Diritto del Lavoro PDF

Summary

Questo documento riguarda le nozioni di diritto del lavoro, con un excursus storico e un'analisi delle condizioni di lavoro prima della rivoluzione industriale e dei suoi effetti. Contiene informazioni sulle condizioni di lavoro inique prima della legislazione sul lavoro e sull'origine del diritto del lavoro. Sono anche descritti i regolamenti aziendali di lavoro e il contratto collettivo, tra gli altri argomenti.

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Diritti e doveri del lavoratore e dell'impresa ATS COMPETERE 2 Segreteria Corsi presso API Formazione Via Pianezza, 123 – 10151 TORINO Tel.011/45.13.296 Fa...

Diritti e doveri del lavoratore e dell'impresa ATS COMPETERE 2 Segreteria Corsi presso API Formazione Via Pianezza, 123 – 10151 TORINO Tel.011/45.13.296 Fax 011/45.51.150 Nozioni di diritto del lavoro Corso per apprendisti a cura del servizio sindacale A.P.I. Torino (Avv. C. Lamarca) Excursus storico Prima dell’avvento della rivoluzione industriale, il lavoro si svolgeva principalmente: 1) Nella bottega artigiana: luogo sia di produzione che di formazione, ove gli operai della bottega avevano grosso modo le stesse competenze e conoscevano tutte le fasi della lavorazione del prodotto; il numero di addetti era limitato 2) A domicilio: diffuso soprattutto nel settore tessile 3) In opificio (proto factory): si riunivano parecchi lavoratori (settore tessile, ceramico), spesso utilizzando anche dei macchinari mossi dalla forza del vento o dell’acqua che consentiva una prima rudimentale «automazione» del processo produttivo 2 3 Con la rivoluzione industriale… …basata su un’industria meccanizzata e concentrata che produce per il mercato nazionale e internazionale, il lavoro diventa collettivo, organizzato, segmentato, disciplinato e sorvegliato. I lavoratori fanno funzionare (correggono, alimentano, verificano) macchine che incorporano le abilità artigianali e non hanno bisogno di riposo. I lavoro è dunque anche continuo. Vi è da precisare che le trasformazioni non sono repentine, avvengono per gradi e la fabbrica convive a lungo con le più antiche forme dell’artigianato e del sistema a domicilio. 4 Excursus storico La rivoluzione industriale è portatrice di alcune conseguenze: a) la produzione in serie dei beni di consumo abbatte i costi degli stessi e li rende accessibili a fasce sempre più ampie della popolazione (effetto positivo) b) La determinazione di una questione sociale in relazione alle condizioni di lavoro in fabbrica (effetto negativo) 5 Condizioni di lavoro inique per diversi motivi. La disciplina è sostanzialmente lasciata alla libera trattativa delle parti e le condizioni di lavoro sono quindi prestabilite dal datore di lavoro (natura privatistica del rapporto di lavoro lasciato alla autoregolamentazione delle parti); il che comporta: - Salari molto bassi - Orari di lavoro estenuanti (12-16 ore giornaliere; solo nel 1831 in UK viene limitata la giornata lavorativa a 12 ore per chi ha meno di 18 anni) - Condizioni igieniche e di sicurezza pressoché inesistenti (ambienti malsani fuori e dentro la fabbrica) - Mancanza di ammortizzatori sociali in caso di malattia, infortunio, maternità, ecc… - Ferie, permessi e altri istituti inesistenti o, comunque, a discrezione dell’impresa - Discriminazioni di genere, lavoro minorile, ecc…. 6 «Il lavoro delle donne e dei fanciulli è stata la prima parola dell’uso capitalistico delle macchine. Questo potente surrogato del lavoro degli operai si è così trasformato subito in un mezzo per aumentare il numero degli operai salariati irreggimentando sotto l’imperio immediato del capitale tutti i membri della famiglia operaia, senza differenza di sesso e di età. Il lavoro coatto a vantaggio del capitalista ha usurpato non solo il posto dei giochi fanciulleschi, ma anche quello del libero lavoro nella cerchia domestica, entro limiti morali, a vantaggio della famiglia stessa. Le mogli degli operai [non trovando più] il tempo necessario per allattare i propri bambini, li avvelenavano con il Godfrey’s cordial (un oppiaceo). Il capitale [aveva] usurpato per la propria auto-valorizzazione il lavoro familiare.» K. Marx, Il Capitale (1867). Il regolamento In alcuni casi esisteva una sorta di regolamento di fabbrica che, tuttavia, ricordava in maniera molto approssimativa i ccnl moderni; consisteva in una severa e vincolante «legge interna» della fabbrica che definiva le condizioni di assunzione e di licenziamento (durata della giornata lavorativa, scala salariale, multe per assenze e ritardi…), regolava i comportamenti (le sospensioni legittime per pulire le macchine o per il pranzo, gli spostamenti all’interno della fabbrica o l’entrata e l’uscita dalla fabbrica…), elencava i divieti (parlare, cantare, scherzare…), definiva le sanzioni per gli errori o le mancanze (mancato rispetto degli orari o delle gerarchie), stabiliva le modalità di controllo e perquisizione (per la tutela del patrimonio aziendale) 8 L’origine del diritto del lavoro Tali regolamenti non nascevano dall’accordo tra lavoratori e imprenditore. Avevano il fine di far produrre in maniera continuativa, ordinata e all’unisono i lavoratori la cui cultura si fondava tradizionalmente sul controllo dei ritmi e delle modalità di lavoro e dunque su pratiche, consuetudini che le nuove tecniche e modalità di produzione industriale rendevano superate. Dalle proteste sociali, dal costituirsi di nuove forme di organizzazione di rivendica di migliori condizioni di lavoro nascerà una legislazione del lavoro che andrà a costituire il moderno diritto del lavoro. 