Tirocinio in un Centro di Disabilità PDF
Document Details
Uploaded by SteadfastAgate8902
Università Niccolò Cusano
Viviana
Tags
Summary
Questo documento descrive un'esperienza di tirocinio presso un centro per persone con disabilità, in particolare con disturbi dello spettro autistico. Si focalizza sull'importanza dell'intervento precoce e sulle diverse strategie per aiutare queste persone.
Full Transcript
Le osservazioni che espongo si basano sulla mia esperienza di tirocinio e si concentrano sugli approcci d’intervento con persone con disturbi dello spettro autistico, la mia tutor che è la direttrice tecnica del centro, Fabiana Sonnino, psicoterapeuta mi ha comunicato che il termine “spettro” indica...
Le osservazioni che espongo si basano sulla mia esperienza di tirocinio e si concentrano sugli approcci d’intervento con persone con disturbi dello spettro autistico, la mia tutor che è la direttrice tecnica del centro, Fabiana Sonnino, psicoterapeuta mi ha comunicato che il termine “spettro” indica i diversi livelli di gravità con cui il disturbo si può presentare. La struttura si occupa di persone dai 0 ai 25 anni, ma io sono stata collocata nel programma degli operatori che intervenivano su adolescenti dai 10 ai 20 anni. Ho svolto il tirocinio post-laurea di 750 ore presso la cooperativa Collina Storta, un centro abilitativo e ricreativo progettato per integrare persone con diversi tipi di disabilità, dall’autismo alle sindromi genetiche (Asperger, Sindrome di Tourette, Down, Parkinson, Williams e Rett) cui viene fornita terapia e assistenza specialistica. Parlo di diversi tipi di disabilità poiché nella mia esperienza di tirocinio ho avuto modo di osservare diversi adolescenti ma in particolare una ragazza, che ha la sindrome di Rett, è una rara patologia neurologica dello sviluppo, che colpisce prevalentemente soggetti di sesso femminile. La malattia congenita interessa il sistema nervoso centrale, ed è una delle cause più diffuse di gravissimo deficit cognitivo. La mia tutor mi ha spiegato che si manifesta generalmente dopo i primi 6-18 mesi di vita, con la perdita della motricità, delle capacità manuali, dell’interesse all’interazione sociale e la diagnosi di RTT è spesso confusa con quella di autismo o generico ritardo dello sviluppo. La motivazione a svolgere un tirocinio in questo ambito nasce dal desiderio di acquisire direttamente delle conoscenze, in prima persona, sulle diverse sfaccettature dello spettro autistico, riguardo le sue implicazioni, risorse e sugli strumenti a disposizione degli operatori per intervenire con rispetto ed efficacia. Secondo il DSM-5, i disturbi dello spettro autistico sono una serie di condizioni caratterizzate da alterazioni persistenti nella comunicazione e interazione sociale, e da comportamenti, interessi o attività ripetitivi o ristretti per esempio un forte interesse per gli orari dei mezzi pubblici, tali interessi sono spesso fonte di piacere quindi durante l’età adulta possono essere motivazione e mezzo per l’inserimento nella vita quotidiana. I sintomi, che limitano o compromettono il funzionamento quotidiano in diversi ambiti, si presentano nella prima infanzia, a meno che non siano mascherati da strategie di compensazione apprese nel tempo o non si manifestino finché le esigenze sociali non superano le capacità del soggetto. Queste alterazioni assumono una definizione specifica in quanto non sono altrimenti spiegate da disabilità intellettiva o ritardo globale dello sviluppo. Ho potuto osservare il personale della struttura nelle diverse figure che vi lavoravano come la psicologa che si occupava della somministrazione della scala di T.T.A.P (Teacch Transition Assassment Profile) lo strumento indaga sia la fase della transizione tra adolescenza e adultità quindi dai 14 anni in poi, e sia le abilità significative per il raggiungimento delle autonomie nei contesti di vita quotidiana delle persone nello spettro dell’autismo; la coordinatrice che si occupava dei programmi del centro; l’istruttrice di equitazione che lavorava sulla motricità dei bambini attraverso le attività a cavallo; la responsabile, che come ho già detto è stata la mia tutor, che mi ha dato la possibilità di osservare il programma di inserimento, che consiste in un colloquio clinico con la famiglia dell’utente, e dopo aver stilato una valutazione diagnostica con gli obiettivi da raggiungere, stabilisce un piano individualizzato e la terapia da seguire, a seconda delle necessità dell’interessato. Dopo questa fase iniziale e l’attivazione della terapia mensile, l’educatore assegnato al caso dovrà valutare l’utente con i suoi eventuali progressi o regressioni, che costituiranno la base per un nuovo piano. La famiglia contribuisce fortemente al raggiungimento degli obiettivi ed è per questo che è fortemente consigliato, spesso obbligatorio, il Parent Training: letteralmente “formazione dei genitori” Questa pratica assume un aspetto significativo nel trattamento dei disturbi dello spettro autistico. La sua finalità principale è la formazione di figure genitoriali sempre più consapevoli