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This document provides definitions of philosophical terms from ancient Greece, focusing on concepts like physis (nature), archê (principle), logos (reason), and aletheia (truth). It discusses the presocratic philosophers and their contributions to early Greek thought.

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Termini Physis (natura) Phyomai (“generarsi”, “nascere”). Non solo la natura esterna all’uomo, come la potremmo identificare oggi, gran parte della quale inanimata e statica. Piuttosto la natura come un tutto dinamico, in perenne movimento di trasformazione, come fosse animata da una sua vita propr...

Termini Physis (natura) Phyomai (“generarsi”, “nascere”). Non solo la natura esterna all’uomo, come la potremmo identificare oggi, gran parte della quale inanimata e statica. Piuttosto la natura come un tutto dinamico, in perenne movimento di trasformazione, come fosse animata da una sua vita propria. Non indica solo la natura, ma anche la sua caratteristica principale (es. la natura del fuoco è quella di riscaldare). Rivolgendo la loro attenzione alla physis, i presocratici si sforzarono di individuare l’aspetto, o gli aspetti, dominanti del mondo intrinsecamente animato di cui essi stessi facevano parte. Presocratico (Vorsokratiker) Neologismo che appare per la prima volta solo alla fine del diciottesimo secolo, termine canonizzato poi quasi un secolo dopo da Hermann Diels con la sua celebre raccolta dei frammenti dei filosofi presocratici (1903). Il termine porta con sé alcuni problemi: innanzitutto non erano un gruppo omogeneo; dal punto di vista temporale alcuni erano contemporanei dello stesso Socrate; nessuno di loro avrebbe descritto la propria attività con il termine “filosofia” e per giunta in rapporto all’attività di Socrate, alcuni non lo hanno conosciuto, altri lo hanno ignorato. Il termine è comunque usato in quanto si riconosce una certa unità nel tema d’indagine (la natura), e siccome si ritiene che l’avvento di Socrate avrebbe rappresentato una vera e propria cesura nello sviluppo del pensiero antico, spostando il centro di interesse della filosofia dalla natura all’uomo. Archê (plurale archai) Oggetto di ricerca dei filosofi presocratici, in particolare dei Milesi. “Principio”, nelle varie accezioni del termine fuse insieme: in senso cronologico, causale, logico, materiale. Può indicare anche l’elemento divino presente in tutte le cose. È l’inizio del racconto cosmogonico ma anche la situazione di partenza e il principio da cui tutto deriva; i primi filosofi pensavano tutte le cose all’interno di una costruzione narrativa che parte appunto dal principio. Come lo definisce Aristotele nella Metafisica: Ci da cui (ex hou) tutte le cose sono fatte, e ci da cui (ex hou) provengono per primo e in cui da ultimo si corrompono. Àpeiron Principio identificato da Anassimandro. In greco sia “infinito” sia “indefinito”, è infatti indeterminato per essere talmente potente da generare tutte le cose (Anassimandro si sarebbe accorto che un solo principio finisce per assorbire in sé tutte le cose, essendo indeterminato può invece spiegare la molteplicità di determinazioni che si danno in natura). Logos Ragione, pensiero, parola, discorso razionale (in Eraclito) “Ragione”, “discorso”. Indica sia il discorso che dice le cose così come stanno (discorso che è vero indipendentemente dall’uomo che lo rivela), sia la ragione intima che è comune a tutti gli aspetti della realtà. È la verità stessa, in quanto è legge ultima e prima secondo cui tutte le cose accadono, e insieme il discorso razionale che esprime nella sua logica coerenza la verità scoperta dall’intelletto (nous). Gli uomini, pur avendone la possibilità (l’intelletto è comune a tutti), non lo conoscono né si sforzano di comprenderlo. Aletheia (nella forma ionica: Aletheiê) “Verità”. Una delle due sezioni del poema di Parmenide (oltre al proemio e alla Doxa). È la verità che nell’opera di Parmenide la dea rivela al kouros. Nonostante l’artificio letterario della rivelazione, non si tratta di una verità oracolare, ma di una verità umana, vera perché dimostrabile in base al ragionamento. E tuttavia è una verità che ha i caratteri tipici del sapere divino: non è minacciata dal dubbio, dall’opinione, dall’incertezza, ma è 1 ò ò assoluta, pura, inconfutabile, eterna. Si contrappone alla doxa, l’”opinione”, ossia le stolide opinioni dei mortali. Doxa “Opinione”. Una delle due sezioni del poema di Parmenide (oltre al proemio e alla Aletheia). È l’opinione dei mortali, contro i quali la polemica di Parmenide si fa veramente feroce: sono uomini dalla doppia testi, che non sanno nulla, sordi, ciechi e senza giudizio. La via della doxa è quella che pretende di poter parlare del divenire, del molteplice, che confina però l’uomo in un mondo di sole parole che non ha alcun rapporto con l’essere vero. È la via della negazione, che è impossibile e contraddittoria, e quindi impraticabile per raggiungere la conoscenza. Sôma “Corpo”. Nel frammento in cui Simplicio cita Melisso, tuttavia il termine va probabilmente inteso, in questo contesto, come corpo definito: l’essere non ha - per Melisso - questa o quella forma, vale a dire non un corpo come l’hanno ciò che normalmente gli uomini chiamano “corpi”, ma non per questo è un ente astratto. L’essere non è dunque un ente di una determinata