Biologia 1 PDF - Appunti di Biologia
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Questi appunti di biologia, relativi al corso di biologia 1 per studenti di Medicina e Chirurgia del 2023/2024, approfondiscono il concetto delle macromolecole biologiche, con particolare attenzione ai carboidrati e ai lipidi.
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BIOLOGIA I Corso di laurea in Medicina e Chirurgia 2023/2024 BIOLOGIA I LE MACROMOLECOLE BIOLOGICHE La chimica della vita ruota intorno alla chimica del carbonio che può formare legami covalen6...
BIOLOGIA I Corso di laurea in Medicina e Chirurgia 2023/2024 BIOLOGIA I LE MACROMOLECOLE BIOLOGICHE La chimica della vita ruota intorno alla chimica del carbonio che può formare legami covalen6 for6 che a loro volta possono essere semplici, doppi, tripli. I compos6 chimici si dis6nguono in: - Inorganici come acqua e sali minerali - Organici come idrocarburi, alcoli, aldeidi e macromolecole biologiche (biomolecole) TuB i compos6 chimici che cos6tuiscono la materia vivente sono cos6tui6 da carbonio combinato con altri atomi. Il carbonio può formare legami covalen6 for6 Ques6 legami possono essere: semplici, doppi, tripli. CaraEeris6che di una molecola organica possono essere cambiate con la sos6tuzione di un H con GRUPPI FUNZIONALI (responsabili del comportamento chimico della molecola). Le macromolecole più abbondan6 sono le proteine che svolgono numerose funzioni: -di trasporto -receEoriale -enzima6ca NATURA DELLE MOLECOLE BIOLOGICHE La chimica della vita ruota intorno alla chimica del carbonio, tuB i compos6 chimici che cos6tuiscono la materia sono, infaB, cos6tui6 da carbonio. Idrocarburi: compos6 organici che hanno solo atomi di C e H. Gruppi funzionali: sos6tuiscono un H della catena e forniscono alla molecole le sue caraEeris6che specifiche e sono quindi responsabili del suo comportamento chimico. A seconda del ruolo nel metabolismo. Le molecole organiche presen6 nell’organismo si dis6nguono in: 1. LE MACROMOLECOLE: si hanno singole unità deEe monomeri lega6 tra loro con legami covalen6 (for6) a formare polimeri. Il 6po di legame è covalente perché vanno a cos6tuire lo scheletro, l’ossatura della macromolecola e quindi non possono essere cos6tuite da legami che si possono rompere facilmente. Il processo che porta alla formazione del legame covalente deriva da una condensazione. 2. LE UNITÀ CHE COSTITUISCONO LE MACROMOLECOLE: All’interno della cellula abbiamo la riserva di tuB gli elemen6 che servono per: Zuccheri—> precursori dei polisaccaridi Amminoacidi—->precursori delle proteine Nucleo6di—-> precursori degli acidi nucleici 3. INTERMEDI METABOLICI Ogni serie di reazioni chimiche all'interno delle cellule cos6tuisce una via metabolica, in cui un composto viene trasformato in un altro fino a formare un prodoEo finale funzionale. Durante questo percorso, si formano compos6 intermedi che non necessariamente hanno una funzione propria, ma sono essenziali per il completamento della via metabolica. Ques6 compos6 intermedi sono chiama6 intermedi metabolici. In sostanza, gli intermedi metabolici sono i "pezzi di transizione" lungo il percorso metabolico che porta alla produzione del prodoEo finale funzionale. LE MOLECOLE BIOLOGICHE Si dividono in: Carboidra6 Proteine Lipidi DNA RNA I CARBOIDRATI I carboidra6 sono compos6 organici che contengono carbonio (C), idrogeno (H) e ossigeno (O) in un rapporto approssima6vo di 1:2:1, rappresenta6 dalla formula generale (CH2O)n, dove n varia da 3 a 7 per gli zuccheri rilevan6 nel metabolismo cellulare. ◦ Rappresentano le sostanze + abbondan6 in natura ◦ Hanno un importante ruolo struEurale negli esseri viven6 ◦ Sono la principale fonte di nutrimento e quindi di energia per il mondo animale ◦ Sono componen6 essenziali degli acidi nucleici ◦ Vanno a legarsi a lipidi a formare glicolipidi oppure a proteine a formare glicoproteine ◦ Agiscono come receEori, come molecole di riconoscimento ed adesione ◦ Rappresentano i sistemi molecolari che consentono il riconoscimento cellulare (sono quindi implica6 nelle reazioni immunitarie, nei fenomeni di rigeEo, nelle infezioni virali ecc…) I carboidra6 presen6 in natura si trovano in polimeri di unità saccaridiche semplici. Una classificazione semplice si può fare sulla base del numero di unità: - Monosaccaridi: sono zuccheri semplici con più gruppi e in base al numero di atomi di carbonio si dis6nguono in triosi, tetrosi, pentosi ed esosi. - Disaccaridi: 2 unità monosaccaridiche legate covalentemente - Oligosaccaridi: alcune unità - Polisaccaridi: catene di monosaccaridi e/o disaccaridi MONOSACCARIDI StruBura La struEura degli zuccheri può essere rappresentata sia come catena lineare che come anello. Ad esempio, il fruEosio è un chetoesoso con una formula a catena lineare, mentre il glucosio è un aldoesoso con il carbonile localizzato all'estremità della molecola. Quando il glucosio si trasforma da una catena aperta in un anello chiuso, si forma un anello piranosico, che può essere rappresentato sia come un anello piaEo disposto perpendicolarmente alla pagina, con gruppi H e OH pos6 sopra o soEo, sia come conformazione a sedia che mostra la struEura tridimensionale in modo più accurato. È più correEo rappresentare i pentosi e gli esosi nella forma ad anello, rispeEo a quella lineare. Il gruppo carbonilico è terminale negli zuccheri aldeidici e interno in quelli chetonici. Il desossiribosio differisce dal ribosio per l'assenza di un ossigeno: un idrogeno, al posto di un gruppo ossidrile, è legato al carbonio 2. Il glucosio e il galaEosio sono enan6omeri che differiscono per l'organizzazione del gruppo ossidrilico e dell'idrogeno lega6 al carbonio 4. Chiralità La chiralità dei monosaccaridi è dovuta alla presenza di almeno un atomo di carbonio asimmetrico, che possiede quaEro sos6tuen6 diversi, conferendo la possibilità di formare stereoisomeri. Ques6 monosaccaridi possono formare α e β piranosio a seconda della posizione del gruppo ossidrilico rispeEo al piano dell’anello. Legame glicosidico Il legame glicosidico si forma aEraverso una reazione tra il carbonio 1 di uno zucchero e il gruppo ossidrilico di un altro zucchero, con la liberazione di una molecola di acqua, aEraverso un processo di condensazione. Questo legame unisce i monomeri e consente la formazione di struEure più o meno grandi, a seconda del numero di monomeri coinvol6 nel legame. DISACCARIDI I disaccaridi sono compos6 da due unità monosaccaridiche legate covalentemente tramite un legame glicosidico tra il carbonio 1 (C1) di una molecola e il carbonio della molecola adiacente. Ques6 compos6 sono generalmente bianchi, cristallini, dolci e possono essere idrolizza6. Tra gli esempi di disaccaridi più comuni troviamo: - Il saccarosio, formato da glucosio e fruEosio con un legame α-1,2 glicosidico. - Il maltosio, composto da due molecole di glucosio con un legame α-1,4 glicosidico. - Il cellobiosio, cos6tuito da due molecole di glucosio con un legame β-1,4 glicosidico. Il legame glucidico può essere di 6po α, quando entrambi i gruppi ossidrilici sono posiziona6 soEo il piano della molecola, o di 6po β, quando uno dei gruppi ossidrilici è sopra il piano e l'altro soEo. POLISACCARIDI I polisaccaridi sono polimeri cos6tui6 da catene di unità monosaccaridiche o disaccaridiche. Essi svolgono diverse funzioni biologiche e sono essenziali per gli organismi viven6. Tra gli esempi di polisaccaridi più rilevan6 troviamo: - Il glicogeno, che è un polimero del glucosio con una struEura ramificata. Si accumula nel fegato e nei muscoli ed è la principale riserva di glucosio negli animali e nell'uomo. Quando l'organismo ha bisogno di energia, il glicogeno viene conver6to in glucosio per alimentare il metabolismo. - L'amido, che è la principale riserva energe6ca delle piante e si accumula nei semi e nei tuberi. È formato da due polisaccaridi: l'amilosio, che è lineare, e l'amilopec6na, che è ramificata. L'amilosio è cos6tuito da unità di glucosio legate tra loro tramite legami glicosidici α (1 → 4) ed è una forma importante di amido resistente. - La cellulosa, che è un polisaccaride struEurale presente nelle piante. È un polimero del glucosio con legami β-glicosidici e ha una struEura lineare. La cellulosa conferisce rigidità ai tessu6 vegetali e svolge un ruolo fondamentale nel mantenere stabile la struEura delle pare6 cellulari. Ques6 polisaccaridi svolgono importan6 funzioni biologiche e sono fondamentali per la struEura e il metabolismo degli organismi viven6. Sono sostanze naturali molto abbondan6 in natura e rivestono un ruolo chiave nel fornire energia, sostenere la struEura cellulare e partecipare a processi biologici cruciali come il riconoscimento cellulare e le reazioni immunitarie. Questo perchè possono legarsi a lipidi, formando glicoproteine, a proteine, per formare glicoproteine, che agiscono come receEori, molecole di riconoscimento e di adesione. LIPIDI Lipidi: da "lipos" (grasso): sono molecole anfipa6che, cos6tuite da una testa idrofilica polare e da una coda idrofobica apolare. Hanno una forte tendenza ad associarsi mediante interazioni non covalen6 in ambiente acquoso; ques6 legami coinvolgono le code apolari (interazioni di van der Waals). Funzioni biologiche: - Componen6 delle membrane biologiche - Forme di deposito e trasporto di molecole ricche di energia - Rives6mento proteBvo sulla superficie di mol6 organismi - Componen6 della superficie cellulare che partecipano al riconoscimento, alle specificità di specie e all'immunità 6ssutale - Alcuni di ques6 hanno una notevole aBvità biologica, come vitamine e ormoni. I lipidi si dividono in 2 grandi gruppi: - Trigliceridi: Lipidi che servono come molecole di stoccaggio dell'energia - Fosfolipidi: Lipidi con importante funzione cellulare perché sono i cos6tuen6 delle membrane Acidi Grassi Gli acidi grassi sono cos6tuen6 fondamentali di mol6 lipidi e sono molecole semplici composte da una lunga catena di atomi di carbonio, con una lunghezza che va dai 10 ai 24 atomi di carbonio. Essi possono essere classifica6 come saturi o insaturi, a seconda della presenza o meno di doppi legami nella catena carboniosa. Un esempio di acido grasso saturo è l'acido palmi6co, che non con6ene doppi legami nella sua struEura. La mancanza di doppi legami determina un maggiore impaccheEamento delle code degli acidi grassi, poiché conferisce loro una conformazione estesa e una maggiore flessibilità. Un esempio di acido grasso insaturo è l'acido linoleico, che con6ene doppi legami nella sua struEura. La presenza di uno o più doppi legami causa un ripiegamento nella catena carboniosa, creando delle curvature chiamate "gomi6". Ques6 gomi6 impediscono agli acidi grassi insaturi di impaccheEarsi saldamente e rendono le loro interazioni con altre molecole più deboli rispeEo agli acidi grassi saturi. La presenza o assenza di doppi legami influenza la fluidità delle membrane biologiche, poiché gli acidi grassi insaturi rendono le membrane più fluide