I Media e la Loro Storia PDF
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Questo documento fornisce una panoramica della storia dei media, concentrandosi specificamente sul telefono e la radio. Analizza le loro caratteristiche, evoluzione e impatto sulle società. Esplora anche i modelli radiofonici europei e americani.
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I media e la loro storia Il telefono e la radio Il telefono Lo sviluppo delle retrovie e dei battelli a vapore nel corso dell’Ottocento amplia le possibilità umane di estensione nello spazio provocando una inquietante crisi di controllo nelle interazioni sociali. Nasce il bisogno di un dispositivo d...
I media e la loro storia Il telefono e la radio Il telefono Lo sviluppo delle retrovie e dei battelli a vapore nel corso dell’Ottocento amplia le possibilità umane di estensione nello spazio provocando una inquietante crisi di controllo nelle interazioni sociali. Nasce il bisogno di un dispositivo di compensazione Il telefono venne brevettato nel 1876 dall’inventore Alexander Graham Bell il quale riuscì a convertire la voce in impulsi elettrici e viceversa L'arrivo del telefono dagli anni ‘70 dell’Ottocento ha arricchito la vita relazionale domestica, introducendo dinamiche tipiche della modernità. Da un lato, ha ripristinato la dimensione dell'oralità e la prossimità emotiva delle interazioni "faccia a faccia", che erano diminuite con l'urbanizzazione. Dall'altro, ha creato una distanza fisica, poiché la presenza dell'altro è solo simulata. Secondo Davide Borrelli, la conversazione telefonica illustra il concetto di "socievolezza" di Simmel (una forma di relazione sociale che si realizza attraverso una partecipazione ritualizzata), dove le interazioni diventano ritualizzate e gli interlocutori sono percepiti come figure astratte, privi di emozioni e vissuti personali, portando solo contenuti condivisibili nel contesto della comunicazione. Il telefono ha quindi permesso di: di essere rassicurati rispetto a una condizione fatta da estranei di sviluppare le relazioni sociali attraverso modalità comunicative autoreferenziali La radio La radio è un mezzo di comunicazione basato sulla voce ed è più accessibile rispetto alla stampa, poiché non richiede la capacità di leggere. La radio ha radici nel telegrafo senza fili, inventato nel 1895 da Guglielmo Marconi. Questo dispositivo permetteva di trasmettere lettere dell'alfabeto tramite segnali di punti e linee, utilizzando l'alfabeto Morse. Quest'ultimo è il risultato delle scoperte sulle onde elettromagnetiche fatte dal filosofo tedesco Heinrich Hertz negli anni Ottanta dell'Ottocento. Le applicazioni navali del telegrafo senza fili furono immediate. Nel 1906, Lee De Forest inventò l'Audion, o Triodo, una valvola elettronica che consentiva di trasmettere non solo segnali Morse, ma anche la voce umana e la musica. Gli anni successivi vedono l’evoluzione della radio, si passa dalla telegrafia al broadcasting (media che trasmettono da uno a molti). Dopo la seconda guerra mondiale, negli Stati Uniti si producono in maniera industriale apparecchi radio per uso domestico: Nasce la radio come mezzo di comunicazione di massa Si sviluppa il broadcasting radiofonico e la radio “a flusso” Eccezione fatta per il fascismo e il nazismo che usa la radio come forma di informazione in tempo reale del regime, come altoparlante per i comizi, l’uso più congenito della radio è intimistico e privato quello che è meglio permette la libertà di ascoltare come quando si vuole. È proprio per questo che: Il suono non ha il vincolo di dover rappresentare la realtà, ma di accompagnarla La sensazione sonora è correlata alla sfera emotiva, evocativa, simbolica Per il suo carattere confidenziale il rapporto degli ascoltatori con la radio è contraddistinto da una fidelizzazione più intensa Mantiene una forte impronta di comunicazione personale Caratteristiche: Sinonimo di libertà consente una fruizione spontanea e gratuita Il livello di attenzione di concentrazione che richiede e che le viene prestato è minore Raggiunge fasce sociali più basse Non richiede di saper leggere e scrivere È compatibile con le attività quotidiane Facilmente