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5 %. Intanto, in seguito all'apertura dei paesi dell'Europa orientale, il mercato occidentale più industrializzato decise di sostenere, con aiuti finanziari, il passaggio dell'economia collettivista all'economia di mercato di quei paesi; così il 15 Aprile del 1991 a Londra fu inaugurata ufficialmen...
5 %. Intanto, in seguito all'apertura dei paesi dell'Europa orientale, il mercato occidentale più industrializzato decise di sostenere, con aiuti finanziari, il passaggio dell'economia collettivista all'economia di mercato di quei paesi; così il 15 Aprile del 1991 a Londra fu inaugurata ufficialmente la **BERS (*Banca Europea per la Ricostruzione e lo Sviluppo*)**, avente lo scopo di concedere aiuti finanziari ai paesi dell'Europa orientale. **La politica doganale e il commercio estero** Nel secondo dopoguerra, i governanti dei maggiori paesi capitalistici avevano la convinzione che per sostenere lo sviluppo economico nel mondo occorresse rimuovere gli ostacoli protezionistici al commercio mondiale. Così, subito dopo la fine della guerra, per liberalizzare gli scambi furono stabiliti non solo accordi a livello europeo, ma anche con nazioni di altri continenti. Fin dal 1947, a Ginevra, fra 23 stati che facevano parte delle Nazioni unite si stabilì un accordo sulle tariffe doganali e sullo svolgimento del commercio. Tale accordo prese il nome di **GATT** (*General Agreement on Tariffs and Trade, Accordo Generale sulle Tariffe e il Commercio)* e si proponeva di favorire il commercio internazionale per mezzo del libero scambio e la divisione internazionale del lavoro. Nel 1990 al GATT parteciparono 90 paesi, fra le grandi potenze solo la Russia e la Cina furono escluse; per la prima però Gorbaciov nell'ambito della politica della *perestrojka* (ristrutturazione dell'economia) chiese l'ingresso nell'organizzazione. Per liberalizzare il più possibile gli scambi internazionali furono prese varie iniziative, ma la più nota è quella che fu chiamata *Kennedy Round.* I paesi che vi aderirono convennero sulla necessità di dimezzare le aliquote delle tariffe doganali e si ottennero buoni risultati. La notevole crescita del commercio della CEE, sia all'interno dell'area che nei rapporti con l'estero, costituiva per i paesi che vi aderivano una forma di difesa nei confronti degli Stati Uniti, che preoccupati dal deficit della loro bilancia commerciale, cercavano di vendere le loro eccedenze agricole in Europa. La liberalizzazione degli scambi internazionali, negli anni '80, non si limitò alle merci ma fu estesa ai servizi e ai capitali. L'esigenza di abbattere le barriere, anche per questi settori, derivava dallo sviluppo delle nuove tecnologie che consentirono di separare il luogo di produzione dei servizi da quello del consumo e favorirono la crescita notevole dei mercati finanziari. **Il miracolo economico italiano** Alla fine della seconda guerra mondiale, l'economia italiana era così prostrata che sembrava quasi impossibile una ripresa. Gran parte della ricchezza nazionale era stata distrutta dai bombardamenti e dalla ritirata dell'esercito tedesco. L'agricoltura era sull'orlo del collasso e per la distruzione di molte fabbriche del nord l'indice della produzione industriale diminuì drasticamente. Scarseggiando i prodotti alimentari ed il vestiario, fu necessario organizzare il razionamento, per cui si formò il cosiddetto *mercato nero*, ossia la vendita clandestina dei prodotti a prezzi elevati. Nel periodo della ricostruzione 1945 - 1951, il reddito nazionale netto crebbe, insieme a quello pro capite. Le ragioni della crescita furono attribuite agli aiuti americani, alle spese sostenute dallo stato per la ricostruzione delle opere pubbliche distrutte dalla guerra. Dal 1945 al 1952, l'Italia beneficiò di oltre due miliardi di dollari grazie agli aiuti UNRRA e agli aiuti del piano Marshall. L'inflazione, nel 1946, subì una battuta di arresto grazie all'emissione del *prestito* *Soleri,* dal nome del ministro del Tesoro che lo aveva