SOCIAL COGNITION 2024-25 DISPENSA PDF
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Umberto Bivona
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This document discusses social cognition, focusing on the different types of cognitive processes involved, such as 'hot' and 'cold' processes. It explores the neural basis of social cognition and how it is affected by conditions such as traumatic brain injury. The document likely provides information on different assessment tools for measuring social cognition.
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Corso di NEUROPSICOLOGIA COGNITIVA Prof. Umberto Bivona LE ABILITA’ DI SOCIAL COGNITION: TRA NORMALITA’ E PATOLOGIA PREMESSA Le abilità di Social Cognition (cognizione sociale) sono un insieme di competenze cognitive che ci per...
Corso di NEUROPSICOLOGIA COGNITIVA Prof. Umberto Bivona LE ABILITA’ DI SOCIAL COGNITION: TRA NORMALITA’ E PATOLOGIA PREMESSA Le abilità di Social Cognition (cognizione sociale) sono un insieme di competenze cognitive che ci permettono di comprendere e interpretare gli stati mentali degli altri, come credenze, emozioni, intenzioni ed esperienze. Queste capacità ci consentono di adattare il nostro comportamento sociale e relazionale in modo flessibile e appropriato, e sono fondamentali per il funzionamento delle interazioni sociali e sono alla base della comunicazione e delle relazioni umane (Adolphs, 2001; Amodio e Frith, 2006). PROCESSI COGNITIVI SOCIALI: DUE CATEGORIE PRINCIPALI All'interno della Social Cognition, gli studiosi hanno individuato due categorie di processi principali: processi "hot" e processi "cold", che rappresentano due aspetti diversi dell'elaborazione delle informazioni sociali. Vediamoli nel dettaglio: 1. Processi "hot" (Davis, 1994; Mehrabian e Epstein, 1972; (Brothers e Ring, 1992) Questi processi ci permettono di condividere gli stati affettivi dell'altro, provando una sorta di "rispecchiamento" dei sentimenti altrui (Davis, 1994). Si tratta di quelle reazioni emotive che sperimentiamo osservando le esperienze emotive di altre persone (Mehrabian e Epstein, 1972) (es., provare tristezza osservando qualcuno che soffre, o gioia osservando qualcuno felice). I processi "hot" comprendono: 1 L’Empatia affettiva: la capacità di rispecchiare le emozioni altrui; La Risonanza emotiva: una forma di contagio emotivo che ci fa sentire una versione attenuata o riflessa dello stato emotivo dell'altro; La Theory of Mind (ToM) affettiva: la capacità di comprendere e rappresentare gli stati mentali ed emotivi degli altri. 2. Processi "cold" (Shamay-Tsoory et al., 2004; Mehrabian e Epstein, 1972) Essi riguardano le capacità cognitive più "razionali" di comprendere e assumere la prospettiva altrui. Questi processi includono la capacità di dedurre i desideri, le credenze e le intenzioni delle altre persone, basandosi su regole generali di ragionamento. In altre parole, ci permettono di "leggere" la mente degli altri in modo cognitivo, senza coinvolgere direttamente l'emotività. Tra i processi "cold" rientrano: L’Empatia cognitiva: la capacità di comprendere il punto di vista altrui a livello intellettuale, ma senza necessariamente sentirlo emotivamente; La ToM cognitiva: il processo mediante il quale deduciamo stati mentali complessi come le credenze o le intenzioni degli altri, senza coinvolgimento un emotivo. BASI NEURALI DELLA SOCIAL COGNITION Sia l’empatia cognitiva sia quella affettiva sembrano essere controllate dal sistema Frontale Ventro-Mediale (Shamay-Tsoory et al., 2004). All’interno di questo sistema, le regioni ventrale e dorsale sembrano coinvolgere differentemente i processi cognitivi. La risonanza emotiva sembra invece connessa al cingolo anteriore e all’insula (Shamay-Tsoory, 2011), in combinazione con l’amigdala (Carr et al., 2003; Phillips, 2003), nonché al sistema dei mirror neurons nel giro frontale inferiore (Nummenmaa et al., 2008; Shamay-Tsoory et al., 2009). Dunque, non è difficile comprendere come un grave trauma cranio-encefalico (TCE), con i suoi effetti multifocali a livello di superficie laterale, anteriore e ventrale del SNC, in particolare dei lobi frontale e temporale, possa determinare disturbi di Social Cognition in almeno due terzi dei pazienti (Bigler, 2007; de Sousa et al., 2010; Williams and Wood, 2010; Leunissen et al., 2014). 