rispeEo agli acidi grassi saturi. Questa caraEeris6ca è importante per il correEo funzionamento delle membrane cellulari e per mol6 processi biologici. TRIGLICERIDI I trigliceridi sono compos6 da glicerolo, un alcololo, e tre molecole di acidi grassi, che si legano tramite una reazione di condensazione, producendo un legame estere con la liberazione di una molecola di acqua. Ques6 compos6 sono lipidi non polari, molto ricchi di energia e fungono da importan6 riserve energe6che nell’organismo. Essi si accumulano principalmente nelle cellule specializzate chiamate adipoci6 o cellule grasse. La loro funzione principale è quella di fornire una forma altamente efficiente di accumulo di energia, che può essere u6lizzata quando necessario. I trigliceridi possono essere dis6n6 in due categorie principali: - Grassi: trigliceridi solidi a temperatura ambiente, come il burro e il lardo. - Oli: trigliceridi liquidi a temperatura ambiente. Queste due forme di trigliceridi hanno caraEeris6che fisiche diverse e vengono u6lizzate dall'organismo in modi diversi, ma entrambe svolgono un ruolo cruciale come riserve energe6che e come componen6 struEurali delle membrane cellulari. STEROIDI Gli steroidi sono compos6 da atomi di carbonio dispos6 in anelli (3 anelli a 6 atomi di C ed 1 a 5 atomi di C) e includono importan6 molecole come il colesterolo, che è presente anche all'interno delle membrane cellulari, precisamente nel doppio strato fosfolipidico. Qui, si orienta con i gruppi -OH vicini alle teste polari dei fosfolipidi, riducendo la fluidità della membrana ma aumentando la sua stabilità meccanica e la flessibilità delle cellule. Questa disposizione riduce la permeabilità alle molecole idrosolubili più piccole. In collaborazione con le molecole proteiche, il colesterolo regola lo scambio di sostanze aEraverso la membrana cellulare, svolgendo un ruolo chiave nella comunicazione cellulare. Gli steroidi si dis6nguono per la lunghezza e la struEura delle loro catene laterali. Il colesterolo ha un'importanza fondamentale in vari processi biologici: 1. È il precursore della biosintesi della maggior parte degli steroidi, inclusi gli ormoni sessuali maschili come testosterone e androsterone, e gli ormoni sessuali femminili come estrogeni (estradiolo) e proges6nici (progesterone). 2. Regola la diffusione delle sostanze all'interno e all'esterno delle cellule, contribuendo al mantenimento dell'omeostasi cellulare. FOSFOLIPIDI I fosfolipidi sono compos6 da due catene di acidi grassi unite al glicerolo, un gruppo fosfato e una testa polare. Queste molecole sono anfipa6che, il che significa che possiedono regioni idrofobiche (le code degli acidi grassi) e regioni idrofiliche (il gruppo fosfato e la testa polare). I fosfolipidi rappresentano i principali cos6tuen6 delle membrane biologiche. Tra i fosfolipidi più comuni ci sono i fosfogliceridi, con la fosfa6dilcolina come esempio principale, dove la testa polare è cos6tuita dalla colina. In acqua, le interazioni tra le code idrofobiche e le teste idrofile dei fosfolipidi portano alla formazione di un doppio strato fosfolipidico. In questo doppio strato, le code idrofobiche sono rivolte verso l'interno, formando una regione idrofobica, mentre le teste idrofile sono rivolte verso l'ambiente esterno o interno della cellula, formando una regione idrofila. Questa struEura del doppio strato fosfolipidico è essenziale per la formazione e il funzionamento delle membrane cellulari, poiché fornisce una barriera seleBva che regola il passaggio delle sostanze aEraverso la membrana. Riassumendo… I lipidi sono un insieme di molecole idrofobiche con funzioni e struEure molto diverse. - TRIGLICERIDI: Sono cos6tui6 da una molecola di glicerolo legata con legami esterici a tre molecole di acidi grassi. Sono molto ricchi di energia: un grammo con6ene più di due volte il contenuto energe6co di un grammo di carboidra6. - STEROIDI: Sono un gruppo di lipidi caraEerizza6 da una 6pica struEura a quaEro anelli. Comprendono il colesterolo e mol6 ormoni. - FOSFOLIPIDI: Sono lipidi contenen6 fosfato, con un'estremità idrofobica e una idrofilica, indispensabili per la struEura e la funzione nelle membrane biologiche. LE PROTEINE Le proteine sono componen6 fondamentali all'interno delle cellule, svolgendo una vasta gamma di funzioni biologiche essenziali. 1. Proteine insolubili in ambienK acquosi: Queste proteine hanno una struEura fibrosa e sono coinvolte nel sostegno struBurale, come il collagene, la chera6na, l'elas6na e la fibroina. Inoltre, comprendono le proteine di membrana, che agiscono come trasportatori e pompe ioniche. 2. Proteine globulari e solubili in ambienK acquosi: Queste proteine hanno una struEura globulare e svolgono una varietà di funzioni, tra cui la catalisi (enzimi), il trasporto (emoglobina e albumina), la regolazione ormonale (insulina e glucagone), la difesa (an6corpi e trombina), il movimento (ac6na e miosina) e il deposito (ferri6na e caseina). Le proteine sono cos6tuite da una lunga catena di unità elementari chiamate aminoacidi. Sebbene esistano più di 300 aminoacidi in natura, solo 20 di essi sono u6lizza6 per la sintesi proteica nei mammiferi, poiché sono gli unici codifica6 dal DNA. Ogni aminoacido, ad eccezione della prolina, ha un carbonio centrale chiamato carbonio α, legato a quaEro differen6 gruppi: un gruppo amminico basico (-NH2), un gruppo carbossilico acido (- COOH), un atomo di idrogeno (-H) e una catena laterale unica (-R). Esse possono essere suddivise in due categorie principali in base al loro gruppo -R: 1. Amminoacidi a catena laterale idrofobica (non polare): alanina, glicina, isoleucina, me6onina, valina; 2. Amminoacidi a catena aroma6ca: fenilalanina, prolina, triptofano; 3. Amminoacidi a catena laterale idrofilica (polare) non carica a pH = 7: serina, treonina, 6roxina, asparagina, glutammica, cisteina; 4. Amminoacidi a catena laterale idrofilica e acida (a pH =7): acido aspar6co, acido glutammico. Gli amminoacidi sono uni6 tra loro da legami pep6dici, ovvero legami covalen6, che si instaurano tra due molecole quando il gruppo carbossilico (-COOH) di un amminoacido reagisce con il gruppo amminico (-NH2) dell'amminoacido successivo aEraverso una reazione di condensazione che porta all'eliminazione di una molecola di acqua. Gli aminoacidi sono uni6 tra loro da legami pep6dici, che si formano quando il gruppo carbossilico di un aminoacido reagisce con il gruppo amminico dell'aminoacido successivo, mediante una reazione di condensazione che produce l'eliminazione di una molecola di acqua. Ques6 legami conferiscono ai polipep6di una direzionalità specifica - Ques6 legami non vengono roB con l'ebollizione, ma solo con l'azione prolungata di acidi o basi concentrate. - Gli enzimi proteoli6ci sono in grado di rompere tali legami. - Esistono sequenze lunghe da pochi aminoacidi a migliaia di aminoacidi. La lunghezza delle sequenze di aminoacidi varia da pochi a migliaia, e le molecole proteiche vengono classificate in base alla loro lunghezza come pep6de (oligopep6de) per sequenze inferiori a 20 aminoacidi, polipep6de per sequenze inferiori a 60 aminoacidi e proteine per sequenze superiori a 60 aminoacidi. Le catene laterali degli aminoacidi determinano la struEura e la conformazione tridimensionale delle proteine, influenzando la loro funzione biologica. StruBura primaria La struEura primaria delle proteine è la sequenza lineare degli aminoacidi che le compongono. Un esempio di questo livello di struEura è rappresentato dai dipep6di, che consistono in due aminoacidi lega6 covalentemente insieme. Alcuni esempi di molecole di dipep6di includono: - Carnosina: Un dipep6de con funzione di scavenger di radicali liberi non enzima6co e an6ossidante naturale. È ampiamente distribuito nei tessu6, con concentrazioni par6colarmente elevate nei muscoli e nel cervello. - Aspartame: Un dolcificante ar6ficiale u6lizzato in mol6 alimen6 e bevande. - GHS: Un dipep6de con funzione di importante an6ossidante e scavenger di radicali liberi. È presente nella maggior parte dei tessu6 dei mammiferi. -Encefaline: Pentapep6di cos6tui6 da 5 aminoacidi, la cui struEura è simile a quella della morfina. Sono neurotrasmeBtori appartenen6 alla famiglia delle endorfine e sono prodoEe dal sistema nervoso centrale. Per funzionare correEamente, una proteina deve assumere una struEura tridimensionale precisa. Il primo livello di ripiegamento è dato dalla struEura secondaria, stabilizzata da legami idrogeno, che è dovuta ad interazioni locali di 6po ponte idrogeno. StruBura secondaria La struEura secondaria è di fondamentale importanza poiché influenza la struBura tridimensionale della proteina e, di conseguenza, le sue proprietà e funzioni biologiche. La struEura secondaria delle proteine si riferisce alla conformazione locale della catena polipep6dica. Questa struEura è determinata dalle interazioni di 6po legame a idrogeno fra l'ossigeno di un gruppo carbossilico del legame pep6dico e l'idrogeno del gruppo ammidico di un altro legame pep6dico. Esistono due 6pi principali di struEure secondarie: l'α-elica e il foglieEo β. L’α-elica è una conformazione a spirale in cui le catene laterali degli aminoacidi protendono verso l'esterno rispeEo all'asse della spirale. Questa struEura è stabilizzata da legami idrogeno intracatena che si formano tra l'ossigeno del gruppo carbonilico di un legame pep6dico e l'idrogeno del gruppo ammidico di un legame pep6dico situato a 4 residui di distanza sulla catena. TuEavia, la presenza di prolina può interrompere l'α-elica, e gli aminoacidi con catene laterali voluminose o cariche possono interferire con la sua formazione. Il foglieBo β è una struEura proteica ripiegata formata da due o più catene polipep6diche quasi completamente distese. I legami idrogeno in questa struEura sono intercatena e perpendicolari allo scheletro del pep6de. TuB i componen6 di un legame pep6dico partecipano alla formazione di ques6 legami idrogeno, che si realizzano tra l'ossigeno di un gruppo carbonilico di un legame pep6dico e l'idrogeno del gruppo ammidico di un altro legame pep6dico appartenente a una catena polipep6dica diversa. I polipep6di che formano un foglieEo β possono disporsi in modo parallelo o an6parallelo. Un foglieEo β può anche essere formato da una singola catena polipep6dica ripiegata su se stessa, in tal caso i legami idrogeno sono legami intracatena. La superficie dei foglieB β è piegheEata. La conformazione finale di una proteina dipende principalmente dalla presenza e dalla disposizione dei gruppi laterali (-R) degli aminoacidi che la compongono. Affinché una proteina sia funzionale, deve raggiungere una correEa conformazione terziaria, almeno, partendo dalla struEura primaria. Non tuEe le proteine hanno una struEura quaternaria. I polipep6di hanno una precisa direzionalità, con un gruppo amminico all'estremità di un lato e un gruppo carbossilico all'estremità dell'altro. Le catene laterali degli aminoacidi sono determinan6 per il modo