trasportabile Raggiungibile da tutti con una telefonata Economica Il modello radiofonico europeo e quello americano presentano diverse differenze: Europa USA Radio come monopolio diretto indiretto attività commerciale gestita dalla RCA degli Stati e viene finanziata tramite (Radio corporation America) - canone o abbonamento sovvenzioni pubblicitarie 1926 in Gran Bretagna nasce la BBC 1927 viene emanato il Radio Act - (British broadcasting corporation) Liberalizzazione delle attività Impresa pubblica con una mission: radiofoniche su licenza dello Stato che istruire, informare, intrattenere manteneva la regolazione la cessione Lo Stato controlla la radio:. Il periodo delle frequenze radio fascista - In Italia il governo Mussolini 1934 nasce la FRC poi FCC - Autorità esercitava il controllo sull’EIAR (Ente federale statale che si occupava della italiano per le audizioni radiofoniche) cessione Dopo la seconda guerra mondiale Oggi organizzazione in tre grandi l’EIAR Diventa RAI (Radio audizioni network: NBC, CBS, ABC radiofoniche) Le radio libere (anni ‘70) sono le emittenti private che vengono così chiamate per contrapporle alla RAI, più rigida nello stile, più legata al potere politico nei contenuti, sia perché la loro nascita marca la liberalizzazione dell’etere. Stampa I La stampa è un lemma polivalente che include vari aspetti: La tecnologia Il medium, con le sue dinamiche sociali e comunicative La libertà di stampa Ogni impatto che proviene dall’emissione di un nuovo medium ha delle conseguenze sulla dimensione sociale e culturale degli individui. L'alfabeto ha segnato la nascita della parola scritta, trasformandola in un elemento visivo su carta su cui riflettere. Nel Medioevo, l'editoria si sviluppa attraverso la produzione manuale di manoscritti da parte di amanuensi, che erano spesso al servizio della chiesa e avevano le competenze necessarie per trascrivere testi, in particolare religiosi. Tra i testi più copiati vi era la Bibbia, la cui trascrizione poteva richiedere fino a un anno di lavoro. Questo processo di produzione in serie, che inizia nel 1800, ha contribuito a rendere la parola scritta un oggetto esterno e riflessibile, distinto dalla realtà immediata. I primi supporti: Prima della diffusione della carta, si utilizzava come supporto la pergamena, ricavata da pelli di diversi animali opportunamente trattate La pergamena veniva tagliata in fogli di grandezza standard Prima della pergamena, i libri erano scritti su papiri arrotolati o su tavolette cerate, incise con uno stilo (con punta di metallo, legno o osso) La Xilografia è una tecnica di stampa tratta da una matrice incisa a rilievo, per lo più di legno, da cui il nome (xylos in greco significa legno). Le tappe fondamentali del progresso della stampa sono due: 1. XV secolo: invenzione della stampa a caratteri mobili ad opera di Gutenberg utilizzata solo per la riproduzione dei libri 2. XVIII - XIX secolo: la stampa è utilizzata non solo per i libri ma anche per i giornali, i cosiddetti quotidiani La stampa è la tecnica che permette di riprodurre su carta o su altro materiale, in un numero illimitato di copie identiche, quanto è scritto o inciso sulla forma originaria (matrice). L'idea su cui si basa il funzionamento della macchina da stampa è la stessa di un semplice timbro. Il timbro è la matrice sulla quale è inciso ciò che vogliamo riprodurre: possiamo riprodurre il testo o il disegno inciso un numero illimitato di volte (bagnandolo con l'inchiostro) ottenendo copie identiche tra di loro. L’invenzione della stampa a caratteri mobili (XV secolo) consistette in due passaggi: Creazione di tanti caratteri di piombo per ogni lettera o simbolo necessario per la scrittura (da cui il nome stampa a caratteri mobili: i piombini si potevano spostare a piacimento) Allineamento su una cassettina di legno lunga e sottile dei caratteri mobili, ponendoli su diverse righe formando le parole e le frasi. Marshall McLuhan nel volume La Galassia Gutenberg scrive: «cosi come la stampa fu il primo esempio di produzione di massa, essa fu anche la prima merce uniforme e ripetibile». Prima dell’avvento della stampa, i racconti venivano trasmessi oralmente Nella fase dell'oralità, il