Frumento - Aspetti Generali PDF
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Questo documento fornisce una panoramica generale sul frumento, includendo le sue diverse varietà (tenero e duro), le sue esigenze ambientali e le sue applicazioni pratiche. Particolare attenzione viene data alle colture cerealicole in Italia. Questa panoramica include diversi aspetti quali la morfologia, la composizione, gli aspetti generali del frumento e le sue esigenze ambientali.
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Frumento tenero, frumento duro, farro I cereali I cereali sono specie che producono semi ricchi di amido e perciò si prestano alla produzione di farine utilizzate per molti cibi, quali pane, pasta, minestre, polenta, ecc. Le colture cerealicole rappresentano la base alimentare della maggio...
Frumento tenero, frumento duro, farro I cereali I cereali sono specie che producono semi ricchi di amido e perciò si prestano alla produzione di farine utilizzate per molti cibi, quali pane, pasta, minestre, polenta, ecc. Le colture cerealicole rappresentano la base alimentare della maggior parte dell’umanità. I cereali, infatti, presentano i seguenti pregi: elevate produzioni per ettaro; elevata concentrazione nutritivo-energetica delle granelle prodotte; facilità di conservazione e trasporto, grazie al basso contenuto di umidità dei semi. I cereali appartengono quasi tutti alla famiglia delle graminacee (o poacee), a esclusione di grano saraceno, quinoa e poche altre specie, che vengono considerate cereali per l’elevato contenuto in amido del seme. Esistono molte classificazioni delle colture cerealicole, quella basata sulle esigenze termiche le suddivide nel seguente modo: cereali a ciclo autunno-primaverile (detti anche cereali autunno-vernini): hanno esigenze termiche limitate; appartengono a questo gruppo il frumento, l’orzo, l’avena, la segale, il farro, il triticale; cereali a ciclo primaverile-estivo (detti anche cereali estivi): hanno elevate esigenze termiche; appartengono a questo gruppo il mais, il sorgo, il riso. grano saraceno (poligoniacea) quinoa (Chenopodiacea) Frumento – aspetti generali Il frumento tenero (Triticum aestivum) è originario del Medio Oriente dal quale, nel Neolitico, si diffuse in Europa. La culla di origine del frumento duro (Triticum durum) è l’Africa centro-orientale (Etiopia). I Paesi maggiori produttori, in ordine di importanza, sono: Cina, India, Federazione Russa, Stati Uniti d’America e Unione Europea, all’interno della quale il maggior produttore è la Francia. I primi Paesi produttori (Cina, India, Federazione Russa) destinano buona parte della produzione al consumo interno; infatti, i maggiori esportatori di frumento sono Stati Uniti, Francia, Canada e Australia. Se consideriamo la produzione complessiva di grano tenero e duro, l’Italia è al 17° posto, ma è seconda nella produzione del solo grano duro, dopo il Canada. In Italia, la coltura del frumento interessa tra grano tenero e duro 1,7 milioni di ettari, per una produzione di 6,9 milioni di tonnellate. La superficie coltivata a frumento è diminuita negli ultimi 40 anni, soprattutto per il grano tenero. Il grado di auto approvvigionamento è del 35-40% per il frumento tenero e del 60-70% per il frumento duro. Il grano duro è coltivato nell’Italia centro-meridionale, soprattutto in Puglia, Sicilia, Marche e Toscana negli ultimi anni la coltivazione si è estesa in Emilia-Romagna. Il grano tenero è coltivato prevalentemente nell’Italia centro-settentrionale: le regioni con maggiore produzione sono: Emilia-Romagna, Piemonte, Lombardia e Veneto. Grano Tenero Grano duro Frumento – morfologia Il frumento presenta un fusto (o culmo) eretto, costituito da 5-8 nodi e altrettanti internodi, cavi al loro interno. L’altezza del culmo dipende della varietà, ma anche delle condizioni pedoclimatiche. Le vecchie cultivar di frumento superavano 1,5 m di altezza; le varietà attuali presentano taglia più ridotta, tra i 60 e i 90 cm. Il miglioramento genetico ha infatti ridotto l’altezza per indurre una maggiore resistenza all’allettamento. Le foglie prendono origine dai nodi. Le foglie sono costituite dalla guaina che avvolge il culmo, dalla lamina lanceolata parallelinervia e, nel punto di congiunzione tra le due, dove la lamina si distacca dal fusto, dalla ligula e da due auricole. Il numero delle foglie, variabile da 5 a 8, è legato a fattori genetici, ma anche ambientali e nutrizionali. L’ultima foglia apicale, situata immediatamente sotto la spiga (foglia a bandiera), è molto importante nella fase di formazione delle cariossidi, ai fini della produzione. L’infiorescenza è una spiga composta. È costituita da un asse centrale (rachide) sul quale sono inserite le spighette, mediamente 18-20 per ogni spiga. Ogni spighetta è racchiusa da due glume all’interno delle quali troviamo 3-8 fiori. Ogni fiore è costituito da 2 glumelle o glumette, una superiore (palea) e una inferiore (lemma), che racchiudono 3 stami e il gineceo, costituito da un ovario portante 2 stili piumosi. La glumella inferiore può portare all’apice un prolungamento detto arista o resta. Per il frumento tenero questa è una caratteristica varietale: le varietà che presentano reste si chiamano aristate, le varietà sprovviste sono dette mutiche. Tutte le varietà di grano duro hanno spighe aristate. Nel frumento le glumelle si staccano dalle cariossidi al momento della trebbiatura (semi nudi). Composizione del fusto e Elementi principali della foglia di frumento delle foglie del grano Le radici primarie (o seminali) si originano direttamente dal seme, le radici secondarie (o avventizie) prendono origine dai nodi della base del culmo quando le giovani piante hanno 3-4 foglie. Costituiscono la maggior parte della massa radicale. L’apparato radicale è di tipo fascicolato e la maggior parte delle radici è concentrata nei primi 25-35 cm di suolo, quindi è essenzialmente superficiale. Il frutto del frumento è una cariosside di forma ellittica, ovoidale con gradazioni di colore che vanno dal bianco al rosso brunastro. Distinguiamo una parte dorsale convessa e una parte ventrale solcata da una infossatura più o meno profonda detta solco ventrale. Il peso di 1000 semi è pari a 35-45 g per il frumento tenero e 40-50 g per il frumento duro. La cariosside è costituita dagli involucri, dall’endosperma e dall’embrione. All’interno degli involucri, costituiti dal pericarpo e dal tegumento seminale, troviamo l’endosperma che occupa la maggior parte del volume e l’embrione. L’endosperma, formato da amido e sostanze proteiche, ha struttura farinosa nel frumento tenero, mentre in quello duro ha generalmente consistenza vitrea. L’embrione trova posto nell’estremità della cariosside opposta a quella dove troviamo un ciuffo di peli. Costituisce una minima parte della cariosside, ma contiene le parti della futura pianta: la radichetta protetta dalla coleorizza, la piumetta avvolta dal coleoptile, il fusticino o epicotile. Una cariosside di frumento tenero (B e C) si Composizione cariosside distingue da una di frumento duro (A) per: - 15,5% tegumenti - 1,5% embrione l’aspetto opaco e la frattura non vitrescente, - 83% endosperma minori dimensioni Peso cariosside - Grano tenero: 35 mg circa forma più arrotondata - Grano duro: 45 mg circa l’embrione introflesso la presenza di villosità all’estremità opposta a quella dell’embrione. Tuttavia il riconoscimento di cariossidi di frumento tenero in campioni di frumento duro presenta notevoli difficoltà e richiede grande esperienza. Frumento – ciclo Con umidità e temperature sufficienti (bastano 3-4 °C) ha inizio la germinazione con la rottura degli involucri; viene emessa la radichetta e poco dopo la piumetta, ancora avvolta nel coleoptile. Vengono quindi emesse altre radici seminali fino a un massimo di 6-8 radichette e si allunga il fusticino fino a raggiungere la superficie del terreno; esce la piumetta dal coleoptile e compare la prima foglia e successivamente le altre. Quando la piantina ha 3-4 foglie, a circa 1 cm di profondità si forma un ingrossamento o nodo dal quale prendono origine le radici avventizie. L’accestimento inizia con l’emissione di nuovi germogli, o culmi secondari, situati a livello dell’ascella della prima foglia, per cui da una pianta generata da un seme si sviluppa un insieme di germogli che porterà alla formazione di più spighe. L’accestimento è influenzato da fattori genetici, ambientali e di coltivazione. In particolare influenzano l’indice di accestimento la densità, l’epoca di semina e la fertilità del terreno: più bassa è la densità di semina, più precoce è la semina, più elevata è la fertilità e maggiore sarà l’accestimento. L’indice di accestimento può essere molto elevato, ma la moderna tecnica colturale, programmando idonee densità di semina, tende a contenerlo a un massimo di 1,3- 1,5 in quanto i culmi secondari presentano minore produzione rispetto alle spighe principali. L’accestimento inizia in autunno, si arresta temporaneamente in inverno, riprende con la buona stagione e termina con il viraggio. Nella fase di viraggio si formano gli abbozzi delle spighette nell’apice vegetativo che in questa fase è ancora vicino al suolo (“stadio di spiga a 1 cm”); se le condizioni nutrizionali e ambientali sono buone si hanno spighe ricche di fiori e quindi potenzialmente con un numero elevato di cariossidi. In certe varietà il viraggio avviene solamente se le piante sono state sottoposte a basse temperature (vernalizzazione); queste varietà devono essere seminate in autunno e sono dette varietà autunnali o non alternative. Le varietà che non hanno bisogno della vernalizzazione sono dette primaverili o alternative perché, per queste, è possibile sia la semina primaverile sia quella autunnale. All’inizio della levata, nodi e internodi si trovano ravvicinati in prossimità del suolo avvolti dalle foglie. Con l’innalzarsi