in cui una proteina si ripiega su se stessa. La struEura terziaria è un altro livello di ripiegamento proteico in cui i gruppi laterali (-R) degli aminoacidi svolgono un ruolo importante. Durante questo processo, le catene non polari tendono a posizionarsi all'interno della proteina, mentre quelle polari si trovano all’esterno. StruBura super-secondaria La struEura supersecondaria si riferisce all'organizzazione spaziale di più elemen6 di struEura secondaria, come alfa-eliche e foglieB beta, all'interno di una singola catena polipep6dica. In sostanza, è un livello di organizzazione della struEura proteica che va oltre quello della struEura secondaria, ma non raggiunge la complessità della struEura terziaria. La struEura supersecondaria può includere arrangiamen6 ripe66vi di elemen6 di struEura secondaria, formando mo6vi struEurali dis6n6 che contribuiscono alla stabilità e alla funzione della proteina. StruBura terziaria La struEura terziaria delle proteine si riferisce alla disposizione tridimensionale dell'intero polipep6de, che è determinata dalle interazioni tra le catene laterali degli aminoacidi, anche se sono distan6 nella sequenza primaria. Durante il processo di ripiegamento, le proteine tendono a assumere una configurazione compaEa. Le interazioni tra i gruppi laterali degli aminoacidi giocano un ruolo cruciale in questo processo. Le catene laterali non polari tendono a essere posizionate all'interno della proteina, mentre quelle polari si trovano verso l'esterno, dove possono interagire con il solvente. Le principali interazioni che stabilizzano la struEura terziaria sono: 1. Interazioni idrofobiche: gli aminoacidi con catene laterali non polari tendono a localizzarsi all'interno della proteina, dove si associano con altri residui idrofobici per evitare il contaEo con l'acqua. 2. Interazioni ioniche: gruppi con carica nega6va (COO-) possono interagire con gruppi carichi posi6vamente (NH3+), formando legami ionici che contribuiscono alla stabilità della struEura terziaria. 3. Legami a idrogeno: sono forma6 tra l'atomo di idrogeno legato all'azoto o all'ossigeno di un gruppo funzionale polare e un atomo di ossigeno o azoto di un altro gruppo funzionale polare. Ques6 legami contribuiscono alla formazione di struEure secondarie come l'α-elica e il foglieEo β, nonché alla stabilizzazione della struEura terziaria. 4. Legami disolfuro: sono legami covalen6 che si formano tra due atomi di zolfo di residui di cisteina. Ques6 legami possono stabilizzare la struEura terziaria mantenendo insieme le porzioni della proteina che contengono residui di cisteina. Un esempio di proteina con una struEura terziaria ben definita è la mioglobina. Si traEa di una singola catena polipep6dica composta da 153 aminoacidi e con6ene un gruppo eme. La mioglobina presenta 8 regioni ad α-elica e nessun foglieEo β. StruBura quaternaria La struEura quaternaria delle proteine si riferisce all'organizzazione tridimensionale risultante dall'associazione di due o più catene polipep6diche, chiamate subunità, che possono essere iden6che o diverse. Questa associazione è stabilizzata da interazioni non covalen6 tra le subunità. Molte proteine quaternarie incorporano anche gruppi non proteici, no6 come gruppi proste6ci, che svolgono una funzione specifica all'interno della struEura proteica complessiva. Un esempio di proteina con struEura quaternaria è l'emoglobina. L'emoglobina è cos6tuita da quaEro catene globiniche: due catene α e due catene β. La denaturazione delle proteine è un processo che altera la loro struEura tridimensionale, senza influenzare la sequenza di aminoacidi. Gli agen6 denaturan6 possono essere fisici, come calore e radiazioni, o chimici, come variazioni di pH, urea, guanidina, e così via. Ques6 agen6 rompono i legami che stabilizzano le struEure secondarie, terziarie e quaternarie delle proteine, causando la perdita delle loro proprietà biologiche. La rinaturazione, d'altra parte, è il processo aEraverso il quale una proteina denaturata riacquista la sua struEura tridimensionale na6va e le sue proprietà biologiche dopo l'eliminazione dell'agente denaturante. Questo processo può comportare il ripris6no dei legami e delle interazioni che mantengono la struEura proteica correEa. L’IMPORTANZA DELLA STRUTTURA PRIMARIA L'esperimento di Anfinsen condoEo nel 1957 ha dimostrato l'importanza della struEura primaria delle proteine nella determinazione della loro conformazione tridimensionale e della funzione biologica. U6lizzando la ribonucleasi (RNasi), una proteina a catena singola composta da 124 residui e con 4 pon6 disolfuro, Anfinsen e il suo team hanno denaturato la proteina, causando la roEura dei legami che mantenendo la sua struEura funzionale. Successivamente, dopo aver rimosso le sostanze denaturan6, hanno osservato che la proteina è stata in grado di ripiegarsi spontaneamente nella sua struEura na6va e di riformare correEamente i 4 pon6 disolfuro. Questo risultato ha dimostrato che le proteine contengono tuEe le informazioni necessarie per raggiungere la conformazione terziaria nella loro struEura primaria. *Esperimento di Anfisen nel de1aglio: Nell’esperimento di Anfisen si procede con la denaturazione della ribonucleasi A tramite l’u6lizzo di agen6 denaturan6 come la guanidina o l’urea, che portano alla “distruzione” della sua stru 1 favorita verso i prodoB Keq < 1 favorita verso i reagen6 Costante di dissociazione: misura di quanto due molecole tendono a restare unite. Kd = [A][B]/[AB] IDROLISI DELL'ADENOSINTRIFOSFATO (ATP) E SUOI RUOLI L'adenosintrifosfato (ATP) viene idrolizzato in mol6 processi biochimici. Nella maggior parte delle reazioni, l’ATP viene idrolizzato ad adenosindifosfato (ADP) e fosfato inorganico (Pi), ma in alcuni casi può essere idrolizzato ad adenosinmonofosfato (AMP) e pirofosfato (PPi), con pra6camente lo stesso ΔG° pari a -7,3 kcal/mol (-30,5 kJ/mol). Il gruppo Pi dell’ATP può essere trasferito a diversi 6pi di molecole: amminoacidi, zuccheri, grassi e proteine. Alcuni ruoli dell'idrolisi dell'ATP nella cellula includono: - Separare la carica ai la6 di una membrana - Concentrare un par6colare soluto nella cellula - Far procedere una reazione chimica altrimen6 sfavorita - Far scorrere i filamen6 l'uno sull'altro, come durante l'accorciamento di una cellula muscolare - Donare un gruppo fosfato a una proteina, modificandone le proprietà e generando la risposta desiderata, dove i gruppi fosfato fungono da si6 di legame per altre proteine Equilibrio e Stato Stazionario L’ambiente cellulare è aperto, con un flusso con6nuo di ossigeno e sostanze che entra ed esce dalla cellula, permeEendo al metabolismo cellulare di trovarsi in uno stato stazionario. - Stato stazionario: Le concentrazioni dei compos6 sono mantenute costan6, anche se questo stato può essere lontano dalla condizione di equilibrio. Le concentrazioni di ATP e ADP allo stato stazionario possono essere differen6 dalla condizione di equilibrio. - Quando la cellula muore, le concentrazioni di ATP e di ADP (così come quelle di altri compos6 biochimici) si spostano verso le condizioni di equilibrio. In breve, l'ATP fornisce energia per mol6 processi cellulari, il cui equilibrio e stato stazionario sono mantenu6 da un flusso con6nuo di sostanze dentro e fuori dalla cellula. ENZIMI La storia della scoperta degli enzimi è lunga e faEa da difficili esperimen6, ma sono 3 le tappe fondamentali di questo percorso: 1. Louis Pasteur nel 1850 scopri che il fenomeno della fermentazione non era spontaneo ma veicolato da delle cellule di lievito, quindi senza la presenza di queste cellule la fermentazione non avveniva. 2. Eduard Buehner nel 1897: vide che facendo un estraEo del succo cellulare di lievito il processo di fermentazione avveniva comunque, quindi dedusse che delle molecole contenute all’interno di queste cellule dovessero compiere l’aEo della fermentazione (l’estraEo cellulare è chiamato zimasi) 3. James Summer nel 1927, cercò di purificare, cristallizzandola, la proteina ureasi, un enzima. Successivamente fece uno speEro ai raggi X e vide che quel composto che sapeva essere un enzima era anche una proteina. Gli enzimi sono dunque proteine: Sono la classe di proteine più numerosa e il loro numero, infaB, è molto elevato, s6mabile tra 10 000 e 20 000. CaraBerisKche Rendono più veloci le innumerevoli reazioni chimiche che si sviluppano all’interno o all’esterno delle cellule dell’organismo, senza consumarsi o alterarsi in modo irreversibile nel corso delle stesse; vengono infaB defini6 catalizzatori biologici. ⁃ presen6 ed efficaci anche se in piccole quan6tà ⁃ alla fine della reazione non devono risultare modifica6 e, quindi, devono essere pron6 per essere riu6lizza6; ⁃ non devono influenzare l’equilibrio di una reazione chimica reversibile La loro funzione infaB è solo quella di rendere più veloce (talora fino a 1016 volte) il processo in entrambe le direzioni, modificando il tempo necessario per il raggiungimento dell’equilibrio chimico. Il ruolo cataliKco Le molecole che si legano all’enzima, catalizzando la trasformazione, sono generalmente di natura organica e vengono chiamate substra6, prima della reazione, e prodoB, dopo la trasformazione. Il sito a]vo è l'area sulla superficie dell'enzima dove il substrato si lega per effeEuare la catalisi a prodoEo. Nel caso di enzimi proteine coniugate, la parte proteica del complesso è chiamata apoenzima, mentre quella non proteica (molecole, ioni inorganici o organici, ecc...) è definita cofaBore. L'insieme di apoenzima e cofaEore è noto come oloenzima. Il cofaEore, essenziale per la funzione catali6ca dell'enzima, può essere chiamato coenzima se è una molecola organica complessa o gruppo proste6co se è legato stabilmente all'apoenzima, generalmente con legami covalen6. Alcuni enzimi sono denomina6 zimogeni o proenzimi: la cellula li produce in forma inaBva e vengono aBva6 solo nei distreB dove devono agire. Qui vengono modifica6 chimicamente e trasforma6 nelle forme aBve, come negli enzimi diges6vi. Fotografia al microscopio eleEronico a scansione (SEM) di cellule pancrea6che, colorate in verde per mostrare i nuclei e in rosso i granuli di zimogeno. Efficienza cataliKca e il numero di turn-over L’efficienza catali6ca di un enzima è misurata dal suo numero di turnover o aBvità molecolare, che esprime il numero di molecole di substrato di cui una molecola di enzima catalizza la trasformazione nei prodoB nell'unità di tempo e in condizioni oBmali. Questo valore è influenzato dalla capacità dell'enzima di rigenerarsi dopo ogni ciclo catali6co. In breve, l'enzima svolge un ruolo chiave nei processi biologici, legando i substra6 nel suo sito aBvo, catalizzando le reazioni e convertendo i substra6 in prodoB, mantenendo così l'efficienza catali6ca necessaria per la vita cellulare. PROPROTEINA CONVERTASI SUBTILISINA/KEXIN TIPO 9 (PCSK9) La proproteina convertasi sub6lisina/kexin 6po 9 (PCSK9), conosciuta anche come neural apoptosis-regulated convertase 1 (NARC-1), è stata descriEa per la prima volta nel 2003. Questo enzima, una serina proteasi, gioca un ruolo cruciale nella regolazione dei livelli del receEore delle lipoproteine a bassa densità (LDLR), principalmente nel fegato. Il meccanismo d'azione di PCSK9 è fondamentale per comprendere il suo impaEo sulla fisiologia. Dopo un processo di autocatalisi sia a livello intracellulare che extracellulare, PCSK9 inibisce il riciclo del receEore LDL sulla superficie cellulare. Ciò porta a un accumulo di lipoproteine a bassa densità (LDL) circolan6 e, di conseguenza, all'ipercolesterolemia. Le mutazioni "gain-of-func6on" in PCSK9 sono associate all'ipercolesterolemia familiare (FH), mentre le mutazioni "loss-of-func6on" sono legate a una significa6va riduzione delle LDL sieriche e delle malaBe cardiovascolari. Per comprendere appieno come gli enzimi come PCSK9 compiano una catalisi così efficiente, è essenziale esaminare il loro ruolo come catalizzatori biologici. Gli enzimi facilitano le reazioni metaboliche rendendo il percorso più frazionato e quindi più accessibile alle molecole coinvolte. Questo avviene aEraverso la formazione di un intermedio enzima-sostanza (ES) che riduce l'energia di aBvazione necessaria per la reazione. Questa strategia permeEe alle cellule di svolgere reazioni in tempi brevi e in condizioni compa6bili con la vita. Gli enzimi funzionano rendendo il percorso più frazionato e quindi più percorribile da parte delle molecole coinvolte nella reazione. 