati dalla qualità del messaggio e dunque avviene un processo periferico. MODELLO EURISTICO – SISTEMATICO (HSM): la strategia di elaborazione del giudizio viene impegnando solo risorse cognitive essenziali e sufficienti. Abbiamo 2 strategie: STRATEGIA EURISTICA & STRATEGIA SISTEMATICA. La prima applichiamo le euristiche per arrivare a un giudizio. La seconda abbiamo un’elaborazione approfondita del messaggio (via centrale). Queste due strategie sono sempre influenzate da motivazione e abilità cognitiva. DIFFERENZA ELM & HSM: sono modelli binari che valorizzano entrambi l’elaborazione dei segnali da parte del bersaglio, ma mentre nell’ELM le due vie sono alternative, escludenti, nell’HSM sono integrative, complementari. Tra i molti aspetti indagati, particolare rilievo hanno il tema della conformità in situazioni di gruppo e quello della qualità della conformità. In particolare, Kelman distingue 3 meccanismi di conformità: 1) Acquiescenza: l’individuo si adegua per non essere considerato deviante. 2) Interiorizzazione: l’individuo condivide le opinioni del gruppo. 3) Identificazione: l’individuo riconosce al gruppo caratteristiche che vorrebbe possedere. INFLUENZA MAGGIORITARIA: Asch parte dall’osservazione che nella società noi acquisiamo una dipendenza dagli altri circa il senso della realtà. Tuttavia, sostiene Asch, vi può essere consenso senza fondamento, soprattutto quando gli individui partecipano in forma limitata o esistono forze che impediscono loro di esprimersi. La procedura sperimentale è semplice e lineare: riunire dai 7 ai 9 studenti universitari. Il compito consentiva nel confrontare una linea campione con tre linee di diversa lunghezza, identificando tra queste quella uguale alla prima. La maggioranza dei partecipanti era complice dello sperimentatore. I complici dovevano rispondere in modo “giusto” in merito ai primi due cartelloni-stimolo così da indurre il soggetto ingenuo a fidarsi del giudizio della maggioranza. Successivamente i complici fornivano risposte palesemente sbagliate al fine di sottoporre il soggetto critico all’urto dell’opinione della maggioranza prima di emettere il proprio giudizio. Dai risultati emerge che gli individui negano un giudizio veritiero per non andare contro la maggioranza. Nelle interviste post-sperimentali i soggetti affermavano di avere dato il giudizio sbagliato perché non si fidavano dei propri giudizi e non volevano essere diversi dagli altri. Un importante corollario che consegue alla sperimentazione di Asch riguarda la descrizione dell’influenza informativa che è la forza che spinge Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 l’individuo isolato ad accettare le informazioni degli altri come prova circa la realtà. I soggetti ingenui di Asch vivono un senso di disagio perché costretti a dubitare che i propri sensi trasmettessero info corrette e che essi riuscissero a vedere il mondo così come gli altri. Dunque, gli individui sono mossi dal bisogno di piacere ed essere accettati ed approvati. INFLUENZA INFORMAZIONALE: l’individuo pensa che i giudizi degli altri siano più attendibili dei propri. INFLUENZA MINORITARIA: influenza esercitata da soggetti che non sono in condizione di vantaggio sociale nei confronti delle maggioranze. Moscovici sostiene che le teorie dell’influenza maggioritaria possono spiegare perché nelle società prevale la conservazione ma non i cambiamenti. Lo stile di comportamento della minoranza può avere una CONSISTENZA SINCRONICA in cui prevale una unanimità totale nell’espressione delle posizioni minoritarie e una CONSISTENZA DIACRONICA in cui l’individuo porta avanti le sue ragioni e argomentazioni nel tempo. Perché la consistenza diacronica abbia influenza deve essere riconosciuta dalla maggioranza e deve essere attribuito al comportamento della minoranza caratteristiche di sicurezza e