2 EMPATIA EMOTIVA E ALTRI PROCESSI CORRELATI L'empatia emotiva, che consiste nel rispecchiare lo stato affettivo di un'altra persona, si distingue da altri processi sulla base di alcune specifiche caratteristiche. Empatia vs ToM L'empatia affettiva coinvolge un livello di partecipazione affettiva diretto, rispetto all'empatia cognitiva o alla ToM, che si limitano a una comprensione razionale dello stato emotivo altrui. In sostanza, sia l'empatia cognitiva che la Theory of Mind permettono di rappresentarsi lo stato mentale altrui, inclusi i suoi stati affettivi, ma senza provare direttamente le stesse emozioni. Empatia vs emozioni altrui L’empatia affettiva determina uno stato emotivo isomorfo a quello dell’altro (ad.es., se empatizzo “mi dispiace per te perché sei geloso, depresso o arrabbiato ma io non sono geloso o depresso a mia volta (de Vignemont e Singer, 2006). Empatia vs contagio emotivo Un altro concetto importante è quello di contagio emotivo. Il contagio emotivo è una risposta affettiva involontaria in cui una persona "assorbe" l'emozione di un'altra senza consapevolezza. Ad esempio, un bambino potrebbe piangere perché sente altri bambini piangere, ma non ha la capacità di distinguere che la sua emozione deriva dalle lacrime degli altri e non da una propria esperienza personale. Il contagio emotivo è spesso un riflesso automatico, presente anche in altre specie animali, e serve a rispondere rapidamente a segnali di pericolo provenienti da individui del proprio gruppo. Nell’essere umano, esso è la prima forma di condivisione affettiva che i bambini manifestano già nelle prime ore di vita. Infatti, nei primi mesi il bambino non è ancora in grado di distinguere sé dall’altro e quindi, nel momento in cui percepisce l’emozione dell’altro, non è in grado di capire che l’emozione ha una causa esterna e la attribuisce ad una causa interna. Nell’adulto questa condivisione si può associare ad una forma immatura di empatia (cosiddetto “personal distress”), nella quale il disagio personale della persona osservata è messo in secondo piano rispetto alla propria reazione emotiva (Decety e Lamm, 2009). Lo sviluppo delle capacità di perspective-taking (ossia di sapere assumere la prospettiva dell’altro) 3 determina una riduzione del personal distress, che viene sostituito da un processo di condivisione emotiva nel quale la risposta emotiva dell’osservatore è modulata dal riconoscimento della sofferenza dell’altro, e dall’importanza che tale esperienza riveste soggettivamente (empathic concern) (Canessa e Cappa, 2017). In sintesi, mentre l'empatia richiede una consapevolezza del fatto che l'emozione provata è una reazione a quella dell'altro, nel contagio emotivo questa distinzione non è presente: esso si caratterizza: a) per essere un processo di condivisione in buona parte involontaria attivato di fronte a determinati segnali; b) perché non vengono coinvolti processi cognitivi; e c) perché il focus attentivo è orientato su di sé invece che sull’altro. SOCIAL COGNITION: TRA NORMALITÀ E PATOLOGIA Di base, le abilità di Social Cognition variano notevolmente tra gli individui, seguendo una distribuzione normale nella popolazione generale, e raggiungono il massimo sviluppo in adolescenza (Flavell, 2000), con l’emergere del pensiero astratto (Aboulafia-Brakha e coll., 2012). Anche se generalmente si ritiene che l’empatia sia un prerequisito per aiutare gli altri e per azioni altruistiche, non bisogna confonderla con i fattori che promuovono i comportamenti prosociali, o dimenticare che l’empatia a volte può portare a comportamenti antisociali, come quando si empatizza con l’autore di un comportamento criminale, attivando azioni di protezione nei suoi confronti (Oliveri, 2017). Tuttavia, i deficit nella cognizione sociale sono comuni in persone