UDA 2 - Classe 5^AS PDF
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This document discusses group dynamics, teamwork, and motivation in a learning context. It explores the transition from a group of individuals to an effective team and the factors involved in creating a cohesive and productive team environment.
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DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS Ciascun gruppo di lavoro inizialmente è un gruppo di persone, ma per diventare un team efficace deve trasformarsi in un gruppo di persone. Esiste una differenza sostanziale tra il gruppo di persone e il gruppo di lavoro...
DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS Ciascun gruppo di lavoro inizialmente è un gruppo di persone, ma per diventare un team efficace deve trasformarsi in un gruppo di persone. Esiste una differenza sostanziale tra il gruppo di persone e il gruppo di lavoro Il gruppo di persone è un insieme numericamente ridotto di persone che sono in contatto reciproco e si relazionano gli uni è una pluralità in interazione INTERAZIONE: percezione della presenza degli altri; percepisco gli altri e mi relaziono con gli altri. Grazie ai continui scambi relazionali tra i membri del gruppo si sviluppano senso di appartenenza e COESIONE (forza che tiene uniti i membri del gruppo). il gruppo soddisfa PORTA ALLA bisogni individuali (bisogno di INTERAZIONE CREAZIONE appartenenza - DI LEGAMI Piramide di Maslow) DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS Questo non è sufficiente (in un team di lavoro bisogna raggiungere degli obiettivi, ci sono dei bisogni propri del gruppo da soddisfare). Bisogna passare dall’interazione all’integrazione. INTERAZIONE INTERDIPENDENZA INTEGRAZIONE Il gruppo di lavoro insieme di persone (con competenze diverse) che lavorano all'unisono (come se fossero delle parti di un organismo unitario) per raggiungere degli obiettivi comuni è una pluralità in integrazione INTEGRAZIONE: unione di più elementi che si completano vicendevolmente. DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS Il passaggio dall'interazione all'integrazione non è immediato, è necessario che tra i membri si sviluppi l’interdipendenza. INTERDIPENDENZA: consapevolezza di essere dipendenti gli uni dagli altri; tutti assieme formano un’unità sociale basata sulla differenza. Interdipendenz percezione della necessità reciproca (es. in azienda ho bisogno di tutti i miei a colleghi). Gruppi di lavoro sono per lo più permanenti, ma esistono anche le TASK FORCE. TASK FORCE: gruppi di lavoro temporanei istituiti per risolvere problemi che hanno carattere di urgenza o che non sono risolvibili con la normale struttura organizzativa. Un gruppo di lavoro efficace ed efficiente deve passare da una squadra di esperti ad un team esperto squadra di esperti (tante persone competenti che non sanno cooperare e coordinare gli sforzi per raggiungere l'obiettivo - MANCA team esperto Efficacia: è la capacità di raggiungere un obiettivo (il grado di efficacia dipende dalla completezza e dell'accuratezza dei risultati raggiunti). Efficienza: la capacità di raggiungere un obiettivo nel minor tempo e con il minor sforzo possibili (il grado di efficienza dipende dal numero degli errori e dalla quantità di risorse impiegate). Un team è efficace se: lo scopo è chiaro e condiviso I membri possono agire e prendere decisioni Le relazioni sono positive C’è flessibilità e senso di Se i membri si sentono apprezzati (il loro Morale è alto responsabilità valore viene riconosciuto); anche il gruppo deve ottenere riconoscimenti dall’esterno I risultati sono ottimali DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS Ogni team non nasce capace di svolgere un buon lavoro di squadra, è necessario che percorra delle tappe per evolversi in un team efficace ed efficiente Fasi evolutive di un TEAM GRUPPO NASCENTE Fase caratterizzata da un forte entusiasmo iniziale: si fanno grandi progetti, si nutrono grandi aspettative. Il gruppo ben presto sperimenterà la differenza tra le aspettative e la realtà: tutto ciò genera insoddisfazione, frustrazione. Il morale del gruppo sarà basso, ciascun membro avvertirà un senso di forte disagio. Questa fase è caratterizzata: - dall'individualismo; - dalla forte competizione; - dalla creazione di piccoli sottogruppi; - da uno scarso senso di appartenenza. GRUPPO IN VIA DI Superate le criticità relative al primo step, inizia a svilupparsi tra i MATURAZIONE membri una certa dose di fiducia, armonia e si instaurano relazioni positive (rispetto e supporto reciproco). Tra i membri nasce il desiderio di coesione. In questa fase i ruoli si definiscono in base alle competenze. GRUPPO MATURO Il morale all’interno del gruppo è alto; in questa fase il gruppo lavora all’unisono e le mansioni