autonomia. Moscovici & Co. Hanno dimostrato la teoria della Conversione attraverso il paradigma blu/verde. (Esperimento sulla conversione con l’AFTER EFFECT= se osserviamo intensamente uno stimolo colore (detto primario) posto sul fondo bianco, alla scomparsa dello stimolo segue la percezione di un colore illusorio (detto residuo o after effect). I soggetti sono divisi in coppie formate da un soggetto ingenuo e da un complice. Il disegno sperimentale prevede 4 fasi: 1) si mostra ai soggetti una serie di 5 diapositive verdi o blu, dando la risposta in privato relativa al colore primario e al residuo. Lo sperimentatore “informa” i soggetti di dati precedenti di studi analoghi. In realtà sono dati inesistenti, ma utili a permettere l’identificazione del soggetto ingenuo. 2) si mostrano ulteriori diapositive e i soggetti esprimono giudizi pubblicamente, senza dire il colore residuo. Il complice risponde per prima affermando che le diapositive sono verdi. 3) La coppia torna ad esprimere segretamente il giudizio della diapositiva. 4) Il complice si allontana. Il soggetto ingenuo risponde di nuovo alle 5 nuove diapositive in privato (primario e residuo). Risultato: nelle condizioni in cui si produce l’influenza minoritaria i soggetti cambiano sia il giudizio del colore principale sia quello del residuo. La differenza fondamentale dell’INFLUENZA MAGGIORITARIA E INFLUENZA MINORITARIA risiede negli effetti del processo della comunicazione sociale. Moscovici sostiene che nel paradigma del conformismo, la maggioranza mette in Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 atto un processo di confronto sociale della risposta con quella degli altri senza dedicare molta attenzione all’argomento stesso (suscita acquiescenza). Al contrario, una minoranza mira alla comprensione dell’argomento rimanga coerente sulla propria posizione. Secondo Moscovici, quindi, le maggioranze provocano acquiescenza (senza conversione) e le minoranze conversione (senza acquiescenza). Un altro effetto importante connesso all’influenza minoritaria è l’EFFETTO DIVERGENZA messo in luce da Nemeth. Questo effetto è favorito nelle situazioni in cui il contesto, il compito o lo stimolo sollecitano le persone a pensare e ad agire in modo autonomo, esprimendo idee nuove ed originali. Le persone esposte all’influenza minoritaria si impegnano in un’attività di pensiero “divergente” per cui cercano e scoprono soluzioni alternative, anche diverse da quelle della minoranza, che tuttavia senza la sua influenza non sarebbero state sollecitate. Il pensiero divergente produce nuovi pensieri divergenti. INFLUENZA DEI MEDIA: lo scenario politico e sociale, tra gli anni ’30 e ’40, sostengono che i media siano strumenti di potere straordinario: questa concezione è sintetizzata nell’espressione “BULLET THEORY” (teoria ipodermica), che paragona gli effetti dei media a quelli di un proiettile che colpendo il bersaglio non lascia scampo. Solo negli anni ’60 si attribuisce ai media un potere limitato, percependoli come probabili ma non certe fonti di cambiamento delle opinioni, degli atteggiamenti e dei comportamenti. GLI EFFETTI DELLE COMUNICAZIONI DI MASSA: Klapper individua due effetti: un effetto conversione che si ha quando l’attore sociale modifica i propri atteggiamenti e comportamenti; e un effetto di rafforzamento in cui gli individui sono portati ad esporsi, percepire e memorizzare i contenuti della comunicazione attraverso i media. Nell’ambito delle TEORIE DEGLI EFFETTI LIMITATI viene ridimensionata la correlazione diretta e immediata tra messaggio ed effetto: diventa centrale lo studio del “consumo” dei media, dunque delle ragioni e del modo in cui le persone utilizzano i media e delle gratificazioni che ne ricavano. Le funzioni principali dei mass media sono: intrattenimento, distrazione dai problemi, informazione, contatto, socializzazione. L’audience