Summary

This manual is part of a series of legal studies, and it is designed as an updated and complete textbook on labor law. This manual provides a detailed analysis of the historical evolution and sources of labor law. It includes chapters on subordinate employment, contracts (collective and individual), and the employment relationship. Chapters are also dedicated to special employment relationships, decentralised production, and the public administration.

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11 Il presente manuale fa parte della Collana di Studi Giuridici, nella Sezione di Manualistica, pubbli- cata da Edicusano s.r.l. e si propone quale strumento di studio aggiornato e completo, di taglio pratico, teso a fornire un supporto indispensabile per gli studenti, per i professionisti di setto...

11 Il presente manuale fa parte della Collana di Studi Giuridici, nella Sezione di Manualistica, pubbli- cata da Edicusano s.r.l. e si propone quale strumento di studio aggiornato e completo, di taglio pratico, teso a fornire un supporto indispensabile per gli studenti, per i professionisti di settore e Manuale di Diritto del Lavoro per coloro che intendono affrontare prove di concorso. Il manuale si compone di venti capitoli. Dopo una generale analisi dell’evoluzione storica e delle fonti del diritto del lavoro, la trattazione si concentra sul lavoro subordinato, del quale vengono presi in considerazione gli aspetti del contratto (tanto collettivo, quanto individuale) e del rapporto (con particolare attenzione alle problematiche della retribuzione, dell’organizzazione della prestazione lavorativa e della sicurez- za sul luogo di lavoro). Appositi Capitoli vengono dedicati ai rapporti di lavoro cd. “speciali”, al decentramento produtti- vo e alla somministrazione, nonché al rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica Ammini- strazione. Ancora, vengono analizzati gli aspetti relativi alla cessazione del rapporto di lavoro, agli ammor- tizzatori sociali ed alle assunzioni obbligatorie, all’organizzazione dell’attività sindacale e al diritto di sciopero. Non manca infine un accenno all’aspetto processuale, con un Capitolo appositamente dedicato del rito del lavoro. Per come concepito, questo volume costituisce uno strumento indispensabile, che consente all’utilizzatore una preparazione ampia ed esaustiva della materia e l’apprendimento di un metodo di studio che garantisca capacità critica ed analitica; la capacità di comprendere e di utilizzare consapevolmente il linguaggio giuridico; la capacità di impiegare gli strumenti giuridici per un sicuro dominio delle competenze richieste nelle tradizionali professioni giuridiche: notariato, magistratura e avvocatura. Manuale di Diritto del Lavoro €27,00 Studi Giuridici manuali Scuola Specialistica degli Studi Giuridici, Economici e Sociali Manuale di Diritto del Lavoro Collana Studi Giuridici - Manuali Il presente volume fa parte della Collana di Studi Giuridici, nella Sezione di Manualistica, pubblicata da Edicusano s.r.l. e costitui- sce un'opera di taglio pratico tesa a fornire un supporto indispensabile per gli studenti, per i professionisti di settore e per coloro che intendono affrontare prove di concorso. Alla prospettiva scientifica di stampo universitario si unisce pertanto una prospettiva di carattere operativo che, da una parte, mette in evidenza i tratti salienti dell'argomento così come sono stati elaborati nel nostro ordinamento, e dell'altra si proietta verso i vari sviluppi interpretativi offerti dagli studiosi della materia trattata. Tutti i volumi della Collana mantengono oltremodo una freschezza ed una attualità indiscutibile proprio per l'impostazione che si è voluta dare al lavoro, che parte sempre dai fondamenti della disciplina e dell'istituto e si sofferma sulle problematiche essenziali sottese ai diversi argomenti. Coordinatore Scientifico della Sezione dei Manuali di Scienze Giuridiche: prof. Bruno Cucchi Coordinatore Didattico della Sezione dei Manuali di Scienze Giuridiche: prof. Federica Simonelli © 2018 Edizioni Edicusano Edicusano s.r.l., via Don Carlo Gnocchi 3, 00166 Roma È vietata la riproduzione, anche parziale, non autorizzata in forma scritta dall’editore, realizzata con qualsiasi mezzo, compresa fotocopia, anche ad uso interno o didattico. ISBN: 978-88-98948-37-6 Progetto grafico e di impaginazione Pioda Imaging s.r.l. Stampa e allestimento: Febbraio 2019 Pioda Imaging s.r.l. Viale Ippocrate 154 00161 Roma Immagine di copertina "La Giustizia" - Paolo veronese - 1551- affresco del Duomo di Castelfranco Veneto Indice Capitolo 1 Il diritto del lavoro................................................................................ 11 1.1 Nozione......................................................................................... 11 1.2 Il diritto del lavoro in generale ed il suo sviluppo storico................ 14 1.3 L’evoluzione dall’entrata in vigore della Costituzione agli anni Novanta........................................................................................17 1.4 Le riforme degli anni 2000............................................................. 21 Capitolo 2 Le fonti del diritto del lavoro................................................................ 25 2.1 La Costituzione.............................................................................. 25 2.2 Le fonti sovranazionali. Il diritto dell’Unione europea................... 27 2.3 Il diritto internazionale. In particolare: a) la CEDU; b) le Conven- zioni dell’OIL.................................................................................. 35 2.4 La legislazione ordinaria: ripartizione della potestà legislativa tra Stato e Regioni................................................................................. 38 2.5 Le fonti contrattuali........................................................................ 40 2.6 Gli usi............................................................................................. 40 2.7 Le fondamentali regole interpretative.............................................. 41 2.8 La fonte di regolazione del rapporto di lavoro in base al criterio della territorialità...................................................................................... 42 Capitolo 3 Il lavoratore subordinato....................................................................... 45 3.1. La subordinazione......................................................................... 45 3.2 Il lavoro parasubordinato................................................................ 50 3.3 Lavoro familiare, gratuito e volontariato......................................... 52 3.4 Il lavoro nell’impresa sociale e il lavoro accessorio........................... 54 Capitolo 4 Il contratto collettivo............................................................................ 57 4.1. Definizione.................................................................................... 57 4.2 Il Contratto collettivo di diritto comune........................................ 59 4.3 L’efficacia oggettiva e soggettiva del contratto collettivo di diritto comune............................................................................................ 60 4.4. L’efficacia spaziale e temporale del contratto collettivo di diritto comu- ne e la sua interpretazione................................................................ 62 Capitolo 5 Il contratto individuale di lavoro........................................................... 63 5.1 Nozione.......................................................................................... 63 5.2 I presupposti soggettivi del contratto di lavoro............................... 66 5.3 I requisiti del contratto................................................................... 70 VI MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO 5.4 Gli elementi accidentali del contratto............................................. 72 5.5 L’invalidità del contratto di lavoro.................................................. 74 5.6 La certificazione del contratto di lavoro.......................................... 75 Capitolo 6 Il rapporto di lavoro.............................................................................. 81 6.1 Premessa......................................................................................... 81 6.2 La posizione del lavoratore.............................................................. 81 6.3 L’informativa al lavoratore sulle condizioni del rapporto di lavoro..... 86 6.4 Il mutamento delle mansioni del lavoratore................................... 86 6.5 La sospensione e la modificazione del rapporto di lavoro................ 89 6.6 La prestazione del lavoratore........................................................... 90 6.7 I diritti del lavoratore...................................................................... 93 6.8 Gli obblighi e i poteri del datore di lavoro...................................... 97 Capitolo 7 La retribuzione.................................................................................... 105 7.1 Principi......................................................................................... 105 7.2. La struttura e i sistemi della retribuzione..................................... 107 7.3 Gli elementi della retribuzione..................................................... 109 7.4 L’adempimento dell’obbligazione retributiva................................ 113 7.5 La tutela della retribuzione.......................................................... 114 7.6 Il Trattamento di fine rapporto..................................................... 115 7.7 La devoluzione del TFR alla previdenza complementare.............. 118 Capitolo 8 L’organizzazione della prestazione lavorativa....................................... 121 8.1 Il luogo della prestazione lavorativa.............................................. 121 8.2 L’orario di lavoro........................................................................... 122 8.3 Orario Flessibile............................................................................ 123 8.4 Orario Elastico.............................................................................. 123 8.5 Lavoro straordinario..................................................................... 124 8.6 Lavoro notturno........................................................................... 125 8.7 Riposi........................................................................................... 127 8.8 Ferie e festività.............................................................................. 129 8.9 Permessi e congedi........................................................................ 131 8.10 Congedo ai genitori lavoratori.................................................... 137 Capitolo 9 La sicurezza sul luogo di lavoro........................................................... 141 9.1. L’obbligo di sicurezza................................................................... 141 9.2 Le fonti della sicurezza sul lavoro.................................................. 142 9.3 La prevenzione.............................................................................. 144 9.4 I soggetti responsabili ed i soggetti tutelati.................................... 146 9.5 La sorveglianza sanitaria................................................................ 150 9.6 L’esonero della responsabilità civile del datore di lavoro per infortu- INDICE VII nio e malattia professionale............................................................ 152 9.7 Le sanzioni.................................................................................... 152 Capitolo 10 I rapporti di lavoro speciali................................................................. 