Diritto dell'Unione Europea PDF

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Questo documento descrive l'evoluzione del diritto dell'Unione Europea, partendo dalla nascita di organizzazioni internazionali post-guerra mondiale. Analizza la cooperazione internazionale, la creazione di diverse comunità europee, come la CECA, CEEA e CEE, e gli allargamenti successivi. Vengono menzionati i trattati e il ruolo della Corte di Giustizia.

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DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA Immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’approccio alla cooperazione internazionale è completamente cambiato, poiché si è iniziato a parlare di cooperazione internazionale in maniera più seria rispetto ai tempi precede...

DIRITTO DELL’UNIONE EUROPEA Immediatamente dopo la fine della seconda guerra mondiale, l’approccio alla cooperazione internazionale è completamente cambiato, poiché si è iniziato a parlare di cooperazione internazionale in maniera più seria rispetto ai tempi precedenti. Questo è dimostrato dalla nascita di diverse organizzazioni internazionali, come ad esempio l’ONU (il quale è nato alla fine della seconda guerra mondiale). Alcune organizzazioni internazionali hanno carattere regionale; due tra queste sono organizzazioni europee regionali che dimostrano una progressiva evoluzione della concezione di organizzazione internazionale, che ha consentito immediatamente dopo la creazione di una comunità economica europea con una serie di caratteristiche peculiari che si mantengono ancora oggi, e sono: - OECE (organizzazione europea di cooperazione economica) 1948: questa cooperazione a livello regionale nasce dagli stati europei, i quali si riuniscono per contrastare i finanziamenti derivanti dagli Stati Uniti attraverso il piano Marshall. Nel 1948 era veramente rivoluzionario creare una organizzazione internazionale per la gestione di finanziamenti e di fondi. Attraverso questa cooperazione si passa da un metodo conflittuale a un metodo cooperativo. - Nel 1960, con l’esaurimento del piano Marshall, l’OECE diventa OXE per uno scopo puramente economico, ed esiste ancora oggi. Essa comprende molti più stati partecipanti rispetto agli stati membri dell’Unione Europea e quindi in termini di cooperazione economica essa ha un senso di esistere. Dal punto di vista formale sia l’OECE che l’OXE sono organizzazioni internazionali di stampo classico, perché i loro organi sono rappresentativi degli stati; cioè parlano per nome e per conto degli stati: i rappresentanti del governo sono vicini a questi organi. In queste organizzazioni vige il voto di unanimità, dove ogni singolo stato, anche il più piccolo, ha diritto di voto; senza la concorde unanime volontà di tutti gli stati dell’organizzazione non si può sviluppare e adottare nessun tipo di decisione. Nel 1949 nasce il consiglio d’Europa: nasce per aumentare la cooperazione livello più sociale e culturale, che economico. Il risultato, ancora ad oggi, più importante ottenuto dal consiglio d'Europa è stata la promozione della Convenzione Europa dei diritti dell'uomo e delle libertà fondamentali firmata a Roma nel 1950, che ancora oggi costituisce il faro della tutela dei diritti fondamentali dell'uomo nel continente europeo. Quindi qui si parla di diritti dell'uomo, di diritti sociali, mentre nell'OECE e nell'OXE si parla di economia e cooperazione allo sviluppo. Per avere altri esempi dei risultati importanti conseguiti a livello del consiglio d'Europea, sono state promosse numerose convenzioni internazionali per la lotta alle discriminazioni contro le minoranze, sia nazionali sia linguistiche. Il più grande successo del consiglio d’Europa è stata la realizzazione della convenzione europea per la salvaguardia ai diritti dell’uomo (CEDU): è stata conclusa nel 1950 e costituisce una carta dei diritti fondamentali dell’uomo per tutti gli stati del consiglio d’Europa, e che questi sono tenuti a seguire. La CEDU è composta da numerosi protocolli (tutti firmati dai vari stati) che hanno ampliato il numero dei diritti fondamentali riconosciuti all’individuo, un esempio può essere il protocollo numero uno, il quale garantisce il diritto di proprietà. Tutti gli stati che fanno parte del consiglio d’Europa fanno parte della CEDU (la Russia è stata recentemente espulsa come conseguenza al suo attacco all’Ucraina). Sempre nel 1950 viene costituita la prima istituzione di una corte europea per i diritti dell’uomo: verifica il rispetto dei diritti per l’uomo garantiti dalla CEDU; è un vero e proprio organo giurisdizionale internazionale a livello europeo, per questo motivo uno stato contraente della CEDU poteva ricorrere a questa istituzione nel momento in cui riteneva che un altro stato avesse violato qualche diritto (stato vs stato). Successivamente l’accesso a questa corte è stato ampliato a qualsiasi singolo umano, preso individualmente, nel momento in cui ritiene di essere stato violato nei suoi diritti umani da parte dello stato (individuo vs stato). Ovviamente l’accesso non è libero ed immediato, ma ci sono dei requisiti da seguire. 1 Questo sistema, di ricorsi individuali, ci consente di affermare che il macro-sistema del consiglio internazionale del consiglio d’Europa si differenzia rispetto al modello classico di organizzazione internazionale come quello dell’OCSE, poiché in quest’ultimo non c’era al centro dell’attenzione l’individuo stesso, mentre all’interno del consiglio d’Europa un’importanza verso l’individuo esiste, ma è ancora in fase patologica (quindi solo quando vengono violati i diritti), ma almeno l’individuo può intervenire. È presente anche un’altra importante novità: uno degli organi del consiglio d’Europa è, in secondo grado (indiretta, poiché i cittadini votano i parlamenti nazionali e quest’ultimi votano per l’assemblea generale), rappresentativo degli stati membri: l’assemblea generale; essa è composta da persone nominate dai parlamenti nazionali degli stati membri. Sono presenti degli elementi che accomunano il consiglio d’Europa con le organizzazioni internazionali standard come la presenza di altri organi che siano perfettamente rappresentativi (come il Consiglio dei ministri), il fatto che il consiglio d’Europa sia stato costituito con un trattato internazionale (come anche l’ONU, attraverso la carta dell’ONU). Il consiglio d’Europa è quindi una piccola evoluzione verso un altro modo di organizzare una organizzazione internazionale. 1950: dichiarazione Schuman: si dichiara di voler costituire una comunità Europea in cui si persegue una integrazione tra gli stati e la popolazione. La prima forma di integrazione formale è la CECA (comunità europea per il carbone e per l’acciaio) che parte da una prospettiva collaborativa, poiché carbone ed acciaio erano i materiali più importanti e naturali dell’industria bellica; ad unirsi per primi furono la Francia e il Belgio. Da un metodo conflittuale si passa quindi a un metodo collaborativo: questi due materiali possono circolare liberamente tra gli stati membri senza che vengano imposti dei dazi doganali, senza che siano stabilite quote di esportazione o importazione; quindi, l’impresa che estrae questi materiali può venderli a chi vuole, consentendo la libera circolazione delle persone, soprattutto agli operai che lavorano in questi ambiti. Per quanto riguarda il controllo sugli stati membri e sulla circolazione di questi materiali la CECA trova tra gli organi principali una grande autorità, la quale era indipendente dalla CECA stessa e che verificava che gli stati membri rispettassero il trattato. Inoltre, questo trattato era aperto all’adesione di altri stati europei. La CECA ha avuto subito un gran successo, tanto che l’anno dopo era pronto un trattato sulla comunità europea di difesa che aveva lo stesso spirito iniziale, cioè quello di evitare dei conflitti bellici tra gli stati stessi; per evitare ciò decidono di mettere in comune tutti gli eserciti e di creare quindi un esercito unico, questa idea però non è mai entrata in vigore poiché non è stata accettata dalla Francia. Creazione della PESCO, è una cooperazione in cui partecipano 25 stati membri, che ha come oggetto una cooperazione verso l’esterno, che permette delle azioni combinate verso l’esterno, ad ogni azione PESCO ciascun stato membro attribuisce, se vuole, un tot numero di personale e materiale. Nonostante il fallimento della comunità Europea di difesa, nel 1957 si creano altre due comunità: energia atomica e comunità economica europea. - Energia atomica (CEEA): si caratterizza per il fatto che c’è una parte costituente dedicata alla ricerca per un uso pacifico di questa energia; si crea un mercato interno per la produzione e commercializzazione di questa energia tra gli stati membri, dove sia il prodotto che i lavoratori possono circolare liberamene, incluse le capitali necessarie per gli investimenti. Anche in questo caso abbiamo un’autorità che verifica il rispetto delle norme. - Comunità economica europea(CEE): non ha un prodotto o un settore di riferimento, ma si applica a tutta l’economia, il mercato interno che si crea è più “vero” perché è un mercato che prescinde dal tipo di prodotto, merce o servizio che viene cambiato, si applica a qualsiasi attività economica, per questo nell’ambito della libera circolazione si intende di qualsiasi persona, servizio, bene in un qualsiasi altro stato. È presente anche qui un’altra autorità che controlla il buon andamento degli stati, essa è accompagnata da altre istituzioni, tra cui l’assemblea generale, il Consiglio dei ministri e la corte di giustizia. Il trattato sull’unità economica europea vincola i sei stati che l’hanno sottoscritto. Dal 1957 in poi i sei stati fondatori di queste comunità sono vincolati dai tre trattati. Il quadro istituzionale era molto complesso perché ad un certo punto c’erano delle istituzioni specifiche per ciascuna comunità e delle altre istituzioni che cooperavano per tutte e tre, per cui quasi immediatamente si 2 è pensato di dare un riordino alle istituzione, per questo nel 1965 si è arrivati alla costituzione di un’altra autorità per il controllo (durata fino al 2009) che diventa commissione, un’assemblea generale, una corte di giustizia e un consiglio della comunità economica europea. L’evento importante successivo è il primo allargamento nel 1973 con l’adesione di tre nuovi stati: Danimarca, Regno Unito e Danimarca. Irlanda Nel 2004 c’è l’allargamento più importante con l’adesione di ben 10 stati dell’est Europa, mentre nel 2013 avviene l’ultimo allargamento con la Croazia, portando il numero degli stati membri a 28. Un altro grande evento è avvenuto nel 1976 con il cambio del nome dell’assemblea generale in parlamento europeo, e diventa un’istituzione a suffragio universale diretto e le prime elezione al parlamento europeo con questo metodo sono nel 1979. Dagli anni ‘80 in poi diverse spinte hanno indotto le comunità europee ad modificarsi sempre di più: il primo motivo era il buon funzionamento di questa modalità, per cui con il tempo gli stati membri hanno voluto attribuire alla comunità europea più competenze e poteri rispetto a quelli originali, più materie su cui ammettere l’intervento normativo della comunità europea: nel 1986 con l’atto unico europeo è stata affidata la competenza della materia ambientale. È importante quindi iniziare a cooperare anche in nuove materie che inizialmente non erano presenti. Una seconda spinta è stata data dall’allargamento, poiché con l’aumento degli stati membri il sistema iniziale non poteva funzionare, per questo il sistema iniziale è stato modificato, in modo da renderlo più efficace. La terza spinta è che gli stati membri stessi hanno imparato a conoscere la comunità europea, la quale ha dovuto attrezzarsi per far fronte alla cooperazione internazionale. Il trattato di Maastricht ha reso la comunità europea più forte della comunità internazionale. Esistono diversi trattati, tutti conclusi dagli stati membri delle tre comunità, col fine di modificare i trattati stessi. Ci sono delle particolarità sull’unione europea che sono messe in rilievo, dalla corte di giustizia, in alcune