corpo umano costituisce ancora il supporto essenziale della comunicazione (la parola si forma al suo interno e poi fuoriesce). Ad oggi, è difficile immaginare una cultura in cui le parole non abbiano presenza visiva ma siano soltanto suoni. La cultura orale perde valore: la conoscenza che non viene ripetuta ad alta voce svanisce rapidamente, le formazioni sociali devono investire grandi energie nel ripetere, più e più volte, ciò che è stato appreso nel corso dei secoli. La parola è parte integrante del suo fruitore. Si afferma quindi un uomo tipografico, il quale sviluppa il pensiero lineare, razionale attraverso la scrittura, tramite la quale può trasmettere le sue conoscenze (differenza dell’oralità che era un sapere statico). Si passa infatti all’era dell’uomo tipografico: la capacità di elaborare, decodificare, trasmettere e utilizzare le conoscenze e le informazioni è ritenuta fondante per ogni struttura comunitaria. Si dà vita a concetti come l’individualità e il nazionalismo (appartenere ad una cultura, ad un popolo e sentirsi parte di esso). Il libro, da oggetto sacro, si trasforma in oggetto di consumo: intorno al 1500 in Europa, con circa 100 milioni di abitanti, circolavano dai 13 ai 20 milioni di libri stampati. Importanza della stampa a caratteri mobili: Possibilità di produrre con una spesa limitata una quantità di libri enormemente superiore a quella che si poteva ottenere con la riproduzione manoscritta Abbassamento dei costi dei libri Precoce ed intensa produzione di stampe in volgare, che portò allo sviluppo delle lingue nazionali a scapito del latino, oltre che alla diffusione di nuove teorie scientifiche e religiose Nasce la figura dell’”autore”: prima dell'avvento della stampa l'autore era marginale poiché, al di là delle opere di carattere religioso, gli amanuensi copiavano testi in cui l'autore non era "rilevante", quali: almanacchi, tabelle di misure e di conversione a uso dei commercianti, ecc. E con l'autore nasceva anche il diritto di proprietà intellettuale, quindi copiare un libro o commentarlo, così come facevano abitualmente gli amanuensi, diventava un reato: in particolare, in Inghilterra, nel 1709, nasceva la prima legge sul copyright. Prima del Novecento la quantità di libri in circolazione restava piuttosto limitata. L'abitudine di acquistare i libri fu lenta a penetrare anche nei ceti più elevati. La circolazione del libro era affidata spesso a canali sociali più che all'acquisto personale. (Lettura pubblica, collettiva). La distinzione tra letteratura "seria" e libri di puro consumo non era ancora netta come lo sarebbe divenuta nel nostro secolo. Nell’ultimo decennio dell’Ottocento compaiono le manifestazioni più caratteristiche dell'"industria letteraria" propria del Novecento: Lo sviluppo di un mercato di massa del libro. La nascita di generi specifici di letteratura "d'evasione". Il libro viene quindi considerato come prodotto a diffusione di massa. Le linee portanti dell'industrializzazione del mercato editoriale nel XX secolo: vendere i libri praticando prezzi alla portata del ceto medio e degli strati più elevati della classe lavoratrice; utilizzare canali di distribuzione diversificati; promuovere alcuni generi di libro specificamente adeguati per un consumo rapido e diffuso. Negli anni della prima guerra mondiale l'obiettivo di fornire alla totalità della popolazione un'istruzione elementare si poteva dire raggiunto (almeno per la popolazione maschile) solo negli USA e in alcuni Paesi dell'Europa nord-occidentale. Nella seconda metà del Novecento cresce notevolmente nei Paesi sviluppati il livello medio di istruzione: innalzamento dell'obbligo scolastico; accesso all'istruzione superiore di percentuali crescenti della popolazione giovanile. Un ulteriore sviluppo, ma anche una trasformazione, dell'editoria economica fu quella avviata negli anni attorno alla seconda guerra mondiale con il libro detto «tascabile» e con il «bibliobus», ovvero una biblioteca circolante che portava i libri in località di provincia. Negli anni Novanta, l'avvento di Internet ha trasformato profondamente le nostre vite, con una crescente diffusione di dispositivi che utilizzano immagini e testi