9 NASCITA DEI PRIMI MOVIMENTI Alla fine del 1800 (circa) nascevano le prime forme organizzate dei lavoratori (a partire dagli Unions anglosassoni) e riguardano l’orario di lavoro e la retribuzione che veniva erogata ad esclusivo giudizio del padrone, così come l’orario che andava dall’alba al tramonto Una disciplina del rapporto di lavoro subordinato si rendeva quanto mai necessaria dal momento che il rapporto di lavoro è un rapporto in cui si palesava una rilevante disparità (la parte debole è il lavoratore). Il diritto del lavoro italiano delle origini e la prima legislazione sociale Il diritto del lavoro nasce con l’industrializzazione, che in Italia è tardiva. Fino al 1880 tale sviluppo era stato lento e la fisionomia economica del Paese era stata prevalentemente agricola. Nel periodo 1878-1898 furono eliminati migliaia di piccoli laboratori o fabbrichette; contemporaneamente cresce il numero delle grandi fabbriche. La giornata lavorativa media si aggirava intorno alle 12 ore, ma nelle filande, dove lavoravano soprattutto donne e bambini, la parte più indifesa della classe operaia, si arrivava anche a 15 ore di lavoro effettivo. I salari erano bassissimi. 11 segue La tutela del lavoratore, dunque, non è solo un problema giuridico (di regolamentazione dei rapporti dare/avere) ma è anche, e soprattutto, un problema sociale. Ma non esiste ancora una legislazione a tutela del rapporto di lavoro. La prima legge organica è il R.D.L. 1825 del 13.11.1924 sull’impiego privato (ma solo per le prestazioni intellettuali). Il rapporto di lavoro è ancora considerato come un rapporto PRIVATO ed è quindi lasciato alla autoregolamentazione delle parti. Ideologia liberale: l’autonomia privata è sovrana. L’impatto delle prima guerra mondiale e le prime istanze Il c.d. «biennio rosso» (1919-21) vide un’ondata di scioperi in tutto il Paese. Rivendicazioni per una miglioramento delle condizioni di lavoro. Le tutele più importanti quanto la rapporto (in particolare in tema di licenziamento, ma anche di sicurezza) erano stanzialmente assenti. 13 Il diritto del lavoro durante il fascismo (c.d. diritto del lavoro «corporativo») Negazione della disparità delle condizioni di forza tra le parti del contratto di lavoro. Soppressione di fatto delle libertà sindacale (sindacato unico corporativo). Lo sciopero è represso penalmente. Interventi sul lavoro femminile (dichiarati come protettivi, ma con finalità espulsive…) 14 Le istanze di tutela e l’era moderna Negli anni ‘60 e ‘70 a del Novecento vengono varate molte leggi importantissime. La prima legge di tutela contro i licenziamenti individuali: l. 604/1966. Nel 1970 (dopo il c.d. «autunno caldo») viene approvato lo Statuto dei lavoratori (legge 20 maggio 1970, n. 300). 15 Cos’è il diritto del lavoro Il diritto del lavoro è costituito dal complesso delle norme (= leggi) che regolano i rapporti tra datore di lavoro e lavoratore subordinato. Perché stabilire delle regole nel rapporto tra datore di lavoro e lavoratori? Perché il lavoratore è la parte più debole del rapporto e deve essere tutelato (= difeso) dalle leggi dello Stato nei confronti della parte più forte rappresentata dal datore di lavoro (Leggi del 1970…). 16 Cos’è il diritto del lavoro L’oggetto specifico del diritto del lavoro è, quindi, la disciplina (regolamentazione) della relazione tra il datore di lavoro ed i lavoratore. Tale rapporto trova in genere la sua fonte in un contratto. Al riguardo va osservato che, mentre in un qualsiasi contratto le parti si trovano in una situazione di parità, nel contratto di lavoro, come già anticipato, si determina uno squilibrio in quanto il prestatore di lavoro viene a trovarsi in una posizione di inferiorità che fa di esso il contraente più debole. Ne consegue che il carattere fondamentale del diritto del lavoro è quello di attenuare gli effetti più deleteri della subordinazione, assumendo una funzione di garanzia nei confronti del dipendente. 17 Cos’è una fonte del diritto? Lo Stato disciplina i rapporti tra datore di lavoro e dipendenti (ma non solo) con le leggi. Esistono diversi tipi di leggi. In particolare esistono leggi più importanti e leggi meno importanti. La legge è più o meno importante a seconda della fonte a cui appartiene. “Fonte” significa “sorgente”. La metafora serve a comprendere che le leggi sono come l’acqua che scaturisce dalla sorgente: più la sorgente è pura, più l’acqua che ne scaturisce sarà superiore; e così anche per le leggi…più la fonte è importante, più le leggi che ne scaturiscono saranno importanti! 18 Le fonti Il rapporto di lavoro è infatti disciplinato (= regolato) da una pluralità di fonti: -La Costituzione; - Le Leggi del parlamento italiano; - I decreti, - I contratti collettivi; - Gli usi; - Circolari ministeriali e prassi amministrativa - Atti vincolanti dell’Unione Europea (regolamenti, direttive e decisioni) 19 La Costituzione LA COSTITUZIONE DELLA REPUBBLICA ITALIANA È LA LEGGE FONDAMENTALE DELLO STATO ITALIANO E FONDA LA REPUBBLICA ITALIANA. Fu pubblicata nella G.U. del 27.12.1947 ed entrò in vigore il 1.01.1948 20 La Costituzione La Costituzione della Repubblica Italiana è la legge fondamentale dello Stato italiano e fonda la Repubblica Italiana. Fu approvata dall’Assemblea Costituente il 22.12.1947 e fu promulgata dal provvisorio dello stato Enrico De Nicola 5 giorni dopo (27.12.1947). Fu pubblicata nella G.U. del 27.12.1947 ed entrò in vigore il 1.01.1948 21 Inquadramento generale La Costituzione è l’insieme dei principi fondamentali che sono alla base dell’ordinamento giuridico di uno Stato, è quindi la legge fondamentale dello Stato. Negli stati contemporanei si presenta sottoforma di documento scritto in quanto costituisce l’ordinamento giuridico, il cui scopo è quello di proclamare i diritti inviolabili dei cittadini e di porre un limite ai poteri dello Stato. Fa eccezione la Gran Bretagna che non ha una Costituzione scritta, ma le norme costituzionali rappresentano norme consuetudinarie in quanto sono leggi emanate in periodi storici diversi. La Costituzione La Repubblica Italiana “riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro” (art. 1), promuovendo le condizioni che lo rendono effettivo (art. 4, co1) Il lavoro è anche un dovere di ogni cittadino, da adempiere “secondo le proprie possibilità e la propria scelta”, svolgendo attività o funzioni che concorrano “al progresso materiale o spirituale della società” (art. 4, co2) 23 Caratteristiche principali E’ la legge fondamentale da cui discendono e a cui si ispirano tutte le leggi ordinarie. 