sentenze: sono state fatte due sentenze in cui la corte di giustizia rileva tutto sul sistema ed organizzazione della comunità economica europea e sul diritto che essa produce. La prima sentenza che essa produce è la “VAN GEND & LOS CONTRO LA GERMANIA”: la corte di giustizia ha affermato che sulla base che sulle prove della comunità economica europea, il privato può agire nei confronti di uno stato, davanti a un giudice nazionale se quello stato ha violato un contratto violando i suoi diritti. “van gend & los” era un’impresa olandese che al passaggio di merce dalla Germania ai Paesi Bassi aveva pagato dei dazi doganali, che in realtà non dovrebbero dovuto pagare. Per questo l’azienda conviene lo stato, presso un giudice olandese per la restituzione del dazio doganale (lo possono fare perché i Paesi Bassi e la Germania sono vincolati al trattato  nell’inquadramento di diritto europeo classico il soggetto leso è la Germania, sono le esportazioni tedesche quelle che hanno una lesione, ma nel diritto dell’unione europea è vittima anche chi subisce un danno, quindi anche l’azienda). La seconda sentenza riguarda “COSTA CONTRO ENEL”: inizialmente l’Enel passa da mano privato a ente pubblico, per questo motivo l’avvocato Costa decide di non pagare più le bollette, questo perché nel trattato europeo c’era scritto che non era concessa la nazionalizzazione di entità private, se è nulla quindi la nazionalizzazione dell’Enel, significa che quest’ultima non esiste e neanche le sue bollette. La nazionalizzazione dell’Enel è contraria a una norma del trattato, viola quindi il diritto, ha una istituzione illegittima. Il giudice nazionale ritiene che la nazionalizzazione dell’Enel non vada contro nessuna norma. La comunità economica e i suoi trattati istitutivi sono qualcosa di diverso rispetto alle le atre organizzazioni internazionali e i loro trattati. La diversità dell’unità economica europea e dei suoi trattati consiste innanzitutto nelle sue funzioni: integrazione dei popoli, una grande ampiezza nelle competenze, che sono anche organizzate per efficacia, nel quadro istituzionale, ogni istituzione gode di ampi poteri per poter esercitare quelle competenze, le istituzioni sono organi composti da persone (tranne il consiglio, che era un organo di stato) con numerose competenze: il parlamento si occupava dei popoli, la corte competenza giuridica, la commissione era un organo competente per materia, per ciascun membro della commissione c’era una materia diversa, dove erano esperti. 3 Con il trattato di Lisbona nel 1900 si passa da 4 istituzioni a 7: vengono aggiunti Corte dei conti, banca centrale europea (composta da individui) e consiglio europeo (organo di stato). Le istituzioni, anche quelle governative, decidono a maggioranza qualificata, in questo caso, anche gli stati contrari sono comunque vincolati a quella decisione. La regola dell’unanimità non è del tutto cancellata, ma è applicata nella minoranza dei casi. La commissione e il parlamento europeo, per la loro composizione e operano in modo diverso rispetto gli stati membri: la commissione in alcune parti presenta delle proposte di atto normativo veramente futuristiche, in cui già da subito si sa che alcuni stati non saranno d’accordo. Sono possibili inoltre delle cooperazioni rafforzati, cioè è possibile per la comunità europea, in alcuni casi, adottare degli atti che vincolano solo alcuni stati membri. La corte si auto-qualifica come una grande qualità dell’organizzazione, perché è accessibile da parte del singolo privato, per la tutela dei propri diritti (grande innovazione). Gli obiettivi che l’unione europea si prefigge sono elencati nell’articolo 3 del trattato sull’unione europea (redatto dopo il trattato di Lisbona); è abbastanza vago ed è quasi interamente scritto in corsivo. L’articolo precedente era in forma più snella ma più significativa dal punto di vista della comunicazione degli obiettivi del trattato. L’articolo 3 recita che l’unione vuole promuovere la pace, i suoi valori, e il benessere dei suoi popoli; sono degli obiettivi molto condivisibili, ma non sono tipici dell’unione europea (viene più a pensare all’ONU). Altri elementi all’interno del paragrafo 3 delineano che l’unione combatte l’esclusione sociale, le discriminazione, promuove la giustizia e la protezione sociale, la parità tra uomo e donna, la solidarietà tra le generazioni e la tutela dei diritti del minore. Sono anche qui degli obiettivi molto condivisibili ma poco riconducibili all’unione. I veri e propri obiettivi dell’unione europea, quelli per la quale è stata creata, sono: l’instaurazione di un mercato interno (non è definito nell’articolo 3 ma nel 26 paragrafo 2) il quale comporta uno spazio senza frontiere interne, dove è assicurata la libera circolazione delle merci, persone, servizi e capitale secondo le disposizioni dei trattati. È stato poi creato, con l’unione europea, il trattato di Amsterdam, che assicura uno spazio di libertà, sicurezza e giustizia senza frontiere interne, in cui è assicurata la libera circolazione delle persone. La libera circolazione delle persone deve essere limitata alla luce della sicurezza e della giustizia. Sono presenti anche degli obiettivi più moderni tra cui l’unione economica e monetaria, (paragrafo 4), si tratta di un obiettivo inserito con il trattato di Amsterdam, c’è quindi l’adozione dell’euro. Per questo tutti i paesi adottano l’€, in alcuni paesi, come la Lituania, questo cambio di moneta è stato visto come un vero e proprio obbligo, è stata gestita infatti dalla corte suprema lituana, la quale ha dichiarato che lo Stato aveva un obbligo di soddisfare tutti gli obiettivi, quindi doveva adottare la moneta. L’ultimo Paese che ha adottato la moneta è stata la Croazia. Esiste un punto, all’interno dell’articolo 3, che non è stato raggiunto ed è la politica estera dell’unione europea (e che difficilmente verrà raggiunto); il quale avrebbe vincolato i paesi, come tutte le altre politiche, sia in via interna sia in via esterna. È stato anche questo inserito nel trattato di Amsterdam, ed è quindi un obiettivo che l’unione europea cerca di raggiungere da oramai 30anni. Per qualsiasi fatto di rilevanza internazionale che accade in uno stato terzo, abbiamo reazione da parte degli stati membri sia da parte del rappresentante della politica estera e della sicurezza comune. Molto spesso queste reazioni esprimono lo stesso punto di vista (se accade una calamità naturale, tutti esprimono parole di solidarietà ed offerta di aiuto; ciascun ministro però deve esprimere singolarmente il proprio pensiero e non uniformemente. Nel caso però accada un impatto di natura politica, come un colpo di stato, i pensieri che arrivano sono molto discordanti. Un esempio può essere l’attacco armato della Francia verso la Siria; la Francia stessa ha dichiarato che fosse un attacco armato giustificato, ma, nonostante ciò, tutta l’unione Europea era contraria a questo attacco, è evidente come ogni stato membro sia quindi libero di attuare come meglio crede la propria politica europea, nonostante un forte pensiero contrario). Recentemente si è cercato di creare una politica estera più unitaria, attraverso il trattato per la costituzione dell’Europa, che però non ha avuto successo. 4 Questo trattato è stato elaborato successivamente a quello di Nizza, ed era stato aperto alla firma degli stati membri nel 2004, il quale sarebbe entrato in vigora solamente con la firma di tutti gli stati membri, nel 2005 però due stati membri, attraverso un referendum, hanno dato un esito negativo (questo trattato è stato poi modificato ed il risultato è stato il trattato di Lisbona); i due stati che hanno dato esito negativo sono la Francia e i Paesi Bassi. I motivi per cui il trattato-costituzione non è entrato in vigore sono: per prima cosa la parola “costituzione” all’interno di un trattato spaventava, inoltre per quanto riguarda la politica estera perché questo trattato proponeva di sostituire il ministro per gli affari esteri dell’unione europea con il rappresentante della politica estera e della sicurezza comune (il ministro aveva dei poteri in più). Con il trattato di Lisbona si finisce di perseguire obiettivi di politica estera. I PRINCIPI STRUTTURALI DELL’UNIONE EUROPEA Vengono definiti strutturali perché denotano la struttura di questo ordinamento giuridico autonomo, e mettono le prime basi tra gli stati membri stessi e l’unione europea. Il primo è il principio di attribuzione/principio delle competenze attribuite disciplinato dall’articolo 5 del trattato. In virtù di questo principio l’unione europea agisce esclusivamente nell’ambito delle competenze che gli sono state attribuite dagli stati membri; quindi, gli stati membri attribuiscono delle competenze all’unione europea e solamente all’interno di queste l’unione europea può agire, si parla quindi di competenze derivate dalla scissione di sovranità, competenze e poteri effettuati dagli stati membri. C’è stato un caso in cui si è quasi violato questo principio: verso la fine degli anni 80 la comunità europea aveva immaginato di aderire alla CEDU in modo da avere essa stessa (l’unione europea) una propria carta sui diritti fondamentali dell’uomo, poiché ancora non la aveva. In questo modo la CEDU poteva diventare una carta vincolante anche per l’unione europea. L’unione europea poteva aderire alla CEDU attraverso un trattato internazionale che avrebbe vincolato la comunità europea e il consiglio d’Europa. Questo progetto era stato redatto, ma dopo la stesura del testo era sorto il dubbio che la comunità europea non avesse la competenza per concludere questo trattato internazionale. Viene quindi chiesto un parere alla corte di giustizia, la quale risponde che questo trattato era incompatibile, poiché l’unione europea non aveva competenza in materia di diritti fondamentali dell’uomo. Questo principio ha anche un secondo profilo che viene disciplinato dall’articolo 13 paragrafo 2 del trattato del funzionamento, e riguarda un aspetto interno dell’unione europea: ciascuna istituzione ha le competenze e i poteri che gli sono state attribuite durante i trattati, cioè ogni istituzioni ha dei limiti; per questo ciò che è trattato dalla commissione non può essere trattato dal consiglio (l’atto verrebbe annullato). Le competenze sussidiarie erano utilizzate soprattutto nel passato poiché sono molto utili a colmare le lacune dei trattati. In questo caso la competenza è attribuita all’unione europea, ma non sono esplicitati i poteri grazie ai quali l’unione europea e le sue istituzioni possono utilizzare quella competenza. Possiamo quindi utilizzare, quando manca l’espressione delle modalità della competenza, le competenze sussidiarie (rispettando il principio di attribuzione poiché la competenza esiste). Oggi questo strumento si usa di meno rispetto al passato perché con tutte le revisioni del trattato si è colta /l’occasione di colmare subito tutte le lacune (ad oggi le lacune sono quasi inesistenti). Le competenze sussidiarie non devono essere utilizzate per superare i limiti dell’unione europea, per evitare questo superamento l’articolo 352 pone un procedimento preventivo di controllo sul rispetto del principio delle competenze derivate e su questa sussidiarietà. Per questo l’articolo 352 dichiara che l’applicazione di queste deve essere per forza necessario. Esistono degli aggravamenti procedurale, per cui si operano dei passaggi procedurali per l’approvazione dell’atto e della sussidiarietà. Un esempio è la sentenza della commissione contro la Germania: la commissione all’epoca aveva delle competenze esclusive in materia di concorrenza, cioè di disciplina dei comportamenti delle imprese sui mercati, nell’ambito di una revisione alla normativa posta dalla commissione, un regolamento attribuiva 5 alla commissione la competenza a consultare gli stati membri, la commissione invita quindi gli stati membri a partecipare ad alcune riunioni e a trasmettere alcune informazioni, la Germania impugna questo provvedimento con cui la commissione invita gli stati membri, giuridicamente perché richiede che la commissione non abbia il potere di fare ciò. La corte di giustizia nella