Storia dei Media PDF

Summary

Questo documento esplora la storia dei media, analizzando le quattro dimensioni (testuale, istituzionale, fruitiva/di consumo e tecnologica) dei prodotti mediali. Examina inoltre le relazioni tra le industrie mediali, gli stati e il pubblico, ricostruendo l'evoluzione delle tecnologie e dei sistemi di comunicazione. È un'analisi interdisciplinare.

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STORIA DEI MEDIA Dimensioni dei medium / sistemi dei media Prodotto mediale= film, podcast, serie tv ecc. Le industrie mediali producono dei contenuti. Ogni prodotto mediale è caratterizzato da 4 dimensioni: 1. Testuale: è il linguaggio e i codici dei generi attraverso cui un testo è scritto (e...

STORIA DEI MEDIA Dimensioni dei medium / sistemi dei media Prodotto mediale= film, podcast, serie tv ecc. Le industrie mediali producono dei contenuti. Ogni prodotto mediale è caratterizzato da 4 dimensioni: 1. Testuale: è il linguaggio e i codici dei generi attraverso cui un testo è scritto (es. film horror ha regole diverse da un film commedia). 2. Istituzionale: riguarda le leggi e il rapporto tra industrie mediali o tra impresa e Stato. 3. Fruitiva o di consumo: il pubblico, l’audience. 4. Tecnologica: le tecnologie, i device, le strumentazioni. Tutte queste dimensioni sono in stretta relazione e ognuna non può essere divisa e considerata singolarmente senza prendere in considerazione le altre. 1- Dimensione testuale Riguarda i linguaggi specifici di ogni medium (es. cinema= si esprime attraverso il linguaggio audio- visivo). Ogni linguaggio è frutto di un'evoluzione storica, che cambia e prende forme diverse a seconda del contenuto culturale, sociale e politico. Il linguaggio specifico comprende diversi generi. Il genere ha una funzione sia per gli spettatori, che devono saper riconoscere il prodotto che hanno davanti, sia per le industrie mediali, che devono organizzare la loro produzione per garantire un forte successo. L’industria mediale standardizza (processo di standardizzazione) la propria produzione (si attiene a delle regole), ma allo stesso tempo attua anche un processo di differenziazione (bisogna introdurre delle modifiche che permettano di appassionarsi e consumare il prodotto). Questi due processi permettono al linguaggio di continuare ad evolversi e a progredire con le evoluzioni tecnologiche, culturali. Ciascun medium crea delle immagini della realtà, che non sono lo specchio di essa, ma una sua rappresentazione/ mediazione. Questo meccanismo produce degli immaginari, una realtà non la realtà vera. Questi immaginari nascono dal tentativo di intercettare i desideri del pubblico a cui ci si vuole rivolgere, e ci dicono implicitamente qualcosa su di loro e sulla società. Tutte queste rappresentazioni non sono mai neutre, ma sono sempre ideologiche, cioè anche quando vogliono sembrare naturali rispondono agli interessi specifici di chi produce. Roland Barthes su questo ha scritto un libro in cui analizza l’idea di mito o mitologia, applicato al concetto dei media. Questa immagine (copertina “Paris Match”) è significativa perché può produrre dei significati o degli immaginari ma allo stesso modo può / vuole nasconderne altri. “Paris Match” sceglie di mettere sulla copertina il ragazzo non caucasico perché vuole essere d’impatto, ci sta dando un’idea di francesità più inclusiva e progressista per l’epoca (la rappresentazione è animata da intenti progressisti, c’è il simbolo del soldato) allo stesso tempo l’immagine nasconde che questo ragazzo è lì perché è figlio di una storia coloniale della Francia, non molto inclusiva e progressista. L’immagine si presta quindi a messaggi contrapposti. L’ideologia, attraverso le rappresentazioni dei media, si può trasformare in racconto quindi mito. 2- Dimensione istituzionale Riguarda le leggi, i rapporti tra le industrie mediali, i contenuti mediali, gli stati. Lo stato deve regolare i media con delle leggi perché hanno un forte impatto sulla vita sociale. Il rapporto tra i due può rivelarsi problematico (es. censure durante i regimi dittatoriali). Il fenomeno di come si struttura il mercato è quello della: concorrenza leale: negli anni ‘70 non era permesso avere più di due canali per una rete privata, Berlusconi apre la terza e cambia la legge concentrazione della proprietà: sempre più pochi soggetti che gestiscono un’industria mediale (monopolio di più aziende). Quello che succede a livello economico ha un impatto sociale. 3- Dimensione fruitiva/consumo Riguarda il pubblico e i media; il loro rapporto cambierà nel tempo in base anche alle epoche e ai fenomeni culturali. Gli studi della sociologia dei media, la quale studia questo rapporto, hanno a loro volta affrontato un’evoluzione e questo ha portato a tre risposte diverse a seconda delle epoche. Iniziamo a parlare dei media dalla nascita dei fenomeni di massa, Seconda rivoluzione industriale (fine 800). La sociologia dei media iniziò a interrogarsi sul rapporto col pubblico a partire dagli anni 20’ e 30’ del 900: in questo periodo media e pubblico erano collegati da rapporti di effetti/ influenza, perché i media avevano il potere di influenzare il comportamento della società. Soprattutto in quegli anni caratterizzati dai totalitarismi. Anni dopo, lo sguardo dei sociologi si spostò sugli usi dei medium; l’accento non era più su quanto i media potessero influenzare il pubblico, ma sul pubblico stesso, ovvero quanto esso potesse utilizzare un medium cose risorsa e averne il controllo. Questo cambiamento ci porta al concetto di ricezione/consumo: il pubblico è libero di fare le sue scelte, ma il medium vuole avere un impatto su di esso, hanno bisogno di conoscere il proprio pubblico e per questo si dotano di strumenti che permettano di rendere il pubblico sempre più conoscibile ovvero misurazione, ricerche di marketing. Oggi il rapporto tra media e pubblico si legge attraverso la dimensione del consumo e da questi strumenti. 4- Dimensione tecnologica Riguarda le sostituzioni, trasformazioni delle tecnologie, i dispositivi, le strumentazioni. Si parla di tecnologie e non evoluzioni di un medium nello specifico, perché il medium tende ad avere una certa continuità, ontologicamente rimane lo stesso, quello che cambia è la tecnologia, cioè il mezzo attraverso cui possiamo fare esperienza di quel medium. A seconda della portata del cambiamento possono cambiare anche usi e costumi: se facciamo riferimento agli anni ‘80/’90 in cui si passa dalla cassetta al cd, cambia il device ma le modalità con cui ascoltiamo la cassetta o il cd rimane la stessa. Se passiamo dal cd all’mp3 cambia tutto: modalità distributive, ci sono dimensioni diverse oltre quella tecnologica. In funzione di questo doppio binario di evoluzione della tecnologia e continuità dei media ci viene in soccorso un concetto teorico : della remadiation (rimediazione) cognato da due studiosi, Bolter e Grusin, che a loro volta si rifanno a un concetto teorico cognato dal Marshall Mcluhan, che ci dice che “il contenuto di un medium è sempre un altro medium” → ciascun nuovo mezzo che si affaccia al sistema dei media tendenzialmente cerca di appropriarsi delle caratteristiche degli altri media che esistevano già prima; ma allo stesso tempo, essendo un nuovo mezzo, va anche a trasformare i mezzi esistenti, in quella che diventa una relazione di duplice influenza → il nuovo medium è influenzato dai media precedenti, che devono adattarsi a quello che porta il nuovo media. Un medium è: insieme di tecnologie per la comunicazione (dimensione tecnologica) organizzate in un apparato (dimensione istituzionale) finalizzare alla circolazione di testi (dimensione testuale) destinati al pubblico (dimensione di consumo) Cos’è un sistema dei media? Lo studio dei media è un campo interdisciplinare perché possiamo utilizzare gli strumenti della sociologia, semiotica, estetica, economica, storia → aree diverse ma tutte comunicanti. “Technologies of Freedom” (1983) di Ithiel De Sola Pool= in questo libro rilegge la storia dei media in ordine cronologico per tracciare una mappa degli strumenti attraverso i quali si possono approcciare i media. Si chiede da che momento iniziano i mezzi di comunicazione di massa, e capisce che ciò avviene nel tardo 800 durante la società di massa, con l’industrializzazione, l’urbanizzazione, la scolarizzazione. Dal tardo ‘800 fino al ‘900 si parla di secolo dei media. Identifica 4 aree di sistema dei media: 1) Editoria → libri, film, giornale, discografia, stampa quotidiana. Un editore è un tramite tra chi produce il prodotto mediale e il mercato. Ha il compito di selezionare i progetti da produrre e distribuirli sul mercato. La sua finalità è il profitto e si genera a seconda dei modelli di business che sono diversi tra loro. 2) Reti o vettori → settore che si occupa di comunicazione. Reti o vettori producono un servizio, gli editori producono beni materiali. La prima grande rete creata dall’uomo è stata la posta durante i grandi imperi, per mettere in relazione aree distanti tra loro. Quello che rivoluzionò questo sistema fu l’introduzione del telegrafo negli anni 40 dell’800’, perché annullò i tempi di trasporto, si potevano commentare le notizie istantaneamente. Ad oggi il sistema di reti si è evoluto ed è in continuo rinnovamento; quello che non cambia è la natura delle imprese che agisce su questo settore, ci offrono un servizio che offre una comunicazione dove mittente e destinatario sono due entità specifiche. Il collegamento tra le due forme di comunicazione sono i broadcasters. 3) Broadcasting → è una via di mezzo tra i due, si appropria di alcune loro caratteristiche attuandole alle specificità della propria impresa; produce dei contenuti simili all’editoria, ma il prodotto è immateriale. È un grande centro irradiatore che produce un contenuto e lo distribuisce attraverso una rete circolare, che permette di raggiungere un pubblico ampio. Il broadcaster, quindi, è un po’ una via di mezzo, si appropria delle caratteristiche dei vettori e degli editori, adattandoli alla specificità della propria impresa. Quindi da un lato i broadcaster agiscono come gli editori, confezionando prodotti mediali, ma poi la distribuzione è immateriale e ampia, a differenza delle imprese di telecomunicazione. 4) Hardware e software → settore nel quale si collocano tutte quelle imprese che producono gli strumenti necessari per creare, diffondere i contenuti mediali prodotti dalle altre aree che tendono tutti in una stessa direzione. aree. Quindi i device che ci servono sia per la comunicazione punto a punto, sia per la comunicazione di massa. All’interno di quest’area fanno parte tutte le nuove invenzioni o tecnologie che portano a cambiare come si produce e come si consuma. La spinta verso cui questa evoluzione va è la convergenza: si confondono i perimetri tracciati fino ad adesso e tutte le aree tendono verso una certa direzione, tendono a produrre dei device, dei servizi che siano in comunicazione l’uno con l’altro e non siano così settoriali. Un esempio è la televisione che, diventando smart, permette di usufruire dei broadcaster, ma anche di altre tecnologie, le quali permettono a un medium di evolversi. Il sistema dei media si muove nella direzione della piena convergenza → partire dagli anni ‘80 del ‘900 si va verso la creazione di grandi conglomerati mediali, ovvero dei gruppi all’interno dei quali stanno diverse aziende che si occupano di diverse aree del settore dei media, ma non solo. Il medium come sistema Approcciamo il medium come un sistema interdisciplinare e possiamo tracciare: una storia istituzionale- economica: utilizziamo la politica e l’economia la sua storia sociale: utilizziamo la sociologia la storia tecnologica: utilizziamo l’ingegneria la storia estetico- culturale: utilizziamo la semiotica e la critica Il medium può dunque permetterci di tracciare storie diverse. Dopo che viene introdotta una nuova tecnologia, questa introduzione ha una ricaduta/un impatto di ordine storico, economico e culturale. Tutto questo all’interno di una comunicazione che è di massa. Peppino Ortoleva ha riassunto questo concetto con la logica del ciclo: l’evoluzione della storia dei media è alternata da periodi esplosivi, in cui vengono introdotte le innovazioni tecnologiche, e periodi riflessivi, nel quale le innovazioni entrano nella pratica comune. 