1. È rigida: Nessuna legge può mai essere in contrasto con quanto dice la Costituzione e, nel caso ciò avvenga, è sempre quest’ultima a prevalere. Si parla quindi di una Costituzione rigida, ciò significa che le norme costituzionali non possono essere cambiate da leggi ordinarie. 2. Le disposizioni aventi forza di legge vengono rimosse con un procedimento avanti alla Corte Costituzionale Inoltre l’articolo 139 della Costituzione specifica che “la forma repubblicana non può essere oggetto di revisione costituzionale”. 2. E ’ scritta. 3. È votata 4. È programmatica 5. È compromissoria 6. È lunga (n.b.: pur essendo lunga non tutte le materie costituzionali sono disciplinate: esempio impedimento del presidente della Repubblica o la formazione del governo. Per ovviare si passa alle consuetudini costituzionali da non confondere con le convenzioni costituzioni) Per modificare la Costituzione sono necessarie leggi particolari, le leggi di revisione costituzionale, per l’approvazione delle quali è prevista una procedura complessa che mira ad allontanare il rischio di facili cambiamenti (art.138 della Costituzione), rigida quindi, non significa immodificabile; la procedura di revisione prevede però regole più complesse rispetto a quelle necessarie per approvare le leggi ordinarie, La Costituzione Particolarmente rilevante è il principio sancito dall’art. 36, che attribuisce al lavoratore il “diritto ad una retribuzione proporzionata alla quantità e qualità del lavoro svolto e in ogni caso sufficiente ad assicurare a sé e alla famiglia un’esistenza libera e dignitosa”, nonché il diritto irrinunciabile ai riposi settimanali e alle ferie. L’art. 38 prevede strutture di assistenza sociale per ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto di mezzi necessari per vivere, strutture di previdenza sociale per i lavoratori in caso di infortunio, malattia, invalidità e disoccupazione involontaria e assicura agli inabili e ai minorati il diritto all’educazione e all’avviamento professionale. 26 27 Pari opportunità (anche con riferimento all’interculturalità) (cenni normativi e di attualità) 28 «La democrazia non garantisce uguaglianza di condizioni: garantisce solo uguaglianza di opportunità». Irwing Kristol, giornalista USA 29 Le pari opportunità sono un principio giuridico inteso come l'assenza di ostacoli alla partecipazione economica, politica e sociale di un qualsiasi individuo per ragioni connesse al genere, religione e convinzioni personali, razza e origine etnica, disabilità, età, orientamento sessuale o politico. 30 La discriminazione basata su religione o convinzioni personali, handicap, età o tendenze sessuali è proibita in tutta l'Unione europea poiché può pregiudicare il conseguimento degli obiettivi del trattato CE, in particolare il raggiungimento di un elevato livello di occupazione e di protezione sociale, il miglioramento del tenore e della qualità della vita, la coesione economica e sociale, la solidarietà e la libera circolazione delle persone. 31 La questione delle pari opportunità è affrontata abitualmente anche nella nostra vita quotidiana. La legislazione si preoccupa della sua tutela quanto a livello internazionale, che europeo e nazionale: 1) la Costituzione Italiana; 2) la Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea; 3) la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo 32 Articoli Costituzione di riferimento: 3,19, 21,37, 38*, 51 *Dalla Direttiva 78/2000 deriva l’art 3 comma 3 bis d.lgs 2003/2016: «….. Al fine di garantire il rispetto del principio della parità di trattamento delle persone con disabilità i datori di lavoro sono tenuti ad adottare accomodamenti ragionevoli…» 33 DICHIARAZIONE UNIVERSALE DEI DIRITTI UMANI E’ un documento molto importante firmato a Parigi dall’ONU nel 1948 in risposta ai grandi danni subiti nella Seconda guerra mondiale e fa parte dei documenti di base delle Nazioni Unite. «Il riconoscimento della dignità inerente a tutti i membri della famiglia umana e dei loro diritti, uguali ed inalienabili, costituisce il fondamento della libertà, della giustizia e della pace nel mondo, questa Carta promuove il rispetto e garantisce l’effettivo riconoscimento di tali principi». La Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo 35 LA CONVENZIONE INTERNAZIONALE SUI DIRITTI DELL’INFANZIA La Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia fu approvata il 20 Novembre 1989. E’ uno strumento giuridico e un riferimento ad ogni sforzo compiuto in 50 anni in difesa dei diritti dei bambini. La creazione della Convenzione è ricordata ogni anno , il 20 Novembre, con la commemorazione della giornata internazionale per i diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Parità di trattamento e divieto di discrimazione anche per i bambini Articolo 2: «Gli Stati parti si impegnano a rispettare i diritti enunciati nella presente Convenzione e a garantirli a ogni fanciullo che dipende dalla loro giurisdizione, senza distinzione di sorta e a prescindere da ogni considerazione di razza, di colore, di sesso, di lingua, di religione, di opinione politica o altra del fanciullo o dei suoi genitori o rappresentanti legali, dalla loro origine nazionale, etnica o sociale, dalla loro situazione finanziaria, dalla loro incapacità, dalla loro nascita o da ogni altra circostanza. Gli Stati parti adottano tutti i provvedimenti appropriati affinché il fanciullo sia effettivamente tutelato contro ogni forma di discriminazione o di sanzione motivate dalla condizione sociale, dalle attività, opinioni professate o convinzioni dei suoi genitori, dei suoi rappresentanti legali o dei suoi familiari». 