della temperatura si assiste all’allungamento degli internodi con un veloce aumento dell’altezza dei culmi. Quando la spiga arriva all’altezza dell’ultima foglia, da cui rimane avvolta evidenziando un ingrossamento, si ha lo stadio di botticella. Nella fase di levata il frumento assorbe notevoli quantità di acqua ed elementi nutritivi. La spigatura avviene con l’evidenziarsi della spiga, spinta fuori dall’allungamento dell’ultimo internodo; dopo 5-6 giorni inizia la fioritura a partire dalle spighette poste a metà della spiga proseguendo poi con quelle poste sotto e sopra. Siccome le antere liberano il polline prima dell’apertura delle giumelle, l’impollinazione è prevalentemente autogama. La maturazione si articola in quattro fasi successive: maturazione lattea: le cariossidi di color verde raggiungono il massimo volume e sono ripiene di un liquido lattiginoso; maturazione cerosa: le cariossidi perdono acqua, ma contemporaneamente continuano ad essere accumulate in esse sostanze di riserva; assumono consistenza cerosa, il colore diviene giallognolo; maturazione piena o fisiologica: la pianta ha esaurito la capacità di compiere fotosintesi e cessa l’accumulo di sostanze nei semi; continua la perdita di acqua da parte delle cariossidi che sono completamente gialle; maturazione di raccolta: l’umidità si porta su valori dell’11-13% e può essere eseguita la raccolta. Frumento – esigenze ambientali Il frumento, come gli altri cereali autunno-vernini, è una specie longidiurna con modeste esigenze termiche, soprattutto nelle prime fasi di sviluppo. Il clima ideale è quello temperato (fra i 30° e i 60° di latitudine), ma è coltivato anche fuori da questa fascia, sebbene con produzioni più limitate. Le esigenze termiche sono crescenti per le successive fasi fenologiche: per la germinazione e l’accestimento sono sufficienti 2-3 °C, 10 °C per la levata, 15 °C per la fioritura e 20 °C per la maturazione. Nelle prime fasi, il grano tenero può sopportare anche basse temperature (fino a –20 °C), ma successivamente, durante la levata, pochi gradi sotto zero possono causare danni agli internodi che si stanno allungando. In prossimità della fioritura, temperature inferiori a 0 °C possono causare la morte dei fiori nella spiga. Generalmente il grano duro è più sensibile ai danni causati dalle basse temperature; da alcuni anni, però, il miglioramento genetico ha messo a disposizione varietà di grano duro con una maggior resistenza al freddo che hanno permesso una coltivazione di questo cereale anche nelle regioni del nord Italia. Per quanto riguarda il terreno, il frumento ha buone capacità di adattamento, ma le produzioni più elevate sono raggiunte in terreni di medio impasto o anche argillo-limosi, purché ben sistemati, drenati e di buona struttura, in quanto il frumento soffre per i fenomeni di asfissia radicale. I terreni troppo sciolti, sabbiosi, non sono l’ideale per il frumento perché non riescono a sopperire alle abbondanti necessità idriche durante la granagione. Il pH ottimale è tra 6,5-7,8 con buona resistenza quindi all’alcalinità; media è invece l’adattabilità ai terreni salini, per i quali è meglio l’orzo. Frumento – avvicendamento Tradizionalmente considerato coltura depauperante, trova correttamente posto dopo colture da rinnovo (barbabietola da zucchero, pomodoro, patata) o dopo colture leguminose da foraggio o da granella (erba medica, soia) delle quali riesce a sfruttare i residui di fertilità. La coltura ripetuta su se stessa, detta ringrano o ristoppio, è da evitare (inclusa la successione orzo-frumento) in quanto le rese in granella sarebbero inferiori a causa di una maggior incidenza di malattie fungine, parassiti e una maggiore diffusione di erbe infestanti. Frumento – lavorazioni del terreno Le possibili soluzioni applicabili sono da ricondurre a tre modelli: Lavorazione principale (aratura o ripuntatura) a 25-30 cm di profondità: è la tecnica più indicata se il terreno è stato “maltrattato” e compattato oppure se sono presenti residui colturali e/o concimazioni organiche da interrare. Alla lavorazione principale devono poi seguire una o più lavorazioni complementari per un affinamento e un livellamento del letto di semina (zona in cui è posto il seme in germinazione); queste operazioni possono essere eseguite con erpici a denti, erpici rotativi, frese rotative ecc. I tempi di lavoro sono circa di 2-3 ore per ettaro. Minima lavorazione a 10-15 cm di profondità: può essere eseguita con erpici a dischi, erpici e frese rotative. Generalmente è sufficiente un secondo passaggio con un erpice per la preparazione di un idoneo letto di semina. Con la minima lavorazione i tempi si riducono a 1-2 ore per ettaro. Semina diretta o non lavorazione: si attua con macchine seminatrici apposite, soltanto su terreni senza compattamenti causati da carreggiate create da macchine utilizzate per la raccolta della coltura precedente. Nel caso siano presenti erbe infestanti, può