brevi, anche in mobilità. Questo ha impattato il mondo dell'editoria, facilitando la digitalizzazione e la diffusione di e-book. Tuttavia, il libro cartaceo conserva un valore unico grazie al suo rapporto tattile e affettivo con il lettore. Stampa II A cavallo tra il Settecento e l’Ottocento, la stampa acquista una maggiore velocità in termini di produzione grazie a dei cambiamenti tecnici. I giornali permettono alla parola stampata di essere prodotta a cadenza temporale più ristretta e di ampliare il raggio della discussione su argomenti legati all'attualità. Nasce la figura del giornalista: ha il compito di individuare i temi di rilevanza nella vita degli individui in una determinata società per consentire ai lettori di conoscere e formare un’opinione Il giornale è legato alla definizione di una temporalità più breve rispetto quella dell'attualità (ovvero di ciò che è in atto). Rispetto al libro è un'opera corale, che mostra il pensiero di differenti voci (i giornalisti che ne compongono la redazione). Nella prima metà del XVII secolo nascono in Europa le pubblicazioni a cadenza settimanale le quali dovranno subito scontrarsi con le istituzioni di potere erte a difesa dell'ordine costituito. Il giornale è un medium in grado di veicolare informazioni e idee con tale velocità non può che essere considerato un pericolo da controllare e reprimere. Il giornale, ancora più del libro, rappresenta un pericolo perché permette alle persone di contestare determinate realtà. La tecnologia favorisce l’immediatezza che deve contraddistinguere il giornalismo perché deve raccontare i fatti quotidiani, si rinnova continuamente. Alla metà del XIX secolo vengono apportate delle innovazioni all’editoria periodica: Torchio a vapore Telegrafo di Morse Consentono all’editoria di avvicinarsi sempre di più alla produzione e alla cultura di massa. La penny press è una rivoluzionaria strategia commerciale che consiste nel produrre giornali venduti a basso costo. Nasce nel 1833, quando Benjamin Day fonda il quotidiano “New York Sun”, caratterizzato da un prezzo accessibile e privilegia notizie di tipo scandalistico, sensazionalistiche, intercetta i consumatori proponendo loro dei fatti che vengono considerati rilevanti per i loro aspetti emotivi empatici. Questi giornali vengono venduti in strada da uno "strillone" che urla i titoli degli articoli del giornale per invogliare le persone a comprare il quotidiano. Per ridurre i costi il New York Sun concede molto spazio alla pubblicità. I quotidiani che nascono in America nascono da imprenditori privati e hanno una natura commerciale, lasciano molto spazio alla pubblicità, molto più rispetto ai quotidiani europei che, invece, hanno finalità di tipo informativo ed educativo, e hanno una connotazione ideologica e politica. La stampa europea si adegua a quella americana. Emile di Girardin fonda "La Presse" e anche in Europa si iniziano a stampare giornali sensazionalistici. In questi anni si afferma anche il fotogiornalismo in particolare nel 900, inizialmente era nato nell'ambito della fotografia di guerra ma lentamente si estende a tutti gli eventi degni di nota. Il fotogiornalismo subisce cambiamenti notevoli: l'emergere delle tecnologie digitali lo ha cambiato radicalmente. La manipolazione fotografica diventa un argomento molto delicato. Il digitale rende infatti semplice e accessibile la possibilità di manipolare in post-produzione un qualsiasi scatto. I social media hanno avuto un grande ruolo sul ruolo del fotoreporter: con il loro carattere di immediatezza chiunque può scattare e documentare notizie, non solo i fotoreporter La crescente pervasività di Internet e le dinamiche di convergenza digitale, con i relativi cambiamenti nei modelli di consumo, esercitano una pressione finanziaria senza precedenti sull'industria editoriale. Da parte dell'industria dell'informazione la risposta è stata quella di attuare un approccio multipiattaforma. Rispetto al passato la tecnologia digitale ha reso più semplice la condivisione e il riutilizzo dei contenuti: la riprogettazione multipiattaforma è divenuta pratica comune. I giornalisti devono essere pronti a riportare gli eventi sui siti online entro pochi