37 Pari opportunità lavoratori - lavoratrici I principi delle pari opportunità definiti nella normativa europea, sono stati recepiti in Italia con diversi atti normativi. Per quanto riguarda la pari opportunità uomo-donna, ad esempio, è intervenuto nella nostra legislazione il Decreto legislativo 11/04/2006 nº 198 (G.U. 31/05/2006), meglio conosciuto come "Codice delle pari opportunità tra uomo e donna". In particolare esso stabilisce: il divieto di discriminazione tra uomo e donna; istituzione, funzioni, durata e composizione della Commissione per le pari opportunità fra uomo e donna; costituzione, compiti e funzionamento del Comitato nazionale per l'attuazione dei principi di parità di trattamento ed uguaglianza di opportunità tra lavoratori e lavoratrici; istituzione, compiti e funzioni del Collegio per l'istruzione degli atti relativi alla individuazione e alla rimozione delle discriminanti; attività del Comitato per l'imprenditoria femminile. 38 Pari opportunità lavoratori - lavoratrici Il Decreto individua inoltre le varie forme di discriminazione e pone il divieto a qualsiasi tipo di discriminazione: nell'accesso al lavoro; nella retribuzione; nelle prestazioni lavorative e nella carriera; nell'accesso alle prestazioni previdenziali; nell'accesso agli impieghi pubblici; nell'arruolamento nelle forze armate e nei corpi speciali nell'arruolamento nelle forze armate e nel corpo della Guardia di Finanza; nelle carriere militari. Individua inoltre alcune forme di finanziamento specifiche. Altri e successivi atti normativi sono poi intervenuti a meglio definire la materia, come il Decreto Legislativo nº 5 del 25/10/2010 (G.U. nº 29 del 5/02/2010) che modifica il D.lgs. 198/06 "Codice delle pari opportunità" e rafforza il principio della parità di trattamento e di opportunità fra donne e uomini e prevede sanzioni più severe in caso di violazione di tali principi (oltre a un successivo affinamento 39 del 2021. QUINDI ABBIAMO RAGGIUNTO LA PARITA’ UOMO –DONNA? 40 MA NEI FATTI?? 41 Sebbene le Pari opportunità siano, a giusto merito, uno degli argomenti centrali di qualunque fonte legislativa, ciò non impedisce lo spiacevole verificarsi di innumerevoli contrasti tra società e diritto. Molte di queste situazioni sono riscontrabili anche nel nostro Paese. 42 Uno sguardo alla cronaca… 43 Verona, 10 Gennaio 2003 Il Presidente dell’Unione dei mussulmani d’Italia Adel Smith viene aggredito da un gruppo di Forza Nuova. Arrestate 6 persone. Fonte: http://archiviostorico.corriere.it/2003/gennaio/11/Irruzione_picchiato_leader_islamico_co_0_030111448.s html 44 Ostia, 12 Luglio 2010. Un ragazzo gay, in fila per il bagno, è stato picchiato da alcuni ragazzi. I tre aggressori con botte, sputi e parolacce, hanno procurato alla vittima un trauma cranico. “ A noi le checche come te ce fanno schifo.” Fonte: http://www.tgcom.mediaset.it/cronaca/articoli/articolo464099.shtml 45 Per concludere: UNO SGUARDO GENERALE SULLA DISEGUAGLIANZE 46 47 La contrattazione collettiva 48 Il contratto collettivo Nel sistema delle fonti i contratti collettivi rivestono un ruolo centrale, poiché disciplinano direttamente aspetti rilevanti del rapporto, soprattutto laddove la regolamentazione legislativa è assente o incompleta. Per es. la Cost dice che la retribuzione deve essere proporzionata ad una esistenza libera e dignitosa: ma in concreto cosa significa? Il contratto collettivo ha anche la funzione di stabilire minimi di trattamento economico e normativo che possono essere migliorativi rispetto a quelli fissati dalla legge e che non derogabili (= modificabili) da parte del contratto individuale di lavoro. 49 Il contratto collettivo di lavoro La contrattazione collettiva costituisce il principale strumento di regolazione delle relazioni tra datori di lavoro e dipendenti, mediante la composizione dei contrapposti interessi dei lavoratori e dei datori di lavoro nel contratto collettivo. In buona sostanza il contratto collettivo di lavoro lo si può definire come l’accordo tra un datore di lavoro (o un gruppo di datori di lavoro) ed un’organizzazione o più di lavoratori, allo scopo di stabilire la disciplina particolareggiata del rapporto di lavoro tra datore e dipendente con riferimento al trattamento minimo garantito e le condizioni di lavoro alle quali dovranno conformarsi i singoli contratti individuali stipulati sul territorio nazionale. 50 Cosa disciplina? Per grandi linee alcuni degli argomenti trattati nel ccnl sono i seguenti: - Inquadramento contrattuale (livello, mansioni…) - Minimi retributivi - Periodo di prova - Orario di lavoro (lavoro a turni, straordinario…) - Permessi, congedi - Festività e ferie - Tredicesima mensilità o eventuali mensilità aggiuntive - Trattamento di fine rapporto - Malattia e infortunio - Diritto allo studio - Sicurezza sul lavoro - Doveri delle parti e provvedimenti disciplinari 51 Il contratto di lavoro Si considera contratto di lavoro subordinato l’accordo con il quale il lavoratore si obbliga a prestare la propria opera alle dipendenze e sotto la direzione del datore di lavoro in cambio di una determinata retribuzione. In mancanza della subordinazione si possono configurare altre tipologie contrattuali quali i contratti di lavoro autonomo e le collaborazioni coordinate e continuative. 