essere eseguito un trattamento erbicida disseccante prima della semina. Frumento – semina L’epoca ottimale per l’Italia settentrionale è la terza decade di ottobre, per l’Italia centrale la prima decade di novembre e per il Meridione la seconda e la terza. Negli ultimi anni, a motivo di autunni e inverni meno freddi, si tende a ritardare le semine. L’importante è che all’arrivo dei freddi la pianta non sia troppo sviluppata, ma abbia raggiunto almeno le 3-4 foglie; in questo stadio infatti la resistenza al freddo è massima. Quando per motivi di andamento meteorologico non fosse possibile la semina autunnale, si può effettuare la semina a fine inverno (febbraio), utilizzando varietà alternative e aumentando opportunamente le dosi di semina. Pur essendo pianta autogama, l’utilizzo di seme prodotto in azienda è da evitare o da limitare a un solo anno. La buona semente deve avere un’elevata purezza (maggiore del 98%), elevata germinabilità (minimo di legge 85%, meglio se 90-95%), deve essere indenne da malattie fungine (carie, segale cornuta, Fusarium, Septoria ecc.), senza semi di erbe infestanti. Il seme certificato dà maggiori garanzie in quanto possiede queste caratteristiche. La scelta delle varietà va operata in funzione del clima, del terreno, della tecnica colturale più o meno intensa che si vuole impiegare e della destinazione commerciale della granella, che dovrebbe essere già stabilita prima della semina, con contratti stipulati con le industrie di trasformazione. Le varietà di frumento tenero vengono raggruppate, in funzione della loro destinazione d’uso, in 4 categorie: varietà di forza (FF): alto contenuto di glutine, ideali per la produzione di pane di alta qualità varietà panificabili superiori (FPS): buone caratteristiche panificatorie varietà panificabili (FP): utilizzate principalmente per la produzione di pane comune, contenuto di glutine moderato varietà da biscotti (FB): selezionate per la produzione di biscotti e altri prodotti dolciari Le varietà di grano duro non hanno questa suddivisione e la scelta varietale deve essere eseguita prevalentemente in base all’adattabilità alle condizioni pedoclimatiche della zona di coltivazione. La semina viene eseguita con seminatrici universali in file distanti 14-20 cm e con la deposizione del seme a una profondità omogenea di 3-4 cm. L’obiettivo è quello di avere una densità finale ottimale di 600-700 spighe/m2 per il grano tenero e 350-450 spighe/m2 per quello duro. Questo si può ottenere con 400-500 piante/m2 per il tenero e 350-400 piante/m2 per il grano duro. Tenendo conto del peso di 1.000 semi delle differenti varietà e delle diverse variabili che si riscontrano alla semina, le dosi più frequenti sono di 160- 220 kg/ha. Frumento – concimazione La concimazione, in particolare quella azotata, è un elemento essenziale della tecnica colturale per raggiungere gli obiettivi di produzione e di qualità. Distinguiamo una concimazione prima della semina, che è limitata all’apporto di fosforo e potassio, e una concimazione di copertura che è essenzialmente azotata. La fertilizzazione organica, con apporti di letame, per esempio, è sconsigliata: il frumento si avvantaggia maggiormente dell’azione residua di fertilizzazioni organiche apportate a colture che lo precedono nell’avvicendamento, quali mais, sorgo e pomodoro. Per eseguire correttamente la concimazione fosfatica e potassica devono essere disponibili analisi del terreno recenti. Se la dotazione del terreno è elevata la concimazione con fosforo e potassio non è necessaria; se la dotazione è normale è corretto reintegrare le asportazioni per evitare un impoverimento del terreno; se la dotazione è bassa si può intervenire con concimazioni anche più elevate rispetto ad asportazioni e perdite per portare il terreno a livelli normali di dotazione. Queste concimazioni di arricchimento, però, vengono solitamente eseguite su colture in avvicendamento con il frumento (per esempio la bietola) che maggiormente si avvantaggiano di questi forti apporti di fosforo e potassio. Per il calcolo dei fabbisogni si possono utilizzare comodamente valori tabulati oppure si possono calcolare tenendo conto che per un quintale di granella (comprendendo anche la paglia) servono 0,8-1 kg di P2O5 e 1,4-1,6 kg di K2O. Per il fosforo quindi sono consigliate dosi massime di 70 unità (pari per esempio a 152 kg/ha di perfosfato triplo 0-46-0) solo per terreni che risultano carenti di questo elemento. Generalmente, i terreni italiani sono ben dotati in potassio, ma se il terreno ne è scarsamente dotato, dosi di 60-80 unità di K2O (pari per esempio a 120-160 kg/ha di solfato potassico 0-0-50) sono sufficienti per sostenere una buona resa. Il frumento, come gli altri cereali, risponde bene alla concimazione azotata; l’azoto è una delle leve più importanti per raggiungere elevate rese sotto il profilo sia quantitativo sia qualitativo. L’azoto favorisce infatti l’accestimento; allo