voluto. Il governo rallentò le richieste di anticipazione alla Banca d'Italia e diminuì le emissioni di moneta. Questa situazione però non durò molto, poiché le spese dello Stato continuarono a lievitare e con esse le richieste dei prestiti alla banca centrale. Nella seconda metà del 1947, il ministro del bilancio Luigi Einaudi scoraggiò la facile concessione dei crediti, introducendo un nuovo e più severo sistema di riserve obbligatorie per le banche, aumentando il tasso ufficiale di sconto e proibendo al tesoro di chiedere anticipazioni alla Banca d'Italia. Tali provvedimenti produssero effetti positivi: favorirono la formazione di una riserva presso la Banca d'Italia per circa 600 milioni di dollari punti e, mantenendo il cambio del dollaro a 625 lire punti, diedero una certa stabilità ai prezzi. Nel settore del credito, la novità di maggior rilievo si ebbe nel 1946, con la costituzione della *Mediobanca* per la concessione di prestiti a medio e lungo termine alle industrie. Il quinquennio successivo alla ricostruzione, 1951 -- 1956, fu caratterizzato da un notevole sviluppo industriale e dalla capacità di tener testa alla concorrenza mondiale. La crescita degli investimenti e il miglioramento della produttività furono dovuti alle nuove tecnologie e alla riorganizzazione delle aziende. Ma, il maggiore impulso alla produzione fu quello derivante all'aumento dei consumi, che salì del 23 %. Infatti, l'esodo di una parte della popolazione dal settore agricolo al terziario fece diminuire la disoccupazione ed aumentare la domanda di beni. A tale aumento contribuì anche la stabilità dei prezzi e l'aumento dei salari. Il ***miracolo*** dell'economia italiana si ebbe tra il 1957 e il 1963, allorché si disse *che per la prima volta nella sua storia l'Italia era diventata una grande potenza economica.* I fatti che portarono a tale miracolo furono numerosi. Nel settore agricolo, i progressi furono dovuti all'azione dei governanti preoccupati di migliorare le condizioni dei piccoli lavoratori. Fu emanata la legge per l'attuazione della riforma Fondiaria, essa prevedeva l'esproprio delle terre appartenenti ai grandi proprietari e l'assegnazione a coloro che l'avrebbero coltivata direttamente. I nuovi proprietari furono poi agevolati con prestiti per la costruzione delle infrastrutture e per rinnovare le colture. i contadini furono, inoltre, aiutati dalla *Cassa per il Mezzogiorno*, costituita nel 1950, per lo sviluppo delle regioni meridionali. Nel 1960 fu approvato il *Piano Verde,* un piano quinquennale per lo sviluppo dell'agricoltura italiana, che diede un nuovo indirizzo alla produzione agricola, tenendo conto della domanda interna ed estera. Con tale iniziativa furono concessi finanziamenti proprietari terrieri. I risultati di questi tre interventi, *riforma Fondiaria*, *opere della Cassa per il Mezzogiorno e Piano Verde*, non furono eccezionali; in effetti, si ebbe una maggiore meccanizzazione dell'agricoltura, un lieve miglioramento della produzione e si riuscì a risollevare le condizioni di vita di circa mezzo milione di lavoratori, specie piccoli proprietari terrieri, ma non si ebbe un gran aumento dei nuovi posti di lavoro. Il vero miracolo economico si ebbe nel settore industriale. Tutti i settori industriali aumentarono produzione e produttività, ma l'espansione maggiore si verificò per il gas naturale e la lavorazione del petrolio in derivati energetici. Per il trasporto di prodotti energetici, liquidi e gassosi, dai luoghi di produzione a quelli di consumo fu costituita una vasta rete di oleodotti e gasdotti. Le raffinerie di petrolio furono costituite nelle vicinanze dei maggiori porti. Ma, le industrie che maggiormente contribuirono alla crescita del prodotto nazionale netto furono quelle meccaniche. Rapidissima fu l'espansione della Fiat che produceva nel 1961 quasi il 90 % delle automobili vendute nel paese. Crebbe la produzione di macchine agricole, materiale per le ferrovie, aeroplani, materiale elettrico ed energia nucleare. Alla crescita industriale contribuì