verifica di validità di questo provvedimento della commissione esprime che alla commissione sono attribuite queste competenze di consultazione ma non sono espressi i poteri e i modi in cui esercitarla, per cui la commissione indicendo riunioni e chiedendo informazioni ha esercitato dei poteri assolutamente coerenti, senza eccedere. Esistono anche dei poteri impliciti: nell’ambito della teoria dei poteri impliciti, la competenza non c’è ma vengono comunque riconosciute in capo all’organo centrale, perché sono strettamente funzionali al raggiungimento di determinati obiettivi (dell’unione europea). Un esempio viene dal 1970: la corte di giustizia ha affermato che l’unione europea ha competenza esterna (cioè competenza a concludere accordi internazionali con stati terzi e con altre organizzazioni interazioni) in tutti i casi in cui è attribuita una competenza interna, cioè ad adottare atti che vincolano gli stati membri. Nel trattato è espressa la competenza dell’unione europea in materia di trasporto di merci su strada, si voleva concludere un accordo internazionale da parte dell’unione economica europea su questa materia. Il trattato non esprimeva la competenza dell’unione a concludere questo trattato internazionale, ma esprimeva solo che poteva adottare misure che vincolassero gli stati membri, anche esternamente. Esistono tre tipologie di competenze: esclusive, concorrenti e di sostegno e coordinamento. all’inizio del trattato del funzionamento dell’unione europea troviamo la descrizione di queste tipologie di competenze e anche delle liste di competenze che ciascuna ha. Nelle competenze esclusive può agire solamente l’unione europea che può adottare atti giuridicamente vincolanti e gli stati membri posso agire solo se autorizzati dall’unione europea (cosa molto rara) oppure nell’attuazione del diritto dell’unione europea (caso delle direttive che gli stati membri devono attuare). L’articolo 3 del trattato sul funzionamento ha all’interno anche un breve elenco tassativo delle competenze esclusive, che sono cinque, un esempio riguarda la prima competenza, cioè l’unione doganale: è necessario che l’unione europea abbia competenza esclusiva in materia di unione doganale perché prima di tutto non ci devono essere barriere interne tra un paese e l’altro (ciò andrebbe contro uno degli obiettivi dell’unione), infatti le uniche barriere doganali che abbiamo sono verso l’esterno, quindi verso i paesi terzi. L’unione europea gestisce i dazi doganali perché ogni stato potrebbe fare dei prezzi vantaggiosi per sé stesso, con l’aggiunta che una volta arrivata la merce all’interno dell’unione europea, quella merce deve girare liberamente all’interno dell’unione; quindi, un paese potrebbe diventare più “attraente” rispetto a un altro, e questo non è ammissibile, poiché la merce deve essere tutta trattata nello stesso medesimo modo, a prescindere del paese a cui arriva. Ciò vale anche per la politica monetaria dei paesi che adottano l’euro, la politica monetaria deve essere uniforme nel momento in cui si acquisisce la stessa moneta. Le competenze concorrenti all’interno delle quali sia l’unione europea che gli stati membri possono adottare atti normativi. All’interno dell’unione europea vige il principio di preclusione, per cui se l’unione europea interviene in un determinato ambito, gli stati membri non possono adottare atti normativi in quell’ambito. Per “ambito” si intende un settore ristretto di azione. Posto che in questa lista è presente la protezione dei consumatori (articolo 4 del trattato sul funzionamento), nel momento in cui opera il principio di preclusione su questo ambito, se l’unione europea adotta un atto su questa materia, con la specializzazione della protezione dei consumatori per gli acquisti online all’interno dell’unione, gli stati membri non possono adottare atti vincolanti in materia di protezione dei consumatori. Gli stati membri possono però intervenire sulla protezione dei consumatori ma solo se è in un altro ambito, e non quello online, la limitazione quindi è solo su un campo molto ristretto e non alla materia complessiva. Gli stati membri inoltre possono intervenire quando l’unione europea ha cessato di esercitare la sua competenza su quella materia, a questo punto gli stati membri possono nuovamente intervenire (anche se ciò accade molto raramente). 6 Le competenze concorrenti hanno carattere generale ed individuale, nel senso che sono concorrenti tutte le competenze che non sono rivali (che non fanno quindi parte dell’elenco delle 5 competenze) oppure che sostengono il coordinamento-complemento. L’elenco dell’articolo 4 è molto intuitivo (ne fanno parte tutte quelle materia che non sono presenti né nell’articolo 3 che nel 6). L’articolo 4 ha l’elenco più lungo. Esempi: il mercato interno, ambiente, energia. Queste competenze sono quelle più sensibili perché sono quelli col numero maggiore e perché per ogni ambito c’è da capire se devono intervenire gli stati oppure l’unione. Le competenze di sostegno e coordinamento-completamento prevede un elenco tassativo all’interno dell’articolo 6, che prevede che l’unione abbia delle competenze per sostenere, ordinare o completare l’azione degli stati membri senza che vi sia una vera e propria sostituzione nella competenza. L’unione europea opera come ausilio a favore degli stati membri nel raggiungimento di questi obiettivi, un esempio può essere il turismo (articolo 195), che prevede che l’unione completi l’azione degli stati membri nel settore del turismo promuovendo la competitività delle imprese e favorisce la cooperazione tra gli stati membri. L’unione europea opera quindi come completamento degli stati membri, al fine del rafforzamento della competitività in un determinato settore. L’unione europea completa quindi l’azione. Un altro esempio può essere anche la sanità pubblica (articolo 168), dove viene espresso che l’azione dell’unione completa le politiche nazionali, si indirizza al miglioramento della sanità pubblica, alla prevenzione delle malattia e alla eliminazione dei pericoli per la saluta fisica e mentale. È presente anche principio di sussidiarietà che è lo stesso che regola il rapporto tra stato-regione. Il principio di sussidiarietà nell’unione europea è quindi redatto nel senso che l’intervento dell’unione europea è ammissibile a due situazioni: se l’intervento degli stati membri si rileva insufficiente ai fini del raggiungimento degli obiettivi del trattato e se l’azione dell’unione europea attribuisca un valore aggiunto rispetto all’azione statale; entrambi devono essere dimostrati, infatti la sola insufficiente degli stati non basta per l’intervento dell’unione, ma deve anche essere dimostrato il valore aggiunto che darebbe l’unione. Questo principio è quindi uno strumento attraverso cui possiamo rilevare il miglior intervento. Per molti anni questo principio è stato giustificato in maniera meramente formale. Questo regolamento ha un preambolo di 48 punti (chiamati considerando). Il principio di sussidiarietà è sempre nominato e indicato all’interno del preambolo di qualsiasi atto normativo, normalmente si torva verso la fine del preambolo. Se l’unione europea interviene, ma il principio di sussidiarietà è violato, significa che sta violando le competenze statali. Esistono due strumenti di controllo preventivo (quindi prima dell’approvazione dell’atto), quindi la commissione redige una proposta di regolamento e vuol far partire l’iter normativo per la sua approvazione, il controllo preventivo deve avvenire prima che venga approvato. Il primo strumento di controllo è un obbligo di motivazione specifica con riferimento al principio di sussidiarietà, che deriva dalla previa consultazione della commissione, quindi prima di arrivare alla redazione della proposta, la commissione è tenuta a tenere consultazioni con riferimento al principio di sussidiarietà, e può farlo mediante dei documenti non vincolanti, chiamati libri verdi oppure libri bianchi, con i quali prima della presentazione della proposta la commissione individua il problema e individua le possibili soluzioni di questo problema, partendo dal principio di sussidiarietà, e ne discute con la società civile. Si tratta di documenti liberamente consultabili online e che in alcuni casi pongono delle domande in cui ciascuno di noi può liberamente rispondere. Completata la consultazione, la commissione può redigere la proposta di atti legislativi, la quale è sempre accompagnata da una valutazione di impatto, che è un lungo documento, normalmente disponibile solo in rete, che contiene tutte le analisi economiche, giuridiche, finanziarie e di qualsiasi impatto di quella materia, dove vengono giustificati sotto tutti i profili la motivazione dell’atto, in modo che sia anche chiara ed espressa la valutazione circa l’insufficienza dell’azione statale e il valore aggiunto dell’unione europea. 7 Una grande parte della valutazione d’impatto dedicata all’analisi delle conseguenze della potenziale azione statale e della potenziale azione dell’unione europea, sotto tutti i profili. È sempre presente l’azione zero, cioè l’azione attraverso cui l’unione europea non interviene. La motivazione specifica non viene quindi trovata nel preambolo ma nella motivazione di impatto. Di norma troviamo motivazioni di impatto che danno un esito positivo sul principio di sussidiarietà, cioè che deve intervenire l’unione europea, e che la proposta zero viene bocciata, questo perché la commissione se vede che l’unione europea non può intervenire boccia a prescindere l’atto. La proposta con la relativa motivazione di impatto deve essere trasmessa ai parlamenti nazionali di tutti gli stati membri per la loro valutazione, i parlamenti nazionali possono esprimere un parere motivato qualora ritengano che la proposta è contraria il principio di sussidiarietà, il parlamento nazionale può motivare solo con un parere negativo, se il parere è positivo possono anche non fare niente. I parlamenti nazionali hanno 8 settimane di tempo per elaborare i loro eventuali pareri motivati, vengono poi trasmessi alla commissioni e si attribuiscono poi dei punteggi a ogni parlamento (ogni parlamento ha 2 punti), se si raggiungono certe soglie di punteggio, la commissione è tenuta a riesaminare la sua proposta, in caso non lo voglia fare, il parlamento europeo e il consiglio dell’unione europea sono chiamati a un voto preliminare sul rispetto del principio di sussidiarietà. Se il risultato è negativo la proposta viene bloccata. I punti totali sono 54, se viene raggiunto 1/3 dei voti, la commissione è tenuta a ripensarci. Solamente 3 casi sono passati (nell’unione europea la regola è la maggioranza qualificata, ma di prassi è la unanimità). Per rafforzare i sistemi di cooperazione tra gli andamenti nazionali viene costituito il COSAC (organizzazione che racchiude i rappresentanti nazionali e del parlamento europeo), è un organo informale, è in questa sede che informalmente che alcuni deputati si sono scambiati opinioni rispetto alcune proposte della commissione, quindi questo sistema di confronto dei deputati degli stati membri è utile per tornare, al seguito delle riunioni, sapendo le impressioni degli altri stati membri. Sono quindi a volte proprio i governi degli stati membri a limitare il proprio parlamento per i dubbi sul principio di sussistenza (grazie alle opinioni degli altri stati membri usciti al COSAC). Sono poi presenti due controlli successivi: il primo è generale, ed è il ricorso alla corte di giustizia per annullamento dell’atto illegittimo, quando è presente la violazione del principio di sussidiarietà, il secondo è uno strumento di controllo generale che è relazione annuale della commissione europea al parlamento europeo del principio di sussidiarietà. Il principio di proporzionalità presenta delle affinità col principio di sussidiarietà, ma ha anche alcuni importanti differenze. Le affinità più evidenti sono la norma che nel trattato che disciplina (art cinque sul trattato dell’unione europea) e la menzione nei considerando degli atti normativi, subito dopo il principio di sussidiarietà. Il considerando numero 98 ricorda in prima battuta il principio di sussidiarietà e poi quello di proporzionalità. L’altra similitudine è che il controllo del rispetto dei due principi è stabilito dal protocollo numero 2. Ci sono però delle importanti differenze: cioè in cosa regola questo principio rispetto a quello di sussidiarietà. Il principio di proporzionalità si applica a tutte le competenze dell’unione europea, perché disciplina la modalità con cui l’unione può intervenire, cioè quando applichiamo questo principio siamo già sicuri che deve intervenire l’unione, che sia una competenza esclusiva o concorrente (con applicazione del principio di sussidiarietà), bisogna solo capire come far intervenire l’unione. Questo principio afferma che l’unione europea deve utilizzare forme e contenuti adatti a raggiungere l’obiettivo perseguiti ma non devono essere eccessivi rispetto a tale obiettivo. Il contenuto e la forma dell’azione dell’unione si limitano a quanto necessario per il conseguimento degli obiettivi dei trattati, sia nella forma che nel contenuto; per esempio, nella forma l’unione può adottare atti sia vincolanti che non, quindi nella forma, se possibile, è meglio adottare atti non vincolanti, perché possono essere utili perché si nota che gli stati si adottano meglio a questi. Tra gli atti vincolanti, se esso serve, bisogna preferire quegli atti che hanno effetti meno invasivo negli ordinamenti statali, bisogna quindi preferire una direttiva rispetto a un regolamento, perché una direttiva pone dei principi e criteri da applicare in un determinato ambito, lasciando agli stati membri una certa discrezionalità nel raggiungimento dell’obiettivo, mentre il regolamento uniforma i diritti nazionali, cioè in tutti gli stati membri si applica lo stesso regolamento e non lascia discrezionalità agli stati. 