155 10.1 Premessa..................................................................................... 155 10.2 Il contratto di lavoro a tempo determinato................................. 155 10.3 Il lavoro a tempo parziale (part-time).......................................... 160 10.4 Il lavoro intermittente................................................................ 163 10.5 L’apprendistato........................................................................... 165 10.6 Il lavoro sportivo......................................................................... 169 10.7 Il lavoro giornalistico................................................................. 173 10.8 I lavoratori dello spettacolo........................................................ 174 10.9 Il lavoro dirigenziale.................................................................... 174 10.10 Il lavoro a domicilio.................................................................. 175 10.11 Il telelavoro.............................................................................. 176 10.12 Il lavoro agile (Smart Working).................................................. 177 10.13 Il lavoro domestico................................................................... 181 10.14 Il lavoro dei portieri.................................................................. 183 10.15 Il lavoro familiare e l’impresa familiare..................................... 184 10.16 La tutela del lavoro autonomo di cui alla Legge 81/2017......... 185 Capitolo 11 Il decentramento produttivo, la somministrazione di lavoro e l’ap- palto.............................................................................................. 191 11.1 L’abrogazione del divieto di interposizione ed appalto nelle presta- zioni di lavoro............................................................................... 191 11.2 La somministrazione di lavoro e la sua disciplina....................... 193 11.3 La disciplina del rapporto di lavoro derivante dalla somministra- zione............................................................................................. 196 11.4 L’appalto e la tutela dei lavoratori.............................................. 199 11.5 Il distacco e la tutela dei lavoratori............................................. 202 11.6 Il distacco transnazionale........................................................... 203 11.7 Il trasferimento di azienda.......................................................... 205 Capitolo12 Il rapporto di lavoro alle dipendenze della Pubblica Amministrazione..... 209 12.1 Il Pubblico impiego................................................................... 209 12.2 L’accesso al pubblico impiego e le modalità di contratto appli- cabili................................................................................... 210 12.3 La tutela giurisdizionale.............................................................. 213 12.4 Le fonti del pubblico impiego e la contrattazione collettiva........ 214 12.5 Diritti e doveri del dipendente pubblico..................................... 215 12.6 La mobilità................................................................................ 220 12.7 Le vicende modificative e estintive del rapporto di impiego....... 221 VIII MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO 12.8 La dirigenza pubblica.................................................................. 222 Capitolo 13 La cessazione del rapporto di lavoro................................................... 225 13.1 Le cause...................................................................................... 225 13.2 L’atto di recesso. Tipologie......................................................... 225 13.3 Il licenziamento individuale: evoluzione storica.......................... 226 13.4 La regolamentazione del licenziamento individuale: requisiti so- stanziali, divieti e requisiti formali.................................................. 227 13.5 L’illegittimità del licenziamento individuale e le sue conseguenze sanzionatorie.................................................................................. 233 13.6 L’impugnazione, l’offerta di conciliazione e la revoca del licenzia- mento............................................................................................ 235 13.7 Il regime sanzionatorio dei licenziamenti discriminatori, nulli e orali................................................................................................ 237 13.8 Il regime sanzionatorio dei licenziamenti prima e dopo il D.Lgs. 23/2015......................................................................................... 238 13.9 Il licenziamento collettivo........................................................... 242 13.10 La disciplina delle dimissioni e delle risoluzioni consensuali..... 245 Capitolo 14 Gli ammortizzatori sociali................................................................... 247 14.1 La riforma degli ammortizzatori sociali....................................... 247 14.2 Gli ammortizzatori sociali in costanza di rapporto...................... 248 14.3 Gli ammortizzatori sociali in caso di perdita dell’occupazione.... 253 14.4 Gli ammortizzatori sociali in deroga.......................................... 256 14.5 L’evoluzione del sistema di protezione sociale verso un modello di assistenza sul mercato del lavoro.................................................... 256 Capitolo 15 La vigilanza in materia di lavoro........................................................ 259 15.1 Premessa.................................................................................... 259 15.2 Ispettorato nazionale del Lavoro................................................. 260 15.3 L’attività ispettiva........................................................................ 260 15.4 Gli strumenti dell’attività di vigilanza......................................... 262 15.5 Le misure di contrasto al lavoro nero e irregolare........................ 265 Capitolo 16 Il processo del lavoro........................................................................... 269 16.1 Caratteri generali........................................................................ 269 16.2 La materia del lavoro.................................................................. 270 16.3 La competenza e il mutamento del rito....................................... 273 16.4 Il tentativo pregiudiziale di conciliazione facoltativo.................. 275 16.5 L’introduzione della causa.......................................................... 279 16.6 La costituzione della parte resistente........................................... 280 16.7 La trattazione della causa........................................................... 282 INDICE IX 16.8 I poteri istruttori officiosi del giudice......................................... 284 16.9 La decisione............................................................................... 285 16.10 Le impugnazioni...................................................................... 286 16.11 La provvisoria esecutorietà “speciale” in favore del lavoratore.. 288 16.12 Le attribuzioni delle associazioni sindacali e le controversie sinda- cali................................................................................................. 290 16.13 Le controversie in materia di previdenza e assistenza obbligatoria: competenza e disposizioni particolari del procedimento............... 292 16.14 Le controversie in materia di impugnativa dei licenziamenti.... 295 Capitolo 17 La tutela dei diritti del lavoratore........................................................ 299 17.1 Aspetti generali........................................................................... 299 17.2 Le rinunzie e le transazioni......................................................... 301 17.3 La garanzia dei crediti retributivi del lavoratore.......................... 303 17.4 La prescrizione e la decadenza..................................................... 304 Capitolo 18 Organizzazione e attività sindacale...................................................... 307 18.1 Il diritto sindacale. Cenni........................................................... 307 18.2 La rappresentanza dei lavoratori.................................................. 311 Capitolo 19 Il diritto di sciopero........................................................................... 317 19.1 Nozioni....................................................................................... 317 19.2 Lo sciopero come diritto............................................................ 318 19.3 Titolarità del diritto di sciopero................................................. 320 19.4 I limiti al diritto di sciopero........................................................ 321 19.5 Effetti dello sciopero sul rapporto di lavoro............................... 328 19.6 Effettività del diritto di sciopero e reazioni del datore di lavoro..331 19.7 Lo sciopero nei servizi pubblici essenziali: la Legge n. 146/1990..332 19.8 I mezzi di lotta del datore di lavoro: la serrata............................ 338 Capitolo 20 Le assunzioni obbligatorie................................................................... 341 20.1 Assunzioni obbligatorie............................................................... 341 20.2 Attuale disciplina: il Jobs Act....................................................... 344 Capitolo 1 Il diritto del lavoro. Sommario: 1.1 Nozione. 1.2 Il diritto del lavoro in generale ed il suo sviluppo storico. 1.3 L’evolu- zione dall’entrata in vigore della Costituzione agli anni Novanta. 1.4 Le riforme degli anni 2000. 1.1 Nozione. Il lavoro è ogni attività o funzione diretta al progresso materiale e spiri- tuale della società (art. 4, comma 2, Costituzione). Il diritto al lavoro è riconosciuto a tutti i cittadini (art. 4, comma 1, Costituzione) e, allo scopo di renderlo effettivo ed operante, la Re- pubblica promuove tutte le condizioni opportune, eliminando anche gli ostacoli all’effettiva partecipazione di tutti i cittadini all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese (art. 3, comma 2 Costituzione). La Costituzione repubblicana riconosce quindi al lavoro una concre- ta e significativa rilevanza di attività socialmente utile. Il lavoro umano si presenta così sotto due aspetti fondamentali e tra loro complementari: -- un aspetto economico, nell’ambito del quale il lavoro designa qualsiasi attività psico-fisica (sia materiale che intellettuale), la quale comporti una spendita di energie e sia idonea a soddisfare un bisogno individuale o collettivo mediante la produzione o lo scambio di beni o di servizi; -- un aspetto giuridico, nel quale l’attività lavorativa si iscrive all’interno di un rapporto giuridico tra due soggetti: il lavorato- re, che presta la propria attività, ed il soggetto che si avvantaggia di tale prestazione per soddisfare un proprio interesse (datore di lavoro, committente, appaltante). Ciò vale per tutte le forme di lavoro, ma in particolare per il lavoro subordinato, ossia quella forma di lavorio che viene prestato alle dipen- denze e sotto la direzione di un datore di lavoro. La materia del diritto del lavoro costituisce appunto la disciplina di tale rapporto. Esso consiste di una varia regolamentazione, di svariata provenien- za, che ha per fine quello di apprestare tutela alla parte più debole del rapporto di lavoro, ossia al lavoratore, ovvero ad altri soggetti ritenuti meritevoli di protezione. 