1830/1840: invenzione telegrafo, francobollo, macchina fotografica, tipografia rapida che utilizza macchine a vapore 1875/1895: nascita giornali moderni e rivoluzioni industria musica e cinema 1920/1935: velocizzare la produzione di giornali, radiodiffusione, televisione Questo tipo di considerazioni sono tutte da tenere presente secondo una dinamica che è quella della comunicazione di massa e quindi nel nostro studio non possiamo prescindere dal concetto di società di massa. Riconoscere il concetto della società di massa significa volta per volta capire l’evoluzione della storia dei media attraverso i vari contesti nelle varie epoche. La nascita della società di massa (mass media) viene collocata in un periodo in cui si ha l’idea che i processi di industrializzazione tendano a produrre una polarizzazione tra prodotti di cultura alta (letteratura, poesia...) e prodotti di cultura bassa (riguardante i mass media). Significa spesso associarla ad un controllo ideologico che vede i mass media come strumento di subordinazione della massa. La scuola di Francoforte è di impronta marxista e legge il rapporto tra mass media e società di massa come il rapporto all’interno di una società che utilizza i mezzi di comunicazione di massa come strumenti di subordinazione della classe operaia. Quindi i capitalisti utilizzano i mass media per diffondere i propri valori e le proprie ideologie e assicurarsi di mantenere il proprio sistema che privilegia la classe borghese a dispetto di quella operaia. In un’ottica ottimista in cui i mass media possono essere uno strumento di garanzia della libertà di un paese democratico, la stampa veniva considerata il quarto potere (dopo quelli legislativo, esecutivo e giudiziario). La stampa era considerato il quarto potere perché aveva una grande influenza sulla società e poteva raggiungere così facilmente la popolazione che poteva essere uno strumento di vigilanza ed emancipazione, ancora di più del governo. Il cerchio delle teorie sui media Ogni teoria costituisce un modello metodologico attraverso cui i media sono stati analizzati. La prima macro-distinzione è quella tra due poli contrapposti: quello scientifico, che a sua volta si divide in empirico e critico, e dall’altra parte il polo profetico, che a sua volta è diviso in utopisti ed elitisti. Se si osserva lo schema si possono dividere anche due tendenze: pessimista ed ottimista. ➔ polo scientifico= si basa sul presente e sul costante confronto tra un’ipotesi teorica e una verifica sul campo. È diviso tra empirici e i critici: i primi rifiutano l’idea dei media potenti che possano influenzare il pubblico, del quale rivendicano un ruolo attivo. Essi sostengono che più è alta l’autonomia individuale, più è alto il pluralismo di idee all’interno dei contenuti dei media. Il consumatore e le aziende sono autonomi. I critici invece, cercano sempre di trovare fondatezza scientifica alle loro teorie, ma cercano di smascherare un processo di dominazione sociale e culturale nelle società capitaliste. Essi considerano i media lo strumento di subordinazione per eccellenza. Gli empirici (corrente del funzionalismo) Nel cercare la validità scientifica, utilizzano la sociologia e la psicologia sociale. Uno dei primi sociologi a dedicarsi in maniera sistematica è stato Paul Lazarsfeld. Le teorie di questa corrente rappresentano una reazione ai primi scritti pessimisti della società di massa. L’inchiesta, ovvero la raccolta dato, è il momento chiave di uno studioso empirico, che cerca il rapporto tra media e pubblico. Gli effetti che vanno a indagare vanno registrati tenendo conto diverse condizioni e determinati segmenti di pubblico → perciò saranno effetti sempre indeterminati e limitati. In un’ottica sociologica questa inchiesta viene declinata in una prospettiva funzionalista, ovvero questi autori tendono a vedere la società come un sistema generalmente orientato all’equilibrio. Tutti gli elementi interni a questo sistema contribuiranno a mantenere questo equilibrio, i media sono uno di questi elementi. Harold Lasswell → in un’ottica che deve mantenere l’equilibrio si hanno tre funzioni: controllo dell’ambiente rilevando tutto ciò che potrebbe minacciare il sistema di valori della società correlazione delle componenti della società per produrre una risposta all’ambiente trasmissione dell’eredità sociale, dobbiamo trasmettere i valori per mantenere l’equilibrio Per gli studiosi appartenenti alla corrente degli empirici, i quali adottano una visione funzionalista, la società è ridotta a un flusso di correnti mediatiche e la si scompone per capirne dinamiche ed effetti. Lasswell nel 1948 fa un programma sotto forma di quesiti di indagine: “chi dice che cosa, a chi, mediante quale canale e con quale effetto?” rispondendo possiamo analizzare il rapporto tra media e pubblico. Gli empirici sono ottimisti e per far funzionare questo sistema, si presuppone che questa comunicazione sia chiara a tutti i livelli, che tutte le parte in causa capiscano il loro ruolo e che gli “attori” si mantengano tutti in equilibrio, senza che una parte subordini le altre. Tutto si mantiene in equilibrio, perché ognuno ha il proprio ruolo. I critici (polo pessimista) D’altra parte, il secondo polo è quello dei critici (pessimista). Il loro presupposto è che adottano lo stesso approccio metodologico degli empirici, ovvero di ricerca applicata e di verificabilità di una teoria, però contestano il limite delle ricerche, poiché si approcceranno con ricerche molto specifiche (sempre a condizioni limitate). Qualsiasi risultato si ha è valido per il segmento analizzato, ma non per tutti gli altri segmenti. Non usano la sociologia o le inchieste come gli empirici, ma interrogano altri aspetti che riguardano l’organizzazione dei media. Quali discipline interessano di più i critici? Economia, poiché i critici interrogano le strutture economiche e organizzative che compongono il sistema dei media, quindi stesso approccio ma strumenti diversi. Per loro il concetto di società di massa → individui alienati e facilmente manipolabili dai media. Si avvicinano molto agli elitisti del polo profetico, ma sono ancora più radicali (visione ovviamente anche loro pessimistica). Adottano questi strumenti e li applicano a un contesto di società di massa, dove questo individuo è privato del suo potere. È una critica contro l’utilizzo che questa società fa dei media (non dei media in generale) →i critici criticano l’evoluzione della società moderna (post rivoluzione industriale, ala capitalista e liberista), ma sottolineano le capacità di emancipazione che i media potrebbero invece offrire all’individuo. I media potrebbero essere positivi per la società, ma è il sistema sociale che li ha portati ad un utilizzo non positivo. Potenzialmente i media sono una buona cosa, ma è negativo l’utilizzo che ne fa la popolazione. Un ruolo centrale nella diffusione delle nostre teorie è la scuola di Francoforte che inizia a focalizzare il cuore della sua analisi non all’economia stretta, ma all’economia della cultura, alla produzione culturale (industrie culturali: cinema, discografia…). Non focalizzati solo sull’economia, ampliano a diverse discipline, tra cui la psicoanalisi, per illustrare quelli che sono i meccanismi di funzionamento della produzione culturale e come questa ha un effetto sull’individuo (più enfasi su quello che è il rapporto con l’individuo). Pensiamo alla pubblicità, quel tipo di produzione culturale è fatta per avere un impatto sul pubblico, per condizionarlo, è in questo contesto di produzione culturale che nasce il concetto di industria culturale, che però nasce come concetto non positivo. Che effetto ha questo modo di pensare sull’arte stessa? L’oggetto culturale, quindi, è ormai visto come una merce, questo processo di produzione e consumo porta a un processo di trasformazione della cultura in una merce destinata ad un pubblico di consumatori e secondo Adorno (e anche altri studiosi come Gramsci) ciò è doppiamente negativo, perché: 1. Fa saltare il sistema di arte alta e arte bassa, che a quell’epoca era comune per gli studiosi; 2. la pervasività dei media impone un’arte o una cultura fraudolenta, nel senso che è un’arte che non esprime i bisogni o i valori di nessuno, è prodotta per creare un bisogno di consumo; Adorno e Gramsci dicono che l’arte alta è una rappresentazione dei ceti dominanti, mentre l’arte bassa appartiene al popolo che la esprime, ed è quindi arte di resistenza (da una parte espressione dell’élite e dall’altra del popolo, che però hanno lo stesso valore). Gli studiosi della corrente critica, quindi, iniziano ad enunciare un sistema di media che produce delle forme di imperialismo culturale di una classe egemone ai danni delle altre classi (tendenzialmente subalterne), perché l’individuo è atomizzato/alienato nella società di massa e in quanto tale, è più facilmente manipolabile e trasformabile in un consumatore. Come lo trasformiamo? Attraverso i media, che sono così pervasivi che fanno arrivare ben chiaro il messaggio. I critici affermano che grazie a questa pervasività, l’individuo potrebbe avere un’emancipazione, ma in realtà lo trasformano in un consumatore di prodotti, non secondo un suo bisogno, ma un bisogno della classe egemone: bisogni indotti. Media = strumento di subordinazione culturale. ➔ polo profetico= si occupa del futuro, quindi è un polo le cui teorie non possono rispondere al principio di scientificità oggettiva del polo scientifico, perché le loro teorie sono protette dalla non verificabilità. Il punto di partenza di questi studiosi è che effettivamente i media abbiano un loro presupposto di potere sul pubblico. Vanno quindi ad interrogarsi su quali possono essere gli effetti. In questo senso il polo profetico è più vicino al critico. Distinguiamo due correnti al suo interno: gli utopisti e gli elitisti: dei primi fanno parte quei teorici che nel corso dei decenni hanno esaltato quello che permette ai media di essere il quarto potere e di essere strumenti capaci di stabilire delle forme di democrazia politica o culturale; i secondi invece, si rifanno alla tradizione della critica alta e letteraria, perché nella loro visione tendono a valorizzare un certo tipo di cultura tradizionale che sarebbe minacciata dall’affermazione dei nuovi media, che arriverebbero ad attaccarli o a metterli in discussione. Possono portare a un processo di declino culturale della società. Entrambe le correnti/teorie partono dal presupposto che quello da interrogare sia il rapporto tra uomo e macchina, ed entrambe le teorie, prendendo gli oggetti di analisi in maniera separata, pongono l’individuo di fronte a un medium e analizzano i suoi comportamenti come se fosse svincolato da ogni rapporto sociale. Rapporto uomo-macchina → utopisti visione positiva ed elitisti visione negativa. Gli elitisti Gli elitisti seguono la teoria della massificazione, ovvero l’individuo è l’oggetto principe dell’azione dei media, è al centro, ma è un individuo alienato, che sta all’interno di una massa, ma è isolato e in quanto tale è più facilmente manipolabile. La loro visione è inizialmente pessimista. Uno dei timori degli elitisti è quello che il sistema cultura prodotto dai media, e quindi rivolto non più alle élite, ma alle masse, porti determinati valori ad un pubblico più ampio, che però non ha gli strumenti che le élite hanno affiliato per secoli. Portandoli da un pubblico di élite ad un pubblico di massa, bisogna adattarli, e questo per gli elitisti è negativo. È uno sviluppo perché questo pubblico più ampio è un pubblico figlio di quel processo di massificazione che automatizza l’individuo. Secondo gli elitisti lo strumento privilegiato di questa manipolazione sono i media e i giornali che subiscono una fortissima trasformazione. Questa idea dei media come uno strumento di manipolazione di un pubblico è vero che avviene nell’800 con i media ma si intensifica