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Diritto del lavoro Lezione 1 - Introduzione lunedì 2 ottobre 2023 Diritto del lavoro è composto da 3 macroaree. Diritto del rapporto individuale del lavoro: relazione contrattuale tra singolo datore di lavoro e lavoratore. Di...

Diritto del lavoro Lezione 1 - Introduzione lunedì 2 ottobre 2023 Diritto del lavoro è composto da 3 macroaree. Diritto del rapporto individuale del lavoro: relazione contrattuale tra singolo datore di lavoro e lavoratore. Diritto sindacale: rapporti tra soggetti collettivi--> sindacati e organizzazioni sindacali dei datori di lavoro. Queste due aree sono collegate sul piano delle fonti--> fatti del diritto sindacale introducono regole che regolano il rapporto individuale e viceversa. Diritto della previdenza sociale: coinvolge direttamente interessi pubblici (previdenza sociale: regole sulla disciplina delle pensioni, trattamento del lavoratore dal punto di vista economico in casi particolari in cui il lavoratore non può lavorare). Il diritto del lavoro può essere considerato parte del diritto privato e nello specifico, diritto civile: rapporto di diritto tra soggetti privati, nel nostro caso: Diritto del rapporto individuale di lavoro: singolo datore di lavoro. Diritto sindacale: lavoratore o tra sindacati del lavoratore e sindacati del datore di lavoro. Non ci interesseremo di rapporti di lavoro di pubblico impiego, che coinvolgono un datore di lavoro pubblico (pubblica amministrazione). Alcune regole del rapporto di lavoro tra privati sono diverse da quelle che si applicano nei rapporti di pubblico impiego in due categorie: Pubblico impiego privatizzato (contrattualizzato): regolato prevalentemente da norme che regolano i rapporti di lavoro alle dipendenze di lavoratori privati e da norme contenute nel testo unico del pubblico impiego (Decreto 165/2001). Contrattualizzato: la fonte della disciplina del rapporto di lavoro tra privati è un contratto di lavoro. Pubblico impiego non privatizzato (non contrattualizzato): regolata da norme speciali che differiscono da quelle sui rapporti di lavoro tra privati (es. rapporto di lavoro magistrati e diplomatici)--> legami particolari con l'istituzione pubblica. 1 Rapporto di lavoro tra soggetti privati Una delle fonti principali di disciplina del diritto del lavoro è il Codice Civile, regio Decreto 262/1942, che contiene la disciplina degli aspetti essenziali della materia (sia rapporto individuale di lavoro, sia diritto sindacale). Per il rapporto individuale di lavoro, sono nel: Libro Quinto del Codice, il libro del lavoro (art. 2044 e seg.) Libro Quarto del Codice, il libro delle obbligazioni: contiene la disciplina generale applicabile a ogni obbligazione (obbliga una delle parti a fare o non fare qualcosa nei confronti dell'altra parte. Un vincolo che obbliga uno dei soggetti a qualcosa nei confronti dell'altro). Norme sui contratti e obbligazioni che nascono del contratto (art. 1321 Codice Civile, accordo tra due o più parti che regola rapporti di tipo patrimoniale). Queste norme del Codice Civile sono relative agli aspetti essenziali della materia. La disciplina del rapporto individuale di lavoro non si esaurisce a queste regole del Codice Civile, ma è presente anche in fonti normative diverse, tra cui nelle leggi speciali (definizione superata: la maggior parte degli aspetti del lavoro sono disciplinati all'esterno del codice). Queste leggi sono frequentemente sottoposte (ultimi decenni soprattutto) a periodici fenomeni di riscritturaà regole del contratto di lavoro cambiano molto frequentemente - influenza di considerazioni di carattere politico/elettorale-à richiesta di aggiornamento costante. Codici del lavoro: raccolte di articoli del Codice Civile e altre leggi che riguardano il rapporto di lavoro e il rapporto sindacale. È una raccolta fatta dagli editori, non direttamente dal legislatore. La legge, nello specifico, indica la legge ordinaria, che prevede l'approvazione del testo di legge da parte della Camera dei deputati e Senato della Repubblica. Il termine legge è molto generico, indica anche un atto normativo avente forza di legge, ovvero fonti normative la cui efficacia giuridica è equiparata a quella della legge: Decreto legge (art. 77 Costituzione): nei casi di necessità e urgenza il Governo è autorizzato ad emanare tali provvedimenti. Il Parlamento dovrà poi approvarlo come legge. Decreto legislativo (art. 76 Costituzione): il Parlamento delega la Governo il potere di emanare un decreto legislativo su legge delega del Parlamento. 2 Costituzione, 1948. E' la legge fondamentale dell'ordinamento, che definisce le regole essenziali dell'assetto giuridico del nostro ordinamento, sistema giuridico. Può essere considerata in termini generali come fonte legislativa, ma è dotata di un valore giuridico particolare perché è la fonte di diritto positivo su cui si basano tutte le altre (diritto positivo: ius positum, è il diritto posto da un organo legislativo, è una legge scritta che si contrappone al diritto naturale, insieme di principi che sono iscritti nella natura dell'uomo, che non richiedono la "positivizzazione" da parte di un legislatore). Alcune norme costituzionali scrivono all'interno di una fonte (positivizzano) dei principi che per secoli sono stati ritenuti come principi di diritto naturale, che appartengono a una sfera di confine tra l'ambito giuridico e morale. Definiscono l'assetto dell'ordinamento giuridico (seconda parte) e i principi sostanziali, confine tra ambito giuridico e sfera morale. Art. 1: L'Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro. Il lavoro compare fin dal primo comma del primo articolo della Costituzione (comma: paragrafo). Il lavoro e il diritto del lavoro nel quadro costituzionale ha una rilevanza centrale nel nostro ordinamento. Quale efficacia giuridica (nel concreto) hanno le norme costituzionali nei rapporti di lavoro? È una questione giuridica che si è posta anche in altri ordinamenti giuridici, ma da noi è iniziata all'inizio degli anni '50 (la Costituzione è entrata in vigore nel '48). La Costituzione prevede norme di lavoro specifiche (es. parità diritto uomo-donna), volte a tutelare il lavoratore. All'inizio degli anni '50 nelle fabbriche i rapporti di lavoro continuano ed essere regolate come avveniva prima del '48. Le norme costituzionali che tipo di efficacia hanno nei rapporti tra soggetti privati, in particolare tra datore di lavoro e lavoratore? La dottrina giuridica italiana del diritto del lavoro riprende la riflessione che si è avuta nel sistema giuridico tedesco (dottrina giuridica: formante del diritto. Composta dagli studiosi del diritto, che scrivono libri e articoli che idealmente dovrebbero contribuire a costituire il sistema giuridico. Le altre formanti sono la giurisprudenza e il legislatore). Si sono prospettate due teorie: Teoria dell'efficacia diretta delle norme costituzionali nei rapporti di lavoro: le norme costituzionali possono essere applicate direttamente e immediatamente nei rapporti tra soggetti privati, al pari di una legge ordinaria e degli atti aventi forza di legge (Conseguenza: il lavoratore può andare davanti al giudice con un ricorso e tentare una causa contro il datore di lavoro chiedendo di applicare una norma costituzionale). Chiave per realizzare un mutamento immediato degli assetti di forza e di potere presenti nell'ordinamento repubblicano. Tesi più tradizionale: nega la possibilità di applicare direttamente al rapporto di lavoro le norme costituzionali. Le norme costituzionali avrebbero avuto come finalità non regolare il rapporto tra soggetti privati, ma indicare al legislatore come legiferare (scrivere le leggi). Le norme non si 3 rivolgono ai privati ma al legislatore. Visione politica e giuridica più conservatrice che avrebbe significato che in molti casi, di fronte ai conflitti, il datore di lavoro sarebbe stato più tutelato. Principalmente ha ragione la visione più tradizionalista per motivi tecnici: le norme costituzionali sono caratterizzate da una struttura particolare al confine tra diritto e la morale, quindi si esprimono in termini molto generali che spesso non contengono neanche una struttura basata sulla definizione di una fattispecie e descrizione degli effetti che si collegano a una fattispecie (casi espressi in termini generali e astratti e definiscono il caso di applicazione della norma, con la successiva definizione degli effetti). Fattispecie + effetti: struttura tradizionale della legge. Nei principi costituzionali è assente. Questo non significa che le norme costituzionali non hanno valore giuridico, perché orientano il legislatore nel legiferare. Una legge in contrasto con la costituzione, infatti, è incostituzionale e illegittima. Ci sono casi in cui le norme costituzionali hanno una struttura più precisa, quindi è possibile applicarla ai rapporti tra privati, ma sono dei casi abbastanza rari, eccezioni. Ragione di carattere logico: nel rapporto di lavoro e in qualunque altro rapporto tra privati, chi può invocare un principio costituzionale non è mai un soggetto, ma almeno due soggetti (lavoratore + datore). Il problema è che in questi casi i principi costituzionali invocati dalle parti sono in contrasto tra loro. Comporta che bisogna fare una scelta: o si dà ragione a uno, o a entrambi o nessuno. Questa scelta la compie nella maggior parte dei casi il legislatore, che dovrebbe considerare tutti gli interessi in gioco e dare una soluzione--> la presenza dei principi costituzionali richiede di fare un bilanciamento tra gli interessi in gioco--> nessuno dei principi costituzionali si applica direttamente, ma devono passare tramite bilanciamento. L'applicazione della norma costituzionale è sempre filtrata dal bilanciamento, che quindi ne nega l'applicazione diretta. Chi deve fare questo bilanciamento? Nella stragrande maggioranza dei casi viene già fatto dal legislatore, che detta una regola specifica che dovrebbe essere frutto di quel bilanciamento. Sono rari i casi in cui il giudice può fare direttamente il bilanciamento, laddove ci sono norme particolari che per la loro struttura lo consentono. Nella maggior parte dei casi il giudice deve applicare la legge. Se un giudice ritiene che una legge non soddisfi in maniera adeguata i principi costituzionali, il giudice può: Non fare un suo bilanciamento (praticamente mai, molto raro). Se la legge è molto generale, può fare un'interpretazione della legge che più si avvicina alla costituzione--> interpretazione costituzionalmente abilitante. Limite: l'interpretazione deve essere compatibile con il significato letterale della legge. Se il giudice non è ancora soddisfatto può sospendere il processo e rinviare la questione alla Corte costituzionale, organo deputato a valutare se una norma di legge è compatibile o meno con la Costituzione. 