1.L’enzima si lega al substrato formando un intermedio E+S e questa parte della reazione ha sua propria energia di aBvazione, ovviamente molto inferiore a quella della reazione in assenza dell’enzima 2.il substrato si trasforma in prodoEo, necessitando di una seconda energia di aBvazione 3.Infine, avviene la totale liberazione tra l’enzima e il prodoEo stesso, u6lizzando una terza energia di aBvazione La somma delle tre energie di aBvazione è uguale a quella della reazione totale in assenza di enzima, ma tale energia viene u6lizzata in maniera frazionata ed è quindi più facile reperirla. IL SITO ATTIVO Il sito a]vo occupa una parte rela6vamente piccola del volume totale della molecola enzima6ca ed è cos6tuito tridimensionalmente da gruppi chimici di aminoacidi appartenen6 a par6 diverse della proteina globulare. Il legame con il substrato avviene aEraverso una serie di aErazioni deboli che permeEono la formazione del complesso enzima-substrato (ES) ed è altamente specifico tant’è che viene definito modello «chiave e serratura». La forma del sito aBvo di alcuni enzimi si modifica profondamente quando viene legato il substrato. In questo caso, i si6 aBvi degli enzimi presentano forme complementari al substrato solamente dopo che il legame si è verificato. Questo procedimento di riconoscimento dinamico è chiamato adaBamento indoBo. Un esempio di formazione di un complesso enzima-substrato è la reazione catalizzata dalla piruvato chinasi. I due substra6, fosfoenolpiruvato (PEP) e ADP, si legano all'enzima per formare un complesso enzima-substrato (ES), che porta alla formazione dei prodoB, piruvato e ATP. a) I substra6 lega6 alla superficie di un enzima sono molto vicini e orienta6 correEamente per facilitare la reazione b) Quando un substrato lega la superficie di un enzima, la distribuzione degli eleEroni nella molecola di S è influenzata dalle catene laterali adiacen6 all’E. Questo aumenta reaBvità di S e stabilizza il complesso E+S. c) Quando un substrato lega la superficie di un enzima alcuni legami del S possono subire tensioni fisiche o eleEroniche. Si destabilizza così il S portandolo allo stato di transizione. Meccanismo cataliKco della chimotripsina e l’adaBamento indoBo (a) L'atomo di ossigeno eleEronega6vo di un residuo di serina (Ser 195) dell'enzima, che ha una parziale carica nega6va, effeEua un aEacco nucleofilo al carbonio carbonilico del substrato, che ha una parziale carica posi6va, rompendo il legame pep6dico. Il substrato è mostrato in blu. La serina diviene più reaBva ad opera di un residuo di is6dina adiacente (His 57), che preleva il protone dalla serina e lo trasferisce all'atomo di azoto del legame pep6dico scisso. L'is6dina è in grado di fare ciò perché la sua catena laterale è una base debole, che può guadagnare o perdere un protone a pH fisiologico. (Una base più forte, come la lisina, rimarrebbe completamente protonata a questo pH). Parte del substrato forma un legame covalente temporaneo con l'enzima per mezzo della catena laterale della serina, mentre la restante parte del substrato è rilasciata come il primo prodoEo. (Da notare che la serina e l'is6dina sono situate ad una distanza reciproca di 138 amminoacidi nella struEura primaria, ma sono vicine nell'enzima per il ripiegamento del polipep6de. Un acido aspar6co, residuo 102, che non è mostrato, è anche importante nella catalisi perché influenza lo stato ionico dell'is6dina). (b) Nel secondo stadio, l'atomo eleEronega6vo di ossigeno della molecola di acqua sposta il substrato legato covalente- mente dall'enzima, rigenerando la molecola dell'enzima libero. Come nel primo stadio, l'is6dina ha un ruolo nel trasferimento del protone, in questo stadio, il protone viene rimosso dall'acqua, rendendola un nucleofilo molto più forte. Il protone è in seguito donato al residuo di serina dell’enzima. EffeBo della concentrazione del substrato La velocità di una reazione chimica (V) aumenta all’aumentare della concentrazione dei reagen6 in quanto aumenta il numero degli ur6. Per mol6 enzimi la velocità iniziale di catalisi (V0) cambia con la concentrazione del substrato ([S]), che varia durante il corso di una reazione. La relazione tra velocità di reazione e concentrazione del substrato è descriEa aEraverso una funzione iperbolica nota come equazione di Michaelis-Menten. Km non è legato alla concentrazione dell’enzima, ma dipende dal 6po di substrato e dalle condizioni ambientali, come il pH, la temperatura o la forza ionica dei composto. INIBITORI ENZIMATICI L’inibizione enzima6ca è un meccanismo regolatorio nel quale specifiche molecole o ioni, deB appunto inibitori, si legano all’enzima, provocando un rallentamento o addiriEura l’arresto della sua aBvità catali6ca. Il meccanismo inibitorio può essere classificato in due modi diversi, a seconda che si prenda in considerazione la stabilità del legame enzima-inibitore o la posizione del rela6vo sito di legame. 1.Inibizione irreversibile: in questo caso, l’inibitore si lega sempre al sito aBvo dell’enzima in modo talmente stabile (spesso covalente) che l’enzima non può più tornare alle condizioni di partenza, perdendo in modo defini6vo la sua capacità di legare il substrato o di catalizzarne la trasformazione. Spesso non mostrano specificità per un singolo enzima, si legano a residui aminoacidici determina6, ma presen6 su diversi enzimi. Gas Nervini: si combinano irreversibilmente con un residuo di serina nel sito aBvo dell’ace6lcolinesterasi, enzima fondamentale per la trasmissione sinap6ca, che così viene inaBvato, compromeEendo la funzionalità del sistema nervoso. Sali dell'arsenico, del piombo o del mercurio hanno un’azione tossica ad ampio speEro, inibendo le capacità catali6che di mol6 enzimi. Ques6 sali agiscono legandosi covalentemente ai gruppi SH della cisteina e impedendo, in tal modo, la formazione di pon6 disolfuro, indispensabili per stabilizzare la configurazione tridimensionale delle molecole enzima6che. 2. Inibizione reversibile: in questo 6po di regolazione, il legame tra la proteina e l’inibitore può ̀ rompersi, permeEendo all’enzima di riprendere la propria aBvità catali6ca. A differenza del caso precedente, nell’inibizione reversibile il legame enzima-inibitore può non avvenire sul sito aBvo. Un esempio di inibizione reversibile, invece, è l’aspirina (acido ace6lsalicilico), che inibisce temporaneamente l’enzima per la sintesi delle prostaglandine, compos6 che partecipano al processo di insorgenza del dolore e aBvazione piastrinica. 3. Inibitori compeKKvi: si legano al sito aBvo dell’enzima, grazie ad una somiglianza struEurale con il substrato. 4. Inibizione non compeKKva: i si6 di legame dell’inibitore e del substrato non coincidono ed entrambe le molecole possono legarsi simultaneamente all’enzima, che vede ridoEa sensibilmente la propria aBvità catali6ca. 5. enzimi allosterici: l‘inibitore si lega su un sito diverso dal sito aBvo, deEo appunto sito allosterico. L’aBvazione di questo sito provoca alterazioni conformazionali della proteina che favoriscono una riorganizzazione struEurale di tali si6 catali6ci, sequenziale o simultanea (concentrata). È questo il fenomeno della cooperaKvità, che può essere posiKva, quando si ha un’aBvazione allosterica dei si6 catali6ci o negaKva, nel caso di una loro inibizione. 6. Inibizione mista: l’inibitore altera contemporaneamente sia il il legame del substrato con l’enzima sia il turnover. La struEura tridimensionale che ha una proteina conferisce anche la sua accessibilità al sito aBvo. IL METABOLISMO Il metabolismo insieme delle reazioni chimiche che, in modo coordinato e integrato, degrada e sinte6zza le biomolecole cellulari. Tre funzioni principali: ricavare energia u6le per la cellula aEraverso la degradazione di sostanze nutrien6 conver6re i nutrienK in molecole u6li per la cellula sinteKzzare macromolecole e polimeri a par6re dai precursori Il metabolismo è cos6tuito da due fasi dis6nte ma interconnesse: il catabolismo libera energia degradando carboidra6, acidi grassi e amminoacidi e porta alla formazione di prodoB di rifiuto (CO2, H2O, scorie azotate) l’anabolismo assorbe energia per svolgere reazioni di sintesi e condensazione all’interno delle cellule Le reazioni del metabolismo sono organizzate in vie metaboliche, cioè sequenze di reazioni chimiche catalizzate da enzimi in cui il prodoEo della prima reazione è il reagente della seconda, il prodoEo di questa è il reagente della terza, e così via fino al prodoEo finale della via. Le vie metaboliche sono convergen6, divergen6 e cicliche. Le vie cataboliche sono convergen6 e portano alla formazione di carboidra6, lipidi e proteine. Le vie del metabolismo terminale sono cicliche, come il ciclo di Krebs che usa l’Ace6l-CoA. Le vie anaboliche sono divergen6 e portano alla formazione di elemen6 cos6tuen6 delle biomolecole come amminoacidi, acidi grassi, monosaccaridi, basi azotate ecc. L’ATP è la principale fonte di energia per le reazioni metaboliche, perché è una molecola ad alta energia di idrolisi. Molte reazioni cataboliche sono reazioni esoergoniche che possono avvenire spontaneamente (ΔG < 0). Molte reazioni anaboliche sono endoergoniche (ΔG > 0) e possono svolgersi perché sono accoppiate a reazioni fortemente esoergoniche, come la reazione di idrolisi dell’ATP. Il metabolismo energe6co di tuB gli organismi si basa su reazioni di ossidoriduzione, in cui agen6 ossidan6 acquistano eleEroni dal substrato che deve essere ossidato, riducendosi a loro volta. Il FAD e il