con l’ascesa dei regimi totalitari negli anni ‘20 e ‘30. Guy Debord attualizza questa concezione negativa e denuncia quello che lui chiama il “cuore dell’irrealismo della società reale”. L’individuo è manipolabile e condizionabile perché la società è costituita in una forma di spettacolo, e lo spettacolo in quanto tale è irrealismo. La società è reale ma si costituisce su una realtà irreale. Dice che la comunicazione e i media rendono così pervasivo questa forma di spettacolo che costituisce il modello di vita dominante, che produce un modello di vita irreale nella società reale. Abbiamo una contrapposizione binaria tra cultura bassa e cultura alta. La contrapposizione binaria tra queste due non è di ordine valoriale, semplicemente sono due modelli contrapposti perché sono espressione di culture diverse. Gli utopisti Gli utopisti ritengono che ogni mezzo possa produrre degli effetti specifici che obbediscono unicamente alla sua logica interna. Quindi al centro della loro analisi c’è il rapporto tra il pubblico e la natura tecnico/tecnologica del medium che si prende in esame. È importante perché secondo gli studiosi di questa corrente, corrisponderebbe un particolare processo cognitivo messo in atto dal pubblico. Ogni mezzo di comunicazione di massa, in virtù della sua matrice tecnologica, indica all’individuo spettatore/consumatore, una determinata modalità di pensiero, ci porta a mettere in atto determinati processi cognitivi. Marshall McLuhan scrive le sue teorie negli anni ’60, una di queste è quel del “Villaggio globale”, dove sottolinea come i processi di comunicazione, trasmettendo con una rapidità mai vista prima e mettendo in comunicazione individui potenzialmente sconosciuti, sia una matrice tecnologica in grado di avvicinare gli uomini per creare un unico grande villaggio su scala globale. Crea delle immagini che rassicurano chi si allarma di fronte al potere, l’idea di un villaggio, ovvero di qualcosa di circoscritto, è in realtà un’immagine utopistica, ottimista e rassicurante. Secondo McLuhan, il medium è un messaggio; è un concetto secondo cui ogni medium va studiato analizzando i criteri strutturali attraverso cui organizza la propria comunicazione, perché è proprio questa particolare struttura comunicativa che rende il medium non neutrale. I media hanno potere pervasivo sull’individuo. Se noi analizziamo com’è strutturata la comunicazione singola del medium, possiamo capire come quel medium susciti negli utenti determinati comportamenti e determinati modi di pensare e produca una forma mentis. Quindi all’interno di quest’idea che a ogni medium corrisponde una forma di comunicazione precisa e viceversa, dobbiamo distinguere come si comportano i media. Non tutti si comportano ugualmente, non adottano strutture comunicative uguali e non tutti trasmettono il messaggio nella stessa maniera. Mcluhan divide i media tra media freddi e media caldi. Medium freddi: richiedono una alta partecipazione da parte dell’utente Medium caldi: caratterizzati da una più bassa partecipazione dell’utente Calandoci nella realtà degli anni ’60, qual è un medium caldo e un medium freddo? La radio era un medium caldo, mentre un medium freddo era il giornale. La struttura organizzativa della carta stampata prevedeva che la partecipazione fosse alta, mentre se ascoltiamo la stessa notizia alla radio metteremo in atto processi cognitivi diversi. McLuhan è un grande ottimista e ha grande fiducia nelle possibilità delle innovazioni tecnologiche. I suoi eredi sono un po’meno ottimisti, perché semplicemente adattano l’approccio metodologico di McLuhan in epoche successive ed espongono quindi delle criticità; per esempio, Neil Postman (anni ’80) sotto il periodo di massimo successo delle tv commerciali, afferma che la costituzione del dibattito pubblico sulla tv è involuto a quando c’era la stampa. Baudrillard, nega l’autonomia dell’individuo per affermare un controllo dei media sull’individuo che è possibile da controbattere e, ancora, Paul Virilio, negli anni 90 critica l’istantaneità della comunicazione (che ci aveva fatto pensare a un villaggio globale) perché distruggerebbe la dimensione del tempo condiviso che sarebbe indispensabile alla costruzione di un regime democratico. Una società deve condividere delle cose e del tempo per sostenere un regime democratico e l’istantaneità della comunicazione annienta questa condivisione. Quindi, anche gli utopisti, partendo da grandi basi ottimistiche, mantengono l’approccio del determinismo tecnologico, ma si spostano a visioni più pessimiste, in base alla lettura tra media e società. La flessibilità del sistema dei media ha fatto mischiare un po’ tutte le teorie. Queste teorie vanno contestualizzate a seconda del luogo e delle epoche in cui siamo. Tendenzialmente negli Stati uniti, l’approccio è più ottimista; in Europa la situazione è più pessimista, soprattutto in Francia. Le recenti evoluzioni del sistema dei media, però, portano un’evoluzione delle teorie in ottica di quella che è la convergenza. A partire dagli anni 80’ il sistema dei media va incontro a una profonda trasformazione, ovvero quella dei grandi conglomerati mediali, degli interessi che convergono nella convergenza e la produzione di quella che verrà definita “cultura convergente”, ovvero l’analisi di come stiamo noi all’interno della convergenza. ➔ La stampa come mezzo di comunicazione di massa I giornali esistevano da molto prima che la stampa si sviluppasse in quanto mass medium; ma intorno all’800 la stampa diventò un mezzo di comunicazione di massa, grazie a una serie di mutamenti a livello sociale, politico, economico e tecnologico, che le permisero di raggiungere una nuova dimensione. Già nel 400’ esistevano forme di pubblicazioni che contenevano informazioni; nel ‘600 iniziarono a diffondersi i fogli di informazione, e tra il 600’ e il 700’ i primi veri e propri quotidiani in Europa come il London Gazette. In questo periodo si iniziò ad utilizzare il termine inglese newspaper, per indicare una pubblicazione regolare contenente notizie recenti. Siamo di fronte a fenomeni di industrializzazione a cui si legano fenomeni di crescente urbanizzazione. UK Uno dei primi mutamenti che permise alla stampa di diventare una dimensione di massa, nel Regno Unito fu l'emanazione dell’Education act (1870), la prima norma che rese obbligatoria l’istruzione elementare, che poi nei successivi aggiornamenti innalzò l'età minima per lasciare la scuola. L’Education act non riguardava soltanto i media, ma creò cittadini più alfabetizzati che nell’industria mediale (es. stampa) andarono a costituire un pubblico sempre più ampio. Altri due fenomeni che non riguardarono direttamente l'industria dei media ma che la impattarono furono: la crescente urbanizzazione → migrazione da aree rurali a urbane l’estensione del diritto di voto a fasce sempre più ampie della popolazione Questi due fenomeni impattarono positivamente la stampa perché, potendo votare le persone avevano una motivazione in più per farsi un’idea propria ed esprimere la propria opinione. Inoltre, spostandosi dalle aree rurali alle città, ovvero i grandi centri dove avvenivano processi e decisioni, vi era un pubblico che si sentiva più parte di questo dibattito e che voleva partecipare attivamente. Una nuova norma fu, inoltre, quella dei trasporti speciali. Venne ampliata la rete ferroviaria e nuovi treni collegarono i centri urbani con le aree rurali. Su questi treni speciali potevano viaggiare persone e merci, tra cui i giornali. I giornali che all’epoca si dividevano in due copie (mattina e pomeriggio), riuscirono così a raggiungere anche le aree periferiche. Infine, ci fu l'abolizione delle imposte, che nel ‘700 in UK erano state promulgate con lo Stamp Act (1712) per limitare la circolazione dei giornali. Nell’800’ la stampa cambiò e l’abolizione di queste imposte portò alla crescita della diffusione dei giornali. USA Negli anni 30/40 dell’800’ ci furono processi di urbanizzazione che contribuirono a creare un ceto operaio più specializzato e un ceto medio che diventò il pubblico privilegiato dei giornali che si producevano in quel periodo. Questi giornali erano popolari, con un prezzo più basso e una più elevata tiratura. Anche in questo caso non è che prima non ci fosse una tradizione di giornali (c’erano i Quality papers, ovvero dei quotidiani di economia e politica che però si rivolgevano a delle élite). Con questo nuovo pubblico, non di élite, si poté mettere in circolazione dei giornali che avevano un prezzo più basso. In USA, come in UK, il pubblico si dimostrò interessato a essere parte di questo dibattito pubblico e quindi a conoscere quello che stava succedendo nel proprio paese e nel mondo → cresce la domanda di informazione, ovvero i giornali, anche in un’ottica concorrenziale l’uno con l’altro, avevano bisogno di approvvigionamento di notizie. I giornali ricevevano le notizie dalle agenzie di stampa internazionali, ovvero degli organi intermedi che nacquero proprio in questo periodo con il compito un po’ di gatekeeper, ovvero di essere degli intermediari tra il fatto accaduto e l’articolo di cronaca che riporta quel fatto. Le agenzie di stampa nacquero in questo periodo per fornire ai giornali dei contenuti che fino ad ora risultavano inaccessibili o più difficili da avere. L’agenzia di stampa riporta il fatto così com’è; il giornalista che lavora in una redazione, invece, prende la notizia dall’agenzia di stampa e la rielabora, la commenta, la arricchisce, dando una lettura vicina al pubblico a cui il giornale vuole rivolgersi. L’effetto di una sempre maggiore richiesta di notizia e la nascita sempre maggiore di giornali, fece sì che in questo periodo si desse più risalto alla cronaca, quindi al racconto dei fatti, piuttosto che alle opinioni. Una serie di innovazioni tecnologiche permise la tiratura di un numero più alto di giornali. NUOVA ORGANIZZAZIONE DELLA STAMPA I mutamenti principali che toccarono l’industria della stampa furono principalmente due: L’avvento della pubblicità→ la pubblicità utilizza la stampa come piattaforma e allo stesso tempo la stampa ha una nuova fonte di entrata che è fondamentale per il guadagno. L'avvento della pubblicità rese possibili finanziare una stampa popolare economica. Lo sviluppo di catene di giornali e periodici → si svilupparono delle catene in mano ad un’unica proprietà, che riorganizzarono l’assetto industriale della stampa, secondo un’ottica di economia di scala. Quindi all’aumento della scala di produzione, diminuì proporzionalmente il costo unitario del prodotto. Il singolo giornale prodotto all’interno di una catena di giornali costerà meno e ciò fu fondamentale per renderlo più accessibile a tutti, e non ad un pubblico di élite. Questa idea di organizzazione di produzione industriale rivoluzionò completamente l’idea della stampa. Prima di questo momento i giornali erano gestiti come piccole aziende di famiglia, il proprietario del giornale era spesso il direttore del giornale e utilizzava il giornale come piattaforma per esprimere le proprie opinioni all’interno di un dibattito pubblico, che però rimaneva confinato alle élite → il giornale veniva prodotto da chi faceva parte di un certo establishment per altre persone di quello stesso ambiente e non aveva l'ambizione di raggiungere un pubblico ampio. Nell’800’, invece, la stampa andò incontro ad un processo di commercializzazione, cioè i giornali di informazione non erano più quella piccola azienda familiare dove proprietario e direttore sono la stessa cosa, ma i giornali diventarono grandi imprese industriali che miravano a creare un profitto. Quindi i proprietari (press barons) dei giornali offrivano dei prodotti in grado di raggiungere un pubblico di massa, così da generare un profitto. Pertanto, produrranno dei giornali completamente diversi. Allo stesso modo le aziende che volevano vendere i loro prodotti capirono che, sponsorizzando i loro prodotti attraverso i giornali che arrivano a quel pubblico di massa, avevano una possibilità in più di vendita. Quindi questo pubblico di massa, dotato di un potere d’acquisto che gli permettesse