10 - La Prima Guerra Mondiale e la Rivoluzione Russa PDF
Document Details
Uploaded by FortunateFlerovium151
Università di Pisa
Tags
Summary
This document provides an overview of World War I and its impacts, which highlights political tensions and social changes that led to the conflict, tracing historical events before and during the war. It also details the effects of the war on Europe and other regions.
Full Transcript
CAPITOLO: 10-LA PRIMA GUERRA MONDIALE E LA RIVOLUZIONE RUSSA PARAGRAFI: 10.1-VENTI DI GUERRA 10.2-UNA REAZIONE A CATENA Agli inizi del 1914 il predominio dell’Europa sul mondo è ancora...
CAPITOLO: 10-LA PRIMA GUERRA MONDIALE E LA RIVOLUZIONE RUSSA PARAGRAFI: 10.1-VENTI DI GUERRA 10.2-UNA REAZIONE A CATENA Agli inizi del 1914 il predominio dell’Europa sul mondo è ancora indiscusso, nonostante l’emergere di potenze, come il Giappone e gli Stati Uniti. Lo sviluppo nella produzione industriale, nel campo tecnologico e negli scambi commerciali aveva diffuso l’idea di un progresso inarrestabile ma non bastava a spegnere i conflitti sociali interni ai singoli paesi né a far scomparire le tensioni politiche internazionali come quella fra Austria-Ungheria e Russia per il controllo dei Balcani, tra Francia e Germania per l’Alsazia e la Lorena e tra Gran Bretagna e la Germania per la corsa agli armamenti navali. L’equilibrio continentale si basava sulla contrapposizione di due blocchi di alleanze: Triplice intesa— Francia, Russia e Gran Bretagna (Grecia, Romania, Giappone, Italia) Triplice alleanza— Germania, Austria (Turchia, Bulgaria) La guerra era nell’aria, ma non tutti la temevano come il peggiore dei mali: le minoranze pacifiste e i socialisti si mobilitarono per impedirne lo scoppio mentre i settori delle classi dirigenti la concepivano come un dovere patriottico. Il casus belli del conflitto viene fornito dallo studente bosniaco Gavrilo Princip, il quale appartiene all’organizzazione nazionalista serba Mano Nera (si batteva affinché la Bosnia entrasse a far parte di una grande Serbia, indipendente dall’Impero asburgico), uccise l’erede al trono d’Austria Francesco Ferdinando e sua moglie. Per gli austriaci l’attentato è un pretesto per sanare alcuni conti in sospeso con la Serbia, la quale si vede inviare un ultimatum da Vienna. L’ultimatum, grazie all’appoggio russo ai serbi, viene accettato solo in parte respingendo la clausola che prevedeva la partecipazione di funzionari austriaci alle indagini sui mandanti dell’attentato, l’Austria giudica la risposta insufficiente e il 28 luglio dichiara guerra alla Serbia. La dichiarazione di guerra alla Serbia è seguita dalla mobilitazione della grande macchina bellica russa, che porta le truppe zariste sull’intero confine occidentale e non solo su quello austriaco. La Germania reagisce con preoccupazione e il 1 agosto dichiara guerra alla Russia. Per conseguenza reagisce la Francia, alleata della Russia ormai da tempo, mobilitando il proprio esercito. Il 3 agosto la Germania dichiara guerra anche alla Francia perciò fu l’iniziativa del governo tedesco a far precipitare la situazione perchè per via della alleanza franco-russa, la Germania teme di essere accerchiata dai suoi nemici; elabora quindi una strategia militare aggressiva, tempestiva e di sorpresa che la metta in posizione di vantaggio, se non altro temporale. Dai primi del secolo, lo stato maggiore tedesco ha approvato il piano Schlieffen, che prevede un rapido attacco alla Francia attraverso il Belgio (neutrale), per poi concentrarsi sulla Russia. È così che le ostilità, tra Francia e Germania, si aprono il 4 agosto con l’invasione tedesca del Belgio. L’invasione di un territorio neutrale che si affaccia sulle coste della Manica porta la Gran Bretagna a dichiarare il 4 agosto guerra alla Germania: sul lato militare. I primi tempi di guerra sono accolti con entusiasmo in tutta Europa. La classe politica è generalmente convinta che un conflitto