NAD+ sono i principali agen6 ossidan6 delle reazioni redox cellulari. I due coenzimi legano gli eleEroni trasformandosi nella forma ridoEa, rispeBvamente, FADH2 e NADH. FADH2 e NADH trasferiscono gli eleEroni nella catena di trasporto eleEronico fino all’ossigeno, geEando le basi per la produzione della maggior parte dell’energia. Il metabolismo energe6co di tuB gli organismi si basa su reazioni di ossidoriduzione, in cui agen6 ossidan6 acquistano eleEroni dal substrato che deve essere ossidato, riducendosi a loro volta. Lo stato di ossidazione dell'atomo di carbonio dipende dagli atomi a cui è legato. Ogni atomo di carbonio può formare un massimo di quaEro legami con altri atomi. La serie di molecole semplici con un singolo atomo di carbonio illustra i vari sta6 di ossidazione in cui l'atomo di carbonio può esistere. Nello stato di massima riduzione, il carbonio si lega a quaEro idrogeni (formando il metano); nello stato di massima ossidazione si lega a due ossigeni (formando l'anidride carbonica). L’aBvità metabolica cellulare deve essere regolata con precisione. Tale regolazione avviene secondo il principio della massima economia: vengono prodoEe (o degradate) solo le sostanze di cui esiste (o non esiste) effeBva necessità e soltanto nelle quan6tà e nei tempi opportuni. La regolazione del metabolismo avviene secondo tre meccanismi generali: controllo dell’aBvità catali6ca degli enzimi, controllo delle concentrazioni degli enzimi, compar6mentazione delle vie metaboliche. Controllo dell’a]vità cataliKca degli enzimi: il flusso metabolico è determinato dalla tappa chiave e l’enzima in ques6one è definito enzima chiave della via metabolica. Par6colarmente importante è il feedback negaKvo. Controllo delle concentrazioni intracellulari degli enzimi chiave. Avviene favorendo o ostacolando due processi oppos6: la biosintesi e la degradazione intracellulare dell’enzima. ComparKmentazione delle vie metaboliche: alcune vie metaboliche si realizzano solo nel citoplasma, mentre altre si svolgono solo nel re6colo endoplasma6co liscio oppure nei mitocondri o in più di un distreEo. In questo modo, gli intermedi di vie metaboliche diverse si trovano separa6 dalle membrane degli organuli cellulari, e la loro concentrazione dipende anche dall’efficienza dei sistemi di trasporto aEraverso le membrane. Le tappe della produzione di ATP Nel processo di produzione dell’energia cellulare, il glucosio rappresenta il principale combus6bile. La reazione fra il glucosio e l’ossigeno è un processo altamente esoergonico. C6H12O6 —> 6CO2 + 6H2O (ΔG < 0) La demolizione del glucosio ha inizio con la glicolisi, una via metabolica che converte il glucosio a piruvato.Ora si hanno due possibili vie. 1. In assenza di ossigeno si ha la fermentazione con: - Ossidazione incompleta del piruvato - ProdoB di acido laBco o etanolo e alcol come prodoB di scarto - 2 ATP prodoEe per molecola di glucosio 2. In presenza di ossigeno si ha la respirazione cellulare con: - Ossidazione completa del piruvato - Produzione di H2O e CO2 come prodoB di scarto - 32 ATP per molecola di glucosio Inoltre la respirazione cellulare (in condizioni aerobiche) comprende tuB i processi catabolici che portano alla degradazione completa delle biomolecole combus6bili, siano esse glucosio, acidi grassi o amminoacidi. Per il glucosio, si svolge in tre fasi principali. LA GLICOLISI La glicolisi è la più importante via metabolica aEraverso cui la maggior parte degli organismi demolisce la molecola del glucosio allo scopo di trarne energia. La glicolisi determina una parziale ossidazione del glucosio: da una molecola a sei atomi di carbonio si oEengono due molecole di acido piruvico (piruvato) a tre atomi di carbonio. Il processo si accompagna alla riduzione di due molecole di NAD+ a NADH e fornisce l’energia necessaria per formare due molecole di ATP. La glicolisi procede per tappe e comprende dieci diverse reazioni, ciascuna delle quali è catalizzata da uno specifico enzima. Nella fase di preparazione (endoergonica) la cellula consuma energia soEo forma di due molecole di ATP per fosforilare la molecola di glucosio, preparandolo alla scissione in due molecole più piccole, fino ad arrivare a due molecole di gliceraldeide 3-fosfato. Nella fase di recupero energeKco (esoergonica) la gliceraldeide 3- fosfato è ossidata a piruvato. L’energia liberata viene u6lizzata per produrre quaEro molecole di ATP e ridurre due molecole di NAD+ a NADH. Affinché la glicolisi possa procedere è necessario che il NAD+ sia con6nuamente rigenerato aEraverso un processo di riossidazione del NADH. Ciò avviene in modi diversi in presenza di ossigeno o in sua assenza. LA FERMENTAZIONE Gli organismi anaerobi u6lizzano come acceEori degli atomi di idrogeno del NADH il piruvato e l’aldeide ace6ca: fermentazione alcolica → produzione di etanolo fermentazione la]ca → produzione di acido laBco IL CICLO DELL’ACIDO CITRICO Il metabolismo terminale è l’insieme delle reazioni ossida6ve che garan6scono la produzione della maggior parte dell’energia cellulare. coinvolge la decarbossilazione ossida6va del piruvato e il ciclo dell’acido citrico produce CO2 e coenzimi rido] (NADH e FADH2) che funzionano come riserve di eleEroni è accoppiato alla produzione di ATP si svolge nei mitocondri Il punto di passaggio fra la glicolisi e il ciclo dell’acido citrico consiste nella decarbossilazione ossidaKva del piruvato ad ace6le e nella trasformazione di questo in ace6l-CoA grazie al legame con il coenzima A. Una volta formato, l’ace6l-CoA entra in una via metabolica ciclica che va soEo il nome di ciclo dell’acido citrico, deEo anche ciclo degli acidi tricarbossilici o ciclo di Krebs. Una molecola di ace6l-CoA viene ossidata con liberazione del CoA, di due molecole di CO2, una molecola di GTP, tre molecole di NADH e una di FADH2. IL TRASFERIMENTO DI ELETTRONI NELLA CATENA RESPIRATORIA La catena respiratoria (o catena di trasporto eleEronico) ossida i coenzimi NADH e FADH2 a NAD+ e FAD. Per fare questo, i coenzimi nella forma ridoEa trasferiscono in modo graduale gli eleEroni all’ossigeno. Il processo di trasferimento degli eleEroni all’ossigeno è accompagnato dal passaggio di ioni H+ dalla matrice mitocondriale allo spazio intermembrana. Ai due la6 della membrana mitocondriale interna si genera così un gradiente protonico (o eleErochimico) che fornisce la forza motrice del processo di sintesi dell’ATP. 1. il gradiente chimico è generato dalla diversa concentrazione di protoni ai due laK della membrana mitocondriale interna 2. il gradiente eleBrico è dovuto alla diversa distribuzione delle cariche posiKve degli ioni H+, che si accumulano nello spazio intermembrana La fosforilazione ossidaKva è il processo grazie al quale l’energia derivata dal catabolismo ossida6vo è impiegata per produrre molecole di ATP a par6re da ADP e Pi. Questo processo avviene grazie a un complesso proteico associato alla membrana mitocondriale interna, chiamato ATP sintasi. La resa energeKca dell’ossidazione completa del glucosio a CO2 e H2O Nel complesso, si producono 32 molecole di ATP per ogni molecola di glucosio ossidata completamente a CO2 e H2O. LE CELLULE Oggi il conceEo di cellula è consolidato, si conoscono 6pi e struEure, ma nel passato non era così. Il primo ad osservare le cellule fu Hooke, egli si chiese come mai tappi di sughero fossero così adaB ad isolare la boBglia. Prese quindi delle sezioni di sughero e le osservò al microscopio (dato che per visualizzare una cellula è necessaria una strumentazione) e vide una struEura a forma di alveare. Ciò non era altro che l’involucro di ciò che rimaneva di cellule viven6 preesisten6; quindi, in pra6ca osservò ciò che rimaneva di una cellula vegetale ormai morta. Fu la prima volta che si osservò una struEura cellulare. Sulla base della cellula si basano quelle che sono le teorie dell’evoluzione. La prima è quella di Lamark, diceva che tuEe le specie derivano da un antenato ancestrale comune e che le differenze ambientali hanno generato nuove necessità che inducono l’uso o il disuso di determina6 organi e che i caraEeri che si acquisiscono possono essere eredita6. Secondo Lamarck è la funzione che crea l’organo. Con la teoria di Darwin si fa un passo avan6, si rese conto che era vero che l’ambiente induceva dei cambiamen6 nella specie ma tuEo è basato su una selezione naturale, ossia, all’interno della stessa specie c’è un adaEamento per poter ridurre la concorrenza, vince la specie più forte. Le specie possono adaEarsi come ad esempio il becco del fringuello in base alla 6pologia di cibo dell’ambiente. [Domanda della prof: tra una mosca e l’uomo chi si è evoluto meglio? Risposta: entrambi, ognuno in base alle loro necessità]. Teoria cellulare La teoria nella sua forma moderna riassume ques6 conceB in tre enuncia6: 1) le cellule sono le unità struEurali degli organismi viven6 2) le cellule sono le unità funzionali degli organismi viven6 3) ogni cellula deriva da un’altra cellula preesistente con passaggio di caraEeri ereditari Ci sono vari 6pi di cellule Queste furono le prime ad essere tenute in cultura, ed essere osservate grazie ai vari microscopi. Ad ogni 6po cellulare corrisponde una funzione come quelle che si trovano nell’intes6no. Le cellule hanno svariate caraBerisKche 1. possiedono un programma gene6co, in cui viene deEo come ges6re e u6lizzare tuEe le informazioni del DNA 2. sono capaci di riprodursi 3. acquisiscono energia e la u6lizzano 4. svolgono una varietà di reazioni chimiche 5. sono impegnate in numerose aBvità meccaniche 6. sono capaci di rispondere agli s6moli, tramite ad esempio i receEori presen6 sulla membrana plasma6ca 7. sono capaci di auto-regolazioni (feedback posi6vi/nega6vi) Le cellule si dividono in procario6 (più semplici) e eucario6 (più complessi). EucarioK: Pro6sta, Plantae, Fungi, Animalia ProcarioK: Bacteria, Archaea LA CELLULA PROCARIOTA I procario6 sono forma6 da cellule organizzate in modo più semplice di quelle eucario6che ma in grado di completare mol6ssime reazioni metaboliche; possono sfruEare diverse fon6 energe6che e sopravvivere anche in condizioni estreme. I procario6 sono organismi unicellulari e le loro dimensioni sono di circa 1μm. Tali organismi hanno la peculiarità di non possedere livelli di compar6mentazione interna. La loro membrana plasma6ca racchiude il materiale cellulare, lo separa dall’ambiente e regola il passaggio di sostanze cellula/esterno. All’interno della membrana si trova il citoplasma, l’insieme del contenuto cellulare, comprendente: il citosol (soluzione acquosa di piccole e grandi molecole) e alcune par6celle insolubili, tra cui i ribosomi. Il materiale gene6co, il DNA, è organizzato in un singolo cromosoma circolare, localizzato nell’area nucleare o nucleoide, una regione della cellula non delimitata da membrana. In aggiunta al DNA principale i baEeri possono contenere piccole molecole di DNA circolare (è definito accessorio), deEe plasmidi, che codificano per enzimi catabolici, per