di rispondere alla loro pubblicità comprando, interessò anche agli inserzionisti, cioè a chi si occupava di pagare le pubblicità. Quindi questi inserzionisti utilizzavano i giornali come mezzo per vendere i propri prodotti. Non a caso in questo periodo nacque un soggetto che fece da intermediario tra esigenze degli inserzionisti ed esigenze del giornale: le agenzie pubblicitarie. Esse rispondevano alle esigenze dell’inserzionista che investe i soldi, adattandole però alle esigenze del giornale. Quindi, in questo periodo, con la creazione di grandi catene che puntavano a un grande pubblico, vediamo un sistema industriale basato su relazioni di dipendenza. Gli inserzionisti dipendevano dalla stampa perché, affinché la pubblicità fosse efficace, il giornale doveva raggiungere un ampio pubblico. Gli industriali dipendevano dalle agenzie pubblicitarie per la necessità di ottenere materiale di richiamo da collegare sui giornali; ma anche i padroni dei giornali nei confronti degli integrazionisti per quelle finanze che permettevano loro di mandare avanti le proprie grandi aziende. Un secondo mutamento significativo fu la nascita di catene di giornali in mano a proprietari sempre più potenti (press barons), tra questi ricordiamo: Stati Uniti: Joseph Pulitzer e William Randolph Hearst Regno Unito: Lord Rothermere e Lord Northcliffe. Da quest’ultimo prese vita una rivoluzione, la rivoluzione Northcliffe →un unico soggetto che riuscì ad ottenere sotto la sua proprietà sempre più giornali. La sua parabola ha fatto sì che diventasse un modello secondo cui strutturare la successiva evoluzione della stampa. Nel 1896 pubblicò un giornale “Daily Mail” il quale diventò il quotidiano nazionale a più alta tiratura; questo permise a Northcliffe di attirare investitori e quindi capitale potenziale che va ad investire ad altri prodotti, imprese e giornali. Iniziò così a costruire una catena di giornali popolari di successo, tale che nel 1908 Lord Northcliffe inizia la scalata anche dei Quality papers, giornali prestigiosi rivolti a un pubblico d’élite. Il fatto che egli abbia una piattaforma così ampia che va da una serie di giornali popolari ad altri giornali prestigiosi aumentò il potere d'influenza politica di Northcliffe nel suo paese, tanto che durante la WW1 venne nominato direttore della propaganda. Riuscì ad avere dunque più importanza e influenza proprio perché i giornali venivano letti da numerose persone (ci sono più giornali sotto la stessa proprietà che dicono la stessa cosa quindi si influenza un pubblico molto ampio). UN NUOVO GIORNALISMO Viene cambiato anche il contenuto del giornale. Due nuovi formati relativi ai quotidiani: ➔ Broadsheet= deriva dai Quality papers ed è utilizzato da giornali che vogliono distinguersi per autorevolezza, prestigio e completezza di servizio dell’informazione. Due esempi erano il Times di Londra e il New York Times. ➔ Tabloid= formato più piccolo, adottato da quotidiani venduti a basso presso (venduti a un pubblico ampio e popolare). Utilizzo di prime pagine molto più accattivanti Si amplia anche la diffusione di riviste e periodici, che si rivolgevano a un pubblico settoriale ben specifico. Esistevano anche prima ma contenevano contenuti scientifici o artistici di una classe economica e culturale; ora definivano la loro natura in base al pubblico a cui volevano rivolgersi, ogni rivista punterà a un mercato diverso. Oltre alla veste grafica si sviluppò anche un nuovo stile giornalistico “New/Yellow journalism” che venne adottato soprattutto dai tabloid: toni più leggeri, stile più sensazionalistico, maggiore interesse verso alcuni generi di interesse umano, titoli accattivanti per raccontare notizie che danno rilevanza a generi prima poco diffusi: cronaca nera, spettacolo, ma comunque potevano mantenere sempre un forte ruolo nell’opinione pubblica. Il momento in cui si mise molto alla prova il potere d’influenza della stampa è legato a due guerre, ovvero quella anglo-boera e quella ispano-americana, combattuta tra Spagna e Stati Uniti per il controllo di Cuba; quest’ultima in particolare vide negli Stati Uniti la nascita di un dibattito all’interno del quale i tabloid avevano un ruolo attivo. In particolare, nel corso del tempo gli storici hanno studiato i giornali prodotti in questo periodo da questo tipo di catene e come i giornali abbiano alimentato o creato un sentimento nazionalista favorevole all’intervento bellico. Gli studiosi si sono chiesti se questo tipo di comunicazione abbia spinto la popolazione a sposare queste posizioni e fare pressione sulla politica, al punto che quest’ultima decise di prendere azione e dichiarare guerra. Questi giornali facendo questo tipo di campagne promossero un’azione più forte tradotta in espressioni politiche oppure avevano interesse nell’alimentare un sentimento che già esisteva. Il controllo dell'informazione e la sua presentazione assunsero un'importanza vitale durante la WW1. L'informazione veniva manipolata in vista di due scopi fondamentali: in primo luogo, mantenere alto il morale della popolazione sul fronte interno; in secondo luogo, influenzare l'opinione pubblica nei paesi neutrali e nemici. In quest'opera la censura e la propaganda ebbero una parte fondamentale. Il ruolo della stampa di massa nel periodo che condusse alla guerra fu oggetto di dibattito: alcuni sostenevano che la stampa aveva creato un clima di opinione favorevole alla guerra, altri invece che la stampa non guidasse l'opinione pubblica ma che rispecchiasse semplicemente le idee dominanti. Nascita e sviluppo dell’industria cinematografica Le stesse trasformazioni economiche e sociali che stavano alla base dello sviluppo della stampa di massa nel tardo 800’ rappresentarono anche il contesto dell'avvento dei film come mass medium. Mentre i giornali avevano una portata limitata a una città, a una regione a una nazione, i film attraversavano i confini culturali e nazionali; gettarono quindi le basi di una cultura di massa globale, con gli USA al centro. Il cinema nacque nel 28 dicembre 1895 con una proiezione dei fratelli Lumiere. Fu la prima proiezione pubblica, a pagamento e collettiva. Queste 3 caratteristiche hanno caratterizzato la proiezione cinematografica fino ad oggi. Questa data viene presa per convenzione perché in quel periodo diversi paesi e soggetti si interessarono alle immagini in movimento. Se fossimo negli USA prenderemmo come convenzione il cinetoscopio di Edison. L’interesse nacque ancora prima del cinema, con strumenti ottici, ad esempio la camera oscura di Leonardo che fu fondamentale per il cinematografo, oppure le lanterne. Queste testimoniano un interesse per le immagini in movimento; quest’ultime fin dal principio venivano organizzate per diverse funzioni: scopi scientifici scopi educativi (es. la catechesi) scopi ludici (intrattenimento) Il cinema è un medium che ha caratteristiche tecnico-scientifiche e ludico-spettacolari. Alla base c’è sempre una componente tecnologica, ma poi l’applicazione è ludico-spettacolare. Evoluzione della dimensione testuale → il linguaggio tecnologico va evolvendosi su questo doppio binario. La vocazione del cinema, ovvero il tipo di utilizzo di queste invenzioni tecnologiche, è di intrattenimento popolare, ovvero di un pubblico di massa (società di massa). I primi film con una durata limitata e una narrazione semplice, rappresentavano scene di vita quotidiana, spesso di un paese lontano da quello degli spettatori. Si rappresentava l’interezza dell’azione, in modo che ogni singola veduta fosse autonoma, autoconclusiva, autosufficiente. All’epoca i film venivano distribuiti con l’esercente che acquistava il film e voleva sia uno spettacolo autonomo, sia che stesse di per sé in piedi. Camera fissa, unico punto frontale senza stacchi (non esisteva l’idea di montaggio), il campo largo/totale a figura intera e girato all’aperto. Non c’era il bisogno di costruire una narrazione perché l’elemento di spettacolarità era la possibilità di vedere l’elemento in movimento, non c’era bisogno di raccontare una storia o degli effetti speciali. Le sale cinematografiche non esistevano, e quindi le programmazioni erano trasmette nei teatri, fiere ambulanti, nei luoghi di intrattenimento dove si era già abituati ad andare. Non c’era colonna sonora ma ci poteva essere un accompagnamento dal vivo con l’orchestra o singoli strumenti. C’era anche la presenza di un imbonitore, un intrattenitore che aveva il compito di attirare gli spettatori alle proiezioni, commentava ad alta voce i film più lunghi, muti e senza didascalie. I film così non potevano essere l’unico elemento spettacolare, quindi queste vedute si andarono a inserire in mezzo ad altri numeri di spettacolo all’interno del locale. Uno studioso Noel Burch, la identificò come fase di attrazione mostrativa, ovvero una fase in cui lo stupore era legato semplicemente alle immagini in movimento. Da questa fase, nel 1908 si entrò nella fase di integrazione narrativa, dove si iniziarono a inserire racconti nelle vedute, sperando che potesse essere un valore attrattivo per l’epoca. George Melies, a differenza dei fratelli Lumiere, si rifece all’immaginario più grottesco e fantasioso, adattando questi immaginari a questo nuovo medium e utilizzò le nuove innovazioni tecnologiche del cinema, utilizzando effetti ottici, ad esempio, quello della doppia esposizione. Gli elementi di continuità rimasero comunque la camera fissa e la figura intera. Nel 1902 Melies realizzò il “Le Voyage dans la Lune” messo in scena in uno studio cinematografico. Qui racconta una storia, non basta più una sola veduta, ne servono di più → tentativo di montaggio, assemblaggio per creare una relazione tra una scena e l’altra. Ogni singola veduta non è autonoma e non ha senso, non dobbiamo vedere il film veduta per veduta, ma per la sua interezza. A questo punto vendere non era più vantaggioso per l’alto prezzo, iniziò quindi il sistema di noleggio. “The Kiss in the tunnel” di Smith, appartenente alla scuola di Brighton, utilizzava tre vedute creando il movimento posizionando la camera sul treno in movimento, questo effetto si chiama “Phantom ride”. Di per sé i 3 momenti sono smembrabili, ma allo stesso tempo è pensato come un film nella sua interezza. Un altro esempio di film è “Rescued by Rover” dove l’immagine iniziale e finale del cane e della bambina (emblematic shot) è messa per far capire chi sono i protagonisti. C’è una sorta di raddoppiamento del tempo, vediamo tutta la parte del cane e poi tutta la parte della mendicante. All’epoca erano abituati al trattamento della funzione temporale col raddoppiamento, è una questione di codici, e se lo potevano permettere finché le azioni erano semplici, oggi invece utilizziamo il montaggio alternato. C’è stato anche un movimento di camera, quando l’attore stava uscendo dall’inquadratura in modo da seguirlo → la macchina poteva muoversi, ma visto che non entrava nei codici linguistici non veniva fatto (c’erano solo piccoli movimenti). Alla fine, c’è stato un emblematic shot che ingrandì l’inquadratura→ funzione di riepilogo. L’istituzionalizzazione del cinema americano È la cinematografia che riuscì a mettere a punto un sistema pienamente industrializzato arrivando allo studio system. Fino agli anni 10/15 del 900’ non era quella più di successo, ma lo erano invece quella francese e italiana. Il successo delle grandi compagnie americane che riuscirono rapidamente a scavalcare la Francia e nel lungo periodo a dominare il cinema mondiale, fu causato dagli effetti della WW1. Dal momento dello scoppio del conflitto la produzione cinematografica europea si contrasse fortemente, con il trasferimento di uomini e risorse sullo sforzo bellico. Dato che gli USA rimasero neutrali fino al 1917 gli esportatori dei film americani trassero tutto il vantaggio possibile dal conflitto, inserendosi nei mercati prima dominati da società francesi e italiane. Le case cinematografiche americane potevano permettersi gli elevati livelli di investimento necessari per realizzare lungometraggio della migliore qualità, mentre nel quadro di mercati nazionali più piccoli l'investimento della