8 Quanto al regolamento si può fare riferimento al caso Buitoni: siamo nella metà degli anni 70, qui l’unione controllava la produzione e il commercio dei prodotti agricoli, sia in esportazione che in importazione, in modo da sapere sempre quanto ce ne fosse. Per questo prima dell’importazione l’azienda doveva chiedere il permesso alla commissione e depositare una cauzione in denaro, una volta autorizzata, l’impresa faceva l’importazione e consegnava i documenti che la dimostrassero, nel caso in cui l’azienda non avesse fatto l’importazione avrebbe perso i soldi della cauzione, Buitoni è autorizzata a fare l’importazione, la effettua ma consegna i documenti con ritardo, tanto che viene sanzionata e perde la cauzione; secondo Buitoni questa normativa viola il principio di proporzionalità, essendo sproporzionato perché la violazione di non effettuare l’importazione è più grave di non presentare i documenti in tempo, perché la prima è una violazione di carattere sostanziale, la seconda è una violazione di carattere amministrativo-procedurale, ma si ha la stessa sanzione, manca la proporzionalità (la corte di giustizia ha poi dato ragione all’azienda). Il principio di proporzionalità è disciplinato dal protocollo numero 2, ma la disciplina è molto più leggera rispetto alla disciplina del principio di sussidiarietà, perché si prevede un obbligo di consultazione e motivazione, ma manca del tutto il controllo da parte dei parlamenti nazionali. La consultazione e motivazione anche per la proporzionalità si trovano nella valutazione di impatto. Manca il passaggio ai parlamenti nazionali perché l’importanza è che l’unione europea sia competente in materia, e non i singoli stati membri. L’eventuale violazione del principio di proporzionalità (viene quindi adottato un atto sbagliato sul principio di sussidiarietà) può essere risoluta richiedendo l’annullamento dell’atto per violazione del trattato. Il principio di leale cooperazione è codificato dall’articolo 4 del trattato, sotto 3 aspetti: quello tradizionale (che già esisteva nell’ambito dei trattati, che è un principio di leale cooperazione degli stati membri a favore dell’unione europea), a carattere orizzontale (fra istituzioni) e dell’unione europea a favore degli stati membri. Originariamente il principio di leale cooperazione esisteva solo nel primo aspetto, ma da questa norma la corte di giustizia aveva dedotto un principio generale e lo aveva applicato nei rapporti orizzontali e poi dall’unione europea a favore degli stati membri. Il trattato di Lisbona è stata l’occasione per codificare questi due aspetti. Questo principio significa che gli stati membri cooperano attivamente al fine del raggiungimento degli obiettivi stabiliti dal trattato, e non pongono ostacoli all’unione europea per la realizzazione degli obiettivi stessi. Questo principio così formulato dice molto di più rispetto a un principio di buona fede, che esiste nel diritto internazionale, nell’applicazione dei trattati; il principio di leale cooperazione però dice molto di più perché richiede un approccio attivo da parte degli stati al fine del raggiungimento degli obiettivi dell’unione europea; non pongono ostacoli ma anche cooperano attivamente, mentre il principio di buona fede è più passivo come approccio. Dal principio di leale cooperazione la corte di giustizia ha tratto moltissimi altri principi essenziali per l’unione, tra cui un intero ricorso giurisdizionale. L’efficacia che le direttive devono avere all’interno degli ordinamenti statali, in parte si fonda sul principio di leale cooperazione. Per quanto riguarda l’aspetto orizzontale, cioè che le istituzioni operano lealmente tra di loro, questo principio era stato sviscerato dalla corte di giustizia soprattutto nell’ambito dei rapporti tra il consiglio e il parlamento europeo, in un periodo storico in cui il parlamento europeo aveva scarse funzioni legislativi e aveva soprattutto poteri consultivi, in questo periodo gli atti normativi dell’unione venivano approvati dal consiglio, previo parere del parlamento europeo. Il principio di leale cooperazione tra istituzioni disciplina meglio i rapporti tra queste, tanto che da questo principio è stato tratto il principio della consultazione effettiva e regolare del parlamento europeo. Se è vero che il principio della consultazione regola ed effettiva si applica raramente nei rapporti tra consiglio e parlamento (perché il parlamento ha anche potere legislativo), sicuramente si applica tra consiglio e parlamento (come contitolare del potere legislativo) e tutti gli altri organi consultivi, altrimenti si rischia di avere organi consultivi che non possono esercitare il loro potere. La consultazione regolare ed effettiva significa che le istituzioni co potere legislativo devono dare un tempo adeguato all’organo consultivo un tempo adeguato per esprimere il loro parere; se ci dovessero essere motivi di urgenza le istituzioni con potere legislativo devono esprimerlo agli organi con potere consultivo, e quest’ultimi a questo punto devono attivare le loro procedure di urgenza interne; inoltre se a seguito di un 9 primo parere l’atto viene cambiato totalmente dalle istituzioni con potere legislativo (cambiato in un sento totalmente diverso da quello espresso dagli organi con potere consultivo) è necessaria una seconda consultazione. Il terzo aspetto di leale cooperazione riguarda l’ultimo rapporto, cioè quello tra unione europea a favore degli stati, che significa che l’unione europea deve cooperare affinché che negli stati membri sia possibile interpretare ed applicare il diritto dell’unione europea nel modo migliore ed efficace possibile. L’intervento iniziale è sempre della corte di giustizia, un esempio molto importante è sicuramente il caso Zwartveld e la codificazione del trattato di Lisbona: i giudici nazionali possono applicare le norme in materiale di diritto di concorrenza dell’unione europea; il diritto della concorrenza disciplina i comportamenti delle imprese sul mercato, come ad esempio gli abusi di posizione dominante, i cartelli oppure le intese anticoncorrenziali. Si tratta quindi di una materia molto complessa sia in termini giuridici che economici, qui il giudice può applicare le norme (non è detto che il giudice nazionali abbia anche le competenze economiche), per questo il giudice nazionale può chiedere dei pareri e informazioni alla commissione, che è stato un organo centrale in queste norme, e soprattutto non è una sola persona ma è un’istituzione molto grande. La leale cooperazione è che se il giudice chiede aiuto la commissione è tenuta a dare il proprio parere, come organo meglio competente in queste norme. L’Europa a più velocità/a geometria variabile: è la possibilità che non tutti gli stati membri siano felici di partecipare a tutte le politiche o all’adozione di tutti gli atti normativi, per questo alcuni stati rimangono indietro rifiutando determinate scelte di integrazione dell’unione europea, per questo non tutti gli stati partecipano alla politica dell’unione europea, che è l’unione economica e monetaria. Non tutti gli stati membri dell’unione hanno l’€ perché non tutti partecipano all’unione economica e monetaria, questo per i motivi più diversi. Non è l’unica politica frammentata fra gli stati membri, ma è presente anche la politica relativa allo spazio di libertà, sicurezza e giustizia che disciplina la cooperazione “giustizia civile”, la cooperazione “giustizia penale” e soprattutto le materia dei controlli delle frontiere esterne, visti, asilo ed immigrazione. Fin da quando si è deciso di attribuire questa competenza all’unione europea Regno Unito, Irlanda e Danimarca hanno deciso di non parteciparvi. Si è deciso di procedere con queste integrazioni non totali perché l’alternativa sarebbe stata non procedere affatto, infatti, i trattati e le loro revisioni devono essere ratificati da tutti gli stati membri, se fosse stato imposto ai 3 paesi che non ne fanno parte di parteciparvi, questi 3 paesi non avrebbero mai ratificato i trattati, e questa politica non sarebbe mai nata neanche di fronte agli stati. C’è una seconda possibilità di Europa a geometria variabile o di Europa a più velocità ed è la cooperazione rafforzata: in questi casi tutti gli stati membri partecipano a questa politica, ma nello specifico un atto che l’unione vuole adottare in quella politica non è accettabile da un ampio numero di stati membri, non si riesce quindi ad approvare l’atto, quindi quell’atto viene adottato solamente da parte degli stati ampiamente favorevoli. Questo si fa perché se un gruppo di stati è favorevole a un atto di integrazione e cooperazione, è più utile proseguire con solo quegli stati piuttosto che con nessuno, rimangono comunque aperte verso gli altri stati. La cooperazione rafforzata può essere avviata da un numero basso di stati, cioè 9 (un terzo). LE ISTITUZIONI DELL’UNIONE EUROPEA Il termine “istituzioni” si utilizza per solo 7 organi di particolare importanza all’interno dell’unione europea, perché sono l’effettivo nucleo per il funzionamento di questa organizzazione; ovviamente non sono sufficienti quei 7 organi per il buon funzionamento, poiché ci sono altri organi dell’unione. Il termine “istituzione” non è solo per avere un termine formale, ma ci sono norme nei trattati che si applicano solo nelle istituzioni, quindi, la differenza tra organi ed istituzioni è molto importante. Le 7 istituzioni sono: parlamento europeo, consiglio europeo, consiglio dell’unione europea, corte di giustizia (organo giurisdizionale), Corte dei conti (non ha funzioni giurisdizionali ma solo amministrativi), commissione europea, la banca centrale europea. 