stadio di viraggio stimola nell’apice vegetativo la formazione di spighe con un elevato numero di spighette e di fiori; in levata aumenta la superficie fogliare e la sua funzionalità fotosintetizzante; in fioritura aumenta la fertilità delle spighette con maggiori percentuali di allegagione. Sono tuttavia da evitare eccessi azotati, che favoriscono l’allettamento della coltura, minore resistenza alle malattie e un maggiore consumo idrico. Il fabbisogno di azoto della coltura, ovvero la quantità teorica assorbita dal terreno, si può calcolare considerando la produzione e la varietà seminata da cui dipende il contenuto di azoto (e quindi di proteine) della granella. Per la determinazione della dose di azoto da somministrare si deve tenere presente una serie di variabili quali: la precessione colturale che può aver arricchito o impoverito il terreno; la dotazione e gli apporti di sostanza organica al terreno; l’andamento climatico, in particolare la temperatura che influisce sulla velocità di mineralizzazione e le piogge sul dilavamento dei nitrati. Nell’Italia settentrionale le dosi più frequenti sono di 120-150 kg/ha con punte di 200 kg/ha, mentre in quella meridionale ci si ferma a quantitativi più bassi che non superano i 100 kg/ha tenendo conto delle minori produzioni e del clima più secco. L’assorbimento degli apporti azotati cambia in base alla fase fenologica della coltura. Frumento – controllo delle infestanti La lotta alle infestanti deve essere attuata prima di tutto con la buona pratica agronomica che preveda l’avvicendamento colturale, la preparazione del letto di semina e l’uso di semente certificata esente da infestanti. Il diserbo chimico può essere eseguito in pre-semina, pre- emergenza e post-emergenza: Presemina: è eseguito con erbicidi totali, come Glyphosate, per eliminare le infestanti presenti sul letto di semina. Pre-emergenza: il diserbo in epoca autunnale viene utilizzato nelle situazioni in cui sono particolarmente diffuse infestanti, come loglio, avena, coda di volpe, papavero e senape, difficilmente controllabili in post-emergenza. Post-emergenza: è la pratica più diffusa sui cereali autunno-vernini; presenta evidenti vantaggi come la possibilità di controllare contemporaneamente graminacee e dicotiledoni, la possibilità di applicazione in un ampio periodo (da dicembre ad aprile), un’elevata gamma di principi attivi erbicidi disponibili da scegliere in funzione della flora infestante presente. Per ampliare lo spettro di azione sono frequenti miscele di sostanze attive. Per i trattamenti in post- emergenza è sempre preferibile intervenire con infestanti ai primi stadi, al fine di limitare i danni della competizione alla coltura e per un più facile controllo. Tuttavia, molte infestanti hanno sviluppo primaverile, per cui se si interviene precocemente a fine inverno, può essere indispensabile un secondo trattamento più tardivo in post-emergenza. Frumento – controllo delle avversità Tra i fitofagi più diffusi che possono arrecare danni al frumento citiamo gli afidi. Il controllo deve seguire i criteri della lotta integrata e guidata: si deve valutare la presenza di nemici naturali in grado di controllare gli afidi (coleotteri coccinellidi, neurotteri crisopidi, ditteri silfidi); se si raggiungono le soglie di intervento (80% dei culmi infestati a fine fioritura) è giustificato l’intervento con insetticidi (per esempio: Pirimicarb). Altri fitofagi meno frequenti e meno temibili sono la cimice (Aelia rostrata) e la lema (Oulema melanopa). Le principali malattie fungine che attaccano il frumento sono il mal del piede, l’oidio, le ruggini, la septoriosi e la fusariosi della spiga. Particolare attenzione deve essere riservata al controllo di questo ultimo fungo in quanto produttore di pericolose micotossine quali deossinivalenolo (DON). Per il controllo di queste crittogame si deve adottare una buona pratica agronomica che preveda l’impiego di seme conciato, varietà resistenti, una concimazione azotata equilibrata, semine non troppo fitte, buone sistemazioni del terreno che evitino ristagni e una corretta rotazione. Per la prevenzione del mal del piede è buona norma distruggere i residui di altri cereali (orzo, mais, sorgo) che precedono il frumento. Contro queste malattie fungine sono possibili due trattamenti chimici; per i quali le soglie di intervento sono fissate dai Disciplinari di produzione integrata. È molto importante salvaguardare da queste malattie le ultime due foglie apicali e la spiga, soprattutto durante la fase di riempimento delle cariossidi. Frumento – raccolta In Italia, la raccolta del frumento viene eseguita a inizio giugno al Sud a fine giugno- inizio luglio al Nord. Si esegue con mietitrebbiatrici quando l’umidità della granella è inferiore al 14%, tenendo però conto che l’umidità di riferimento nei contratti di compravendita è del 13%. Tra la fase di maturazione fisiologica e la raccolta, il vento e la grandine possono