produzione cinematografica comportava rischi maggiori. La complessità della società americana con la sua varietà etnica religiosa e regionale preparava i cineasti di Hollywood ad accontentare un'ampia gamma di pubblici. La capacità degli americani di attraversare i confini etnici e di classe rappresentava un vantaggio notevole sui mercati cinematografici mondiali. “Birth of Nation” di 1915 di David W. Griffith per convenzione, viene posto come spartiacque tra cinema primitivo e cinema classico. Questo film è rappresentativo di una serie di tendenze del cinema americano e di tutto il panorama cinematografico. Il film dura più di tre ore e non può reggere il montaggio. In queste tre ore ci sono diverse storie che parlano della guerra di secessione americana con un linguaggio chiaro ed elaborato che segue chiarezza espositiva, narrativa e coinvolgimento empatico del narratore. La scena si alza con una didascalia, il cinema è ancora muto ma vengono inserite parti scritte che sostituiscono i dialoghi o che diventano la voce narrativa. Il pubblico sa leggere, incremento dell’alfabetizzazione. In alto ci sono le iniziali di Griffith -> si rivendica chi fa il film e chi lo produce in un’epoca dove i film sono venduti, quindi plagiati. In questo periodo si instaurò il concetto di proprietà che diventò diritto d’autore. Si inserisce il logo della casa di produzione all’interno delle scene, in questo momento produttore e regista non sono la stessa persona, ma nel 1915 si stabilisce l’idea di paternità del film, che a seconda di dove ci troviamo porta a un’idea di autorità. Griffith usa il mascherino che serve a mettere il focus sui protagonisti perché rivela un certo tipo di complessità. Viene utilizzata una macchina con una nuova mobilità, non c’è più la necessità di fare figure intere ➔ si possono fare primi piani/ piano americano (fino a metà coscia) per empatizzare verso il personaggio, che sono i catalizzatori dell’attenzione del pubblico. Sono presenti tanti punti macchina che spezzano la scena, tenuti insieme dal montaggio. Il numero di inquadrature e la sua frammentazione produce suspence. Si ricerca un coinvolgimento empatico. ➔ si cambia modo di produzione e fruizione modo di fruizione: Al tempo i film erano fatti in luoghi di intrattenimento. Dal 1905 nacquero le sale cinematografiche, costruite in palazzi prestigiosi che attiravano il pubblico borghese ed aristocratico. Nacquero inoltre delle sale chiamate Nickelodeon, dove per entrare serviva un nichelino e si potevano vedere più film uno dopo l’altro ad un prezzo popolare. È importante la distinzione dei film di serie A e quelli di serie B, perché questo doppio binario vale sia per le sale che per come si producono i film. Smette definitivamente l’acquisto del film ma c’è il noleggio. Il proprietario è il produttore che lo distribuisce, attraverso il distributore e arriva all'esercente. I produttori vendevano o affittavano le copie ai distributori che a loro volta le noleggiavano alle sale, ciò che permetteva di cambiare spesso il programma offerto al pubblico. Lo studio system rivoluziona → produzione, distribuzione ed esercizio. Lo studio system è un modello industriale che nacque in Francia, ma ebbe maggiore successo negli anni 30’ e 50’ negli USA. Le cinematografie fino alla prima WW1 erano quelle europee. Col sopravvento di Hollywood a partire dagli anni 10’ si cercò di migliorare la produzione dell’industria cinematografica e il modello fordista della catena di montaggio. Il centro della produzione si spostò da New York a Hollywood. In questo periodo si gettarono le basi della golden age del cinema che andò dagli anni 20’ agli anni 50’ del 900’, fino ad allora non fu mai messa in discussione. Costruzione o acquisizione di catena di sale cinematografiche da parte delle case di produzione → le società di produzioni volevano garantire che i propri film fossero distribuiti e proiettati, mentre i proprietari di sale avevano bisogno di un rifornimento sicuro di buone pellicole da mostrare al pubblico. Vengono proiettati i film che ho prodotto, mi assicuro che il mio investimento non vada perso. Si applica all’industria americana il modello di integrazione verticale visto già in Francia: i grandi studios controllano le 3 fasi della filiera americana: produzione (realizzare il prodotto), distribuzione (fare da organo mediatore tra chi realizza e il pubblico) ed esercizio (gestione delle sale cinematografiche). L’implementazione dell’industria cinematografica procede per altre vie, ovvero l’ottimizzazione della produzione attraverso la produzione di linee di produzione differenti: creando prodotti di serie A e serie B (costano poco e ci sono poche aspettative) che corrisponde ad ognuna una linea di produzione e una classificazione dei generi. Un’altra pratica è la block booking → le case di produzione controllano l’esercizio, però ci sono anche le sale indipendenti nate prima che gli studi attuassero il controllo verticale. Per far controllare queste sale indipendenti si usa il noleggio a pacchetto (film di serie A + altri film di serie B) dei film da parte di una casa di produzione verso un esercente indipendente. Questo assicurava alle grandi case un ricavo su ogni film che realizzavano e i produttori indipendenti dipendevano dalla disponibilità delle majors (fornivano i film con i più importanti attori e i migliori produttori, registi e sceneggiatori) a distribuire e proiettare il loro film. Questo tipo di pratica fece sì che dagli anni 20’ si andò a costituire un oligopolio, ovvero pochi soggetti che controllavano quasi completamente un mercato. Si parla di Big Five, cinque grandi studi che si occupano di produzione, distribuzione, possedevano sale e applicano il concetto di controllo verticale (Paramount, MGM, Fox, Warner e RKO) e i Little Three (Universal Columbia → produzione e distribuzione, United Artists → forniva una rete di distribuzione ai produttori indipendenti) sono sempre studi importanti, ma che non controllano le sale. I Poverty Row, come Monogram e Republic, si occupano dei film di serie B. Questa struttura rimase intoccata fino agli anni 50’, il successo crescente dell’industria porterà questi studi a diventare sempre più grandi. Ci sono altri elementi che favoriscono a questa dimensione istituzionale del medium cinematografico: un esempio può essere lo star system, ovvero avere una star sotto contratto. Il divismo non è una novità, ma la vera novità fu l’integrazione dell’industria cinematografica con gli altri media (stampa e radio) → iniziarono a nascere delle agenzie di stampa specializzate nel costruire l’immagine pubblica di un attore e attrice fuori e dentro lo schermo, quindi a proporre alle cronache dello spettacolo, gossip. Le immagini pubbliche aiutarono a vendere un immaginario, un’illusione e quindi biglietti. Questo sistema impattò sull’evoluzione del linguaggio → cambierà il tipo di recitazione, l’attrice sarà più al centro di un coinvolgimento empatico. I primi trent'anni del secolo furono caratterizzati dall'adozione di una visione più liberale dei comportamenti sessuali e dal superamento del tabù tradizionale che impediva di parlare di temi sessuali → Per questo molti ritenevano che il cinema fosse responsabile di un declino generale dei principi morali. Negli anni successivi invece, interverrà una forma di censura adottata dallo studio system, che si rilevò una forma sofisticata di controllo da parte dello studio system stesso sulle sue produzioni. Si rilevò una forma di autocensura, io che produco i film decido cosa far vedere così che non lo faccia lo stato → il vantaggio è che minimizzo il rischio di investimento, investo in un film che so che non verrà tagliato dallo stato. Questa forma di autocensura è un altro elemento che non riguarda proprio la struttura dello studio system, ma è un elemento aggiuntivo fondamentale per garantire l’istituzionalizzazione dei grandi studi. Si iniziarono a produrre una serie di narrazioni scandalistiche su ciò che accadeva ad Hollywood. L’interesse sulla vita degli attori era alto e la stampa raccontava eventi morbosi e scandalistici. In questi anni venne coniato il termine Hollywood Babilonia. I racconti fatti in questi anni portarono all’indignazione dell’opinione pubblica, a tal punto che la censura statale decise di intervenire sui film → questo è un rischio troppo alto per i produttori degli studi che quindi decisero di associarsi e creare una loro forma di autocensura per rendersi credibili agli occhi dello stato affinché non intervenisse -> MPPDA ( oggi è MPAA), questa chiamò un ministro delle poste di schieramento repubblicano Will H.Hays e gli chiese di redigere delle linee guida su che cosa si potesse far vedere all’interno delle produzioni hollywoodiane → nel 1922 fu instituito il Production Code, che elencò i soggetti e i modi in cui si potevano rappresentare certi temi → es. l’adulterio si poteva rappresentare ma doveva essere messo in una luce negativa; oppure l’omicidio doveva essere commesso dall’antagonista e doveva essere punito. Questo code venne adottato nel 22’, per scongiurare l’intervento della censura statale, ma in realtà fino al 34’ non venne adottato. Venne adottato proprio in questo anno perché quel movimento di opinione pubblica ancora indignato, quando le cose non cambiano dopo il 22’, minacciano di boicottare tutti i film dello studio system ritenuti ancora indignati. Allora si decise di adottarlo in maniera stringente perché il boicottaggio avrebbe portato un grandissimo danno economico. Gli studiosi furono obbligati a sottoporre sia le sceneggiature sia i film completati e chi faceva uscire un film senza sigillo d'approvazione dalla andava incontro a sanzioni. Questa situazione andò avanti fino al 1967 quando verrà sostituito dal rating system (bollino rosso, giallo e verde). Proprio nel 67’ perché fu un anno di fermento per la società che andò verso direzioni più progressiste. Il cinema aveva un rapporto ambivalente con la società, se proponiamo uno scenario per 30 anni entrerà a far parte della società. Se intervengono altre forze noi dobbiamo adeguarci e lo scenario cambia. Il cinema presentava una visione del mondo coerente, basata su precise posizioni in maniera politica, di colore della pelle, di appartenenza etnica e di americanismo. LE INNOVAZIONI TECNOLOGICHE E LO STILE CLASSICO L’evoluzione del cinema avviene su un doppio binario, tecnico-scientifico e ludico-spettacolare. Un’importante innovazione fu l’introduzione del sonoro nel 1927, che implicò tante innovazioni tecnologiche per registrare il suono. Questo fu uno svantaggio perché ci si iniziò a porre la domanda su che lingua distribuire il film e si cambiò anche il luogo di registrazione del suono per le pellicole. Solo le sale di serie A potevano permetterselo → non c’è un’evoluzione lineare. Un’altra innovazione era il technicolor (nome della società produttrice) per introdurre il colore e il cinematoscope, il formato panoramico. Prima del doppiaggio, nei grandi studi si rigirava la stessa scena con attori di nazionalità diverse. Tutti questi passaggi di affermazione presso il pubblico sono sempre accompagnati dalle innovazioni tecnologiche. Il colore e il cinematoscope furono adottati negli anni 50’ per via dell’avvento della televisione. Tutto questo portò a definire un nuovo sistema dei generi → queste innovazioni impattarono al punto di cambiare alcuni generi, inventarne altri e invertire l’ordine di importanza. Con l’avvento del sonoro iniziò il musical, mai fatto prima e pian piano si uniscono con altri generi. Altri generi che cambiarono sono gli horror, animazione, comico (ora la comicità sta anche nelle parole), western e i gangster movies (il protagonista diventa il detective). Dalla radiotelegrafia alla radio di broadcasting Con la radio di broadcasting ci collochiamo negli anni 10’, quando la radio entrò nei costumi culturali delle popolazioni. La sua golden age fu negli anni 30’ e 40’. È un medium che si affermò in questi anni, ma i progressi tecnologici anticiparono il suo affermarsi. Le dinamiche che portarono al suo affermarsi furono di tipo economico, sociale