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Queste pagine contengono appunti di biologia che trattano i mitocondri, il metabolismo aerobico, la glicolisi, il ciclo di Krebs e altri argomenti correlati. Sono appunti accademici destinati a studenti di biologia o biochimica.

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NEW 1) I mitocondri La respirazione L’organismo umano possiede un complesso sistema cardiovascolare e respiratorio che ci permette di assumere costantemente grandi quantità di ossigeno e di trasportarlo a tutte le cellule del nostro organismo: attraverso i polmoni entrano nell’orga...

NEW 1) I mitocondri La respirazione L’organismo umano possiede un complesso sistema cardiovascolare e respiratorio che ci permette di assumere costantemente grandi quantità di ossigeno e di trasportarlo a tutte le cellule del nostro organismo: attraverso i polmoni entrano nell’organismo 840 mL di ossigeno al minuto, che poi viene spinto attraverso il ventricolo sinistro nella circolazione arteriosa, viene distribuito ai tessuti (250 mL), e il rimanente attraverso la circolazione venosa viene portato verso il cuore destro e poi espulso negli alveoli polmonari. Perché respiriamo continuamente? Per ossidare molecole organiche e ricavarne energia sotto forma di ATP: le molecole organiche ossidandosi producono un eccesso di elettroni, che vengono portati ai mitocondri dove avviene la sintesi di ATP tramite la respirazione aerobica. L’ossigeno deve essere scambiato con frequenza continua per permettere una sintesi frequente di ATP, perché molti dei sistemi biologici funzionano grazie all’energia (come, ad esempio, la formazione di gradienti di concentrazione intracellulare) e molte delle reazioni che avvengono nell’organismo sono endoergoniche. I mitocondri nelle cellule eucariote “I mitocondri sono molto abbondanti nelle cellule animali e sono abbastanza grandi (c.a. 1 m)”. Sono organelli di forma allungata presenti in tutte le cellule animali con metabolismo aerobico, formati da 2 membrane separate da uno spazio intermembrana: - Membrana esterna. - Membrana interna -> la membrana interna presenta delle creste, che servono ad aumentare la superficie di assorbimento cellulare e a portare avanti molte tappe della sintesi dell’ATP, e una matrice mitocondriale, all’interno della quale sono presenti ribosomi, enzimi, DNA ed RNA. La struttura e il numero di mitocondri nella cellula possono variare, e questi fattori dipendono dall’attività metabolica della cellula stessa: in base alla loro funzione i mitocondri possono unirsi, fondersi e separarsi. Questi organelli sono fortemente addensati nelle cellule che richiedono molta energia metabolica -> Ex: nel muscolo cardiaco, i cromosomi sono addensati nei sarcomeri, e forniscono l’ATP necessario per lo scorrimento dei filamenti spessi e sottili alla base della contrazione muscolare. ATP ATP è l’acronimo di adenosintrifosfato: esso viene sintetizzato a partire dall’ADP grazie alla glicolisi o alla fosforilazione ossidativa, che segue alla glicolisi nei mitocondri (= max 38 molecole di ATP sintetizzate per ogni ossidazione di 1 molecola di glucosio). L’ATP è un nucleotide -> adenina + gruppo trifosfato + ribosio. L’ATP serve per: - Genesi di gradienti e potenziali di membrana. (=creare ∆V di membrana) - Catalizzare reazioni endoergoniche energicamente favorite -> l’idrolisi di un gruppo fosfato dalla molecola di ATP rilascia un’enorme quantità di energia. - Contrazione muscolare. - Cambi di conformazione di proteine -> fosforilazione di proteine grazie all’idrolisi di un gruppo fosfato dall’ATP. 2) Il metabolismo aerobico Visione d’insieme dell’ossidazione del glucosio RIASSUMENDO: nel citoplasma avviene la glicolisi in assenza di ossigeno, e il glucosio viene ossidato a piruvato: vengono prodotte, 2 ATP – 2 piruvato – 2 NADH. Successivamente il piruvato viene trasportato nella matrice mitocondriale e trasformato in Acetil coenzima-A e viene prodotta CO2 – NADH. L’acetil coenzima A viene metabolizzato nel ciclo di Krebs e vengono prodotte 4 CO2 - 2 ATP – 6 NADH – 2 FADH2. I coenzimi ridotti vengono ossidati e gli e- entrano nella catena di trasporto degli e-; si legano all’ossigeno per produrre H2O. Avviene una fosforilazione ossidativa perché gli ioni H vengono pompati grazie all’ATP sintetasi e l’ADP si trasforma in ATP. Durante il trasporto degli elettroni e la fosforilazione ossidativa si producono 3 ATP per ogni NADH e 2 ATP per ogni FADH2 -> per ogni molecola di glucosio si producono al massimo 38 molecole di ATP. 3) La glicolisi “La glicolisi è un processo di ossidazione del glucosio che permette di produrre 2 molecole di piruvato per ogni glucosio ossidato, che avviene per azione degli enzimi citoplasmatici”. Il processo di glicolisi avviene per tappe: RIASSUMENDO: il glucosio viene fosforilato diventato fruttosio e in seguito di nuovo fosforilato diventando fruttosio 1,6-bifosfato. Successivamente esso viene scisso e diventa gliceraldeide 3-fosfato. Essa viene ossidata a acido. Il gruppo fosfato viene trasferito dal C1 all’ADP per sintetizzare l’ATP a livello del substrato. Si formano 2ATP e 2 molecole di piruvato. Reazione netta della glicolisi: glucosio + 2 NAD+ + 2 ADP + 2 Pi → 2 piruvato + 2 ATP + 2 NADH + 2 H+ + 2 H2O. 4) Il ciclo di Krebs = Il piruvato prodotto con la glicolisi viene poi trasportato nello spazio intermembrana e infine nella matrice mitocondriale grazie ad un simporto piruvato – protoni, dove viene ossidato ad Acetil-CoA dall’enzima piruvato deidrogenasi: con la -ossidazione del piruvato viene prodotta 1 molecola di CO2, che libera un elettrone permettendo la riduzione del NAD+ in NADH. Inoltre, si forma il succinil-CoA che viene successivamente trasformato in succinato tramite idrolisi e che permette la sintesi di ATP o GDT (= che verrà comunque convertito in ATP con il legame di 1 ADP). Avviene in seguito l’idrolisi del succinato formando il fumarato (FADH2). Al fumarato si lega una molecola di acqua con formazione del malato. Nel malato avviene l’idrolisi, e si forma l’ossalacetato. Ad ogni ciclo di Krebs si formano quindi 2 CO2 – 3 NADH – 1 FADH2 – 1 ATP per ogni molecola di piruvato. 5) La catena di trasporto degli elettroni Durante le prime fasi del metabolismo aerobico si formano dei coenzimi, il NADH e il FADH2: 1) NADH (nicotinammide adenina dinucleotide: adenina + 2 ribosio + nicotinammide) -> esiste in forma ridotta come NADH o in forma ossidata come NAD+ (durante l’ossidazione il NADH cede due elettroni ai trasportatori della membrana interna e libera energia). 2) FAD (flavina adenina dinucleotide / riboflavina) -> esiste in forma ossidata come FAD o in forma ridotta come FADH2 tramite riduzione durante il ciclo dell’acido citrico. Durante la catena di trasporto di elettroni vengono ossidati il NADH e il FADH 2 in quanto essi hanno una forte tendenza a cedere elettroni: gli elettroni in questione vengono ceduti a molecole che hanno sempre più tendenza ad accettarli. Gli elettroni passano quindi a molecole eccettrici secondo un gradiente energetico degli elettroni stessi: si ha un potenziale elettrico iniziale = potenziale delle molecole che cedono gli elettroni, che a mano a mano che gli elettroni vengono ceduti durante la catena di trasporto degli elettroni aumenta, fino a che essi raggiungono l’ossigeno (l’accettore finale degli elettroni) con un potenziale +. [RIASSUMENDO1: nelle prime fasi del metabolismo aerobico si formano i coenzimi NADH e FADH2. Essi nella catena di trasporto degli elettroni vengono ossidati perché hanno una forte tendenza a cedere elettroni. Man mano che cedono gli e- la differenza di potenziale generata aumenta diventando positiva.] I trasportatori di membrana di ioni idrogeno sfruttano l’energia degli elettroni, che passano da un donatore a un accettore, per trasportare gli ioni dalla matrice allo spazio intermembrana contro gradiente di concentrazione. La catena di trasporto degli elettroni si costituisce in 3 parti principali: 1. Il complesso I (NADH deidrogenasi) catalizza il trasferimento di due elettroni dal NADH al CoQ e sfrutta l’energia liberata dall’ossidazione per trasportare 4 protoni nello spazio intermembrana. 