vengono distribuite consensualmente, in base alla competenza. C'è una forte coesione ci si alterna nel ruolo di co- leader (secondo le proprie attitudini e le circostanze). Un gruppo maturo riesce ad affrontare sfide complesse grazie al contributo di tutti i membri. I gruppi efficaci sono dotati di intelligenza collettiva. L'intelligenza collettiva è diversa da quella individuale (legata alla capacità di adattamento dei singoli individui alle richieste ambientali). Intelligenza Cooperazione collettiva L’intelligenza collettiva si fonda sulla cooperazione dei membri: i membri collaborando superano i limiti della cognizione individuale (intelligenza individuale). È una forma di problem solving diffusa in natura, sia nella comunità umana sia in quella animale. È un concetto che la psicologia ha mutuato dalla biologia: nel mondo animale (esempio le api: il gruppo di api è più intelligente della singola ape) la cooperazione tra i membri di una comunità è necessaria per la sopravvivenza. DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS Attraverso la cooperazione il team sviluppa una propria intelligenza (forma superiore e distinta da quella individuale). L'intelligenza collettiva dipende da alcuni fattori - dalla composizione del team e la sua memoria transattiva (conoscenza dei saperi altrui); - dalla natura dei compiti da svolgere; - dalla qualità delle interazioni all'interno del gruppo. COMPOSIZIONE TEAM: Il team deve essere composto da un numero non troppo elevato di membri, altrimenti la sua efficacia ne risulta compromessa. Esiste un altro fattore, ma non di natura quantitativa (che ha a che fare con la quantità intesa come numero di componenti, ma con la qualità: la memoria transattiva). DEFINIZIONE MEMORIA TRANSATTIVA (da non studiare la parte evidenziata) La memoria transattiva, in psicologia, è un tipo di memoria interdipendente tipica dei contesti collettivi: ogni membro è portato a conservare singole parti di un ricordo, per poi sommarle a quelle degli altri così da ottenere un'informazione completa (la gita delle elementari: ciascuno ricorda un pezzo di quel momento e assieme si riesce a ricostruire l’intera giornata). È una forma interdipendente di memoria che combina il richiamo individuale con il richiamo sistematico di gruppo. In relazione ai gruppi di lavoro è possibile definirla come la conoscenza dei saperi altrui. Conosco le competenze dei miei colleghi e li coinvolgo quando serve. L’esempio tipico per spiegare cosa sia questa forma particolare di memoria è quello di una partita a coppie di Trivial Pursuit, dove ogni soggetto “conosce le conoscenze” del suo compagno e sa quindi che il partner risponde meglio a una domanda piuttosto che a un’altra. Sono 3 gli aspetti della memoria transattiva in cui un gruppo può misurarsi così da creare una squadra eccellente: la varietà degli stili cognitivi la specializzazione (nei diversi ambiti) la fiducia nelle competenze di ciascuno ]il coordinamento dell’insieme. Stile cognitivo: predisposizione nell’esecuzione di compiti cognitivi (memorizzazione, apprendimento) ad utilizzare un certo tipo di strategie e procedure indipendentemente dalla natura del compito. Es. persone con stile visuale preferiscono avvalersi di figure, immagini, schemi per memorizzare. Persone con uno stile verbale preferiranno presteranno più attenzione alle parole e agli stimoli linguistici (spiegazione orale del docente): Però non tutti i compiti richiedono intelligenza collettiva e quindi cooperazione. Di seguito la classificazione dei compiti: Additivi: Sono quelli in cui la somma dei contributi dei membri supera la produttività del singolo. Il risultato DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS finale dipende dal contributo di tutti. Es. spalare la neve, tirare una fune (tiro alla fune), call center (il numero di telefonate del gruppo supera quello dei singoli operatori) Compensatori Le attività compensatorie richiedono ai membri del gruppo di mediare le loro soluzioni/valutazioni individuali. Es. la stima del peso di un animale o la media delle valutazioni di un candidato. Disgiunti Le attività disgiuntive richiedono ai membri del gruppo di determinare un'unica soluzione per l'intero gruppo. Il rendimento del gruppo può dipendere dalla capacità di un singolo membro. Es. scegliere la risposta di una persona a un problema di matematica come risposta. DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS Congiunti Le attività congiuntive sono attività che richiedono a tutti i membri del gruppo di contribuire al completamento del prodotto. In questo tipo di attività la prestazione del gruppo è determinata dal membro del gruppo più inferiore o più debole. Es. scalare una montagna e preparare un pasto in gruppo (cucine ristoranti). L’intelligenza collettiva per lo svolgimento