12 MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO Sotto tale aspetto, dunque, il diritto del lavoro, inteso come auto- noma disciplina giuridica, nasce in epoca relativamente recente, ossia nell’ambito del moderno Stato sociale di diritto. Nell’età antica mancava del tutto una disciplina del lavoro: ciò si spiega alla luce del fatto che, in epoca antica, i lavoratori, se non facevano parte della familia del dominus, erano per lo più schiavi, ai quali non era riconosciuta alcuna soggettività giuridica. Una primordiale regolamentazione del rapporto di lavoro si ebbe nell’Alto Medioevo, relativamente all’attività svolta dai lavoranti nelle botteghe degli artigiani e nelle corporazioni dei mercanti. Solo in età moderna, in conseguenza dell’intensificazione degli scam- bi e della formazione di un diritto del commercio, si può tuttavia parlare della nascita di un “diritto del lavoro”, peraltro di carattere strettamente ed esclusivamente privatistico. Solo nel corso del XIX secolo, con la progressiva industrializzazione e la conseguente nascita del movimento operaio e contadino, gli ordina- menti giuridici iniziano ad attuare una sempre più ampia regolamenta- zione del lavoro subordinato. Il nucleo costitutivo del diritto del lavoro è quindi almeno inizial- mente rappresentato dalla legislazione sociale, ossia da norme caratte- rizzate da finalità eminentemente protettive. Per contenere le forme più intense di sfruttamento, che avevano ca- ratterizzato le prime fasi dell’industrializzazione, lo Stato interviene per la prima volta in un ambito- quello del lavoro- fino a quel momento ritenuto di natura essenzialmente privata, dettando norme concernenti alcune tutele minime dei lavoratori in materia di infortuni sul lavoro, igiene dei luoghi di lavoro, orario di lavoro, tutela del lavoro delle donne e dei fanciulli, etc. Successivamente, il diritto del lavoro viene ad ampliare il proprio ambito applicativo, ponendosi quale obiettivo quello di mediare le di- verse, e talora contrapposte, esigenze della produzione e della tutela dei lavoratori, anche mediante il ricorso a norme imperative e non dero- gabili dalla volontà privata. Alla realizzazione di tali obiettivi hanno concorso sia la legislazione statale, sia le organizzazioni sindacali dei lavoratori. Pertanto, ad oggi, il diritto del lavoro può essere definito come il com- plesso di norme che disciplinano il rapporto di lavoro e che tutelano, oltre all’in- teresse economico, anche la libertà, la dignità e la personalità del lavoratore. Tali norme si applicano al rapporto di lavoro subordinato in quan- to, storicamente, in tale tipo di lavoro sussiste una rilevante disparità tra le parti, che determina l’esigenza di tutelare la parte debole- ossia il lavoratore – dato il coinvolgimento non solo della sua persona fisica, ma Il diritto del lavoro 13 anche della sua personalità morale, della sua libertà e della sua dignità. L’oggetto specifico del diritto del lavoro è quindi la disciplina del- la relazione giuridica tra il datore di lavoro ed il lavoratore. Tale rapporto trova la propria fonte in un contratto. La peculiarità consiste nel fatto che, mentre nella generalità dei con- tratti conclusi tra privati i contraenti si trovano in una posizione di pari- tà, nel contratto di lavoro sussiste uno squilibrio di potere, perché: -- sotto il profilo giuridico, le parti (datore di lavoro e lavoratore) operano sul medesimo piano di parità; -- sotto il profilo economico, una delle parti (il lavoratore) si trova in una posizione di inferiorità, che fa di lui il cd. “contraente più debole” (SANTORO-PASSSARELLI, MAZZONI). L’attuale diritto del lavoro costituisce dunque espressione di uno “Stato sociale”, che interviene per porre rimedio ad una situazione di disparità (secondo quanto espressamente previsto dall’art. 3, comma 2, Costitu- zione) mediante la predisposizione di norme imperative a favore del contraente più debole, ossia del lavoratore. In aggiunta a ciò, lo Stato riconosce l’attività di apposite strutture, le associazioni sindacali, che hanno come proprio scopo quello di tutelare gli interessi dei lavoratori. Pertanto, alla tutela predisposta dallo Stato mediante alcune norme imperative e cogenti, inderogabili dalla volontà contrattuale privata (cd. “eterotutela”), si aggiunge anche una tutela che i lavoratori possono at- tuare, mediante le associazioni sindacali, direttamente per se stessi (cd. “autotutela”). Per tale motivo, parte della dottrina sostiene che la finalità stessa del diritto del lavoro sia quella di attenuare gli effetti più deleteri della subor- dinazione, in particolare quelli che vanno ad incidere sulla libertà, sulla dignità e sulla sicurezza umana del prestatore di lavoro (MAZZIOTTI). Ne consegue che il carattere fondamentale del diritto del lavoro vie- ne ad essere costituito dalla funzione di garanzia che esso svolge e che spiega la presenza rilevante di una normativa in gran parte inderogabi- le dai privati. Per tradizione, anche ai fini di una corretta metodologia di studio, il diritto del lavoro si distingue in: -- diritto del lavoro in senso stretto (o diritto privato del lavoro), che attiene alla regolamentazione della relazione giuridica tra le parti del rapporto di lavoro; -- diritto sindacale, che attiene alla posizione dei sindacati nell’or- dinamento, alla contrattazione collettiva, allo sciopero e alla serrata; -- diritto previdenziale (o legislazione sociale o diritto pubblico del lavoro), che attiene alla tutela dei soggetti protetti avverso eventi 14 MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO lesivi della capacità lavorativa (infortuni, vecchiaia, invalidità, di- soccupazione), attraverso assicurazioni sociali obbligatorie, non- ché alle norme che regolano i rapporti tra lo Stato e i datori e prestatori di lavoro (cd. “disciplina amministrativa del lavoro”). Occorre peraltro osservare come, negli ultimi anni, il diritto sindacale e la legislazione sociale abbiano assunto un’importanza sempre crescente ed una complessità tale da assurgere ad un certo grado di autonomia didat- tica e scientifica la quale, tuttavia, non ha fatto venir meno la loro intima connessione con il diritto del lavoro in senso stretto. 1.2 Il diritto del lavoro in generale ed il suo sviluppo storico Il diritto del lavoro è andato sviluppandosi nei Paesi in via di industria- lizzazione a partire dalla seconda metà dell’800 in poi. Le prime concretizzazioni del diritto del lavoro si ebbero nel conte- sto della rivoluzione industriale inglese già verso la fine del ‘700; succes- sivamente, esso si espanse negli altri Paesi europei, inclusa l’Italia, tra la fine del 1800 ed il primo decennio del 1900. Con il crescente utilizzo della macchina, il lavoro umano si con- centrò nelle fabbriche dove una classe di persone (il c.d. “proletariato”) prestava il proprio lavoro alle dipendenze dell’impresa, ricevendo in cor- rispondenza il salario o la retribuzione. Lo schema giuridico di questa relazione era il libero contratto di lavoro, concluso in base all’incontro tra domanda ed offerta, ma, nella realtà, il singolo lavoratore si trovava costretto ad accettare le condizioni unilaterali, così come dettate dalla controparte. In generale, gli orari di lavoro erano esorbitanti, al limite della so- pravvivenza fisica. Non erano presenti sorte di tutela, né esisteva tutela in favore del lavoratore infortunato o anziano. La prima risposta dei lavoratori alle precarie condizioni testé accen- nate è stata quella sindacale. I lavoratori infatti, si coalizzano per ottenere più eque condizioni. Il principale strumento per ottenere il proprio fine fu lo sciopero, cioè l’abbandono collettivo del lavoro al fine di indurre il datore di lavoro a trattare su migliori condizioni di lavoro. Questo processo però non fu repentino ed unitario; la lotta per in- stillare nelle masse l’idea della solidarietà è stata lunga ed è passata attra- verso reiterati tentativi. Il diritto del lavoro 15 I primi risultati utili furono ottenuti una volta sorte le prime orga- nizzazioni stabili preordinate alla tutela dell’interesse collettivo dei com- ponenti della categoria, ossia i c.d. sindacati. In tutti i Paesi, si attraversò una fase molto dura di repressione del sindacalismo. Nell’ambito della concezione liberistica, si riteneva che non vi fosse spazio per mutare la condizione del lavoro attraverso la lotta sindacale, in quanto il livello salariale doveva risultare spontaneamente dall’incontro sul mercato della domanda e dell’offerta. Di conseguenza, lo sciopero ve- niva bandito e come tale represso e, con esso, tutta l’attività del sindacato. Successivamente però, iniziò nei vari Paesi la c.d. “legislazione socia- le”; lo Stato cominciò ad emanare singole leggi, volte a risolvere le sin- gole problematiche della situazione. Furono emanate leggi per limitare l’orario di lavoro o per inibire le attività più pesanti a fanciulli e donne. Si trattava di normative di ordine pubblico, cioè inderogabili dalle parti, spesso accompagnate da sanzioni penali. Ad un certo punto, in tutti i Paesi, l’originario regime repressivo venne meno. Maturò la convinzione che il movimento sindacale serviva alla buona causa di rendere più eque le condizioni di lavoro. Il reato di sciopero venne cancellato e si passò alla fase della cd. “tol- leranza legale”. L’unico problema insisteva sul fatto che lo sciopero, seppur penal- mente irrilevante, costituiva inadempimento all’obbligazione di lavorare e quindi poteva legittimare l’irrogazione di sanzioni disciplinari ovvero, in ipotesi più gravi, il licenziamento. Nel nostro Paese, la svolta nel senso della “tolleranza” verso il sinda- calismo avvenne nel 1889 con il nuovo Codice Penale, nel quale scom- parvero reati di sciopero e serrata. Si ebbero, negli anni successivi, nuovi interventi di legislazione so- ciale e, dopo l’introduzione dell’assicurazione obbligatoria contro gli in- fortuni sul lavoro nel 1898, altri interventi sul piano della previdenza sociale. Una prima regolamentazione dei rapporti di lavoro ebbe origine at- traverso la giurisprudenza dei probiviri, ossia collegi giurisdizionali eletti- vi, che dovevano risolvere le controversie del lavoro secondo equità. Attraverso questa giurisprudenza creativa, si cominciarono a porre le basi del nuovo diritto. Con l’avvento del fascismo, si introdusse un’ideologia corporativa. Con la legge sindacale Rocco del 1926 veniva formalmente rico- nosciuta la libertà sindacale e quindi, almeno teoricamente, la possibile coesistenza di diverse associazioni sindacali, ma nella realtà, solamente un solo sindacato poteva essere riconosciuto giuridicamente (quello organiz- 16 MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO zante almeno il 10% della categoria e diretto da uomini di sicura fede na- zionale). Il sindacato riconosciuto aveva la personalità giuridica di diritto pubblico ed era quindi soggetto ai controlli previsti per gli enti pubblici. I contratti collettivi stipulati erano generalmente obbligatori per tutta la categoria ed il contratto individuale poteva derogare al contratto colletti- vo solamente per porre condizioni più favorevoli al lavoratore. Lo sciopero e la serrata ritornavano ad essere reati contro l’economia nazionale. Eventuali conflitti dovevano essere risolti da una speciale Ma- gistratura del lavoro (composta da giudici togati ed esperti). Nel 1927 fu approvata la Carta del Lavoro, sulla qui base si ebbe un notevole sviluppo della legislazione sociale, con l’introduzione di leggi che riguardavano alcuni punti fondamentali della materia (quali l’orario di lavoro, i riposi settimanali ecc.). Nel 1935 e nel 1939 si ebbero leggi importanti per le assicurazioni gestite dall’INPS. Nel 1942, con la stesura del Codice civile, fu prevista una regola- mentazione organica del rapporto di lavoro. A differenza del precedente Codice civile del 1865 – che non preve- deva una disciplina del rapporto di lavoro, ma solo, agli artt. 1570 e ss. c.c., quella della locazione delle opere e dei servizi – il Codice civile del 1942 introdusse una sistemazione organica della materia del lavoro, alla quale venne dedicata una disciplina compresa nel Libro V, ossia