2. Il complesso III (citocromo b-c1) catalizza il trasferimento di 2 elettroni dal CoQ al citocromo C e sfrutta l’energia liberata dall’ossidazione del FADH2 per trasportare 4 protoni nello spazio intermembrana. ossida il citocromo c e trasferisce 2 3. Il complesso IV (citocromo c-ossidasi) elettroni di bassa energia a ½ molecola di ossigeno per formare 1 molecola d’acqua -> l’energia liberata viene sfruttata per pompare 2 protoni nello spazio intermembrana. L’energia elettrochimica che viene prodotta dalla catena di trasporto degli elettroni viene sfruttata dall’ATP-sintasi: essa sfrutta il movimento contro gradiente dei protoni per produrre ATP. I trasportatori della catena di trasporto sono disposti spazialmente in ordine di potenziale redox crescente: tanto più è negativo il potenziale redox della molecola tanto più alta è la tendenza della molecola ad ossidarsi e quindi cedere gli elettroni. Ciascun complesso I – II – III – IV (i trasportatori di protoni) si riduce accettando elettroni dal trasportatore precedente, che viene ossidato. Nel passaggio da un trasportatore all’altro, gli elettroni perdono energia: l’energia ceduta viene usata per pompare protoni nello spazio intermembrana. 6) L’ATP-sintasi Il trasporto dei protoni Il trasporto dei protoni da un lato all’altro della membrana interna, prima grazie ai trasportatori poi grazie all’ATP- sintasi, è un processo elettrogenico (sbilanciamento di cariche ai capi della membrana) -> [matrice= accumulo -; intermembrana= accumulo +] Il gradiente protonico genera oltre ad un potenziale elettrico anche una forza elettrochimica di c.a. 30 mV: il movimento dei protoni dallo spazio intermembrana alla matrice è un movimento governato sia da forze elettriche (la differenza di potenziale elettrico stabile ai capi della membrana) che da forze chimiche (il gradiente di concentrazione dei protoni). Ai capi della membrana interna esiste quindi una forza motrice protonica che agisce sui protoni, che si ottiene calcolando la differenza tra il potenziale di membrana e la forza elettrochimica, ed è pari a -210 mV. 7) Struttura dell’ATP sintasi L’ATP-sintasi è costituito da subunità mobili: il movimento dei protoni genera un movimento rotatorio dell’ATP- sintasi che viene sfruttato per la produzione di ATP. Le componenti della proteina sono F1 ed F0: a. F1 -> sito catalitico formato da 5 subunità (3 alfa – 2 beta – delta - gamma – epsilon), dove avviene la sintesi vera e propria di ATP. La subunità gamma è in contatto con il dominio F0 ed è libera di ruotare, mentre la subunità delta collega il dominio F1 all’F0. La subunità gamma: Formata da 2 alfa – eliche allungate e avvolte a spirale che si estende come un perno da F0 fino ad una cavità centrale di F1. È in grado di ruotare intorno al suo asse in modo discreto in senso antiorario a step di 120º. È in comunicazione con le subunità c del dominio F0. Il meccanismo di rotazione è stato scoperto utilizzando tecniche di microscopia a fluorescenza. b. F0 -> inserita in membrana, è formata da 3 subunità (1 a – 2 b – 10 c). nella subunità a è presente un canale attraverso cui fluiscono i protoni spinti dalla forza motrice protonica, mentre le subunità c formano una struttura cilindrica che può ruotare (i protoni che entrano andranno a interagire con un sito di legame sulle subunità c, che ruoteranno tramite la forza protonica). 8) La rotazione di F0 e la sintesi di ATP in F1 La subunità α della F1 ha il sito di accoglienza del protone, dove quest’ultimo entra spinto dalla forza protonica, che si lega all’aspartato tramite carico negativamente (cariche opposte di attraggono). L’interazione protoni – aspartato seguita dalla forza protonica fa muovere il cilindro di subunità c, che a sua volta fa muovere la subunità gamma del dominio F1, direttamente connessa al cilindro. Un secondo semi canale della subunità α accoglie i protoni quando hanno finito un giro completo: i protoni rilasciati diffondono nella matrice, il che permette di dissipare il gradiente protonico per sintetizzare ATP: sostanzialmente il gradiente protonico genera la forza che fa spostare il complesso delle subunità c collegate alla subunità gamma, che permette ad ogni giro completo la sintesi di 3 molecole di ATP, ognuna delle quali richiede mediamente 3 protoni. La sintesi vera e propria di ATP avviene però nel dominio F1: la subunità gamma è inserita all’interno delle 3 subunità beta, e ogni volta che si lega a una delle tre ne provoca un cambio conformazionale. Le subunità beta di F1 possono acquisire tre configurazioni: O (open) -> accetta l’ADP e il gruppo fosfato. L (loose) -> mantiene in sede l’ADP e il gruppo fosfato. T (tight) -> sintetizza l’ATP. “Durante una rotazione completa della subunità gamma, tutt’e tre le beta assumono in sequenza le conformazioni O -> L -> T, per cui per ogni rotazione vengono sintetizzate 3 molecole di ATP”. Il legame beta -> gamma determina sempre il cambio conformazionale T -> O, di modo che l’ATP sintetizzato possa essere rilasciato e rimpiazzato con ADP e un gruppo fosfato. In caso di alta concentrazione di ATP nella matrice l’ATP-sintasi può fare anche il lavoro al contrario: se c’è basso gradiente protonico l’ATP-sintetasi utilizza l’ATP per accumulare protoni nello spazio intermembrana e creare un gradiente chimico. Alla fine del processo di sintesi di ATP questa viene accumulata nella matrice, e successivamente viene portata fuori dal mitocondrio dall’antiporto ATP4- - ADP3- e viene inserito nel citoplasma. 9) Glicolisi e gluconeogenesi Nel caso di un processo metabolico aerobico (in presenza di ossigeno) il glucosio viene convertito in piruvato che poi viene convertito in Acetil-CoA, mentre nel caso di un processo metabolico anaerobico (in assenza di ossigeno) il glucosio viene convertito in piruvato e poi in lattato (acido lattico), in quanto non può avvenire il processo di fosforilazione ossidativa, tramite la fermentazione alcolica. Il lattato può essere riconvertito in glucosio tramite gluconeogenesi: a) Il lattato viene trasportato nel fegato attraverso la circolazione sanguigna. b) Viene convertito in piruvato con la produzione di due molecole di NADH. c) Il piruvato viene convertito in glucosio con un dispendio di energia (= 6 ATP). 10) Il citoscheletro o Caratteri generali e funzioni Il citoscheletro è formato da microtubuli, microfilamenti e filamenti intermedi che si distinguono per dimensioni e struttura. Le funzioni principali delle componenti del citoscheletro sono le seguenti: 1. Supporto strutturale -> conferisce resistenza meccanica e definisce la struttura della cellula. 2. Forma una rete di percorsi per organelli e materiali nello spazio intracellulare -> permette il movimento di organelli, vescicole secretorie, RNA messaggero, perossisomi, ecc… 3. Supporto cellulare -> nelle cellule epiteliali dell’apparato gastrointestinale si formano delle estroflessioni di membrana per aumentare la superfice di assorbimento cellulare grazie a filamenti di actina. 4. Regola il movimento e la contrazione di cellule -> le cellule muscolari si muovono e si contraggono grazie ad elementi citoscheletrici che scorrono l’uno sull’altro. 5. Regola l’accrescimento cellulare -> caso particolare del movimento cellulare, comprende l’accrescimento dell’assone di un neurone oppure la rigenerazione delle cellule epiteliali dopo una ferita a livello cutaneo. 6. Organizza spazialmente la divisione cellulare -> durante la divisione cellulare il citoscheletro dispone equamente il materiale genetico ai due capi della cellula madre, preparandola alla divisione in due cellule figlie. o I microtubuli Caratteri generali e struttura I microtubuli sono delle strutture lineari cave con un diametro di c.a. 15 nm e uno spessore di c.a. 10 nm. Sono caratterizzati da un’alternanza di elementi proteici globulari, le globuline alfa e beta. Le globuline sono strutture lineari, i protofilamenti, che si dispongono longitudinalmente l’uno rispetto all’altro e che si avvolgono a spirale. La polarità dei microtubuli non è uniforme, ma posseggono un’estremità positiva e una negativa: a) Estremità positiva (+) -> estremità carbossiterminale con funzione di accrescimento, che lega delle proteine associate al microtubulo, ovvero le proteine MAP, e una molecola di guanosintrifosfato (GTP), importante per la sintesi del filamento inibita dalla colchicina. b) Estremità negativa (-) -> estremità amminoterminale con funzione di depolimerizzazione, che lega tipicamente una molecola di guanosindifosfato (GDP), importante per la depolimerizzazione (=decomposizione) del microtubulo stesso, inibita dal Taxolo. La struttura del microtubulo può essere modificata da molecole con funzione antimitogenica, ovvero che contrastano i processi di divisone cellulare: Ex: antitumorali come la corticina (blocca il processo di polimerizzazione della subunità beta). I microtubuli possono essere associati a formare delle strutture singole, doppie (ciglia e flagelli, importanti soprattutto per l’espulsione del muco a livello dell’apparato respiratorio) o triple (corpi basali e centrioli). Le funzioni principali dei microtubuli sono: Sostegno meccanico Trasporto