di compiti del genere è fondamentale. I compiti congiunti richiedono la massima attenzione al lavoro di squadra e alla qualità delle relazioni a causa della elevata interdipendenza esistente tra i membri del gruppo. L’intelligenza collettiva risulta fondamentale per lo svolgimento di tali compiti. I compiti additivi e i compiti compensatori sono caratterizzato da minore interdipendenza ma occorre dedicare particolare attenzione alla assegnazione dei ruoli e al controllo del loro corretto svolgimento. L’intelligenza collettiva è un fattore importante per lo svolgimento di tali compiti. Con i compiti disgiuntivi l’efficacia del coordinamento decisionale dipende in buona parte dalla qualità della memoria transattiva. Le squadre di lavoro dotate di un’elevata intelligenza collettiva riescono a risolvere più facilmente i problemi perché, al loro interno, prevale una comunicazione “decentralizzata”, associata ad un modello di leadership condivisa o democratica. In passato abbiamo parlato di reti comunicative ed abbiamo esaminato alcune reti caratterizzate dalla presenza di un centro (reti centralizzate) da cui partono e a cui sono rivolte le comunicazioni (botta e risposta solo tra due membri), in altre reti, invece, non è presente alcun centro (decentralizzate). In queste ultime, l’assenza di un centro permette ad ogni membro di esprimere liberamente il proprio punto di vista rispetto ad un problema e ad una decisione. Il gruppo, dunque, può contare nell’apporto di ciascun partecipante. Tale tipo di comunicazione risulterà efficace ed avrà possibilità di realizzarsi solo a patto che il clima relazionale sia positivo. L’instaurarsi di relazioni positive dipende soprattutto dalle caratteristiche dei singoli individui (caratteristiche individuali), in modo particolare dall’intelligenza emotiva e dall’assertività. Pensiamo ad un gruppo di lavoro che deve prendere coralmente una decisione; è importante che i membri: sappiano relazionarsi, sappiano rispettare il punto di vista degli altri, sappiano dire la propria, sappiano capire le emozioni degli altri, sappiano vivere le divergenze come punto di forza. Come migliorare le relazioni tra i membri o facilitare un clima positivo? - Momenti di pausa (zone relax); - Momenti extra-lavorativi (permettono conoscenza tra i membri, affinare le abilità sociali). Esempio: attività di team building (costruzione del gruppo): attività ludiche, creative, manuali e sportive volte a creare un team (relazioni positive e clima rilassato). In qualsiasi azienda il lavoratore rappresenta la risorsa principale e di fondamentale importanza. Il massimo di efficienza di un’azienda è raggiunto con il massimo grado di soddisfazione dei suoi dipendenti. Questa correlazione, oggi quasi scontata, è frutto di un lungo percorso fatto di abusi, lotte e studi scientifici relativi soprattutto all’organizzazione del lavoro. DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS Le abilità sociali Sono quei comportamenti messi in atto per iniziare, sostenere e gestire un’interazione. le abilità sociali sono tutte quelle competenze necessarie per avere relazioni positive e non sono innate ma si apprendono nel corso della vita. Nel settore commerciale sono fondamentali per gestire i rapporti con i superiori, i colleghi e i clienti. Abilità sociali in ambito commerciale - stabilire un contatto positivo con il cliente (salutare e attendere che sia pronto ad ascoltare) - accordare il proprio agire a quello del cliente (tecnica del mimetismo comportamentale per creare sintonia - mimetismo comportamentale: imitare nella comunicazione il cliente): - suscitare nel cliente stati interiori positivi Un sistema scientifico di produzione Il taylorismo è un sistema di pianificazione scientifica del lavoro in fabbrica che prende il nome dal suo ideatore, l’ingegnere statunitense Frederick Taylor. Elaborata all’inizio del Novecento, la teoria di Taylor parte dalle considerazioni esposte dall’economista Adam Smith sugli enormi benefici economici derivanti dalla frammentazione in singole operazioni dei processi di produzione industriale. Frederick Taylor – nato a Germantown, Pennsylvania, nel 1856 e morto a Filadelfia nel 1915 – fu il primo a ipotizzare un’organizzazione scientifica del lavoro (OSL). Forte dell’esperienza diretta, maturata come operaio durante la prima gioventù, ebbe la possibilità di applicare sul campo le sue idee negli stabilimenti meccanici della Midvale steel company e della Bethlehem steel, dove era impiegato come dirigente responsabile della produzione aziendale. Alla base di questi studi sperimentali c’era la convinzione che la produzione industriale dovesse puntare al massimo della resa con sforzo e spreco di tempo minimi. Nei Principi di organizzazione scientifica del lavoro (1911), Taylor parte dal presupposto