affette da patologie psichiatriche (come nei disturbi dello spettro autistico, antisociale, narcisistico, borderline ed evitante di personalità, e nei disturbi dell'umore), o neurologiche, come avviene nelle GCA. In questi casi, spesso i pazienti si mostrano capaci di empatia ma senza la capacità di prendersi cura per l’altro, ossia sono in grado di verbalizzare la sofferenza del proprio caregiver, ma non si comportano come di conseguenza dovrebbero. Ne consegue che i disturbi cognitivi, emotivi e comportamentali tipici dei pazienti con GCA si aggiungono a quelli della cognizione sociale, creando ostacoli significativi alla reintegrazione sociale e lavorativa del paziente, soprattutto a lungo termine. 4 COGNIZIONE SOCIALE NELLE GCA Come detto sopra, in pazienti che hanno subito una GCA è frequente riscontrare disturbi di cognizione sociale, che si manifestano in difficoltà nel comprendere le intenzioni e le emozioni altrui, ostacolando il reinserimento familiare, oltre che più in generale le interazioni sociali e il ritorno a una vita normale. Per indagare questo fenomeno, Bivona e coll. (2015) hanno studiato gli effetti dei disturbi della ToM sulla qualità della vita dei pazienti e dei loro caregivers. Per lo studio sono stati arruolati 20 pazienti con TCE grave e 20 caregivers, confrontandoli con 20 individui di controllo sani. La Qualità della vita di tutti i partecipanti è stata messa in relazione ad alcune variabili relative ai pazienti: la ToM, le funzioni esecutive, la memoria a breve e a lungo termine, e alcune variabili emotivo-comortamentali (ansia, depressione e sintomi neuropsichiatrici). I risultati dello studio hanno dimostrato che, mentre la qualità della vita dei pazienti era correlata ai propri disturbi cognitivi (in particolare ai deficit delle funzioni esecutive), i caregivers avevano una qualità della vita tanto più compromessa quanto maggiori erano le difficoltà di ToM dei propri cari. Lo studio ha evidenziato, dunque, l’importanza di trattare i disturbi di cognizione sociale all’interno del percorso di neuroriabilitazione standard, benché sia molto difficile strutturare percorsi riabilitativi mirati da parte del sistema sanitario nazionale, a causa delle limitate risorse economiche. MODELLI TEORICI DELLE ABILITA’ DI PERSPESCTIVE-TAKING Diversi modelli teorici cercano di spiegare il funzionamento della ToM. Tra questi, i più citati in letteratura sono: La Theory Theory (TT) (Churchland, 1991; Carruthers e Smith, 1996), secondo la quale l'essere umano leggerebbe lo stato mentale dell’altro attraverso un processo molto simile a quello di una teoria scientifica, in base al quale l’individuo ricorrerebbe a un ragionamento teorico basato tacitamente su leggi causali note; La Simulation Theory (ST) (Davies e Stone, 1995), secondo la quale la ToM si svilupperebbe grazie a processi simulativi basati sul “mettersi nei panni dell’altro”, e dunque replicando e modellando su di sé l’esperienza (mentale) dell’altro. 5 Nel tentativo di comprendere quale delle due teorie potesse avere maggiore consistenza scientifica rispetto all’altra, da una Review di Bivona e coll. del 2018 è emerso che in realtà entrambe le teorie hanno un alto valore esplicativo e scientifico, e che i processi di ToM possano essere spiegati tramite un co-coinvolgimento di entrambi i modelli, sulla base dell’esperienza di vita e delle risorse cognitive ed emotive della persona. È facile immaginare, ad es., come mettersi nei panni dell’altro da un punto di vista puramente cognitivo e/o anche affettivo possa dipendere da processi simulativi, qualora il soggetto empatizzante abbia vissuto personalmente esperienze simili, mentre nel caso contrario ciò possa avvenire solo grazie a processi di tipo TT. VALUTAZIONE DEI DISTURBI DELLA COGNIZIONE SOCIALE NELLE GCA: QUESTIONI DI METODO Quando si tratta di valutare i disturbi della cognizione sociale nelle persone che hanno subito una GCA, una delle principali questioni metodologiche riguarda la scelta dello strumento di valutazione più appropriato. Esistono diversi strumenti, ciascuno