non è passiva bensì attiva e usano i media per ricavare gratificazioni. Le proposte mediatiche sono allora sempre più concepite in termini di necessità di catturare gli ascolti. AGENDA SETTING: ci si riferisce al fatto che le comunicazioni di massa sembrano orientare l’attenzione e la sensibilità degli individui intorno ad alcuni temi piuttosto che ad altri e contribuiscono a costruire rappresentazioni che le persone identificano come realtà. La teoria sottolinea la sostanziale dipendenza cognitiva dai media, che Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 porta ad identificare il proprio giudizio sull’importanza relativa dei fatti e degli accadimenti sociali, politici ed economici con quello proposto dai media: essi ci dicono a cosa pensare. (McCombs e Shaw ’70). TEORIA DELLA COLTIVAZIONE: è una teoria culturalista che guarda agli effetti dei media sul medio-lungo periodo. Secondo questa teoria, i media sono controllati da interessi costituiti e da istituzioni dominanti e si configurano come modellatori della socialità finalizzati alla coltivazione di modelli dominanti e alla produzione di uniformità. Più facciamo dipendere la nostra conoscenza, la nostra formazione interiore e umana dai media, più saremo influenzati dalle loro strategie. (Gerbner e Gross ’70). HEAVY VIEWERS E LIGHT VIEWERS: concetti chiave di questa concezione sono quelli di mainstream che ci dice che la fruizione televisiva produce una tendenziale omogeneità delle concezioni ed induce a coltivare percezioni di similarità anche nell’ambito dei gruppi sociali; e mean world syndrome in cui la similarità detta precedentemente si riflette nel fatto che essi adottano una percezione media del mondo che possiamo cognitivamente definire “stereotipica”. È il periodo di esposizione ai mezzi di comunicazione di massa che determina il livello di influenza e a coltivare credenze delle persone fino a produrre una diversa percezione del mondo. A seconda del mainstreaming (dell’influenza dei media) si creano due gruppi sociali diversi: heavy viewes che sono più integrati e orientati alla conformità e light viewers che sono più capaci di elaborare una visione divergente del reale. TEORIA DEL MODELLAMENTO: Bandura evidenzia il ruolo fondamentale dei modelli sociali nel generare apprendimento e comportamento. Egli parla di SOCIAL LEARNING THEORY in cui spiega che imitando l’individuo è premiato dall’ambiente e il suo comportamento viene riprodotto in analoghe circostanze e a sua volta (imitato) anche dagli altri individui. Le identità culturali sono prodotto cognitivo dell’imitazione reciproca dei gruppi locali che evolvono separatamente. IMITARE significa osservare il comportamento di un altro, codificare e elaborare questa osservazione e usare i risultati di questa elaborazione per produrre una sequenza di comportamenti simile a quella prodotta dal modello dell’ordine corretto. La desiderabilità sociale connessa al comportamento di un idolo è rinforzo vicariante del modello che aumenta la sua probabilità di essere imitato. ESPERIMENTO DELLA BAMBOLA BOBO: FASE 1: tre gruppi – il primo osserva adulti dare calci e pugni ad una bambola; il secondo osserva adulti che giocavano serenamente; il terzo viene lasciato giocare senza interventi. FASE 2: i soggetti furono sottoposti ad un evento stressante, ovvero invitati a giocare con giochi belli, si interruppero dicendogli che dovevano essere dati ad altri bambini. FASE 3: tutti i Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 gruppi vengono portati in una stanza di giochi in cui c’è BOBODOLL. I risultati furono: violenza contro la bambola e tutti gli altri giocatori, maggiore disponibilità ad una violenza generalizzata e non imitazione, ma interiorizzazione di un modello. TEORIA DELLA SPIRALE DEL SILENZIO: Elisabeth Noelle-Neumann dice che gli individui