4 5 In più dal libro su questo argomento: L’azione degli ordinamenti nazionali Il diritto del lavoro ha un’origine e una provenienza tipicamente giurisprudenziale, che può porre numerosi problemi interpretativi. Il diritto del lavoro, nel nostro ordinamento, nasce per impedire il gioco “al ribasso” delle condizioni di lavoro retributive e normative, da parte del datore di lavoro. Le regole giuridiche vincolanti per tutti risultano quindi essere quelle previste dalla legge e dai contratti collettivi, come esplicitato dall’art.2113 del Codice civile. Le fonti interne del diritto del lavoro sono La Costituzione; La legge ordinaria; Altri atti di legge: decreto-legge e decreto legislativo; Il contratto collettivo, che racchiude un insieme di regole stabilite dalle parti in modo collettivo; Il contratto individuale, che deriva dal contratto collettivo e lo amplia definendo determinati aspetti come la sede, gli orari e le date di lavoro; Le decisioni giurisprudenziali. La Costituzione Tra le fonti, il ruolo preminente è quello della Costituzione del 1948, che afferma l’importanza del lavoro già nel suo primo articolo: “L’Italia è una repubblica democratica fondata sul lavoro” Art.1 Cost La legge Ciononostante, è importante sottolineare come il diritto del lavoro è anche e comunque un diritto legislativo: è infatti la legge che per prima è riuscita a riequilibrare i rapporti tra due parti. Gli interventi della legge hanno riguardato in particolare: La disciplina dei licenziamenti individuali, fino al 1966 concessi senza motivazione. L’obbligo di motivazione per il datore di lavoro viene introdotto con la legge 604/1966; Lo Statuto dei diritti dei lavoratori, che per la prima volta limita i poteri dei datori di lavoro fino a quel momento liberi sulla base di un contratto tra pari stipulato in virtù del principio di autonomia privata, ossia il potere dei privati di regolare liberamente i propri interessi e di decidere della propria sfera giuridica, nel rispetto dei limiti e degli obblighi stabiliti dall'ordinamento. Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali. Tutti questi miglioramenti ebbero però una battura d’arresto a partire dal 1973-1974 quando si aprì la crisi economica mondiale derivante dall’aumento del prezzo del petrolio. In questi anni, per far ripartire l’economia, le imprese iniziarono a sviluppare schemi contrattuali “atipici”. I contratti 6 Ci sono due tipologie principali di contratto in ambito del mercato del lavoro: 1. Contratto collettivo di diritto comune. Ha natura negoziale e, quindi, non è considerato un atto normativo. Quindi, tecnicamente non potrebbero essere considerati fonte di diritto del lavoro, ma nella prassi costituiscono la principale forma di regolazione dei rapporti di lavoro. 2. Contratto individuale. E’ uno strumento scarsamente utilizzato per quanto riguarda la determinazione delle condizioni di lavoro, in quanto risente della diversità di posizione del lavoratore rispetto al datore di lavoro nel contesto economico e professionale. Il contratto individuale è utilizzato per garantire una serie di benefits per le posizioni apicale o dirigenziali delle imprese (come macchina o telefono aziendale), rispecchiando così il posizionamento del lavoratore o dell’impresa. La Globalizzazione Muovendoci in un contesto globale ci si trova fuori dalla singola nazione e da un contesto meramente giuridico. L’impresa cerca ora di “andare fuori” per cercare un minor costo del lavoro, maggiori e migliori servizi. Inoltre, le imprese cercano un diritto del lavoro più economico e meno stringente, cercando di introdurre regolazioni “soft”, come clausole e codici di condotta tipici delle multinazionali. Diciamo che tendenzialmente, a seguito della globalizzazione, le imprese tendono verso un generale livellamento verso il basso della remunerazione del lavoro, specialmente riguardo quelle attività che richiedono una bassa qualifica. Allo stesso tempo, però, la globalizzazione non può e non deve essere fermata: un Paese che si “tiri fuori” dal processo di globalizzazione sarebbe condannato a rimanere in una posizione di oggettiva debolezza economica e sociale. Una soluzione potrebbe essere la segnalazione da parte dell’OIL di tutte quelle situazioni in cui non vengono rispettati i principi imposti dai trattati internazionali, ma anche se così fosse non sono previste sanzioni per queste violazioni, quindi sarebbe pressoché inutile. La digitalizzazione La digitalizzazione accentua le sfide che la globalizzazione pone agli ordinamenti nazionali, mettendo a dura prova i sistemi giuridici consolidati sul modello dell’impresa gerarchica fordista. La situazione è molto complessa anche dal punto di vista collettivo: i sindacati tradizionali faticano a rappresentare questi nuovi lavori digitali, a causa del venir meno di un luogo fisico di lavoro in cui aggregare il consenso. Il lavoro adesso diventa digitale e si compone principalmente di due realtà: 1. Gig Economy. L’innovazione tecnologica crea nuove modalità di lavoro tramite piattaforme che organizzano un mercato digitale per la fornitura di beni e servizi. All’interno di questa realtà si distinguono a. Lavoro on demand. Classiche attività lavorative vengono svolte da un prestatore nel mondo reale che lavora tramite una piattaforma; b. Crowd work. Il lavoro, o task, è svolto interamente sulla piattaforma virtuale da una platea di lavoratori connessi. 7 In entrambi i casi, questo modello di smart factory interconnessa altera il tradizionale lavoro subordinato: la prestazione di lavoro è sempre meno identificabile nei consueti parametri spazio- temporali. Questa modalità di lavoro comporta responsabilità, autonomia esecutiva e decisionale e capacità di adattamento. Al tempo stesso, i datori di lavoro sviluppano nuove e pervasive forme di esercizio del potere direttivo e di controllo, minando talvolta la riservatezza e la dignità del lavoratore. Ma qual è quindi la qualificazione giuridica di queste nuove modalità di lavoro? La situazione è molto complessa e molte soluzioni giurisprudenziali sono state pensate per risolverla. In Italia, tuttavia, le sentenze avvenute hanno riguardato solo i riders: se prima la natura subordinata del lavoro era stata esclusa per la libertà del rider di accettare o meno la prestazione, sentenze più recenti hanno esteso la disciplina del lavoro subordinato anche a questa categoria di lavoratori. 2. Industry 4.0. L’innovazione tecnologica richiede ora al diritto del lavoro maggiori flessibilità interne al contratto di lavoro, relativamente alla disciplina delle mansioni, degli inquadramenti professionali, della retribuzione… Nell’economia digitale il capitale cognitivo e le conoscenze dei lavoratori sono fondamentali e, quindi, la formazione professionale risulta essere oggetto di negoziazione. Emergono inoltre nuovi bisogni di protezione sociale, nuove forme di tutela del lavoro come è avvenuto con il rinnovo del contratto collettivo nazionale riguardante il Ccnl Metalmeccanici del 5 febbraio 2021, che valorizza il ruolo delle competenze e della professionalità della forza lavoro attraverso l’inquadramento professionale e il riconoscimento di un diritto soggettivo alla formazione. In generale, la digitalizzazione incide: Sulle modalità di funzionamento del mercato del lavoro in termini di disallineamento delle competenze presenti nel mercato rispetto a quelle richieste; Sulla polarizzazione tra professionalità elevate e mansioni più semplici con riduzione sostanziale delle fasce intermedie; Sul rischio di emarginazione delle fasce più deboli, che non hanno possibilità di accesso al rinnovamento delle competenze; Sulla facilitazione dell’incontro tra domanda e offerta di lavoro, tramite piattaforme online e pratiche come il social recruiting. Gli effetti della digitalizzazione vanno oltre i confini nazionali. Per questo motivo, l’Unione Europea è tornata ad utilizzare strumenti di hard law, al fine di vincolare le imprese digitali. Tra queste, Proposte della Commissione Europea di regolamento sul mercato unico dei servizi digitali, 2020. Proposte della Commissione Europea di regolamento sull’intelligenza artificiale, 2021. Direttiva sul lavoro mediante piattaforme digitali, 2021. 8 Lezione 2 - Principi costituzionali mercoledì 4 ottobre 2023 Quali sono i principi costituzionali che vengono in rilievo nel caso del rapporto di lavoro? Hanno la funzione di inviare una direttiva al legislatore ordinario su come legiferare. Se il legislatore si discosta troppo da questi principi, ci sarà la valutazione della Corte Costituzionale. Principi fondamentali Art. 1 Cost. L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione. Il contenuto che la previsione costituzionale può avere è che la parola "lavoro" va intesa non nel suo significato comune, ma come una sineddoche (parte per il tutto)→ il lavoro in quanto tale non esiste (come entità tangibile). Esiste però la persona che lavora. Il concetto di lavoro è astratto e fa riferimento alla persona che lavora. Lavoro: indica la persona che lavora→ lavoro (persona che lavora) come valore giuridico fondamentale. Persone= bene fondamentale su cui si erige il sistema giuridico. Art. 2 Cost. La Repubblica riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell'uomo, sia come singolo, sia nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità, e richiede l'adempimento dei doveri inderogabili di solidarietà politica, economica e sociale. Si parla in maniera più specifica dell'uomo, aggiungendo che i diritti fondamentali vengono attribuiti sia ai singoli individui che alle formazioni sociali in cui si svolge la personalità dell'essere umano. Questo comprende anche il mondo lavorativo. Si vede la persona non come entità isolata e nemmeno come entità che si fonde con la collettività, ma come persona con la sua individualità inserita in un contesto sociale. Riconosce: presuppone la presenza di qualcosa che già esiste, la norma vuole indicare che non è lo Stato la fonte esclusiva dei diritti dell'uomo (diritto naturale). Art. 3 Cost. Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzione di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali. 9 E` compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l'eguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l'effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all'organizzazione politica, economica e sociale del Paese. Uguaglianza formale: uguali davanti alla legge Uguaglianza sostanziale: la Repubblica deve rimuovere gli ostacoli all'uguaglianza. Torna il concetto di lavoratore, termine usato come sinonimo di cittadini, quindi sinonimo di persona umana. Perché si parla di lavoratori? Perché il problema della presenza di ostacoli può essere particolarmente avvertito da chi lavora. Il concetto di lavoro si lega strettamente con l'assetto democratico del nostro ordinamento, in considerazione della realtà concreta. Art. 4 Cost. La Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto. Ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possibilità e la propria scelta, un'attività o una funzione che concorra al progresso materiale o spirituale della società. Si afferma il diritto al lavoro in modo esplicito. È una norma di carattere programmatico, non direttamente applicabile dal giudice. È una norma che dà al legislatore una direttiva. Secondo comma: il lavoro non è solo un diritto, ma anche un dovere. Anche qui, il termine lavoro viene inteso come attività e funzione che concorra al progresso della società. Comprende occupazioni materiali, intellettuali e occupazioni in senso lato, che possono essere accomunate al lavoro perché contribuiscono a dare un apporto materiale o spirituale alla società senza essere dotati delle caratteristiche classiche del lavoro subordinato autonomo (es. volontariato). Titolo terzo: rapporti economici Art. 35 Cost. La Repubblica tutela il lavoro in tutte le sue forme ed applicazioni. Cura la formazione e l'elevazione professionale dei lavoratori. Promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro. Riconosce la libertà di emigrazione, salvo gli obblighi stabiliti dalla legge nell'interesse generale, e tutela il lavoro italiano all'estero. 