che qualsiasi operazione del ciclo produttivo industriale può essere scomposta e studiata nei minimi particolari: è questo il compito dei manager che, sulla base delle verifiche empiriche, devono assegnare a ogni operaio una specifica mansione e stabilire in quanto tempo e come egli debba svolgerla. Immaginiamo per esempio di essere un manager di un’officina meccanica, incaricato di applicare il modello taylorista. Prendiamo come campione un gruppo di 15÷20 operai – tutti con le stesse mansioni – e osserviamoli al lavoro. Di ogni operaio studiamo attentamente i movimenti che compie in successione, cronometrandone la durata. Pur svolgendo lo stesso lavoro, ognuno si muove in maniera diversa dagli altri. Il nostro compito sarà quello di eliminare tutti i movimenti che implicano una perdita di tempo e quelli inutili. Alla fine dell’analisi, abbiamo un modello del modo più rapido ed efficiente di eseguire quel lavoro. Il principio tayloriano era one best way: di fronte a un problema c’è «un’unica soluzione valida». Questa soluzione costituisce lo standard che possiamo prescrivere agli operai. Prima di assegnare il lavoro, analizzeremo carattere, inclinazioni, indole e preferenze di ogni operaio, per affidare a DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS ognuno il compito per il quale è più portato. Il personale dovrà essere spronato a impegnarsi e stimolato a migliorare sempre, soprattutto con incentivi economici. La perdita di qualificazione e di specializzazione da parte dell’operaio Il primo a intuire le potenzialità del taylorismo fu lo statunitense Henry Ford che, nel 1913, introdusse nei suoi stabilimenti di automobili la catena di montaggio, in base alla quale, durante tutta la giornata lavorativa, gli operai dovevano ripetere all’infinito sempre gli stessi gesti. Ai lavoratori specializzati – figure ancora molto simili agli artigiani di bottega – subentrava in tal modo manodopera generica, impiegata in singoli passaggi della produzione industriale. Questa situazione era favorita dalla forte immigrazione e dalla conseguente abbondante disponibilità di manodopera. Il taylorismo risultò essere altamente funzionale ai cambiamenti imposti dalla nascente società di massa, che chiedeva beni di consumo durevoli, in gran quantità e che costassero poco. Ma il prezzo da pagare in termini umani fu molto elevato: la ripetitività del lavoro provocava forti disturbi, sia fisici sia mentali. In certi periodi l’assenteismo per malattia toccava il 25% della forza-lavoro. Gli operai utilizzavano sempre e solo gli stessi muscoli – che sovraccaricavano eccessivamente–, mentre ne lasciavano altri inutilizzati – che si atrofizzavano. La ripetitività dei gesti provocava, inoltre, anche un senso di alienazione. Gli scioperi contro l’applicazione del metodo scientifico nelle fabbriche furono numerosi e contribuirono alla nascita di un forte sindacato operaio. Oggi le mansioni ripetitive sono sempre più affidate a robot meccanici computerizzati e la manodopera è tornata, almeno in parte, a essere specializzata. L’approccio delle Relazioni Umane I problemi che le teorie classiche lasciavano irrisolti, ed in particolar modo l’alienazione che si respirava nell’ambiente di lavoro, ispirarono diverse ricerche nel campo della psicologia industriale e della sociologia del lavoro. Questi studi, dati gli orari e i ritmi massacranti imposti dalla fabbrica di stampo tayloristico, si focalizzarono sull’analisi della fatica, sia da un punto di vista fisico che psicologico, e sulle ripercussioni che la monotonia del lavoro poteva avere sulle spinte motivazionali. Un gruppo di ricercatori, che diede un notevole impulso all’approfondimento di queste tematiche, è rappresentato da tre autori inglesi: Wyatt, Fraser e Stock. In seguito al loro contributo è possibile affermare che la noia sul lavoro è massima quando bisogna effettuare un compito particolarmente ripetitivo e che al tempo stesso non consente distrazioni. I tre autori proposero alle direzioni aziendali alcune innovazioni per eliminare la noia e diminuire la monotonia: la rotazione delle attività fra gli operai; il non isolamento del singolo operaio nell’ambiente di lavoro; l’introduzione di pause nel turno di lavoro; la retribuzione a giornata e non a cottimo. Queste raccomandazioni e suggerimenti, come si vede, sono in contrasto con il modello taylorista e soprattutto con la catena di montaggio del modello fordista, mettendo in relazione la motivazione con una maggiore “umanizzazione” dell’ambiente e dei rapporti di lavoro, e non con incentivi economici. Nel corso degli anni ‘50, l’attenzione a questi temi si sviluppa ulteriormente per effetto della diffusione della Scuola delle Relazioni Umane e delle teorie di Elton Mayo, che godette di grande seguito ed influenza. Gli studi