la resistenza ad an6bio6ci o lega6 a meccanismi per lo scambio di materiale gene6co tra organismi. Arricchiscono il DNA ma non svolgono le funzioni essenziali. La maggior parte delle cellule procario6che presentano una parete cellulare esterna alla membrana, con funzione di sostegno e protezione, prevenendone l’esplosione per pressione osmo6ca. La parete cellulare è cos6tuita da pep6doglicano, polimero complesso di aminozuccheri lega6 a brevi polipep6di, a formare un’unica molecola. Le membrane interne sono le invaginazioni della membrana plasma6ca (baEeri fotosinte6ci), non ci sono compar6men6 interni separa6. Flagelli e pili, sono appendici che permeEono il movimento delle cellule e la loro adesione. LA CELLULA EUCARIOTICA A livello di dimensioni le cellule eucario6 che sono circa dieci volte più grandi delle cellule procario6che (10-100 μm). La loro membrana plasma6ca racchiude il materiale cellulare, e lo separa dall’ambiente esterno. La membrana regola il passaggio di sostanze tra l’ambiente cellulare e l’ esterno. Nelle cellule eucario6che si ha compar6mentazione interna: all’interno della membrana si trova il citoplasma, l’insieme del contenuto cellulare, comprendente il citosol (soluzione acquosa di piccole e grandi molecole) ed una serie di organuli, compar6men6 funzionalmente specializza6 delimita6 da membrana o comunque struEuralmente separa6. I vari organuli cellulari come: il citoplasma, il nucleo, il nucleolo, il re6colo endoplasma6co liscio e rugoso, l'apparato del Golgi, i ribosomi, i mitocondri, i lisosomi ecc. ecc., possiedono una struEura ed una funzione ben definita e sono presen6 sia nelle cellule animali che vegetali. Organuli (o organelli) sono par6 specializzate della cellula adibi6 a compi6 specifici, alcuni hanno forme par6colari. La presenza o assenza di alcuni organelli dipende dalle funzioni principali della cellula FUNZIONI DELLA MEMBRANA CELLULARE 1. Compar6mentazione, non solo struEurale ma anche funzionale: es enzimi idroli6ci (funzionano solo nei lisosomi e non nel citosol); 2. ABvità biochimiche: fissazione della CO2 avviene sulla membrana esterna dei cloroplas6; 3. Permeabilità seleBva; 4. Trasporto: es gli ioni H+ deriva6 da tan6 processi metabolici sono porta6 fuori nello spazio extracellulare; 5. Risposta segnali esterni: es ormone (acido abscissico) che si lega sulla superficie esterna e promuove il rilascio di IP3 necessario per liberare Ca2+ da un deposito citoplasma6co; 6. PermeEe l’interazione cellulari: es aperture fra cellule vegetali (plasmodesmi). Consentono spostamento materiale tra cellule; 7. Trasferimento di energia: cloroplas6, mitocondri. Storia della struBura della membrana Le prime osservazioni degne di nota si devono allo scienziato Charles Overton nel 1890. Overton notò che le cellule sembravano circondate da una sorta di strato seleBvamente permeabile che permeEeva a sostanze diverse di entrare e uscire dalla cellula, con velocità differente. Trovò una correlazione tra la natura lipofilica di una sostanza e la facilità con cui essa poteva entrare nella cellula. Da queste osservazioni Overton concluse che i lipidi erano presen6 sulla superficie cellulare, come una sorta di rives6mento, senza sapere come erano organizza6 ed il 6po di lipidi presen6. Questo studio fu ritenuto correEo per 10 anni, fino all’esperimento di Irving Langmuir il quale studiò il comportamento dei fosfolipidi purifica6 e disciol6 in un solvente organico (benzene). Ponendo la miscela di fosfolipidi in benzene sull’acqua, quando il benzene evaporava si formava un monostrato di fosfolipidi e la loro testa polare restava immersa nell’acqua, mentre la porzione apolare si esponeva all’aria. Due fisiologi tedeschi, Gorter e Grendel, nel 1925 cercarono di scoprire quan6 stra6 lipidici sono presen6 nella membrana plasma6ca. U6lizzarono gli eritroci6 o globuli rossi del sangue ed estrassero un numero noto di fosfolipidi, e, u6lizzando il metodo di Langmuir, stra6ficarono ques6 su una superficie acquosa delimitata da due barriere, una fissa e una mobile. Spostando la barriera mobile dedussero che ogni globulo rosso doveva possedere due stra6 di fosfolipidi con le teste polari orientate verso la superficie acquosa proteggendo la porzione apolare. Il solo modello del doppio strato lipidico non spiegava molte delle caraEeris6che delle membrane biologiche. Ad esempio, il passaggio di ioni potassio aEraverso un doppio strato lipidico impiega giorni, mentre in una membrana plasma6ca naturale solo ore. Hugh Davson e James Danielli, al fine di spiegare alcune proprietà, ipo6zzarono la presenza di proteine. Nel 1935 proposero che le membrane biologiche erano formate da due stra6 di fosfolipidi rives66 esternamente da uno strato di proteine. Il loro modello definito a “sandwich” era quindi cos6tuito da proteine-lipide- proteine. Ad oggi sappiamo che questo non è così ed è stato dimostrato grazie all’u6lizzo della fosfolipasi, enzimi capaci di degradare lipidi. DifaB se i lipidi fossero sta6 ricoper6 interamente da proteine essi non avrebbero dovuto degradarsi, ma ciò non accadde nell’esperimento. Negli anni seguen6 si poterono effeEuare delle osservazioni al microscopio eleEronico della membrana plasma6ca. Verificarono direEamente la presenza della membrana plasma6ca aEorno ad ogni cellula e si constatò che la maggior parte degli organuli delle cellule eucario6che era delimitato da membrane. Ma la scoperta più importante si oEenne con l’uso dell’osmio, quale “colorante” per microscopia eleEronica. Si potè osservare che al livello della membrana apparivano due linee scure (l’osmio reagisce con le teste polari) separate da una zona centrale chiara. Tale modello definito di colorazione trilaminare era sempre presente in tuEe le membrane osservate. J. David Robertson propose che tuEe le membrane cellulari hanno in comune una struEura fondamentale che egli denominò membrana unitaria. Ad oggi il modello consolidato è quello a mosaico fluido. Il modello ipo6zza una membrana come un mosaico di proteine incluse in modo discon6nuo in un doppio strato lipidico fluido (ricco di acidi grassi insaturi). Vennero dis6nte tre classi di proteine di membrana: le proteine integrali o intrinseche di membrana immerse nel doppio strato lipidico che aEraversano completamente a membrana. le proteine periferiche o estrinseche, più idrofile e localizzate sulla superficie della membrana legate con legame non covalente alle teste polari. le proteine ancorate ai lipidi, proteine idrofile presen6 sulla superficie della membrana, ma ancorate ad essa a causa del loro legame covalente con i lipidi. La membrana è quindi formata da proteine, carboidra6 e lipidi. Tra i lipidi possiamo dis6nguere i fosfolipidi (fosfogliceridi e sfingomielina), i glicolipidi ed il colesterolo. I fosfolipidi sono forma6 da due code di acidi grassi, glicerolo, gruppo fosfato e colina. Gli sfingolipidi invece hanno una sola coda di acido grasso che si lega alla sfingosina, che a sua volta si lega con gruppo fosfato e colina. Quello che bisogna sapere è che ques6 fosfolipidi si trovano insieme in concentrazioni differen6 a seconda della membrana. Esempi vari: Glicosfingolipidi (esterno) sono di solito sulla parte esterna dove sono coinvol6 in even6 di segnalazione e riconoscimento FosfaKdiletanolammina (interno) serve per la curvatura della membrana necessaria per i processi di gemmazione e fusione della membrana FosfaKdilserina (interno) possiede una carica neEa nega6va ed è in grado di legare le cariche posi6ve della lisina e arginina come ad esempio la glicoforina A FosfaKdilserina (esterno) segnala vecchiaia di una cellula e quindi deve essere eliminata FosfaKdilinositolo (interno) può essere altamente fosforilato e quindi partecipare a numerose di eritroci6 umani reazioni metaboliche. La membrana non è simmetrica neanche per quando riguarda le proteine, ciò è stato dimostrato tramite questo esperimento. LE TRE CLASSI DI PROTEINE Esistono 3 classi di proteine: 1. PROTEINE TRANSMEMBRANA Le proteine integrali di membrana hanno almeno un dominio transmembrana idrofobico per ancorarli alla membrana. Possono avere a) Un receEore con seEe domini transmembrana b) Proteina con un solo dominio transmembrana In una α-elica i legami pep6dici polari si trovano all’interno e i gruppi R delle catene laterali protrudono all’esterno. La Glicoforina A è una proteina Integrale con un unico dominio transmembrana. La singola α-elica che aEraversa la membrana è cos6tuita prevalentemente da residui idrofobici. I quaEro residui amminoacidici con carica posi6va del dominio citoplasma6co della proteina formano legami ionici con i gruppi con carica nega6va delle teste dei lipidi. Ad un certo numero di residui amminoacidici sulla superficie esterna della proteina sono lega6 carboidra6 (mostra6 nel riquadro). TuB i 16 oligosaccaridi, tranne uno, sono lega6 con legame O-glicosidico (l'ecce- zione è rappresentata da un oligosaccaride più grande legato al residuo di asparagina in posizione 26). Le molecole di glicoforina sono presen6 come omodimeri nella membrana degli eritroci6. Le due eliche del dimero si incrociano e la sequenza Gly-X-X-X-Gly si riscontra generalmente quando le eliche transmembrana entrano in streEa vicinanza. La proteina baEerica transmembrana porina crea ampi tunnel aper6, chiama6 pori proteici, nella membrana esterna dei baEeri. Un foglieEo-ß, formato da sedici segmen6 an6paralleli, si dispone a formare un cosiddeEo B-barrel nella membrana cellulare esterna del baEerio. Il tunnel consente all'acqua e ad altri materiali di passare aEraverso la membrana. 2. PROTEINE PERIFERICHE Tra le proteine periferiche ci sono quelle ancorate alla membrana e in questo caso un esempio è la NADPH ossidasi che è formata dalla gp91phox alla quale è ancorata un’altra proteina, p22phox, le quali fanno ancorare una serie di proteine citosoliche che in seguito a una serie di s6moli, si legano alla membrana e aBvano l’enzima. 