tendono a celare le opinioni che percepiscono essere contro l’opinione prevalente. I social incrementano la probabilità della spirale del silenzio per non deludere i propri contatti/amici e per non lasciare tracce digitali delle loro opinioni minoritarie. Questo perché i media amplificano la percezione di quali argomenti debbano essere considerati ammissibili o meno, in termini di sovra- rappresentazione, incrementando così l’aspirale del silenzio, portando l’utente a decidere di non esprimere la sua opinione considerata minoritaria. LA BOLLA DI INTERNET: i contenuti sono presi dalla reta ma l’ordine con cui ci vengono proposti non è interamente deciso da noi. Il rischio è quello di rimanere intrappolati in una bolla. EFFETTO ECHO CHAMBER: uno spazio definito sul web nel quale le idee scambiate si confermano le une con le altre. Una volta entrati in questi spazi, gli utenti scambiano info molto simili, facendosi eco l’uno con l’altro. Questo effetto è legato sia alle nostre scelte che all’algoritmo che ci aiuta a selezionare e mettere in primo piano solo le info giudicate più interessanti per noi. Capitolo 11 Le relazioni intergruppi sono sia un tema che un livello di analisi (che può essere individuale, spiega dei tratti di personalità; interpersonale, spiega dei tratti relazionali tra i soggetti; intergruppo, spiega dei tratti per l’appartenenza a gruppi diversi). Sherif afferma che è necessario considerare sia le proprietà dei gruppi che le conseguenze dell’appartenenza sugli individui, per parlare di questioni intergruppi. Sherif fu il prima a tentare di spiegare i conflitti e la cooperazione intergruppi. Da qui, la REALISTIC CONFLICT THEORY (RCT) dove Sherif parte dal presupposto che l’esistenza dei gruppi si basa sulla necessità di collaborare per raggiungere determinati fini. Il conflitto si produce in situazioni in cui sussiste l’incompatibilità di fini. ROBERT CAVE EXPERIMENT: nel 1949, una équipe di psicologi dell’Università di Oklahoma guidata da Sherif, coinvolse per 18 giorni 24 ragazzi di 11-12 anni in una sperimentazione attuata in una colonia estiva privata dello stato del Connecticut, in Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 cui vengono manipolati nel corso del tempo una serie di variabili e osservando le reazioni dei soggetti. Nella prima fase, i ragazzi vengono lasciati liberi di fare conoscenza e di interagire; nacquero amicizie spontanee. Nella seconda fase, i ragazzi furono divisi in 2 gruppi, dove le attività venivano svolte in modo separato. Nella terza fase, i due gruppi furono posti in competizione tra loro in una serie di gare e prove che prevedevano come vincitore l’uno o l’altro dei due gruppi. Chi vinceva otteneva un coltellino da campeggio. Secondo gli studiosi, introdurre scopi competitivi avrebbe aumentato il conflitto. Infatti, i rapporti tra i due gruppi divennero tesi, ripetuti scontri al di fuori delle squadre, ecc. Le amicizie spontanee della prima fase non riuscivano a moderare questa escalation conflittuale. Nella fase finale, i ricercatori provarono a ridurre il conflitto intergruppi. Inizialmente, la strategia fu quella di coinvolgere i ragazzi in iniziative piacevoli e comuni ai due gruppi, così da migliorare le relazioni. Avvenne il contrario. La seconda strategia fu la messa in campo dei ricercatori, ovvero porre degli scopi sovraordinati così da agevolare la cooperazione (il furgone si rompe e tutti devono collaborare per spingerlo fino al campo). Lo scopo sovraordinato è il contrario dello scopo competitivo e l’introduzione di esso ridusse i livelli di conflitto intergruppi e tornarono le amicizie spontanee della prima fase. INDIPENDENZA FUNZIONALE: due gruppi perseguono un obiettivo comune, ma il raggiungimento dell’obiettivo da parte di uno non implica né il successo né il fallimento dell’altro gruppo. INTERDIPENDENZA