armato, breve e vittorioso, possa aumentare il suo prestigio e rinsaldare il suo potere. Alle manifestazioni in favore della guerra, non si oppone quasi nessuno, nemmeno i socialisti che da sempre fanno del pacifismo e dell’internazionalismo le proprie bandiere, anche la Spd tedesca vota a favore dei crediti di guerra (stanziamento di fondi in favore dello sforzo bellico). I socialisti francesi e i laburisti inglesi rinunciano a ogni manifestazione di protesta ed entrano a far parte del governo. La Seconda Internazionale, nata come espressione della solidarietà fra i lavoratori di tutti i paesi e impegnata da sempre nella difesa della pace, cessò praticamente di esistere: fu la prima vittima della Grande Guerra. PARAGRAFO: 10.3-1914-15: DALLA GUERRA DI LOGORAMENTO ALLA GUERRA DI POSIZIONE La pratica della coscrizione obbligatoria e la presenza di nuovi arsenali, il cui gioiello è la mitragliatrice, portano gli eserciti a schierare milioni di uomini in pochissimo tempo. Nonostante gli avanzamenti tecnologici però, la concezione degli stati è orientata ad una guerra breve. Sono soprattutto i tedeschi, memori della guerra franco-prussiana, a condurre le offensive iniziali. Dopo aver passato il Belgio, arrivano a pochi chilometri da Parigi, sul fiume Marna. Contemporaneamente, sconfiggono i russi a Tannenberg e sui laghi Masuri. Ma a settembre, una controffensiva francese porta alla fine della spinta tedesca verso la capitale: il fronte si blocca su una linea che va dal mare del nord al confine svizzero. Comincia così una nuova guerra, di logoramento e posizione, in cui la superiorità militare degli imperi centrali passa in secondo piano. La tendenza di molti paesi è quella di temere di essere esclusi dai nuovi assetti geopolitici, così in molti si uniscono alla guerra: Giappone contro la Germania (1914) Turchia (1914) e Bulgaria a favore degli Imperi centrali Italia contro l’Austria-Ungheria (1915) Portogallo, Romania e Grecia contro gli Imperi centrali USA, Cina, Brasile e altre repubbliche latino-americane a favore dell’Intesa (1917) PARAGRAFO: 10.4-1915: L’INTERVENTO DELL’ITALIA All’inizio della guerra, il governo Salandra si dichiara neutrale, invocando la natura difensiva della Triplice alleanza. Sono molti però i settori politici e dell’opinione pubblica a schierarsi per un intervento contro l’Austria per la questione delle terre irridenti. A questo punto si formano due schieramenti: Interventisti→sinistra democratica, irredentisti, gli estremisti del movimento operaio, i nazionalisti i quali sperano di poter ridisegnare gli equilibri politici del continente secondo principi più democratici. Sono invece più cauti i moderati al governo, i quali temono che l’esclusione dell’Italia dal conflitto possa avere ripercussioni negative sulla posizione internazionale del paese. (Gabriele d’Annunzio) Neutralisti→ il partito socialista (PSI), la Confederazione generale del lavoro (CGL), i cattolici e i liberali con a capo Giolitti. secondo il quale, l’Italia non era pronta per partecipare al conflitto e rimanendo neutrale avrebbe ottenuto un compenso dagli stati centrali. Tra i socialisti di rilievo solo Mussolini si schiera per l’intervento, espulso dal partito, apre il suo quotidiano “Il popolo d'Italia". In termini di adesione generale, sono le forze neutraliste ad essere in maggioranza, ma non sono omogenee. Il fronte della guerra, per quanto composito, ha due obiettivi in comune: l’intervento e la fine dell’età di Giolitti. Inoltre, questo partito contava sull’appoggio della borghesia colta, degli studenti e degli intellettuali. Dall’autunno del ’14, Salandra e Sonnino conducono trattative parallele con i due schieramenti belligeranti. Mentre cercano di strappare qualche compenso territoriale agli imperi centrali in cambio della neutralità, finiscono per accettare l’offerta dell’Intesa, firmata a Londra il 26 aprile del ’15. Il patto di Londra garantisce all’Italia le