3. PROTEINE LEGATE AI LIPIDI di membrana tramite legame covalente. Gli zuccheri, vengono lega6 dalle proteine di membrana tramite legame N- glicosidico od O-glicosidico, e partecipano alla simmetria della membrana. FLUIDITÀ DELLA MEMBRANA Nella prima parte abbiamo visto proteine, lipidi e carboidra6. Tra le varie componen6 che fanno parte della struEura della membrana abbiamo parlato del colesterolo che partecipa in maniera aBva a quella che è la fluidità della membrana. La mobilità della membrana può essere dovuta a varie a componen6. Ovviamente è resa possibile dalle code dei fosfolipidi di membrana perché a seconda degli idrocarburi di coda lipofila che noi abbiamo all’interno del fosfolipide di membrana possiamo avere una struEura diversa che rende la membrana più o meno fluida. In par6colar modo se ci sono legami singoli tra gli atomi di carbonio abbiamo una struEura lineare però la maggior parte dei fosfolipidi presen6 nelle membrana in realtà sono insaturi: hanno cioè code cos6tuite da doppi legami che, per quanto riguarda proprio la natura stessa del doppio legame, va a instaurare una torsione della coda. Si crea un ingombro che crea una torsione e a seconda del numero dei doppi legami può essere più o meno evidente. A temperatura fisiologica di 37°C, il doppio strato lipidico della membrana cellulare si trova in uno stato liquido, poiché le molecole lipidiche sono in costante movimento. TuEavia, quando la temperatura scende, il doppio strato lipidico può transizionare verso uno stato più "cristallizzato", formando un "gel cristallino", il quale è caraEerizzato da una maggiore rigidità. Questo comportamento di membrana è quindi chiamato “cristallo liquido bidimensionale”. La transizione tra lo stato fluido e quello cristallizzato dipende dalla capacità dei lipidi di addensarsi. Questo processo è influenzato dalle caraEeris6che delle code idrocarburiche dei fosfolipidi: le code lineari facilitano l'avvicinamento tra fosfolipidi adiacen6, promuovendo la formazione di un doppio strato lipidico più compaEo e rigido. Al contrario, le distorsioni nelle code idrocarburiche rendono più difficile il mantenimento di uno stato compaEo nella membrana, rendendola più accessibile e permeabile a proteine e ioni. Il grado di saturazione degli acidi grassi nei fosfolipidi influisce sulla temperatura necessaria per la transizione dello stato fluido a quello cristallizzato. Acidi grassi insaturi, con doppi legami, favoriscono una maggiore fluidità del doppio strato lipidico e richiedono temperature più basse per gelificare rispeEo agli acidi grassi saturi, che presentano solo legami singoli. Il colesterolo in condizioni fisiologiche è fondamentale per stabilizzare la fluidità della membrana. Il colesterolo svolge diversi ruoli chiave nella membrana, tra cui la riduzione della permeabilità agli ioni e alle molecole idrofile, e la modulazione dell'aBvità dei receEori e delle proteine di trasporto. Senza il colesterolo, la membrana cellulare potrebbe diventare troppo rigida o troppo fluida, compromeEendo le sue funzioni vitali come la comunicazione cellulare, il trasporto di sostanze aEraverso la membrana e la struEura complessiva della cellula. È inoltre capace di intersecarsi tra fosfolipidi insaturi (più comuni) che presentano un certo 6po di distorsione; con le code lineari, compaEe ed addensate è difficile che svolga la sua oBmale funzione (non riesce ad intersecarsi nella membrana). Dalle analisi e dagli esperimen6 condoB per studiare le membrane cellulari, è emerso che esistono delle struEure chiamate "ra| lipidici", concentra6 di molecole lipidiche par6colarmente ricchi di colesterolo, sfingolipidi e glicolipidi. Queste regioni, concentrate in specifiche zone della membrana, sono fondamentali perché fungono da "pun6 di ancoraggio" per le proteine di membrana, le quali tendono a concentrarsi al loro interno anziché distribuirsi uniformemente sulla membrana. Ques6 si6 sono cruciali per le interazioni con altre cellule, poiché possono ospitare proteine coinvolte nell'ancoraggio cellulare o nella ricezione di segnali esterni che inducono una risposta fisiologica. La fluidità della membrana è fondamentale per diverse ragioni: 1. Assemblaggio delle proteine di membrana: La capacità dei fosfolipidi di muoversi nella membrana consente alle proteine di membrana di raggrupparsi e interagire tra loro, ad esempio formando giunzioni tra cellule. 2. Ricostruzione della membrana durante il ciclo cellulare: Durante il ciclo cellulare, la membrana può essere completamente disassemblata e poi ricostruita. La fluidità della membrana permeEe questo processo di ricostruzione, che sarebbe difficile se la membrana fosse rigida. 3. Assemblaggio di proteine enzimaKche: Alcune proteine, come la NADPH ossidasi, possono legarsi al doppio strato lipidico in diverse regioni e svolgere le loro funzioni. Questa fluidità consente alle proteine enzima6che di organizzarsi in modo efficace sulla membrana e di svolgere le loro aBvità, come nel caso della NADPH ossidasi che è fondamentale per il funzionamento del sistema immunitario. Come viene mantenuta la fluidità a basse temperature? A temperature basse gli acidi grassi della cellula tendono a saturarsi. Quando si ha una concentrazione elevata di fosfolipidi saturi la cellula aBva diversi meccanismi di “difesa”. Se una membrana cellulare fosse composta solo da fosfolipidi lineari e saturi, ci sarebbero diverse implicazioni: rigidità aumentata, permeabilità diminuita e interferenza con le funzioni cellulari come la endocitosi, l'esocitosi e la mobilità delle proteine di membrana. 1. Gli enzimi desaturasi intervengono inducendo gli acidi grassi ad insaturarsi, ad aggiungere legami. 2. Per mantenere la dinamicità della membrana cellulare, si osserva un movimento intrinseco dei fosfolipidi stessi che consente alla membrana di adaEarsi. Ques6 movimen6 includono: - Flessione: le code idrocarburiche dei fosfolipidi possono fleEere, consentendo alla membrana di piegarsi e adaEarsi a variazioni nell'ambiente circostante. - Rotazione: i singoli fosfolipidi possono ruotare su se stessi, aggiungendo alla fluidità della membrana. - Diffusione laterale: i fosfolipidi possono muoversi lateralmente lungo il piano della membrana plasma6ca, come dimostrato dagli esperimen6 di monitoraggio della fluorescenza delle proteine, consentendo la redistribuzione delle molecole lipidiche e l'ancoraggio di proteine specifiche alla membrana. - Flip flop: raramente, un fosfolipide può passare dallo strato interno della membrana a quello esterno e viceversa. Questo movimento, sebbene sporadico, contribuisce alla fluidità della membrana e alla sua funzionalità, poiché modifica la composizione lipidica e man6ene l'asimmetria tra gli stra6 interno ed esterno della membrana, garantendo funzioni specifiche su ciascun lato. Le proteine si muovono? Il movimento delle proteine è stato dimostrato aEraverso un esperimento che coinvolgeva la fusione di cellule provenien6 da diverse specie o 6pi cellulari. Ad esempio, è stato u6lizzato un esperimento in cui sono state fuse cellule bovine e umane, creando uno stato gela6noso che ha permesso loro di entrare in contaEo reciproco. Inizialmente, le membrane plasma6che delle due cellule mantenevano una dis6nta separazione, quindi non c'era alcun movimento delle proteine tra di loro. TuEavia, nel corso del tempo, si è osservata una completa sovrapposizione delle proteine bovine e umane, suggerendo che, analogamente ai lipidi che generano fluidità nella membrana, anche le proteine contribuiscono alla dinamicità della membrana. Le proteine hanno una mobilità inferiore rispeEo ai fosfolipidi, con una velocità di spostamento e trasferimento più ridoEa e tempi controlla6. Un'altra caraEeris6ca delle proteine è la capacità di conferire polarizzazione a una cellula. Un esempio emblema6co di ciò si riscontra nell'intes6no, dove le cellule presentano una parte basale e una apicale che svolgono funzioni completamente diverse e quindi hanno asseB proteici dis6n6 sulla superficie delle due par6. Lo stesso vale per le proteine laterali, che regolano l'interazione tra le cellule e il passaggio di sostanze sia intracellularmente che intercellularmente. Esempi di diverse funzioni di proteine lungo tuEa la membrana: 1. Proteine integrali apicale —> regolazione dell’ingresso di materiali nutri6zi e di acqua; regolazione della secrezione; protezione. 2. Proteine integrali laterale —> contaEo e adesione tra cellule; comunicazione cellulare. 3. Proteine integrali basale —> contaEo con il substrato; creazione di gradien6 ionici. PRESSIONE OSMOTICA La pressione osmo6ca permeEe il passaggio dell’acqua aEraverso una membrana semipermeabile, cioè non permeEe il passaggio del soluto. L’acqua pura passa dalla parte a concentrazione inferiore di soluto a quella con maggiore concentrazione. Quando il soluto è presente, le molecole di acqua si legano ad esso, diminuendo la disponibilità di acqua libera per aEraversare la membrana. Questo fenomeno causa un flusso neEo di acqua nella direzione della maggiore concentrazione di soluto, diluendo così la soluzione e mantenendo l'equilibrio osmo6co. Nel processo fisiologico abbiamo la presenza di soluzioni (in ambiente extracellulare) che possono essere: - Ipertoniche: l’acqua tende a fuoriuscire e provoca un raggrinzamento della cellula (es globuli rossi) per cui questa perde la sua forma caraEeris6ca - Isotoniche: situazione di equilibrio quindi si man6ene la struEura di base - Ipotoniche: l’acqua viene assorbita, entra all’interno della cellula provocandone l’esplosione, quindi la roEura della membrana. IL TRASPORTO DI MEMBRANA Tra le varie funzioni della membrana plasma6ca una importante è quella di regolare il passaggio delle sostanze in base alle necessità della cellula. I faBori che influenzano il passaggio delle sostanze aEraverso la membrana sono: Grandezza e natura della molecola Temperatura Carica molecolare Gradiente di concentrazione Si possono dis6nguere vari Kpi di trasporto: 1. Passivo dovuto a diffusione semplice per cui una sostanza aEraversa in maniera spontanea la membrana in un certo lasso di tempo secondo gradiente di concentrazione 2. Facilitato aEraverso l’uso di canali o proteine. Le proteine trasportatrici (carrier o permeasi) accelerano una reazione che è già termodinamicamente favorita, legando il soluto da trasportare. Tale legame determina un cambiamento conformazionale della proteina trasportatrice, che nella nuova conformazione perde affinità per il soluto, “scaricandolo” dal lato opposto della membrana. Tre proprietà caraEerizzano la diffusione facilitata: ✴ Velocità di diffusione molto più alta rispeEo alla diffusione semplice ✴ Specificità della proteina trasportatrice per il soluto da trasportare ✴ Numero delle proteine trasportatrici limitante ai fini dell’efficienza e della velocità del trasporto La diffusione facilitata segue la cine6ca degli enzimi, cioè ha una cine6ca di saturazione. Mentre i canali ionici permeEono ingresso di milioni di ioni, la diffusione facilitata da qualche cen6naia a migliaia. Quindi si ha una stabilizzazione della velocità. Il glucosio è un esempio di diffusione facilitata aEraverso i trasportatori GLUT1 a GLUT5 3. A]vo quando una sostanza è trasportata contro gradiente; la differenza principale con quello passivo è il dispendio di energia necessario. Diffusione semplice e il Trasporto passivo La diffusione semplice avviene in maniera spontanea e dipende dalla: - polarità della molecola - grandezza dellamolecola A seconda del 6po di sostanza può aEraversare la membrana in maniera più o meno semplice. Una misura è data dal coefficiente di riparKzione, che è dato dal rapporto tra la sua solubilità in solvente polare e quello in acqua. Maggiore è la solubilità di una sostanza nei lipidi, maggiore è la velocità; a parità di solubilità a fare la differenza è la grandezza. Non tuEe le cellule hanno la stessa capacità di far entrare l’acqua aEraverso la membrana. Un esempio di trasporto passivo