assonale -> trasporto anterogrado e retrogrado di molecole come fattori neurotropici, che avviene grazie a proteine motrici che convertono energia chimica (ATP) in energia meccanica. Formazione dei microtubuli in vitro (=in provetta) In vitro i microtubuli possono essere sintetizzati a partire da oligomeri (polimeri formati da un numero esiguo di molecole), che vengono uniti a formare protofilamenti. I protofilamenti successivamente si organizzano in foglietti per poi chiudersi formando la caratteristica struttura cava, che successivamente va in contro ad allungamento. L’assemblaggio degli eterodimeri (=formazione del microtubulo) avviene ad entrambe le estremità del microtubulo, ma cresce più velocemente dall’estremità positiva (che lega il GTP), rispetto all’estremità negativa (che lega il GDP). La velocità di crescita dipende dalla quantità di tubulina disponibile: è possibile che da un’estremità si accresca e dall’altra si depolimerizzi, secondo il fenomeno del Treadmilling (la sintesi e la depolimerizzazione continua comporta il movimento del microtubulo stesso). Formazione dei microtubuli in vivo A livello cellulare i microtubuli originano da una struttura cellulare detta centro organizzatore del microtubulo (MTOC): il MTOC è un punto di assemblaggio e di ancoraggio di un’estremità dei microtubuli. In molte cellule nell’interfase (=fase di divisione cellulare) il MTOC è costituito dal centrosoma (= centro delle attività connesse con la divisione cellulare). Nelle cellule animali il centrosoma è associato con due centrioli, ovvero strutture cilindriche cave formate da 9 triplette di microtubuli incastrati l’uno nell’altro, circondati da materiale pericentriolare. In funzione del MTOC cellulare e della distribuzione dei microtubuli si possono avere strutture diverse: I. I microtubuli degli assoni sono collegati con il centrosoma e si accrescono in direzione positiva, ovvero quella opposta rispetto a quella che si lega al centrosoma. II. I microtubuli dei dendriti non hanno una chiara direzione di accrescimento. III. I microtubuli delle ciglia sono collegati a dei corpi basali tramite l’estremità negativa. IV. I microtubuli nei globuli rossi dove ci sono delle strutture microtubulari miste. Durante la mitosi i microtubuli sono orientati con l’estremità negativa ancorata al centrosoma (centrioli) e quella positiva nella direzione opposta (la depolimerizzazione che avviene dopo l’ancoraggio dei cromosomi permette ad essi di essere trasportati ai capi opposti). Le proteine MAP associate ai microtubuli I microtubuli possono contenere delle proteine associate, le MAP (Microtubule Associated Proteins), che stabilizzano e aumentano la densità dei fasci di microtubuli. Le MAP hanno 2 domini, uno legato al microtubulo e l’altro che si estroflette, formando ponti tra i microtubuli, stabilizzandoli. Le MAP sono fosforilate e defosforilate da PK, ovvero proteine chinasi, e fosfatasi. Un tipo di MAP molto espressa nei neuroni è il Tau: diverse malattie neurodegenerative come il morbo di Alzheimer derivano da eccessivi livelli di fosforilazione del Tau (che quindi non riesce a stabilizzare il microtubulo) o mutazioni del gene che codifica per Tau. Una produzione eccessiva del Tau causano grovigli di neuriti con conseguente compromessa attività del neurone e perdita di memoria, causando quindi demenza. o I microfilamenti Caratteri generali I microfilamenti sono composti da monomeri di actina globulare (actina G). In presenza di energia fornita dall’ATP, i monomeri di actina polimerizzano formando una struttura filamentosa. Due filamenti di actina G polimerizzano, avvolte una sull’altra ad elica, per formare l’actina F, di diametro di c.a. 7 nm. I microfilamenti possiedono un’estremità positiva (in allungamento) e un’estremità negativa (ancorata): la loro struttura polarità è analoga ai microtubuli, in cui un’estremità del microfilamento è legata ad ATP, l’altra ad ADP. Svolgono un ruolo essenziale per motilità, contrattilità cellulare e mantenimento della forma cellulare. La loro struttura è altamente conservata nell’evoluzione degli eucarioti. Interazione tra actina e altre proteine Le proteine che legano l’actina svolgono varie funzioni: a) Profilina -> polimerizza i monomeri e favorisce la crescita del filamento. b) Arp 2/3 -> promuovono la ramificazione e la nucleazione (=creano dei trimeri) dell’actina. c) Filamina -> forma legami crociati per formare reti tridimensionali. d) Alfa-actina/fimbrina -> formano fasci di microfilamenti. e) Spectrina/ proteine ERM -> legano la membrana. f) CapZ -> incappuccia una estremità regolando la lunghezza del filamento. g) Timosine -> sequestrano monomeri di actina G e favorendo la depolimerizzazione. h) Gelsolina/cofilina -> degradano o disassemblano i filamenti. L’actina aiuta a mantenere la forma cellulare: ne sono un esempio i microfilamenti di actina che sostengono i microvilli delle cellule dell’epitelio GI, organizzati a fasci compatti legati alla membrana mediante miosina I e calmodulina, mentre internamente i fasci sono tenuti assieme da fimbrina. o Filamenti intermedi Caratteri generali I filamenti intermedi possiedono un diametro di 10 nm (intermedio rispetto a quelli sottili di actina e spessi di miosina del muscolo liscio) e sono formati da un dominio centrale ad alfa-elica, una testa all’estremità amminica e una coda all’estremità carbossilica. Le proteine dei filamenti intermedi si avvolgono formando dimeri (coiled-coil), i quali si associano in tetrameri. I tetrameri associati in serie originano i protofilamenti che si aggregano formando il filamento intermedio (8 protofilamenti). Funzioni principali: a) Mantenimento della stabilità meccanica delle cellule (neuroni, cellule muscolari, epiteliali); b) Grande resistenza alla trazione -> permettono alla cellula di resistere alla trazione meccanica dello stiramento. I filamenti intermedi formano una rete che dal nucleo, dove formano la lamina nucleare, attraversa il citoplasma e si ancora alla membrana plasmatica. Tipi di filamenti intermedi: a) filamenti di cheratina (cellule epiteliali). b) filamenti di vimentina (cellule connettivali, muscolari, gliali). c) proteine dei neurofilamenti (cellule nervose). d) lamine nucleari (rete di microfilamenti che sostiene la membrana nucleare interna delle cellule eucariote). o Strutture di integrazione del citoscheletro L’integrazione meccanica di filamenti intermedi, microfilamenti e microtubuli è resa possibile da specifiche proteine di connessione, ovvero le plachine, che collegano i vari componenti: la plectina è una plachina che contiene siti di legami per tutte e tre le componenti citoscheletriche e contribuisce alla loro integrazione in una rete meccanicamente stabile. Sintetizzando le caratteristiche principali di ciascuna struttura: - Microtubuli -> resistono alle pressioni e formano i binari per garantire il movimento organelli e proteine citoplasmatiche. - Microfilamenti -> generano tensione (ad esempio nel movimento cellulare delle fibre muscolari). - Filamenti intermedi -> elastici e capaci di resistere alle forze di tensione, opposte a quelle a cui resistono i microtubuli. 11) Movimento intracellulare o Le MAP motrici: chinesina e dienina I microtubuli forniscono vie organizzate lungo le quali si muovono gli organelli, ma non generano direttamente la forza di propulsione per far in modo che si spostino: la forza per il movimento è fornita da proteine motrici associate ai microtubuli, ovvero le MAP motrici. Attualmente conosciamo due grosse famiglie di MAP motrici: le chinesine e le dineine. Chinesine La più importante è la Chinesina-1, ovvero un tetramero composto da 2 catene pesanti e 2 catene leggere. Possiamo dividere la struttura della Chinesina-1 in 2 parti: - Teste -> 2 teste con attività ATPasica che generano la forza motrice (subunità catalitiche) e che si legano ai microtubuli per effettuare il movimento. - Code -> legano il materiale da trasportare, chiamato cargo, e sono formate da alfa eliche avvolte. Dinamica di movimento della chinesina: a. Le due teste si legano ai microtubuli con movimenti alternati idrolizzando l’ATP legato alla testa, la subunità catalitica, legata al microtubulo -> ad ogni idrolisi di 1 molecola di ATP avviene una rotazione delle teste globulari di 180°. b. La chinesina si muove verso l’estremità positiva, quella polimerizzante, legando le β-tubuline. N.B. La chinesina-1 ha una velocità massima di 1 µm/s lungo il protofilamento e ad ogni passo lungo il dimero idrolizza 1 ATP. Dineine La dineina è responsabile del movimento di ciglia e flagelli (dineine assonemali), e di cargo lungo i microtubuli (dineine citoplasmatiche). Essa è formata