terre irredente, l’Istria e parte della Dalmazia. Gli accordi, tenuti in segreto al parlamento, scavalcando di fatto la volontà dei deputati, ai quali si chiede l’approvazione dello stato di guerra a cose già fatte. È così che il governo, con l’opposizione dei soli socialisti, ottiene pieni poteri e mobilità l’armata contro l’Austria il 24 maggio. PARAGRAFO: 10.5-I FRONTI DI GUERRA (1915-16) Italia→ Con delusione di molti, l’intervento italiano non ribalta le sorti del conflitto. Nel 1915 le truppe guidate da Cadorna, si lanciano in quattro offensive (battaglie dell’Isonzo), che falliscono nel tentativo di sfondare la linea austro-ungarica sul fiume Isonzo e sulle alture del Carso. L’anno successivo gli austriaci contrattaccano con la Strafexpedition (spedizione punitiva), arrestata a fatica. Il rischio di una sconfitta italiana porta alla caduta di Salandra, rimpiazzato da Boselli in un governo di unità nazionale, a cui non partecipano i socialisti ma non basta a cambiare la situazione sul fronte alpino. Francia→ il fronte francese resta immobile per tutto il 1915. All’inizio del 1916, i tedeschi cercano di forzare le linee francesi a Verdun, una carneficina che risolve in un nulla di fatto da ambo le parti con ingenti perdite di uomini. Il tentativo anglo-francese di alleggerire la pressione su Verdun nei pressi della Somme ha simili risultati pochi mesi dopo. Fronte orientale→ Tra il ’15 e il ’16 gli imperi centrali registrano qualche successo. Nel 1915 un’offensiva tedesca scaccia i russi da gran parte della polonia, mentre i serbi vengono sconfitti ed eliminati dal conflitto dagli austriaci. Il tentativo dell’Intesa di portare la guerra in Turchia alleggerendo la Russia fallisce. Fra la primavera e l’estate del 1915 la spedizione navale britannica attaccò lo Stretto di Dardanelli e riuscì a far sbarcare un contingente nella penisola di Gallipoli, ma l’impresa si risolse in un sanguinoso fallimento. Nel giugno del ’16, in seguito a qualche successo russo contro l’Austria, la Romania entra in guerra a fianco dell’Intesa, ma in poco tempo, subisce le stesse sorti della Serbia. Questi risultati però non bastano a riequilibrare gli imperi centrali, fortemente provati dal blocco navale inglese. Nel maggio del ’16, la flotta tedesca si confronta con quella inglese nella battaglia dello Jutland, un nuovo nulla di fatto che fa ritirare per le perdite la flotta tedesca dallo scontro marittimo. In questo si risolve lo sforzo tedesco di riarmo navale precedente la guerra. PARAGRAFO: 10.6-GUERRA DI TRINCEA E NUOVE TECNOLOGIE I primi due anni di guerra non riescono a rompere la situazione di logoramento e immobilismo in cui gli eserciti si sono ritrovati dovuti alla micidiale combinazione di dottrine militari basate sullo sfondamento del fronte nemico e tecnologie belliche sempre più adatte alla difesa delle posizioni, come le mitragliatrici. Per questo le trincee diventano indiscusse protagoniste della guerra, dapprima dei semplici ripari, vengono poi organizzate in luoghi di permanenza dei soldati, costretti ad una vita precaria igienicamente e psicologicamente. I frequenti assalti si risolvono quasi sempre in un nulla di fatto: iniziano con il fuoco dell’artiglieria, inutile, segue poi l’attacco frontale delle truppe, falcidiate dalle mitragliatrici, e il contrattacco delle truppe nemiche che in genere pone fine all’incursione. L’entusiasmo patriottico delle prime settimane di guerra svanisce molto in fretta, la maggior parte dei soldati giovani, operai e contadini, non sa nemmeno perché deve combattere. La visione eroica della guerra resta quindi in mano a pochi soldati scelti, facenti parte di reparti speciali, come gli sturmtruppen o gli arditi. Per il resto si manifestano, con frequenza crescente, atti di disobbedienza per lo più individuali, che vanno dalle diserzioni fino all’autolesionismo per ottenere il congedo. Per forzare la situazione e prevalere sul