10 Ci sono molti organi con funzioni consultive (comitato delle regioni [CDR] e comitato economico e sociale europeo [CESE]) che sono già stabiliti dal trattato, non sono importanti come le istituzioni ma sono più importanti degli altri organi. C’è un sistema molto particolare che è il sistema europeo delle banche centrali (sdc) che è un organo che è composto dalla banca centrale europea e dai rappresentanti delle banche centrali nazionali, quindi con un sistema a carattere federativo, abbiamo l’organo centrale con i rappresentanti dello stesso organo ma a livello nazionale. Sono presenti organi con funzioni consultive specifiche, come ad esempio il comitato per l’occupazione o quello economico e finanziario, che diversamente del CESE e CDR sono costituiti per competenza per materia, quindi qual volta si debba decidere su una materia si va a consultare l’organo specifico. Si ha un numero molto ampio di organi di supporto, che sono costituiti tramite un atto delle istituzioni, esempio: con un regolamento l’unione europea ha istituito l’agenzia dell’unione europea per i diritti fondamentali (ha compiti di lavorazione statistica, raccoglie ed elabora i dati sul rispetto dei diritti fondamentali dell’unione europea e dei suoi stati membri). Si ha organi per la protezione dei dati personali, come il garante europeo, che è anche un organo relativamente nuovo, istituito perché la protezione della privacy è diventato un problema importante. Il garante europeo vigila sull’attività delle istituzioni, quindi sul trattamento e la conservazione dei dati personali da parte delle istituzioni. Esistono tantissime agenzie esecutive, sono dei “satelliti” alla commissione, si dividono per competenza e materia, svolgono una parte dell’istruttoria necessaria alla commissione per poter arrivare a proposte di un atto normativo. Il PARLAMENTO EUROPEO: il parlamento europeo è una istituzione con funzione legislativa, vien eletto con suffragio universale diretto, ed è l’unico organo generale che è rappresentativo dei popoli dell’unione europea. È composto da 750 parlamentari europei (al massimo)+ presidente; il numero esatto viene scelto dal consiglio europeo, ad oggi sono 705. I seggi si distribuiscono per ogni stato membro (che ha un numero prefissato) e vanno da 6 a 96, ciò dipende dalla grandezza demografica ed economica dello stato interessato. Si usa il principio della proporzionalità regressiva: gli stati più piccoli sono proporzionalmente più rappresentati rispetto agli stati più grandi; quindi, a minor forza e grandezza demografica corrisponde un maggior numero di parlamentari europei. Si è fatta la scelta della proporzionalità regressiva per due motivi: assicurare sempre un minimo di rappresentatività degli stati più piccoli (6), pur mantenendo il numero dei parlamenti europei entro una soglia ragionevole (750 seggi). Dopo l’uscita del regno unito, che aveva 76 seggi, ad oggi sono liberi 46 seggi, questo perché alcuni seggi sono stati redistribuiti tra alcuni stati, i seggi mancanti sono lasciati liberi per una eventuale adesione futura di un nuovo stato. Il mandato dura cinque anni, il parlamento europeo inoltre non può essere sciolto. Il sistema elettorale dipende dalle normative nazionali, quindi ciascun stato membro organizza autonomamente le elezioni per la propria quota. L’unione europea detta comunque alcuni principi generali da seguire: è presente il principio relativo al periodo elettorale: il parlamento europeo uscente indica un periodo di tempo (normalmente di 5 giorni) in cui gli stati membri devono procedere alle operazioni di voto e spoglio. È fondamentale il principio successivo secondo cui lo spoglio delle schede deve avere inizio dopo che l’ultimo stato membro ha completato le operazioni di voto, questo per non influenzare gli elettori degli altri stati. Per questo normalmente tutti gli stati tendono a votare verso la fine dei 5 giorni (per non dover tenere integre le urne per troppo tempo). Il diritto dell’unione europea prevede alcuni regimi di incompatibilità, quindi persone che hanno già una determinata posizione (come membri della commissione o giudice della corte di giustizia dell’unione europea) sono eleggibili ma incompatibile; quindi, qualora vincesse dovrebbe o rinunciare la sua carica precedente o quella al parlamento europeo. 11 Altri principi comuni sono stati stabiliti dall’unione nel 2002, uno molto importante è il divieto di doppio mandato, come parlamentare nazionale ed europeo, quindi la stessa persona non può rivestire contemporaneamente due incarichi. Un altro principio molto importante sempre del 2002 è il principio un elettore, un voto: ciascuno di noi vota al parlamento europeo in forza della propria cittadinanza, quindi, abbiamo il diritto di esprimere il nostro voto in Italia in quanto cittadinanza italiana. Nel caso che una persona ha più cittadinanze europee (bipolide) deve scegliere per quale stato votare; nel caso in cui un cittadino europeo con cittadinanza in un paese vive stabilmente in un altro paese europeo ha diritto di votare per il paese di residenza, senza tornare nel paese in cui ho la cittadinanza (bisogna decidere se votare nel paese di residenza o nel paese di cittadinanza). L’unione europea, sempre nel 2002, vige il principio preferenziale, cioè è l’uso di un sistema proporzionale per il conteggio dei voti e degli eletti rispetto a uno maggioritario, è una preferenza dell’unione, quindi, ogni stato può decidere di applicare altri sistemi, ma sostanzialmente tutti gli stati rappresentano una preferenza verso questo sistema, sia per il parlamento europeo che nazionale. Infine, ulteriori incompatibilità possono essere dichiarate dai singoli stati membri. Questa situazione di un parlamento comune a più stati membri ma eletto individualmente è molto particolare, per questo secondo l’articolo 223 del trattato dei funzionamenti, prevede che il parlamento europeo possa presentare un progetto per una normativa elettorale uniforme presso esso stesso. Sarebbe una normativa elettorale che sarebbe adottata dall’unione su proposta del parlamento europeo e vincolante per tutti gli stati. Questa proposta è stata presentata alcuna mesi fa. il parlamento europeo è ben strutturato al suo interno: ha 1 presidente, che dura in carica per metà mandato, per poi procedere con una nuova elezione, molto spesso il presidente della prima metà viene riconfermato per la second metà. Il presidente del paramento europeo rappresenta il parlamento nelle relazioni internazionali. Il parlamento europeo è diviso in gruppi politici, si hanno quindi delle associazioni tra persone che si riconoscono in un determinato valore politico. I gruppi politici nel parlamento europeo sono disciplinati in maniera molto rigida, perché devono essere composti almeno da 25 deputati provenienti da almeno un quarto degli stati membri; al fine di garantire quella idea politica esprima almeno in parte un pensiero politico europeo. L’altra grande divisione del parlamento europeo sono le commissioni permanenti specializzate per materia, cui ciascun deputato deve aderire, e sono fondamentali al fine di quella preistruttoria su determinati atti normativi, necessari prima della discussione in sede plenaria. Perciò un atto passa prima nelle commissioni competenti per materia, per la loro discussione, e poi in sede plenaria. Il parlamento europeo può istituire delle commissioni temporanee di inchiesta, cioè è l’accertamento dell’esistenza di determinati fatti con importanza politica o di rilevanza internazionale, tramite un’istruttoria effettuata dai parlamentari stessi. Queste commissioni temporanee rimangono operative solo per i tempo utile per i fatti richiesti di un valutazione. È possibile che un atto venga approvato pur in assenza di numero legale, quindi con una presenza ridotta di parlamentari europei, se non ci è stata la verifica del numero legale. Normalmente nel parlamento europeo si vota con maggioranza semplice, tranne in casi particolari con maggioranza qualificata, perché si tratta di alcuni momenti che si tratta del buon funzionamento dell’unione europea, come nell’esempio del procedimento di adesione. Un altro caso è la procedura di constatazione del rischio di violazioni gravi e persistenti dei valori fondanti dell’unione (come la democrazia, lo stato di diritto, i diritti fondamentali dell’uomo), da parte di uno stato membro; è un momento drammatico dell’unione europeo. Le funzioni di controllo che si esprimono nei confronti delle commissioni: annualmente la commissioni devono consegnare la relazione sul principio di sussidiarietà, e questo è uno strumento attraverso cui il parlamento controlla la commissione; tanto che la commissione oltre a questa relazione deve anche trasmettere al parlamento europeo la relazione generale annuale sull’intero anno della commissione. Ci sono altri strumenti di controllo su base ordinaria che sono: le audizioni e le interrogazioni. La commissione può presentarsi al parlamento europeo e comunicare al parlamento le informazioni che 12 ritiene opportune (audizioni), oppure il parlamento può porre delle domande alle commissioni che devono rispondere (interrogazioni), la commissione può prendersi del tempo per rispondere, massimo 15giorni. Lo strumento di controllo più duro è la mozione di censura, che se approvata comporta le dimissioni dell’intera commissione; vista questa conseguenza molto importante questa può essere discussa fino a 3giorni dopo la sua presentazione; inoltre è approvata se è presente la maggioranza dei membri ed è raggiunta la soglia dei 2/3 dei voti espressi; la votazione è pubblica per far prendere la responsabilità del voto; questa mozione non è stata mai approvata. Fino al trattato di Lisbona se fosse stato solo un commissario sull’intera commissione a lavorare male si sarebbe chiesto a questa persona di presentare le dimissioni, con il trattato di Lisbona il presidente può chiedere le dimissioni a un commissario, è successo nell’agosto del 2020, dove il presidente ha chiesto le dimissioni di un commissario irlandese, poiché aveva partecipato a un party del golf club irlandese, violando le leggi dell’assembramento per i motivi di COVID19. 1999 quasi censura, 3 commissari su 15, no censura ma si dimette spontaneamente tutta la dimissione. 2014 dubbi sul presidente, viene discussa la censura ma non approvata. Tra gli altri poteri del parlamento ci sono le funzioni consultive, che mantiene ancora in parte ma che sono state fortemente erose soprattutto perché ha avuto funzioni legislative, i pareri sono conformi (cioè vincolante), quindi, se uno stato chiede un parere al parlamento deve poi adeguarsi a ciò che dirà. Il parlamento ha anche poteri di bilancio sull’unione europea (insieme al consiglio), e partecipa alla stipula di accordi internazionali dell’unione con stati terzi o con organizzazioni internazionali. Può chiedere, inoltre, alla commissione europea di presentare una proposta di atto normativo; normalmente è la commissione che esercita i poteri di iniziativa (quindi di proposta), può essere sollecitata dal parlamento europeo. Essendo l’unico organo democraticamente rappresentativo all’interno dell’unione europea, il parlamento funge, almeno in parte, da collegamento tra il cittadino e l’unione europea. Lo fa non solo nel momento dell’elezione, ma anche nella vita del parlamento stesso, accettando di valutare e rispondere alle petizioni che presenta ogni cittadino dell’unione europea. La petizione è definita dal trattato in modo molto ampio, perché deve avere ad oggetto una materia che rientra nel campo dell’unione europea, con riferimento a fatti o casi che riguardano la persona presenta la petizione. Un esempio di petizione è la richiesta di informazioni, reclami, sollecitare una posizione del parlamento su determinate materie ecc… Il mediatore europeo è una figura molto particolare perché è nominato dal parlamento europeo, ma ne è completamente indipendente. Il mediatore è una persona e il suo ufficio è molto piccolo, ciò nonostante, svolge un compito molto importante, perché è deputato ad analizzare le denunce dei cittadini sulla cattiva amministrazione delle istituzioni, non è quindi solo violazione del diritto, cioè pur nel rispetto del diritto, una amministrazione non ha assunto la miglior decisione possibile in quel caso, violando i principi di equità e di opportunità. Il caso può essere presentato solo se lo stesso caso non è già alla corte di giustizia, o è una denuncia nei confronti della corte di giustizia. Il mediatore una volta accolta la denuncia può ricercare informazioni, ha dei poteri di indagine e deve colloquiare con l’istituzione denunciata e il denunciante, in modo da trovare una soluzione. Il mediatore europeo conclude il caso con una sua relazione in cui indica se suo avviso c’è o meno la cattiva amministrazione, e se è presente in che limiti, ma non può vincolare le istituzioni. La relazione serve quindi ai fini dell’inquadramento del comportamento dell’istituzione. I due CONSIGLI: esistono due tipologie di consigli (non sono istituzioni) che sono il consiglio europeo e il consiglio dell’unione europea/consiglio. È presente anche l’eurogruppo che è un organo strettamente collegato ai due consigli ed è utilizzato per il controllo e il buon funzionamento della moneta unica. Il consiglio europeo: nasce come organo informale nella metà degli anni ’70, in cui ci si rendeva conto che anche con una unità economica europea piccola (9 stati) tutto funzionava bene ma mancava una linea guida politica dell’azione economica europea. Le istituzioni funzionavano bene ma mancava un organo che dettasse la direzione politica. 