condotti da una squadra di ricercatori diretta da Elton Mayo, furono DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS preceduti da un lavoro di analisi e sperimentazione condotto dalla stessa direzione aziendale della Western Electric Company, sul rapporto fra luminosità e rendimento operaio. L’ipotesi era che, aumentando l’intensità luminosa, doveva crescere la produttività. Vennero organizzati un gruppo sperimentale ed un gruppo di controllo. Al termine dell’esperimento venne fuori che la produzione era aumentata sia nel gruppo sottoposto alle variazioni di intensità luminosa che nell’altro, dove era stata lasciata la stessa intensità. Si provò a diminuire la luce e la produzione continuò ad aumentare anche se in forma non molto elevata. I risultati misero in crisi i dirigenti della compagnia, i quali intuirono che vi erano in questo comportamento importanti fattori umani da valutare e perciò venne richiesta una consulenza scientifica esterna alla fabbrica. A questo punto entrò in gioco Mayo e la sua squadra, con un programma che fu molto lungo (durò cinque anni) ed ambizioso. Nel corso di questo lungo periodo, furono condotte varie modifiche per verificare l’effetto di alcuni cambiamenti ambientali sulla produzione degli operai. Tali modifiche si possono riassumere in: riduzione complessiva dell’orario, introduzione di una pausa lavorativa e poi di una seconda pausa, reintroduzione delle condizioni di partenza, introduzione di pause diverse dalle prime e possibilità di poter effettuare una rapida colazione. I ricercatori notarono subito che la produzione aumentò fin dall’inizio e tendenzialmente continuò sempre a crescere. Gli autori della ricerca, ed in particolare gli assistenti di Mayo, affermarono che l’aumento del rendimento operaio dipendeva soprattutto dall’instaurarsi di rapporti amichevoli e positivi; buoni risultati vennero infatti forniti dalle pause di riposo; l’incentivo economico non ebbe una grande rilevanza. Scopo della ricerca fu quindi quello di verificare le dinamiche informali nell’ambito di un gruppo di lavoro in rapporto all’andamento della produzione. La scoperta di Mayo è un esempio di serendipità (serendipità: quando la scoperta scientifica è accidentale, lo studioso stava cercando altre cause ma giunge a conclusioni diverse). Mayo teorizzò un nuovo tipo di leadership, definita democratica, in grado di: - coinvolgere tutti nelle decisioni; - motivare le scelte; - essere giusta e prendere in considerazione gli operai (come persone). Le teorie motivazionali L’interesse per lo studio della motivazione degli individui in ambito lavorativo nasce a seguito degli studi di E. Mayo (secondo Mayo, l’individuo non è una parte meccanica del sistema di produzione, non è una macchina, ma una persona con bisogni e motivazioni, emozioni etc. etc.). Motivazione (dal latino motum: moto, movimento interiore): spinta psicologica che ci induce a iniziare, proseguire e portare a termine una attività (superando gli eventuali ostacoli). La motivazione nasce da un bisogno. Bisogno: mancanza totale o parziale di un elemento che è necessario per il benessere dell’essere umano; il bisogno è un'esigenza che innesca un comportamento che colma questa mancanza. Es. ho sete (il bisogno di acqua mi spinge a girare in cerca di un bar che venda dell’acqua). Motivazione determina quindi il comportamento (voglio prendere un bel voto, studio e mi impegno DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS per la verifica). Il comportamento è qualcosa di visibile e valutabile (quello che faccio per appagare il mio bisogno - es. lo studio a casa per prendere un bel voto). La valutazione del comportamento messo in atto per raggiungere un obiettivo (o soddisfare un bisogno) si chiama PERFORMANCE DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS La performance (la valutazione) ci fa capire se il comportamento o lavoro svolto è stato svolto beneo meno. PERSONA MOTIVATA ↓ METTE IN ATTO COMPORTAMENTI PER RAGGIUNGERE L’OBIETTIVO ↓ NON è DETTO CHE LA PERFORMANCE SIA OTTIMA LA MOTIVAZIONE NON GENERA AUTOMATICAMENTE OTTIME PERFORMANCES (il risultato finale non dipende solo dalla motivazione; entrano in gioco altri fattori: risorse disponibili, abilità tecniche). DI CONTRO, L’ASSENZA TOTALE DI MOTIVAZIONE O LA PERDITA DELLA MOTIVAZIONE HANNO RIPERCUSSIONE SUL PROPRIO LAVORO. Nel ventennio 1940/1960 nascono diverse teorie motivazionali (sulla motivazione): Nel 1954 lo psicologo Abraham Maslow propose un modello motivazionale dello sviluppo umano basato su una gerarchia di bisogni, disposti a piramide, in base alla quale la soddisfazione dei bisogni più elementari è condizione necessaria per fare emergere quelli di ordine superiore. In parole povere, il soddisfacimento di un certo tipo di bisogni rende il soggetto poco sensibile a