10 Principio di tutela del lavoro da parte della Repubblica in tutte le sue forme e applicazioni. È una norma che si rivolge alla Repubblica, quindi agli organi legislativi. Il terzo comma prevede che la repubblica favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali: Organizzazioni Internazionali del Lavoro (OIL): riunisce molti Stati nel mondo e adotta una serie di atti normativi che possono assumere valore giuridico diverso a seconda della forma che rivestono: o Convenzioni OIL o Accordi stipulati nell'organizzazione o Raccomandazioni Alcuni atti normativi si impongono ad alcuni Stati per il semplice fatto che fanno parte dell'OIL. I principi contenuti negli atti dell'OIL possono essere presi in considerazione dalla Corte Costituzionale per valutare se una norma di legge italiana sia in linea con i principi della Costituzione. Se un atto dell'OIL è vincolante per l'Italia, questo diventa una norma la cui violazione comporta una violazione della Costituzione, che impone di rispettare quelle norme. Violazione OIL = Violazione Costituzione. L’azione delle organizzazioni internazionali Le organizzazioni internazionali rilevanti in ambito di diritto del lavoro sono: o ONU; o OIL: organizzazione internazionale (a livello mondiale) del lavoro, che si occupa di fissare regole minime per garantire i principi di libertà e attività sindacale dei lavoratori. Per esempio, è intervenuta per vietare il lavoro minorile e la schiavitù. o Consiglio d’Europa: organizzazione internazionale volta a promuovere la democrazia, i diritti umani, l’identità culturale europea e la ricerca di soluzione ai problemi sociali che potrebbero presentarsi in Europa. Queste diverse organizzazioni hanno tutte come obbiettivo primario riconoscere e garantire determinati diritti fondamentali, in ambito lavorativo: Il diritto al lavoro liberamente scelto; Il diritto alla formazione professionale; Il diritto a giuste condizioni di lavoro, sicurezza e salute nel luogo di lavoro Il diritto ad una retribuzione equa e sufficiente; Il diritto al riposo e a ferie retribuite; Il diritto di svolgere attività sindacali e di contrattazione collettiva: importantissimo perché fino all’approvazione della legge 604/1966 chi svolgeva attività di propaganda o volantinaggio sindacale poteva essere liberamente licenziato. L’attività di queste organizzazioni ha portato all’elaborazione e emanazione di provvedimenti legislativi, anche in ambito nazionale, di particolare tutela nei confronti dei lavoratori. 11 I limiti dell’OIL L’OIL può emanare Raccomandazioni, rendendo così nota la loro posizione in riferimento a un determinato tema, suggerendo linee di azione. Tuttavia, le Raccomandazioni non possono imporre alcun obbligo giuridico: lo Stato che non recepisce queste Raccomandazioni non è infatti soggetto a sanzioni di nessun tipo. Per questo motivo, l’OIL non sempre sembra riuscire agire efficacemente. Tutti gli Stati membri dell’OIL sono però vincolati a rispettare quattro principi fondamentali: 1. Libertà di associazione sindacale e riconoscimento dell’autonomia collettiva; 2. Eliminazione di qualsiasi forma di lavoro forzato; 3. Eliminazione del lavoro infantile; 4. Eliminazione di qualsiasi tipo di discriminazione in materia di accesso al lavoro. L’azione dell’Unione Europea L’Unione Europea opera in ambito del mercato del lavoro Seguendo i principi contenuti nel Trattato Istitutivo, che sono norme primarie con un’efficacia immediata e diretta rispetto ai Paesi terzi. Esse possono essere utilizzate in maniera immediata anche in via giudiziale, ma il loro limite è che si occupano in maniera molto limitata del tema del diritto del lavoro. I temi affrontati nel Trattato Istitutivo riguardano o La libera circolazione dei lavoratori; o L’istituzione e il funzionamento del Fondo Sociale Europeo, volto a finanziare la formazione dei lavoratori in Europa; o La formazione professionale dei lavoratori; o La parità retributiva, in particolare uomo-donna. Emanando Regolamenti e Decisioni, atti giuridici vincolanti che sono direttamente applicabili dagli Stati membri e dagli organi giurisdizionali di riferimento. Emanando Direttive, ossia un atto giuridico che stabilisce un obbiettivo che i paesi europei devono conseguire. Spetta, però, ai singoli paesi definire attraverso disposizioni nazionali come conseguirlo. Esse hanno assunto un ruolo fondamentale nella costruzione di un diritto del lavoro uniforme, ma la loro implementazione dipende molto dal recepimento delle stesse negli ordinamenti nazionali, che può essere più o meno vincolistico. Quindi, la Direttiva non fa altro che indicare l’obbiettivo finale da raggiungere, lasciando però largo spazio alla modalità di raggiungimento da parte dello Stato. I temi “classici” affrontati dalle Direttive riguardano o La parità uomo-donna e i divieti di discriminazione; o I contratti di lavoro flessibili o atipici; o L’informazione e la consultazione dei lavoratori; o Il distacco dei lavoratori nell’ambito di una prestazione di servizi. 12 N.B. Le leggi nazionali possono subire delle verifiche da parte della Corte Costituzionale nazionale e della Corte di Giustizia della Comunità Europea per quanto riguarda il rispetto del Trattato, delle Direttive e di tutti gli atti vincolanti emanati dall’UE. Sono invece esclusi dalla competenza europea i temi riguardanti: La retribuzione; Il diritto di associazione; Il diritto di sciopero; La libertà di serrata. L’Accordo sulla politica sociale del 1992 ha dato però la possibilità di stipulare contratti collettivi europei, riguardanti le materie escluse dalla competenza dell’Unione. Integrato, mediante il Trattato di Amsterdam del 1997, nel Trattato della Comunità Europea, si tratta di una fonte sui generis: le organizzazioni sindacali a livello europeo possono raggiungere un accordo su una specifica materia, ma il suo effetto è condizionato dal recepimento dello stesso. Art. 36 Cost. Il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un'esistenza libera e dignitosa. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non può rinunziarvi. La prestazione principale dovuta dal datore di lavoro è la retribuzione e di questo si occupa il primo comma. Afferma il principio della giusta retribuzione, quindi una retribuzione che rispetti due criteri indicati nel primo comma: Proporzionalità alla quantità e alla qualità del lavoro svolto (ore e mansioni che il lavoratore è chiamato a svolgere) Sufficienza della retribuzione a garantire al lavoratore e alla sua famiglia un'esistenza libera e dignitosa. Particolarità: la norma è stata ritenuta dagli anni '50 una delle poche direttamente applicabili. Il singolo lavoratore può invocare in giudizio direttamente questa norma. Questo è dovuto a ragioni di carattere storico: la legge in Italia non ha mai previsto un minimo salariale, quindi i giudici, chiamati a valutare l'adeguatezza della retribuzione riconosciuta al lavoratore in concreto, hanno ritenuto direttamente applicabile questa norma. Come si fa a capire qual è la retribuzione giusta da riconoscere al lavoratore? Fino all'ultima sentenza del 3/10/23, la risposta era che il giudice doveva fare riferimento ai contratti collettivi nazionali di lavoro, quindi individuare qual è il minimo salariale previsto contratto collettivo 13 nazionale (CCNL) del settore per ciascuna attività svolta dal lavoratore. Questa operazione è frutto di un'interpretazione che viene nel minimo previsto nel CCNL il parametro di riferimento. In tutte le sentenze i giudici si sono riservati un margine di discrezionalità, quindi questo giudizio non è mai stato applicato in termini rigidi e il giudice oggi applica anche altri parametri. Quindi il CCNL non è più stato considerato l'unico parametro di riferimento. Il secondo comma si occupa dell'obbligazione principale del lavoratore subordinato, ovvero lavorare. La durata massima della giornata lavorativa è stabilita dalla legge. Questa norma non è stata direttamente applicata dal legislatore, che ha deciso di fissare secondo parametri diversi la durata del lavoro (non giornata). Terzo comma: il lavoratore ha diritto a ferie annuali retribuite. Art. 37 Cost. La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavoratore. Le condizioni di lavoro devono consentire l'adempimento della sua essenziale funzione familiare e assicurare alla madre e al bambino una speciale adeguata protezione. La legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato. La Repubblica tutela il lavoro dei minori con speciali norme e garantisce ad essi, a parità di lavoro, il diritto alla parità di retribuzione. Sono state ritenute direttamente applicabili le disposizioni contenute nel comma 1 e 3. Comma 1: o Tutela condizioni di lavoro donne e parità lavorativa tra uomo e donna. Questa previsione è stata considerata direttamente applicabile al rapporto di lavoro→ è stata la parte più innovativa di questo articolo. o La seconda parte del primo comma ha ispirato la normativa sulla maternità diretta a tenere in considerazione gli aspetti più peculiari della vita familiare che incidono sulla condizione lavorativa. Ricalca una condizione più diffusa negli anni in cui è stata pubblicata la Costituzione→ esigenza che in realtà era già stata soddisfatta da regole precedenti e vedeva la donna come soggetto debole da proteggere. Comma 2: la legge stabilisce il limite minimo di età per il lavoro salariato→ per definizione non è direttamente applicabile, e si rivolge al legislatore. Comma 3: lavoro dei minori, stesse regole degli adulti. È stato ritenuto direttamente applicabile, e equipara il lavoro minorile a quello delle donne, perché nel passato si parlava di mezze forze lavoro che accomunava donne e bambini perché erano considerati entrambi soggetti deboli che dovevano essere protetti. Art. 38 Cost. 14 Ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all'educazione e all'avviamento professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti predisposti o integrati dallo Stato. L'assistenza privata è libera. Assistenza sociale: raggruppa le misure rivolte a fornire aiuto a soggetti che per particolari condizioni non possono guadagnarsi da vivere Previdenza sociale: gestione delle pensioni e il loro finanziamento, rivolto a persone che hanno lavorato e in vista di una previdenza hanno versato i contributi come previsto dalla legge e che alla fine della loro carriera lavorativa non saranno più in grado di lavorare. Si riferisce alla sicurezza sociale. Art. 39-40 Cost. Diritto sindacale: rapporti tra soggetti collettivi, le organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro. Il diritto sindacale si basa su pochi principi costituzionali, in Italia sono 2, articolo 39 e 40: Articolo 39: L'organizzazione sindacale è libera. Ai sindacati non può essere imposto altro obbligo se non la loro registrazione presso uffici locali o centrali, secondo le norme di legge. E` condizione per la registrazione che gli statuti dei sindacati sanciscano un ordinamento interno a base democratica. I sindacati registrati hanno personalità giuridica. Possono, rappresentati unitariamente in proporzione dei loro iscritti, stipulare contratti collettivi di lavoro con efficacia obbligatoria per tutti gli appartenenti alle categorie alle quali il contratto si riferisce. L'organizzazione sindacale è libera. È l'unica parte dell'articolo 39 ritenuta immediatamente applicabile. Esprime una rottura rispetto al sistema corporativo presente nel periodo fascista (i lavoratori dovevano essere iscritti a una corporazione, non potevano scegliere, quindi non era libero). Dal comma secondo al quarto sono state ritenute norme rivolte al legislatore. Il sindacato può acquisire personalità giuridica, diventare soggetto giuridico con una propria autonomia patrimoniale. Una volta registrata la personalità, il sindacato avrebbe potuto stipulare insieme a sindacati con personalità dei contratti collettivi nazionali dotati di efficacia nei confronti degli appartenenti alla categoria cui il contratto si riferisce. 