forma. L’ente non è del tutto immateriale, piuttosto è privo di un corpo nel senso comune del termine. Pluralismo Con il termine “pluralisti” si intendono alcuni filosofi attivi nel V secolo (Empedocle, Anassagora, Leucippo e Democrito) che hanno individuato i principi della realtà in una pluralità di elementi. Contro Parmenide laddove egli negava la verità del divenire e del molteplice, i pluralisti intendono “salvare i fenomeni”: spiegare in modo razionale (“salvare”) anche la realtà così come realmente ci appare (“fenomeni”). Radici (rhiz mata) Termine di origine botanica, caratteristica che lo distingue dagli elementi (stoicheia). Empedocle individua i principi in quattro elementi (Acqua, l’elemento liquido, Aria, l’elemento gassoso, Terra, l’elemento solido, Fuoco, la luce e il calore), che egli chiama “radici” (rhizomata), che interagiscono fra loro attraverso due “potenze” o “forze”: “Amicizia” o “Amore” (in greco Philia) – come aggregante e “Inimicizia”, “Odio” o “Contesa” (in greco Neikos) – come disgregante. Le quattro radici si mescolano fra loro e così facendo danno origine alla realtà e al suo incessante divenire. Migma Per Anassagora la situazione cosmica di partenza è una in cui tutte le cose sono mescolate, migma è una parola che Anassagora non usa ma che si trova in autori che parlano della sua cosmogonia. Sta ad indicare il punto di partenza inteso come una massa indistinta contenente tutte le cose. Se uno spettatore potesse vedere da fuori questo massa vedrebbe un tutto indistino. Interverrà il nous ad iniziare la rotazione che finirà per separare il migma. Nous (intelligenza; intelletto) È la causa efficiente della cosmogonia di Anassagora. Rispetto a tutte le altre cose, è l’unico puro e non mescolato. In quanto archê è una realtà non derivata bensì fondamentale della realtà. Non è solo un principio cosmico intelligente ma è anche la fonte ultima dell’intelligenza presente in tutte le creature intelligenti. Interviene nella situazione iniziale che è un migma per iniziare la rotazione che finirà per separare tutte le cose. In Eraclìto è la facoltà capace di cogliere la natura delle cose scavando in profondità al di sotto delle apparenze sensibili. Polymathia “Erudizione”. È contestata da Eraclìto che non la riconosce come autentica forma di sapere. A suo parere coloro che nel suo tempo venivano considerati sapienti (come Omero ed Esiodo), in realtà non lo sono affatto, perché sono solo capaci di accumulare nozioni (sono polymathèis). Si contrappone alla conoscenza vera accessibile seguendo la via del logos. 2 ȏ Kouros (giovane) È il giovane mortale che nel poema di Parmenide è portato dalle cavalle al cospetto della dèa, benevola, la quale gli rivela sia la verità (aletheiês) sia le opinioni (doxai) dei mortali. Nonostante l’artificio letterario della rivelazione, la verità che la dèa rivela al giovane non è una verità oracolare bensì umana, proprio come il soggetto che la recepisce, vera perché dimostrabile in base al ragionamento. Diakrisis (separazione) L’origine del cosmo è concepito da Anassagora come un processo di separazione (diakrisis) per via di una rotazione. Si noti che separazione è termine tecnico e si ritrova già in Empedocle che conscepisce nascita e morte come aggregrazione e disgregazione delle radici. Tale processo ha origine grazie all’intervento del nous che separa così il migma iniziale. Contesa, odio (Neikos) Uno dei sei principi attraverso i quali per Empedocle si spiega la realtà. Oltre alle quattro radici, è una delle due due “potenze” o “forze” che agiscono l’una – detta “Amicia” o “Amore” (in greco Philia) – come aggregante e l’altra – detta “Inimicizia”, “Odio” o “Contesa” (in greco Neikos) – come disgregante. La realtà di cui facciamo esperienza è il risultato dell’aggregazione e della disgregazione degli elementi attraverso queste due forze. Amicizia (Philia) Uno dei sei principi attraverso i quali per Empedocle si spiega la realtà. Oltre alle quattro radici, è una delle due due “potenze” o “forze” che agiscono l’una – detta “Amicia” o “Amore” (in greco Philia) – come aggregante e l’altra – detta “Inimicizia”, “Odio” o “Contesa” (in greco Neikos) – come disgregante. La realtà di cui facciamo esperienza è il risultato dell’aggregazione e della disgregazione degli elementi attraverso queste due forze. Muse Uno dei tre elementi (oltre al poeta e al pubblico) fondamentale per la triangolazione attraverso la quale si comunica il sapere esperto. Ne fanno ricorso sia Omero che Esiodo, il quale presenta le muse come divinità capricciose, che sanno dire il vero ma anche il falso che però è simile al vero. Il riferimento alle muse serve ai poeti per presentare il loro sapere come derivante da qualcun altro, principalmente da una divinità, in questo modo conferiscono autorità e autorevolezza alle proprie parole. Atomo (atomon) Principio identificato da Leucippo e Democrito. Aristotele ci suggerisce di pensarlo come all’essere parmenideo. Non è soggetto a generazione e corruzione, è inoltre pieno, ed infine è semplice nel senso che non contiene distinzioni o una struttura al suo interno. Si arriva agli atomi per divisione dicotomica (ovvero per divisione che di volta in volta divide la realtà in due parti). Differiscono tra loro unicamente per forma, ordine e posizione (es. aristotelico A, N, Z) Elementi (stoicheia) Aristotele chiama le radici