52 Rapporti di lavoro possibile - Il lavoro a tempo determinato - Il lavoro in somministrazione (a termine o in staff leasing) - L’apprendistato - Il lavoro a tempo parziale - Il lavoro intermittente (Job on call) - CO.CO.CO. - Smart working 53 Rapporti speciali in ragione del particolare contesto o dell’oggetto dell’attività di lavoro (II) - Il telelavoro - Il lavoro familiare e l’impresa familiare - Il lavoro dei portieri - Il lavoro dirigenziale - Il lavoro sportivo - Il lavoro giornalistico - I lavoratori dello spettacolo 54 Somministrazione di lavoro (lavoro interinale) Nel nostro ordinamento vige il divieto di intermediazione e di interposizione nel rapporto di lavoro (Art. 2127 cc, L 264/49, L. 1369/60) Ratio: deve essere giuridicamente identificabile il datore di lavoro, ossia il soggetto responsabile per il trattamento normativo ed economico del lavoratore A tal fine il D.Lgs. 276/2003 e poi il D.Lgs 81/2015 prevedono che la somministrazione di lavoro quale fornitura professionale di manodopera, a tempo indeterminato o determinato, sia gestita esclusivamente da Agenzie autorizzate monitorate dal Ministero del Lavoro Caratteri della somministrazione Rapporto triangolare A tempo determinato / indeterminato (staff leasing) Contratto di somministrazione Somministrante Utilizzatore Contratto di lav.subordinato Lavoratore Interscambiabilità dei lavoratori nella somministrazione (l’agenzia di somministrazione può assolvere gli obblighi di un contratto di somministrazione a tempo indeterminato sia con contratti di lavoro a tempo indeterminato sia con successive assunzioni a termine dei lavoratori; idemque per assolvere ad un contratto di somministrazione a tempo determinato – può fornire anche lavoratori disponibili, già assunti a tempo indeterminato -) Durata contrattuale: tipologie 1. CONTRATTO A TEMPO INDETERMINATO 2. CONTRATTO A TEMPO DETERMINATO 57 Il contratto a tempo determinato Fonte normativa: D.Lgs. 81/2015*(c.d. Jobs Act) Ragioni giustificatrici: previste in caso di rinnovo o proroga oltre 12 mesi * Modificato da ultimo dal c.d. Decreto Dignità 58 59 60 Gli obiettivi fondamentali del legislatore Passare dal regime fondato su di una property rule (ritenuto produttore di precariato) a quello fondato su di una liability rule in funzione del rilancio di un contratto a tempo indeterminato reso molto più flessibile e accessibile a tutti e del passaggio a un regime di flexsecurity per proteggere il lavoratore nel (e non dal) mercato 61 Novità sul contratto a termine (articoli 19-29) il limite dei 36 mesi si applica per mansioni di pari categoria e livello, indipendentemente dagli intervalli tra un contratto e l’altro 5 proroghe 62 Contratto a termine come modificato dal Decreto Dignità - Individuazione di un termine di scadenza con un limite temporale di 24 mesi tra i medesimi soggetti e per lo svolgimento di mansioni equivalenti. - Pertanto: a)12 mesi acausali + 12 con causale, b) 24 mesi con causale - Prorogabile fino a n. 4 volte N.b.: la mancata trasformazione a t. indeterm. da diritto al lavoratore a richiedere e ottenere la Naspi 63 Luogo della prestazione Il luogo dove deve essere eseguita la prestazione di lavoro coincide normalmente con l’unità produttiva che viene normalmente specificata nel contratto di lavoro. Se il contratto non indica il luogo, allora la prestazione va eseguita nella sede dell’impresa (o in una delle sue sedi). Il datore di lavoro ha il potere di modificare unilateralmente il luogo della prestazione. Tale potere trova significativi limiti nell’art. 2103 c.c., co1, che subordina la facoltà di trasferimento del lavoratore da un’unità produttiva ad un’altra alla sussistenza di “comprovate ragioni tecniche, organizzative e produttive” (onde evitare comportamenti datoriali “persecutori”) La durata della prestazione ed i criteri di determinazione dell’orario di lavoro L’art. 36 Cost. stabilisce una riserva di legge per la durata massima della giornata lavorativa. La disciplina è stata totalmente riformata dal D.Lgs. n.66/2003 (riforma e coordina in un unico testo normativo le previgenti disposizioni in materia di ferie e festività, pause, orario notturno, lavoro straordinario…) Ambito di applicazione: generalità dei lavoratori subordinati, compresi gli apprendisti maggiorenni, del settore pubblico e privato (non si applica a dirigenti, personale direttivo, manodopera familiare, settore liturgico, lavoro a domicilio, telelavoro, personale di volo…vedi art. 16) Criteri di organizzazione dell’orario di lavoro Il D.Lgs. 66/2003 definisce orario di lavoro qualsiasi periodo in cui a) il lavoratore sia al lavoro, b) a disposizione del datore di lavoro c) o nell’esercizio della sua attività o delle sue funzioni. Salvo diverse disposizioni del ccnl, non sono comprese nell’orario di lavoro determinate attività successive o propedeutiche all’esecuzione della prestazione stessa: i riposi intermedi (non di breve durata), il tempo impiegato per recarsi sul posto di lavoro, il tempo per entrare nel pozzo o nel campo…per entrare nell’azienda o per la timbratura del cartellino L’orario di lavoro deve: - essere specificato nel regolamento di azienda; - comunicato al lavoratore mediante il contratto di lavoro o la lettera di assunzione. L’orario di lavoro è unilateralmente stabilito dal datore di lavoro nell’osservanza delle disposizioni di legge, anche se si tratta normalmente di materia oggetto di contrattazione, a livello nazionale come pure aziendale. L’orario giornaliero Il D.Lgs. 66/2003 non prevede una durata massima giornaliera della prestazione lavorativa, ma stabilisce che il lavoratore ha diritto a 11 ore di riposo compensativo (continuativo) ogni 