nel medesimo libro nel quale sono regolate anche l’impresa e le società. Alla materia del lavoro sono dedicati in particolare i primi quattro Titoli del Libro V (artt. 2060-2246 c.c.). Tale fase, definita come quella della “incorporazione del diritto del lavoro nel diritto privato” (GHERA), è caratterizzata dal fatto che la materia lavoristica non viene più considerata oggetto di disciplina spe- ciale o eccezionale, ma al contrario viene inserita nella codificazione uni- ficata del diritto privato e riconosciuta come una delle tre fondamentali materie componenti il diritto privato stesso (insieme al diritto civile e al diritto commerciale). Infine, nel 1943, superandosi la mutualità di categoria, sorse l’assicu- razione obbligatoria per le malattie. Un ulteriore momento di significativo sviluppo coincise con l’av- vento della Costituzione repubblicana, approvata il 22 dicembre 1947 ed entrata in vigore il 1° gennaio 1948, che alla visione corporativistica dello Stato fascista (cui è ispirato lo stesso Codice civile del 1942) sostituì quella democratica e sociale, fondando la Repubblica italiana sul lavoro (art. 1 Costituzione). Iniziò così una nuova “stagione” del diritto del lavoro, qualificabi- le come “fase della costituzionalizzazione” (GHERA), contrassegnata Il diritto del lavoro 17 dalla novità di “affiancare al tradizionale obiettivo della tutela della posi- zione contrattualmente debole quello della tutela della libertà e della dignità sociale del lavoratore”, nei cui confronti lo Stato sociale assunse l’impegno non solo della protezione, ma anche dell’effettiva promozione. La caratteristica saliente di tale nuova fase è la cd. “lettura costitu- zionale della materia del diritto del lavoro”, effettuata cioè alla luce dei principi costituzionali che segnano i limiti e le direttive entro i quali deve trovare soluzione il conflitto tra le opposte esigenze della produzione e dell’eguaglianza, libertà e dignità dei lavoratori. Sotto il profilo sindacale, caduto il governo Mussolini, vennero sop- pressi i sindacati fascisti. Nella ritrovata libertà sindacale, in un primo momento il movimento sindacale libero risorse nella CGIL per patto tra le correnti sindacali dei tre partiti di massa (comunista, socialista e democristiano). Per contrasti inter- ni l’unità sindacale si ruppe. Si crearono pertanto negli anni successivi tre separate organizzazioni sindacali, ossia la CGIL, la CISL e la UIL. Dalla metà degli anni ’50 l’attività sindacale riprese (fino a quel mo- mento, l’imperativo prioritario del Paese era la ricostruzione, in quanto si era usciti distrutti dal secondo conflitto mondiale). Con i Protocolli del ’62 venne infranto il principio dell’unicità del contratto collettivo nazionale di lavoro come unica fonte contrattuale; si introdusse in alcune materie, formalmente delimitate nel contratto na- zionale, la contrattazione articolata a livello aziendale. Sul piano legislativo, si ebbero alcuni importanti interventi per conte- nere determinate pratiche padronali condannate dall’opinione pubblica e nel 1963 fu introdotta la Legge sul divieto di licenziamento delle lavoratrici a causa di matrimonio. Nel 1966 fu introdotta la legge sui licenziamenti individuali, con l’introduzione della regola del giustificato motivo. La situazione sociale “esplose” con le contestazioni del 1968, dappri- ma nelle scuole, quindi negli ambienti di lavoro. In questo clima acceso venne adottato, con Legge n. 300 del 20 maggio 1970, lo Statuto dei diritti dei lavoratori. Fece seguito, con Legge n. 533 dell’11 agosto 1973, la riforma del processo del lavoro. 1.3 L’evoluzione dall’entrata in vigore della Costituzione agli anni Novanta. Le caratteristiche salienti del diritto del lavoro sono il frutto della lunga evoluzione legislativa descritta in precedenza. 18 MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO Il modello di riferimento, tipizzato dal Codice civile (art. 2094 c.c.), è il lavoro subordinato a tempo indeterminato, poiché la subordina- zione rappresenta la forma di impiego dell’attività lavorativa umana sto- ricamente prevalente rispetto al lavoro autonomo o imprenditoriale. Nei contesti produttivi del dopoguerra, il lavoro nella grande impresa indu- striale è a tempo pieno e indeterminato. Le altre tipologie contrattuali (lavoro a tempo determinato, lavoro a domicilio, lavoro a tempo parziale, apprendistato, etc.) si pongono come meri sottotipi (species) del tipo generale (genus) rappresentato dal lavoro a tempo pieno ed indeterminato. La seconda caratteristica fondamentale è che la disciplina del lavoro contenuta nel Codice civile e nella legislazione speciale è inscindibile dal contratto di lavoro subordinato: si afferma, infatti, che essa è incorpo- rata nel contratto di lavoro subordinato. Il complesso di garanzie e prerogative predisposte dal Legislatore in favore del prestatore di lavoro subordinato- cd. “statuto protettivo del la- voratore”- non può essere applicato a discrezione delle parti, cosicché non è possibile stipulare un contratto di lavoro subordinato e, nel contempo, stabilire un regolamento del rapporto in deroga alle norme imperative di legge (GHERA). L’autonomia delle parti è subordinata all’osservanza di quanto stabilito da fonti esterne al singolo contratto di lavoro, quali le norme di legge e le disposizioni collettive. Il corpo normativo del diritto del lavoro (leggi e contratti collettivi) è in massima parte inderogabile: tale caratteristica consente la difesa dei lavoratori dalla propria posizione di debolezza contrattuale, mediante l’imposizione di una disciplina garantista, alla quale non è possibile derogare, se non per convenire clausole più favorevoli per il lavora- tore. La seconda metà degli anni Ottanta ha segnato una nuova fase di sviluppo dell’economia, caratterizzata dalla progressiva espansione del settore terziario, in un contesto di forte innovazione tecnologica. Ciò ha determinato la nascita di nuove esigenze e di nuove proble- matiche da risolvere, in quanto il massiccio impiego di sistemi robotizzati e computerizzati, se da un lato ha consentito una modernizzazione delle strutture produttive, dall’altro ha però causato anche il drastico ridimen- sionamento di categorie professionali, quali gli operai e gli impiegati di bassa qualificazione, e per converso ha creato la necessità di nuove figure di lavoratori in possesso di particolare professionalità (ad esempio, la ca- tegoria dei cd. “quadri”). Tra la fine degli anni Ottanta e l’inizio degli anni Novanta si accen- tua fortemente il problema della disoccupazione, in gran parte casato dalle profonde modificazioni del sistema economico e sociale. Il diritto del lavoro 19 Nell’ultimo decennio del XX secolo, il fenomeno della globalizza- zione, ossia l’allargamento su scala planetaria della concorrenza tra im- prese, comporta un ripensamento totale delle strategie commerciali, con pesanti ricadute sull’organizzazione del lavoro. L’esigenza delle imprese di adattare la manodopera impiegata alle oscillazioni della domanda di mercato comporta la necessità di ricorrere ad un impiego flessibile della forza lavoro, intesa sia come flessibilità in entrata (che si realizza me- diante la disponibilità, per le imprese, di tipologie contrattuali alternative rispetto alle assunzioni a tempo indeterminato), sia come flessibilità in uscita (che si realizza mediante una riduzione dei limiti alla facoltà di licenziamento da parte del datore di lavoro). Tra la fine del XX secolo e l’inizio del secolo successivo si compie inoltre la cd. “quarta rivoluzione industriale”, costituita dalla diffu- sione e dall’applicazione capillare dell’informatica e della telematica ai processi produttivi, con conseguente automatizzazione, digitalizzazione ed interconnessione degli stessi (cd. “industria 4.0”). I mutamenti nell’organizzazione del lavoro e della produzione deter- minano anche un significativo cambiamento all’interno della subordi- nazione. La maggioranza dei lavoratori subordinati esegue ormai una presta- zione i cui contenuti sono “meno manipolativi e più cognitivi” (ACCOR- NERO). Il modello del lavoratore subordinato diviene in tal modi più “au- tonomo”: il suo ruolo va oltre la mera esecuzione di direttive e compiti dettagliati e si estrinseca piuttosto in una vera e propria cooperazione alla realizzazione degli obiettivi aziendali, con un conseguente ampliamento della sua sfera di responsabilità (concernenti non più soltanto il rendi- mento o la diligenza, ma anche, entro determinati limiti, l’ambito deci- sionale). Tale trasformazione implica ovvie ripercussioni anche sui caratteri essenziali del diritto del lavoro, determinando tra l’altro: -- una significativa riduzione del lavoro subordinato a tempo in- determinato ed una corrispondente diffusione di tipologie la- vorative flessibili (es.: contratto di lavoro a termine, a contenuto formativo, rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, lavoro a progetto, etc.); -- un’attenuazione dei vincoli e delle rigidità della disciplina del rapporto di lavoro, per la cui definizione si accresce il ruolo dell’autonomia negoziale, sia individuale che collettiva; -- la transizione da un sistema in cui lo Stato può e deve intervenire sulle regole di mercato ad un sistema in cui l’intervento pubblico “non può sostituire le leggi del mercato nel ruolo di guida del processo 20 MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO economico, ma deve soltanto dettare regole al mercato per garantire ad esso maggiore efficienza e correttezza” (SANTORO-PASSAREL- LI). La diffusione dei rapporti di lavoro speciali mette in discussione la fun- zione ordinante del modello tipico, rappresentato dal lavoro subordinato a tempo pieno e indeterminato, e causa la progressiva erosione della nor- mativa vincolistica ad esso applicata. La dottrina evidenzia così l’esistenza di una “crisi del lavoro subordi- nato”, mettendo in discussione l’effettiva capacità del diritto del lavoro, così come tradizionalmente inteso, di regolare il mutevole e variegato nuovo mondo del lavoro. Si evidenzia così lo squilibrio e l’inadeguatezza del tradizionale di- ritto del lavoro (GALANTINO) il quale, da un lato, offre tutela a sog- getti che, pur essendo formalmente lavoratori subordinati, non si trovano in una posizione di debolezza sotto il profilo economico, ma anzi “godono di più ampia autonomia nell’esecuzione della loro prestazione” (cd. “esube- ranza di tutela”); dall’altro, invece, non tutela adeguatamente coloro che prestano la propria attività al di fuori di un rapporto di lavoro subordina- to, ma sono in posizione di “inferiorità contrattuale” (cd. “incongruenza di tutela”). Si determina in tal modo un vero e proprio dualismo del mercato del lavoro, che appare suddiviso in due fasce: quella dei lavoratori tute- lati e quella dei lavoratori privi di tutele. In aggiunta a ciò, l’apparato rigido di garanzie in favore dei lavora- tori subordinati costituisce molto spesso un deterrente alle nuove assun- zioni, consolidando la posizione di privilegio di tali lavoratori (insiders) a scapito di disoccupati ed inoccupati (outsiders). A fronte di tale crisi del lavoro subordinato e della sua disciplina regolativa, parte della dottrina ha da tempo proposto cambiamenti più o meno radicali, volti ad un ridimensionamento di determinate tutele a favore di una maggiore occupazione e di un’estensione almeno parziale elle garanzie anche al di fuori dell’area del lavoro subordinato. Un’ulteriore spinta in tal senso è pervenuta anche da parte dell’U- nione europea. Quest’ultima è dotata di determinate competenze nel settore della politica sociale e dell’occupazione: pur nel rispetto delle prerogative degli Stati membri (cd. “principio di sussidiarietà”), le istituzioni euro- pee operano dunque affinché alcuni diritti sociali siano garantiti a livello dell’Unione e affinché sia sviluppato il cd. “modello sociale europeo”. Di conseguenza, anche in ambito europeo si è sostenuta la necessità di riforme dei sistemi nazionali di diritto del lavoro, per renderli più ri- spondenti a “governare” le relazioni di lavoro in un quadro caratterizzato, Il diritto del lavoro 21 per le imprese, dalla forte concorrenza e, per i lavoratori, dall’esigenza di protezione sociale. Si è così giunti ad un’idea complessiva di “modernizzazione dei di- ritti del lavoro europei, a fronte di condizioni storiche che non corri- spondono più (….) a quelle dell’epoca in cui tali sistemi si sono formati” (DEL PUNTA). La tendenza è verso la cd. “flexicurity” (letteralmente, “flessicurez- za”), derivante dal connubio tra “flessibilità” e “sicurezza”, e tale cioè da esprimere la necessità, per gli Stati membri, di compiere scelte legislative che contemperino tali due opposti interessi. 