15 Questa parte della norma non è mai stata attuata, nel nostro ordinamento non c'è mai stata una legge sindacale che attuasse quanto previsto dai commi 2-4 di questo principio→ i contratti collettivi, visto che non sono stati approvati secondo quanto previsto dall'articolo 39, differiscono sul piano della loro efficacia, perché i contratti collettivi di oggi in Italia sono dotati di validità solo rispetto alle parti coinvolte nel contratto, ovvero le organizzazioni sindacali dei lavoratori e i datori di lavoro. Tuttavia, questi soggetti stipulano questi contratti anche per stabilire i minimi salariali, le tabelle retributive. Questo non significa che al singolo lavoratore il CCNL non si applichi perché, se la regola generale è che nel nostro ordinamento il contratto nazionale non valga per i singoli, ma ci sono dei casi in cui la giurisprudenza e la legge stabiliscono che il contratto possa valere per tutti (ergo omnes). Articolo 40: Diritto di sciopero si esercita nell'ambito delle leggi che lo regolano. La norma riconosce il diritto di sciopero in modo poco chiaro (in epoca fascista lo sciopero era punito come reato e prima del regime fascista era considerato illecito civile). In Italia c'è una sola norma che in termini specifici regola l'esercizio del diritto di sciopero. Risale al 1990 e non riguarda la generalità dei casi di sciopero, ma solo casi specifici. Art. 41 Cost. L'iniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l'utilità sociale o in modo da recare danno alla salute, all’ambiente, alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché l'attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali e ambientali. I principi costituzionali che il datore di lavoro può incontrare sono da ricondursi all'articolo 41, che afferma che l'iniziativa economica privata è libera→ sistema di economia di mercato che presuppone che ci sia la libertà di impresa. A livello di rapporto di lavoro, questo principio ha una serie di ricadute che riguardano il ruolo che il giudice può assumere nelle controversie di lavoro: Ci sono casi in cui la legge si esprime in termini generali, e ammette un certo controllo del giudice in presenta di situazioni che coinvolgano problemi gestionali, di organizzazione aziendale. In questi casi non si può verificare che il giudice svolga un controllo di merito sulle scelte gestionali dell'imprenditore o datore di lavoro (sostituirsi all'imprenditore circa la convenienza economica e gestionale di determinate scelte), altrimenti questo non sarebbe più dotato di iniziativa economica privata libera. Art. 46 Cost. 16 Ai fini della elevazione economica e sociale del lavoro e in armonia con le esigenze della produzione, la Repubblica riconosce il diritto dei lavoratori a collaborare, nei modi e nei limiti stabiliti dalle leggi, alla gestione delle aziende. Norma programmatica non direttamente applicabile→ collaborazione dei lavoratori alla gestione dell'azienda. In Italia non è mai stata creata una norma a riguardo, perché spesso sono stati i sindacati ad opporsi perché comportava una partecipazione nelle responsabilità per i lavoratori. I sindacati italiani di solito preferiscono il conflitto al posto della partecipazione. C'erano solo forme di partecipazione attenuata, che vincolano il datore di lavoro a consultare i rappresentanti dei lavoratori in certi casi, come fallimento o trasferimenti. Qui la legge impone al datore di lavoro di informare i rappresentanti dei lavoratori e non si va oltre a informazione e consultazione, quindi è una forma di coinvolgimento dei lavoratori come sindacato, ma non una partecipazione nella gestione delle aziende. Art. 117 Cost. (09/10/2023) Regola la potestà legislativa e la ripartisce tra lo Stato e le regioni (competenze legislative) → per la regolazione del mercato del lavoro (incontro tra domanda e offerta di lavoro). Chi regola il mercato del lavoro? Problema di non facile soluzione. Questo articolo è stato completamente riscritto nel 2001 nella riforma del titolo 5° della Costituzione: o Capovolgimento della logica precedente o Prima del 2001 la competenza legislativa spettava allo Stato salvo le disposizioni delle norme precedenti o Dal 2001 il legislatore descrive tre grandi gruppi di materie Materie in cui la competenza legislativa spetta solo allo Stato (comma 2°) Materie di competenza concorrente tra Stato e Regioni: insieme di materie in cui lo Stato è competente dei principi fondamentali generali della materia e le Regioni devono più precisamente definire tramite una propria legge la regolamentazione nel dettaglio di quella materia (comma 3°). Clausola residuale (comma 4)→ tutte le materie non espressamente attribuite allo Stato o uno dei due in concorrenza, il potere è attribuito alle Regioni. Quando è entrata in vigore questa nuova ripartizione delle competenze legislative si è aperto un dibattito sul diritto del lavoro. Le materie elencate dalla norma, infatti, sono indicate in termini molto generici→ problemi di interpretazione. Dove si traccia il confine si capisce dove finisce il potere legislativo dello Stato e dove inizia quello delle Regioni. Se lo Stato dovesse ritenere che una regione ha sconfinato e legiferato su una materia non di sua competenza, si può rivolgere alla Corte Costituzionale, che dovrà decidere se quella legge riguarda una materia su cui la Regione era autorizzata a legiferare. 17 Nelle materie di competenza concorrente il problema di attribuzione del potere di legiferare è più difficile, quindi si pone anche un problema di dove finisce la regolamentazione del principio fondamentale e dove inizia la competenza della Regione. Questa nuova ripartizione delle competenze legislative come incide sul diritto del lavoro? In che ambito di competenza legislativa rientra? Problema accentuato dal fatto che in nessuno degli elenchi del comma 2 e 3 c'è una disposizione ampia che cita l'intero diritto del lavoro, ma ci sono dei termini che richiamano delle materie tipiche del diritto del lavoro: Materie di competenza concorrente→ Tutela e sicurezza del lavoro Materie di competenza dello Stato→ Lettera L: ordinamento civile e penale (potrebbe prestarsi a ricomprendere dentro di sé gran parte delle norme del diritto del lavoro) Su queste due disposizioni, è stato sollevato un dibattito→ due impostazioni: 1. Tutto il diritto del lavoro è riassorbito dalla previsione di ordinamento civile, quindi di competenza legislativa esclusiva dello Stato→ più tradizionalista perché limitava sul piano del diritto del lavoro la potestà legislativa delle Regioni 2. Riteneva che il diritto del lavoro poteva essere ricompreso interamente nella previsione di tutela e sicurezza del lavoro (comma 3)→ materia di competenza legislativa concorrente→ più spazio alle Regioni. Questo conflitto interpretativo è stato risolto grazie all'intervento della Corte Costituzionale, che ha stabilito, con le sentenze 50 e 385 del 2005, che è di competenza esclusiva dello Stato. Per rafforzare la soluzione data dalla Corte Costituzionale si è voluto sottolineare che anche un'altra materia è di competenza esclusiva dello Stato (lettera M, comma secondo): determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. Rimane il problema della tutela e della sicurezza del lavoro→ una parte della materia che ci interessa coinvolge anche la competenza concorrente, quindi anche se la competenza legislativa è solo dello stato, ci sono alcuni ambiti in cui bisogna tenere conto della competenza concorrente in questo ambito. In che ambito la Regione ha competenza concorrente? Cosa significa tutela e sicurezza del lavoro? Non significa l'intero diritto del lavoro, ma la Corte Costituzionale ha dato come significato come intesi come proiettati sul mercato del lavoro→ Tutela e sicurezza del lavoro si intende tutela del lavoro nel mercato del lavoro, quindi nell'ambito delle dinamiche di incontro tra domanda e offerta di lavoro. In quest'ottica, secondo la Corte Costituzionale, la logica sarebbe ritenere la sicurezza del lavoro come competenza legislativa dello Stato, mentre la tutela del lavoratore nel mercato, quindi sul piano della ricerca del lavoro e contro la disoccupazione, spetta alla legislazione concorrente stato-regioni. È in questo ambito che si concretizza il significato di tutela e sicurezza del lavoro. 18 Questa interpretazione ha consentito di interpretare questa disposizione di tutela e sicurezza del lavoro in continuità con un'altra previsione dell'articolo 117, che è quella che viene subito dopo, ovvero quella dell'istruzione, salva l'autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della formazione professionale. La formazione professionale spetta alle regioni, perché se questa materia non rientra in quelle concorrenti e non rientra neanche nelle materie attribuite allo stato→ la materia è riassorbita dalla clausola residuale. Questa conclusione dovrebbe essere coerente con il fatto che le Regioni hanno il compito di tutelare il lavoro nel mercato→ con interventi previsti nelle loro competenze. Da questo dibattito emerge che il diritto del lavoro è di competenza esclusiva dello Stato, ma c'è una competenza esclusiva delle regioni nel caso appena menzionato, e concorrente nell'ambito della tutela del lavoro nel mercato. 19 Lezione 3 - Come la disciplina del mercato del lavoro si è evoluto nel corso del tempo? lunedì 9 ottobre 2023 Dal punto di vista giuridico il termine mercato del lavoro è l'insieme di dinamiche che riguardano l'incontro di domanda e offerta di lavoro. Domanda di lavoro: richiesta di manodopera→ datori di lavoro. Offerta di lavoro: disponibilità di manodopera→ lavoratore. L'insieme di interventi che si muovono sul campo del mercato del lavoro vengono inseriti in due categorie: 1. Ambito delle politiche attive del lavoro: insieme di strumenti che intervengono principalmente sul piano dell'offerta di lavoro (versante lavoratori) attraverso interventi che dovrebbero avere come obiettivo comune rendere i lavoratori (o aspiranti) più facilmente occupabili→ aiutare chi cerca lavoro a trovarlo: a. Informazione: conoscenza di quali posti di lavoro sono disponibili e richiesti nel mercato b. Formazione: capacità della persona a svolgere certe professioni→ formazione professionale competenza esclusiva delle Regioni. c. Orientamento: capacità di selezionare i posti di lavoro più adeguati alle competenze professionali acquisite dell'interessato. 