da due catene pesanti, e da catene intermedie e leggere. Le catene pesanti sono caratterizzate da una testa che genera la forza motrice, a cui sono attaccati dei peduncoli che legano i microtubuli. La dineina si muove verso l’estremità negativa legando le α- tubuline. La dineina citoplasmatica, ossia quella che lega i microtubuli, oltre alla struttura standard va a formare un complesso con la dinactina e proteine di membrana quali spectrina e anchirina. ➔ Il trasporto lungo i microtubuli è direzionale I microtubuli formano un’ordinata rete di percorsi che uniscono i diversi compartimenti subcellulari (REL – RER - apparato del Golgi) e i movimenti lungo questa rete complessa sono regolati dalle MAP motrici, chinesine e dineine, che si muovono in direzioni opposte: - Chinesine si muovono verso l’estremità positiva -> dal Golgi verso l’esterno della cellula o verso il RER. - Dineine si muovono verso l’estremità negativa -> dal RE verso l’apparato del Golgi e dalla membrana plasmatica verso l’MTOC. o Ciglia e flagelli Ciglia e flagelli sono strutturalmente simili ma hanno funzionalità completamente diverse: Ciglia -> muovono l’ambiente esterno della cellula (non muovono direttamente la cellula). Flagelli -> muovono le cellule all’interno di un ambiente fluido. Anche il loro movimento è diverso: i flagelli si muovono di moto simmetrico e ondulatorio, mentre le ciglia si muovono a battito di remi (si flettono completamente e poi ritornano nella loro forma iniziale). Dal punto di vista strutturale i due condividono una struttura comune, ovvero l’assonema: Struttura con 9 doppiette esterne e 1 doppietta interna di microtubuli organizzate a raggera a formare una struttura radiale cava all’interno. Associati alla struttura ci sono vari elementi proteici, tra cui le dineine (responsabili dello scorrimento dei microtubuli e della loro flessione) e la nexina (forma una struttura protettiva che limita l’eccessivo scorrimento dei microtubuli l’uno sull’altro). Sia le ciglia che i flagelli sono delle strutture microtubulari che si generano nel corpo basale, individuabile grazie alla presenza di una coppia di centrioli, formato da 9 triplette di microtubuli organizzati a raggera attorno a un perno centrale a formare una struttura cava all’interno. Si evince che la struttura dell’assonema e quella del corpo basale si equivalgano abbastanza, con la differenza che quella dell’assonema è più complessa perché presenta più elementi. La miosina Struttura Miosina di tipo II (convenzionale): - Formata da una struttura filamentosa di 4 catene leggere e 2 pesanti che si avvolgono ad elica a formare la coda. - Testa -> lega l’actina e ATP (l’energia chimica è convertita in forza meccanica per lo scorrimento dei filamenti). - Presente nelle cellule muscolari (scheletriche, cardiache, lisce) garantendone la contrazione. Miosine di tipo I, III-XVIII, ovvero quelle non convenzionali, vengono usate per il trasporto di organelli. Miosina V Di particolare interesse, tra le 20 classi di miosine coinvolte nei processi di contrattilità e di trasporto di organelli, è la miosina V che per la sua struttura è particolarmente adatta al trasporto vescicolare lungo i microfilamenti di actina verso l’estremità negativa. La miosina V possiede due lunghi snodi con catene leggere che le permettono di muoversi sui filamenti di actina con passi molti lunghi, circa 3 volte maggiori di quelli della miosina II. Il suo ruolo è quello di trasporto vescicolare nei melanociti. Il sarcomero Lo scorrimento dell’actina lungo la miosina è alla base della contrazione muscolare. Nel muscolo scheletrico e cardiaco l’organizzazione in fasci dei due microfilamenti è massima ed è in grado di sviluppare forze considerevoli: questi muscoli sono caratterizzati da delle striature, che dipendono dall’organizzazione degli elementi citoscheletrici di actina e miosina. Nel muscolo, più cellule muscolari (le fibre) si associano a formare un fascio muscolare: facendo la sezione della singola fibra, all’interno sono visibili le miofibrille, strutture ripetute che garantiscono la contrazione e che sono formate da elementi ripetuti di actina e miosina sovrapposti in maniera molto regolare (da qui la “striatura”). Ogni elemento ripetuto della miofibrilla è detto sarcomero, ovvero la singola unità contrattile: il sarcomero è formato da filamenti sottili di actina F e filamenti spessi di fasci di miosina II (spessi perché hanno una sezione maggiore), che si legano all’actina grazie alle teste sporgenti. Sui filamenti di actina F è presente un complesso proteico di tropomiosina e troponina: - Tropomiosina -> permette che l’ancoraggio dell’actina alla miosina non sia continuo, coprendo i siti di legame con la miosina. - Troponina (divisa in TnC -TnI - TnT) -> la troponina C lega il calcio e induce un cambio di conformazione di sé stessa, la quale muovendosi sposta la tropomiosina e libera il sito di legame da lei coperto permettendo che l’actina si leghi alla miosina (spiegato perché per la contrazione muscolare è necessario un aumento del calcio intracellulare). Nel complesso nel sarcomero sono presenti zone di sovrapposizione tra actina e miosina, zone in cui sono presenti solo le code della miosina e zone in cui sono presenti solo porzioni di actina. Il sarcomero inizia con una linea Z, una serie di proteine su cui si ancorano i filamenti, e termina con un’altra Z, e a seconda del grado di striatura possiamo distinguere una banda I (solo actina), una banda A (sia actina che miosina) o di una zona H (solo miosina). Ciclo dei ponti trasversi (contrazione muscolare) Il sito di legame dell’actina è bloccato e le teste di miosina sono legate all’ATP. Aumenta il calcio intracellulare -> la testa di miosina si attacca all’actina. Colpo di potenza -> viene rilasciato ATP (quella che era legata alla miosina), il che genera una forza che produce un cambiamento conformazione delle teste di miosina, che piegandosi consentono ai filamenti di actina di scorrere su di esse. L’ATP lega la miosina, provocando il distacco della miosina dall’actina, con il distacco del “ponte trasverso”. 1) Nucleo, DNA e cromosomi L’informazione genetica L’informazione genetica di una cellula è contenuta nei nucleotidi che compongono il DNA: in particolare esso è contenuto nei cromosomi, strutture che vanno a comporre il genoma del singolo individuo. ▪ Cromosoma -> DNA ripiegato in una struttura compatta e ordinata utile nel processo di divisione cellulare, perché il DNA compattato permette una minor dispersione del materiale genetico nel momento in cui deve migrare da un capo all’altro della cellula. ▪ Genoma -> informazione genetica totale presente nei cromosomi di un individuo, che comprende 22 coppie di cromosomi autosomi e 1 coppia di cromosomi sessuali (xx / xy). Gli autosomi sono dei diploidi, sono cioè composti da due cromatidi fratelli: ciascun cromosoma è quindi caratterizzato da una copia ereditata dal padre e una dalla madre (2n): il corredo diploide porta la cellula che si forma a seguito di fecondazione ad essere geneticamente diversa rispetto a quelle di partenza. RIASSUMENDO: Nucleotidi -> DNA (=gene parte di DNA che codifica per le proteine) - > cromosomi -> genoma. I cromosomi Struttura dei cromosomi: ▪ Origine della replicazione (ORI) -> sequenza specifica necessaria per la replicazione del DNA. ▪ Centromero -> serve a tenere insieme le due copie del cromosoma duplicato, ovvero i due cromatidi fratelli. ▪ Telomeri -> sequenze necessarie per evitare che il filamento di DNA diventi sempre più corto ad ogni ciclo di replicazione. Il differenziamento cellulare porta a un processo proliferativo, che deve essere compiuto con cellule con lo stesso identico genoma, per cui prima della proliferazione è necessario duplicare il DNA: questo è visibile con i cromosomi, che sono caratterizzati da due cromatidi. I geni e il genoma I geni devono essere trascritti e il genoma serve alla specificazione di molecole di RNA: ▪ mRNA -> molecola prodotta dalla trascrizione del DNA. ▪ RNA strutturale: o tRNA -> costituito da piccole molecole a forma di trifoglio, ciascuna delle quali trasporta uno specifico amminoacido verso i ribosomi. A ogni codone dell'mRNA, ossia una sequenza di tre basi azotate specifica per ogni aminoacido, corrisponde un anticodone del tRNA. o rRNA -> principale costituente dei ribosomi (dove avviene la sintesi proteica). I geni sono la porzione di DNA che codificano per le proteine e che producono una sequenza di RNA messaggero, che deve essere maturata (ovvero modificata al fine di essere funzionalmente attiva): nel trascritto di RNA primario ci sono delle sequenze che codificano per la sequenza amminoacidica (esoni) e sequenze non codificanti (introni), le quali devono essere modificate prima della produzione della proteina attraverso lo splicing. Ogni gene è associato a sequenze sia codificanti che non codificanti, le quali hanno funzione di regolazione della trascrizione. DNA e compattamento Il DNA quando è compattato si chiama eterocromatina mentre la forma meno condensata si chiama eucromatina: ▪ Eterocromatina -> forma inattiva in cui le sequenze di DNA non sono accessibili per poter iniziare il processo di sintesi proteica. ▪ Eucromatina -> forma attiva in cui le sequenze di DNA sono accessibili a proteine associate. Nella forma compatta il DNA è associato a istoni, proteine che si aggregano a gruppi di otto formando un ottamero istonico con forma cilindrica che consente l’avvolgimento su di esso del DNA, formando il nucleosoma (= eterocromatina+ istoni). Il DNA può andare in contro a diversi livelli di compattamento: ▪ A collana di perle -> forma meno compattata del DNA, in cui i nucleosomi sono alternati a delle sequenze linker di DNA non avvolto. ▪ Fibra da 30 nm -> forma più compattata, data dal compattamento della struttura a collana di perle. La fibra inizia a compattarsi ulteriormente fino ad arrivare a un cromosoma mitotico intero: ogni molecola di DNA risulta stivata in un cromosoma mitotico 10.000 volte più corto di quando è disteso. Rimodellamento della cromatina Complessi rimodellatori della cromatina Il DNA è modulato da delle proteine, ovvero i complessi rimodellatori della cromatina, macchine proteiche che utilizzano l’energia di idrolisi dell’ATP per modificare la posizione del DNA avvolto ai nucleosomi agendo sull’ottamero istonico, determinano l’avvolgimento o lo svolgimento di essa. In particolare, quando il complesso rimodellatore della cromatina si si lega all’ATP, questa va in contro a defosforilazione trasformandosi in ADP, il che porta alla catalisi dello slittamento nucleosomico, decondensando la cromatina e rendendo accessibile un tratto di DNA. Modificazione delle code istoniche Il processo di rimodellazione può essere portato avanti agendo sulle code istoniche: ogni istone può essere modificato attraverso associazione covalente con un gruppo chimico tramite enzimi residenti nel nucleo. Gli istoni possono essere modificati attraverso processi di acetilazione, metilazione o fosfatazione che possono regolare sia la duplicazione del DNA sia processi di trascrizione genica. Gli enzimi modificatori degli istoni lavorano insieme ai complessi rimodellatori della cromatina per condensare tratti di essa, adattandone la struttura a seconda delle esigenze cellulari. Silenziamento del cromosoma X Gli individui di sesso femminile hanno una coppia di cromosomi sessuali X, quindi due copie dello stesso cromosoma: i cromosomi X hanno quindi una sovrapposizione dell’espressione genica, il che può generare alterazioni nell’espressione genica. Corpo di Barr Per la regolazione dell’espressione genica nel caso specifico in cui due cromosomi possiedono la stessa espressione genica, la cellula di embrione precoce, in maniera casuale, sceglie la compattazione del cromosoma X paterno o materno, con la formazione del corpo di Barr, portando l’espressione genica di esso ad essere silenziato (il gene del cromosoma compattato non viene espresso). [L’espressione genica è il processo attraverso cui l'informazione contenuta in un gene (costituita di DNA) viene convertita in una macromolecola funzionale (tipicamente una proteina)] 2) Trascrizione o Dal DNA all’RNA “La trascrizione porta alla sintesi di un mRNA a singolo filamento, che sarà il substrato per il processo di traduzione, che si conclude con la sintesi proteica”. A seconda del filamento di DNA trascritto, quello 3’ → 5’ oppure quello 5’ → 3’, si avrà un RNA diverso a seconda dello stampo utilizzato (ognuno dei due ha un significato funzionale diverso). Il filamento di RNA prodotto è singolo ed è molto più corto rispetto al filamento stampo di DNA poiché deriva dalla copiatura di regioni limitate. Il processo di trascrizione avviene grazie alla DNA polimerasi, un enzima, che apre la doppia elica del DNA, separa le due eliche (la separazione è permessa grazie ai legami a idrogeno), legge i due filamenti di DNA in direzione 3’ → 5’ e sintetizza un RNA complementare che si allunga SEMPRE in direzione 5’ → 3’. L’RNA prodotto oltre ad essere presente sotto forma di mRNA, tRNA e rRNA esiste anche sotto forma di altri tipi di RNA che regolano l’espressione genica: - miRNA -> frammenti di RNA dispersi che controllano l’espressione genica, accoppiandosi al filamento singolo di mRNA impedendone l’espressione. - Altri piccoli RNA -> utili nell’RNA splicing, che hanno un effetto silenziante nel processo di espressione genica. o RNA polimerasi L’RNA polimerasi non interagisce a caso sul filamento di DNA, ma agisce in funzione di sequenze regolatrici (ovvero quelle non codificanti): le sequenze regolatrici garantiscono l’interazione tra polimerasi e DNA, e vengono anche chiamate sequenze promotrici. L’inizio della trascrizione avviene in un punto ben preciso e durante l’ancoraggio non ci possono essere errori: per non permettere che avvengano errori ci sono più sequenze promotrici che forniscono il segnale di inizio e più sequenze di terminazione che garantiscono la fine del processo. Chi determina il punto di inizio della trascrizione è un complesso proteico, non c’è interazione iniziale diretta tra DNA e polimerasi: quando è avvenuta l’interazione inizia il processo vero e proprio. Di RNA polimerasi ce ne sono diverse: RNA polimerasi I – III -> importanti per RNA non codificanti. RNA polimerasi II -> importante per il processo di sintesi proteica. Le RNA polimerasi eucariotiche per attivare la trascrizione hanno bisogno della presenza di fattori di trascrizione che, aggregandosi in corrispondenza del promotore, permettono all’enzima di iniziare la trascrizione: i fattori di trascrizione sono in grado di riconosce il DNA, legarsi con esso e traghettare la polimerasi. Ciclo di sintesi di un trascritto di RNA: 1. La RNA polimerasi riconosce il complesso proteico in corrispondenza del promotore (sequenza regolatrice del DNA) e si ancora al DNA. 2. Inizia la sintesi di mRNA con la formazione di un singolo filamento: a. Il filamento di DNA viene despiralizzato, aperto e diviso in due filamenti. b. Vengono associati i ribonucleosidi trifosfati complementari ai desossiribonucleosidi trifosfati del filamento stampo utilizzato. c. Il fattore sigma, che riconosce il promotore, si stacca dalla polimerasi. 3. Termina la sintesi -> si staccano RNA polimerasi e il trascritto di RNA appena sintetizzato e il fattore sigma si lega nuovamente alla polimerasi. o Maturazione dell’RNA Il mRNA prodotto dalla polimerasi deve maturare per poter traslocare al di fuori del nucleo, e quindi deve modificare ulteriormente la sua struttura. Il processo di maturazione prevede 2 step, che si compiono in corrispondenza delle sequenze non codificanti alle estremità del filamento di mRNA sintetizzato: 1. Poliadenilazione all’estremità 3’ -> inserzione di una sequenza di 150 basi nucleotidiche caratterizzate dalla base adenina. 2. Metilazione alla guanina all’estremità 5’ -> si crea una sorta di “cappuccio” di protezione del filamento con l’aggiunta di un gruppo metilico. Le modificazioni incrementano la stabilità della molecola e ne facilitano l’esportazione nel citoplasma, conferendole l’identità di messaggero. Tra l’apposizione del cappuccio metilico e la poliadenilazione avviene lo splicing del mRNA, un processo di taglia e cuci in cui le sequenze non codificanti vengono rimosse: le parti introniche vengono eliminate grazie a degli enzimi che praticano dei tagli all’inizio e alla fine del segmento da rimuovere, grazie alla presenza in quei punti di segnali di rimozione che gli enzimi possono riconoscere. Dopo lo splicing avviene il ricongiungimento degli esoni a formare un filamento completamente codificante. 