politico e frutto dell’evoluzione dei media. Le novità che portò questo medium furono in ambito domestico e collettivo. È un medium con natura di intrattenimento e informazione. Il quadro dei progressi tecnologici risale all’invenzione della telegrafia senza fili, che permetteva una comunicazione vettoriale attraverso il codice mors, che azzerò i tempi di comunicazione per la prima volta nella storia. Il primo ad utilizzarlo fu Guglielmo Marconi, che già alla fine dell’800’ svolse degli esperimenti anche in Gran Bretagna. Nel 1901 ci fu la trasmissione del primo segnale radiofonico transatlantico, e l’introduzione della telegrafia senza fila tra nave-nave e nave-terra. Questo fu possibile grazie al Marconigramma, che traduceva i messaggi. Gli investimenti della marina furono importanti per permettere alla tecnologia di evolversi. La marina investì come forma di comunicazione e non di broadcasting. Se in Italia l’invenzione della radio è attribuita a Marconi, in Usa è attribuita a Lee de Forest, il quale inventò l’audion, una valvola che serviva per la trasmissione e l’amplificazione della voce. La marina finanziò questo tipo di sperimentazione per comunicare con le altre navi. Si iniziarono a sperimentare le nuove potenzialità dello strumento radio →si iniziò a trasmette musica lirica dal vivo e registrazioni fonografiche della Torre Eiffel. Si sperimentano gli usi civili importanti della nostra vita che permisero alla radio di diventare un mezzo di comunicazione di massa. In questo processo si inserì l’affondamento del Titanic, che portò attenzione a questa nuova tecnologia perché le operazioni di salvataggio furono coordinate con la telegrafia di Marconi. Ci fu tanto fermento e interesse per queste innovazioni tecnologiche tanto che si andarono a creare gruppi di radioamatori, che autonomamente sperimentavano lo strumento tecnologico come mezzo di comunicazione o di svago. Costruirono in maniera amatoriale delle radio che permisero di entrare in comunicazione con altre radio. Con la WW1 la radio si bloccò e ne venne impedito l’utilizzo in ambito civile. Negli USA le attività di Marconi finirono sotto il controllo dello stato e i radioamatori furono bloccati per non essere usati contro gli altri paesi. La marina però va ancora a investire. Il progresso tecnologico però proseguì e aumentò la qualità delle trasmissioni. Quando la guerra finì la tecnologia era estremamente più avanzata e non ci furono più i divieti → negli anni 20’ il broadcasting esplode e iniziò a coinvolgere interessi commerciali. Affinché questo nuovo strumento diventi di massa, ci devono essere delle condizioni in ambito sociale: serve la corrente in tutte le case continua crescita dell’urbanizzazione aumenta la mobilità che necessita di strumenti di comunicazione veloci ed efficienti la crisi del 29 che porta le famiglie a vivere di più l’ambiente domestico l’ascolto diventa collettivo Influirono sul tipo di radio le specificità delle politiche economiche del contesto americano e britannico. USA: MODELLO COMMERCIALE Queste nuove potenzialità iniziarono a interessare dei gruppi commerciali che volevano investire nel broadcasting radiofonico. Nel 1919 venne instituita la RCA- Radio Corporation of America, che comprendeva quelle aziende che producevano o device o che erano proprietari delle linee di cavi attraverso i quali la radio funzionava. Questa difendeva gli interessi di chi voleva investire nel nuovo settore. C’era interesse intorno a una nuova tecnologia, chi aveva interesse si unisce e gestisce questo nuovo mercato. Il primo programma radiofonico che andò in onda negli USA nel 1920 era di proprietà della Westinghouse, l’emittente era la KDKA, trasmettendo i risultati delle elezioni elettorali. Anche altri membri della RCA iniziarono ad aprire altre stazioni radiofoniche. Alla AT&T venne l’idea di collegare in un’unica rete tante differenti emittenti, che dovranno pagare una tariffa per collegarsi. Questo sistema aprì la strada alla creazione di catene o network di emittenti che trasmettevano contemporaneamente lo stesso programma, e funzionava perché corrispondeva alla dinamica di concentrazione della proprietà → inizia a essere più vantaggioso essere uniti in una catena di radio, piuttosto che singoli → nel 1926 nacque il primo network: la NBC. Successivamente se ne crearono altre (CBS, MBS, ABC), che controllavano il mercato, perché tutti gli emittenti del paese erano all’interno a uno di questi network. L’unica differenza col cinema è che nel 1927, il congresso americano istituì un nuovo organo FCC (Federal Communicatios Commision), che: doveva controllare questo mercato di oligopolio regolamentando le loro attività, assicurandosi che non diventasse un monopolio lasciare spazio all’iniziativa dei dipendenti le emittenti operassero in un’ottica di interesse pubblico. Essa non scongiurò il predominio dei network. Negli USA le dottrine politiche-economiche adottate erano quelle capitalistiche, e quindi lo stato non aveva interesse di interferire con un’industria funzionante. I giornali si finanziavano attraverso la pubblicità, ovvero gli inserzionisti (realizzavano programmi o li sponsorizzavano), e lo stesso avvenne con i broadcasting radiofonici. Nei giornali si poteva trovare la pubblicità nelle pagine, in questo caso non c’è spazio fisico, ma temporale. L’offerta e i programmi del broadcasting sono da inventare, quindi le agenzie pubblicitarie che si occupano di creare la pubblicità, si dotarono di dipartimenti speciali e si intestarono la responsabilità di scrivere e confezionare i programmi completi. Nella prima fase non c’era un’esigenza editoriale, ma l’unica era quella dell’inserzionista. Questo portò alla realizzazione di programmi popolari di intrattenimento leggero (es. musica, gossip). Questo tipo di influenza degli sponsor commerciali diventò tanto più forte tanto quanto si inserirono gli strumenti di misurazione del pubblico, ovvero gli indici di ascolto → se un programma avesse avuto indici alti allora l’inserzionista avrebbe potuto continuare a finanziare i programmi. MODELLO SERVIZIO PUBBLICO UK Negli anni 20’ le poste britanniche concessero licenze e autorizzarono la Marconi Company a trasmettere da una stazione radio chiamata 2LO. Anche in UK c’era un interesse di investimento da parte degli attori industriali, ma il ministero delle poste propose la creazione di un consorzio all’interno del quale erano compresi anche gli attori industriali interessati a investire. (In USA avevano creato la loro corporation). Affinché questo consorzio diventi dipendente, si trasformò in un ente a statuto regio. Il consorzio che si creò nel 1922 fu la British Broadcasting Company che diventò poi una corporation, la BBC. Questo statuto permise alla BBC di non subire le pressioni dirette di interessi commerciali ed industriali e allo stesso tempo di non subire il controllo diretto del governo, perché era un ente autonomo che agiva su settori diversi, con il compito di promuovere interessi nazionali. È un ente autonomo e indipendente sia da ingerenze politiche, sia da interessi commerciali e da attori industriali (non possono controllare il broadcast). Per quanto riguarda la pubblicità, i soldi per finanziare la BBC vennero trovati nel canone. Diventò autonoma da pressioni commerciali perché non basava i suoi introiti nella pubblicità. Si basava su un sistema di fondi pubblici che prevedevano una tassa su vendita di apparecchi radiofonici e prevedevano una tassa canone da parte degli ascoltatori. Agisce in una situazione di monopolio. Il mercato veniva controllato solo da un ente e non dallo stato e non rispondeva agli interessi di mercato. Dovremo adottare uno statuto che definisce quelli che sono i nostri obiettivi. Secondo la BBC bisognava informare, educare, divertire. Godeva di un’ampia libertà ed autonomia purché agisca nel rispetto di questi obiettivi. SIR JOHN REITH: direttore generale della BBC fino al 1938. La guidò nel decennio della sua formazione e contribuì a darle un’identità. Faceva parte di un establishment che credeva che le istituzioni avessero il compito di guidare il pubblico, di forgiare il gusto degli ascoltatori e una funzione educativa. La BBC aveva quindi l’idea di essere autonoma grazie a lui. Questo fa capire come fosse un ente autonomo, ma si poteva in allineamento di un establishment culturale del paese. La sua autonomia non lo fece un organo di opposizione al potere politico, ma di accompagnamento. Negli anni 30’ quindi, si erano ormai affermati due modelli di radio: quello americano e quello britannico. Negli USA la radio commerciale aveva come cardini i network, che in concorrenza tra loro, dipendevano dagli introiti della pubblicità e dalle sponsorizzazioni e fornivano programmi intesi a esercitare un richiamo su pubblici di massa e a intrattenere prima di tutto. La BBC aveva il monopolio delle trasmissioni radiofoniche anche in Gran Bretagna. Questa radio era un servizio pubblico che si basava su fondi pubblici, non accettava pubblicità e godeva di una considerevole indipendenza nel quadro dell'obbligo generale di fornire notizie, informazioni e intrattenimento previsto dallo statuto: si intendeva comunque che questo raggio dovesse innanzitutto istruire e solo in secondo luogo divertire. La programmazione e la concorrenza Tra le due guerre mondiali l’uso della radio crebbe esponenzialmente. A contribuire a questa diffusione furono anche le innovazioni tecnologiche che cambiarono le modalità di fruizione → non si utilizzarono più solo le cuffie, ma anche gli autoparlanti. La radio diventò un medium di cui si poteva fruire in maniera collettiva → acquisì una nuova centralità sia nell’ambito domestico che nel tempo libero (ascolto collettivo). Se la diffusione della radio diventò così capillare, bisognava trovare una programmazione adatta a soddisfare il pubblico: la prima trasmissione importante degli USA riguardò le elezioni. Come si strutturano i programmi? Inizialmente la radio attinse dalle forme di spettacolo fondamentalmente già esistenti o, meglio, da quelle forme di spettacolo già esistenti che potevano adattarsi più facilmente alle specificità del medium. Per esempio, si erano fatti esperimenti di trasmissione di: concerti dal vivo, di conferenze pubbliche, di spettacoli comici direttamente dai teatri dove si stavano svolgendo questi spettacoli → non c’era inizialmente un vero e proprio confezionamento di programmi adatti alla radio; quindi, si cercò di riadattare delle forme spettacolari già esistenti. Allora si iniziarono a mettere a punto dei programmi radiofonici adatti a sfruttare le specificità del medium: furono gettate le basi di un rapporto duraturo fra radio e l'industria musicale. Non solo la musica divenne una componente importante dei programmi radiofonici, ma la radio ebbe a sua volta un impatto considerevole su quest'ultima, creando la possibilità di un ascolto a distanza da parte del pubblico. Il nuovo medium divenne quindi allo stesso tempo un divulgatore senza pari di musica e il mezzo di gran lunga più efficace per vendere dischi. L'utilizzazione della musica per l'intrattenimento radiofonico ebbe effetti considerevoli sull'industria musicale. Inoltre, divennero importanti le cronache sportive (genere che diventerà centrale nella stampa), bisognava reinventare la radiocronaca e i radiodrammi (adattamenti di romanzi messi per sfruttare a pieno le potenzialità della radio) → si cercò di stimolare l'immaginazione dello spettatore per avere un coinvolgimento empatico più forte. L’esempio più celebre è quello della “Guerra dei mondi” di Orson Welles, un adattamento dichiarato di un romanzo di fantasia, che riuscì a far credere alle persone di star ascoltando la cronaca vera e propria di uno sbarco marziano sulla terra. Welles riuscì a giocare con quelle che erano le potenzialità immaginative e manipolatorie del mezzo. Fece tanto scalpore poiché sembrava un’intervista dal vivo → sirene in sottofondo, vociare in sottofondo. Troviamo i codici di un altro genere diverso dal radiodramma, quello della cronaca. → i nuovi radiodrammi si andarono sempre di più a conformare secondo