13 Per questo i capi di stato di governo si riunivano, informalmente, una volta a semestre per indicare le linee guida politica dell’unione economica europea (non erano quindi linee politiche vincolanti). Ad oggi questo è il compito principale del consiglio europeo: trovare le linee guida politiche per l’unione europea; in modo tale che l’azione delle istituzioni più coinvolte possano seguire una certa linea politica nella loro azione. Quelle istituzioni che realizzano le politiche dell’unione europea possono seguire una linea politica. Nel corso del tempo (dal 1973 ad oggi) si è notato che il consiglio europeo funzionava molto bene non solo nella definizione delle linee politiche dell’unione europea ma poteva avere dei ruoli importanti anche in altre politiche, per cui lentamente nel corso delle varie revisioni dei trattati il consiglio europeo è entrato nei trattati: già nel 1980 con l’atto unico europeo al consiglio europeo sono stati affidati alcuni compiti di funzioni specifiche, questa sua importanza ha continuato a crescere nel tempo, fino a diventare con il trattato di Lisbona una vera e propria istituzione. Questa istituzione è formata dai capi degli stati o di governo degli stati membri, in base a chi ha il potere esecutivo nello stato d’origine (in Italia, in questo momento, c’è la Meloni). Al consiglio europeo partecipa anche il presidente della commissione e il rappresentante della politica estera e della sicurezza comune. Le riunioni si tengono due volte a semestre, ma di prassi il consiglio europeo si riunisce molto più spesso, soprattutto quando accadono fatti rilevanti a livello internazionale (qualsiasi evento che capita all’interno dello stato membro, come le calamità naturali, i conflitti bellici, guerre civili). La funzione principale rimane l’individuazione di una linea guida politica europea. Il consiglio europeo è un tipico organo intergovernativo, perché i suoi membri sono rappresentanti dello stato, ai più alti vertici, e inoltre all’interno del consiglio europeo non si vota (è il fondamento basilare su cui si è fondato il diritto internazionale, nelle assemblee quindi non si vota, l’idea del consenso da ancora l’idea di più l’idea dell’uguaglianza tra gli stati alla luce della loro sovranità; il consenso significa che non esiste una sessione di voto, ma le discussioni continuano fin tanto che non ci sono più osservazioni o obbiezioni). Capita che il consiglio europeo debba deliberare, c’è quindi il momento di voto vero e proprio. Quando il consiglio europeo vota utilizza le stesse regole del consiglio. Il consiglio europeo ha un presidente, che è una figura istituzionalizzata, votato a maggioranza qualificata (occasione di voto) dove non vota il presidente della commissione, ma solo i 27 rappresentati degli stati membri, il mandato dura due anni e mezzo ed è rinnovabile una volta sola, il rinnovo capita molto frequentemente, poiché è ritenuto come una “riconferma” del buon lavoro del presidente. Oltre alle normali funzioni di regolazione del consenso dell’assemblea da parte del presidente, è importante che il presidente del consiglio europeo faciliti il consenso all’interno dei 27 rappresentanti. Il presidente presenta al parlamento europeo delle relazioni a seguito di ogni sua riunione ed assicura la rappresentanza esterna dell’unione per la politica estera e sicurezza comune. Questa funzione di indirizzo politico è particolarmente importante e deve essere distinta dal potere legislativo, il consiglio europeo ci da solo degli indirizzi di massima ma non esercita nessuna funzione legislativa, essenzialmente spetta al consiglio europeo adottare quelle scelte strategiche di fondo per l’azione dell’unione europea e per la realizzazione delle sue politiche. Nell’articolo 15 del trattato viene detto che “dà gli impulsi necessari al suo sviluppo, degli stimoli e da una direzione all’azione dell’unione europea”. Questa linee guida politiche dell’unione europea sono contenute nelle conclusioni del consiglio europeo, che sono l’atto con cui vengono raccolti questi punti di consenso raggiunti dentro il consiglio europeo medesimo. Le conclusioni del consiglio europeo non sono vincolanti, ed è un elemento fondamentale perché le istituzioni principali nell’ambito normativo e legislativo non sono vincolato all’indirizzo politico espresso in quelle conclusioni, possono quindi seguirlo pienamente, possono discordarsene in parte e possono andare in direzione perfettamente opposta, senza alcuna responsabilità di tipo giuridico. È chiaro che se le conclusioni suggeriscono una direzione, e commissione, parlamento e consiglio adottano delle direzioni opposte, ci sono dei problemi di tipo politico tra le istituzioni (ma non conseguenze di carattere giuridico). Molto spesso le conclusioni del consiglio adottano delle posizioni da assumere verso stati terzi, come l’ampiamento degli scambi commerciali, ma se le istituzioni amministrative approvano degli atti normativa 14 di chiusura degli scambi, ci sono delle controversie importanti; normalmente però le istituzioni seguono quei consigli del consiglio. A volte, le istituzioni, pur di non andare contro il consiglio europeo rimangono inerte, cioè non fanno niente, che è ben diverso dall’andargli contro; non creando così delle evidenzi frizioni. Essendo una istituzione, ovviamente il consiglio europeo non può lavorare in una “bolla di sapone” e restare a dare delle linee guida all’unione europea in modo astratto, ma deve essere funzionalmente collegato con le altre istituzioni. Il primo collegamento è con il presidente della commissione: esso partecipa alle riunioni del consiglio europeo, è un collegamento immediato, che è fondamentale perché la commissione ha il potere di iniziativa legislativa, quindi, il presidente dell’organo che presenta le proposte, partecipa a quelle riunioni e sa già immediatamente quali sono gli orientamenti politici del consiglio europeo, riportandoli immediatamente alla propria istituzione. Il consiglio europeo è anche funzionalmente collegato col parlamento europeo, per la sua rappresentatività democratica e per il fatto che è uno dei co-legislatori dell’unione europea, quindi, quella relazione che il presidente del consiglio europeo presenta al parlamento europeo dopo ogni riunione, è fondamentale per il parlamento, poiché lo aiuta a capire cosa deve espettarsi politicamente in un futuro, essendo l’organo democraticamente rappresentativo. Al consiglio europeo partecipa anche il rappresentante della politica estera e della sicurezza comune, rendendo immediato il collegamento tra la politica nell’unione e la politica estera dell’unione europea. Il consiglio: è composto da un rappresentante per ogni stato membro, a livello ministeriale, abilitato a impegnare il governo ed esercitare il diritto di voto. Un rappresentante a livello ministeriale, quindi ministro, abilitato a impegnare il governo e ad esercitare il diritto di voto (diritto internazionale), significa che il ministro può votare in nome dello stato, e con il suo voto impegna l’intero stato. Dato che esiste un numero di ministro alto, per decidere chi deve rappresentare lo stato si procede in questo modo: poiché il consiglio come istituzione unica è divisa in formazioni: due formazioni sono individuate dal trattato, e quindi devono esistere per forza, e sono affari esteri e affari generali; ma esistono molte formazioni del consiglio. Al consiglio parteciperà il ministro competente nella materia di competenza trattata (se oggi ci fosse un consigli per la formazione ambiente, parteciperà il ministro per la formazione ambiente di ogni stato). Il consiglio degli affari generali è uno degli organi che si “preoccupa” di dare una continuità al lavoro del consiglio; mentre il consiglio degli affari esteri è deputato alla politica estera e sicurezza comune, pertanto, è sempre presieduto dal rappresentante della politica estera e sicurezza comune, quindi c’è una rappresentanza fissa. Per tutti gli altri consigli, la presidenza è data direttamente allo stato e non alla persona fisica, per avere una continuità, la rotazione degli stati è ogni 6 mesi, è una rotazione programmata, sappiamo già la successione per almeno 4 anni. Non vengono fatte rivoluzioni legislative, politiche o normative; la presidenza è quindi molto importante a finii gestionali; per i fini dei lavori proposti, perseguiti e realizzati dal consiglio si lavora in tre: la presidenza uscente, attuale e successiva, in modo da dare sempre una continuità al lavoro, lo stato quindi non è coinvolto per 6 mesi, ma per 18. Ciascuna presidenza fissa ovviamente le sue priorità, e nel discorso di presentazione ogni stato afferma tutti i lavori che per loro sono fondamentali. Un altro organo molto utile per assicurare la continuità è il COREPER (comitato dei rappresentanti permanenti dei governi degli stati membri), siedono quindi sempre le stesse persone, e sono anche rappresentanti dei governi. Questo organo può quindi assicurare la continuità dei ruoli del consiglio, poiché gode di una legittimazione molto simile a quella del consiglio (rappresentanti del governo) ma allo stesso tempo a carattere permanente, è quindi più continuo nel corso del tempo. Esso cambia solo quando una persona non è più disponibile o quando cambia il governo dello stato, non cambia quindi totalmente, ma solo lentamente e con poche persone alla volta. Uno dei compiti più importanti del COREPER è l’esame preliminare delle proposte, quindi prima dell’approvazione degli atti normativi del consiglio (attraverso il suo potere legislativo), l’atto passa 15 attraverso il COREPER, che discute le proposte da approvare, e qualora ritenga che una proposta possa essere approvata direttamente dal consiglio, senza ulteriori discussioni, colloca questa proposta nei punti all’ordine del giorno. Normalmente il consiglio approva sempre queste proposte. Attraverso questo potere il COREPER snellisce molto il carico del consiglio. Il consiglio nella maggior parte delle volte approva sempre i punti A dei “punti del giorno”, punto in cui il COREPER inserisce sempre l’atto da esso scelto. Poiché in entrambi sono presenti due rappresentanti di ogni stato, se i rappresentanti degli stati approvano un atto, per logica anche i rappresentanti degli stessi stato dovrebbero farlo, in ogni caso è importante che il consiglio può e non deve approvare i punti A. Le funzionalità del consiglio sono legislativa e di bilancio congiuntamente al parlamento europeo, ha alcune competenze in politica estera e sicurezza comune, soprattutto in termini di esecuzione delle linee approvate dal consiglio europeo, e di coordinamento tra le altre istituzioni. Le modalità di votazione del consiglio sono le stesse del consiglio europeo: solitamente segue il consenso, e quando eccezionalmente quando vota lo fa seguendo la maggioranza semplice per gli atti di minore importanza, con finalità esterne e con minor impatto dal punto di vista giuridico sulle situazioni soggettive ed individuali (come l’adozione del regolamento interno per il funzionamento del consiglio medesimo); c’è poi l’unanimità del consiglio dove è molto importate sottolineare che l’astensione non impedisce il raggiungimento dell’unanimità, per questo se uno stato è contrario all’adozione di un atto deve votare contro, e non astenersi; questo metodo viene usato in materie di molta sensibilità (politica estera e ambiente) o per tipologia