stimoli di quel tipo (se ho sete e bevo a sufficienza non sentirò il bisogno di acqua) e lo spingono a realizzare bisogni di ordine superiore. Alla base della piramide ci sono i bisogni essenziali alla sopravvivenza, mentre salendo verso il vertice si incontrano i bisogni più immateriali. In cima c’è il bisogno di autorealizzazione (tutti gli esseri umani tendono alla piena realizzazione della propria persona: vivere una vita piena ed esprimere le proprie potenzialità). Analisi della piramide motivazionale e di come l’azienda può soddisfare i bisogni: Bisogni FISIOLOGICI: fame, sete, sonno, termoregolazione, ecc. Sono i bisogni connessi alla sopravvivenza fisica dell’individuo. Sono i primi a dover essere soddisfatti a causa dell’istinto di autoconservazione. L’ambiente di lavoro deve essere confortevole, pulito, ben illuminato. Bisogni di SICUREZZA: protezione, tranquillità, prevedibilità, soppressione di preoccupazioni ed ansie, ecc. Devono garantire all’individuo protezione e tranquillità. Gli ambienti di lavoro devono essere sicuri (sicurezza rispetto ai rischi di incolumità e rispetto alle aggressioni). L’azienda potrebbe intervenire in risposta ai bisogni familiari (lavoratori con figli piccoli): potrebbe istituire nidi o aprire convenzioni. Bisogni di APPARTENENZA: essere amato e amare, far parte di un gruppo, cooperare, partecipare, ecc.; rappresenta l’aspirazione di ognuno di noi ad essere un elemento della comunità. L’azienda deve favorire il lavoro di squadra. Bisogni di STIMA: essere rispettato, approvato, riconosciuto, ecc. L’individuo vuole sentirsi competente e produttivo. DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS Bisogni di AUTOREALIZZAZIONE: realizzare la propria identità in base ad aspettative e potenzialità, occupare un ruolo sociale, ecc. Si tratta dell’aspirazione individuale a essere ciò che si vuole essere sfruttando le facoltà mentali e fisiche. L’azienda deve garantire la possibilità di crescere personalmente e professionalmente. Le ricerche di Herzberg. Herzberg, sulla base di un'indagine condotta su un gruppo di contabile americani, ha concluso che non tutti gli aspetti del lavoro hanno una forza motivante e producono soddisfazione. Alcuni fattori denominati igienici non hanno alcun potere motivante in sé se presenti, ma possono minare la motivazione se assenti (sono ad esempio aspetti quali: l'ambiente di lavoro, la sicurezza occupazionale, il livello di stipendio); altri fattori, detti motivanti, hanno invece la capacità di motivare e di generare soddisfazione lavorativa se presenti. Essi sono ad esempio: le opportunità di sviluppo professionale, la responsabilità, l’interesse del contenuto del lavoro. Come si può notare, il modello di Herzberg costituisce uno sviluppo di quello di Maslow: solo il soddisfacimento dei bisogni di elevato profilo e di tipo intrinseco può avere effetti motivanti, mentre la saturazione di bisogni di ordine inferiore di tipo estrinseco costituisce una conditio sine qua non per generare motivazione e soddisfazione. Avere un ambiente di lavoro accogliente e salubre non è motivante in sé, ma è una precondizione per poter essere motivati dalla qualità del lavoro svolto dell’opportunità di acquisizione di nuove competenze; viceversa l'impulso motivante derivante dallo svolgere un compito interessante può essere inibito dal fatto che l'ambiente di lavoro è degradato e poco curato. RICORDIAMO CHE IN PSICOLOGIA è possibile distinguere: MOTIVAZIONE INTRINSECA: si attivano per la semplice gratificazione che deriva dal comportamento messo in atto (sono motivato a studiare perché mi piace studiare); buona comunicazione, senso di appartenenza, accettazione sociali, riconoscimento del proprio lavoro, soddisfazione per il compito svolto. Tutti questi fattori incidono sulla motivazione intrinseca; MOTIVAZIONE ESTRINSECA: si attivano quando il soggetto tende ad una meta esterna al comportamento (es. studio per il cellulare, lavoro per lo stipendio). TEORIE MOTIVAZIONALI TEORIE SUCCESSIVE (Teoria della leadership e Toyotismo) DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS Secondo queste teorie, il lavoro non Secondo queste teorie, perseguendo il parcellizzato, svolto in un clima collaborativo benessere del lavoratore si perseguono al con una leadership non autoritaria (tutti contempo fini aziendali prendono parte alle decisioni) ↓ ↓ riduzione assenteismo; favorisce la crescita personale e il benessere del diminuzione dinamiche conflittuali in lavoratore azienda; miglioramento delle prestazioni. Il focus di queste teorie è sul LAVORATORE Il focus di queste teorie è sul LAVORATORE, inteso come fattore fondamentale dell’azienda. DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS La teoria di Likert (teoria della leadership) Likert sottolinea l'importanza del