l'abbondante disponibilità di manodopera, che dalle campagne si spostò nelle città e dal sud emigrò al Nord per trovare lavoro nelle fabbriche. I salari non pesarono molto sui costi di produzione, perché vi fu solo un *giusto* aumento, nel senso che non fu *troppo*, spiega Labini, ma nemmeno troppo poco, poiché i *sindacati spingevano in alto i salari pur in presenza di una vasta disoccupazione*. Un ruolo importante nella crescita industriale l'ebbero le esportazioni, che salirono sia per i bassi costi, conseguenza dei bassi salari, sia per la notevole crescita della domanda internazionale. Si diffuse poi la produzione di massa mediante l'impiego dell'automazione elettromeccanica. Il ruolo trainante della crescita industriale fu svolto dallo stato, attraverso la gestione di aziende semi pubbliche, l'IRI diede un notevole impulso alla lavorazione dei metalli ferrosi a ciclo integrale (si cominciava dall'estrazione del minerale greggio e del carbone e si arrivava alla produzione dell'acciaio) negli stabilimenti dell'ILVA e di Cornigliano (Genova) che, nel 1961, vennero fusi e diedero vita all'*Italsider.* All'IRI facevano capo numerose aziende che svolgevano attività diverse, per cui fu necessario creare delle società finanziarie che avevano il controllo e il coordinamento dei singoli settori: *la Finsider, la Finmeccanica, la Finmare, la Stet, la Fincantieri, la Finelettrica e l'Italstat,* che finanziarono la costruzione di autostrade, trasporti marittimi, telefoni e produzioni di acciaio di energia elettrica. Nel 1953 fu creato l'**ENI** (*Ente Nazionale Idrocarburi*) con il compito di ricercare, raffinare e trasportare il petrolio in altri gas naturali. L'ENI, come l'IRI era una società che finanziava le imprese controllate (AGIP, SNAM, ANIC, ecc. Fu merito di Enrico Mattei se nel 1960 l'ENI aveva tanto sviluppato la sua attività da allinearsi alle maggiori società petrolifere del mondo. Altri interventi finanziari dello Stato si ebbero nel 1958 con la nazionalizzazione *dell'Ente Autonomo di Gestione per le Aziende Termali* e nel 1962 con la nazionalizzazione delle aziende produttrici di energia elettrica e la creazione dell'**ENEL** (Ente Nazionale per l'Energia Elettrica). L'intervento dello Stato riguardò anche il settore bancario. Nel 1952 con i fondi delle casse di risparmio e delle banche private locali fu creato il *Mediocredito Centrale*, incaricato di finanziare i Mediocrediti Regionali, per mezzo delle operazioni di riscontro. Fu creato, inoltre, l'*Artigiancasse* per la concessione di crediti agli artigiani. I finanziamenti alle imprese industriali del Mezzogiorno venivano fatti dall'***Isveimer*** (*Istituto per lo sviluppo economico del* *Mezzogiorno).* Nel 1953 sorse il CIS (*Credito Industriale Sardo)* per la concessione di prestiti agevolati all'industria della Sardegna. Nello stesso anno fu creato l'*IRFIS* (*Istituto Regionale per Finanziamenti all'industria in Sicilia*). Gli stessi enti, 1958 fornirono il capitale per la costituzione della *Sofis* (*Società Finanziaria Siciliana*) sempre per finanziare le industrie dell'isola. Nel 1957 alcune banche, industrie e società finanziarie costituirono l'*Efibanca* (*Ente Finanziario Interbancario*) con lo scopo di concedere prestiti nel lungo termine alle piccole imprese che non riuscivano a ricevere i finanziamenti dalle banche di deposito. Nel 1959, infine, fu creata l'*Interbanca*, una banca per i finanziamenti a medio e lungo termine. Durante gli anni del miracolo economico tutte le banche italiane aumentarono le proprie operazioni e non subirono grandi perdite. Anche il commercio estero italiano, dal 1950 al 1963, crebbe notevolmente grazie alla liberalizzazione degli scambi attuati attraverso gli organismi di cooperazione economica e finanziaria europei e internazionali a cui l'Italia partecipò attivamente. **La congiuntura economica italiana nel ventennio 1963 1983** Nel 1963, la crescita dell'economia italiana subì una battuta di arresto. Seguì un periodo di razionalizzazione che durò fino alla crisi