empedoclee “elementi” (stoicheia), è da allora uso farvi riferimento come ai “quattro elementi empedoclei”. Parlare di radici o di elementi non è però la stessa cosa: l’origine botanica del termine scelto da Empedocle (rhiz mata) è ovvia. Più complessa è l’origine della parola “elementi.” La parola greca stoicheia, da cui “elementi”, è in origine utilizzata per le lettere dell’alfabeto. Dall’alfabeto è poi passata non solo alla matematica (si pensi agli Elementi di Euclide) ma anche alla fisica. Frammento/Testimonianza Principali fonti di informazione che possediamo circa il pensiero dei filosofi presocratici, che ci è giunto attraverso la tradizione indiretta, ossia autori più tardi che nei loro libri riportano frammenti: citazioni testuali, e testimonianze: riassunti o parafrasi delle opinioni 3 ȏ dei filosofi. In cassi eccezionali possediamo frammenti di testo originale conservati su papiro (come nel caso di Empedocle). Laks-Most (abbreviato LM) André Laks e Glenn Most hanno curato la nuova raccolta del materiale sulla “filosofia presocratica” a nostra disposizione, (per la Loeb Classical Library di Harvard University Press, pubblicata nel 2016 in nove volumi). Dichiaratamente rifiuta l’etichetta “filosofia presocratica” e si intitola Early Greek Philosophy. Diels-Kranz (abbreviato DK) hanno curato le edizioni dell’opera Die Fragmente der Vorsokratiker. Griechisch und Deutsch. Weidemann, H. Diels, Berlino 1903. Il termine “presocratico” è stato canonizzato proprio da Diels termine è stato canonizzato proprio da Hermann Diels (1848-1922) con la sua celebre raccolta dei frammenti dei filosofi presocratici. Philosophia La parola è giovane anche nell’ambito della civiltà greca, che era un popolo giovane di per sé, e si afferma solo con Platone. Filosofia come termine tecnico è un neologismo nel mondo greco. Il primo uso tecnico della parola philosophia si ritrova in un testo ippocratico da datarsi verso la fine del V secolo a.C., dove indica la descrizione tecnica di un preciso tipo di indagine (quella che parte dal principio). Etimologicamente, è composto di φιλεῖν (phileîn), "amare", e σοφία (sophía), "sapienza" o "saggezza", ossia "amore per la sapienza”. Philosophos Secondo Diogene il primo ad usare il termine philosophia e ad essere chiamato philosophos fu Pitagora. Si tratta però di una testimonianza di scarso valore storico. Il primo uso tecnico della parola philosophia si ritrova in un testo ippocratico da datarsi verso la fine del V secolo a.C., dove indica la descrizione tecnica di un preciso tipo di indagine (quella che parte dal principio), e Philosophos possono essere allora considerati coloro che si affidavano a tale indagine. Sophia (saggezza) è il sapere che possedevano i sophoi o sophistes, ossia erano degli esperti in qualcosa o sofisti, avevano del sapere e con esso anche il problema di comunicarlo. Intendevano allora la loro saggezza come derivata da una divinità, questo conferiva alla loro parola autorità e autorevolezza. Sophos (plurale: sophoi) / Esperto Parlare di filosofia presocratica è un anacronismo, questi pensatori usavano definirsi sophoi, ossia erano degli esperti in qualcosa o sofisti, avevano del sapere e con esso anche il problema di comunicarlo. Intendevano allora la loro saggezza come derivata da una divinità, questo conferiva alla loro parola autorità e autorevolezza Sophistes (plurale: sophistai) In origine, voleva dire esperto. Platone ne ha “storpiato” il significato, rendendoli “falsi esperti”. Erano nuove figure di intellettuali che si profilano nella Grecia di fine V secolo. Si facevano pagare per insegnare il loro sapere, soprattutto dialettica, retorica, filosofia del linguaggio. Contro di loro la polemica di Platone si fa veramente feroce: vendono fumo e ingannano il loro pubblico, rappresentano la “cattiva” filosofia, opposta alla “buona” rappresentata da Socrate che persegue la ricerca per puro amore del sapere e non in cambio di alcunché. Aitia, aition (causa) Platone attribuisce questo termine al nous di Anassagora, affermando che è l’ordinatore (diakosmôn) e il responsabile (aitios) di tutto. Il Socrate platonico ne rifletterà nel Fedone verificando se effettivamente si tratti di quella causa (aitia) per la quale ciascuna cosa nasce o perisce o esiste, giungendo però a un esito negativo. 4 Cosmo (kosmos) È da considerarsi sinonimo di “universo”. Etimologicamente significa “ordine" ed è il concetto opposto a “caos”. Rappresenta dunque l’intero sistema delle cose complessivamente preso nella sua interezza ed enorme vastità, non come caos primordiale ma come universo ordinato, da un nous o da una causa appunto ordinatrice come può essere quella di Anassagora. Monismo Concezione filosofica che consideri la realtà come essenzialmente unica o riducibile a un unico principio fondamentale (spirituale o materiale). Sono monisti i cosiddetti filosofi dell’archè (Talete, Anassimandro, Anassimene) ma anche Diogene di Apollonia con il suo monismo sofistico. Si contrappone a dualismo e pluralismo, come può essere quello dei filosofi atomisti. Mythos (plurale mythoi) È il “discorso autorevole” che nel poema di Parmenide la dèa rivela al kuros. Significa appunto “racconto, parole autorevoli”. Deriva dal verbo myw. Richiama il suono che si fa con la bocca quando si parla, è infatti la parola mitica, la rivelazione, da considerarsi vera sulla base