nemico, le nazioni belligeranti sviluppano un enorme quantitativo di armamenti e tecnologie belliche nuove. Già nel 1915, compaiono, ad uso tedesco, le prime armi chimiche, spaventose quanto instabili, vengono presto adottate da tutti gli eserciti. Più lento è lo sviluppo dell’aviazione, ancora agli esordi e ridotta al ruolo di ricognizione nella maggior parte dei casi. Un discorso simile vale per i carri armati, utilizzati dagli inglesi nel 1916, restano in fase sperimentale e marginale fino alla fine del conflitto. La sola novità bellica che dimostra da subito un enorme potenziale è il sottomarino, utilizzato principalmente dai tedeschi nell’affondamento indiscriminato di navi militari e mercantili. La guerra sottomarina lede però gli interessi americani, che intimano ai tedeschi nel 1915, dopo che i tedeschi affondarono il transatlantico Lusitania con migliaia di persone (140 erano americane), di abbandonare strategia indiscriminata. Sono notevoli anche le migliorie in campi relativamente nuovi e non direttamente legati alla guerra, come il settore automobilistico e quello delle comunicazioni via radio. PARAGRAFO: 10.7-IL “FRONTE INTERNO” La grande guerra è un laboratorio per sperimentare nuove strategie e un acceleratore delle dinamiche di massificazione. Questo parte dal coinvolgimento di milioni di uomini sul fronte ma anche i civili vengono coinvolti come le donne chiamate a svolgere ruoli tradizionalmente maschili, come il lavoro in fabbrica. Proprio perché coinvolge tutti gli ambiti della vita dei paesi belligeranti, la guerra europea può dirsi totale. Le condizioni particolari sono quella dello straniero, che da un giorno all’altro diventa un nemico e quella delle minoranze etniche con aspirazioni indipendentiste che vengono poste sotto stretta sorveglianza da parte dei governi. In questo senso, il più drammatico episodio riguarda l’antica popolazione degli armeni, di religione cristiana e abitanti di una regione tra l’impero ottomano e la Russia. Proprio durante il conflitto, gli abitanti della parte turca, già oggetto di discriminazioni, vengono deportati in massa verso le regioni interne per sospetto di complicità col nemico russo. Per la maggior parte dei deportati, circa un milione, questo significa la morte. In economia, le maggiori trasformazioni arrivano negli apparati industriali, che producendo forniture belliche, guadagnano fortune incalcolabili. Così, interi settori dell’industria e dell'agricoltura vengono riformati e messi sotto controllo militare. In Germania, la più influenzata dall’economia di guerra, si parlerà di socialismo di guerra, anche se essa è amministrata da membri dell’esercito e industriali, con un profitto. Di pari passo all’economia vanno delle modifiche istituzionali, che portano in molti casi, a privilegiare il potere esecutivo a scapito di quello rappresentativo. I governi vengono sempre più influenzati dall’invadenza degli alti comandi militari, fino a che si innescano delle vere e proprie dittature militari, come in Germania quella di Hindenburg e Ludendorff nel 1916, in Francia quella Clemenceau e in Inghilterra quella di Lloyd George. Questi governi, temendo un collasso degli eserciti, danno il via all’uso della propaganda come mai prima è avvenuto, con l'obiettivo di addolcire e orientare l’opinione pubblica, così da stanare i nemici interni e ogni forma di opposizione. PAROLA CHIAVE: PROPAGANDA Il termine deriva dalla locuzione latina de propaganda fide (sulla fede da diffondere), con la quale la Chiesa designa la Congregazione che si occupa dell’attività di diffusione dei principi cattolici in tutto il mondo. Nel linguaggio contemporaneo, con il termine propaganda, si intende la diffusione deliberata e sistematica di informazioni e messaggi volti a fornire un’immagine, positiva o negativa, di determinati eventi, avvenimenti, fenomeni, istituzioni o persone, ma anche a far apprezzare un prodotto commerciale (pubblicità). Lo