rinforzo positivo come fattore motivante; il rinforzo è un concetto studiato ed introdotto dalla corrente psicologica del comportamentismo. ES. RINFORZO POSITIVO: IL DATORE DI LAVORO SI CONGRATULA CON IL DIPENDENTE E GLI PROMETTE UNA PROMOZIONE O INCENTIVO ECONOMICO. ES. PUNIZIONI: RICHIAMI (rimproveri) VERBALI O SCRITTI; MINACCE (se domani non sei puntuale ti decurto una parte di stipendio). Gli effetti delle punizioni possono essere più immediati, ma un ricorso eccessivo a questo tipo di mezzi porta alla demotivazione e crea un clima di timore e sfiducia. Likert tra i diversi stili di leadership introduce lo stile partecipativo. Il leader con stile partecipativo è agli antipodi rispetto allo stile autoritario-coercitivo: È fortemente democratico; Stimola la creatività; Delega fortemente le decisioni ai membri del gruppo; Condivide il problema col gruppo per arrivare ad una soluzione consensuale; Conserva un ruolo di supervisore. DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS Secondo Likert, nei lavori creativi, che richiedono un alto grado di responsabilità e iniziativa individuale, lo stile partecipativo è in grado di aumentare il rendimento, poiché i membri del gruppo sentono una minore pressione dall’alto, i loro errori sono compresi ed essi si sentono liberi di gestire il proprio lavoro. Toyotismo e qualità totale Agli inizi degli anni ‘70, nel pieno della crisi economica che segna il declino della produzione di massa e dell’organizzazione Tayloristica, in Giappone, Taiichi Ono, direttore di Toyota, teorizza una nuova filosofia e un nuovo sistema di produzione/organizzazione del lavoro (Toyota Production System). L’idea di base è quella di “fare di più con meno sforzi” utilizzando tutte le risorse disponibili; Questo modello giapponese “di fabbrica snella” opera un rovesciamento dell’approccio alla fabbricazione del prodotto. secondo l’approccio tayloristico: produco e poi vendo; secondo il toyotismo: produco in base alle esigenze del mercato (in base a quello che i clienti mi chiedono, cercando di soddisfare pienamente le loro esigenze). Il ciclo produttivo viene, quindi, riorganizzato: si passa da una “produzione di massa” a una “produzione su richiesta”; si eliminano gli sprechi (tutti i prodotti vanno venduti); si minimizzano le scorte di magazzino (in magazzino ci deve essere solo quello che serve). Concetto di “Just in time” (al momento richiesto / giusto). Se in negozio resta tanta merce invenduta o se in magazzino ci sono delle scorte che non servono, vuol dire che c’è stata una anomalia nel ciclo (sono state acquistate scorte in più o non è stata tracciata correttamente la domanda). In base a questo sistema, dunque, ogni componente arriva alla linea di produzione nel momento in cui c’è bisogno e nelle quantità corrette (es. devo fabbricare 5 macchine con vetri oscurati, in deposito ci saranno solo vetri oscurati per 5 macchine). Qualora si verificassero anomalie (scorte in più, materiali difettosi, rallentamento nella produzione) tutti gli operai possono intervenire e contribuire alla risoluzione del problema. A differenza del Fordismo (l'operaio lavorava individualmente), nel toyotismo il lavoro di squadra è fondamentale. Tutti lavorano per garantire degli standard di qualità molto elevati (tutti lavorano per produrre beni che soddisfino in pieno il cliente). Taylorismo - obiettivo principale: soddisfazione dei bisogni dell’azienda (vendere tantissimo); Toyotismo - obiettivo principale: soddisfare i bisogni del cliente (CUSTOMER SATISFACTION). Tutto il personale è chiamato a collaborare per raggiungere questo obiettivo (tutti controllano costantemente la qualità e tutti danno il loro contributo; il personale può contribuire solo se è formato; l’azienda investe sulla formazione del personale). Qualità: non è solo qualità del prodotto, qualità totale (prodotto, comunicazione pubblicitaria, punto vendita..). I bisogni possono essere di tre tipologie: impliciti, espliciti e latenti. La soddisfazione o meno dei tre porta a conseguenze diverse. Soddisfare un bisogno implicito è qualcosa che il cliente dà per scontata DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS al momento dell'acquisto, nemmeno ce lo comunica, e non genera alcuna valutazione positiva. E' ovvio e normale soddisfarlo. Se compri un'auto non chiedi 4 pneumatici, giusto? E se compri un libro ti aspetti che sia senza errori e ben impaginato. Quando questo avviene, non sei contento, è solo normale che sia così, neanche devi specificarlo al momento dell'acquisto. Ma cosa succede se non viene soddisfatto? E' una catastrofe, la tua catastrofe. Il cliente, non si farà più vedere, nelle migliori delle ipotesi. Veniamo ora ai bisogni espliciti. Sono richiesti esplicitamente dal cliente, appunto. Sono l'insieme di caratteristiche specifiche