2. Ambito delle politiche passive del lavoro: sussidi economici che possono essere diretti o alle imprese o ai disoccupati (chi cerca lavoro). Disoccupato= chi è privo di un'occupazione e la sta cercando. Perché ne è in cerca, ha dichiarato la propria disponibilità a svolgere una certa occupazione. Gli inattivi sono quelli che non cercano lavoro. Il mercato del lavoro che regola questi strumenti ha subito nel corso degli anni un'importante evoluzione che sul piano normativo si è sviluppata in 3 versanti: Monopolio pubblico: o in materia di gestione del mercato del lavoro era competente a intervenire e a gestire le dinamiche di incontro solo il soggetto pubblico, le istituzioni, non i privati. Il lavoro non è una merce→ in passato si credeva che solo gli enti pubblici potessero regolare questo aspetto. o Qui dal monopolio pubblico si è passato a un sistema in cui l'intervento dei privati è ammesso ed è anche rilevante. La Corte di Giustizia dell'UE ha iniziato a rilevare in alcune pronunce che l'attività degli allora uffici di collocamento poteva essere considerata l'attività di un'impresa dominante con un vantaggio concorrenziale rispetto alle altre che volevano svolgere la stessa attività. La corte di giustizia ha imposto una liberalizzazione dicendo che la riserva di competenza agli enti pubblici fosse contraria al diritto europeo della concorrenza→ aperture a privati del mercato legge 469/1997, con il pacchetto TREU che identifica la legge 169/97→ somministrazione del lavoro (o lavoro interinale) che prima in Italia era vietato. Con 20 la legge Biagi si è autorizzata l'attività di apposite agenzie private che hanno come attività principale quella di favorire in modi diversi l'incontro di domanda e offerta di lavoro: Somministrazione di lavoro: dei soggetti vengono assunti dall'agenzia del lavoro e poi inviati in missione verso altre imprese utilizzatrici→ il lavoratore somministrato dopo un po' di tempo potrebbe essere assunto dall'azienda, ma non è scontato. Attività di orientamento Ricerca e selezione del personale Supporto alla ricollocazione professionale Altre attività di intermediazione del lavoro: per svolgere queste attività le agenzie devono essere iscritte presso un apposito albo previsto dal ministero del lavoro e che è composto di molte sezioni, a ognuna delle quali corrispondono diverse attività che le agenzie iscritte possono esercitare. § Requisiti economici (capitale sociale) § Requisiti organizzativi (solidità sul piano economico e organizzativo) Gestione statale accentrata: la gestione del mercato del lavoro era competenza del pubblico, ma quale organo pubblico era competente? In origine lo stato centrale. Oggi si ha un decentramento delle competenze→ riforma del titolo 5° della Costituzione. Qui viene in rilievo la materia di competenza concorrente sulla tutela e sicurezza del lavoro. La Corte costituzionale ha detto che la tutela del lavoro del mercato comprende anche la disciplina dei centri per l'impiego, organismi che hanno preso il posto dei vecchi uffici di collocamento, prima regolati solo dallo stato e ora regolati dalla legislazione concorrente Stato-Regioni. Negli ultimi anni (dal 2015) si è registrato un progressivo nuovo riaccentramento delle competenze sulla disciplina di queste dinamiche del mercato del lavoro: il decreto legislativo 150/2015, uno dei decreti legislativi di attuazione legge delega 183/2014 - Jobs Act, ha segnato un nuovo riaccentramento, che si muove sul piano degli aspetti più marginali, perché la legislazione è sempre concorrente tra Stato-Regioni. C'è stato un potenziamento del ruolo del ministero del lavoro tramite una sua agenzia, che era l'agenzia nazionale delle politiche attive del lavoro, che svolgeva un ruolo di regia dei centri di impiego. Oggi però è stata abrogata, quindi questa attività viene svolta direttamente al ministero del lavoro. Natura vincolistica dei processi destinati a favorire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro: aspetto delle procedure destinate a consentire l'incontro tra domanda e offerta di lavoro. o Alle origini del sistema repubblicano per poter essere assunti era previsto un insieme di procedure che era gestito dal sistema di collocamento. I cittadini per accedere al lavoro dovevano iscriversi alle liste di collocamento gestiti dall'ufficio di collocamento, che era deputato a consentire l'assunzione di quel lavoratore da parte di un datore di lavoro. Come? Il sistema era basato su un meccanismo di chiamata numerica→ il datore di lavoro chiedeva all'ufficio di collocamento un certo numero di lavoratori con determinate competenze (profili professionali). 21 o L'ufficio di collocamento provvedeva a soddisfare le richieste. Questo sistema ha manifestato tanti segni di inefficienza→ evoluzione: sistema che prevede la libera assunzione senza la necessità di passare dalla procedura prevista in origine. Questo passaggio ha avuto una fase intermedia, ovvero l'introduzione di una regola a metà strada tra il sistema originario e quello di oggi, ovvero quello della chiamata nominativa. La chiamata nominativa consisteva che l'impresa chiedeva all'ufficio di collocamento non più un determinato numero di lavoratori con un certo profilo professionale, ma un nulla osta ad assumere lavoratori indicati nelle liste, che però il datore di lavoro aveva già preventivamente scelto. Questo passaggio si è verificato nel 1991. Dal 2003 si è iniziato a operare con il sistema attuale dell'assunzione diretta. Sul piano procedurale oggi le regole sono ridotte al minimo→ il datore di lavoro può stipulare un contratto direttamente con il soggetto interessato. Questo non significa che il rapporto di instaurazione del rapporto di lavoro sia paragonato alla stipulazione di un qualunque altro contratto, perché ci sono regole specifiche che devono essere rispettate. Esempi: vietate discriminazioni sul posto di lavoro trattamento dei dati personali Queste regolano la libertà del lavoratore nell'assumere chi preferisce→ aspetto sul piano procedurale che impone al datore di lavoro di organizzarsi in un certo modo se vuole procedere ad assumere. Esiste un altro limite: alcune leggi prevedono delle regole specifiche che stabiliscono dei diritti di precedenza di assunzione in favore di determinati soggetti (categorie di persone)→ essere considerate prima delle altre nel caso in cui il datore di lavoro faccia una richiesta di lavoro. Esempio: Lavoratori a tempo determinato che hanno prestato la loro attività almeno per sei mesi→ il datore di lavoro deve rivolgere prima a loro la domanda di assunzione a tempo indeterminato. Oggi il datore di lavoro, una volta individuato il lavoratore da assumere, deve stipulare il contratto di lavoro e ci sono degli obblighi di registrazione e di informazione: Registrazione: indicazione del lavoratore per il contratto di lavoro con le principali caratteristiche che esso presenta nel libro unico del lavoro, che consente di avere presso ogni organizzazione produttiva un elenco dei lavoratori impiegati e del nuovo trattamento economico. Il libro unico del lavoro serve ad agevolare i controlli e a predisporre eventualmente delle sanzioni. Se ne occupa l'ispettorato del lavoro, che ha una sede centrale e anche una a livello periferico, di solito provinciale, ma non sempre. Ci sono anche delle sedi regionali e interregionali. Informazione: o Per gli enti pubblici interessati: dare comunicazione obbligatoria dell'assunzione e indicare le caratteristiche del rapporto→ consente agli enti previdenziali di aprire una posizione previdenziale per i lavoratori interessati. o Al lavoratore: decreto legislativo 104/2022 che ha attuato una direttiva europea del 2019→ ampliato obblighi informativi diretti al lavoratore nel momento dell'assunzione. Lo scopo di questi obblighi informativi è consentire al lavoratore di avere chiarezza sulle caratteristiche 22 del rapporto e delle regole che lo disciplinano→ consentire al lavoratore di sapere con chiarezza fin da subito come è regolato il suo rapporto. Nel caso delle persone con disabilità la legge 68/1999 prevede un meccanismo che fino a prima del 2015 era basato sulla regola della chiamata numerica (che oggi non esiste più), dal 2015 in poi è basata principalmente sulla regola della chiamata nominativa. È un sistema più vincolistico di quello generale→ la finalità delle regole sul collocamento mirato sono del tutto peculiari e coincidenti con l'individuare per il disabile l'occupazione più adatta alle sue capacità. I datori di lavoro con più dipendenti devono assumere un certo numero di lavoratori disabili: 7% dei lavoratori con più di 50 dipendenti. Tra 50-35 dipendenti, almeno 2 disabili. Se dipendenti tra 15-35 deve assumere almeno un disabile. Lezione 4 - Il contratto di lavoro mercoledì 11 ottobre 2023 L'articolo 1 della Costituzione menziona il termine lavoro con un significato particolare: è un'astrazione, una sineddoche. Il fatto che il concetto astratto di lavoro non abbia in concreto una realtà corrispondente se non una persona che lavora, emerge dal fatto che il termine lavoro abbia una pluralità di significati→ come si definiscono le parti di questo rapporto di lavoro? Il termine lavoro è usato per forza di cose in sensi diversi: Lavoratore (prestatore di lavoro)→ lavoro nel suo significato di attività concreta, mansioni Datore di lavoro→ come occupazione, opportunità di svolgere una determinata occupazione. In altri contesti giuridici, la simmetria di significato è rispettata (chi dà e chi prende lavoro), come in Germania. Il problema è che nel diritto del lavoro viene in rilievo un concetto di lavoro che in concretezza è inseparabile dalla persona che lo presta→ implicazione del lavoratore nella prestazione di lavoro. Come dedurre in contratto di scambio qualcosa come il lavoro (inseparabile dalla persona che lo presta)? Il contratto di lavoro ha una sua rilevanza economica (retribuzione), quindi un rilievo giuridico e patrimoniale. Nel Codice civile precedentemente in vigore (quello di oggi è del decreto regio 262/1942), ovvero quello del 1865, non conosceva il rapporto di lavoro subordinato, che si afferma nel mondo Occidentale nel periodo della rivoluzione industriale. Locatio operarum→ contratto disciplinato dal Codice rientrava nella più ampia categoria della locazione, la concessione temporanea del godimento di una cosa dal locatore al conduttore, che è 23 autorizzato a farne uso per un determinato di tempo come da contenuto→ il lavoratore (locato operarum) dà in locazione al datore di lavoro le opere (la prestazione lavorative, energie lavorative). Questo perché nel sistema del codice del 1865 i giuristi ragionavano sullo stampo dei diritti reali, che hanno come oggetto delle cose concrete, quindi erano in difficoltà di fronte al lavoro umano (con la sua implicazione umana). Si inizia a percepire una certa insoddisfazione per questa forma, quindi prende avvio il modello del diritto del lavoro. Le ragioni dell'insoddisfazione erano di ordine dogmatico: principi strettamente ancorati ai principi logici che hanno una loro incontrovertibilità→ problemi sul piano logico: È contraddittorio parlare della concessione temporanea di godimento di energie lavorative→ come si fa a dare in concessione temporanea il godimento delle energie lavorative?