1.4 Le riforme degli anni 2000 I primi anni del nuovo millennio si aprirono con una riforma epocale che ebbe a riformulare gran parte della materia gius-lavoristica. Il D.Lgs. 10 settembre 2003 n. 276 introdusse infatti disposizioni in materia di servizi pubblici e privati per l’impiego, contratti a conte- nuto formativo, lavoro a tempo parziale, nuove tipologie contrattuali e un meccanismo amministrativo di certificazione dei contratti di lavoro. Ad esso fecero seguito diversi ulteriori provvedimenti legislativi, tra i quali si ricordano: -- la Legge 24 dicembre 2007 n. 247 in materia di previdenza, lavoro e competitività; -- il D.Lgs. 09 aprile 2008 n. 81, recante il “Testo Unico della si- curezza sul lavoro”, che ha introdotto un significante numero di norme in materia di salute e sicurezza sul lavoro, con il duplice obiettivo di accrescere il livello di tutela dei lavoratori e di proce- dere al riordino di una materia fino a quel momento disseminata in testi legislativi eterogenei e spesso anche molto risalenti nel tempo; -- il D.L. 25 giugno 2008 n. 112, convertito in Legge 06 agosto 2008 n. 133: si tratta di un provvedimento contenente norme in materia di lavoro privato, nell’ottica di semplificazione dei rap- porti di lavoro, e di lavoro pubblico, nell’ottica di una maggiore severità nella regolamentazione del rapporto di lavoro e nella va- lutazione delle responsabilità dei dirigenti pubblici, unitamente ad una politica gestionale meritocratica ed incentivante; -- la Legge 14 novembre 2010 n. 183 (c.d. “collegato lavoro”) che va ad incidere su aspetti quali i congedi, i permessi, gli ammortizza- 22 MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO tori sociali, i servizi per l’impiego, l’apprendistato, il lavoro som- merso, il licenziamento e le controversie di lavoro, introducendo tra l’altro significative modifiche al Codice di procedura civile per ciò che riguarda il processo del lavoro (artt. 409 e ss. c.p.c.), ed in particolare le procedure di conciliazione ed arbitrato, finalizzate a deflazionare il carico del contenzioso pendente dinanzi al Giudi- ce del lavoro, mediante una più rapida definizione stragiudiziale della controversia. Secondo la prevalente dottrina (CARINCI, DE LUCA TAMAJO, TOSO, TREU), la Legge 183/2010, nella sua impostazione generale, sembra perseguire “l’obiettivo di una modernizzazione del diritto del lavoro già intrapresa dalla riforma del 2003 attraverso una marcata individualizzazione del rapporto di lavoro”; -- il D.L. 06 dicembre 2011 n. 201 (cd. “decreto Salva Italia”), convertito con modificazioni in Legge 22 dicembre 2011 n. 214; -- la Legge 28 giugno 2012 n. 92 (cd. Legge Fornero), in materia di lavoro e ammortizzatori sociali. Tale normativa ha inciso profondamente sulla flessibilità, sia in entrata che in uscita, e sugli ammortizzatori sociali. Sotto il profilo della flessibilità in entrata, è stata resa più sem- plice la stipulazione del contratto a tempo determinato, ma, per prevenire gli abusi, è stato disincentivato il ricorso a tale istituto, rendendolo più oneroso per il datore di lavoro. Inoltre, tenuto conto della sua valenza formativa, l’apprendistato è stato assunto a modalità prevalente di accesso dei giovani al mondo del lavoro. Sotto il profilo degli ammortizzatori sociali, è stata introdotta la c.d. ASPI (“assicurazione sociale per l’impiego”), ossia uno strumento di assicurazione dal rischio di disoccupazione. Si è inoltre provveduto a revisionare gli strumenti a sostegno del red- dito (integrazioni salariali e indennità di mobilità). Sotto il profilo della flessibilità in uscita, è stato altresì parzial- mente modificato l’art. 18 Statuto dei Lavoratori, allo scopo di introdurre un diverso e più articolato regime di tutela in caso di licenziamento illegittimo; -- la Legge delega 10 dicembre 2014 n. 183, con la quale viene varato il c.d. “JOBS ACT” che, per sopperire ai mancati risul- tati della c.d. “Legge Fornero”, revisiona la materia lavoristica in modo radicale. -- La riforma viene attuata con l’emanazione di 8 decreti legislativi in tema di interventi a sostegno del reddito in caso di perdita del posto di lavoro, con l’introduzione del contratto a tempo inde- Il diritto del lavoro 23 terminato a tutele crescenti, con l’ampliamento dei regime dei permessi e dei congedi connessi alla situazione di genitorialità dei lavoratori, sono stati riordinati i c.d. contratti di lavoro speciali ecc -- il D.Lgs. 24 settembre 2016 n. 185, con cui è stato istituito il c.d. “correttivo al Jobs Act”. Si tratta di un provvedimento che apporta alcune modifiche ai decreti di attuazione le quali, tut- tavia, non assumono particolare rilievo sostanziale, andando ad incidere su aspetti marginali, quali la competenza al rilascio delle autorizzazioni per la video sorveglianza e per le dimissioni tele- matiche. Capitolo 2 Le fonti del diritto del lavoro. Sommario: 2.1 La Costituzione. 2.2 Le fonti sovranazionali. Il diritto dell’Unione europea. 2.3 Il diritto internazionale. In particolare: a) la CEDU; b) le Convenzioni dell’OIL. 2.4 La legisla- zione ordinaria: ripartizione della potestà legislativa tra Stato e Regioni. 2.5 Le fonti contrattuali. 2.6 Gli usi. 2.7 Le fondamentali regole interpretative. 2.8 La fonte di regolazione del rapporto in base al criterio della territorialità. 2.1 La Costituzione Fonti del diritto del lavoro sono rappresentate della Costituzione, dalle fonti internazionali, dalle fonti dell’Unione Europea, dalla legge, dai con- tratti collettivi ed individuali e dagli usi. La Costituzione attribuisce al lavoro una rilevanza fondamentale, in quanto esso è considerato il valore su cui si fonda tutta la Repubblica (art. 1 Costituzione). Al termine “lavoro”, utilizzato dalla Costituzione, la dottrina ha at- tribuito la più ampia estensione possibile, includendovi qualsiasi forma di lavoro subordinato, autonomo ed imprenditoriale. La norma costitu- zionale fa infatti riferimento al “lavoro”, includendovi tutti i soggetti so- ciali connessi ad esso, e non ha invece impiegato il termine più restrittivo di “lavoratori”. Ai sensi del successivo art. 4 della Carta Costituzionale, il lavoro è riconosciuto a tutti i cittadini come un diritto, oltre che un dovere. In particolare, ai sensi dell’art. 4, comma 1, Costituzione, la Re- pubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro, promuovendo “le condizioni che rendano effettivo questo diritto”. Tale norma si collega direttamente a quella dell’art. 3, comma 2, Costituzione, secondo cui è compito fondamentale della Repubblica rimuovere gli ostacoli alla liber- tà e all’eguaglianza che impediscono “l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”. L’espressione “diritto al lavoro” deve essere intesa non già in senso strettamente giuridico (ossia come diritto del singolo ad ottenere in con- creto un’occupazione, o quanto meno la conservazione del posto di lavo- ro), quanto piuttosto in senso politico, come impegno per il Legislatore ad intervenire con adeguati strumenti normativi per favorire la massima occupazione possibile. 26 MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO L’art. 4, comma 1, Costituzione si pone dunque come norma costi- tuzionale non già immediatamente precettiva (in quanto non conferi- sce ai singoli un diritto immediatamente azionabile in giudizio), bensì programmatica o “di principio”: ad essa si ispira chiaramente tutta la normativa inquadrabile nell’ambito della politica per l’impiego (o “poli- tica attiva del lavoro”), con cui lo Stato persegue l’obiettivo della massi- ma occupazione, sia favorendo l’inserimento nel mercato del lavoro delle persone in cerca di una prima occupazione (cd. “inoccupati”), sia garan- tendo la stabilità dell’occupazione e promuovendo la ricollocazione dei lavoratori che abbiano perso il posto di lavoro (cd. “disoccupati”), L’art. 4, comma 2, Costituzione fa invece riferimento al lavoro come dovere: ogni cittadino ha il dovere di svolgere, secondo le proprie possi- bilità e la propria scelta, un’attività o una funzione che concorra al pro- gresso materiale o spirituale della società. Si tratta, ovviamente, di una norma priva di sanzione: per tale moti- vo, la dottrina maggioritaria ritiene trattarsi di un dovere esclusivamente morale, mentre soltanto alcuni Autori (MAZZIOTTI) propendono per la soluzione di un dovere giuridico, che comunque non può giustificare alcuna forma di lavoro coatto. Il lavoro subordinato gode di un complesso di garanzie specifiche, che ne rendono particolarmente intesa la rilevanza nei confronti dello Stato. In particolar modo, l’art. 3, comma 2, della Costituzione richiede un sistema di interventi intesi a modificare o rimuovere strutture eco- nomico-sociali impeditive di un’uguaglianza intesa in senso sostanziale. Tale principio trova specificazione in altre norme costituzionali, le quali conferiscono situazioni soggettive di vantaggio ai lavoratori subordinati, al fine di realizzare un’uguaglianza di fatto. Si tratta, in particolare, delle norme contenute agli artt. 35-47 Costi- tuzione (“Rapporti economici”, anche definita “Costituzione economica”). Così, l’art. 35 Costituzione tutela il lavoro, la formazione e l’eleva- zione professionale dei lavoratori. L’art. 36 Costituzione stabilisce che il lavoratore ha diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del suo lavoro e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa. La predetta norma contiene inoltre una disposizione programmatica (che rinvia alla legge ordinaria per la sua concreta attuazione) sulla durata massima della giornata lavorativa, stabilendo l’inderogabilità del riposo settimanale e delle ferie annuali. Il successivo art. 37 stabilisce che la donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le stesse retribuzioni che spettano al lavorato- Le fonti del diritto del lavoro 27 re. Il principio della “parità” è riproposto anche per il lavoro dei minori (Legge 17 ottobre 1967 n. 977). L’art. 38 dispone che ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza so- ciale e, per tale motivo, i lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Occorre rimarcare anche la ricerca, all’interno dei dettami costitu- zionali, della tutela della salute e della sicurezza nell’ambiente di lavoro. Il combinato disposto dell’art. 32 Costituzione (previsto, in senso generale, come diritto dell’individuo alla tutela della propria salute) con gli artt. 1, 4, 35, 38 e 41 Costituzione realizza, da un lato, l’imposizione di obblighi a carico dei pubblici poteri e, dall’altro, impone una serie di limiti alla libertà di iniziativa economica privata, considerata quale situazione po- tenzialmente lesiva dei valori della persona. Così, ad esempio, l’art. 41 Costituzione il quale, pur prevedendo che l’iniziativa economica privata è libera, stabilisce che essa non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana, attribuendo alla legge il compito di deter- minare i programmi e i controlli opportuni perché l’attività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali. Analogamente, il successivo art. 42 Costituzione riconosce e garan- tisce la proprietà privata, prevedendo però che la legge ordinaria possa imporre alla stessa i limiti diretti ad assicurarne la funzione sociale. Particolare importanza assumono infine le norme di cui agli artt. 39 e 40 Costituzione: esse stabiliscono il principio della libertà nell’organizza- zione sindacale (art. 39, comma 1, Costituzione); il principio della capaci- tà, per i sindacati registrati, di stipulare contratti collettivi di lavoro vinco- lanti per tutti i lavoratori appartenenti alle categorie che essi rappresentano, anche se non iscritti (art. 39, comma 3, Costituzione, peraltro rimasto inattuato, a causa della scelta dei sindacati di non procedere alla propria registrazione, mantenendo così lo status di associazioni non riconosciute); il riconoscimento del diritto di sciopero, anche se non illimitato, ma esercitabile “nell’ambito delle leggi che lo regolano” (art. 40 Costituzione). 