3) Regolazione dell’espressione genica o Introduzione La decisione di una cellula di quali geni esprimere tra le migliaia che possiede riveste fondamentale importanza negli organismi pluricellulari, in cui le cellule si distinguono tra loro dando origine a diversi tipi cellulari: il genotipo di tutte le tipologie di cellule è lo stesso ma hanno fenotipo diverso. Il processo di differenziamento dell’espressione genica ha luogo poiché le cellule accumulano proteine diverse e serve per garantire un processo di differenziamento cellulare (in funzione del gene espresso). Il DNA presente nei diversi tipi cellulari contiene lo stesso corredo cromosomico, ergo il differenziamento cellulare non dipende dalla natura dei geni ma dall’espressione di essi. Il differenziamento cellulare deriva quindi dall’espressione dei geni all’interno delle proteine: non tutte le proteine però sono specifiche per ogni singola cellula, ci sono infatti sia le proteine housekeeping e quelle specializzate. Proteine Housekeeping -> proteine accessorie espresse in tutte le cellule di un organismo pluricellulare. Proteine specializzate -> proteine responsabili delle singole proprietà specifiche di una cellula. o I regolatori della trascrizione I meccanismi di regolazione dell’espressione genica possono avvenire in momenti diversi della trascrizione e della traduzione proteica. Nel controllo trascrizionale sono fondamentali delle sequenze geniche denominate sequenza di regolazione di DNA: esse sono degli “interruttori” che servono ad accendere o spegnere i geni. I regolatori di trascrizione si legano nel solco principale della doppia elica del DNA creando un legame tra esso e la base azotata, e permettono un’interazione molto specifica tra proteina e DNA. Esistono proteine regolatrici che si legano al promotore regolando la trascrizione genica, che possono essere repressori o attivatori: Repressori -> nella loro forma attiva spengono i geni perché impediscono all’RNA polimerasi di legarsi al promotore e iniziare la trascrizione (es. repressione della trascrizione di RNA del gene per il Triptofano). Attivatori -> nella loro forma attiva accendono i geni e interagiscono con la RNA polimerasi aiutandola a iniziare la trascrizione. Le proteine regolatrici si comportano da attivatori o repressori a seconda di dove sono localizzate le sequenze di controllo alle quali si legano rispetto al promotore (la sequenza di inizio della trascrizione). o Esempio dell’operone Lac batterico RIASSUMENDO 1: Un esempio classico di sistema enzimatico inducibile si trova nel batterio Escherichia coli e riguarda un gruppo di enzimi coinvolti nel catabolismo del lattosio. Ci sono 2 tipi di geni: quelli che codificano gli enzimi che metabolizzano il lattosio e quelli regolatori che controllano l’attività dei geni strutturali. I geni coinvolti sono 3 e insieme formano l’operone, essi sono: LacZ -> codifica per la beta-galattosidasi, l’enzima che idrolizza il lattosio. LacY -> codifica per la proteina che trasporta il lattosio nella cellula. LacA -> codifica per un enzima che aggiunge un metile al lattosio appena entra nella cellula. L’operone in sostanza è un blocco di geni con funzioni metaboliche correlate che sono raggruppati con sequenze di DNA che permettono a tali geni di essere tradotti, indotti o repressi tutti insieme. La struttura completa della sequenza di DNA di Escherichia coli comprende altre strutture oltre all’operone, quali: Gene LacI -> gene regolatore, che codifica per la proteina R (repressore). Proteina R -> la proteina R è la proteina repressore dell’operone, la quale se legata a quest’ultimo non permette alla RNA polimerasi di trascrivere il filamento. Promotori -> siti presenti sia su LacI che sull’operone che permettono l’attacco dell’RNA polimerasi. Sito Operatore -> sito sull’operone sovrapposto al promotore dove si lega la forma attiva della proteina R. proteina CAP -> proteina attivatrice che da inizio al movimento della RNA polimerasi. La regolazione dell’operone Lac dipende dalla presenza o meno di lattosio e glucosio all’interno della cellula: Lattosio presente – glucosio assente -> il repressore viene convertito nella sua forma inattiva, che non si può legare all’operatore, il che permette alla RNA polimerasi di muoversi e trascrivere la tripletta di geni strutturali in un unico mRNA policistronico. Lattosio presente – glucosio presente -> sia CAP che il repressore non sono legati. Lattosio assente – glucosio presente -> CAP non è legata e il repressore è legato. Lattosio assente – glucosio assente -> CAP è legata ma il repressore nella sua forma attiva rimane legato all’operatore e la RNA polimerasi non può muoversi lungo l’operone e trascrivere. o Regolatori nelle cellule eucariote Azione sulla struttura della cromatina Per l’attivazione genica a livello dei cromosomi avviene l’acetilazione, la metilazione e la fosforilazione degli istoni, che portano la cromatina ad essere meno condensata. Per la repressione genica il processo è esattamente opposto, ovvero di deacetilazione degli istoni per ottenere una cromatina più condensata. Oltre a questi sono presenti anche complessi di rimodellazione della cromatina che ne cambiano la conformazione. o Azione sul complesso di inizio della trascrizione La regolazione dell’espressione genica può avvenire sul complesso di inizio della trascrizione: l’attivazione genica avviene a distanza grazie all’interazione del DNA con proteine regolatrici attivatori o repressori, le quali si legano al DNA nelle sequenze regolatorie (non codificanti). Queste proteine regolatrici per permettere l’attivazione o l’inibizione della trascrizione devono legarsi al complesso formato dal mediatore, dai fattori generali della trascrizione e dalla RNA polimerasi II: per permettere l’attacco della proteina regolatrice al mediatore il filamento di DNA si deve ripiegarsi ad ansa, dopodiché la trascrizione del segmento può iniziare. Molto spesso non abbiamo una sola proteina ma gruppi di regolatori proteici che collaborano per determinare l’espressione di un singolo gene. o Controlli post-trascrizionali Dopo la sintesi dell’RNA messaggero, questo deve diventare un substrato per potersi legare ai ribosomi e permettere ad essi di sintetizzare proteine. Ci possono essere delle proteine ad azione repressiva che impediscono la traduzione dell’mRNA in diversi modi: ▪ Bloccano il sito di legame tra RNA e ribosoma. ▪ Portano un cambio conformazionale del filamento di RNA legandole una piccola molecola. ▪ Aumentano la temperatura dell’ambiente, rompendo i legami dell’mRNA. ▪ Viene legato un filamento di RNA antisenso che blocca il sito di attacco del ribosoma. I microRNA I microRNA sono filamenti di RNA messaggero che si appaiano a formare delle porzioni a doppio filamento che si legano a proteine RISC inibitorie. Il microRNA interagiscono con le proteina RISC all’interno della cellula: con l’interazione tra la proteina e l’mRNA, quest’ultimo viene degradato e non permette la traduzione in proteine. I microRNA proteggono le cellule dalle infezioni: nel caso in cui un virus a RNA inocula in un nucleo il proprio genoma che si appaia al mRNA eucariote formando una struttura a doppio filamento, esso si dissocia formando due filamenti ciascuno dei quali si associa a una proteina RISC portandolo ad essere degradato (sia l’RNA cellulare che quello esogeno). 4) La sintesi proteica o mRNA e i codoni Quando l’mRNA ha subito la sua maturazione ed è uscito dalla cellula, inizia il processo di traduzione proteica. L’mRNA è composto da solo 4 nucleotidi (uno per ogni base azotata presente), mentre gli amminoacidi che formano le proteine sono 20: la sequenza di mRNA per essere tradotta viene decodificata a gruppi di 3 nucleotidi, a formare triplette chiamate codoni, ognuno dei quali codifica per un amminoacido. Alcune triplette, dato che in totale ce ne sono 64 diversi, spesso codificano per lo stesso amminoacido: per questa ragione il codice genetico si dice essere ridondante. Una molecola di RNA è traducibile in tre modi diversi a seconda del modulo di lettura delle triplette; tuttavia, solo uno dei tre modi è corretto per la traduzione: la sequenza corretta è Leucina – Serina – Valina – Treonina. o tRNA La traduzione in proteina dell’mRNA avviene grazie all’tRNA, ovvero l’RNA transfer, che lega sia le triplette di nucleotidi presenti sul mRNA maturo che ha raggiunto il citoplasma sia l’amminoacido corrispondente. La struttura del tRNA è a filamento singolo con struttura a trifoglio data dai ripiegamenti a doppia elica del RNA. All’interno del tRNA si distingue una regione particolarmente importante, la regione dell’anticodone: l’anticodone è una tripletta di nucleotidi, differente per ogni tRNA, che si appaia con la corrispondente tripletta complementare sull’mRNA. Opposta alla regione dell’anticodone si trova il sito di attacco per l’amminoacido. Ci sono degli enzimi che si occupano in maniera specifica di riconoscere e legare con legame covalente ciascun amminoacido a ciascun tRNA: ciò avviene grazie all’idrolisi di 1 molecola di ATP. o I ribosomi Il meccanismo di traduzione avviene nei ribosomi, che accolgono sia il tRNA che il mRNA (punto di convergenza grazie al quale ha luogo la sintesi proteica). Il ribosoma è formato da un assemblaggio di proteine e rRNA, RNA ribosomiale che viene sintetizzato nel nucleolo. Il ribosoma è formato da 2 subunità: ▪ Subunità maggiore -> catalizza la formazione di legami peptidici che uniscono gli amminoacidi tra loro nella catena polipeptidica. ▪ Subunità minore -> accoppia gli anticodoni del tRNA ai codoni dell’mRNA. Le due subunità si assemblano e formano una struttura con 3 siti, P – E (sopra al sito di aggancio di mRNA) – A (sito di legame di tRNA). o Meccanismo di sintesi proteica e maturazione La cellula necessita di un segnale di inizio della proteinosintesi: la traduzione dell’mRNA inizia con il codone AUG e richiede un tRNA particolare corrispondente, ovvero il tRNA iniziatore (che lega la metionina). Legandosi con l’mRNA, il tRNA iniziatore si lega alla subunità maggiore del ribosoma, formando il primo legame peptidico. Il mRNA viene tradotto in un processo a 4 stadi: 1) Stadio 1 -> il tRNA, legato al corrispondente amminoacido, appena inserito si lega al sito A, mentre al sito P si trova il tRNA dell’amminoacido precedentemente legato nella catena polipeptidica in formazione. 