→ è implicito che la cosa venga restituita, ma come si restituiscono le energie lavorative? Non si può: o Qualche giurista cercò di trovare una soluzione più coerente sul piano logico, quindi si suggeriva di sostituire locazione con compravendita, che poneva problemi giuridici analoghi a quelli della locazione, riguardanti l'individuazione dell'oggetto venduto. o Rimanendo nel campo della locazione, alcuni giuristi proposero una correzione: sostituire le energie lavorative come oggetto locato, con qualcosa che può essere restituito. Si pensava fosse più coerente pensare all'oggetto di scambio non le energie lavorative ma il corpo del lavoratore (atto di disposizione del proprio corpo) Necessità di dare al rapporto di lavoro subordinato e al contratto che gli dava origine una forma giuridica diversa dagli altri contratti di scambio perché presenta rispetto a questi innegabili differenze sul piano sostanziale. Passaggio al modello del diritto del lavoro grazie all'elaborazione soprattutto del giurista Lodovico Barassi, fondatore in Italia del diritto del lavoro. Scrive nel 1901 il libro "il contratto di lavoro nel diritto positivo italiano" e si muove sul piano di interpretazione della locazione di opere e propone dei correttivi che consentono uno sviluppo successivo del diritto del lavoro. Sfida: conciliare la dimensione personale del lavoro e la logica economica dello scambio, che vuole comunque che il lavoro possa essere considerato oggetto di scambio (giuridico-patrimoniale) e vede il lavoratore come soggetto che si muove sul mercato con qualcosa di economicamente apprezzabile da scambiare. Nella seconda edizione del volume (1915) dice che in realtà nel rapporto di locazione di opere il vero termine di scambio non è il lavoro (tra lavoro e retribuzione), ma una promessa di lavoro e una promessa di retribuzione→ il termine di scambio non è direttamente il lavoro, ma la sua promessa→ sul piano dogmatico consente di superare le difficoltà che emergevano prima quando si considerava direttamente il lavoro come vero oggetto di scambio. Se si considera direttamente come oggetto di scambio, si è costretti a cercare di staccare il lavoro dalla persona affinchè questo oggetto possa essere dotato di dimensione patrimoniale e dedotto in contratto. Barassi supera questo problema→ la promessa di lavoro assolve in maniera più corretta alla stessa funzione che assolvevano precedentemente i tentativi artificiosi di staccare il lavoro dalla persona. Il lavoro entra nel 24 contratto di lavoro come oggetto di un obbligo liberamente contratto dal lavoratore tramite la promessa di lavoro, non come un bene materiale che viene scambiato. Questa costruzione ha delle implicazioni importanti: Consente di individuare la forma del rapporto di lavoro con una struttura giuridica molto diversa da quella precedente→ rapporto strutturalmente diverso. Attraverso la sua costruzione, Barassi imposta il contratto di lavoro su un piano di omogeneità formale→ le due prestazioni si pongono su certo piano di omogeneità, perché sia lavoratore che datore di lavoro si scambiano una promessa→ si sposa bene con il libero mercato. Se il rapporto di lavoro deriva da una promessa del lavoratore, significa che si radica nella volontà del lavoratore→ si parla del lavoro subordinato, di quello che per secoli nel diritto romano aveva come corrispondenza il rapporto di servitù. In questo caso, invece, si dà un fondamento volontario non solo al lavoro, ma anche alla subordinazione. La subordinazione cessa almeno sul piano teorico di essere considerata come una forma di schiavitù, ma diventa uno stato di soggezione alle altrui direttive che però è voluto dal lavoratore, che decide liberamente per scambiare ciò che ha di economicamente rilevante, di impegnarsi in un contratto di lavoro subordinato. Se la subordinazione del lavoratore viene radicata nella sua volontà, questa subordinazione non è più considerabile come un attributo del lavoratore che lo accompagna per ragioni diverse dalla sua scelta, che gli deriva per la sua appartenenza ad una classe sociale, ma è uno stato liberamente voluto da un soggetto che dovrebbe essere libero sul mercato→ questa subordinazione trova nel regolamento contrattuale la sua fonte e il suo limite. La subordinazione a partire da questa costruzione dovrà essere concepita come subordinazione "di carattere tecnico e funzionale" (Barassi), riferita alla prestazione di lavoro e alla sua attività, e non alla persona del lavoratore in tutta la sua dimensione umana. La subordinazione è un attributo dell'attività che il lavoratore si obbliga a svolgere e destinata alla realizzazione dell'obiettivo produttivo che il datore di lavoro ha→ si è voltata pagina rispetto alle costruzioni che si basavano sull'antica idea di servitù e si prende atto che la subordinazione che nasce da contratto non può superare certi limiti che risiedono nel contratto stesso. Il mezzo giuridico prescelto per dar vita al rapporto di lavoro non è neutrale, ma non può comportare una totale sottomissione del lavoratore al datore di lavoro. Quindi: o Tecnica: non si riferisce a uno stato soggettivo e sociale del lavoratore, è una caratteristica dell'attività che il lavoratore si obbliga a svolgere. o Funzionale: realizzare gli obiettivi della produzione Forma giuridica: il problema di questa costruzione è che la libertà del lavoratore che è implicita in questa costruzione, in realtà è una libertà solo formale, perché il lavoratore non è realmente libero di scegliere di accettare un determinato tipo di lavoro subordinato (indotto allo scambio per necessità concrete)→ migliore opzione e più vicina alla realtà che il diritto del lavoro abbia mai sviluppato, nonostante i suoi difetti: nella sua essenzialità, pecca di astrattezza. 25 Questa costruzione è il primo passo del diritto del lavoro, quindi ad oggi quanto detto è valido, ma deve essere corretto, aggiustato e adattato. Nel Codice civile del 1942 La disciplina codicistica attuale trova il suo principale punto di riferimento nell'articolo 2094 del Codice Civile (definizione di lavoro subordinato), che definisce il prestatore di lavoro subordinato come: "colui che si obbliga contro una retribuzione a collaborare nell'impresa prestando il proprio lavoro manuale o intellettuale alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro". "E' prestatore di lavoro subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell'impresa, prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la direzione dell'imprenditore" L'ambito del lavoro umano non contempla solo quello subordinato, ma anche quello autonomo, però ci focalizzeremo su quello subordinato: il diritto del lavoro si è sviluppato considerando il lavoro subordinato. È in relazione al rapporto subordinato che c'è la necessità di una disciplina giuridica che adegui il rapporto allo schema contrattuale di base secondo cui le due parti del rapporto dovrebbero essere uguali sul piano formale (riequilibrare il rapporto di forza tra le parti→ dimensione più coerente con la logica contrattuale da cui trae origine, ovvero soggetti che dovrebbero essere liberi). Art. 2222→ contratto d'opera (lavoro autonomo): definizione che dice che: "Quando una persona si obbliga a compiere verso un corrispettivo un'opera o un servizio, con lavoro prevalentemente proprio e senza vincolo di subordinazione nei confronti del committente, si applicano le norme di questo capo, salvo che il rapporto abbia una disciplina particolare nel libro IV". Lavoratore autonomo = prestatore d'opera. La vera differenza che distingue la disciplina subordinata da quella autonoma è il "senza vincolo di subordinazione"→ questa definizione è molto in negativo, perché dice che è lavoro autonomo ciò che non è lavoro subordinato. La chiave del problema è capire quando il lavoro si può considerare subordinato. Si torna quindi all'articolo 2094: Onerosità del lavoro (corrispettività) Carattere personale del rapporto, almeno dal punto di vista del lavoratore Dipendenze sotto la direzione dell'imprenditore. Questo rapporto fa riferimento a un'attività di lavoro che può essere intellettuale o manuale. Non è la natura del lavoro che consente di identificare il rapporto in termini di subordinazione (il tipo di lavoro: subordinato o autonomo). La teoria più diffusa concentra l'attenzione sull'ultima parte della norma, quindi ritiene che la chiave della definizione della subordinazione stia nella direzione dell'imprenditore. Indica come endiadi (due espressioni per indicare un solo concetto): le due parole dipendenze ed eterodirezione esprimono un concetto unitario che si riassume in sostanza nell'eterodirezione. Il rapporto di lavoro è subordinato quando è 26 eterodiretto, quindi il lavoratore segue le direttive del datore di lavoro, quindi qui il concetto di dipendenza tende a sparire. Si pone il problema di capire se il rapporto di lavoro è subordinato o autonomo quando ci sono controversie tra il lavoratore e l'altra parte, quindi il committente sostiene che il rapporto di cui è parte non è autonomo. Il giudice deve decidere se il rapporto di lavoro è autonomo o è subordinato. Non ci sarà mai un caso contrario, perché i benefici derivano dall'essere considerati subordinati, non autonomi. Questo avviene con gli strumenti del processo (es. testimoni). Al di fuori c'è il lavoro autonomo, che ha una disciplina molto scarna che lascia più spazio alla contrattazione individuale tra le parti. Quando si parla di lavoro subordinato ci si riferisce ad un ambito che è molto vasto, e questo ha implicazioni sul modo in cui viene esercitata la direzione. Se prendiamo l'articolo 2095, questa norma dà una conferma ulteriore della vastità del lavoro subordinato: quando elenca le categorie dei lavoratori subordinati indica: Operai Impiegati Quadri Dirigenti La differenza tra i compiti che vengono affidati a questi lavoratori è che in alcuni casi saranno più specifici, in altri casi saranno direttive più generali che lasciano maggior margine di autonomia, ma in entrambi i casi sono direttive. L'elemento dell'eterodirezione in alcuni casi, a causa della natura dell'attività svolta, diviene più o meno attenuato. Si parla di eterodirezione o subordinazione attenuata per identificare i rapporti in cui la dipendenza al datore di lavoro è presente ma è attenuata, quindi lascia un rilevante margine di scelta e autonomia in capo al lavoratore (es. il dirigente che riceve le sue direttive dal CdA). Questo problema della subordinazione attenuata si pone non solo nei casi dei ruoli apicali, ma anche a casi concreti agli antipodi di quelli appena visti: es. operaio nella catena di montaggio che ha compiti basilari, anche qui la subordinazione è attenuata se intesa nei termini di eterodirezione, quindi di direttive e sottoposizione alle direttive. Quindi, quando si deve in concreto qualificare il rapporto e ricondurre il rapporto concreto alla fattispecie astratta dell'articolo 2094 si fa sempre un'opera di approssimazione→ sussunzione. Metodo tipologico: Ci sono dovuti essere una serie di correttivi in questa disciplina, perché si deve tenere conto anche di altri elementi. Il problema si è posto soprattutto quando con l'emergere dei nuovi settori dell'economia (es. settore terziario) sono emerse nuove figure professionali che in genere sono consapevoli già dall'inizio circa quali attività devono