sviluppo dei mezzi di comunicazione di massa ha dato alle attività di propaganda nuove capacità di penetrazione, di cui si sono avvalsi largamente i regimi totalitari (fascismo, nazismo e comunismo sovietico) una propaganda che non si rivolge soltanto alle truppe, ma cercava di raggiungere in tutti i modi possibili la popolazione civile. Si stampavano manifesti murali, venivano organizzate manifestazioni di solidarietà ai combattenti, si cercava di incoraggiare la nascita di comitati e di associazioni per la resistenza interna. Anche in seguito a queste esperienze, il termine propaganda ha finito con l’assumere una connotazione negativa, legata all’idea di manipolazione, o quanto meno di informazione unilaterale e distorta. PARAGRAFO: 10.8-1917: L’ANNO DELLA SVOLTA Nei primi mesi del 1917 due novità intervengono a maturare il corso della guerra e dell'intera storia europea e mondiale: La fine della partecipazione russa al conflitto. Tutto inizia con una manifestazione popolare nel mese di marzo (febbraio per il calendario giuliano) a Pietrogrado. Quando i soldati però rifiutano di sparare sulla folla e fraternizzano con i manifestanti, la monarchia è segnata per sempre. Lo zar abdica il 15 marzo e viene arrestato con la famiglia. Il 6 aprile entrano in guerra gli Stati Uniti contro la Germania perché aveva ripreso la guerra sottomarina, ristabilendo gli equilibri bellici a favore dell’Intesa. Intanto gli eserciti sono sempre più prossimi alla disgregazione dall’interno e gli episodi di ammutinamento1 sono più frequenti. Il più grande di questi episodi ha luogo in Francia e coinvolge oltre 40 mila soldati. Ma anche sul fronte opposto, specialmente in Austria, la situazione inizia a traballare. Qui sono sempre più forti le rivendicazioni dei popoli soggetti alla corona: nel ’17 si forma un governo cecoslovacco in esilio e sloveni, serbi e croati si accordano sulla formazione di uno stato degli slavi del sud a guerra finita. Capendo l’instabilità della situazione, il nuovo imperatore Carlo I cerca una pace separata con l’Intesa, ma il negoziato viene rifiutato. Anche in Italia, dove Cadorna continua ad ordinare inutili battaglie sull’Isonzo, il ’17 rappresenta un anno molto complesso, sia sul fronte militare, che su quello civile, attanagliato dall’aumento dei prezzi e dalla carenza di generi alimentari. In questa situazione, i comandi austriaci capiscono di dover agire al più presto e pianificano un’offensiva congiunta con i tedeschi, fino ad allora mai intervenuti sul fronte alpino. L’offensiva si rivela così efficace da rompere del tutto il fronte italiano e far collassare quasi 1 rifiuto di obbedire agli ordini superiori metà dell’esercito. Dopo due settimane di ritirata caotica, il fronte italiano si attesta sul fiume Piave; gli austriaci hanno guadagnato un enorme fetta di territorio italiano, in una guerra in cui muoiono a centinaia per conquistare qualche metro di terra. Cadorna accusa fin da subito i soldati, colpevoli di non aver, secondo lui, combattuto prima di arrendersi. In realtà la disfatta è dovuta a molteplici fattori, tra cui l’impreparazione dei vertici militari. Una volta assestata la nuova linea difensiva però, i combattenti ritrovano nella difesa del territorio nazionale un motivo per tornare alle armi. Armando Diaz sostituisce Cadorna e adotta un regime militare meno orientato alla gestione dei soldati con la propaganda più che con la forza, viene infatti istituito il Servizio P (propaganda). PARAGRAFO: 10.9-LA RIVOLUZIONE RUSSA: DA FEBBRAIO A OTTOBRE 10.10-DITTATURA E GUERRE CIVILE Dopo l’abdicazione dello zar, si forma a Pietrogrado un governo provvisorio, detto dei cadetti, con l'obiettivo di continuare la guerra e di modernizzare il paese. La linea del governo è condivisa dai liberal-democratici, di ispirazione monarchica costituzionalista, i socialisti menscevichi di ispirazione socialdemocratica e i socialisti rivoluzionari, con