di tematica importante. La regola generale è quindi quella della maggioranza qualificata, quando il trattato è silente sulla maggioranza richiesta, si usa quella qualificata, mentre è specificato se semplice o unanimità. Questa maggioranza è particolare, questo perché si devono raggiungere due soglie: la prima è numerica, cioè il numero dei membri del consiglio che approvano l’atto, e una relativa alla rappresentatività demografica degli stati che hanno votato a favore, quindi, l’atto è approvato se votano in modo favorevole almeno il 55% degli stati membri (almeno 15 stati, dove ogni stato vale 1, nonostante la grandezza dello stato). Gli stati membri che hanno votato a favore devono rappresentare almeno il 65% della popolazione dell’unione; queste sono regole cumulative. La doppia soglia è necessaria perché la disparità demografica è molto diversa: prendendo i 15 stati membri più piccoli dell’unione europea, demograficamente non rappresenterebbero neanche il 50% della popolazione totale. Per lo stesso motivo, non basta arrivare al 65% della popolazione totale, perché solo i 6 stati maggiori arriverebbero a questa percentuale, ma sarebbero solo 6 stati che decidono per 27. Queste due soglie sono quindi per un buon equilibro europeo. Anche qui, è difficile avere dei voti contrari, ma piuttosto delle astensioni. Si cerca sempre di evitare di andare contro un atto poiché è ritenuto politicamente spiacevole, talvolta si decide di approvare l’atto nonostante le astensioni o il voto contrario di alcuni stati. È, in ogni caso, possibile per gli stati contrari formare la minoranza di blocco: è una minoranza dichiarata composta da almeno 4 stati membri, ed è plausibile che il voto contrario di questi 4 non blocchi l’atto (a meno che non siano 4 stati grandi che peserebbero sul conteggio della popolazione europea). Per creare la minoranza di blocco, non basta votare contro ma bisogna dirlo espressamente, se ciò dovesse succedere l’atto non è approvato, nonostante le soglie superate, e si continuano le discussioni verso questi 4 stati. Questo sistema è nato già nel 1966 quando la regola base era l’unanimità. In ogni caso le minoranze di blocco sono molto rare, soprattutto da quando sono presenti le cooperazioni rafforzate, queste consentono l’adozione di un atto dell’unione, da parte di un gruppo degli stati membri, quindi, se ci sono 6 stati membri contrari, quell’atto sarà adottato per gli altri 21 stati, tranne che per quei 6 stati contrari (sono comunque rari). L’eurogruppo: è stabilito dall’articolo 137 del trattato sul funzionamento, come organo informale, a cui partecipano i ministri degli stati membri, della zona euro. L’articolo 137 rinvia al protocollo numero 14, che lascia all’eurogruppo una disciplina scarna, proprio per il suo carattere informale. 16 L’eurogruppo si riunisce una volta al mese, alla vigilia del consiglio formazione economia e finanza; il suo compito principale è quello di garantire un coordinamento delle politiche economiche degli stati membri della zona euro, e favorire le condizioni per una maggiore crescita economica. Il coordinamento delle politiche statali è funzionale alla corretta operatività della moneta unica e della sua stabilità, il rapporto economico è quindi indispensabile. Le discussioni dell’eurogruppo riguardano quindi questioni specifiche legate all’euro, oppure di più ampia portata con incidenza sulle politiche di bilancio, monetarie o strutturale degli stati membri della zona euro. L’eurogruppo è anche responsabile della preparazione delle riunioni del vertice euro e del relativo seguito. L’eurogruppo discute regolarmente della situazione economica degli stati membri, delle politiche delle bilancio, nonché della situazione macroeconomiche della zona euro, delle riforme strutturali necessarie per aumentare la crescita all’interno degli stati membri che adottano l’euro, e delle questioni relative alla situazione finanziaria sempre nella zona euro. In alcuni casi è possibile che l’eurogruppo si riunisca nella “forma estesa” cioè tramite la partecipazione dei ministri anche degli altri stati membri. Nasce quindi come organo per la stabilità della moneta unica, ma può anche essere aperto agli altri stati membri. Il vertice euro è composto dai capi di stato e di governo dei paesi della zona euro, e si riunisce almeno due volte l’anno, dopo le riunioni del consiglio europeo. Il vertice euro fornisce degli orientamenti strategici per garantire il corretto funzionamento dell’unione economica e monetaria (quindi tutta la politica e non sol la parte economica), favorendo il coordinamento di tutti i settori politici interessati; il vertice euro adotta degli orientamenti strategici in materia di politica economica nella zona euro, sul corretto funzionamento dell’unione economica e monetaria e sulla possibilità che altri stati membri aderiscano alla zona euro. La prima riunione risale al 14 marzo del 2013. La COMMISSIONE: una delle caratteristiche tipiche dei commissari della commissione, è l’indipendenza degli altri stati membri; quindi, la commissione è un organo di individui che siedono in forza di altri motivi, diversi dalla rappresentanza statale, il motivo è dato dalla competenza. Ciascun commissario deve essere quindi indipendente sia dallo stato di origine che dagli altri, e deve essere competente in qualche settore di competenza dell’unione europea. Le singole competenze dei commissari formano la competenza generale della commissione, quindi l’indipendenza e la competenza di ciascun commissario forma l’indipendenza e la competenza della commissione. Si tratta di requisiti presi molto sul serio, soprattutto quella dell’indipendenza, il commissario deve essere ed apparire indipendente, infatti, in caso di sospetti seri di mancanza indipendenza, il presidente della commissione può richiedergli le dimissioni; questo anche in caso di comportamento non cristallino. Ad oggi non esistono casi in cui, una volta che il presidente richiede le dimissioni, queste non sono state presentate. Un esempio di comportamento non cristallino, è quello del commissario irlandese Hogan, il quale nell’agosto 2020 aveva partecipato a una festa del golf club, in piena pandemia, prendendo così sottogamba il pericolo e le leggi. L’indipendenza, in quanto tale, significa che i commissari non accettano o non sollecitano, incarichi, mandati o modalità di espressione di voto, da parte di nessuno, e decidono, propongono, votano e deliberano secondo la loro competenza. I commissari non possono neanche accettare incarichi a carattere governativo durante il loro incarico presso la commissione, e non possono farlo neanche per un periodo successivo alla fine del loro incarico. Se il commissario prende un incarico governativo subito dopo l’incarico da ministro può essere sanzionato, possono inoltre essere revocati i diritti pensionistici del ministro durante il suo incarico, attraverso una sentenza della corte di giustizia. Si è arrivati pochissime volte a questa soluzione. Allo stesso modo, nonostante lo stipendio del ministro è molto buono, è comunque corretto pensare che queste persone debbano avere un altro lavoro successivamente (diritto al lavoro), esiste quindi il periodo di congelamento: è il periodo di 24 mesi successivo all’incarico di commissario, durante i quali è richiesta una particolare delicatezza nell’accettazione di nuovi lavori, per cui, in questi 24 mesi i commissari possono svolgere incarichi lavorativi (inizialmente erano 18), ma devono chiedere alla nuova commissione una autorizzazione, in modo che questa possa verificare che il nuovo incarico non sollevi perplessità nell’indipendenza. 17 Per quanto riguarda la nomina dei ministri: questo processo si suddivide in due fasi; proprio perché si vuole verificare che ogni persona sia competente ed indipendente. Il primo soggetto nominato è il presidente della commissione, che viene proposto al consiglio europeo, che vota e propone un nome al parlamento europeo, questo nome viene individuato dal consiglio europeo sulla base dei risultati elettorali al parlamento europeo, è quindi un’attività che inizia poco dopo l’inizio del parlamento. Sulla base dei risultati si individua una persona e la si propone al parlamento europeo, che elegge il candidato a maggioranza dei suoi membri, se questa non viene raggiunta il consiglio europeo ha un mese per proporre un nuovo nome (ciò non è mai successo, perché prima del voto parlamento europeo e consiglio si confrontano informalmente per far si che venga votato con la maggioranza fin da subito). Il presidente della commissione così eletto individua gli altri commissari insieme al consiglio, l’individuazione avviene tramite ogni stato membro, che presenta una lista di tre personalità all’interno dello stato stesso, e il consiglio insieme al presidente sceglie un nominativo all’interno della lista; è chiaro che il commissario candidato è già una personalità all’interno del proprio paese ed indipendente. Si ha quindi una lista del presidente eletto e i 26 candidati commissari, questa lista viene presentata al parlamento europeo per l’approvazione integrale e collettiva; a seguito dell’approvazione del parlamento, il consiglio europeo nomina la nuova commissione. Uno dei problemi è l’approvazione interale e collettiva, poiché il parlamento o approva tutta la lista o non la approva; è successo recentemente che il parlamento sollevasse delle discussioni nei confronti di un numero ridotto di commissari. Si crea, dopo l’approvazione, un rapporto di fiducia tra parlamento e commissione. Oltre ai nomi della commissione, vengono anche presentate le competenze dei commissari, poiché ciascun commissario è a capo di una direzione generale, che sono articolazioni più o meno grandi, in base alle competenze, e ogni commissario è a capo di una direzione generale, che è sostanzialmente l’ufficio di quel commissario. La direzione generale della commissione è il vero e proprio nucleo operativo della commissione. Nella lista quindi, oltre al nome, si indica già la competenza. Ciascun commissario è a capo di una direzione generale, quindi la commissione si articola in direzioni generali per materia; una per ciascun stato membro. Le articolazioni variano in base al portafoglio attribuito a quel settore, la “direzione generale concorrenza” è la più grande competenza (per portafoglio si intende sia le risorse finanziarie che il personale a disposizione), questa direzione occupa un grattacielo di 46 piani, al contrario la “direzione generale sport” è una delle competenze meno forti, infatti occupa solamente il 47° piano. La commissione ha sicuramente molte competenze, difatti ha molti edifici all’interno di Bruxelles. Il presidente, nominato per primo, è il portavoce della commissione, e qualora la commissione debba affacciarsi a relazioni internazionali lo fa attraverso il suo presidente. La commissione lavora collegialmente, nonostante l’esistenza delle direzioni, sicché l’elaborazione avviene all’interno delle direzioni generali, ma l’approvazione deve arrivare da tutti i commissari collegialmente. Solo in alcuni casi è possibile delegare un commissario al voto, oppure procedere tramite il voto scritto (utilizzato molto attraverso il COVID). Le funzioni delle commissioni sono: promuove l’interesse generale dell’unione, ed è la custode dei trattati; ciò significa che grazie alla competenza generale della commissione essa è il motore al fine della realizzazione degli obiettivi dell’unione. Infatti, la commissione ha il potere di iniziativa legislativa, la maggioranza dei normativi, approvati dall’unione, sono proposti dalla commissione inizialmente, è quindi quasi sempre la commissione a proporre qualche iniziativa, che viene poi approvata dal consiglio e dal parlamento europeo. È la custode dei trattati: è l’istituzione competente a verificare il rispetto del diritto dell’unione europea da parte delle altre istituzioni, degli stati membri e da parte dei privati; questa è la materia di concorrenza, poiché controlla i comportamenti delle imprese sul mercato interno. La commissione svolge quindi un controllo verso le altre istituzioni e gli stati membri, questo