minuti dal loro accadere, la stessa scrittura delle news è cambiata per la necessità di fornire immediatamente brevi resoconti, spesso senza verificarne la veridicità e rischiando di pubblicare fake news Riferendosi al concetto di Post-verità, sempre più informazioni oggi sono autoreferenziali, sempre più immagini sono simulacrali: esse si propongono al lettore con lo stigma dell'autenticità e gli impediscono la verifica di questo fatto. Alle verità si sostituiscono altri criteri: la capacità dell’informazione di confermare le credenze del lettore e la sua capacità di coinvolgerlo emotivamente.La notizia diviene tale nella misura in cui l’evento preso in considerazione ha una rilevanza sul vivere quotidiano. Le news values sono un insieme di regole che accompagnano l’intero processo di notiziabilità, dalla selezione fino ai momenti successivi. I criteri di notiziabilità sono: Evento (eccezionalità) Novità Prossimità Mezzo Pubblico (ovvero le sue caratteristiche) Concorrenza La crescita delle fake news è legata a un'espansione dell'accesso a contenuti che un tempo erano limitati e a una nuova visione della conoscenza, considerata un bene comune. In questo contesto, i consumatori diventano anche produttori di contenuti. Le fonti per i giornalisti includono tutti gli individui con cui interagiscono, siano essi intervistati, osservati o che forniscono elementi da approfondire. Queste fonti si suddividono in primarie e secondarie. Nel passaggio dai media tradizionali all'era digitale, il ruolo del giornalista è cambiato. In passato, la sua funzione era quella di riportare testimonianze dirette dal campo, mentre oggi interagisce direttamente con il pubblico, che diventa spesso una fonte di notizie. Secondo la teoria dell'agenda setting, i media influenzano ciò che il pubblico considera importante o trascurato. In rete, i contenuti possono emergere senza seguire i tradizionali criteri di notiziabilità, raggiungendo una visibilità che a volte supera quella dei media tradizionali. Questa accessibilità ha complicato il processo di costruzione della notizia, rendendo necessario un attento confronto con le fake news e le smentite. L'evoluzione tecnologica ha trasformato gli strumenti di lavoro del giornalista, passando dalla macchina da scrivere ai registratori, dai computer ai tablet e smartphone. Il web ha anche moltiplicato l'accesso alle fonti, grazie alla presenza attiva sui social dei protagonisti della vita pubblica e istituzionale. Foto I La metropoli ottocentesca ha rappresentato la prima forma di medium di massa. L’evoluzione storica di tali media non è avvenuta seguendo un percorso lineare ma come l’ alternarsi di periodi «esplosivi» e periodi «riflessivi». I periodi esplosivi sono stati 4: dal 1830 al 1840: macchine a vapore per la stampa rapida, fotografia, telegrafo elettrico; dal 1875 al 1895: telefono, fonografo, linotype, macchina da scrivere, energia elettrica, lampadina, cinema; dal 1920 al 1935: stampa a rotocalco, fotocopiatrice, primi esperimenti televisivi, magnetofono, cinema sonoro e a colori; dal 1975 a oggi: prodotti elettronici e digitali. La camera oscura è una scatola completamente buia all'interno. Praticando un piccolo foro su una parete si formerà sulla parte opposta un'immagine rimpicciolita e capovolta del soggetto inquadrato. La camera oscura si basa sul principio della propagazione rettilinea della luce. Dal greco fotografia “Scrivere con la luce”. Qual era il suo scopo? I pittori, a partire dal Rinascimento, iniziarono a utilizzare la camera oscura per riprodurre immagini simili alla realtà nei loro quadri. Questo strumento li aiutò a catturare il mondo come lo vede l'occhio umano, utilizzando la prospettiva. Così, iniziarono a costruire camere oscure per tracciare su un foglio l'immagine del paesaggio che osservavano. Le immagini che apparivano sui fogli dei pittori erano di sola luce: si riproducevano così in miniatura dei paesaggi sui fogli da disegno. Il desiderio di fissare, di fermare queste immagini ha poi portato alla fotografia. La macchina fotografica non è altro che una camera oscura, più sofisticata naturalmente, e funziona in modo molto simile all'occhio umano. Nell'occhio umano succede