le esigenze del medium, permettendo di calarci all’interno della scena. Si iniziarono a creare dei radiodrammi di qualsiasi genere. Oltre per l’intrattenimento, la radio era una fonte di informazione in mano ai politici dell’epoca, per scopi elettorali e propagandistici. Si usava questo strumento sapendo essere di ascolto domestico e collettivo, per rivolgersi direttamente ai propri elettori. Fu la prima volta che si utilizzarono i media in questo modo a livello politico. Più rilevanza dei programmi musicali: la radio aveva bisogno della musica per riempire il suo palinsesto, la musica aveva bisogno della radio perché trovò in lui una nuova vetrina di esposizione per ampliare le sue possibilità commerciali. Negli anni 20’ (i Roarring Twenties) si iniziarono a vendere molti più dischi e ai direttori delle orchestre vennero affidate delle particolari rubriche settimanali in cui si segnalavano i titoli più venduti dell'industria discografica: nacquero le classifiche, su cui ora si è andata costruire la televisione musicale. Tutto ciò vale sia per UK che per USA, sebbene i contenuti saranno un po’ diversi: in UK, per esempio, ci saranno sicuro i programmi musicali, ma si prediligeranno le opere classiche e teatrali. A partire dagli anni 30’ ci fu pure una collaborazione tra industria cinematografica e radio → attori venivano prestati ai radiodrammi per fare pubblicità. I rapporti con la stampa diventarono più concorrenziali sia in UK che in USA, perché la radio era un concorrente nell'offerta di notizia al pubblico, concorrente insidioso perché le poteva fornirle prima e anche in maniera più accattivante e in diretta. In UK l'associazione dei proprietari di giornali tentò di non far trasmettere notizie dopo le 19:00. Tuttavia, questo tipo di imposizioni non fermò la sua l'affermazione. Alcuni fatti storici entrarono a favore di essa: sciopero del 1926: impedì la distribuzione di giornali, e quindi i cittadini andarono a cercare l'informazione da qualche altra parte e quindi alla radio anche dopo le19:00 →diventa un punto di riferimento per l'informazione. l'incendio del Cristal Palace del 1936: fu un evento importante per fidelizzare il pubblico nei confronti della radio come fonte di informazione, perché il cronista della BBC poteva seguire l’evento dal posto → il pubblico si affeziona alla radio e vuole questo impatto emotivo che la stampa non ha → guadagna terreno come fonte di intrattenimento ma anche di informazione. La competizione tra radio e stampa diventò più forte negli anni della recessione economica (anni 30’): La radio è gratuita Gli inserzionisti, la principale fonte economica sia della radio che della stampa, decisero di investire sulla radio e meno sulla stampa Ciò portò all’emanazione del Biltmore Act (1933) -> i network radiofonici dovevano smantellare i propri programmi di informazione, mantenendo solo un bollettino informativo in orari non concorrenziali per la stampa. Anche in questo caso, la competizione e il progresso tecnologico non si poteva fermare, ed essendo in un regime di libera iniziativa economica (USA), i proprietari dei giornali, penalizzati dal successo della radio, invece di combatterla iniziarono a investire nel nuovo medium acquistando interesse nelle stazioni radiofoniche. Questa situazione rimase fino agli anni 50’ con la WW2, che vide la radio essere utilizzata anche come strumento di propaganda, alterando gli equilibri fino all’avvento della televisione. La televisione ci propose due nuovi modelli (USA e UK) con in comune una matrice tecnologica. L’origine della televisione risale agli anni 20’ quando diversi esperimenti dimostrarono che era possibile utilizzare le onde radio per trasportare e quindi rappresentare le immagini. Non c’era un unico grande inventore, nei diversi paesi c’erano varie sperimentazioni. Le figure centrali in UK e USA furono: John Logie Baird e Vladimir Zworkyn. Chi investì nelle innovazioni fu la Radio Corporation of America. Negli anni 30’, ma soprattutto nel secondo dopoguerra, iniziarono i primi servizi televisivi limitati, quando il nuovo medium televisione, ereditò dalla radio e dal cinema alcune forme che andarono a costituire le nuove forme di intrattenimento della televisione. Negli anni 50’ si iniziò a elaborare un'offerta che renderà la televisione un medium autonomo → evoluzione figlia di un rapporto tra tecnologia e società, sebbene i programmi proposti saranno di stampo diverso. La società dei consumi e l’avvento della televisione Nella seconda metà del ventesimo secolo la televisione trasformò tutti i media col suo avvento, perché divenne il medium dominante, mentre il cinema, i giornali, le riviste e le radio subirono una perdita di popolarità. La televisione fu un fattore fondamentale dell'avvento delle società dei consumi. Lo sviluppo della televisione, sebbene in parte dalla tecnologia, sarebbe anche stato plasmato dai sistemi politico sociali vigenti e dalle soluzioni istituzionali già adottate per il podcasting radiofonico. Contò molto anche l'influenza delle forme di intrattenimento già esistenti. Non diversamente dalla radio, la televisione prese l'avvio come medium parassitario → traeva buona parte del suo contenuto dagli avvenimenti del momento e per il resto elaborò generi che dovevano molto al teatro, al cinema e alla radio. Si affermarono due modelli antitetici: modello commerciale (USA) e modello pubblico (UK). Modello commerciale USA Negli anni 50’ ci fu un momento di ampliamento del benessere che comportò una rivoluzione dello stile di vita della popolazione americana, soprattutto del ceto medio. Questo cambiamento si rifletté sulle industrie dei media. I fattori che caratterizzano questo periodo furono: l’aumento delle nascite (Baby boom) → nasce una nuova generazione che avrà il potere di determinare i consumi mediali. migrazione della classe media nelle aree più periferiche per investire nell’edilizia suburbana, grazie alla maggiore disponibilità economica. Questo impattò sul cinema poiché, siccome non le sale non erano presenti nelle aree più periferiche, ma solo nei centri urbani, diventò più scomodo e costoso andarci. Il ceto medio è il pubblico di riferimento per le sale cinematografiche; quindi, assistiamo a una decrescita del cinema, e a una penetrazione della tv nella società statunitense. Questo processo di affermazione della televisione seguì un percorso di istituzionalizzazione di cui gli USA ne avevano già provato l’efficacia →si ispirano al broadcasting radiofonico. Le imprese che per prime si lanciarono nell’industria televisiva furono quelle già operanti nel settore radiofonico, che occupavano i pochi canali disponibili esportando in televisione il già consolidato sistema dei network. I network erano gruppi di stazioni legate da contratti che permettono la condivisione dei programmi per una copertura capillare del territorio USA. Si ebbe quindi un modello in mano alla libera iniziativa dei privati che costituirono dei grandi network, molto pochi che si andò a creare una situazione di oligopolio e di nuovo, network che videro nella pubblicità (inserzionisti) la principale fonte di reddito. L’organo che regolava la televisione era la FCC, come per la radio. Ciò che definiva l’identità del broadcasting televisivo era il fatto che la principale fonte di finanziamento era la pubblicità. Nonostante i costi elevati della produzione televisiva, i proprietari delle emittenti ebbero sin dai primi anni 50’ ottimi profitti assicurati grazie alla rapida crescita dei ricavi della pubblicità. Durante gli anni della WW2 si scontrarono i due colossi radiofonici RCA e CBS: il primo proponeva un piano di diffusione a tappeto della televisione una volta terminata tra guerra, basandosi sulla tecnologia in bianco e nero tarata su frequenze VHF; il secondo proponeva invece un ritardo nell'introduzione della televisione al fine di sviluppare una tecnologia a colori, sostenendo l'impegno di frequenze UHF, che avrebbero supportato un numero maggiore di canali. Nel 1945, la FCC accolse le argomentazioni della RCA, limitando notevolmente il numero di canali per centro abitato e la possibilità di una concorrenza. Questo contribuì al consolidamento di un sistema oligopolistico. A metà degli anni 50’ la struttura della televisione commerciale statunitense era ormai consolidata: i due network originali, la National Broadcasting Company (NBC) e il Columbia Broadcasting System (CBS) formavano con la più recente e debole, American Broadcasting Company (ABC) un oligopolio. Più il medium diventava popolare, più gli investitori avevano la necessità di sponsorizzare i propri prodotti attraverso quel medium. Anche in questo caso le agenzie pubblicitarie aprirono dei dipartimenti per sfruttare il nuovo medium televisivo e soddisfare i bisogni degli inserzionisti. Da una parte il broadcaster forniva contenuti ai telespettatori, dall’altra vendeva questi stessi telespettatori alle agenzie pubblicitarie → two-sided market. Quindi è un modello fondato sulla vendita di spazi pubblicitari o sull’incorporazione di sponsor all’interno dello show. La forma di sponsorizzazione era la pubblicità → sponsorizzazione unica, ogni programma era finanziato da un solo sponsor e l’agenzia doveva rispondere alle esigenze di un unico finanziatore. Come nella radio, le lavorazioni di programmi non erano nelle mani del network di emittenti televisive, ma dell'agenzia pubblicitaria, che di solito lavorava per un unico sponsor. La sponsorizzazione aveva un costo → se avessero pagato per sponsorizzare un intero programma, le aziende si sarebbero sentite in diritto di avere l'ultima parola sul contenuto. Questo fece sì che l’unico finanziatore avesse un certo potere sul destino di quel programma e che la programmazione statunitense fosse molto conservatrice e cauta → si applica ai programmi di intrattenimento, di informazione e realtà. C’era molta pressione esercitata sui produttori perché evitassero qualsiasi polemica, in modo da non compromettere l'immagine dello sponsor. Ciò non impedì di creare dei veri e propri generi che contraddistinsero il linguaggio televisivo per diversi anni. Quando si parla di programmi di qualità, si parla di: spettacoli ripresi a teatro e trasmessi in tv (live dramatic anthology). Lo sponsor è interessato a far associare il suo nome a un programma di qualità. Un esempio è “Twelve angry men”, prima che inizi il programma c’è quello che oggi chiamiamo spot, che sponsorizza. La rapida diffusione dello sviluppo e ampliamento del pubblico, favorì la diffusione di un intrattenimento più leggero, ovvero la sinergia industria cinematografica. Ce ne sono in particolare 2: 1. far vedere i film in tv, così da riempire il palinsesto con cose già di successo, e allo stesso tempo il cinema ha una nuova fronte di profitto 2. i telefilm → iniziò una collaborazione con gli studi cinematografici per la creazione di telefilm, che diventarono il punto fondamentale del palinsesto televisivo attraverso diversi generi. Piacevano al pubblico e rispetto al dramma dal vivo erano meno costoso da produrre. Durante la network era i generi più popolari erano: sitcom e drama. Fino agli anni 50’ le sitcom, come ad esempio “I love Lucy”, facevano principalmente riferimento a un target femminile e di tradizionali famiglie; già negli anni 60’ iniziarono a riflettere i cambiamenti culturali del periodo, dove le minoranze (es. LGBTQ, cast multietnico) da un ruolo marginale, passarono ad essere incluse in serie di primo piano e con ruoli importanti. Per i drama invece, se nei primi anni 50’ i live anthology erano la norma, già nei primi anni 60’ i drama da un’ora girati in studio, presero possesso del palinsesto. I più popolari erano i western, medical drama e cop. Questo tipo di programmi, messi a punto per sfruttare le potenzialità del medium televisivo, erano fondamentali per creare dei legami di fidelizzazione con il pubblico → importante sia per l’evoluzione dei medium, sia per l’interesse degli inserzionisti a investire nel medium stesso, poiché la serie poteva creare nello spettatore un attaccamento nei confronti di particolari star e personaggi, ovvero un