24 ore (cd. riposo giornaliero). Quindi, ferma restando la durata normale settimanale dell’orario di lavoro (40 o meno), un lavoratore potrebbe di regola lavorare anche 13 ore al giorno (art. 7). Si tratta di un periodo minimo, pertanto un eventuale accordo che diminuisca tale periodo è nullo e sostituito di diritto dalla disposizione violata Il riposo obbligatorio settimanale Il D.lgs. 66/2003 stabilisce (art. 9) che il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola coincidenti con la domenica. I requisiti del riposo settimanale sono (Min.Lav. risposta interpello n. 2186/2005): - periodicità (ogni 7 giorni); - La durata di 24 ore; - La coincidenza di regola con la domenica (salvo contrarie indicazioni dei singoli CCNL); - La consecutività con il riposo giornaliero. Il diritto al riposo settimanale è irrinunciabile (art 36 co2 Cost.), ma… (deroghe) Il D.Lgs. 66/2003 prevede deroghe sia alla regola della coincidenza con la domenica, sia a quella del riposo ogni 7 giorni: infatti in tutti i casi in cui, lecitamente, sia richiesto di espletare attività lavorativa eccezionalmente durante la domenica, al lavoratore spetterà, oltre alla paga normale per la giornata lavorativa, una maggiorazione e una giornata di riposo compensativo da godere in giorno normalmente lavorativo Pause intermedie Se l’orario giornaliero eccede il limite di 6 ore, il lavoratore ha diritto a delle pause ai fini del recupero delle energie psico-fisiche, di attenuare il lavoro monotono e ripetitivo e, eventualmente, per la consumazione del pasto (art. 8). N.B.: Le modalità e la durata delle pause sono stabilite dal ccnl; in mancanza al lavoratore deve essere concessa una pausa di almeno 10 minuti, anche sul posto di lavoro, tra l’inizio e la fine di ogni periodo giornaliero di lavoro I provvedimenti disciplinari Il datore di lavoro detta le regole di comportamento da osservare per garantire uno svolgimento ordinato ed efficiente dell’attività lavorativa (c.d. potere direttivo). A tale potere è complementare la facoltà del datore di lavoro di adottare provvedimenti sanzionatori nei confronti del lavoratore in caso di inosservanza delle disposizioni impartite (c.d. potere disciplinare). La determinazione dei comportamenti non consentiti si trova generalmente nei ccnl e nei regolamenti aziendali (ove presenti). 73 I provvedimenti disciplinari Le sanzioni (che si distinguono in conservative e non conservative) sono le seguenti: - Il rimprovero verbale - L’ammonizione scritta - La multa - La sospensione - Il licenziamento disciplinare 74 Principali obblighi DILIGENZA (art. 2104 cc). Si ha violazione della diligenza (a titolo esemplificativo) in ipotesi di: - Mancata o irregolare esecuzione della prestazione lavorativa: è punibile il lavoratore che esegue la prestazione con incostanza, negligenza o in modo difforme dalle istruzioni ricevute - Ritardi o assenze ingiustificate - Danneggiamento di impianti aziendali, materiali di lavorazione o prodotti finiti, oppure omesso tempestivo avvertimento di eventuali guasti a macchine o del loro evidente irregolare funzionamento - Comportamenti vietati durante la malattia: il dipendente ha l’obbligo generale di osservare le disposizioni mediche necessarie alla guarigione. Se non adempie e, in particolare, esce di casa contro il divieto del medico curante, è assoggettabile a sanzioni disciplinari, in quanto tale comportamento può aggravare lo stato di salute e ostacolare l’accertamento dell’effettiva sussistenza e gravità della malattia 75 Principali obblighi OBBEDIENZA (art. 2104 cc). Si ha violazione del principio di obbedienza (a titolo esemplificativo) in ipotesi di: - Comportamenti turbativi dell’organizzazione del lavoro: es. disobbedienza agli ordini impartiti dai superiori - Insubordinazione verso i superiori o alterchi (anche seguiti da vie di fatto) con i colleghi; - Violazione delle norme di igiene e sicurezza: nelle lavorazioni, nel deposito, nel trasposto o nella vendita il datore di lavoro può sanzionare le mancanze dei lavoratori adeguatamente informati e formati - Violazione di divieti specifici: ad es., il divieto di fumare 76 Principali obblighi FEDELTA’ (art. 2105 cc). Si ha violazione del principio di fedeltà (a titolo esemplificativo) in ipotesi di: - Concorrenza con il datore di lavoro - Violazione del segreto professionale - Altre situazioni di incompatibilità idonee a determinare conflitti tra l’interesse proprio o di terzi e quello del datore di lavoro 77 Sanzioni Il tipo di sanzione che il datore di lavoro può comminare varia in base a: - Gravità intrinseca del fatto commesso / pluralità di fatti addebitabili: un ritardo di 5 minuti sul lavoro non è chiaramente mancanza paragonabile ad un furto o ad un alterco con un superiore - Precedenti disciplinari del lavoratore. 78 I provvedimenti disciplinari - La multa: per le mancanze più gravi di quelle sanzionabili con l’ammonizione scritta, oppure in caso di recidiva, i ccnl prevedono l’applicazione di una multa, consistente nella trattenuta in busta paga dell’importo corrispondente ad un massimo di 4 ore di retribuzione base. - In genere l’importo delle multe, non costituenti risarcimenti danni, viene devoluto agli enti previdenziali e assistenziali 79 I provvedimenti disciplinari - La sospensione disciplinare dal servizio , per fatti più gravi della multa o per recidiva, comporta necessariamente l’interruzione della corresponsione della retribuzione per l’intera sua durata, che non può comunque eccedere i 10 giorni previsti dalla legge - Licenziamento disciplinare: nei casi più gravi o nei casi di recidiva (es. furto, dopo aver ricevuto più lettere di contestazione per fatti analoghi, alterco con vie di fatto, ecc….) 