di come operare con il proprio figlio/a, in grado di riprodurre a casa strategie messe in atto dagli specialisti per incrementare lo sviluppo di abilità, autonomie e capacità comunicative. In concomitanza, questo trattamento prevede un continuo confronto da parte dei genitori con gli specialisti che permette l’analisi di problemi che riguardano la gestione del soggetto autistico e, allo stesso tempo, la risoluzione con modificazione di strategie all’interno del processo Uno degli aspetti maggiormente formativi del tirocinio è stato comprendere come ogni persona è diverso e ha bisogni, interessi e modi di comunicare unici, pur presentando tratti comuni. Ci possono essere ad esempio casi ad alto funzionamento, con abilità cognitive generalmente normali o superiori alla media, ma con difficoltà nelle interazioni sociali o nella comprensione delle regole sociali della comunicazione. Mi sono resa conto che osservare come i ragazzi interagiscono con il mondo intorno a loro può aiutare a capire quanto siano coinvolti socialmente e quanto bene riescano a gestire le proprie emozioni, e che le comunicazioni non verbali, il modo in cui si muovono, la loro capacità o meno di usare il contatto visivo, le espressioni facciali e l’organizzazione spaziale possono diventare un fattore fondamentale nel trovare e aprire una connessione con loro. Le configurazioni coerenti nel tempo e ripetute, il fatto che le cose siano sempre uguali e prevedibili, creano un tipo di contesto in cui potersi sentire al sicuro e a proprio agio, quindi, mantenere una routine costante può aiutare a sviluppare una buona relazione. I tra amen sanitari rivol a persone minorenni o incapaci sono subordina al consenso informato di coloro che esercitano sulle medesime la responsabilità genitoriale o la tutela. Durante il tirocinio, ho visto come il protocollo d’intervento viene strutturato nelle diverse fasi: il colloquio clinico con la famiglia, momento fondamentale in cui dopo aver firmato il consenso informato in caso di persone minorenni o incapaci dove nel c.d. degli psicologi vi è stata una modifica avvenuta nel testo vigente dove parlano di “prestazioni professionali” e quello revisionato invece viene modificato in “trattamenti sanitari” questo perché nelle prestazioni professionali comprendono tutte le prestazioni con finalità sanitaria o senza. Invece per trattamenti sanitari permette di circoscrivere l’ambito dell’acquisizione del consenso informato esclusivamente in quello sanitario. I trattamenti sanitari sgrava gli psicologi da tutta una serie di incombenze, immaginiamo la psicologa che entra in un istituto scolastico per effettuare una prestazione psicologica tipo una formazione sul bullismo l’art.31 vigente prevedeva un’acquisizione del consenso informato, ma è paradossale acquisire un consenso informato che pacificamente è attribuibile all’ambito sanitario. L’art.31 revisionato sgrava uno psicologo che entra in una scuola e vuole fare formazione per questa ragione non ha necessità di un consenso informato perché non è un trattamento sanitario. La psicologa o lo psicologo, nel c.d. del consenso informato sanitario di persone minorenni o incapaci, nel caso in cui i genitori sono in disaccordo sull’idea di mandare il figlio a intraprendere un sostegno psicologico nell’art. 31 revisionato lo psicologo deve interrompere perché questa decisione deve essere rimessa all’autorità giudiziaria che è l’unica che può stabilire se quella prestazione psicologica deve essere intrapresa oppure ripresa, in quanto non possiamo noi assumerci la responsabilità, dal momento che questo comporterebbe un rischio anche professionale (art.26 principio dell’astensione). Altro punto è la sostituzione della definizione potestà genitoriale con la definizione responsabilità genitoriale grazie al Decreto Legislativo 154/2013 quindi non si parla più di tt ti ti ti potestà genitoriale ma si parla di responsabilità genitoriale. La psicologa e lo psicologo tengono conto della volontà della persona minorenne o della persona incapace in relazione alla sua età e al suo grado di maturità nel pieno rispe o della sua dignità. Secondo il codice vigente i genitori del minore potevano imporre un trattamento sanitario al proprio figlio senza che questi venga preventivamente ascoltato dalla psicologa o psicologo invece in quello revisionato tengono conto della volontà della persona minorenne. Nei casi di assenza in tu o o in parte del consenso informato di cui al primo comma, ove la psicologa e lo psicologo ritengano invece che il tra amento sanitario sia necessario, la decisione è rimessa all’autorità giudiziaria. Sono fa salvi i casi in cui il tra amento sanitario avvenga su ordine dell’autorità legalmente competente o in stru ure legisla vamente preposte. L’ultima parte del consenso informato dice che ad esempio quando l’autorità giudiziaria nei casi di contenzioso, quindi nei casi di separazione di corsa affidamento, dispone un trattamento sanitario come un sostegno psicologico in capo alla persona minorenne è chiaro che l’autorità giudiziaria può disporre un trattamento