tipo di risposta che permetteva ai pubblicitari di prevedere più facilmente le dimensioni e le caratteristiche del pubblico di un programma. I broadcaster dovevano fidelizzare il pubblico non solo ai singoli programmi, ma anche al canale stesso e al palinsesto, per evitare che il telespettatore cambiasse canale. In questo senso era importante presentare la pratica di dayparting, ovvero la suddivisione della giornata in parti durante le quali venivano trasmetti programmi appropriati all’ora e al target di riferimento. Il problema è che magari più aziende erano interessate, ma la sponsorizzazione unica andava solo a una, a quella che pagava di più → il prezzo delle serie salì sempre di più e non era fattibile che uno da solo potesse sostenerlo. Nascono quindi le sponsorizzazioni congiunte, e in seguito gli spot commerciali → intervalli di tempo in un programma, ne condizionava la durata e il ritmo (es. prima di un cliffhanger per aumentare la possibilità che il pubblico non cambi canale), ed erano appaltati a diversi inserzionisti. Questo fece sì che il rapporto tra network e inserzionisti cambi in maniera radicale. Nel momento in cui ci si trova nelle uniche, gli inserzionisti hanno più potere, ma quando ci sono sponsorizzazioni congiunte, lo ha il network. Nel corso di questo decennio cambiarono gli equilibri, il controllo creativo passò nelle mani del network, che acquisì quel controllo della produzione che prima era prerogativa degli sponsor e per mezzo di licenze si incaricarono case di produzione indipendenti della realizzazione dei programmi della vendita degli spot. Divenne così strettamente prioritario preoccuparsi dell'audience → il pubblico determinava se il programma sarebbe di successo o meno. La società Nielsen che si occupava di stimare gli share e i rating. Più il numero era alto, più un maggior numero di inserzionisti voleva investire nel programma e più si voleva investire nello spot. Per fare sì che il pubblico non calasse, bisognava non scontentarlo. Il fatto che il destino del programma dipendesse così tanto dal suo successo commerciale, fece sì che i network cercassero di rivolgersi al pubblico ampio evitando di affrontare qualsiasi tema di rilievo o attualità che potesse offendere o escludere una parte di esso. Nei primi anni 50’ la buona salute di un programma dipendeva dalla presenza di uno sponsor, alla fine del decennio questo non era più sufficiente. I network annullavano i programmi sponsorizzati con una buona considerazione, ma che erano poco seguiti perché temevano che avrebbero influenzato negativamente il flusso dell'audience verso il programma successivo. Questa tendenza conservatrice aumentò. Il timore di offendere o di escludere una qualsiasi parte di rilievo del pubblico rendeva ancora più scarsa la propensione a toccare temi controversi e alimentava una prudenza sul piano creativo che si traduceva in una riproduzione servile delle formule già consolidate Questa correte fu così forte che negli anni 60’ iniziarono a sollevarsi delle voci critiche le quali pensavano che la tv, essendo così centrale nelle vite della popolazione, avrebbe dovuto occuparsi anche di cose di interesse pubblico (es. notizie, attualità, politica). Questa richiesta venne colmata col Public Broadcasting Service (PBS) nel 1967, un nuovo network con vocazione educational e fondi in parte governativi e pubblici. Offrì un tipo di programmazione alternativa a quella leggera degli altri programmi. Fu caratterizzata da una forma di finanziamento inedita, i fondi pubblici. Modello pubblico UK: La crescita avvenne negli anni 50’, stesso contesto degli USA. Il modello che si affermò è antitetico rispetto a quello USA, perché ereditò il piano istituzionale organizzativo della radio. Al centro di tutto nella radio c’era la BBC → ente a statuto regio, indipendente dal governo e dal mercato perché come fonte di finanziamento aveva il canone, concesso il monopolio. Questo fece sì che la programmazione della BBC in un primo momento avesse una funzione pedagogica →l’obbiettivo era rivolgersi ad un pubblico ampio e generalista, non si ricerca il piacere del pubblico, chiara funzione educativa e culturale. Questa programmazione rigida portò il pubblico a disaffezionarsi alla tv. Allora la BBC propose un cambiamento per andare verso i desideri del pubblico. La popolazione era molto affezionata alla radio. Chi approfittò di questa situazione furono i privati: anche in UK le aziende private avevano interesse di investire in questo nuovo medium, cosa impossibile perché solo la BBC poteva farlo, anche se non funziona. Nel 54’ però il governo conservatore inglese emanò il Television Act, e stabilì che si poteva dare avvio ad un servizio televisivo commerciale privato alternativo alla BBC, che prese il nome di Indipendent television (ITV) → il corrispettivo della PBS negli USA. Questa era gestita attraverso un organo, l’Indipendent Television Authority, che avrebbe concesso licenze a 14 aziende situate in regioni diverse, che si finanziavano con la vendita degli spot pubblicitari, limitati a sei minuti all'ora e che avrebbe raccolto l’interesse dei privati. Vietate le sponsorizzazioni uniche perché influenzerebbero troppo. Si adottò un sistema commerciale limitando i lati negativi di quelli USA. Questa Indipendent Television era libera dai vincoli dello statuto della BBC che non appassionava il pubblico inglese. Questi nuovi programmi invece erano più leggeri e trovavano successo nel pubblico. La BBC entrò in un momento di crisi e doveva capire come uscirne. Venne quindi creata una commissione d’inchiesta nel 62’ per studiare lo stato del mercato televisivo britannico. Questa commissione portò a risultati pubblicati nel rapporto Pilkington → la ITV è troppo dipendente dal sistema commerciale, fa leva su una programmazione troppo leggera, ma quello che ci interessa è la BBC → programmazione troppo alta che non si rivolgeva al pubblico ampio e generalista, e quindi non assolve alla funzione di servizio pubblico. La BBC adottò una serie di misure che portarono il servizio pubblico inglese ad entrare negli anni 60’ nella sua Golden age. Furono introdotte misure innovative che contribuirono a cambiare l'offerta della televisione britannica; prima tra tutti l'introduzione di un secondo canale → nel 64’ nasce la BBC 2, che andò a diversificare la sua offerta. Furono create delle innovazioni che risposero alle esigenze del servizio pubblico, quello di rivolgersi ad un pubblico generalista. Il rapporto Pilkington portò a pensare che in UK, tra servizio pubblico e commerciale c'era competizione, ma collaborativa. Sono le novità portate dalla Television Act che permisero alla BBC di innovarsi e apportare cambiamenti. L'ITV attirava notevoli entrate pubblicitarie, mentre la BBC beneficiava di un aumento del canone con l'introduzione del colore sul canale BBC 2, nel 1967. Questa competizione/ collaborazione valeva solo in UK. Il modello di servizio pubblico si evolve più lentamente. Influenza nel mondo I modelli USA e UK costituirono un modello commerciale di riferimento anche in tutto il mondo. Il modello che si diffuse e sviluppò di più fu quello di servizio pubblico, che non coincideva con quello della BBC. Il modello pubblico a diretto controllo statale si diffuse nei paesi con regimi autoritari come Cina e URSS e anche nelle nazioni principali dell’Europa Occidentale, come la RAI. Il modello UK nel Commonwealth. Lo sviluppo fu più lento rispetto alla BBC perché fu spinta da l’ITV; in mancanza di questo stimolo concorrenziale, i broadcasting televisivi a diretto controllo statale si svilupparono lentamente senza la necessità stringente di evolversi. I programmi televisivi limitarono il palinsesto a poche ore di programmi al giorno, c’erano delle normative. Tutto questo fino a quando non arrivò la spinta della tv commerciale. Alla fine della WW2 la televisione stabilì il proprio predominio a un punto tale da far temere per la sopravvivenza del cinema, dei quotidiani, dei periodici e della radio. Questi media rassegnandosi alla supremazia della televisione, accettarono un ruolo secondario nelle offerte di informazioni e intrattenimento, e si adattarono bene alle situazioni mutate della seconda metà del secolo. Il cinema: Alla fine della guerra l'oligopolio delle 8 grandi casi rimaneva intatto e Hollywood sembrava all'apice del successo. Ma poco dopo incominciò un rapido declino, sia delle fortune delle principali case, sia del prestigio del cinema come medium di intrattenimento di massa. Una delle Big Five (RKO) fallì nel 1950, mentre altri majors subirono un declino costante sia nel piano degli incassi sia quello dei profitti. La concorrenza della televisione, i suburbs e il baby boom furono alcune delle cause che portarono al grande declino del cinema (vedi lezione prima). A queste si aggiunsero due novità che portarono al crollo dello studio system: Paramount Case e Miracle Decision: 1) Nel 1948 le majors subirono un duro colpo quando la Corte Suprema raggiunse una decisione sul caso di United States vs Paramount, una causa antitrust avviata molto tempo prima dal governo federale contro l'industria cinematografica. Accettando la tesi del dipartimento di giustizia, secondo per cui l'integrazione verticale costituiva un illegale restrizione del mercato, la Corte ordinò alle Big Five di cambiare il modello imponendo due norme → i grandi studi dovevano vendere le sale; e la seconda fu la dismissione della pratica del block booking, non si poteva cioè continuare a usare il metodo di obbligare i proprietari di sale a noleggiare le pellicole in blocco invece di sceglierne una per una, un sistema che garantiva ricavi alle case cinematografiche per qualsiasi film facessero. Le majors, quindi, tagliarono sulla produzione e si concentrarono su quei film che più probabilmente sarebbero diventati successi e puntarono di più sulla distribuzione come fonte di entrate. Le pellicole che distribuivano erano prodotte sempre più di frequente da case indipendenti, che non avevano le tipiche spese elevate degli studios. Dal 1960 e le majors si assunsero principalmente i compiti della distribuzione e del finanziamento. 2) Questa sentenza attaccò uno dei pilastri dello studio system: Il Production code, tramite il film “la voce umana”, il miracolo → una donna viene violentata e aggredita e si autoconvince di essere incinta di Dio. Viene ritirato perché considerato blasfemia, i distributori del film fanno appello al primo emendamento della Costituzione e la Paramount Case va contro lo studio system. Afferma che i diritti dell’emendamento sono più importanti delle regole del Production code → possibilità di superarlo. Questo rimase in vigore fino al 67’. Si è anche nella fase di contrazione del mercato interno perché c’è la tv. La Hollywood classica andò in crisi e lasciò spazio agli indipendenti. NUOVE STRATEGIA INDUSTRIALI L’industria cinematografica adottò delle nuove strategie industriali per rispondere all’avvento della televisione. La prima comportava la costruzione di un rapporto di collaborazione con i network televisivi. Nel corso degli anni 50’ le majors riconobbero che su certi piani il successo del nuovo medium poteva essere volto a loro vantaggio: per queste grandi case divennero importanti fonti di entrata la produzione di programmi televisivi, la vendita dei vecchi film alla televisione. Inoltre, venne adottato il 3D, metodi provocatori, film grandi e a colori → in alternativa alla tv che aveva uno schermo piccolo e che non poteva far vedere le stesse cose del cinema. Bisognava inoltre trovare un pubblico di nicchia a cui rivolgersi che andava al cinema, poiché il pubblico ampio e generalista ora utilizzava la tv → i teenager nati dal Baby-boom, avevano abbastanza potere economico per orientare i consumi. Bisognava creare dei film che potessero interessare a loro, e anche dei luoghi dove potevano andare a vederli, come ad esempio i drive-in. Il pubblico poteva essere composto da tante nicchie diverse, non era monolitico. Tutti i media ebbero l’idea di rivolgersi a una classe media. C?

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