80 Malattia 1. Si mantiene il diritto alla conservazione del posto di lavoro (periodo di comporto) 2. Non si interrompe il diritto alla retribuzione Adempimenti del lavoratore - comunicazione tempestiva dello stato di malattia - trasmissione entro 48 ore del numero di protocollo al datore; Possibilità di controlli da parte dell’INPS o del datore a mezzo degli ispettori dell’INPS, in fasce orarie predeterminate (10-12, 17-19); se il lavoratore è assente senza una giustificazione decade dal diritto al trattamento economico. Il recesso di una delle parti del rapporto - Distinzione dimissioni / licenziamento - Il recesso è atto unilaterale recettizio (è sufficiente la mera comunicazione poiché non presuppone alcuna accettazione del destinatario (art. 1334 cc) - Nel rapporto a tempo determinato: ad entrambe le parti non è consentito recedere, salvo giusta causa. - Nel rapporto a tempo indeterminato: è consentito libero recesso al solo lavoratore (salvo preavviso), mentre il datore può recedere se sussiste una causa giustificatrice normativamente prevista. Le dimissioni del lavoratore - Nel lavoro a tempo determinato le dimissioni ante tempus sono subordinate alla sussistenza di una giusta causa. - Nel lavoro a tempo indeterminato vige il regime della libera recedibilità con l’unico limite di rispettare il periodo di preavviso, salvo, anche qui, una giusta causa di recesso. - - In alcune ipotesi particolari le dimissioni sono soggette ad un controllo amministrativo, a garanzia della effettiva volontà del lavoratore (es. dimissioni presentate in occasione di matrimonio o durante la gravidanza) CONVALIDA PRESSO LA I.T.L. A CURA DEL LAVORATORE Dimissioni per giusta causa Art. 2119 cc. La norma fa riferimento ad una causa “che non consenta la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto” e da tale formulazione si è giunti a concepire la giusta causa come un qualsiasi atto o fatto, riferibile tanto alla sfera contrattuale quanto a quella extracontrattuale, di oggettiva gravità (casistica esemplificativa: mancata corresponsione della retribuzione, subire gravi ingiurie o molestie dal datore di lavoro ecc…) N.b.: consente di richiedere la NASPI La disciplina del licenziamento individuale: cenni IL LICENZIAMENTO DEL PRESTATORE DI LAVORO NON PUÒ AVVENIRE CHE PER GIUSTA CAUSA AI SENSI DELL’ART. 2119 CC O PER GIUSTIFICATO MOTIVO. Giusta causa (art. 2119 c.c.) E’ una causa che non consente la prosecuzione, anche provvisoria, del rapporto. L’effetto del recesso è immediato e senza necessità di osservare i termini di preavviso. Possono integrare una giusta causa di licenziamento anche comportamenti diversi dall’inadempimento contrattuale se fanno venir meno la fiducia su cui è improntato il rapporto (si pensi ad un impiegato di banca di cui si accerti in giudizio l’affiliazione alla criminalità organizzata) N.b.: la differenza dal g.m.s. consiste nella gravità del comportamento. Giustificato motivo oggettivo Il licenziamento può essere intimato per fatti inerenti “all’attività produttiva, all’organizzazione del lavoro e al regolare funzionamento di essa”. Vi rientrano tutte quelle situazioni aziendali che possono condurre alla soppressione di un posto di lavoro, dall’ipotesi di fattori eccezionali o determinati da cause contingenti e imprevedibili (una crisi di mercato o l’obsolescenza di una merce) alle scelte imprenditoriali concernenti le strategie produttive o organizzative (ad es. l’automazione di un processo produttivo) IL TRATTAMENTO DI FINE RAPPORTO (TFR) E’ un elemento della retribuzione il cui pagamento viene differito ad un momento successivo rispetto a quello di prestazione dell’attività lavorativa (cessazione del rapporto) 89 Il T.F.R Esso è costituito dalla somma di accantonamenti (=mettere da parte) annui di una quota di retribuzione rivalutata periodicamente. Il Tfr deve essere sempre corrisposto al lavoratore in ogni caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato. n.b.: unica eccezione è l’ integrale destinazione alla previdenza complementare o cessione del credito a terzi. 90 Forme pensionistiche Dal 1° gennaio 2007 il dipendente dovrà decidere entro 6 mesi dall’assunzione se destinare il proprio TFR alle forme pensionistiche complementari (in questo caso opera il meccanismo del silenzio- assenso) o mantenere lo stesso presso il datore di lavoro. 91 Anticipazione Il lavoratore ha diritto di chiedere una sola volta nel corso del rapporto un’anticipazione non superiore al 70% del TFR cui avrebbe diritto in caso di risoluzione del rapporto di lavoro alla data della domanda, purché: - abbia maturato almeno 8 anni di servizio presso lo stesso datore di lavoro; - non lo richieda più del 4% del totale dei dipendenti; - Sia utilizzato per spese sanitarie per terapie e interventi straordinari o per l’acquisto della prima casa per sé o per i figli 92 La disoccupazione (NaSpi) I requisiti e le condizioni che danno diritto all’indennità di disoccupazione o Naspi sono i seguenti: - stato di disoccupazione (cessazione di un precedente rapporto di lavoro + non volontarietà) - Almeno 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti l’inizio del periodo di disoccupazione - 30 giornate di lavoro effettivo nei 12 mesi che precedono l’inizio della disoccupazione - Presentazione della domanda (centro per l’impiego e INPS) entro 68 gg dalla cessazione del rapporto 93 Stato di disoccupazione - Cessazione del rapporto - Involontarietà della disoccupazione in quanto non determinata dal comportamento del lavoratore. Pertanto la cessazione del rapporto per dimissioni (salvo quelle per giusta causa) non dà titolo alla concessione dell’indennità di disoccupazione; neanche la risoluzione consensuale (salvo in caso di trasferimento del lavoratore da un’azienda ad un’altra a notevole