2) Stadio 2 -> viene idrolizzato il legame dell’amminoacido corrispondente dal sito P, e viene legato invece all’amminoacido del sito A. 3) Stadio 3 -> la subunità maggiore trasla, liberando il sito A e occupando i siti E e P, entrambi occupati da tRNA. 4) Stadio 4 -> la subunità minore trasla, il sito E accoglie il tRNA. (=guardo bene immagine) La sintesi proteica termina grazie alla presenza di codoni di terminazione, che permettono l’aggiunta alla catena in crescita di una molecola d’acqua invece che di un amminoacido, che provoca il distacco della catena polipeptidica e la dissociazione del ribosoma in due subunità. Maturazione delle proteine Dopo che viene definita la sequenza primaria della proteina avvengono dei processi di maturazione proteica, in cui le proteine vengono sottoposte a riorganizzazione spaziale: il processo viene coadiuvato da delle proteine chiamate chaperonine. Oltre alla riorganizzazione spaziale, le proteine possono subire modificazioni covalenti (legandosi a gruppi fosfato) oppure possono venir associate a delle altre subunità proteiche. o Proteasi e degradazione proteica Così come avviene per i processi di endocitosi ed esocitosi, anche il processo di sintesi proteica deve essere seguito da un processo di degradazione per mantenere stabile la concentrazione di proteine nella cellula. Per permettere la degradazione proteica intervengono le proteasi, enzimi che idrolizzano i legami peptidici tra amminoacidi degradando le proteine prima a peptidi più corti e poi ad amminoacidi semplici. La degradazione delle proteine è necessaria, in quanto un accumulo di proteine può portare a malattie patologiche come l’Alzheimer, dove non c’è equilibrio tra sintesi e degradazione delle proteine e quindi la concentrazione di esse non è in equilibrio. Nel caso in cui la proteina non abbia funzionalità, per esempio a causa di errori di sintesi, viene degradata subito, mentre in atri casi questo avviene quando la sua struttura viene compromessa. Divisione cellulare 1) Ciclo cellulare Una cellula si riproduce compiendo una serie ordinata di eventi con i quali duplica il suo contenuto per poi dividersi in due: il ciclo di duplicazione e divisione viene detto ciclo cellulare ed è il meccanismo fondamentale alla base della riproduzione di tutti gli esseri viventi. La funzione del ciclo cellulare è quella della precisa duplicazione del DNA e la distribuzione delle due copie derivanti dalla divisione in due cellule figlie geneticamente identiche. Il ciclo cellulare si divide in vari stadi: 1. Stadio 1 -> il DNA viene compattato in cromosomi per facilitare la divisione del materiale genetico, in quanto se fosse disperso la segregazione del DNA potrebbe non avvenire in maniera equa. 2. Stadio 2 -> la cellula cresce e matura e i cromosomi vengono replicati; quindi, ogni cromosoma è costituito da 2 cromatidi invece che 1, che sono ancora legati tra di loro. 3. Stadio 3 -> avviene la segregazione del materiale genetico, con la formazione di due cellule identiche alla cellula madre in termini sia quantitativi che qualitativi, a cui segue la segregazione di tutti gli organuli citoplasmatici. N.B. quando si parla di ciclo cellulare si sta facendo riferimento al ciclo di duplicazione di una cellula somatica, ovvero di una cellula con corredo cromosomico diploide (2n). Vi sono 3 tipi di cellule: somatiche, germinali (=formano i gameti), staminali (=possono trasformarsi in tutti i vari tipi di cellule nel corpo. Ci sono delle fasi distinte nel ciclo cellulare: 1. Fase M -> dove avviene la divisione del nucleo (mitosi) e la divisione della cellula (citochinesi). 2. Interfase: o G1 o S -> replicazione del DNA. o G2 Nelle fasi G avviene il monitoraggio e il controllo dell’ambiente interno e esterno: sono punti di arresto del ciclo dove viene verificato se il ciclo sta avvenendo secondo una dinamica corretta. 2) Sistema di controllo del ciclo cellulare Il meccanismo di controllo del ciclo cellulare viene governato da un complesso proteico che si chiama CDK, ovvero proteine chinasi [(=pKA -> chinesi a, enzimi bioenergetica)] dipendenti dalle cicline (=proteine regolatrici), che vanno a fosforilare proteine cellulari necessarie per l’avvio di particolari tappe del ciclo cellulare. Le cicline sono proteine che controllano l’attivazione delle chinasi: durante l’interfase la concentrazione della ciclina aumenta, la quale attiva le CDK portandole a un picco di attività durante la mitosi. Ci sono diversi complessi ciclina-CDK, ciascuno dei quali agisce su una tappa diversa del ciclo cellulare. Il processo di attivazione delle CDK avviene per tappe: 1. La ciclina si associa alla CDK. 2. Il complesso viene fosforilato in 2 punti a livello della chinasi (un gruppo fosfato è inibitore mentre l’altro è attivatore). 3. Interviene una proteina fosfatasi che defosforila il sito del fosfato inibitore, attivando il complesso. Il ciclo cellulare può essere arrestato in punti precisi da proteine che inibiscono le CDK, come ad esempio la proteina ubiquitina che legandosi alla ciclina porta al distacco di essa dalla CDK e alla sua degradazione, inattivando il complesso CDK. Ex 1: S-CDK Nella fase G1 del ciclo cellulare si forma un complesso pre-replicativo, composto da alcune proteine, un complesso di riconoscimento dell’origine di replicazione e dalla subunità Cdc6, che blocca il sito di riconoscimento e impedisce la replicazione. Il complesso S-CDK aumenta di concentrazione e viene attivato: la chinasi fosforila la subunità Cdc6, portandone il distacco dal complesso, liberando quindi il sito per l’origine della replicazione e permettendone l’inizio. RIASSUMENDO: il complesso S-CDK è attivato dalla proteina fosfatasi attivatrice Cdc6. Ex2: M-CDK Il complesso M-CDK induce l’ingresso della cellula nella fase M, ovvero l’accesso alla mitosi: esso porta alla condensazione dei cromosomi replicati in strutture bastoncellari e all’assemblaggio del fuso mitotico. Il complesso viene attivato da una proteina fosfatasi attivatrice, la Cdc25, che idrolizza il legame del fosfato inibitore sulla CDK permettendone l’attivazione. RIASSUMENDO: il complesso M-CDK è attivato dalla proteina fosfatasi attivatrice Cdc25. 3) Condensazione cromosomica La condensazione del DNA viene coadiuvata da proteine chiamate condensine. L’assemblaggio delle condensine sul DNA è attivato dal complesso M-CDK. La condensazione riduce fisicamente i cromosomi mitotici a piccoli gruppi compatti che possono essere più agevolmente segregati nella cellula in divisione. 4) Mitosi o Microtubuli e fuso mitotico Il processo di mitosi si svolge nella fase M del ciclo cellulare e porta alla divisione della cellula madre in due cellule figlie, ciascuna con corredo cromosomico 2n. Nel processo di segregazione del materiale genetico interviene il citoscheletro, in particolare intervengono i microtubuli che si originano nel centrosoma costituito da una coppia di centrioli. All’interno della fase S del ciclo cellulare il centrosoma (così come il resto del materiale cellulare) si duplica: i due centrosomi iniziano poi a produrre microtubuli formando una struttura a raggera detta aster. Con l’allungamento dei microtubuli i due centrosomi si spingono a vicenda e si posizionano ai due capi del nucleo. I microtubuli provenienti dai due centrosomi interagiscono tra di loro, stabilizzandosi e impedendone la depolimerizzazione formando il fuso mitotico: il fuso mitotico andrà successivamente a legare i singoli cromatidi e segregarli. (=profase) o Le fasi della mitosi 1. Profase Avviene la formazione del fuso mitotico: - I microtubuli si allungano e si irradiano in tutte le direzioni a partire dai due centrosomi. - I microtubuli provenienti da un centrosoma interagiscono con quelli provenienti all’altro -> l’interazione li stabilizza impedendone la depolimerizzazione. - Si forma il fuso. 2. Prometafase Nella prometafase avviene la rottura dell’involucro nucleare, il che permette ai microtubuli di avere accesso ai cromosomi replicati. I cromosomi allora si attaccano ai microtubuli del fuso tramite complessi proteici, i cinetocori. 