l’appoggio nelle campagne. I soli a non aderire al governo provvisorio sono i bolscevichi. Si forma, parallelamente al governo legale, un governo fattuale, quello dei soviet, di cui quello di Pietroburgo è il principale. Nel mese di aprile, aiutato dai tedeschi, che sperano di assestare un colpo definitivo alla Russia, fa ritorno a Pietrogrado Vladimir Lenin, esiliato in svizzera. Appena arrivato, Lenin pubblica le note Tesi d’aprile, in cui, in opposizione al marxismo ortodosso2, promuove la presa del potere. Il primo scontro tra i bolscevichi e il governo si ha a luglio ma si risolve a sfavore dei rivoluzionari. In seguito, a settembre, un tentativo di colpo di stato da parte del generale Kornilov ai danni del governo Kerenskij offre al partito di Lenin un’occasione per guadagnare ulteriori consensi. Così, nel mese di novembre (ottobre per il calendario giuliano), Trotskij guida la presa del palazzo d’inverno, prima residenza dello zar ed ora sede del governo. Negli stessi giorni, si riunisce a Pietrogrado il Congresso panrusso dei soviet. Come primo atto, il congresso vara due decreti proposti da Lenin: il primo auspica la fine della guerra senza annessioni né indennità, il secondo stabilisce l’abolizione della proprietà terriera senza alcun indennizzo. Viene quindi a costituirsi un nuovo governo presieduto dallo stesso Lenin, chiamato Consiglio dei commissari del popolo. Le forze esterne al potere dei soviet attendono i risultati delle elezioni della costituente, sperando che sia loro favorevole. In effetti, i bolscevichi ottengono solo un quarto dei seggi, i veri vincitori sono i social-rivoluzionari, forti dell’appoggio contadino. Ma i bolscevichi non sono disposti a rinunciare al potere e, in gennaio, dichiarano sciolta la costituente con un intervento militare, coerente con la sfiducia di Lenin verso la democrazia borghese. I bolscevichi sperano di poter giungere alla costruzione di uno stato rivoluzionario simile a quello della Comune di Parigi, secondo le idee espresse da Lenin in Stato e rivoluzione. In questo suo importante saggio, Lenin riprende la teoria marxiana secondo cui lo stato è frutto del dominio di una classe sull’altra e che, una volta sparito il dominio, lo stato si dissolva da solo. Ma molto più difficile che ottenere il potere è gestire un paese immenso ed arretrato come la Russia, attanagliata ancora dalla guerra. Inizialmente, i bolscevichi sperano che la rivoluzione si allarghi anche al di fuori della Russia, ma ciò non avviene. Lenin è così costretto ad intavolare trattative con gli imperi centrali, che si trovano 2 Essa si orientava strettamente agli scritti di Marx ed Engels e, a differenza del riformismo, insisteva sulla necessità di uno sviluppo rivoluzionario del socialismo. in una posizione di forza. Il risultato è il trattato di Brest-Litovsk, nel marzo del ’18, che priva la Russia di tutti i suoi territori non russi in Europa. Il trattato è colto come una sconfitta dagli oppositori ma anche da alcuni sostenitori di Lenin. Sul piano internazionale, l’Intesa teme che la rivoluzione raggiunga anche i propri eserciti, inizia così una lunga fase di appoggio ai controrivoluzionari russi. Tra la primavera e l’estate dello stesso anno cominciano infatti a sbarcare truppe anglofrancesi a nord, mentre la Siberia viene penetrata da alcune divisioni giapponesi e statunitensi. L’arrivo dei contingenti stranieri rafforza la posizione della controrivoluzione bianca, cioè monarchica costituzionalista, che assume il controllo della Siberia. È così che a Ekaterinburg, il soviet locale decreta la condanna a morte dello zar, temendo cioè che possa essere liberato. Ma le forze contrarie alla rivoluzione sono divise e non riescono ad attirare il consenso contadino, che diffida dei bolscevichi, ma ancor più teme il ritorno dei vecchi padroni. Così, nella primavera del ’20, si supera la fase più acuta della guerra civile, dopo oltre due anni di