svolgere (eterodirezione limitata). Alcuni studiosi hanno detto che "si verificano casi paradossali in cui la protezione del diritto del lavoro viene estesa solo ai nuovi lavoratori e a 27 quelli apicali e non agli operai". Quindi si ha uno sfasamento del diritto rispetto alle esigenze che vorrebbe soddisfare. Si guarda quindi anche ad altri elementi diversi rispetto all'eterodirezione: questo dibattito ha raggiunto il suo apice quando una dottrina si è scagliata con decisione contro l'impostazione tradizionale e contro il suo metodo classico, quindi della sussunzione. Questa altra parte della dottrina proposto di utilizzare non il metodo classico, ma di fare un ragionamento più complesso: idea che per identificare il tipo di lavoro subordinato si dovesse fare un confronto non tra la norma dell'articolo 2094 e il rapporto concreto che ogni volta viene in gioco, ma tra il rapporto concreto e il tipo normativo che il legislatore aveva in mente quando ha scritto l'articolo 2094: quest'idea di lavoratore che il legislatore aveva in mente secondo questa tesi era l'operaio della grande impresa tradizionale. La risposta è che il rapporto concreto è subordinato se presenta tutti o la maggior parte degli elementi che caratterizzano il lavoro operaio nell'impresa: Fatto che il lavoratore ogni giorno si reca nell'impresa a un determinato orario (orario di lavoro preciso) Per svolgere la sua prestazione ha bisogno di un'organizzazione predisposta da altri (strumenti non suoi) Viene pagato periodicamente a cadenza fissa, e non a lavoro compiuto Questa retribuzione non è influenzata dal rischio dell'andamento degli affari dell'impresa del datore di lavoro (il lavoratore non si assume il rischio dell'impresa). 28 Lezione 5 - Lavoro autonomo e subordinato lunedì 16 ottobre 2023 Quella tipologica è una visione di stampo sociologico, che però presenta alcuni limiti: 1. Logico/dogmatico: anche in questo caso si deve fare una sussunzione (operazione interpretativa): bisogna cercare di ricondurre il caso concreto a uno astratto. La fattispecie astratta in questo caso è quella ipotizzata dagli interpreti e non è scritta dal legislatore (si basa su un'idea di quello che intendeva il legislatore quando ha scritto la legge). Si inserisce un margine di arbitrio dell'interprete che rende più difficile il problema 2. Quest'idea di lavoro inteso in senso di lavoro operaio nel Codice civile non trova una vera e propria corrispondenza. È un'idea che viene smentita dal codice: a. Art. 2094: non si parla di lavoro operaio b. Art. 2095: il codice quando elenca le categorie di lavoratori subordinati include anche i dirigenti→ il legislatore non poteva avere in mente il lavoro operaio, visto che ha incluso i dirigenti. Oggi questo metodo non ha più seguito, ma ha lasciato qualche traccia: oggi la giurisprudenza che segue l'impostazione dominante dipendenze=eterodirezione, nel caso dell'eterodirezione attenuata utilizza come ausilio interpretativo per qualificare il rapporto gli indici di subordinazione, valorizzati dal metodo tipologico: 3. Fatto che il lavoratore ogni giorno si reca nell'impresa a un determinato orario (orario di lavoro preciso) 4. Per svolgere la sua prestazione ha bisogno di un'organizzazione predisposta da altri (strumenti non suoi) 5. Viene pagato periodicamente a cadenza fissa, e non a lavoro compiuto 6. Questa retribuzione non è influenzata dal rischio dell'andamento degli affari dell'impresa del datore di lavoro (il lavoratore non si assume il rischio dell'impresa). Se questi elementi sussistono per la maggior parte, la giurisprudenza ritiene sussistente la subordinazione. La giurisprudenza in primo luogo guarda sempre il criterio della subordinazione, quindi segue sempre il criterio e l'orientamento più tradizionali. Precisazione: spesso queste controversie si sviluppano sulla base di situazioni in cui il lavoratore pretende che gli venga applicata la disciplina del lavoro subordinato (più protettiva). A volte l'impresa può evitare che in fase di instaurazione del rapporto di lavoro venga considerato come autonomo e non subordinato→ può accadere che l'impresa qualifichi il rapporto (scriva nel contratto di lavoro) come autonomo. Il fatto che il rapporto sia segnalato come autonomo, non significa che in seguito non possa porsi il problema in seguito, quindi questa indicazione non risolve il problema→ rispetto alla volontà cartolare (manifestata sulla carta) prevale sempre ciò che risulta in concreto→ il lavoratore può fare ricorso al giudice e chiedere che il contratto sia considerato come subordinato. La volontà delle parti come espressa nel contratto ha un valore 29 relativo→ secondo la disciplina generale dei contratti la volontà delle parti si deve ricostruire secondo quanto convenuto all'inizio del rapporto ma sulla base della concreta esecuzione del rapporto. Questo principio si chiama principio della indisponibilità del tipo→ le parti non possono disporre del tipo "lavoro subordinato", non possono decidere quando e come si applica il tipo di lavoro subordinato e la sua disciplina. Se il lavoro si manifesta come subordinato perché ha tutti i criteri, le parti non possono opporsi all'applicazione della disciplina del lavoro subordinato. Questo principio è importante perché secondo la Corte Costituzionale vincola anche il legislatore e non solo le parti contraenti: il legislatore non può scrivere leggi in cui prevede che, se un rapporto di lavoro presenta le caratteristiche della subordinazione può essere considerato autonomo→ se lo fa viola il principio di indisponibilità del tipo, ricavato dai principi di tutela del lavoro (art. 35 Costituzione). Il lavoro umano si distingue in due grandi aree: subordinato e autonomo→ Può accadere che per definizione ci siano alcuni rapporti che rimangono nell'area del lavoro autonomo (meno tutele), ma che si pongono al confine con il lavoro subordinato, vicine al confine. Significa che questi rapporti pur essendo autonomi iniziano a presentare alcune caratteristiche simili a quelle proprie del lavoro subordinato (es. indici della subordinazione). Problemi: Se un rapporto pur essendo autonomo presenta caratteristiche del subordinato, probabilmente quel rapporto presenta una certa debolezza dal lato del lavoratore che è simile a quella che si ravvisa nell'ipotesi del lavoro subordinato (quindi il lavoro ha le stesse debolezze contrattuali ed economiche del lavoro subordinato)→ ma il lavoro autonomo non ha le stesse forme di tutela del subordinato→ il problema di qualificazione del rapporto si rende più importante. Ed è in questi casi che si verifica il contenzioso in cui il lavoratore pretende si essere considerato come subordinato quando sulla carta è autonomo. Gli studiosi parlano di una zona grigia tra autonomo e subordinato. In realtà è un concetto che deve essere preso con attenzione: è vero che, se si ha in mente la realtà concreta, il passaggio da lavoro autonomo a subordinato non è netto (ci sono sfumature), ma questo non significa che non sia possibile tracciare un confine: o la zona grigia viene studiata principalmente dai sociologi o il giurista pur consapevole della zona grigia deve fare una scelta per capire se quel rapporto che si colloca nella zona grigia deve andare da una parte o dall'altra. Non c'è una terza possibilità tra lavoro autonomo e subordinato Questi rapporti che si collocano nella zona grigia sono sempre nell'area del lavoro autonomo Per descrivere questa zona grigia, la dottrina nei decenni scorsi ha iniziato a parlare del lavoro para- subordinato, il rapporto è autonomo, ma si presenta vicino al subordinato: ne ha alcune caratteristiche simili. Il lavoro para-subordinato è subordinato o autonomo? È Autonomo, altrimenti non si porrebbe il problema di protezione. Non si può dire che non è né l'uno né l'altro perché, come detto prima, non esiste una terza alternativa. 30 La dottrina ha trovato nella legge scritta una qualche corrispondenza: il legislatore ha iniziato ad adottare alcune norme in cui sembra affacciarsi questo concetto di para-subordinato. La prima norma che incominciato a presentare questo concetto è la norma di Codice di procedura civile, che prevede le regole che disciplinano i procedimenti giudiziari davanti al giudice. Nel '73 il legislatore ha introdotto un insieme di norme nel Codice di procedura civile al fine di disciplinare il processo di lavoro, volto a disciplinare le controversie tra le parti (lavoratore e datore). Art. 409 Codice di procedura civile: Si osservano le disposizioni del presente capo nelle controversie relative a: 1. rapporti di lavoro subordinato privato, anche se non inerenti all'esercizio di una impresa; 2. rapporti di mezzadria, di colonia parziaria, di compartecipazione agraria, di affitto a coltivatore diretto, nonché rapporti derivanti da altri contratti agrari, salva la competenza delle sezioni specializzate agrarie; 3. rapporti di agenzia, di rappresentanza commerciale ed altri rapporti di collaborazione che si concretino in una prestazione di opera continuativa e coordinata, prevalentemente personale, anche se non a carattere subordinato. La collaborazione si intende coordinata quando, nel rispetto delle modalità di coordinamento stabilite di comune accordo dalle parti, il collaboratore organizza autonomamente l'attività lavorativa; 4. rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici che svolgono esclusivamente o prevalentemente attività economica; 5. rapporti di lavoro dei dipendenti di enti pubblici ed altri rapporti di lavoro pubblico, sempreché non siano devoluti dalla legge ad altro giudice. Riconoscimento legislativo di questa fattispecie di lavoro subordinato. Si descrivono fattispecie di rapporto che sono descritte come: Rapporti di collaborazione: presente anche nel lavoro subordinato La prestazione d'opera è continuativa, come nel lavoro subordinato Coordinato, come nel lavoro subordinato, al punto da diventare eterodiretto. Prevalentemente personale (il lavoratore subordinato presta il proprio lavoro) Ma non è del tutto uguale al lavoro subordinato: la norma dice anche se non a carattere subordinato, per questo qui la dottrina ha letto il riconoscimento del lavoro para-subordinato. Nel momento in cui è emerso nella legge scritta, è stato identificato anche con il nome collaborazioni continuative e coordinate. Questo nel linguaggio giornalistico ha assunto la forma di una sigla: cococo (Collaborazioni continuative coordinate). Queste esigenze che emergono in queste aree non sono state ignorate: la prima protezione si è realizzata nel 2003 con il decreto legislativo 276, la legge Biagi. Prevede per il lavoro para-subordinato la logica di imporgli una condizione: i rapporti devono svolgersi secondo un determinato progetto: le parti devono per forza di 31 legge basare il rapporto su un progetto stabilito, scritto dal committente (impresa) e questo progetto dovrà essere eseguito dal lavoratore. Nel progetto deve essere scritto cosa dovrà realizzare il lavoratore, l'obiettivo da perseguire e raggiungere. La legge dice che tutti i rapporti cococo devono avere questo progetto. Se in questi casi le parti non definiscono il progetto, il rapporto si considera subordinato→ La presenza stessa di un progetto, infatti, inibisce l'eterodirezione. La presenza originaria del progetto definiva già l'area del debito del lavoratore e questo avrebbe dovuto inibire l'esercizio del potere direttivo dell'impresa→ garanzia del carattere autonomo del rapporto. Nella prassi questa idea ha avuto scarso successo: la disciplina del lavoro a progetto (art. 61 e seguenti dello stesso decreto) si è rivelata non idonea a realizzare gli obiettivi a cui il legislatore aveva pensato. La prassi ha finito per eludere questa normativa, svuotandone il significato. Il legislatore dal 2003 ad oggi ha cercato di correggere questo sistema dettando requisiti di validità del progetto più stringenti. Deve essere: 1. Specifico, non con descrizioni generiche 2. Non deve descrivere l'oggetto sociale dell'impresa committente (es. vendita al dettaglio) L'apice dell'irrigidimento si è avuto con la legge 92/2012 (Legge Fornero). Anche dopo queste modifiche i risultati pratici non sono stati soddisfacenti. La legge Fornero rende più severa la disciplina dei lavori a progetto. Viene eliminata dal decreto del 2015. 