con specifiche caratteristiche e approcci, che rispondono a esigenze diverse in base al tipo di paziente. È cruciale scegliere lo strumento giusto, che tenga conto della gravità delle condizioni cognitive ed emotive del paziente. Tipologie di Strumenti di Valutazione Le metodologie per la valutazione della Social Cognition possono essere suddivise in due principali categorie: Self-report, in cui il paziente risponde direttamente a domande relative alle sue competenze di Social Cognition; Performance-based, in cui al paziente viene chiesto di immedesimarsi in una situazione narrativa o sociale e rispondere sulla base del ruolo e delle relazioni tra i personaggi. Strumenti Self-report Gli strumenti self-report si basano sulla valutazione soggettiva del paziente delle sue capacità di empatia e interazione sociale. In tutti gli strumenti sotto descritti, a punteggi maggiori corrispondono migliori capacità di Social Cognition. 6 Va rilevato che, nei pazienti con GCA, l’uso di questi strumenti potrebbe essere complesso, poiché i deficit cognitivi (in primo luogo l’anosognosia) potrebbero interferire con la loro capacità di autoriflessione e comprensione delle domande. È per questo che spesso è necessaria la presenza di un esaminatore che guidi il processo di valutazione. Di seguito elenchiamo i principali questionari self-report in questo ambito. Interpersonal Reactivity Index (IRI) (Davis, 1980; adattato italiano di Bonino, 1998) Questo strumento valuta la disposizione empatica del paziente attraverso quattro sotto- scale che coprono sia gli aspetti cognitivi che affettivi dell'empatia. L’IRI comprende una sottoscala cognitiva, la Perspective Taking, ossia l’adozione del punto di vista altrui. Altre tre sottoscale sono invece di natura emotiva: la Fantasy Scale, ossia l’identificazione con personaggi immaginari, tramite l’identificazione con personaggi di cinema, teatro e letteratura; l’Empathic Concern, ossia la compassione, la preoccupazione e il calore verso persone che vivono esperienze spiacevoli; e il Personal Distress, ossia lo sconforto e l’ansia causati dall’essere spettatori di esperienze spiacevoli che accadono ad altri. L'IRI fornisce una visione complessiva delle capacità di empatia cognitiva ed emotiva del paziente, tramite un questionario di 28 item che prevedono un punteggio da 0 a 4. Esso fornisce due tipi separati di valutazione: un indice della capacità cognitiva e di perspective taking, e un indice della sua reattività emozionale. Empathic Quotient (EQ) (Baron-Cohen, 2004) L’EQ misura sia gli aspetti cognitivi che affettivi dell’empatia, attraverso 60 item (ridotti a 40 in una versione breve) che valutano la tendenza del paziente a comprendere e rispondere alle emozioni altrui. È interessante notare come l’EQ includa un concetto di "compassione" (traduzione del termine anglosassone “Sympathy”, usato dall’autore), ovvero l'emozione che spinge ad alleviare la sofferenza degli altri, un aspetto chiave della Social Cognition nei contesti clinici. 7 Balanced Emotional Empathy Scale (BEES) (Mehrabian, 2000) La BEES si concentra solo sulla componente affettiva dell’empatia, tramite 30 item suddivisi in 5 sottoscale che valutano: l’impermeabilità al contagio da stati emotivi interni; la suscettibilità al contagio da stati emotivi interni; la responsività emotiva diffusa; la suscettibilità al contagio da situazioni-stimolo con contatto del soggetto; la tendenza a non farsi coinvolgere da condizioni di soggetti fragili. Questa scala è particolarmente utile per valutare come i pazienti con GCA rispondano emotivamente agli stimoli sociali e come ciò possa influire sulle loro interazioni sociali. Scala di Empatia (Hogan, 1969) Tramite 64 item questa scala si concentra sulla capacità del soggetto di comprendere le situazioni vissute dagli altri anche in assenza di esperienze dirette simili. Essa valuta dimensioni come la self-confidence, la capacità di gestione dell’irritabilità e la sensibilità emotiva, offrendo un quadro più ampio e sfumato delle abilità empatiche del paziente. Strumenti Performance-based I test basati sulla performance misurano la capacità del paziente di comprendere situazioni sociali in modo più concreto e pratico, simulando scenari in cui devono interpretare le emozioni o le intenzioni degli altri. Vediamo nel dettaglio alcuni tra quelli più noti in letteratura e in ambito clinico. Prova di Percezione Sociale (tratta dalla Batteria Nepsy II - Korkman et al., 2007a, 2007b) Questo test richiede ai pazienti di riconoscere le emozioni attraverso l’osservazione delle espressioni facciali. 