sono le proteine integrali deEe acquaporine, struEure proteiche all’interno del doppio strato fosfolipidico, che permeEono il passaggio rapido e passivo di acqua. Il trasporto passivo può avvenire anche grazie a canali ionici che consentono il passaggio di ioni da una parte all’altra della membrana. - canali voltaggio-dipendenK* - ligando dipendenK - canali a controllo meccanico *ESEMPIO DI CANALE VOLTAGGIO DIPENDENTE: Canali del potassio Il canale del potassio, o meglio i vari 6pi di canali del potassio, sono proteine integrali di membrana che formano canali ionici, che consentono il passaggio dei ca6oni del potassio (K+) aEraverso la membrana plasma6ca delle cellule. I canali del potassio sono il 6po più diffuso di canale ionico e si trovano in quasi tuB gli organismi viven6. Tali canali vengono sono canali ionici voltaggio dipenden6, che si aprono e si chiudono in risposta alle variazioni del voltaggio transmembrana. Alla variazione del potenziale eleErico di membrana corrisponde una variazione del campo eleErico all’interno della membrana: si ri6ene quindi che Il gate di ques6 canali sia dotato di carica eleErica che risente della forza aEraBva o repulsiva esercitata dalla variazione del campo eleErico all’interno della membrana. Nei procarioK: I canali del K+ nei baEeri KcsA sono compos6 di due par6: il filtro che seleziona e consente al potassio di passare, e il cancello che apre o chiude il canale in base ai segnali ambientali. I canali sono caraEerizza6 dalla presenza di 4 subunità iden6che, che formano il poro idrofilico. Ogni subunità presenta eliche transmembrana chiamate M1 e M2. Le 4 porzioni C terminali delle 4 subunità si trovano alla fine del poro e convergono formando la parte finale del canale (gate o cancello). Al livello del filtro di seleBvità si ha un pentapep6de altamente conservato con gruppi carbonilici espos6: - Le eliche M2 di ogni subunità si piegano verso l’esterno a livello di uno specifico residuo di glicina, consentendo così l’apertura del canale K+ Negli eucarioK Come visto prima il canale cos6tuito da un ves6bolo piuEosto largo dove lo ione può accedere facilmente per diffusione e da un filtro di seleBvità, pi streEo che forma il poro vero e proprio e seleziona gli ioni in base alla carica degli amminoacidi che ne rivestono la parete (riconoscimento di K+ e non di altri ioni). E’ importante ricordare che l’inaBvazione del canale avviene quando uno dei pep6di di inaBvazione presen6, si inserisce nell’imboccatura citoplasma6ca del canale. Diffusione facilitata Avviene aEraverso proteine di trasporto. Le proteine trasportatrici (carrier o permeasi) accelerano una reazione che è già termodinamicamente favorita, legando il soluto da trasportare: tale legame determina un cambiamento conformazionale della proteina trasportatrice, che nella nuova conformazione perde affinità per il soluto, “scaricandolo” dal lato opposto della membrana. Tre proprietà caraEerizzano la diffusione facilitata: - Velocità di diffusione molto più alta rispeEo alla diffusione semplice - Specificità della proteina trasportatrice per i soluto da trasportare - Numero delle proteine trasportatrici limitante a fini dell’efficienza e della velocità del trasporto La diffusione facilitata segue la cine6ca degli enzimi, cioè ha una cine6ca di saturazione. Mentre i canali ionici permeEono ingresso di milioni di ioni, la diffusione facilitata da qualche cen6naia a migliaia. Quindi si ha una stabilizzazione della velocità. Il glucosio è un esempio di diffusione facilitata aEraverso i trasportatori GLUT 1 a GLUT5. Il gradiente di glucosio viene mantenuto poiché, una volta dentro la cellula viene velocemente fosforilato, impedendone il ritorno. Trasporto a]vo La vita non sarebbe possibile in condizioni di equilibrio. La cellula deve mantenere una differenza di concentrazione di ioni tra dentro e fuori. Questo lo fa oltre al trasporto passivo anche grazie a quello aBvo. Il trasporto aBvo è: ⁃ Direzionale ⁃ Contro gradiente di concentrazione (richiede energia) ⁃ Tre meccanismi possibili (uniporto, simporto, an6porto) ⁃ DireEo (o primario) e indireEo (o secondario) a seconda che ci sia richiesta direEa di ATP I tre meccanismi possibili: Uniporto: Molecola trasportata secondo unica direzione Simporto: è un trasporto accoppiato in cui contemporaneamente due solu6 vengono trasporta6 dalla stessa parte AnKporto: da una parte viene trasportato uno ione e contemporaneamente un altro in senso opposto. Pompa ione calcio (uniporto): nelle cellule eucario6che la concentrazione citosolica del Ca2+ è mantenuta bassa grazie a pompe Ca2+-ATPsi presen6 sulla membrana plasma6ca. La Ca2+-ATPasi del muscolo pompa Ca2+ dal citosol nel re6colo sarcoplasma6co (immagazzinamento Ca2+ che si libera nel momento della contrazione muscolare). Trasporto di glucosio (simporto): Nelle cellule animali mol6 processi di trasporto di membrana sono accoppia6 al gradiente del Na, come il trasporto del glucosio. Ha come inibitore la florizina. 2 Na+ —> 1 Glc Pompa sodio potassio (anKporto): si trova principalmente nelle cellule neuronali; il trasporto aBvo inizia per poter sbilanciare le cariche e generare un impulso eleErico. La pompa aperta in conformazione E1 nella parte del citosol accoglie ioni sodio. L’ATP chiude il canale e cambia conformazione alla pompa in E2. Avviene il rilascio del sodio nell’ambiente extracellulare e la successiva introduzione degli ioni potassio nel canale. L’ATP fa di nuovo cambiare conformazione aprendo il canale dalla parte del citosol con il conseguente rilascio degli ioni potassio e la reintroduzione di ioni sodio. Per ogni 3 Na+ che escono entrano 2 K+. Il malfunzionamento di ques6 canali ionici può essere associato a varie patologie. Un esempio importante è la fibrosi cis6ca per cui vi è perdita di fenilalanina nel cromosoma 7 che modifica il receEore per il cloro. Normalmente la fuoriuscita del cloro provoca la formazione di una sostanza mucosale che rende la parete esterna degli epiteli par6colarmente fluida e quindi il muco elimina organismi esterni e baEeri; ciò accade in vari 6pi di epiteli come le mucose e a livello dei polmoni. Il mancato funzionamento dei canali del cloro disidrata l’epitelio a causa della non produzione del muco, l’acqua viene riassorbita di conseguenza e si ha una struEura non più funzionale. Si hanno anche una serie di ripercussioni dovute alla secchezza degli epiteli polmonari. Le sostanze più grandi come vengono trasportate? Le sostanze più grandi vengono trasportate all’interno della cellula aEraverso l’impiego della membrana: Fagocitosi: invaginazione della membrana dovuta alla sua fluidità, la tasca che si è creata si stacca formando una vescicola che va verso la sua des6nazione (degradazione di baEeri quindi verso i lisosomi, le componen6 che devono fare determinate segnalazioni vengono recepite dall’apparato di Golgi e poi al re6colo endoplasma6co quindi la des6nazione dipende dal contenuto della vescicola) Esocitosi: processo inverso per cui sostante magari prodoEe dal re6colo passano all’apparato di Golgi, da qui aEraverso delle vescicole che si fondano con la membrana vengono poi espulse Endocitosi mediata da receBori: avviene tramite fosseEe rives6te di clatrina (proteina) per cui sulla membrana dei receEori percepiscono la sostanza da inglobare e ricoprono l’interno della vescicola rives6ta anche con la clatrina, questa vescicola va poi incontro a degradazione. MEMBRANE E TRASPORTO Gli organuli cellulari giocano ruoli cruciali nella funzionalità delle cellule eucariote, ognuno svolgendo funzioni specifiche essenziali per la vita della cellula. Ecco una panoramica degli organuli chiave e dei loro ruoli: 1. Nucleo Il nucleo è un organulo fondamentale nelle cellule eucariote, contenente la maggior parte del DNA cellulare. Esso dirige le aBvità della cellula, funzionando come il centro di controllo per la trascrizione genica e la replicazione del DNA. 2. ReKcolo EndoplasmaKco (RE) Il RE è suddiviso in due 6pi - il RE ruvido (RER) e il RE liscio (REL). Il RER è coinvolto nella sintesi delle proteine, grazie alla presenza di ribosomi sulla sua superficie, mentre il REL svolge un ruolo nel metabolismo lipidico, nella detossificazione e nell 'immagazzinamento del calcio. 3. Apparato di Golgi Questo organulo è essenziale per la modifica, il confezionamento e il trasporto delle proteine e dei lipidi prodoB dal RE. 4. Lisosomi Ques6 sono organuli che contengono enzimi diges6vi e sono coinvol6 nella degradazione di materiali cellulari, nella risposta immunitaria e nell'eliminazione dei patogeni. Mitocondri: I mitocondri sono centrali per la produzione di energia nella cellula, essendo il sito della respirazione cellulare e della produzione di ATP. 5. Perossisomi Ques6 organuli sono coinvol6 nel metabolismo degli acidi grassi e nella detossificazione di sostanze dannose, come il perossido di idrogeno. 6. Citoscheletro Sebbene non sia un organulo nel senso tradizionale, il citoscheletro e essenziale per mantenere la forma della cellula, il trasporto intracellulare e la divisione cellulare. Ques6 organuli collaborano in modo sinergico per garan6re che le cellule eucariote possano svolgere le loro funzioni vitali, dalla sintesi di biomolecole e produzione di energia, alla comunicazione cellulare e risposta agli s6moli ambientali. LE VIE Le vie biosinte6che secretorie e endoci6che sono essenziali per la funzionalità delle cellule eucariote. Queste vie uniscono le endomembrane in una rete interconnessa, permeEendo il trasporto di materiali all'interno della cellula e verso l’esterno. VIE BIOSINTETICHE SECRETORIE (Costru]va o Regolatoria) Le secrezioni cos6tu6va e regolatoria sono due meccanismi fondamentali aEraverso i quali le cellule eucariote espellono materiali, come proteine e altri compos6, al loro esterno. Entrambi i processi fanno parte del sistema di vie biosinte6che secretorie della cellula e sono streEamente lega6 alla funzione delle endomembrane come il re6colo endoplasma6co (RE) e l' apparato di Golgi. Secrezione CosKtuKva La sintesi delle proteine nel re6colo endoplasma6co ruvido (RER) segna l'inizio del processo di produzione e trasporto delle proteine. Queste proteine, una volta sinte6zzate, sono direEe alla secrezione o all'incorporazione nella membrana cellulare. Successivamente, vengono incapsulate in vescicole di trasporto e trasportate al Golgi, dove subiscono ulteriori modifiche, come la glicosilazione. Nel Golgi, le proteine vengono processate e impaccheEate in vescicole secretorie. Queste vescicole si fondono poi con la membrana plasma6ca, rilasciando il loro contenuto all'esterno della cellula. Questo processo di secrezione con6nua avviene in modo costante, senza richiedere segnali esterni specifici, contribuendo così al mantenimento delle funzioni cellulari essenziali. Secrezione Regolatoria Il processo di sintesi e processamento delle proteine inizia nel re6colo endoplasma6co ruvido (RER) e con6nua nel Golgi, simile al meccanismo d