3. Metafase Allineamento dei cromosomi all’equatore del fuso: avviene una distribuzione precisa e lineare dei cromosomi. 4. Anafase Avviene la separazione dei cromatidi fratelli, grazie al complesso APC (=ubiquitina), soggetti a delle forze di trazione provocate dai microtubuli del fuso mitotico: depolimerizzando, i microtubuli tirano a sé i cromosomi. I cromatidi sono tenuti insieme da delle proteine dette coesine (ex: securina), che l’APC distrugge, attivando l’enzima separasi, permettendo ai 2 cromatidi di staccarsi e venir trascinati al polo del fuso a cui sono collegati, generando due corredi identici di cromosomi ai lati opposti della cellula. L’anafase si svolge in due momenti successivi: Anafase A -> i cromosomi vengono tirati verso i poli. Anafase B -> i poli sono allontanati da forze che li spingono e forze che li tirano-> provengono dai microtubuli (tra i microtubuli provenienti da poli opposti del fuso si sviluppa una forza di scorrimento che spinge i poli, su cui agisce direttamente anche una forza trainante che li allontana). 5. Telofase I due gruppi di cromatidi raggiungono i poli del fuso. Attorno a ognuno dei due gruppi di cromosomi si forma nuovamente l’involucro nucleare. Si conclude così la formazione dei nuclei figli e con essa la mitosi. La citochinesi La citochinesi consiste nella divisione in due della cellula vera e propria. Il processo si divide in 2 parti: ▪ Si forma un solco di divisione del citoplasma. ▪ Una struttura formata da materiale citoscheletrico, ovvero l’anello contrattile che separa la cellula madre in due cellule figlie a livello del solco di divisione. Dopodiché avviene la distribuzione degli organelli all’interno di ciascuna cellula figlia: ▪ I mitocondri e cloroplasti sono duplicati. ▪ Il RE viene tagliato in due durante la citochinesi. ▪ Apparato del Golgi -> si frammenta durante la mitosi: i frammenti si associano ai microtubuli del fuso per essere trasportati alle cellule figlie. 5) Meiosi o Riproduzione sessuata Le cellule della linea germinale si riproducono per riproduzione sessuata, ovvero la confluenza di genomi provenienti da due individui che genera una discendenza di individui geneticamente diversi sia tra di loro sia dai genitori. La riproduzione sessuata consente la variabilità genica: due gameti (= cellule della linea germinale) con genoma completamente diverso tra loro si fondono dando origine alla cellula uovo fecondata con materiale genico per metà derivante dal gamete maschile e per metà da quello femminile. Il processo avviene solo per le cellule eucariote, perché le cellule procariote non hanno variabilità genica dato che si riproducono per scissione binaria. La fusione dei due gameti può avvenire solo per cellule aploidi, con corredo cromosomico n, perché dalla fusione deve nascere una cellula fecondata -> lo zigote diploide. La formazione di cellule aploidi, fondamentali per garantire la riproduzione sessuale, avviene per meiosi. o La gametogenesi Il processo di meiosi è molto simile a quello di mitosi e passa attraverso le stesse tappe, che si ripetono due volte: la meiosi si distingue in una meiosi I e una meiosi II, in cui sostanzialmente gli stessi processi sono ripetuti, con risultato la nascita di 4 cellule aploidi. La gametogenesi differisce tra uomo e donna per quanto riguarda tempistiche e progressione delle fasi: Uomo -> gametogenesi inizia nella pubertà e continua per tutta l’età fertile ininterrottamente, dando origine a spermatozoi maturi che hanno completato entrambe le meiosi. Donna -> si sviluppa un solo ovulo al mese che completa la meiosi II solo dopo l’avvenuta fecondazione, altrimenti si arresta alla meiosi I. o Mitosi e meiosi: differenze Se nella mitosi i cromosomi omologhi si dispongono indipendentemente sulla piastra metafasica, nella meiosi I i cromosomi omologhi si allineano sulla piastra metafasica ma sono appaiati: nella metafase I della meiosi si dividono i cromosomi omologhi, mentre nella metafase II si separano i cromatidi. Se con la mitosi si formano 2 cellule diploidi, con la meiosi si formano 4 cellule aploidi ciascuna delle quali porta 1 copia di ciascun gene. o Diversificazione genica: il crossing over -> MEIOSI Nella profase I della meiosi i cromosomi omologhi si appaiano e scambiano dei frammenti di DNA l’uno con l’altro, secondo il processo del crossing-over -> scambio di segmenti omologhi tra cromosoma paterno e materno. Il riassortimento meiotico dei cromosomi paterni e materni (ovvero l’assortimento indipendente dei cromosomi omologhi paterni e materni durante la meiosi I e meiosi II), sommato agli scambi genetici prodotti dal crossing over, costituisce una fonte illimitata di variazione genetica dei gameti prodotti da un individuo. La diversificazione genetica, quindi, non avviene solo grazie al crossing-over ma avverrebbe indipendentemente grazie al naturale riassortimento meiotico: il crossing-over potenzia la variabilità genica della specie. o Errori di segregazione dei cromosomi Gli errori nel processo di divisione meiotica possono sfociare in patologie genetiche, come ad esempio nella Sindrome di Down. La sindrome di down è legata alla segregazione del cromosoma 21: durante la meiosi I avviene il fenomeno di non disgiunzione, per cui i cromosomi 21 omologhi non si separano come dovrebbero. Con la meiosi II si hanno: 2 gameti privi di cromosoma 21 e 2 gameti aneuploidi (ovvero con corredo cromosomico scorretto) con due copie del cromosoma 21. La sindrome di Down a livello genotipico si sviluppa quando un gamete aneuploide con due copie del cromosoma 21 si fonde con un gamete normale con 1 copia del cromosoma: lo zigote che si sviluppa avrà 3 copie del cromosoma 21 invece che 2, ovvero sarà affetto da trisomia del cromosoma 21. A livello fenotipico la sindrome di Down comporta un corpo basso e tozzo e anomalie degli occhi, deficit motorio e cognitivo, disfunzioni cardiache e di altri organi e una ridotta aspettative di vita perché il cromosoma 21 codifica per la stessa proteina, che se presente in grande concentrazione, nella cellula porta allo sviluppo dell’Alzheimer. 6) Replicazione del DNA o Introduzione La replicazione avviene ad ogni divisione cellulare e viene guidata da un complesso multi-enzimatico, la DNA polimerasi. La replicazione del DNA è semiconservativa: ogni DNA replicato contiene un filamento stampo derivante dal DNA della cellula madre e un filamento di nuova sintesi. La sintesi del DNA parte dall’ORI, ovvero origine della replicazione, dove delle proteine iniziatrici aprono la doppia elica del DNA scindendo i legami a idrogeno, formando 2 forcelle di replicazione che si estendono in direzioni opposte (ergo la replicazione è bidirezionale). Nella sintesi del filamento veloce, ovvero quello in direzione 5’ → 3’ i nucleotidi entrano nella catena in formazione come nucleosidi trifosfato: la successiva idrolisi del nucleoside trifosfato alimenta la polimerizzazione, liberando pirofosfato, e permettendo la formazione del filamento nuovo. o Sintesi del filamento lento Poiché la DNA polimerasi lavora solo in direzione 5’ → 3’, il filamento di DNA che deve allungarsi in direzione 3’ → 5’, ovvero il filamento lento, viene sintetizzato in modo discontinuo grazie alla sintesi di piccoli frammenti alla volta, i frammenti di Okazaki: questi piccoli tratti di DNA vengono sintetizzati dalla polimerasi a partire da un primer, una piccola sequenza di RNA sintetizzata dalla DNA primasi che costituisce il punto di attacco della polimerasi. Alla fine della sintesi del frammento di Okazaki la polimerasi elimina il precedente primer e lo sostituisce con un filamento di DNA. Senza un meccanismo adeguato le estremità dei cromosomi si accorcerebbero ad ogni ciclo replicativo: togliendo l’ultimo primer del filamento ritardato rimane uno spazio che non può essere ulteriormente sintetizzato dalla polimerasi perché non c’è un punto d’attacco per un ulteriore primer per sintetizzare il pezzo mancante. Dato che questo non può accadere, ci sono delle sequenze ripetute a livello dei telomeri che richiamano la telomerasi, un enzima con uno stampo di RNA incluso che completa il cromosoma aggiungendovi dei nucleotidi sotto forma di sequenza ripetitiva terminale.

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