dell’autorità che la annuncia, appunto una divinità. È diversa dalla verità cui giunge il filosofo tramite l’argomentazione razionale. Katharmoi (Purificazioni) Poema di Empedocle che racconta di un complesso – e a tratti difficilmente comprensibile – ciclo di reincarnazioni. La raccolta dei frammenti curata da Diels e Kranz ha separato nettamente i due poemi di Empedocle, proponendo un Empedocle “scienziato” (in Sulla Natura) contrapposto a un oscuro sciamano e taumaturgo. Egli credeva nella metempsicosi (trasmigrazione dell’anima, dopo la morte dell’individuo, in un altro corpo, umano o animale che sia). Nomos (plurale: nomoi) Nel contrasto fra nomos e physis, ossia tra legge positiva e legge di natura, il nomos significa appunto “legge”, imposta dagli uomini e che si contrappone a quella naturale. Indica anche i costumi e le consuetudini consolidate all’interno di una certa società. La differenza tra nomos e physis qualifica il divario che esiste tra quello che è richiesto in base a norme esteriori e quello che invece si percepisce come esigenza naturale. È stato tramandato che Pindaro abbia detto nei suoi poemi che “nomos è re di tutti.” Giustizia (dikaiosunê) Giustizia è non violare le leggi (nomima) della città nella quale uno viva da cittadino. Si può commettere ingiustizia sia violando le disposizioni di legge che sono il risultato di un accordo, ossia la legge positiva, sia le disposizioni di natura, che sono invece necessarie di per sé. Nel secondo caso si può sfuggire al biasimo, ma non per questo l’azione risulterà meno grave, il motivo è che si è danneggiati non da un’opinione, bensì dalla realtà. Socratico (sokratikos) / filosofi socratici (sokratikòi) I filosofi socratici (sokratikòi) non sono un gruppo omogeneo, ma un insieme composito di famiglie in disaccordo tra loro. Cicerone infatti non a caso usa familiae, non si tratta di vere e proprie scuole strutturate. La natura contraddittoria dell’insegnamento socratico deriva in parte (ma solo in parte) dal fatto che Socrate non ha scritto nulla. Dialoghi socratici (logoi sokratikoi) Socrate non ha scritto nulla. I dialoghi socratici (lògoi sokratikòi) sono conversazioni in cui figura come protagonista principale un personaggio di nome Socrate. I Dialoghi di Platone sono il migliore esempio, ma non l’unico (un altro è Senofonte). Il dialogo socratico si configura come un vero e proprio genere letterario con sue regole specifiche. 5 Scuole socratiche Scuole filosofiche che si rifanno in alcuni aspetti al pensiero di Socrate. Ve ne sono due principali, quella scettica di Arcesilao, e poi Carneade (che si rifà al Socrate dell’Apologia platonica), e quella si Zenone e poi Crisippo (che si rifà al Socrate stoico dei Memorabilia di Senofonte). Cosmogonia Dal greco “nascita del cosmo”, indica la dottrina o il complesso di miti riguardante l’origine dell’universo, ossia come questo nel suo complesso sia venuto ad essere. L’idea di pensare tutte le cose all’interno di una costruzione narrativa che parte dal principio, in un contesto appunto cosmogonico, è ciò che caratterizza per Ippocrate un’indagine di tipo filosofico. Necessità (anankê) Nella cosmogonia platonica, ciò che esiste allo stato pre-cosmico è più simile ad un animale che debba essere addomesticato piuttosto che a dei materiali inerti da costruzione. Il principio materiale è qualcosa che esiste indipendentemente dal demiurgo e pone vincoli significativi alla sua attività. Questo principio altro dal nous è descritto come necessità, anankê - anche come causa errante (nel senso di vagabonda). L’atomismo inteso come stile di pensiero consiste nell’imputare tutte le spiegazioni alla necessità, intesta come lo spontaneo e fortuito risultato di collisioni tra atomi Paradigma (paradeigma) Nella cosmogonia platonica esiste anche un qualcos’altro oltre a demiurgo e materia: Timeo lo chiama il paradigma, il modello sulla base di cui imporre ordine e struttura alle cose del mondo. Tale modello appartiene all’ordine di ciò che è sempre e non diviene mai; in altre parole si trova nell’ambito delle idee platoniche. È allora il modello seguito dal demiurgo nell’organizzare il mondo fisico in vista del meglio. Technê (sapere esperto, sapere tecnico, arte) È quel particolare tipo di sapere tecnico sulla base del quale agisce il demiurgo platonico. Il nous-demiurgo è l’espressione più perfetta della razionalità, intesa come insieme di regole e procedure da seguire nell’attività produttiva. E questo insieme di regole costituisce appunto un sapere tecnico. Chôra (ricettacolo) Nella cosmogonia platonica è il «ricettacolo di tutto ciò che è generato». È un principio materiale assolutamente indeterminato. Lo scopriamo per via di un ragionamento bastardo, che unisce due facoltà conoscitive: ragione e sensazione. Nella situazione pre-cosmica le cose si muovono disordinatamente all’interno della chôra, che come una sorta di contenitore, è scossa e scuote a sua volta le cose che si trovano al suo interno. Thymos termine che indica inizialmente la vita, poi anche il centro psicologico dell’individuo, soprattutto come luogo di passioni, emozioni, desideri. Eraclito afferma che è impossibile combattere contro il thymos, perchè esso tenta di procurarsi ciò che desidera anche a prezzo dell’anima. Rappresenta allora il desiderio più intimo e profondo, che anche se non può essere tacitato, può però