provocare allettamento e sgranatura della spiga; inoltre le piogge, se insistenti, possono causare perdite qualitative e commerciali della granella quali: slavatura: formazione di cariossidi con superficie più ruvida e minore peso specifico; è molto dannosa, soprattutto per il grano duro in quanto riduce il colore; pregerminazione: la cariosside germina quando è ancora nella spiga. Le rese in granella più elevate si ottengono nei climi dell’Europa centrale con punte che superano le 10 t/ha; nella Pianura Padana le rese raggiungono 6-7 t/ha con punte di 8 t/ha; in Italia centrale scendiamo a 5-6 t/ha; nel Meridione e nelle isole le rese sono ancora più basse (3-4 t/ha), soprattutto per il grano duro diffuso in comprensori aridi. La paglia può essere raccolta in balle e utilizzata come lettiera o come alimento per il bestiame oppure essere lasciata nel campo; in questo caso, costituisce un apporto di sostanza organica; può essere utile distribuire 30-40 kg/ha di urea sulla paglia prima della lavorazione del terreno. Frumento – stoccaggio e conservazione La granella deve essere sottoposta a pre-pulitura mediante aspirazione e vagliatura, quindi, se possiede umidità inferiore al 13,5%, può essere stoccata. Lo stoccaggio viene eseguito in sili orizzontali o verticali che devono soddisfare requisiti fondamentali quali: la separazione da altre attività aziendali con una fascia di rispetto intorno ai sili; protezione dall’ambiente esterno per evitare l’entrata di uccelli, roditori e insetti; pareti lisce, facili da pulire e disinfettare; copertura impermeabile per evitare infiltrazioni di acqua; dotazione di areazione sufficiente; possibilità di monitorare e controllare la presenza degli insetti. Esistono tecniche che migliorano e rendono più sicura quali la refrigerazione forzata e la conservazione in atmosfera controllata. Frumento – qualità molitoria Dalla molitura del frumento tenero derivano farine e sottoprodotti (crusca, cruschello, tritello e farinaccio). In commercio si trovano differenti tipi di farina che si differenziano per il contenuto in ceneri, cellulosa e proteine: farina tipo 00, farina tipo 0, farina tipo 1 e 2, farina integrale. La farina tipo 00 è quella più raffinata e contiene quantità più basse di proteina, cellulosa e ceneri. La farina integrale è quella con maggior contenuto di proteine, cellulosa e ceneri, ma contiene meno amido. Dalla molitura del frumento duro, oltre ai sottoprodotti, si ottengono semola e semolato, generalmente utilizzati per la produzione di pasta. Questi ultimi differiscono tra loro per il contenuto in ceneri, cellulosa e proteine. La composizione di una cariosside è mediamente la seguente: endosperma, da cui deriva la farina: 82-83%; è costituito soprattutto da amido, ma anche da proteine; la proteina dell’endosperma insolubile in acqua si chiama glutine; strati esterni (strato aleuronico compreso), da cui deriva la crusca: 14-15%; germe: 2-3%. Teoricamente la resa in farina (o tasso di abburattamento) dovrebbe essere, quindi, dell’83%, ma in pratica questo valore è difficile da raggiungere: la resa media si attesta infatti al 73-75%. Le caratteristiche che influenzano la qualità molitoria del grano sono: Peso ettolitrico: la resa in farina dipende dal peso ettolitrico della granella, che dipende a sua volta dal regolare riempimento delle cariossidi durante la granagione. È una misura utilizzata in agronomia per valutare la qualità dei cereali, in particolare del frumento. Si tratta del peso di un volume pari a un ettolitro (100 litri) di cereali, misurato in chilogrammi per ettolitro (kg/hl). Di norma varia da 76 a 82 kg/hL. Contenuto in ceneri: è il residuo che rimane dopo incenerimento in muffala a 550 °C. Le ceneri sono contenute principalmente nel pericarpo. Durante la molitura è possibile diminuire il contenuto in ceneri, ma con una resa in farina minore. Durezza: è la resistenza delle cariossidi alla frantumazione; ha influenza sulla macinazione e sulla lievitazione. In base a questo carattere distinguiamo grani teneri hard, medium e soft. Questa caratteristica è molto importante per l’industria molitoria in quanto cambiano le modalità di macinazione della granella. Dal punto di vista dell’attitudine panificatoria, inoltre, i grani hard tendono a coincidere con i grani di forza, mentre quelli soft corrispondono a grani panificabili o da biscotti. Bianconatura (solo per il grano duro): la bianconatura è la rottura farinosa anziché vitrea della cariosside di grano duro. È una caratteristica indesiderata in quanto è indice di un basso contenuto di pigmenti coloranti e di proteine e viene causata da insufficiente disponibilità azotata e da stress ambientali. Volpatura (solo per il grano duro): è l’imbrunimento del solco ventrale o della zona embrionale, spesso causata da attacchi fungini. Se profonda, questa alterazione provoca deprezzamento della semola perché la pasta prodotta sarebbe puntinata di nero. Frumento – qualità tecnologica Rappresenta l’attitudine della farina di grano tenero a essere trasformata in pane e l’attitudine della semola a essere trasformata in pasta. Quando viene aggiunta l’acqua il glutine forma un reticolo che trattiene l’amido ed eventualmente la CO2 che si sviluppa nel processo della lievitazione. Nella panificazione, la quantità e la qualità delle proteine che costituiscono il glutine determinano la capacità dell’impasto di trattenere la CO2, permettendo quindi un aumento in volume con la formazione di una massa spugnosa. Per la classificazione delle varietà di frumento tenero si sta affermando l’Indice Sintetico di Qualita (ISQ) che tiene conto contemporaneamente di 6 parametri. Parametro Descrizione Valori ottimali Peso ettolitrico Indica la densità del grano > 78 Proteine (%) Contenuto proteico del grano > 13 Tabella Misura la qualità e quantità del Indice di glutine (%) > 30 glutine Forza del glutine (W) Resistenza del glutine > 300 Rapporto tra resistenza ed Indice di estensibilità (P/L) 0,5 estensibilità del glutine Caduta di Hagberg (s) Indice di attività enzimatica 250-300 Determina la luminosità della Colore della farina (L) 72-75 litri farina Contenuto di minerali nella Ceneri (%) < 0,65 farina Misura la capacità di Indice alveografico > 60 espansione della farina Peso dei 1.000 chicchi Peso di 1.000 chicchi di grano > 40 g l’Indice Sintetico di Qualita (ISQ) Parametro Descrizione Peso Ettolitrico Misura la densità del grano, espressa in kg/hl. Contenuto Proteico Percentuale di proteine presenti nel grano. Indice di Glutine Misura la qualità e la quantità del glutine. Indice di Caduta di Valuta l’attività enzimatica e la qualità del grano. Hagberg Percentuale di particelle di una certa Granulometria dimensione nel prodotto macinato. Misura il colore del grano, importante per la Indice di Giallo qualità visiva del prodotto finale. In funzione di questo indice le partite di frumento vengono distinte in 5 classi a cui corrispondono diversi impieghi. Classe Descrizione Impieghi Alta qualità, alto contenuto di Pane di alta qualità, prodotti da Frumento di Forza (FF) glutine, elevata forza del glutine forno Frumento Panificabile Superiore Buona qualità panificatoria, ma Pane e prodotti da forno (FPS) inferiore al frumento di forza Qualità media, adatto per la Pane comune, prodotti da forno Frumento Panificabile (FP) panificazione quotidiana di uso quotidiano Basso contenuto di glutine, Frumento da Biscotto (FB) ideale per ottenere una Biscotti, prodotti dolciari consistenza friabile Varietà con caratteristiche Altri prodotti alimentari, Frumento per Altri Usi (FAU) specifiche per usi diversi dalla mangimi panificazione Per il grano duro i parametri fondamentali da valutare per classificare le partite sono il tenore proteico, la qualità del glutine e il colore giallo della semola (indice di giallo) per la presenza di pigmenti carotenoidi. Sono caratteristiche indesiderate, che deprezzano il prodotto, la slavatura, la bianconatura, la volpatura, un basso peso specifico e un elevato contenuto in ceneri. Frumento – miglioramento genetico Fin dall’inizio del Novecento la selezione per linea pura è stata l’unica tecnica attuata. Essendo il frumento una specie autogama è stato possibile selezionare, tra le eterogenee popolazioni locali, alcune piante (linee pure omozigoti) con buone caratteristiche da cui sono state ottenute le prime varietà. Nazareno Strampelli, negli anni Venti del secolo scorso, ottenne le prime varietà adottando l’incrocio intervarietale. Questa tecnica, tuttora usata per ottenere nuove varietà, ha permesso di portare in una sola varietà caratteristiche di pregio presenti in varietà differenti. La tecnica dell’ibridazione, per sfruttare il fenomeno dell’eterosi, ha portato per il momento alla costituzione di alcuni ibridi. Grazie al miglioramento genetico si è riusciti ad abbassare la taglia delle varietà; all’inizio del Novecento le varietà avevano un’altezza che superava 1,5 m, oggi l’altezza delle nuove varietà è di 60-90 cm. Oltre alla diminuzione della taglia, è stata aumentata l’elasticità del culmo. La resistenza alla siccità e alla stretta da caldo è stata ottenuta soprattutto grazie alla precocità di maturazione; una varietà precoce infatti completa il suo ciclo prima dell’arrivo del caldo e della siccità estiva. Per il grano duro, sono state ottenute varietà resistenti al freddo che hanno permesso un’estensione dell’areale di coltivazione nell’Italia settentrionale. Esisto varietà resistenti a malattie, alle ruggini, all’oidio e alla septoriosi; il miglioramento genetico non ha per il momento ottenuto varietà resistenti al mal del piede. La produttività è stata aumentata attraverso l’innalzamento dei fattori della produzione (capacità di accestimento, numero di spighette fertili per spiga, grandezza del seme) da cui deriva per effetto moltiplicativo la produzione. L’ideotipo migliore di pianta, al fine di