la stessa cosa: l'occhio umano, cioè, può essere paragonato a una camera oscura. Dapprima la fotografia si è presentata nella forma rudimentale del dagherrotipo, un procedimento fotografico ancora grossolano fatto conoscere da Louis-Jacques-Mandé Daguerre. François Arago ha presentato la dagherrotipia il 7 gennaio 1839 all'Accademia delle Scienze di Francia. Già quattro anni prima (1935) William Henry Fox Talbot aveva creato il primo negativo, grazie al quale è diventato possibile stampare su carta l’immagine fotografica. Secondo Vilém Flusser l'immagine fotografica è stata un'innovazione radicale nella cultura occidentale: paragona infatti la fotografia alla fissazione nella parola scritta della comunicazione orale. Il linguaggio verbale ha infatti imposto agli esseri umani la riflessione e la presa di coscienza di sé. La fotografia ha assunto la capacità di riprodursi nella quantità desiderata a partire da un'unica matrice di base. È diventata un oggetto, come i beni industriali, prodotto in serie per grandi masse di persone. George Eastman ha portato avanti questo processo attraverso la commercializzazione nel 1888 della prima macchina fotografica Kodak portatile, dotata di una pellicola in rullino (progressiva miniaturizzazione del medium). Vi è l’avvento della fotografia amatoriale. Attraverso la fotografia abbiamo la possibilità di catturare la realtà e di potenziare il nostro sguardo. Mentre l’arte tradizionale mirava all’eternità, la fotografia permette di bloccare l’istante, di isolare frammenti infinitesimali di realtà. Il tempo della fotografia si concentra sul presente dell’istante. Il tempo si frantuma. Vi è un parallelismo tra moda e fotografia: entrambe si concentrano sul presente e si dimenticano del passato. La moda, come la fotografia, è esperienza della morte. L’istante immortalato in fotografia è automaticamente passato o morto; per questo motivo chi si rivede in immagine entra in rapporto con un’esperienza di morte. Il presente fotografico è lo stesso della soddisfazione immediata proposta dal consumo. Il medium fotografico è anche una fonte di piacere, di forte senso di coinvolgimento. La fotografia tende a smaterializzare il mondo e a perdere sempre più il suo legame con la tradizione, l’autenticità. Acquista delle valenze espressive basate sulla simultaneità e sull’immediatezza sensoriale. Le caratteristiche uniche della fotografia, del cinema e del telefono hanno portato gli esseri umani ad adottare nuovi modi di percepire il mondo. Questi modi di percezione, a differenza della contemplazione e dell’attenzione richiesta dall’arte tradizionale, favoriscono una distrazione simile a quella nei contesti dinamici delle metropoli, questo ha causato un vero e proprio choc culturale. Walter Benjamin, nel suo saggio «L'opera d'arte nell'epoca della sua riproducibilità tecnica», sostiene che la riproduzione industriale delle immagini rende superflua la distinzione tra l'opera d'arte tradizionale, con la sua aura unica, e le merci banali. Sebbene in passato fosse possibile creare copie di opere d'arte, a partire dall'800, la riproduzione meccanica ha sostituito l'abilità artistica, rendendo la mano dell’artista meno rilevante e spostando l'attenzione sull'occhio dello spettatore. In passato, un'opera d'arte aveva una potenza tale da poter esistere autonomamente, mentre il concetto di "aura" si riferisce a quell’atmosfera unica che richiede un’osservazione prolungata. Oggi, si sta assistendo a una perdita di distanza: le persone desiderano un immediato contatto con le immagini, trascurando il valore dell’unicità e la necessità di un’attenzione duratura. Questo riflette una rivoluzione in cui la produzione tecnica e la realtà delle masse si intrecciano. Viviamo in un'epoca di "tattilizzazione", in cui le immagini vengono avvicinate come se si volesse toccarle. La fotografia, inoltre, ha il potere di catturare dettagli che normalmente sfuggono all’occhio umano. Grazie alle sue tecniche, come scatti rapidi e ingrandimenti, la fotografia rivela ciò che Benjamin chiama "inconscio ottico" e "inconscio acustico", parallelo all’inconscio pulsionale di Freud. Così, la tecnica porta alla luce nuove dimensioni della