addomesticato e reso buono. Euthymìa (da eu, bene) è proprio la tranquillità dell’anima. Minimi atomici (elàchista/minima) Epicuro, che è il continuatore dello stile di pensiero atomistico in età ellenistica, introduce l’idea che ci siano delle parti minime di un atomo: da un lato l’atomo resta per definizione indivisibile, dall’altro ammette delle parti, in quanto realtà estesa. La parola tecnica è elachista, che significa le parti più piccola, in latino minima. Atomismo Concezione filosofica fondata da Leucippo e professata da Democrito. Individuano i principi della realtà in una pluralità di elementi, ossia gli atomi. L’atomo non è soggetto a 6 generazione e corruzione, è inoltre pieno, ed infine è semplice nel senso che non contiene distinzioni o una struttura al suo interno. L’atomismo inteso come stile di pensiero consiste nell’imputare tutte le spiegazioni alla necessità, intesta come lo spontaneo e fortuito risultato di collisioni tra atomi. Riduzionismo / eliminativismo Caratteri della filosofia atomistica. In questa prospettiva ogni spiegazione riduce i fenomeni sensibili agli atomi. La parola chiave è “riduce”: l’atomismo è una forma di riduzionismo. Nella sua espressione più radicale, l’atomismo diventa una forma di eliminativismo, nella misura in cui le proprietà delle cose che ci circondano non sono solo spiegate riducendole alle proprietà degli atomi e del vuoto, ma sono anche eliminate come delle realtà meramente soggettive, e non dunque oggettive. Stoicismo Filosofia che si ispira alla figura di Socrate, dunque è una filosofia socratica. Rifacendosi ai principi di Zenone di Cizio (sec. III-II a.C.) fondatore della Stoà, considera il cosmo come un ordine razionale e provvidenziale, identificando la vera felicità nella virtù. Materia (hulê) Il principio passivo su cui il dio stoico agisce è chiamato sostanza senza qualità, o senza determinazione ovvero materia. la loro materia non ha nulla della materia aristotelica, ma ricorda da vicino il Timeo: gli stoici sono infatti più vicini a Platone che ad Aristotele, nella misura in cui pensano alla materia come ad un substrato unico, privo di determinazioni, che soggiace a tutte le cose; insomma, la materia senza qualità, o senza determinazione, non è altro che il ricettacolo platonico introdotto nel Timeo. Mescolanza (mixis) Nella prospettiva stoica Dio e materia sono corpi che si mescolano: la mescolanza è un mixes. Per gli stoici Dio e materia si mescolano proprio come acqua e vino: basta una goccia di vino per modificare l’acqua, e trasformarla in acqua e vino. Primo impulso (pr ton hormê) Il punto di partenza dell’etica stoica è il primo impulso della creatura appena nata. Si tratta di un impulso naturale, e non razionale, alla conservazione di sé. Se all’inizio del percorso l’agente non razionale è interamente motivato dall’impulso all’autoconservazione, alla fine l’agente razionale agisce secondo ragione. Prima cosa propria (pr ton oikeion) Nella prospettiva stoica, la prima cosa propria (pr ton oikeion) a ogni animale è la sua costituzione e la coscienza di questa. Epoché (sospensione del giudizio) La chiave di volta dello scetticismo neopirroniano sta nella cosiddetta sospensione del giudizio ovvero l’Epochè. Per lo scettico le regole, le leggi, le consuetudini si seguono senza chiedersi se esse siano giuste o ingiuste. Tranquillità (ataraxia) Il fine ultimo dello scetticismo è la tranquillità (Ataraxia) che segue alla sospensione del giudizio l’Epochè. È intesa come assenza di turbamento. Come fa lo scettico ad essere sicuro della tranquillità, di conseguenza, alla sospensione di giudizio? Non lo sa e non dichiara di saperlo Skepsis (ricerca) La parola chiave dello scetticismo neopirroniano è skepsis, nome astratto che indica un’attività e non una dottrina. Lo scettico non professa un sistema e non aderisce ad una scuola, pratica un’attività, la skepsis, e aderisce ad uno stile di vita, il modo di vivere scettico 7 ȏ ȏ ȏ Criterio di azione e criterio di verità Non si può vivere nel mondo degli uomini senza credere a nulla. Lo scettico provvede alle proprie necessità, e si preserva dai pericoli perché ha un criterio di azione che consiste nell’attenersi ai fenomeni e nel seguire le consuetudini del tempo, ma non ne ha uno di verità, non è quindi in grado di andare al di là dei fenomeni né di stabilire come le cose siano realtà. Neo pirronismo Pare che Enesidemo sia stato un filosofo accademico insoddisfatto della direzione scettica in cui la sua scuola si stava muovendo, a parere di Enesidemo infatti questa direzione era un tradimento delle intuizioni originarie; dunque decide di uscire e di fondare una sua scuola, ciò che sorprende è il fatto che inventa una nuova tradizione scettica, che si rifà ad un altro autore fino a quel punto rimasto al margine dell’immaginario della filosofia (Pirrone). Akrasia È la mancanza di potere su di sé e sulle proprie azioni. Ha origine greca e richiama la stessa nozione di potere che si ritrova nelle parole “democrazia” o “autocrate”. Traduzione in italiano = “incontinenza” o “debolezza di volontà. E’ la disposizione di un agente che compie un'azione differente da quella che genuinamente riterrebbe migliore e che agisce fuori dalla propria capacità di autocontrollo. Intellettualismo etico Socrate elabora la tesi dell’Intellettualismo etico secondo la quale nessuno compie il male