INTERGRUPPI: è una situazione in cui il risultato di un gruppo dipende da quello dell’altro gruppo. Questa interdipendenza può essere a struttura negativa, ovvero a somma zero, nel caso in cui il risultato positivo di un gruppo implichi necessariamente il risultato negativo dell’altro; a struttura positiva qualora il risultato positivo di un gruppo implichi un risultato positivo per l’altro. GRUPPI MINIMI: il punto di partenza di Tajfel è la nozione di categorizzazione. Tajfel si domandò se la sola categorizzazione sociale possa condurre un comportamento intergruppi che favorisca l’in-group e discrimini l’out-group. Questo quesito fu indagato con il paradigma dei gruppi minimi, ovvero una procedura sperimentale che consente di creare due gruppi in maniera del tutto artificiale e di studiare i comportamenti dei membri di ciascun gruppo nei confronti di membri dell’in-group e out-group. I gruppi creati ad hoc da Tajfel & Co. sono definiti minimi (o minimali) poiché: creati sulla base di una categorizzazione poco significativa per i soggetti, non è consentita ai membri l’interazione face-to-face, i gruppi non sono basati su somiglianza e interdipendenza tra i membri, non è nota l’identità dei membri e non c’è ostilità tra i gruppi. Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 Ad un primo esperimento parteciparono 64 studenti della stessa scuola, suddivisi in 8 gruppi di 8 studenti che frequentavano la stessa classe, conoscendosi quindi bene tra loro. Ai partecipanti fu proposto un compito che consisteva nel valutare il numero di una serie di puntini proiettati su uno schermo. Dopodiché i partecipanti furono divisi in due gruppi, “sovraestimatori” e “sottoestimatori”. L’appartenenza a uno dei due gruppi venne comunicato privatamente a ciascun partecipante, così nessuno sa quali tra i suoi compagni di classe facesse parte del proprio gruppo e quali dell’out group. Successivamente, ai soggetti venne chiesto di attribuire delle piccole somme di denaro a membri sia dell’in-group che dell’out-group mediante l’utilizzo di matrici di pagamento. Ciascuna matrice conteneva 14 caselle, ognuna delle quali presentava due membri dell’in-group, a due membri dell’out-group, oppure a uno dell’in e uno dell’out. I ricercatori ebbero cura di sottolineare che nessun membro dell’in e dell’out, avrebbe potuto attribuire a sé stesso una somma di denaro, ma sempre ad altri due individui diversi da sé. I risultati di questo primo esperimento confermarono l’ipotesi che i ragazzi favoriscono l’in-group, sebbene sapessero che entrambi i gruppi (in e out) sono comunque compagni di classe e sebbene non sapesse che faceva parte dell’in e dell’out. Inoltre, questa discriminazione era basata su una distinzione categoriale imposta dai ricercatori e priva di qualsiasi contenuto riferibile alla struttura di gruppo, ai legami, ai conflitti, ecc. Un secondo esperimento approfondì le strategie con cui gli individui mettevano in atto il comportamento discriminatorio intergruppi. In questo caso, 48 partecipanti furono divisi in 2 gruppi in modo casuale. La procedura era simile a quello di prima; le matrici, però, erano state modificate allo scopo di poter indagare il peso esercitato dalle diverse strategie quali: - MASSIMO PROFITTO COMUNE (MJP): la scelta nella matrice di pagamento che corrisponde al massimo guadagno possibile per entrambi i soggetti ai quali la scelta fa riferimento (ad esempio 20/14). - MASSIMO PROFITTO PER L’IN-GROUP (MIP): la scelta nella matrice di pagamento consiste nel massimo guadagno possibile per il membro dell’in (ad esempio 22/10). - MASSIMA DIFFERENZA IN FAVORE DELL’IN-GROUP (MD): la scelta nella matrice di pagamento che consiste nel massimizzare la differenza tra il guadagno del membro in e quello del membro out, sebbene a discapito del guadagno assoluto del membro dell’in (ad esempio 