percezione sensoriale che altrimenti rimarrebbero nascoste. Foto II Roland Barthes (1915-1980), semiologo e critico letterario francese, si interroga su cosa sia la fotografa. È interessato all’ambito ontologico: vuole sapere quale fosse la caratteristica principale che distingueva la fotografia dalla comunità delle immagini. Lo spettatore e il suo modo di porsi di fronte all'immagine fotografica hanno un ruolo centrale per capire l’essenza della fotografia. La fotografia secondo Barthes riesce a rappresentare la realtà in maniera estremamente fedele, ma egli si chiede comunque in che modo sia possibile studiare la fotografia. Usa se stesso e le sensazioni che prova dinanzi alla fotografia per studiarne l’essenza. La relazione sviluppata con la fotografia diventa l’analisi di essa. Il referente Ogni fotografia è legata a un referente, cioè all’oggetto che rappresenta. Si potrebbe dire che una foto porti sempre con sé questo oggetto, entrambi segnati dalla stessa immobilità, come se fossero congelati nel tempo, nonostante il mondo continui a muoversi. La fotografia e il suo referente sono inseparabili, legati da un filo invisibile. Inoltre, una foto è sempre “invisibile” nel senso che ciò che vediamo non è la foto in sé, ma una sua rappresentazione. La fotografia è una rivelazione chimica dell’oggetto, un’impressione visibile che cattura l’essenza dell’oggetto nel momento in cui è stata scattata. Il ruolo del fotografo è soltanto quello di registrare quello che accade, l’organo del fotografo non è l’occhio ma il dito: ciò che è legato allo scatto dell'obiettivo. Vi è una relazione tra il mondo naturale e quello tecnico che realizza la fotografia. Secondo Barthes è possibile porsi alla fotografia in tre modi: 1) come fotografo/operator: colui che realizza (“fa”) la fotografia 2) come spettatore/spectator: colui che guarda la fotografia 3) come spectrum: colui che viene fotografato (la parola rimanda al concetto di spettacolo e alla morte: il soggetto fotografato è statico e da la parvenza di uno spettro) Fotografia e morte Quando mi sento osservato dall’obiettivo di una macchina fotografica, tutto cambia: mi metto in una “posa”, creo un altro corpo, mi trasformo in un’immagine prima ancora che l’istante venga catturato. L’esperienza di mettersi in posa è un’esperienza di dissociazione tra il mio “io” reale e l’immagine che mi sta sostituendo. La fotografia, infatti, trasforma il soggetto in oggetto, e, se posso dirlo, lo rende simile a un oggetto da museo. Divento da soggetto a oggetto. Divento, in un certo senso, “spectrum”. Ciò che vedo è che sono diventato tutto immagine, ovvero la morte in persona. Così come la morte ci allontana dalla vita, la fotografia, fissando l’istante, ci strappa dal flusso continuo degli eventi. Cosa fa sì che una fotografia catturi il nostro interesse? E qual è la natura di questo interesse? Roland Barthes distingue tra due concetti: studium e punctum. Studium è il semplice interesse, un coinvolgimento che può essere immediato ma privo di grande intensità. Si tratta di una reazione generica alla foto, un gusto per ciò che si vede, un’osservazione interessata ma non appassionata. Punctum, invece, è qualcosa che colpisce profondamente lo spettatore. Non è una ricerca attiva da parte mia, ma è l’immagine che mi “trafigge”, come una freccia, creando una ferita, una reazione immediata e dolorosa. La differenza tra studium e punctum è simile a quella che passa tra interesse e amore. Dipende dall’incontro unico tra l’immagine e chi la guarda. Il punctum è quel dettaglio che aggiungo io alla foto, ma che è già presente in essa, pronto a emergere in modo personale, come una rivelazione. Le funzioni della fotografia La fotografia ha due principali direzioni: da una parte si propone come forma artistica, dall’altra svolge un ruolo cruciale nel giornalismo, dove certifica la realtà dei fatti. All’interno della storia dell’arte, la fotografia è vista come una sorta di evoluzione, derivante da una nuova tecnica. D’altro canto, la fotografia fa parte degli strumenti di comunicazione, integrandosi nel sistema dell’informazione piuttosto che in quello artistico. Esiste anche una visione surrealista della