volontariamente. La conoscenza di ciò che è bene mi impedisce infatti di comportarmi diversamente, e di conseguenza si compie il male solo per ignoranza. Platone p. 188 p. 190-193 p. 208 Idee Seguendo la linea parmenidea, le idee rappresentano l’essere immobile, eterno, incorruttibile, privo di differenze; seguendo l’ispirazione socratica, esse rappresentano l’unità di un certo molteplice, cioè l’essenza di una cosa intesa in termini generali, senza riferimento ai casi particolari in cui tale essenza si manifesta. Le idee abitano l’iperuranio, che costituisce la realtà in senso vero e pieno. Platone pensa alle idee come principi funzionali a obiettivi etici e non come elementi di un’ontologia generale Mondo sensibile È il mondo materiale e diveniente, che è copia del mondo delle idee, quello intellegibile, dunque è realtà di secondo grado. È il mondo del mobiliamo eracliteo, in cui ciò che è materiale e sensibile per sua natura intrinseca si trasforma, si altera e si corrompe. Mondo intellegibile È il mondo delle idee, il luogo iperuranio (cioè sopraceleste) in cui esistono delle sostanze immateriali e incorruttibili, che rappresentano in un unico modello esemplare tutte le determinazioni che nel mondo sensibile appaiono come molteplici. È il mondo che costituisce la realtà in senso vero e pieno, a differenza del mondo sensibile, che ne è una copia. Come si legge nel Fedone, l’anima viaggia nell’iperuranio dove ha esperisce delle idee prima di incarnarsi in un corpo. Bene Principio introdotto nel libro VI della Repubblica, Socrate ne parla in modo molto vago attraverso una metafora: come il Sole è ciò che dà vita e visibilità alle realtà materiali, l’idea del Bene è ciò che impartisce l’essere e la conoscibilità agli oggetti ideali. Ponendo le idee sotto l’egida del Bene, Platone intende mostrare che la realtà è determinata dal valore. 8. Anima Per Platone l’anima è non solo principio di vita ma essa stessa vive, prova piacere, prova dolore, conosce il mondo che la circonda. È anche principio di auto-movimento: l’anima muove sé stessa e con sé stessa anche l’essere vivente che vi abita. È eterna e immortale. È tripartita: vi è la parte razionale (che corrisponde alla testa, è quella eterna e immortale), animosa (che corrisponde alla sezione del tronco che va dal collo al diaframma, dove risiede la forza d’animo), concupiscibile (che corrisponde alla sezione che va dal diaframma all’ombelico, presiede agli impulsi fisiologici e corporei). Demiurgo (demiourgos) Presentato nel Timeo, nella cosmogonia platonica il demiurgo è l’artigiano divino che si assume il compito di organizzare il mondo fisico in vista del meglio. Non è una divinità personale, bensì la rappresentazione piena e perfetta della razionalità produttiva, intesa come insieme di regole e procedure da seguire nell’attività produttiva. Agisce sulla base di un sapere tecnico. Doxa Platone suddivide la conoscenza in due generi, la doxa si riferisce al mondo del divenire e dunque è opinativa nei risultati. È la conoscenza preposizionale, o indiretta, secondo la quale si ha visione della realtà dalla sua descrizione attraverso i discorsi (logoi). Epistème Platone suddivide la conoscenza in due generi, l’epistème si riferisce al mondo delle idee ed è dunque una conoscenza di carattere intellettivo, stabile e certa come le idee verso cui si dirige, qualificabile perciò come scienza, appunto epistème. È la conoscenza intuitiva, diretta. Reminiscenza / anamnesi Dottrina presentata da Platone per spiegare come avviene la conoscenza. Seguendo anche la dottrina della metempsicosi e il mito platonico secondo il quale le anime hanno avuto una visione diretta delle idee nell’iperuranio, l’apprendimento non consiste nell’impiantare nella mente un sapere partendo da zero, ma nel rinforzare i ricordi già presenti. Si può allora così affermare che apprendere è ricordare. Diànoia Facoltà intellettuale che corrisponde alla sezione inferiore nell’epistème nella celebre linea divisa. Significa “pensiero” in generale, è un tipo di pensiero che pone i suoi principi come pure ipotesi e poi, servendosi di figure e di immagini, deduce le proprietà delle ipotesi che ha stabilito. Assume l’esistenza di certe cose (es. le figure geometriche) senza dimostrarne la necessità ed è ancora legato alle rappresentazioni date dalle figure (che ovviamente sono tolte dal mondo sensibile). Nòesis facoltà intellettuale che corrisponde alla sezione superiore dell’epistème nella celebre linea divisa. É quel pensiero che si accosta alle idee senza assumerle come ipotesi (a differenza dalla diànoia), deve piuttosto mostrare che esistono necessariamente, e deve servirsi solo del logos, senza fare uso di figure. Virtù Quattro virtù particolari: la sapienza, assai simile alla virtù intesa in senso generico, che è propria della parte razionale dell’anima; il coraggio, inteso come conoscenza delle cose da temere e da non temere, tipico della parte animosa; la temperanza, che ha relazione soprattutto con la parte concupiscibile e consiste nella capacità di moderare i desideri (cioè conoscere quali desideri sono buoni); la giustizia, definita come «fare le cose proprie», che corrisponde al corretto ordine delle tre parti dell’anima, in cui la ragione comanda e le altre due parti obbediscono. 