guerra e un numero di morti incalcolabile. Frattanto il regime a Pietrogrado accentua il suo autoritarismo: nel dicembre del ’17 viene istituita la Ceka, una polizia politica, assieme ad un tribunale rivoluzionario, incaricato di punire ogni nemico della rivoluzione. Nel giugno del ’18 gli altri partiti sono messi fuori legge ed è reintrodotta la pena di morte, abolita dopo la Rivoluzione d’ottobre. Al contempo, Trotskij procede alla riorganizzazione dell’esercito, chiamato ora Armata rossa degli operai e dei contadini. Le riforme militari di Trotzkij sono fondamentali alla buona riuscita della guerra civile. Nasce così un nuovo stato, dai tratti autoritari e fortemente contrapposto, sul piano ideologico ed economico, al resto dei paesi europei, i quali lo temono e isolano fin dalla sua nascita. PARAGRAFO: 10.11-1918: LA SCONFITTA DEGLI IMPERI CENTRALI La fine della guerra, per scongiurare un esito simile a quello russo, assume un carattere ideologicamente esplicito, trasformandosi, in una crociata democratica. Il rappresentante di questa visione è Wilson, il quale esprime le proprie idee nei suoi 14 punti: principio di autodeterminazione dei popoli, la fine della diplomazia segreta, la riduzione degli armamenti e soprattutto la creazione della società delle nazioni, come ente super partes finalizzato a prevenire altri conflitti. In piano bellico la guerra non registra ancora particolari mutamenti di equilibrio. È sul fronte francese che nella primavera del ’18, i tedeschi decidono di giocare l’ultima carta a loro disposizione con le forze dismesse dal fronte orientale, prima che giungano in forza gli americani. L'offensiva inizialmente porta i tedeschi sulla Marna e espone Parigi al tiro dei cannoni tedeschi, ma si esaurisce velocemente. In agosto l’Intesa, grazie agli Stati Uniti, passa al contrattacco riportando una vittoria decisiva ad Amiens, facendo arretrare i tedeschi. Nel frattempo, gli austroungarici cercano di eliminare l’Italia dalla guerra, con un’offensiva, a mala pena respinta, sul Piave e sul Grappa. Qua i generali tedeschi capiscono di aver perso, e cercano di affidare alla politica la responsabilità di un armistizio che si preannuncia pesantissimo. Mentre la Germania cerca un compromesso i suoi alleati iniziano a crollare: Bulgaria alla fine di settembre, poi l’impero turco e infine si sgretola l’impero austro-ungarico. La fine di quest’ultima è decretata dalla dichiarazione d’indipendenza delle etnie al suo interno, specialmente i cecoslovacchi e gli slavi. Approfitta dunque l’Italia per attaccare Vittorio Veneto, seguirà l’armistizio degli austriaci a Villa Giusti il 4 novembre. La situazione degenera anche in Germania, ai primi di novembre, i marinai di Kiel si ammutinano e insieme agli operai del posto si organizzano sul modello dei soviet. Il moto si propaga in tutto il paese e Guglielmo II fugge nei Paesi Bassi perciò sale alla guida del governo provvisorio un socialdemocratico, che conduce le trattative fino alla fine della guerra, avvenuta l’11 novembre. La Germania esce completamente distrutta dalla guerra sul piano socioeconomico ma non su quello bellico, in effetti è stata sconfitta per mancanza di risorse ma non per una rotta completa dell’esercito. Dal canto loro, gli stati della fazione opposta hanno vinto grazie all’arrivo di una forza extraeuropea, il loro peso politico sullo scacchiere mondiale viene notevolmente ridimensionato. La guerra lascia dietro di sé un numero enorme di vittime: 9 milioni di morti e oltre 20 milioni tra feriti e mutilati. PARAGRAFI: 10.12-VINCITORI E VINTI 10.13-IL MITO E LA MEMORIA Nel gennaio del ’18, a Versailles, hanno inizio le trattative per la pace alla quale prendono parte i rappresentanti di trentadue paesi escludendo i paesi sconfitti (Germania, Austria, Ungheria, Bulgaria, e Turchia). La conferenza è dominata da quattro teste principali: Clemenceau (francese), Wilson (americano), Lloyd George (britannico) e Orlando (italiano) con il compito di ridisegnare la carta mondiale, sulle ceneri di quattro imperi (russo, austro-ungarico, tedesco e turco). I principi enunciati da Wilson dovrebbero reggere le decisioni della conferenza, nei fatti è la volontà di punire e di auto premiarsi a determinare ogni scelta geopolitica. Il trattato, firmato il 28 giugno 1919, è nulla meno che un’imposizione (Diktat) alla Germania, sulla minaccia dell’occupazione militare e il blocco navale. Oltre alla restituzione dell’Alsazia e della Lorena, alla Germania è imposto di rinunciare alla Polonia, sparita dalle carte geografiche alla fine del ‘700 e adesso ricostituita, e alcune regioni orientali con cui viene costruito il cosiddetto corridoio polacco, ossia uno sbocco sul mare, del tutto irrazionale, per la Polonia. La città di Danzica, tedesca, viene fatta città libera. Inoltre, la Germania perde tutte le sue colonie, spartite tra Gran Bretagna, Francia e Giappone. Ma la parte più onerosa del diktat è di carattere economico: la Germania, unica responsabile della guerra, dovrà pagare enormi cifre di riparazione. Le misure ai danni del vecchio impero riguardano anche l’esercito, ridotto a cento mila unità, costretto ad abolire la leva obbligatoria, a smilitarizzare la Renania e privato della marina militare. Dalle ceneri dell’impero asburgico emergono nuove realtà nazionali. In primo luogo, l’Austria ridotta ad una piccola repubblica, che voterà da lì a poco la neutralità permanente. L’Ungheria, diventata anch’essa una repubblica, perde i territori che controllava sotto il duplice impero, la Slovacchia e la Croazia. La prima entra a costituire la Cecoslovacchia, la seconda forma parte del regno dei serbi, croati e sloveni, successivamente chiamato Jugoslavia. Il nuovo assetto balcanico vede ingrandita la Romania, ridimensionata la Bulgaria e sparita la presenza turca, ormai ridotta ad uno stato nazionale extraeuropeo. Gli stati vincitori non riconoscono la repubblica dei soviet, e proprio per questo, riconoscono invece stati sfuggiti alla Russia dopo la pace di Brest-Litovsk: la Finlandia, l’Estonia, la Lettonia e la Lituania. Ad assicurare la pace internazionale, sul principio della rinuncia alla guerra per regolare le dispute, dovrebbe essere la Società delle nazioni. Nei fatti, essa parte sconfitta. Il primo passo falso è l’esclusione dei paesi sconfitti e della Russia, il secondo è la mancata ratificazione da parte del senato americano della pace di Versailles, che include l’adesione alla Società. Così, mentre gli Stati Uniti inaugurano un nuovo periodo di isolazionismo, la Società delle nazioni rimane saldamente nelle mani di Francia e Gran Bretagna. La prima guerra mondiale fu una grande produttrice di miti, sia per i combattenti al fronte, che in condizioni estreme di disagio e spaesamento, si svilupparono credenze irrazionali e leggende, sia negli anni successivi alla fine del conflitto, quando si sviluppò una visione idealizzata della guerra. La mistificazione degli accaduti serviva per trovare delle giustificazioni al dolore, alla sofferenza e alla morte infatti ne nacque il culto dei caduti come eroi caduti nell’adempimento del dovere. Nuovo era anche l’impegno delle autorità pubbliche nel ricordare i caduti che si tradusse nella costruzione di mausolei nei luoghi teatro delle battaglie più sanguinose e nella diffusione in tutti i paesi i monumenti ai caduti per onorare il sacrificio dei soldati del luogo. Una forma nuova di celebrazione fu quella del milite ignoto ovvero la sepoltura solenne in uno spazio pubblico delle spoglie di un soldato anonimo in ricordo di tutte le vittime e soprattutto di quelle il cui riconoscimento non era neanche stato possibile. La commemorazione era molto sentita e utilizzata dalle classi dirigenti nel tentativo di pacificare le masse che non percepivano la natura eroica del conflitto bensì la morte e la sciagura che ne erano derivati