fotografia, che suggerisce che la fotografia non rappresenta mai la realtà in modo completamente fedele. Dadaismo e fotografia Il dadaismo promuove l’interdisciplinarietà e l’abbattimento delle barriere tecniche, che diventano le basi della sua poetica. Il movimento mirava a distruggere l’arte tradizionale per creare una nuova arte che non fosse legata ai valori borghesi, ma che coincidesse con la vita stessa. In questo contesto, la fotografia comincia a essere vista come una forma artistica. Gli artisti iniziano a utilizzarla per esprimere valori estetici e culturali, attribuendole un valore artistico vero e proprio. Il concetto di ready-made (oggetti comuni trasformati in arte) mette in discussione i valori tradizionali dell’arte: l’abilità manuale, la rappresentazione, lo statuto dell’autore e il concetto di originalità. Il fotogiornalismo e la guerra Nel 1924, con la nascita della Leica, si afferma il fotogiornalismo, una forma di giornalismo che racconta le storie attraverso le immagini. La Guerra Civile spagnola (1936-1939) è definita la “prima guerra fotografica della storia”. Il reporter di guerra ha il compito di testimoniare gli eventi attraverso immagini emblematiche, raccontando storie visive che si completano con le didascalie, e partecipando al dramma stesso. La fotografia come strumento espressivo Fino agli inizi del XX secolo, il dibattito sulla fotografia riguardava principalmente la sua validità come forma d’arte, in competizione con le arti figurative tradizionali. La fotografia era già riconosciuta come uno strumento utile in vari settori, come la scienza, la giustizia, gli studi sociali (antropologia, etnografia, storia dell’arte), e come passatempo per una parte sempre più ampia della popolazione. Tuttavia, la fotografia non aveva ancora una sua identità autonoma come linguaggio espressivo, separato dalla pittura o dalle altre forme artistiche. Le gallerie e il riconoscimento della fotografia Nel corso del XX secolo, la fotografia inizia a guadagnare il suo posto nel sistema delle arti. Inizialmente, le opere fotografiche trovano il loro riconoscimento all’interno delle gallerie e dei musei, che sono i luoghi tradizionali di certificazione del valore artistico. A partire dalla fine degli anni Venti, la fotografia riesce a rivendicare una propria identità, riconoscendosi come una forma d’arte con un linguaggio unico, capace di esprimere significati e valori distinti. La fotografia, quindi, si afferma come un valore artistico e non più come un limite rispetto alle altre forme artistiche. La nuova posizione della fotografia nel sistema artistico Il Museum of Modern Art (MoMA) di New York, fin dalla sua fondazione negli anni Venti del Novecento, ha avuto un ruolo decisivo nel riconoscimento della fotografia come forma d’arte. È stato il primo museo a creare un Dipartimento di fotografia, conferendo alla fotografia una posizione centrale nel mondo dell’arte. A Parigi, intanto, esce il volume New York di William Klein. Le sue fotografie sono volutamente “sgrammaticate”, disordinate. Klein afferma: «Ho deciso di usare tutto, senza tabù: contrasto, colore, grana, fotografie sfuocate, tagliate, così com’erano». Con il suo stile, Klein porta le tecniche della cultura popolare (low culture) nel mondo della fotografia d’élite (high culture), abbattendo le barriere tra le due. Nel frattempo, l’arrivo della televisione e delle immagini in movimento inizia a mettere in crisi l’immagine fotografica, soprattutto sul piano del realismo. Le immagini in movimento, infatti, spostano l’attenzione dal fotoreporter come testimone privilegiato, riducendo il suo ruolo di narratore della realtà. La fotografia è un mezzo ambiguo La fotografia viene considerata un mezzo ambiguo perché ha la pretesa, in parte vera, di documentare la realtà, e allo stesso tempo, è quanto di più lontano dal reale si possa immaginare. La fotografia è una pittura che permette di cambiare le cose usando la luce. I colori fotografici non sono quelli reali, e non solo perché anche le pellicole a colori sono una convenzione, accentuano certe tonalità a seconda dell'emulsione che si utilizza. Sono vittime dell'istante, della luce, delle ombre, dei riflessi.