18/4). I risultati mostrarono che la strategia che maggiormente influenzava le scelte dei soggetti era quella della MD, seguita dall’a MIP e infine MJP. Quindi, l’obiettivo dei ragazzi non sembrava quello di assicurare a tutti i propri compagni di classe, ma far vincere il proprio gruppo rispetto all’out. Questo risultato veniva confermato quando ai soggetti si chiedeva di attribuire punti/denaro non più a un membro dell’in e a uno Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 dell’out, bensì a due membri dell’in e dell’out. Tutti questi esperimenti solo per confermare quanto detto dalla RCT e mostrare il favoritismo per l’in-group. I risultati di questi esprimenti vengono spiegati da Tajfel facendo riferimento a 3 processi: 1. CATEGORIZZAZIONE SOCIALE 2. IDENTITÀ SOCIALE 3. CONFRONTO SOCIALE Il punto di partenza è la categorizzazione: gli esseri umani vivono immersi in una reta di categorie che organizzano e semplificano il loro mondo. Le appartenenze categoriali delle persone entrano a far parte del loro concetto di sé. Tajfel afferma che l’identità sociale è quella parte del concetto di sé che deriva dalla consapevolezza che un individuo ha della propria appartenenza a un gruppo. Oltre a fornire punti di riferimento, queste appartenenze procurano all’individuo delle info su chi egli è nel mondo e ha un effetto imp sulla sua autostima. Per tutelare la propria autostima, e avere così un’immagine positiva di sé, le persone devono fare in modo di avere una valutazione positiva rispetto ai loro gruppi di appartenenza. Tajfel prende spunto dalla Teoria del Confronto Sociale di Festinger, sostenendo che una volta esauriti i bisogni primari, è molto complicato per gli individui stabilire in assoluto i propri valori dell’in-group rispetto agli standard oggettivi. Pertanto al fine di tutelare la propria autostima gli individui si impegnano in una serie di confronti sociali da cui il proprio gruppo possa uscire vincitore rispetto ad uno o più out-group. Tajfel e Turner propongono una teoria fondata su 4 variabili: - Comportamento sociale: è una variabile continua che ha come estremi il comportamento interpersonale (comport. Legato alle relazioni e caratteristiche personali) da una parte e il comportamento intergruppi (condotto dagli attori sociali) dall’altra parte. - Sistema di credenze: è una variabile continua che riguarda le credenze delle persone rispetto alla natura e alla struttura delle relazioni intergruppi. A un estremo del continuum troviamo: la mobilità individuale (sistema di credenze in cui le pers sono convinte che nella loro società le posizioni sociali siano modificabili da parte dei singoli individui attraverso impegno e capacità). All’estremo opposto troviamo il cambiamento sociale (le persone vedono le relazioni intergruppi come segnate da confini difficilmente superabili). Il trovare un posto per noi stessi e per gli altri, conoscere chi siamo e stimare il valore della posizione che occupiamo, può avere 2 risultati: Scaricato da Federica Cesario ([email protected]) lOMoARcPSD|41045442 1) se il confronto favorisce il nostro gruppo, la nostra identità sociale è positiva e l’autostima è al sicuro 2) se il confronto sfavorisce il nostro gruppo, la nostra identità sociale è negative e scende l’autostima. Da qui i gruppi avranno due possibilità: la creatività sociale, in cui rientrano 3 strategie: valorizzazione di altri aspetti dell’appartenenza, riferirsi a un gruppo più svantaggiato del nostro e lasciare il proprio gruppo, o la competizione sociale, in cui l’in-group avvia una competizione con l’aut-group con l’obiettivo di raggiungere un posizionamento più gratificante (opzione che da il via ai conflitti intergruppo). - Uniformità: che può essere alta o bassa; - Percezione di similarità: che può essere alta o bassa Scaricato da Federica Cesario ([email protected])