2.2 Le fonti sovranazionali. Il diritto dell’Unione europea Il diritto del lavoro degli ultimi decenni risulta profondamente influenza- to da quello che, sino a qualche anno fa, si definiva “diritto comunitario” 28 MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO (e ora “diritto dell’Unione europea”), al punto che oggi non avrebbe alcun senso, e non sarebbe neppure possibile, studiare il diritto del lavoro italia- no senza considerare quelle fonti, che hanno conformato molte materie e molti istituti cardine del diritto interno (eguaglianza e discriminazione, tempo di lavoro, sicurezza, lavori c.d. atipici, trasferimento d’azienda, insolvenza del datore di lavoro, licenziamenti collettivi, per citare alcuni temi centrali del diritto del mercato e del rapporto di lavoro). Peculiare è l’origine del diritto comunitario, e altrettanto peculiare la collocazione delle norme da esso espresse nella gerarchia delle fonti. Nato, negli anni ‘50, per creare quello che diverrà un mercato comu- ne, e dunque con l’obiettivo, in particolare, di realizzare e garantire una leale concorrenza tra gli operatori economici collocati nei diversi Stati membri (in origine sei – Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo, Paesi Bassi – oggi ventotto), il diritto comunitario (diritto della Comu- nità Economica Europea, CEE, istituita con il Trattato di Roma del 25 marzo 1957, entrato in vigore il 1° gennaio 1958), nei decenni successivi ha progressivamente dato spazio ai diritti sociali fondamentali. Sin dal Trattato di Roma, d’altronde, tra le finalità della Comunità, compariva l’obiettivo della «parificazione nel progresso», delle condizioni di vita e di lavoro dei cittadini degli Stati membri, e i successivi Trattati, che hanno modificato il Trattato originario, hanno progressivamente am- pliato le competenze normative delle fonti comunitarie e gli ambiti nei quali quelle competenze possono essere esercitate. Il punto di svolta finale è rappresentato dal Trattato di Lisbona (entrato in vigore il 1° dicembre 2009), in forza del quale, tra l’altro, “l’Unione sostituisce e succede alla Comunità europea”. Corretto e dovero- so, dunque, parlare oggi di diritto dell’Unione europea, fondato sui due Trattati (che hanno lo stesso valore giuridico) che rappresentano oggi le fondamenta del nuovo diritto dell’UE: il nuovo Trattato sull’Unione europea (d’ora in poi TUE) e il Trattato sul funzionamento dell’U- nione europea (d’ora in poi TFUE). Le disposizioni che riguardano se- gnatamente quello che possiamo definire il diritto del lavoro (o diritto sociale, in senso più ampio) dell’Unione europea (d’ora in poi UE) sono disperse in diverse parti di entrambi i Trattati (ma soprattutto nel TFUE) e, complessivamente, denotano una accresciuta sensibilità per la c.d. “di- mensione sociale” dell’UE. Tra gli obiettivi odierni, troviamo la realizzazione di una “economia sociale di mercato fortemente competitiva, che mira alla piena occupazione e al progresso sociale” (art. 3.3 TUE). Tra i valori sui quali si fonda l’Unione, troviamo, per quanto qui più rileva, “il rispetto della dignità umana, della libertà, (…) dell’uguaglianza (…) e dei diritti umani”, valori comuni “agli Stati membri in una società caratterizzata dal pluralismo, dalla non discri- Le fonti del diritto del lavoro 29 minazione, dalla tolleranza, dalla giustizia, dalla solidarietà e dalla parità tra donne e uomini” (art. 2 TUE). Questi stessi valori avevano già trovato la loro formale affermazio- ne nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione europea, solen- nemente proclamata a Nizza nel dicembre 2000; ma solo con l’art. 6.1 TUE la Carta ha acquisito lo stesso valore giuridico dei Trattati, entrando formalmente e sostanzialmente a far parte delle fonti del diritto dell’UE, collocandosi, insieme ai Trattati, al vertice della gerarchia delle fonti dell’UE (c.d. diritto primario). Se la genesi e l’evoluzione del diritto dell’UE mostra le peculiarità delle quali si è brevemente detto, altrettanto peculiare, come anticipato, è la collocazione delle norme UE rispetto alla gerarchia delle fonti italiane, a causa della complessa interazione tra fonti con origini e competenze diverse. Generalmente si ritiene che il diritto dell’UE prevalga sul diritto in- terno degli Stati membri, e si fa risalire questo principio ad una risalente pronuncia (1964) della Corte di Giustizia, organo della Comunità e poi dell’Unione, deputato, in primis, a controllare la corretta interpretazio- ne del diritto UE e la formale e sostanziale conformità dei sistemi giu- ridici nazionali al diritto UE. Secondo l’opinione ormai consolidatasi ufficialmente, il primato del diritto UE dovrebbe valere anche rispetto alle Costituzioni nazionali, così da porre il diritto UE al vertice della gerarchia delle fonti per qualsiasi Stato membro. Neppure possono es- sere considerati fonti originarie, mentre mostrano tratti in comune, dal punto di vista genetico, con il diritto internazionale, considerando che i Trattati sono comunque atti internazionali convenzionali, trattati per l’appunto, stipulati tra Stati (membri) sovrani. Risultati di atti di diritto internazionale, i Trattati hanno tuttavia creato un ordinamento giuridico autonomo, fondato sul riconoscimento loro attribuito dagli Stati mem- bri, che hanno rinunciato a parte della loro sovranità accettando che, nelle materie e con le modalità previste negli stessi Trattati, le fonti UE prevalgano sulle fonti interne. Cruciale, dunque, è verificare quali materie rientrino nella compe- tenza dell’UE, ovvero i confini del riparto di competenze, e ciò dovrà essere fatto di volta in volta, verificando quali siano i settori di esclusiva competenza dell’UE, quali di competenza esclusiva nazionale, e quali in- vece di legislazione concorrente. Secondo l’art. 5.2 TUE, “in virtù del principio di attribuzione, l’U- nione agisce esclusivamente nei limiti delle competenze che le sono attribuite dagli Stati membri nei trattati per realizzare gli obiettivi da questi stabiliti. Qualsiasi competenza non attribuita all’Unione nei trattati appartiene agli Stati membri”. 30 MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO Secondo l’art. 5.3 TUE, invece, “in virtù del principio di sussidia- rietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l’Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi dell’azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell’azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione”. Non solo: “in virtù del principio di proporzionalità, il contenuto e la forma dell’azione dell’Unione si limitano a quanto necessario per il consegui- mento degli obiettivi dei trattati” (art. 5.4 TUE). Il ruolo della legislazione nazionale, infine, è rafforzato dalla previ- sione in forza della quale “i parlamenti nazionali vigilano sul rispetto del principio di sussidiarietà” (art. 5.5 TUE). La Corte Costituzionale ha ormai avallato la prevalenza del diritto UE sul diritto interno (inclusa la stessa Costituzione, e con il solo limite dei principi fondamentali), ritenendo tale prevalenza consentita dalla stessa Costituzione. La Corte, nelle sue decisioni in materia, si è riferita anzitutto all’art. 11 Costituzione (“L’Italia […] consente, in condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali rivolte a tale scopo”) e, in secondo luogo, all’art. 117 Costituzione (come modificato dalla Legge costituzio- nale n. 3/2001), in forza del quale “la potestà legislativa è esercitata dallo Stato e dalle Regioni nel rispetto della Costituzione, nonché dei vincoli deri- vanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali”. Ciò non esclude che, in talune circostanze, il problema della supre- mazia del diritto UE rispetto alla nostra Costituzione si sia posto (es. divieto di lavoro notturno femminile) e possa riproporsi, mettendo in evidenza punti di frizione tra i diversi principi e le diverse norme espresse da quelle fonti, rimettendo così in discussione i loro reciproci rapporti. Lasciando da parte i difficili e rari casi nei quali si potrebbe evidenziare un contrasto tra la Carta costituzionale e il diritto dell’UE, il primato del diritto UE trova riscontro, sia nell’elaborazione della Corte Costi- tuzionale sia nella giurisprudenza della Corte di Giustizia, nell’obbligo del giudice nazionale di decidere una controversia sulla base delle norme UE direttamente applicabili, disapplicando le norme interne contrastan- ti. Quando, invece, il giudice individui un contrasto tra norme UE non direttamente applicabili e norme interne, trova spazio l’applicazione del principio di c.d. interpretazione conforme: il giudice nazionale deve inter- pretare le disposizioni interne (tutte, non solo quelle che espressamente recepiscono norme UE) nel modo più conforme alle disposizioni UE, quando ciò risulti possibile e non vi sia incertezza sull’interpretazione delle disposizioni UE. Le fonti del diritto del lavoro 31 Le fonti formali del diritto UE possono utilmente distinguersi in: a. diritto primario, costituito dai Trattati (e dalle fonti ad essi eventualmente equiparate: è il caso oggi della Carta dei diritti fondamentali), che definiscono gli ambiti di esercizio della pote- stà legislativa dell’UE e i poteri attribuiti alle istituzioni europee; b. diritto derivato, costituito da tutti gli atti normativi la cui vali- dità deriva dal diritto primario. Nell’ambito del diritto derivato si suole distinguere tra atti unilaterali tipici e atipici. Tra gli atti tipici (art. 288 TFUE) nella materia di nostro interesse ri- sultano rilevanti, più che decisioni (vincolanti), raccomandazioni e pareri (non vincolanti), i regolamenti e le direttive. Tra gli atti c.d. atipici (perché non menzionati all’art. 288 TFUE), merita segnalare, nell’ambito di nostro interesse, i c.d. “libri bianchi” e “libri verdi”, per lo più manifestazioni di intenti e proposte (aperte alla consultazione pubblica, nel caso dei libri verdi, che in molti casi conflu- iscono poi in un libro bianco), volte a influenzare lo sviluppo del diritto UE e dei diritti nazionali. Regolamenti e direttive possono essere emanate dagli organismi competenti nelle sole materie per le quali i Trattati prevedono una com- petenza primaria dell’UE e nei limiti di competenza ivi previsti. Il regolamento ha portata generale. Esso è obbligatorio in tutti i suoi elementi e direttamente applicabile in ciascuno degli Stati membri. Ciò significa che le norme da esso prodotte hanno effetto diretto (anche nei rapporti tra i privati) all’interno degli ordinamenti nazionali, senza neces- sità di alcun intervento da parte del legislatore interno. Si tratta dunque di un intervento per così dire “pesante”, che regola in modo uniforme la materia che ne è oggetto, senza lasciare alcuno spazio ad adattamenti nazionali delle regole, dispiegando