8 Vengono presentate alcune vignette che raffigurano situazioni sociali in cui i volti dei protagonisti sono nascosti. Il paziente deve identificare, tra quattro fotografie, quella che rappresenta lo stato emotivo appropriato del protagonista. Il test è particolarmente utile per valutare la capacità di decodifica delle emozioni in modo visivo, un aspetto spesso compromesso nelle GCA. Eyes Test (Baron-Cohen et al., 2001; Serafin et al., 2004) Questo test si concentra sulla valutazione della ToM attraverso la capacità di interpretare le emozioni osservando soltanto la regione oculare di un volto. Al paziente viene chiesto di scegliere l’emozione corretta tra quattro possibili alternative. Il test è particolarmente efficace per valutare le abilità percettive ed emotive, specialmente in persone con difficoltà comunicative. Indirect Speech Test (McDonald e Pearce, 1996; Bara et al., 1997; Happé et al., 1999; Channon e Crawford, 2000; Shaw et al., 2004; McDonald e Flanagan, 2004; Channon et al., 2005; Shamay-Tsoory et al., 2005; Martin e McDonald, 2006; Shamay-Tsoory e Tibi-Elhanany; 2006; Channon et al., 2007; Shamay- Tsoory, et al., 2007). Questo set di prove valuta la capacità del paziente di comprendere espressioni indirette come l’ironia, il sarcasmo e le metafore, aspetti essenziali nelle interazioni sociali. Dato il ruolo centrale della comunicazione verbale nella Social Cognition, questo test è particolarmente utile per individuare deficit legati alla comprensione del linguaggio non letterale. False Credenze di Primo Ordine (Dennett, 1978; Wimmer e Perner, 1983; Baron-Cohen et al., 1999; Costa et al., 2008; Bivona et al., 2013) I compiti di false credenze di primo e secondo ordine valutano la capacità del paziente di adottare una prospettiva altrui. 9 In particolare, il test delle False Credenze di Primo Ordine viene svolto correttamente da bambini di età superiore ai 3 anni. Il task prevede che il soggetto pensi mettendosi nei panni del protagonista di una scena (pensiero ricorsivo di livello 1: "io penso che tu pensi"). Esempio di item: “Sally porta un cestino e Ann una scatola; Sally esce a passeggio dopo aver messo una biglia nel proprio cestino e averlo coperto con un panno. Intanto Ann prende la biglia dal cestino e la nasconde nella propria scatola. A questo punto Sally torna con l'intenzione di giocare con la biglia”. Compito del soggetto è quindi intuire dove Sally cercherà la propria biglia. Il test implica dunque la messa in atto di soli processi cognitivi (visuo-immaginativi e logico-deduttivo). False Credenze di Secondo Ordine (Perner e Wimmer, 1985; Winner e Leekman, 1991) Questo test viene, invece, svolto correttamente da bambini di età superiore ai 7 anni, in quanto più complesso. Esso, infatti, prevede che il soggetto pensi mettendosi nei panni del protagonista di una scena che, a sua volta, si mette nei panni di un terzo personaggio (prevedendo, quindi, l’utilizzo del pensiero ricorsivo di livello 2: "io penso che tu pensi che lui pensa"). Esempio di item: “La signora delle pulizie solitamente ripone la scopa in un armadio. Un giorno, mentre sta lavando, dei bambini spostano la scopa dall’armadio a una cassapanca. I bambini non sanno, però, che la signora li sta osservando dal buco della serratura”. Compito del soggetto è intuire dove, secondo i bambini, la signora cercherà la scopa. Anche in questo caso, il test implica la messa in atto di soli processi cognitivi (visuo- immaginativi e logico-deduttivo). Passi Falsi (Wimmer e Perner, 1983; Baron-Cohen et al., 1997; Stone et al., 1998) Il Test dei Passi Falsi valuta la capacità di individuare quando qualcuno dice o fa qualcosa di inappropriato in una situazione sociale, un'abilità fondamentale nelle interazioni quotidiane. 