9 Aristotele Etica p. 195-201 Categorie Predicabili massimi non ulteriormente unificabili tra loro. Sono per esempio: sostanza, qualità, quantità, relazione ecc. Rispondo, all’interno del discorso, a una certa domanda, es. quale? E nominano delle differenze oggettive che esistono all’interno della realtà. Non esiste un genere sommo capace di raccogliere tutte le categorie (l’essere non è un genere). Predicazione forte (essenziale) / debole (accidentale) La differenza consiste nel fatto che la prima si ha quando il rapporto si sviluppa verticalmente all’interno della medesima categoria (es. il cane è un animale), la seconda quando il rapporto si sviluppa orizzontalmente tra categorie diverse (es. il cane è nero). Aristotele chiama il primo dei due rapporti «dirsi di un soggetto», il secondo «essere in un soggetto». Anima All’anima sono riconducibili non solo l’origine della vita ma anche una complessa serie di attività attraverso le quali entriamo in relazione con il mondo che ci circonda. Per Aristotele, a differenza di Platone, il soggetto di queste attività è l’essere vivente in virtù del fatto di possedere un’anima. L’anima muove si ma restando immobile. L’anima è l’atto primo di un corpo fisico organico che ha la vita in potenza; consiste cioè nella realizzazione della potenzialità di vivere proprio di alcuni corpi. l’anima è forma individuale legata alla sua materia specifica, non è dunque immortale. Sostanze prime e seconde Due modi della sostanza, le une possono essere solo soggetto e mai predicato (es. Socrate), e sono sostanze individuali, le altre possono fungere anche da predicato e sono sostanze di carattere generale (es. uomo). Essere in potenza Stato di privazione determinata. In ogni genere di mutamento abbiamo all’opera un sostrato/soggetto che passa da uno stato iniziale in cui è privo di una certa forma - e si dice che è in potenza - a uno stato finale in cui invece la possiede. Alla potenza è associata la materia. Essere in atto Stato finale di possesso di una forma. In ogni genere di mutamento abbiamo all’opera un sostrato/soggetto che passa da uno stato iniziale in cui è privo di una certa forma - e si dice che è in potenza - a uno stato finale in cui invece la possiede - e si dice che è in atto -. All’atto è associata la forma. 10 Motore immobile È un concetto introdotto da Aristotele nel libro XII della Metafisica che ha il ruolo di causa motrice prima. Aristotele lo definisce come atto sempre in atto, puro, privo quindi di moto e potenza. È «pensiero di pensiero», ossia attività contemplativa pura, che muove tutte le cose come oggetto di amore. Sillogismo Quel procedimento che deduce una conclusione necessaria sulla base di un certo numero di premesse (o proposizioni). È composto da tre termini: un soggetto, un predicato e un termine medio (che compare nelle premesse ma scompare poi nella conclusione). Nel sillogismo di prima figura il termine medio è soggetto nella premessa maggiore e predicato nella premessa minore, in quello di seconda figura, è predicato in entrambe le premesse, in quello di terza figura è in entrambe soggetto. Aristotele chiama dialettico quel sillogismo in cui le premesse non sono vere e necessarie, ma solo probabili e dotate di un certo grado di autorevolezza (èndoxa). Proposizioni Una frase in cui un soggetto è collegato a un predicato. Le proposizioni assertorie (che asseriscono la verità o la falsità di un certo stato di cose) possono essere: UA (universale affermativa), UN, PA, PN. Fisica II Natura (physis) La natura è un principio ed una causa di movimento e di quiete in ciò in cui essa appartiene in modo primario (pr t s) di per sé (kath’auto) e non per accidente (kata symbebekos). La natura è costituita allora da tutte le cose che sono soggette a mutamento. La natura si dice in due modi: come la materia (hylê) che per prima fa da sostrato a ciascuna delle cose che hanno in sé un principio di movimento e di quiete, e come la forma (morphê), cioè la forma che è secondo la definizione (eidos kata ton logon). La natura è un fine, vale a dire ciò in vista di cui. Ed infatti delle cose di cui vi è un movimento senza interruzione verso un fine, questo è il termine ultimo ed è il ciò in vista di cui (to hou heneka). Per natura (physei) È la causa di un essere naturale. Ciò che ha in sé un principio di movimento e di quiete (archê kinese s kai staseôs) è detto essere per natura. Sono per natura gli animali e le loro parti corporee, le piante e i corpi semplici come, per esempio, terra, fuoco, aria e acqua. Secondo natura (kata physin) Allude al comportamento, quindi al tipo di movimento che gli enti che sono per natura hanno. È un’espressione che definisce le regole secondo cui gli enti che sono per natura esistono. Aristotele fa l’esempio del fuoco: è per natura, in quanto ha una fonte intrinseca di movimento, che lo porta verso l’alto, secondo natura. Per accidente (kata symbebekos) Se il principio di movimento e di quiete non appartiene in modo primario di per sé (kath’auto) all’ente, se dunque la causa è in altre cose, vale a dire proviene dall’esterno, allora quell’ente è detto essere per accidente, e non già per natura. Sostanza (ousia) Sono sostanza tutte le cose che sono per natura, e hanno quindi in sé un principio di movimento e di quiete. La sostanza è quella che permane mentre la cosa subisce senza interruzioni le diverse affezioni. 