un effetto diretto verticale (nei con- fronti degli Stati membri) e orizzontale (tra privati). Importanti Regola- menti hanno regolato e regolano, per esempio, la libera circolazione dei lavoratori, tema centrale nel diritto sociale dell’UE sin dalle origini. La direttiva vincola lo Stato membro cui è rivolta per quanto riguar- da il risultato da raggiungere, salva restando la competenza degli organi nazionali in merito alla forma e ai mezzi. I destinatari della direttiva, dun- que, sono (solo) gli Stati membri, che devono provvedere a conformare il loro ordinamento giuridico entro il termine previsto da ciascuna diret- tiva; per questa ragione le direttive non hanno effetto diretto, e devono essere necessariamente trasposte (o recepite) nel diritto interno degli Stati membri. Ciò non esclude tuttavia che, a determinate condizioni, una direttiva possa essere invocata direttamente da un cittadino di uno Stato membro in un procedimento giudiziario nazionale. Si tratta di casi 32 MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO nei quali, dunque, la direttiva può produrre quell’effetto diretto che non le sarebbe proprio. Scaduto il termine entro il quale uno Stato membro avrebbe dovuto recepire la direttiva, a fronte di un mancato o inadeguato recepimento della stessa direttiva, le disposizioni contenute in quella di- rettiva possono essere invocate direttamente dal cittadino dello Stato ina- dempiente, a condizione che esse siano così dettagliate e self executing da definire in modo chiaro, preciso e incondizionato i diritti che il cittadino intenda far valere. Verificata questa necessaria condizione, la disposizione in oggetto acquisisce sì efficacia diretta, ma limitata: la sua efficacia, infat- ti, si dispiega soltanto nei confronti dello Stato (inadempiente all’obbligo di recepimento), sia pure inteso in senso ampio, così da ricomprendere anche tutti i casi nei quali sia parte del giudizio la Pubblica amministra- zione (per esempio, nella sua veste di datore di lavoro pubblico). Si tratta di quello che usualmente viene definito effetto diretto verticale. Resta invece ferma l’impossibilità di realizzare l’obiettivo di attribuire alla direttiva effetto diretto orizzontale (tra privati). Al fine di garantire l’effettività delle direttive e di evitare che uno Sta- to membro possa trarre beneficio dal loro mancato recepimento, tuttavia, la Corte di Giustizia ha statuito che il cittadino che abbia subito un dan- no direttamente riconducibile al mancato recepimento di una direttiva non self executing potrà far valere il diritto ad un risarcimento effettivo e proporzionato del danno subito; si tratta dell’applicazione della c.d. dottrina Francovich, dal caso (italiano) che è stato all’origine di questa giurisprudenza della Corte, ormai consolidatasi. Perché il danno possa e debba essere risarcito, occorre che si veri- fichino tre condizioni: la prima di queste condizioni è che il risultato prescritto dalla direttiva implichi l’attribuzione di diritti a favore dei sin- goli. La seconda condizione è che il contenuto di tali diritti possa essere individuato sulla base delle disposizioni della direttiva. Infine, la terza condizione è l’esistenza di un nesso di causalità tra la violazione dell’ob- bligo a carico dello Stato e il danno subito dai soggetti lesi. Diversamente da quanto avviene per le fonti di diritto internazio- nale, le direttive acquisiscono efficacia nel diritto interno non attraver- so una legge di ratifica, bensì attraverso un procedimento che, da molti anni, è stato codificato e strutturato in modo da garantire, almeno in via di principio, il costante e tempestivo adeguamento dell’ordinamento interno alle direttive che, anno dopo anno, vengono approvate dalle isti- tuzioni UE e al “diritto vivente” elaborato dalla Corte di Giustizia. La Legge 234/2012 ha sostituito la tradizionale “legge comunitaria annuale”- che era stata introdotta nel 1989 dalla legge “La Pergola”- con un doppio binario, costituito da: 1) la legge di delegazione europea, che attribuisce al Governo deleghe legislative per il recepimento delle di- Le fonti del diritto del lavoro 33 rettive; 2) la legge europea, che contiene disposizioni legislative che dan- no diretta attuazione alle direttive o che modificano disposizioni vigenti oggetto di procedure d’infrazione nei confronti dell’Italia o di sentenze della Corte di Giustizia. L’elaborazione e l’approvazione dei decreti legislativi di recepimen- to di direttive viene coordinata dai consiglieri giuridici del Sottosegreta- rio agli Affari Europei attraverso tavoli di recepimento, presieduti da un consigliere giuridico dell’Ufficio legislativo, ai quali partecipano tutte le amministrazioni coinvolte nella trasposizione. Anche la Corte di Giustizia è una istituzione dotata di un ruolo cen- trale nell’interpretazione del diritto UE, e, in un certo senso, nella stessa creazione del diritto UE. Secondo l’art. 19 TUE, la Corte di Giustizia dell’Unione europea – che comprende la Corte di Giustizia, il Tribunale e i tribunali specializ- zati – “assicura il rispetto del diritto nell’interpretazione e nell’applicazione dei trattati”. Tra le molte sue specifiche prerogative, occorre segnalare, oltre alle decisioni assunte a fronte di un ricorso per inadempimento, le decisioni che intervengono nelle ipotesi di rinvio pregiudiziale. In forza dell’art. 267 TFUE, infatti, la Corte è competente a pronun- ciarsi in via pregiudiziale sull’interpretazione dei Trattati, nonché sulla validità e sull’interpretazione degli atti compiuti dalle istituzioni e dagli organi dell’UE. Ogni organo giurisdizionale nazionale può rivolgersi alla Corte, sospendendo il giudizio in corso, per chiedere l’interpretazione del diritto UE che ritiene necessaria per risolvere la controversia interna. Trascurando in questa sede il ruolo di giudice di legittimità degli atti dell’UE, di grande rilievo risulta il ruolo di interprete delle norme UE, di diritto primario e di diritto derivato. L’interpretazione delle norme UE decisa dalla Corte, pur non rappresentando formalmente una interpreta- zione autentica (perché non promana dallo stesso organo che ha emanato l’atto giuridico), costituisce un’interpretazione generalmente vincolante per qualsiasi interprete. La decisione, contro la quale non è ammesso al- cun ricorso, è infatti obbligatoria non solo per la giurisdizione nazionale che ha avviato il rinvio pregiudiziale, ma anche per tutte le giurisdizioni nazionali degli Stati membri. La Corte, in ogni sentenza, si pronuncia soltanto sulle questioni pre- giudiziali che sono state poste dal giudice nazionale del rinvio, e non può pronunciarsi sull’interpretazione di disposizioni nazionali, né sulla conformità di tali disposizioni nazionali rispetto al diritto UE. La Corte si limita a fornire l’interpretazione del diritto UE, che il giudice nazionale applicherà nel decidere la controversia interna. Questa netta distinzione di ruoli tra giudici nazionali (cui spetta de- 34 MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO cidere la controversia interna) e giudici della Corte (cui spetta l’interpre- tazione del diritto UE) dovrebbe segnare i confini della collaborazione tra giurisdizioni nazionali e giurisdizione UE. Di fatto, in alcuni recenti casi, la Corte si è spinta sino a fornire “suggerimenti” al giudice nazionale che dovrà decidere della conformità del diritto interno rispetto al diritto UE, rendendo meno limpida la ri- partizione di competenze ed arrivando a comprimere, di fatto, il potere e l’autonomia dei giudici nazionali. Il rinvio pregiudiziale, come abbiamo detto, è una facoltà del giudice nazionale, e i giudici italiani solo negli ultimi anni hanno iniziato ad avvalersi con una relativa frequenza di questo strumento di interpretazione del diritto. La facoltà si trasforma invece (art. 276.3 TFUE) in obbligo per le giurisdizioni nazionali di ultima istanza (verso le cui decisioni non sia proponibile ricorso giurisdizionale secondo il diritto interno). Con le sentenze nn. 102 e 103/2008 della nostra Corte Costituzio- nale, con le quali si è registrato il primo rinvio pregiudiziale ad opera del- la Corte italiana, sembrano ormai superate le molte remore che l’avevano indotta ad escludere un dialogo diretto con il supremo giudice UE, rite- nendo che la sua funzione di controllo costituzionale non ne consentisse l’inclusione nel novero dei giudici di ultima istanza. Conclusivamente, si può ben comprendere come e perché il diritto (del lavoro, ma non solo) italiano sia ormai profondamente influenzato e quasi conformato dal di- ritto UE. Agli Stati membri resta certamente la possibilità di mantenere o introdurre disposizioni di miglior favore rispetto allo standard imposto dalle direttive, ma la Corte è sempre più vigile nel controllare che questo avvenga senza violare altre norme UE. L’opera di complessiva tendenziale omogeneizzazione dei diritti nazionali, nelle materie di competenza del diritto UE, secondo quanto previsto dai Trattati, è poi completata dalle c.d. “clausole di non regresso”, inserite sistematicamente nelle direttive di ultima generazione. In forza di queste clausole, infatti, l’applicazione di una direttiva, e dunque il suo necessario recepimento, non legittimano una riduzione generale delle tutele offerte dagli ordinamenti naziona- li nella materia oggetto della direttiva. Nell’interpretazione della Corte, queste clausole si applicano a qualsiasi intervento legislativo nella materia de qua, e non soltanto all’atto che formalmente ha recepito la direttiva, ma non impediscono invece al legislatore nazionale di modificare anche in pejus la disciplina previgente, purché sussistano giustificate finalità, principalmente di ordine economico, estranee alla trasposizione della di- rettiva e a condizione che comunque sia assicurato il rispetto dei livelli di protezione garantiti dalla direttiva. Il diritto dell’Unione europea ha acquisito sempre maggiore impor- tanza come fonte del diritto del lavoro. Le fonti del diritto del lavoro 35 A livello europeo si persegue, normativamente, l’“armonizzazione dei diritti del lavoro statali” (MAZZOTTA) e, politicamente, “il migliora- mento dei livelli di occupazione e delle condizioni di vita e di lavoro”. L’attività normativa dell’Unione europea in materia sociale ha operato, ed opera tuttora, come fattore di sviluppo della legislazione nazionale. Il recepimento di tale normativa nella legislazione nazionale deve avvenire salvaguardando il livello di tutela de lavoratori già esistente nel Paese, per cui dall’attuazione delle direttive non può in alcun caso deri- vare un arretramento del livello generale di protezione in un determinato ambito (cd. “principio di non regresso”). 