sanitario e lì ovviamente non c’è bisogno del consenso informato perché comunque lo sta disponendo l’autorità giudiziaria. Ma subentra l’art.4 (il principio del rispetto e della laicità) che esprime il rapporto tra psicologo e utente quindi l’incontro tra due persone; perciò, tra due sistemi di valori che possono essere diversi e che possono entrare in conflitto tra loro e in caso di conflitto lo psicologo non può consentire ai propri valori personali di interferire con l’obiettività scientifica, presupposto per la validità metodologica del suo operato: ove dovesse insorgere una condizione di conflitto tra le ipotesi ideologiche dell’utente, la sola scelta deontologicamente applicabile è quella di interrompere il sostegno psicologico, effettuata con tutte le cautele del caso a protezione dell’utente. Gli operatori che affiancavano i bambini utilizzando i diversi approcci di riferimento in uso nella cooperativa, ho potuto vedere applicati: il “TEACCH”, (Trattamento ed Educazione dei Bambini Autistici con Handicap relativi alla Comunicazione), che prevede la presa in carico globale, cioè in ogni momento della giornata e in ogni periodo dell’anno e della vita, e si concentra sull’organizzazione dell’ambiente fisico e sociale per aiutare i bambini con disturbi dello spettro autistico a sviluppare abilità tti tt tt tt ti tt tt di apprendimento e di adattamento. L’educatore deve rendere l’ambiente il più adatto possibile alle abilità della persona. Vi è una precisa organizzazione della sequenza di azioni o attività che si svolgono nel tempo che viene riassunto in uno schema giornaliero composto da oggetti, immagini, fotografie a seconda delle abilità della persona che lo usa. Questa sistematizzazione nella procedura permette di ridurre lo stress e il nervosismo causato il più delle volte dalla mancata comprensione di ciò che si deve fare. Le modalità di conduzione del training sono indicate con precisione, pur mantenendo una visione globale, che conferisce senso ad un approccio strutturato, progettato, non casuale ma attento ad ogni flessibilità. le “Shoebox Task”, utilizzate nella terapia abilitativa come strumenti per organizzare il lavoro psico-educativo di bambini e ragazzi e come supporti nel portare a termine, in maniera autonoma, i compiti di motricità affine e concentrazione. Si rivelano utili, in particolare, quando i bambini/ragazzi iniziano ad apprendere come imparare. Sono state utilizzate, con successo, non solo con persone con disturbo dello spettro autistico, ma anche con bambini ipovedenti, con condizioni fisiche e mentali gravemente compromesse, con disabilità intellettiva, e con bambini molto piccoli in setting di tipo pre-scolare. e poi la CAA, comunicazione aumentativa alternativa, l’approccio consiste sull’utilizzo di un insieme di simboli grafici basati sul significato e non sulla fonetica e che comprende un insieme di conoscenze, tecniche, strategie e tecnologie messe in atto in ambito clinico e domestico per facilitare e aumentare la comunicazione in persone che hanno difficoltà ad usare i più comuni canali comunicativi, soprattutto il linguaggio orale e la scrittura. In riferimento all’utilizzo della Shoebox Task, ricordo ad esempio i cambiamenti ottenuti da un bambino di 8 anni, con difficoltà nell'organizzazione spaziale e nella memoria di lavoro, nei mesi di tirocinio in cui ho potuto osservarlo durante le sue sessioni settimanali di terapia neuropsicologica. In una delle attività proposte, il bambino aveva di fronte a sé una scatola con diversi comparti e oggetti all'interno. All’inizio di ogni sessione, lo psicologo gli spiegava il compito da svolgere: seguire una serie di istruzioni per trovare gli oggetti e posizionarli in modo specifico all'interno della scatola attraverso sequenze di azioni e passaggi diversi. All’inizio il bambino era in difficoltà proprio nel seguire e memorizzare le istruzioni ricevute, impiegando una discreta quantità di tempo e commettendo errori nel posizionare gli oggetti. Tuttavia, con il supporto e la guida dello psicologo, ha iniziato a sviluppare strategie per affrontare la sfida e con il passare delle settimane e delle sessioni, ha mostrato miglioramenti significativi. Col tempo, è stato in grado di seguire le istruzioni con maggiore precisione e velocità. La sua capacità di organizzare gli oggetti all'interno della scatola in base alle istruzioni che gli venivano date migliorava e lui diventava più consapevole delle proprie strategie cognitive, imparando quali approcci funzionavano meglio per lui. Oltre alle abilità cognitive, ha mostrato anche progressi nelle abilità motorie fini, poiché riusciva a manipolare gli oggetti all'interno della scatola con maggiore destrezza e precisione. Ha anche acquisito una maggiore fiducia nelle sue capacità ed è diventato più motivato nel partecipare alle sessioni di terapia. Miglioramenti anche al di fuori delle sessioni sono stati notati dai genitori, e riportati allo psicologo come una maggiore capacità di seguire istruzioni a casa e una migliore organizzazione nello svolgimento dei compiti scolastici.