controllo si verifica fisiologicamente, ma nel caso in cui la commissione sospetta che qualcuno stia violando il diritto dell’unione, la commissione stessa ha a disposizione dei rimedi giurisdizionali, dei ricorsi quindi alla corte di 18 giustizia (ricorso per inadempimento o infrazione, nel caso in cui la commissione sospetta che uno stato membro stia violando il diritto dell’unione, ricorso per annullamento, quando la commissione ritiene che altre istituzioni abbiano adottato un atto nullo, ricorso per carenza, quando una istituzione viene meno a un suo obbligo scritto nel trattato). La commissione ha alche il compito di esecuzione del bilancio, è quindi il responsabile delle entrate e delle uscite dal bilancio, quindi, il parlamento e il consiglio approvano e la commissione esegue (esempio: il fondo Erasmus, o quelli a finalità strutturale, utili per la ripresa di alcuni settori economici in difficoltà). La commissione ha anche un potere di decisione in materia di concorrenza, quindi se ritengono che un’impresa ha violato il diritto della concorrenza, adotta delle decisioni, e ha anche un potere di raccomandazione, ciò non è scritto nel trattato (c’è stato fino al trattato di Lisbona), ma si ritiene che la commissione in qualità di organo tecnico e tecnico possa adottare delle raccomandazioni, suggerendo agli stati membri (ma non solo), determinati comportamenti da tenere (la raccomandazione non è vincolante). La commissione ha anche un potere normativo autonomo di atti di rango 3°, ma ciò nonostante sono importanti, e comprendono gli atti delegati e gli atti esecutivi. L’altro rappresentante per gli affari esteri e la politica di sicurezza è una figura particolare, è soprattutto un organo dell’unione europea, ha competenze appunto negli affari esteri. Proprio per le poche competenze dell’unione in questa materia, il ruolo di questo rappresentante varia a seconda della persona che riveste questa carica, esso viene nominato subito dopo il nuovo parlamento europeo, ed è nominato dal consiglio europeo a maggioranza qualificata, con l’accordo del presidente della commissione; esso presiede il consiglio degli affari esteri ed è uno dei vicepresidenti della commissione. Sulla carta ha un certo numero di funzioni come: guida della politica estera per la sicurezza comune, mandatario del consiglio per questa politica, vigilanza sulla coerenza sull’azione estera dell’unione; queste funzioni sono molto generiche, infatti anche altri rappresentanti del passato hanno interpretato un loro modo per la politica estera. È quindi un ruolo abbastanza variabile, esso partecipa alle riunioni di più istituzioni e ha quindi un ruolo di coordinamento nell’ambito delle competenze delle altre istituzioni in quel che c’è di politica estera e sicurezza comune. Molto importante è anche il servizio europeo per l’azione esterna, che è un sorta di diplomazia dell’unione, è un servizio d’ausilio del rappresentante, dislocato in tutti gli stati terzi che lo hanno riconosciuto, e serve come punto di contatto tra il rappresentante stesso e lo stato terzo stesso. Naturalmente non può avere un ruolo diplomatico consolare come un consolato o un’ambasciata, questo perché prima di tutto l’unione europea manca di questa figura statale e perché la competenza della politica estera non è vera. Il servizio per l’azione esterna funge piuttosto da strumento di collegamento tra unione e stati terzi, ma risulta importante e recente (12 anni che esiste) il fine di migliorare il funzionamento della politica all’interno dell’unione. Il servizio esterno per l’azione esterna collabora con i servizi diplomatici degli stati membri, poiché qui avremo le tradizionali ambasciate e consolati, e il servizio esterno deve interfacciarsi con queste rappresentanze statali. La CORTE DI GIUSTIZIA: il nome ufficiale è corte di giustizia dell’unione europea, detta anche corte di giustizia, essa come istituzione è suddivisa in due tribunali: la corte di giustizia e il tribunale. La corte di giustizia (in senso stretto) e il tribunale si distinguono per le competenze che gli vengono attribuite; il trattato prevede la possibilità di istituire dei trattati specializzati per materia. Per un certo periodo di tempo nella core di giustizia c’è stato un terzo tribunale, quello per la funzione pubblica; esso si occupava dei rapporti fra l’unione europea e le sue istituzioni, organi ed organismi, e i suoi agenti, dipendenti e funzionari. Era una sorte di tribunale del lavoro tra unione europea e le persone che, a diverso titolo, prestavano servizio per l’unione europea stessa. Il tribunale e la corte di giustizia (in senso stretto) non decidono sempre in composizione plenaria (un giudice per ogni stato membro, nella corte, e due giudici per stato membro per il tribunale), ma si dividono in sezioni da n giudici, la grandezza della sezione viene decisa in base all’importanza della sezione. I giudici: ogni giudice ha requisiti di indipendenza e professionalità, possono ambire alla posizione di giudice presso corte e tribunale le persone che soddisfano i requisiti per accedere alle più altre cariche giurisdizionali nello stato membro di origine, quindi, in Italia tutte le persone che possono accedere alla corte costituzionale, al consiglio di stato e la corte di cassazione, possono ambire di diventare giudici della 19 corte di giustizia; possono anche diventare giudici presso la corte gli avvocati di fama internazionale o professori ordinari dell’università competenti ed esperti in materie giuridiche. Dal gruppo di persone che si forma, si procede alla selezione di una sola persona in base alle procedure di ciascun stato membro; la proposta presentata dallo stato membro è vagliata dal gruppo 255 (prende il nome dall’articolo 255 del trattato sul funzionamento), è composto da ex giudici della corte di giustizia ed ex avvocati generali della corte di giustizia, che valutano la persona proposta dallo stato membro, sia in termini di competenza che indipendenza. A seguito del parere positivo del gruppo 255 i giudici e avvocati generali sono nominati dai governi degli stati membri di comune accordo. Questi avvocati generali, che sono 11, lavorano esclusivamente presso la corte (in senso stretto), che è composta da 27 giudici e 11 avvocati generali. L’avvocato generale ha la funzione di aiutare la sezione decidente nel raggiungimento di una determinata decisione, più precisamente, prima dell’emanazione della sentenza adotta le sue conclusioni su quella causa che suggeriscono una possibile soluzione alla sezione decidente dei magistrati. Le conclusioni non sono vincolanti, poiché la responsabilità è dei giudici e non degli avvocati, però si deve notare che piuttosto spesso che la corte di giustizi e la sezione decidente seguono le conclusioni dell’avvocato generale, poiché è tanto competente quanto i giudici e inoltre normalmente le conclusioni degli avvocati sono più motivate rispetto alle sentenze della corte, che sono più che adeguatamente motivate, però la corte stessa ritiene che la motivazione non debba dilungarsi, ma che debba essere sufficientemente adeguata; mentre gli avvocati generali non hanno alcun limite di lunghezza nelle conclusioni, e ne approfittano per fare anche la cronistoria del tema, per poter avere un’argomentazione ancora più solida. La corte è comunque libera di poter assumere qualsiasi altra decisione. Tutto ciò avviene nell’ambito della corte (nel senso stretto). La sezione decidente può anche decidere di rinunciare le conclusioni dell’avvocato qualora l’importanza della causa non richieda o consenta di decidere anche senza conclusioni dell’avvocato generale, un esempio può essere quella dei causi lo stesso problema è già stato risolto più volte. Il tribunale non ha avvocati generali, qualora l’importanza della causa lo richieda, la sezione decidente può chiedere a un giudice del tribunale di un’altra sezione di svolgere le funzioni di avvocato generale. L’intera corte o l’intero tribunale non viene mai cambiato totalmente, ma si va a rotazione, 3 alla volta ogni tot di tempo, in tale modo essi sono sempre attivi. Nel tribunale si deve chiedere a un giudice di un’altra sezione di fare l’avvocato generale perché in questo modo si ha un parere esterno e imparziale, che comunque non è vincolante, e di conseguenza non può essere chiamato a giudicare quella controversia, per il principio di imparzialità. La BANCA CENTRALE EUROPEA è l’istituzione che ha l’esclusiva autorizzazione ad emettere la moneta dell’euro, ed ha dei poteri consultivi a favore delle altre istituzioni quando, pur nella normativa relativa ad altre materie, sia necessario o opportuno conoscere ed assumere il parere della banca centrale. La banca centrale europea vive all’interno del sistema europeo banca centrale, che è composto dalla banca centrale europea e dalle banche centrali nazionali, che a corte di giustizia ha qualificato come costruzione giuridica originale, perché un unico organo, col nome di “sistema”, convivono la banca centrale dell’unione europea e le banche decentrate (quelle nazionali). Tutto il sistema collegato all’unione economica e monetaria è particolare, poiché gli organi competenti in questa politica votano con una certa autonomia rispetto alle altre istituzioni e organi, mentre le istituzioni classiche (parlamento, consiglio, commissione e corte di giustizia) hanno delle competenze limitate nell’ambito dell’unione economica e monetaria e del sistema monetario e finanziario dell’unione europea. La CORTE DEI CONTI ha funzione fondamentale sul controllo del bilancio, è quindi essenziale per il corretto funzionamento finanziario dell’unione, questa funzione interessa quindi più l’economista che il giurista, per questo si chiama “corte” in modo ingannevole, perché non ha funzioni giurisdizionali, ma finanziario e amministrativo, tanto che anche i membri della Corte dei conti (uno per stato membro) sono nominati sulla base di garanzia di professionalità ed indipendenza. Il lavoro del controllo del bilancio è un lavoro molto complesso. 20 La Corte dei conti può anche assistere il parlamento europeo ed il consiglio nella redazione del bilancio stesso: per questo avremo assistenza da parte della Corte dei conti, approvazione da parte d parlamento e consiglio, esecuzione da parte della commissione. I seguenti due organi sono stabiliti dall’articolo 300 del trattato; per questo sono formalmente “più importanti”, inoltre se in un futuro volessimo abolirli dovremmo modificare il trattato. Questi due organi sono il comitato economico e sociale europeo ed il comitato delle regioni. Hanno entrambi funzioni consultive di assistenza rispetto alla commissione (raramente) e parlamento europeo e consiglio in fase di approvazione degli atti normativi (normalmente). La differenza principale dei due comitati è data dalla loro composizione da cui discendono differenti momenti di consultazione: Il COMITATO ECONOMICO E SOCIALE EUROPEO rappresenta la società civile, è composto dai rappresentanti delle organizzazioni dei datori di lavoro, da organizzazioni sindacali e da altri enti rappresentanti della società civile, è quindi un organo competente nell’ambito delle relazioni sociali lavorative. Il COMITATO DELLE REGIONI è composto da persone che hanno già un mandato elettorale a livello locale, per questo queste persone hanno un doppio incarico: il primo è quello all’interno della propria autonomia locale, il secondo quello presso il comitato delle regioni, che è un organo competente per gli interessi delle autonomie locali. Si chiama “regioni” per praticità, i sistemi costituzionali tra tutti gli stati sono divisi in modo diverso, e non tutti gli stati devono per forza avere il territorio suddiviso in regioni, ma si intendono le autonomie locali in generale. Il numero dei componenti dei due comitati è lo stesso, ma non può essere superiore a 350, i membri del comitato economico e sociale hanno un divieto di mandato, al contrario del comitato delle regioni dove il comitato è una condizione per la nomina del comitato stesso. Il comitato economico e sociale è totalmente un’espressione tecnic

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