2.3 Il diritto internazionale. In particolare: a) la CEDU; b) le Convenzio- ni dell’OIL La Costituzione (art. 35, comma 3) dispone che la Repubblica “promuove e favorisce gli accordi e le organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro”. Le norme internazionali di origine consuetudinaria sono fonti dirette del diritto del lavoro, in forza dell’art. 10 Costituzione (secondo il quale l’ordinamento italiano si conforma alle norme di diritto inter- nazionale generalmente riconosciute, ossia, appunto, alle consuetudini internazionali). Le norme internazionali di natura pattizia (ossia i trattati) sono invece fonti indirette del diritto del lavoro, in quanto, per entrare a far parte dell’ordinamento giuridico italiano, devono essere ratificate con legge dello Stato e ad esse deve essere data esecuzione (cosa che, in gene- re, avviene con la medesima legge che ne autorizza la ratifica), affinché diventino applicabili e vincolanti per i singoli soggetti. Tra le fonti internazionali che hanno assunto recentemente maggior rilievo anche per il diritto del lavoro merita di essere segnalata la Con- venzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo (CEDU). La Convenzione – un accordo internazionale multilaterale concluso tra tutti i membri del Consiglio d’Europa, entrato in vigore il 3 settembre 1953- ha assunto una nuova rilevanza politica e istituzionale, ed un di- verso valore giuridico, con il Trattato di Lisbona che, all’art. 6 TUE, ha previsto, da un lato, che i diritti fondamentali, quali garantiti dalla CEDU e risultanti dalle tradizioni costituzionali comuni agli Stati mem- bri, fanno parte del diritto dell’Unione in quanto principi generali e, dall’altro, che l’Unione aderisce alla CEDU. 36 MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO Sul progetto di accordo di adesione la Corte di Giustizia ha espresso un parere (pubblicato nel dicembre 2014) giudicato molto cauto e pro- blematico, se non addirittura negativo. La Corte ritiene che l’adesione debba essere subordinata alle condizioni previste dai Trattati dirette a “garantire che quest’ultima non incida sulle caratteristiche specifiche dell’U- nione e del diritto dell’Unione”, tra cui spiccano il principio di attribuzio- ne, il quadro istituzionale e la natura stessa del diritto dell’Unione, con particolare riferimento al suo “primato”. Una delle questioni più delicate riguarda il rapporto tra i giudicati della Corte europea dei diritti dell’uomo (più nota come Corte di Stra- sburgo) – l’organo giurisdizionale internazionale che assicura l’applica- zione e il rispetto della CEDU – da una parte, e i giudicati della Corte di Giustizia dall’altra. Non si devono comunque trascurare, da un lato, il recepimento espresso dei diritti fondamentali garantiti dalla CEDU quali “principi generali” del diritto dell’UE, e dall’altro l’adesione dell’Italia alla CEDU. In ogni caso, dunque, mentre quei principi potranno essere utilizzati dalla Corte di Giustizia nell’interpretazione del diritto dell’UE, d’altra parte quei principi dovranno essere rispettati dalla nostra Repubblica ed applicati dai giudici nazionali, nei limiti di compatibilità con la Costitu- zione. Non è un caso, dunque, che le sentenze della Corte di Strasburgo stiano assumendo un ruolo non marginale nel “diritto vivente” interno. Alle fonti sin qui esaminate occorre aggiungere altre fonti di specifi- co interesse: si tratta delle norme di diritto internazionale (pubblico) del lavoro, la cui parte più importante è rappresentata dalle Convenzioni dell’OIL (Organizzazione Internazionale del Lavoro). Queste norme internazionali (di diritto internazionale convenzionale) non sono appli- cabili nell’ordinamento interno senza previa “recezione” (rinvio recettizio mediante ratifica e ordine di esecuzione di un trattato) o trasformazione in norme interne (riproduzione, con legge o altro atto normativo, delle norme internazionali). Le norme internazionali convenzionali oggetto di ratifica sono dun- que fonti del diritto interno, di rango superiore alla legge ordinaria. L’OIL, da cui promanano le norme internazionali del lavoro, è un’antica organizzazione internazionale: istituita nel 1919 (Parte XIII del Trattato di Versailles), con sede a Ginevra, è diventata nel secondo dopoguerra un’agenzia specializzata dell’ONU, mantenendo la propria autonomia e la propria originaria struttura tripartita. Sono organi dell’OIL: a. la Conferenza Internazionale del Lavoro, alla quale partecipa- no gli Stati membri, rappresentati da una delegazione composta da due rappresentanti del Governo (uno dei quali solitamente è il Le fonti del diritto del lavoro 37 Ministro del Lavoro), un delegato per le organizzazioni nazionali dei lavoratori e uno per quelle dei datori di lavoro. La Conferenza adotta le Convenzioni e le Raccomandazioni, approva il bilancio, elegge il Consiglio di amministrazione; b. il Consiglio di Amministrazione, organo esecutivo dell’Orga- nizzazione, con mandato triennale; c. l’Ufficio Internazionale del Lavoro, meglio conosciuto con l’acronimo BIT (Bureau International du Travail), o ILO (In- ternational Labour Office), costituisce l’apparato amministrativo dell’OIL e ha il compito di preparare le delibere del Consiglio di Amministrazione e degli atti della Conferenza e, soprattutto, di monitorare e verificare l’effettiva applicazione delle Convenzioni. Sono membri dell’OIL gli Stati membri dell’ONU. Gli obiettivi uni- versalistici dell’OIL (estensione della protezione sociale dei lavoratori, formali e informali, e in particolare la protezione delle condizioni di vita, della salute, delle pari opportunità in campo educativo e professionale) sono stati definiti dalla Dichiarazione di Philadelphia del 1944, nella quale sono affermati (o meglio, riaffermati) tre fondamentali principi: -- il lavoro non è una merce; -- la libertà di espressione e di associazione sono fondamentali per il progresso; -- la povertà in qualunque luogo costituisce un pericolo per la pro- sperità ovunque. Questa dichiarazione, che si collega strettamente alla Dichiarazione uni- versale dei diritti dell’uomo adottata dall’Assemblea dell’ONU nel 1948, costituisce la base giuridica essenziale dell’azione normativa dell’OIL, che si sviluppa mediante la stipulazione di Convenzioni e Raccomandazioni. Le Convenzioni dell’OIL, nelle quali vengono formulate norme dette correntemente International Labour Standards (ILS), hanno natura di trattati internazionali multilaterali: le Convenzioni obbligano solo gli Stati che le ratificano e richiedono un numero minimo di ratifiche prima della loro entrata in vigore. Fa capo dunque alle delegazioni tripartite degli Stati membri la scelta se approvare o meno una Convenzione, ma rientra senz’altro nella sovranità degli Stati membri la scelta di dare o meno vita agli ILS mediante la ratifica delle Convenzioni. Conclusivamente, si può osservare che i diritti fondamentali trovano ormai protezione attraverso un sistema “multilivello”, che vede agire e interagire il diritto internazionale pubblico (es. OIL), il diritto europeo (es. CEDU), il diritto dell’UE (es. Trattati), senza trascurare il ruolo delle cc.dd. “clausole sociali” inserite, in modo crescente ma ancora limitato e oggetto di discussione, nei contratti commerciali internazionali, che hanno l’obiettivo di garantire standard minimi di trattamento economico 38 MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO e normativo nei confronti dei dipendenti di imprese che operano in Paesi in via di sviluppo per conto di grandi imprese (per lo più multinazionali) europee o di altri Paesi c.d. avanzati. 2.4 La legislazione ordinaria: ripartizione della potestà legislativa tra Stato e Regioni Nel corso della precedente legislatura il Parlamento ha approvato un te- sto di legge costituzionale contenente modifiche al Titolo V della Parte II della Costituzione, nel quale era prevista anche una modifica della ripartizione del potere legislativo fra lo Stato e le Regioni (art. 117). Il testo della riforma è stato sottoposto a referendum costituzionale. Nella consultazione, svoltasi il 4 dicembre 2016, il “no” ha riportato la mag- gioranza dei voti: la riforma costituzionale è stata pertanto bocciata dal voto popolare. Per quanto interessa in questa sede, l’art. 117 Cost. resta perciò in vigore nel testo riformato a suo tempo dalla Legge costituzionale 18 otto- bre 2001 n. 3, che aveva profondamente modificato (in senso cosiddetto federalista, o meglio di valorizzazione delle autonomie locali) la ripartizio- ne del potere legislativo fra lo Stato e le Regioni originariamente prevista. Il riparto vigente è ispirato al principio di sussidiarietà: superato il rigido riparto per materie del vecchio testo dell’art. 117 Costituzione, la formulazione attuale intende individuare il livello di regolamentazione (nazionale o locale) più adeguato secondo la natura dei fatti da regolare. Il potere legislativo risulta così ripartito: -- materie, specificamente elencate, soggette alla legislazione esclu- siva dello Stato (art. 117, comma 2, Costituzione); -- materie specificamente elencate, nelle quali la legislazione dello Stato concorre con la legislazione regionale, determinando i principi fondamentali di quest’ultima (art. 117, comma 3, Co- stituzione); -- materie residuali nelle quali la Regione ha potestà legislativa esclusiva (art. 117, comma 4, Costituzione). Limitandoci qui alle sole materie che direttamente o indirettamente ri- guardano il diritto del lavoro, ricordiamo che lo Stato ha legislazione esclusiva nelle seguenti materie: condizione giuridica dei cittadini di Sta- ti non appartenenti all’Unione europea; immigrazione; giurisdizione e norme processuali; ordinamento civile e penale; giustizia amministrativa; determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti Le fonti del diritto del lavoro 39 civili e sociali che devono essere garantiti su tutto il territorio nazionale; previdenza sociale. Sono materie di legislazione concorrente dello Stato e delle Regioni quelle relative a: tutela e sicurezza del lavoro; istruzione, salva l’autonomia delle istituzioni scolastiche e con esclusione della istruzione e della forma- zione professionale; professioni; previdenza complementare e integrativa. Le Regioni hanno potestà legislativa (esclusiva) in riferimento ad ogni materia non espressamente riservata alla legislazione dello Stato. Tra le materie sulle quali vi è potestà legislativa concorrente tra Sta- to e Regioni spicca la tutela e sicurezza del lavoro. Un’interpretazione estensiva di questa espressione avrebbe messo fortemente in discussione l’unità del diritto del lavoro sul territorio nazionale (e con ciò l’eguaglianza dei lavoratori di fronte alla legge); l’orientamento prevalente si è perciò ragionevolmente orientato nel senso di una interpretazione riduttiva, au- torevolmente avallata dalla Corte costituzionale (sentenze nn. 359/2003, 50/2005, 384/2005). La Corte ha precisato che il diritto del lavoro, es- sendo parte dell’ordinamento civile, è di competenza esclusiva dello Stato; restano nella competenza concorrente delle Regioni la disciplina del mer- cato del lavoro (servizi per l’impiego, politiche attive del lavoro), nonché le attività amministrative di tutela del lavoro e della sua sicurezza. Quanto alla formazione professionale (esclusa quella direttamente impartita dal datore di lavoro, di competenza esclusiva della legislazione statale: così ha stabilito la Corte costituzionale), essa rientra nella com- petenza esclusiva della Regione, ma lo Stato può ancora intervenire defi- nendo i livelli essenziali delle prestazioni relative al diritto dei lavoratori alla formazione. Appartengono ancora alla competenza concorrente tra Stato e Re- gioni la tutela della salute e la previdenza complementare ed integrativa. In tali materie, l’esercizio della potestà normativa da parte delle Re- gioni è subordinato all’osservanza dei vincoli derivanti dall’ordinamento comunitario e dagli obblighi internazionali, nonché al rispetto dei prin- cipi fondamentali contenuti nella Costituzione, eventualmente definiti con legge statale. Appartengono invece alla potestà normativa esclusiva delle Regioni tutte le materie non espressamente riservate alla legge statale e alla legi- slazione regionale concorrente, ivi incluso il potere di dare attuazione ed esecuzione agli atti dell’Unione europea, nell’osservanza delle procedure stabilite con legge dello Stato. Nelle materie rientranti nella competenza esclusiva delle Regioni, lo Stato ha unicamente un eccezionale potere sostitutivo, al fine di porre ri- medio all’eventuale inerzia delle Regioni stesse nell’adozione delle norme dell’Unione europea (art. 11, comma 8, Legge 11/2005). 40 MANUALE DI DIRITTO DEL LAVORO 2.5 Le fonti contrattuali Oltre alla legge, vi sono altri strumenti che concorrono a regolamentare la materia del lavoro. Nella specie si fa riferimento alla contrattazione collettiva e alla contra

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