petrolifera del 1973. La prima crisi si ebbe nel 1963-65. Dopo la nazionalizzazione dell'energia elettrica (1962), si diffuse nel paese una certa sfiducia tra gli imprenditori, i salari crebbero più della produttività del lavoro e i consumi privati aumentarono, perché stimolati da miglioramenti salariali. Crebbero le importazioni di beni di consumo e aumentò il disavanzo della bilancia dei pagamenti. Per porre riparo a questa crisi, la Banca d'Italia e il governo attuarono una politica di restrizione del credito. Tale politica frenò la domanda interna e fece aumentare le esportazioni all'estero. In poche parole era finito il miracolo economico. Dal 1967 al 1972 le difficoltà tornarono i sindacati, con la riduzione della disoccupazione avevano rafforzato il loro potere e chiedevano aumenti salariali superiori alla crescita della produttività assieme alle riforme sociali (Case popolari, ospedali, scuole, ecc.). Per far fronte all'aumento del costo del lavoro le grandi imprese adottarono nuove tecnologie e il decentramento produttivo aziendale e territoriale. Quindi, per evitare i licenziamenti del personale le aziende realizzarono tale decentramento produttivo con la creazione di numerose piccole imprese, che facevano parte dello stesso processo di produzione, con pochi operai a basso costo. Questa ristrutturazione fu posta in atto specie nelle regioni del nord. Nel Mezzogiorno, invece, si effettuarono grossi investimenti per sfruttare le agevolazioni dello Stato e per la minore conflittualità del lavoro. Nel decennio 1973-1983, l'economia italiana fu colpita da una grave crisi che trova le sue manifestazioni più significative nell'aumento continuo ed eccezionale dei prezzi, nella disoccupazione crescente, nel disavanzo della bilancia dei pagamenti e nelle perdite delle grandi imprese industriali. La prima causa va ricercata nel sistema economico internazionale. Nel 1971, fu stabilita l'inconvertibilità del dollaro in oro ed al 1973 l'Italia rese fluttuante la lira. Il colpo maggiore all'economia fu dato dall'aumento del prezzo del petrolio che si ebbe nel 1973 e nel 1979. Il colpo fu grave per la forte dipendenza dell'attività di molte industrie italiane dall'importazione di petrolio. Il governo affrontò tale crisi con una politica di austerità al fine di ridurre la domanda di petrolio. Politica che riuscì a contenere la crescita del disavanzo nei pagamenti internazionali, ma aggravò la disoccupazione. Quindi, per sostenere la domanda di beni di consumo, furono aumentate ulteriormente le spese pubbliche tramite la politica assistenzialistica: sussidi alle famiglie, pensionamenti anticipati agli impiegati dello Stato, ricorso alla cassa integrazione (una Cassa che utilizza i fondi dell'istituto nazionale della previdenza sociale per integrare il salario degli operai temporaneamente sospesi dal lavoro per ragioni a loro non imputabili), allargamento dell'occupazione nel pubblico impiego, ecc. Per far fronte alla crisi bancaria del 1974 che colpì anche l'Italia, specie dopo la caduta della banca privata italiana di Michele Sindona, un decreto del governo autorizzò l'intervento della Banca d'Italia per la concessione di crediti a favore delle banche in difficoltà. Comunque, per ridurre il disavanzo della bilancia dei pagamenti, nel 1976, il governo fu costretto a prendere drastici provvedimenti per un'economia di mercato: chiusura temporanea del mercato dei cambi e restrizione all'importazione. La Borsa Italiana, intorno alla metà degli anni '70, praticamente abbandonata dai grandi gruppi, con i bilanci delle aziende in disordine per l'incidenza degli oneri finanziari, soprattutto dopo la crisi petrolifera, è alla mercé di pochi speculatori. Il maggiore tentativo di opposizione a questo stato di cose fu l'istituzione nel 1974 della **Consob** (*Commissione Nazionale per le Società e le Borse*) per il controllo delle società e le borse. Infine nel 1977, la legge Pandolfi istituì il *credito d'imposta*, con il quale si pose fine all' iniquo regime della doppia tassazione sulle