di cui ha bisogno il cliente per le sue necessità. Se torniamo al caso dell'auto, essi corrispondono al colore, gli optional e la motorizzazione. Dal lato azienda, possono essere rilevabili attraverso indagini. La soddisfazione risulta in tal caso direttamente proporzionale rispetto al soddisfacimento delle attese. Più bisogni espliciti riusciamo a intercettare, migliore sarà l'apprezzamento che il cliente avrà nei confronti del prodotto. In ultimo troviamo i bisogni latenti. Questi bisogni non sono percepiti dal cliente, che di conseguenza non sarà in grado di esprimere (esempio: vendere la macchina con un set di deodoranti o di strumenti per il lavaggio del mezzo). Il lato positivo è che se non li soddisfi il cliente non te lo rinfaccerà, neanche se ne accorgerà... Fenomeni psico-sociali di natura patologica legati ai contesti di lavoro: burnout e mobbing. Lo stress lavorativo può causare Burnout (esito patologico di una situazione di stress lavorativo che colpisce lavoratore e gli impedisce di svolgere efficacemente le sue mansioni e i suoi compiti). Il termine Burnout, letteralmente “bruciarsi” è stato introdotto in ambito sportivo nel 1930, per indicare il cedimento psicofisico di un atleta, che dopo alcuni successi non riesce a reggere la pressione delle aspettative concentrate su di lui. Nel 1975 Maslach Christine, psicologa statunitense, riprende il termine per definire quella sindrome caratterizzata da: - esaurimento emozionale; - depersonalizzazione; - riduzione delle capacità personali. Esaurimento emozionale: sensazione di svuotamento emotivo (come se l’individua avesse bruciato tutte le energie a disposizione; non può attingere a risorse fisiche ed emotive per far fronte al proprio lavoro); perdita della motivazione. Depersonalizzazione (o meglio disaffezione): l'individuo percepisce come estranei se stesso e gli altri. Riduzione delle capacità personali: l'individuo inizia percepirsi inadeguato nello svolgimento delle sue mansioni; perde stima in se stesso, nelle proprie competenze e capacità. I sintomi possono essere di tre tipi: - Aspecifici: irrequietezza, nervosismo, insonnia, indifferenza verso i colleghi; DISPENSA UDA 2 CLASSE 5^AS - Psicologici: depressione, aggressività, senso di colpa. - Fisici: mal di testa, ulcera. Il Burnout si manifesta attraverso diverse fasi: 1) Iperattivismo: il lavoratore aumenta l'impegno la dedizione nel lavoro (l’impegno è retto solo al senso di responsabilità) 2) Stagnazione: inizia a manifestare stanchezza e distacco; 3) Fase caratterizzata da frustrazione generalizzate, isolamento e perdita di autocontrollo. Come evitare l’insorgenza del Burnout nei contesti lavorativi? - Conoscenza del problema tra i lavoratori. - Attività di prevenzione, cercando di mantenere alta la motivazione La motivazione è il perché dell'agire (la spinta che ci porta ad agire): agiamo per evitare il dolore o per ricercare il piacere. La motivazione ha 3 variabili: es. vedo un’automobile che mi sta investendo e percepisco il periodo (variabile cognitiva); ho paura (variabile emotiva); mi butto di lato (variabile comportamentale): Il lavoratore può agire preventivamente sulle variabili cognitive e può: - riflettere sulle motivazioni generali (capire perché è stato accettato quel lavoro); - agire sulle motivazioni contingenti (legate al singolo compito); - trovare strategie di coping (di superamento del problema). Il mobbing La parola mobbing deriva dal verbo to mob “maltrattare”. Con questo termine indichiamo una situazione di aggressione, esclusione ed emarginazione di un lavoratore da parte dei suoi colleghi o superiori. Può essere verticale (se viene attuato da un superiore ai sottoposti) o orizzontale (quando avviene fra colleghi di pari grado). Quello verticale può essere anche ascendente (dai sottoposti al superiore). Il mobber è colui che attua il mobbing con diverse azioni (apparentemente anche innocue): può umiliare, controllare eccessivamente il lavoratore, screditare, isolare fisicamente e professionalmente, sabotare gli strumenti. Una certa dose di conflittualità è presente in ogni team di lavoro, affinché un’azione si possa identificare come azione mobilizzante è necessario valutarne la frequenza (deve avvenire almeno una volta a settimana) e la durata (azioni ripetute per almeno 6 mesi). Il mobbing ha come conseguenze problemi fisici e psicosomatici. Il mobbizzato: molto spesso sono laboratori più brillanti e capaci o l'ultimo arrivato o la persona originale. I persecutori: spesso sono degli individui conformisti (che seguono il gruppo o si adeguano all’autorità). Le conseguenze possono essere su tre livelli: - personali (sulla persona mobbizzata); - sociali (gravano sulle prestazioni sanitarie, e sulla società in generale); - aziendali (l’azienda non sta creando un buon clima).