11 ȏ ȏ ȏ Sostrato (hypokeimenon) La natura, dice Aristotele, è sempre in un sostrato. Per sostrato si intenda il sostrato del divenire, vale a dire il soggetto delle predicazioni. Materia (physis) Fa da sostrato a ciascuna delle cose che hanno in sé un principio di movimento e di cambiamento. Si dice materia, in relazione a un determinato processo, il sostrato inteso non già come quella cosa che attualmente è, ma come quel soggetto che ha una certa privazione e che dunque può avere in potenza la forma corrispondente. La materia pura non esiste, ciò che esiste è sempre un composto di materia e forma. Forma (morphê) La natura si dice invece come la forma, cioè la forma che è secondo la definizione (eidos kata ton logon). È anche intesa come télos, finalità, di un processo di divenire che parte dal corpo, ossia dalla materia. Ilemorfismo Concezione filosofica aristotelica secondo la quale tutto quello che vediamo nel mondo, ogni ente naturale, è una composizione, un sinolo (tutt’uno), tra materia e forma. Il sinolo non è altra cosa che l’ente individuale definito nelle Categorie come sostanza prima. Privazione (sterêsis) afferma Aristotele che anche la privazione (sterêsis) è in qualche modo una forma (eidos). Anche l’assenza di forma è forma, caratterizzata in negativo, come privazione (ster sis). Nel I libro della Fisica Aristotele usa questo concetto in negativo per spiegare il movimento che è sempre un passaggio dall’assenza di forma alla forma. Matematico (mathematikos) Il matematico guarda le forme della natura in astrazione dai corpi, guarda le figure separate dalla materia, la parola chiave qui è κοριστος (separato). Es. del naso concavo, che a differenza di quello camuso rappresenta è una figura astratta, separata dal corpo. Studioso della natura (physikos) Guarda le forme della natura nella loro fisicità, in relazione al corpo che delimitano e a cui appartengono. Guarda alle forme incorporate nella materia (es. del naso camuso, che appartiene a un viso e a un corpo). Causa (aition) Aitios era un termino giuridico, equivalete a colpevole, nel significato di qualcuno che è responsabile, causa di qualcosa. Conoscere qualcosa significa conoscere il perché (dia ti) di ciascuna cosa che equivale a cogliere la sua causa prima. Aristotele individua quattro diverse cause: la materia (hylê), la forma (eidos), il principio primo da cui ha origine il movimento (la cosiddetta causa efficiente), e il fine. Le cause sono dette sia in senso proprio (oikeiôs) che per accidente (kata sumbebêkos), e sono sia in potenza che in atto. In modo fortuito (dia tychên) Il fortuito è causa per accidente nell’ambito delle cose che avvengono per scelta in vista di qualcosa. il fortuito non è razionale (paralogos). La ragione (logos) è infatti delle cose che sono sempre o per lo più, ed il fortuito (tychê) si trova nelle cose che accadono al di fuori di quelle. Di conseguenza, dal momento che le cause in tal senso sono indeterminate, anche il fortuito (tychê) è indeterminato. Il fortuito ha a che fare solo con le azioni dell’uomo, e quindi con l’ambito della scelta, non ha a che fare dunque con la natura. In modo spontaneo (dia to automaton) È causa per accidente nell’ambito delle cose che avvengono per scelta in vista di qualcosa. Lo spontaneo si verifica tra gli altri animali e nelle cose inanimate. Nell’ambito delle cose che avvengono in senso proprio e in vista di qualcosa, diciamo 12 ê che avvengono in modo spontaneo quelle che hanno una causa esterna e siano avvenute non in vista di ciò per cui sono avvenute. In vista di qualcosa (to hou heneka) È presente nelle cose che accadono e sono per natura. La natura è una causa e lo è in questo modo, cioè come ciò che è in vista di qualcosa. Necessario (to anankaion) Il necessario è condizionale (ex hypotheseôs) e non si dà come fine (telos): il necessario è infatti nella materia. Il necessario nelle cose naturali è ciò che è detto come materia e i movimenti che sono riconducibili alla materia. Fine Per quanto riguarda le realtà naturali il fine coincide con la forma stessa della cosa che si genera. Non c’è un finalismo transitivo, un fine esterno al prodotto, come può essere per i prodotti artificiali (fine del farmaco è la salute). Il fine per cui vengono ad essere gli animali per esempio è quello di realizzare nella materia, nel modo migliore possibile, la forma tipica della specie. Cosmo Non un insieme di enti, qualitativamente simili, che si muovono in un ambiente neutro secondo regole generali e astratte, ma un ambiente qualitativamente organizzato e differenziato, in cui esiste un ben preciso ordine naturale che spiega la diversa natura delle cose e dello spazio. L’arte imita la natura A differenza di Platone, la natura ha un suo ordine intrinseco, senza che vi sia bisogno per questo di una mente organizzatrice (come poteva essere il demiurgo) o di un atto creativo. La finalità stessa è un dato di natura; Aristotele non pensa a una finalità generale e unitaria per tutto l’universo, ma ritiene piuttosto che la struttura teleologica interessi in modo singolare e non transitivo ogni ente particolare. Gli elementi della natura sono qualitativamente diversi e così pure i loro moti (secondo sostanza, generazione e corruzione, secondo secondo qualità, alterazione, secondo quantità, aumento e diminuzione, secondo il luogo, moto locale). Non esiste una materia unica comune a tutte le cose. 13 14

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