cedole azionarie. Con l'aggravarsi della crisi economica, nel decennio 1973- 83, anche i problemi del Mezzogiorno trovarono una più difficile soluzione. Nel decennio 1975-85 la popolazione del centro -- nord non aumentò, mentre diminuì la crescita nelle regioni meridionali. Si trattava, in ogni caso, di cifre ancora elevate specie se confrontate con quelle di altri paesi industrializzate e ciò in conseguenza della riduzione del movimento degli espatri. Dopo trent'anni di interventi straordinari nel Mezzogiorno vi erano ancora notevoli differenze di sviluppo economico delle stesse regioni meridionali. Situazione diversa caratterizzò le regioni del nord, dove dopo trent'anni tale divario fu quasi completamente annullato, grazie all'afflusso di rilevanti investimenti industriali. **La crescita dell'economia italiana negli anni 80** Tra il 1983 e il 1990 sull'onda dell'economia mondiale, anche l'Italia beneficiò dello sviluppo economico. Le ragioni dello sviluppo dell'economia italiana vanno individuate principalmente nella reazione all'aumento del prezzo del petrolio, che portò ad un maggiore consumo di energia alternativa. A questi provvedimenti si unì, dopo il 1985, la riduzione del prezzo del petrolio da parte dei paesi produttori. Riduzione che fu particolarmente benefica per l'economia italiana che aveva una forte dipendenza dell'importazione del petrolio. L'espansione, fino al 1988, fu principalmente trainata dalla domanda mondiale di prodotti italiani. Con la crescita dell'economia il tenore di vita degli italiani salì notevolmente e si avvicinò a quello dei paesi più ricchi. Tuttavia, non vi furono grandi progressi nel settore dell'occupazione. Dal 1983 la domanda di lavoro fu sostenuta con i contratti di formazione che furono prima utilizzati nel centro nord e poi nel sud. La politica economica del governo sostenne la crescita della produzione riducendo la pressione fiscale tramite il *fiscal drag*, cioè furono modificate le aliquote relative *all'IRPEF (imposta sul reddito delle persone fisiche)* al fine di eliminare gli effetti prodotti dall'inflazione sulla crescita del reddito. Alla riduzione della pressione fiscale corrispose un ulteriore aumento del disavanzo del bilancio dello Stato, che si è tradusse in un aumento del debito pubblico. Nonostante la crescita della spesa dello Stato, l'inflazione, dal 1983 al 1990, fu piuttosto contenuta (tra il 5 e il 6 per cento l'anno) per merito principalmente della politica monetaria attuata dalla Banca d'Italia, che è riuscì ad adeguare la circolazione al fabbisogno degli scambi. Un sostegno allo sviluppo economico del periodo fu dato anche dalle banche che concessero notevoli crediti speciali, in particolare nei settori mobiliare e fondiario. Nel giugno del 1981 giunse il crollo violento e improvviso della Borsa di Milano, che fu addirittura chiusa per alcuni giorni. Tra le principali cause di ribasso dei corsi vi furono eventi emotivi, come l'arresto di Calvi e Bonomi, ed eccezionali come la scoperta degli elenchi degli appartenenti alla loggia massonica P2. Il quadriennio 1988 - 91 fu un periodo di sostanziale ripresa dei corsi per le principali borse mondiali, nonostante eventi eccezionali come l'unificazione tedesca, la crisi del Golfo Persico, il tentativo *golpe* in Russia. La favorevole congiuntura dell'economia italiana nel periodo 1983 - 1989 non ridusse il divario tra nord e sud del paese. La disoccupazione era ancora molto diffusa, elevato era il grado di analfabetismo, i servizi pubblici erano ancora carenti, ecc. La soluzione sarebbe quella di ridurre le carenze infrastrutturali, specie in vista dell'unificazione del mercato europeo e della probabile integrazione economica tra l'est e l'ovest; una volta eliminate tali carenze bisognerà abbandonare la politica degli interventi straordinari e gli imprenditori meridionali dovrebbero avere il coraggio da soli di affrontare i mercati nazionali e internazionali. ***Testo consigliato: Storia economica Secoli XVIII - XX - Balletta Francesco (seconda edizione)***