2015: il legislatore abroga completamente la disciplina del lavoro a progetto, chiamati anche collaborazioni coordinate a progetto (non più di cococo, ma cocopro). Oggi la disciplina degli articoli 61 e seguenti non esiste più. Nuova disciplina per il lavoro a progetto che oggi è applicabile a questi rapporti (art. 2 decreto 81/2015). Questa norma, seppur recente, è già stata modificata. Infatti questo testo è in vigore dal 28 febbraio 2023. Il legislatore ha voluto idealmente ritagliare una parte di questa zona grigia e cercare di introdurre qualche distinzione: ha voluto distinguere le collaborazioni che si presentano più vicine alla subordinazione. I rapporti più vicini al lavoro subordinato dovevano essere tutelati di più applicando a quei rapporti, indipendentemente dal fatto che siano autonomi o subordinati, la disciplina del rapporto subordinato. Quest'operazione è nell'art. 2 al primo comma: l'idea è ritagliare queste collaborazioni coordinate che sono più vicine al lavoratore subordinato perché non sono solo coordinate, ma organizzate dal committente. Quest'idea dell'organizzazione è ritenuta più incisiva rispetto al semplice coordinamento, quindi è come se ci fosse prima il coordinamento, più vicino all'autonomia, poi l'etero organizzazione o poi l'eterodirezione, che rientra nel lavoro subordinato. L'articolo 2 sceglie la strada dell'abrogazione del lavoro a progetto della precedente tappa evolutiva. Qui l'elemento caratteristico dei rapporti para-subordinati è che sono organizzati dal committente anche in 32 riferimento ai tempi e ai luoghi di lavoro. Individua come elemento fondamentale di questi rapporti l'etero organizzazione. Quindi: 3. Coordinazione 4. Etero-organizzazione: si pone sempre nell'ambito del lavoro para subordinato ma deve rappresentare una forma di intervento del committente nel rapporto più intensa rispetto a quella che si trova nei normali rapporti di lavoro 5. Eterodirezione: riguarda il lavoro subordinato vero e proprio, non quello autonomo o para-subordinato. 33 Lezione 6 - Articoli e forma del contratto mercoledì 18 ottobre 2023 Art. 2: Collaborazioni organizzate dal committente 1. A far data dal 1° gennaio 2016, si applica la disciplina del rapporto di lavoro subordinato anche ai rapporti di collaborazione che si concretano in prestazioni di lavoro esclusivamente personali, continuative e le cui modalita' di esecuzione sono organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e al luogo di lavoro. 2. La disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione con riferimento: a) alle collaborazioni per le quali gli accordi collettivi nazionali stipulati da associazioni sindacali comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale prevedono discipline specifiche riguardanti il trattamento economico e normativo, in ragione delle particolari esigenze produttive ed organizzative del relativo settore; b) alle collaborazioni prestate nell'esercizio di professioni intellettuali per le quali e' necessaria l'iscrizione in appositi albi professionali; c) alle attivita' prestate nell'esercizio della loro funzione dai componenti degli organi di amministrazione e controllo delle societa' e dai partecipanti a collegi e commissioni; d) alle collaborazioni rese a fini istituzionali in favore delle associazioni e societa' sportive dilettantistiche affiliate alle federazioni sportive nazionali, alle discipline sportive associate e agli enti di promozione sportiva riconosciuti dal C.O.N.I., come individuati e disciplinati dall'articolo 90 della legge 27 dicembre 2002, n. 289. 3. Le parti possono richiedere alle commissioni di cui all'articolo 76 del decreto legislativo 10 settembre 2003, n. 276, la certificazione dell'assenza dei requisiti di cui al comma 1. Il lavoratore puo' farsi assistere da un rappresentante dell'associazione sindacale cui aderisce o conferisce mandato o da un avvocato o da un consulente del lavoro. 4. Fino al completo riordino della disciplina dell'utilizzo dei contratti di lavoro flessibile da parte delle pubbliche amministrazioni, la disposizione di cui al comma 1 non trova applicazione nei confronti delle medesime. Dal 1° gennaio 2017 e' comunque fatto divieto alle pubbliche amministrazioni di stipulare i contratti di collaborazione di cui al comma 1. Il problema di questa norma è: o Quando si cerca di distinguere tra questi gradi di intervento del committente nella prestazione del lavoratore si rischiano di individuare concetti che in astratto sono ben definiti ma in concreto tendono a confondersi. o La norma dice che sono le modalità di esecuzione della prestazione del lavoratore che devono essere organizzate dal committente anche con riferimento ai tempi e luoghi di lavoro. 34 o Se si vuole ipotizzare un intervento organizzativo del committente riferito alle modalità di esecuzione della prestazione, si rischia di definire un concetto che si avvicina a quello dell'eterodirezione, tipica del lavoro subordinato (datore che guida passo passo il lavoratore nell'esecuzione della sua prestazione). o Il problema aumenta se si considera che il legislatore dice che il committente organizzava l'attività del lavoratore anche in riferimento a tempi e luoghi di lavoro. o Se il committente già organizza tempo e luogo di lavoro e altre caratteristiche della prestazione, il rischio è che non si distingua affatto dall'eterodirezione. Anche l'eterodirezione è ritenuta compatibile in presenza di direttive attenuate. Il caso dei rider Si rischia che questa disposizione (comma) possa apparire come inutile o apparente. Sulle collaborazioni etero- organizzate si sviluppa da subito un certo contenzioso: rientrare o meno in questa categoria comporta l'applicazione della disciplina del lavoro subordinato. Parte di questo contenzioso ha attirato l'attenzione mediatica perché riguarda rapporti di lavoro dei rider (ciclo fattorini). Problema: o In buona parte dei casi questi rapporti di lavoro nel contratto che li origina vengono qualificati come rapporti di collaborazione coordinata e collaborativa→ Hanno caratteristiche che li pongono al confine tra lavoro autonomo e subordinato: es. bicicletta a volte fornita dal committente, a volte è un mezzo proprio. o Le indicazioni della piattaforma venivano trasmette tramite sistemi digitali con apposite applicazioni, quindi le direttive del datore di lavoro passavano da un dispositivo spesso neanche gestito dal committente→ algoritmo. § Ma l'algoritmo è una forma nuova di dettare direttive § Ma questa organizzazione tramite sistema degli algoritmi è indipendente dall'intervento della piattaforma e non può essere paragonata alla classica imposizione di direttive. o Un datore di lavoro è dotato del potere disciplinare, ovvero sanzionare i dipendenti che non rispettano le sue indicazioni. In questo caso non c'è nella sua formulazione tradizionale (quindi una piattaforma può dire di non imporre sanzioni), ma chi deve sostenere il lavoratore può aggiungere che l'algoritmo in maniera automatica potrebbe rilevare il ritardo e tenerne conto in momenti successivi ai fini dell'individuazione del soggetto fattorino che deve fare la consegna→ ritardo considerato come un sistema di classificazione che porta il fattorino in ritardo a essere spostato in fondo alla classifica, quindi riceverà meno richieste perché a lui verranno preferiti altri. o Intervento del cliente: i consumatori possono esprimere un giudizio sul servizio che può configurare o no una forma di intervento sanzionatorio di cui la piattaforma si avvale? 35 La Corte di cassazione si è pronunciata in materia con una sentenza del 2021, con cui dà una prima indicazione interpretativa sulla norma intervenendo all'esito di un processo che si era articolato su tre gradi di giudizio sulla piattaforma Foodora. Primo grado, Torino: I lavoratori avevano invocato che per come era organizzato il loro rapporto Foodora avrebbe dovuto applicare la disciplina del lavoro subordinato e pagare una somma importante a titolo di differenze retributive oltre ad altre forme di compensazione legate al lavoro subordinato In tutti i gradi di giudizio ci sono state impostazioni diversificate a livello interpretativo che hanno accolto tesi diverse che si erano già manifestati nella dottrina: il tribunale di Torino dà ragione a Foodora rigettando le domande dei lavoratori sostenendo che il loro rapporto era da considerarsi autonomo, quindi di rapporto di collaborazione continuativa classico: questi rider erano liberi di accettare oppure no la chiamata → elemento che secondo il tribunale doveva far protendere per l'autonomia di quel rapporto. Il tribunale di Torino si pronuncia sull'interpretazione dell'art. 2 comma 1, accogliendo l'interpretazione secondo cui questa norma sarebbe apparente (inutile), perché non ha alcun effetto perché non aggiunge nulla a quello che diceva l'ordinamento già prima del 2015. I lavoratori hanno impugnato la sentenza alla Corte D'appello, che ha riformato la decisione del tribunale→ ha sostenuto che avessero ragione i lavoratori: necessario applicare la disciplina del lavoro subordinato facendo applicazione all'art.2 comma 1, interpretato in modo diverso dal tribunale→ norma in grado di estendere la disciplina del lavoro subordinato anche a rapporto che sono autonomi ma si pongono per decisione del legislatore nell'ambito della disciplina del lavoro subordinato→ accoglie l'interpretazione che dovrebbe essere la più aderente all'intenzione del legislatore→ ritagliare un sottoinsieme nel lavoro autonomo (Cocopro) a cui si applica la disciplina del lavoro subordinato, nonostante questo insieme rimanga nel lavoro autonomo. La piattaforma ha fatto ricorso in Cassazione, che con la sentenza del 2001 rigetta il ricorso di Foodora. La Cassazione cambia interpretazione della norma rispetto a quella data dalla corte d'appello: ripercorre il dibattito interpretativo intorno a questa disposizione e fa emergere le tesi proposte su questa norma→ accoglie un'impostazione rimediale: questa norma dovrebbe essere valutata principalmente sotto il suo profilo funzionale, degli obiettivi ed effetti che essa intende raggiungere e non sul piano della descrizione della fattispecie. Con l'art.2 comma 1 il legislatore non ha voluto individuare rapporti che terzo ingenus (terza ipotesi tra subordinato e autonomo). Ciò che importa alla norma ?

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