permettere rese più elevate, è quello che ha foglie tendenzialmente erette, affinché penetri meglio la luce, un buon sviluppo della foglia a bandiera, elevate dimensioni della spiga e un elevato indice di raccolta (HI). La stabilità produttiva è la capacità di dare produzioni buone e costanti anche in annate molto differenti; deriva da una base estesa di geni capaci di conferire alla varietà resistenza agli stress ambientali, alle malattie e quindi maggior adattabilità. Con l’affermarsi di tecniche di coltivazione a basso impatto ambientale è importante disporre di varietà che raggiungano produzioni soddisfacenti con l’utilizzo di quantità limitate di fertilizzanti e agrofarmaci. Attualmente il miglioramento genetico mette a disposizione varietà di frumento tenero e duro con le caratteristiche qualitative positive richieste in funzione delle differenti destinazioni d’uso. Farro – aspetti generali Con il nome farro vengono chiamate tre specie di frumento “antiche” caratterizzate dalla presenza di cariossidi vestite : farro piccolo (Triticum monococcum); farro medio (Triticum dicoccum); farro grande (Triticum spelta). Il farro piccolo non è coltivato, bensì utilizzato per il miglioramento genetico. Solamente il farro medio e il farro grande sono coltivati nel nostro Paese, su modeste superfici, nella maggior parte dei casi in aziende biologiche. Farro – aspetti generali Il farro medio presenta spighe serrate, appiattite con granella a frattura bianca, in alcuni casi vitrea. Il farro grande o spelta ha invece spighe lasse, a sezione quadrata e granella generalmente ambracea. Entrambi hanno, rispetto al frumento tenero, una più elevata resistenza alle malattie crittogame e una taglia maggiore, con conseguenti più elevati rischi di allettamento. Farro – esigenze ambientali Il farro medio si adatta ai terreni collinari, poco fertili e ricchi di scheletro; resiste molto bene al freddo invernale e a condizioni di stress idrico durante la granigione; possiede, inoltre, un forte potere competitivo verso le erbe infestanti. Le potenzialità produttive sono però modeste. Per via di queste caratteristiche, il farro medio è idoneo a valorizzare zone caratterizzate da terreni poveri con la possibilità, inoltre, di utilizzare metodi di coltivazione biologica. Il farro grande possiede capacità produttive superiori, ma richiede condizioni meno limitanti e terreni con fertilità non troppo modesta. Farro – tecnica colturale Avvicendamento: il farro si inserisce negli avvicendamenti alla stessa maniera degli altri cereali autunno-vernini. Lavorazione del terreno: sono le stesse riportate per il frumento. Tenuto conto della rusticità del farro, sono particolarmente consigliate tecniche di minima lavorazione. Scelta varietale: per il farro medio sono utilizzate selezioni eseguite partendo da vecchie popolazioni locali (Zefiro) oppure ottenute con incroci multipli (Giovanni Paolo). Per il farro grande sono disponibili varietà selezionate: Rouquin (Belga) e Altgold Rotkorn (Svizzera), Rossella (Italia). Semina: l’epoca è quella autunnale, leggermente ritardata rispetto a quella del frumento, per evitare che un eccessivo accestimento produca una densità di piante elevate che favorirebbe l’allettamento. La densità di semina è tra i 250 e i 300 semi germinabili per m2 ; eseguita con le stesse modalità viste per il frumento. Concimazione: Il farro ha scarse esigenze nutrizionali; nella maggior parte dei casi, le normali dotazioni del terreno sono sufficienti. La concimazione azotata può essere necessaria alla fine dell’accestimento, se si evidenziano sintomi di carenza (ingiallimento fogliare e lentezza nella ripresa vegetativa in primavera), apportando quantità modeste (tra i 30 e i 50 kg/ha) di N. Controllo delle infestanti: il farro è caratterizzato da un accestimento intenso e da una copertura veloce del terreno, che rendono difficile la crescita delle erbe infestanti. Generalmente, non sono quindi necessari interventi di diserbo chimico. Il controllo delle erbe infestanti può essere eseguito invece in post- emergenza con erpici strigliatori. Controllo delle avversità: considerando l’elevata resistenza del farro alle malattie, le buone pratiche agronomiche sono generalmente sufficienti a prevenire le malattie crittogame. È comunque consigliata la concia del seme. Farro – raccolta e utilizzazione La raccolta del farro avviene 1-2 settimane più tardi rispetto al frumento. La resa dipende dalle condizioni ambientali ed è generalmente modesta: 1,5-2 t/ha per il farro medio e 2-3 t/ha per lo spelta. Dopo la trebbiatura, le cariossidi devono essere private dalle glume mediante sbramatura, con una resa del 50-60% in granella nuda. La granella di farro ha un contenuto proteico maggiore rispetto al frumento e caratteristiche dietetiche interessanti per l’alimentazione umana. Il farro medio ha maggior attitudine per la panificazione mentre il farro grande è più adatto alla produzione di pasta.