distanza chilometrica – normalmente oltre 50 km- o sottoscrizione della risoluzione c/o ITL) 94 Termine La domanda deve essere presentata all’INPS entro: - 68 giorni dall’inizio della disoccupazione. Attenzione! L’indennità viene corrisposta direttamente dall’INPS a partire dall’ottavo giorno successivo a quello della cessazione del rapporto (periodo di carenza di 1°a settimana) 95 Durata del beneficio La Naspi è corrisposta mensilmente per un numero di settimane pari alla metà delle settimane di contribuzione degli ultimi 4 anni, per un massimo di 24 mesi. Sono a tal fine esclusi i periodi contributivi che hanno già dato luogo ad erogazioni delle prestazioni di disoccupazione, anche in un’unica e anticipata soluzione 96 Decadenza - Perdita dello stato di disoccupazione - Inizio di attività autonoma/subordinata senza comunicazioni all’INPS - Raggiungimento requisiti di pensionamento - Diritto all’assegno di invalidità 97 Le origini dell’apprendistato L’origine del contratto di apprendistato è rinvenibile nell’ambito delle corporazioni medioevali, dalle forme di addestramento professionale presenti nelle relazioni che si instauravano tra maestro e allievo all’interno delle botteghe artigiane. Il rapporto tra maestro e allievo ruotava intorno alla possibilità per quest’ultimo di apprendere, attraverso l’affiancamento del primo, le conoscenze e le tecniche di lavorazione (il mestiere, per utilizzare un gergo ormai desueto) necessarie per divenire a sua volta un artigiano e poter aprire, nel migliore dei casi, una propria bottega. In questo rapporto di status - dunque, non contrattuale - non solo non era presente alcuna forma di retribuzione per l’allievo, ma spesso era proprio l’apprendista a versare al maestro un compenso per l’insegnamento ottenuto 98 Apprendistato (D.Lgs. 81/2015 artt. 41ss.) 99 Apprendistato (D.Lgs. 81/2015 artt. 41ss.) È un contratto a contenuto formativo in cui, a fronte della prestazione lavorativa, il datore di obbliga a corrispondere all’apprendista, non solo una prestazione retributiva, ma anche gli insegnamenti necessari per il conseguimento di una qualifica professionale, di una qualificazione tecnico-professionale o i titoli di studio di livello secondario, universitario o di specializzazioni 100 Caratteristiche - La funzione di addestramento lo distingue dal lavoro in prova - L’onerosità del contratto lo distingue dalla figura del praticantato - Si distingue dalle varie tipologie di tirocini formativi, di orientamento, borse di lavoro, stage…in quanto l’apprendistato è un vero e proprio contratto di lavoro. Per le altre ipotesi è la stessa legge ad escludere la natura di rapporto di lavoro subordinato Apprendistato professionalizzante (art. 44 D.Lgs. 81/2015) Il contratto di apprendistato professionalizzante può essere stipulato con lavoratori di età compresa tra i 18 ed i 29 anni e 364 giorni. È finalizzato al conseguimento di una qualificazione professionale, attraverso la formazione sul lavoro e l’acquisizione di competenze di base trasversali e tecnico-professionali. L’obiettivo è, quindi, l’accrescimento delle capacità tecniche del lavoratore, affinché diventi un lavoratore qualificato E’ ammissibile l’apprendistato anche senza limitazioni di età al fine di riqualificare lavoratori disoccupati e già percettori di Naspi 102 Il piano formativo individuale - È quel documento allegato al contratto di apprendistato nel quale andranno indicati; 1) il percorso formativo (contenuti), anche in forma sintetica 2) la ripartizione di impegno tra formazione aziendale (professionalizzante) ed extra- aziendale (formazione trasversale). 103 Inquadramento 104 Durata - I contratti collettivi stabiliscono, in ragione del tipo di qualificazione da conseguire, la durata del contratto di apprendistato professionalizzante che, in ogni caso, non può essere inferiore a 6 mesi (salvo attività stagionali) e non superiore a 3 anni (5 in ipotesi particolari – profilo equiparabile a professionalità dell’artigianato). 105 Durata (cumulo apprendistato) - Il periodo di apprendistato professionalizzante si cumula, ai fini del raggiungimento della durata massima, con l’eventuale apprendistato già svolto purché tra l’uno e l’altro periodo non vi siano interruzioni superiori ad un anno, si tratti della stessa attività ed i contenuti formativi siano diversi ed aggiuntivi (risposta interpello Min Lav 11 febbraio 2008 n. 3) 106 Il ruolo del tutor… …anche detto “referente aziendale” In linea generale deve essere in possesso dei requisiti individuati dal ccnl. Può avere compiti diversificati che vanno dall’insegnamento delle materie oggetto di formazione interna a quello di semplice “supervisione” circa il corretto svolgimento della formazione. Talvolta il tutor svolge delle funzioni esclusivamente di controllo della corretta effettuazione della formazione o di raccordo tra apprendista e soggetto formatore 107 (Circ min lav 5/13) Trattamento economico A tutela del giovane lavoratore vengono imposti al datore di lavoro alcuni limiti relativi al tipo di retribuzione da corrispondere (divieto di cottimo). L’ammontare della retribuzione è stabilito in base a quanto previsto dai contratti collettivi. 108 Conclusione dell’apprendistato Al termine del periodo di apprendistato le parti possono recedere liberamente dal contratto (art. 2118 cc) nel rispetto del preavviso* decorrente dal medesimo termine. Si tratta di un’ipotesi di vero e proprio recesso ad nutum, che non richiede per la sua legittimità la sussistenza di una giusta causa o di un giustificato motivo. N.b.: il recesso da diritto a ricevere la Naspi *In genere il termine di preavviso è stabilito dal CCNL 109 Grazie per la Vostra attenzione

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