10 Esso può essere svolto correttamente da bambini di età superiore ai 9 anni e consiste nell'identificare se un soggetto dice qualcosa che non avrebbe dovuto dire, a causa dell’inadeguatezza delle parole che potrebbero offendere il destinatario (anche in questo caso implica il ricorso a un pensiero ricorsivo di livello 2). Esempio di item: “Clara in segno di amicizia regala a Marco un vaso antico. I due hanno perso i contatti per diversi anni fino a ritrovarsi ad una festa a casa di Marco. Durante la festa Clara urta contro il vaso rompendolo. Clara è molto dispiaciuta e Marco le si avvicina dicendole "non preoccuparti! Quel vaso non mi è mai piaciuto…". Il soggetto deve quindi rispondere alle seguenti domande: Qualcuno ha detto qualcosa che non doveva dire? Chi? Perché lo ha detto? Perché non avrebbe dovuto dirlo? In questo caso, è possibile cogliere non solo le abilità cognitive di perspective-taking (tramite le prime tre domande, che sono in relazione alle abilità mnesiche del soggetto, che ha commesso la gaffe poiché non ricordava quanto successo in passato), ma anche quelle emotive (l’identificazione della gaffe che, per sua natura, può ferire o offendere l’altro). LO SCOGLIO PRINCIPALE DOPO GCA: LA SCARSA CONSAPEVOLEZZA DI MALATTIA Come si è visto nel modulo sull’anosognosia, uno degli ostacoli più significativi nella riabilitazione dei pazienti che hanno subito una GCA è rappresentato proprio dalla loro scarsa consapevolezza della propria condizione. Possiamo quindi immaginare quanto sia problematica una condizione in cui una persona, incapace di riconoscere le proprie limitazioni, tenti di compiere un'accurata introspezione sui cambiamenti o sui deficit causati dall’evento traumatico. Quale strumento è più indicato per la valutazione della Social Cognition nei pazienti con GCA? Uno studio condotto da Bivona et al. (2013) si è posto l'obiettivo di indagare il legame tra la consapevolezza di malattia e la Social Cognition nei pazienti con TCE grave. I ricercatori 11 hanno anche esplorato se i test basati sulla performance (performance-based) fossero più efficaci rispetto agli strumenti self-report nel diagnosticare i deficit di Social Cognition in questi pazienti. Lo studio ha coinvolto 28 pazienti con GCA, suddivisi in due gruppi: 14 pazienti con adeguata consapevolezza della propria condizione e 14 con scarsa consapevolezza, confrontati con un gruppo di 28 soggetti di controllo sani. I ricercatori hanno utilizzato una serie di strumenti per valutare le diverse aree cognitive e comportamentali: Empatia: valutata attraverso IRI e l’EQ; Autoconsapevolezza: misurata tramite l’AQ; ToM: valutata con il Test delle False Credenze di Primo Ordine e il Test dei Passi Falsi; Alcune funzioni cognitive: valutate tramite il Wisconsin Card Sorting Test (WCST) per le funzioni esecutive, e il Digit Span per la MBT. I risultati dello studio hanno evidenziato che i pazienti con GCA, indipendentemente dalla consapevolezza della malattia, ottenevano punteggi significativamente inferiori rispetto ai controlli sani in diversi aspetti della Social Cognition. In particolare, tutti i pazienti hanno mostrato difficoltà nella Fantasy Subscale dell’IRI e nel Test delle False Credenze. Tuttavia, i pazienti con scarsa consapevolezza tendevano a ottenere risultati peggiori nel riconoscimento delle false credenze e commettevano errori significativi nel Test dei Passi Falsi. Una delle spiegazioni proposte per questi risultati è la rigidità cognitiva dovuta a disfunzioni del lobo frontale, spesso coinvolto nei casi di TCE. I pazienti con scarsa consapevolezza, infatti, presentavano un'incidenza maggiore di lesioni frontali, peggiori prestazioni al WCST (indicative di deficit nelle funzioni esecutive) e manifestavano maggiore apatia. Inoltre, rispetto alle variabili cliniche, questi pazienti erano anche i più gravi in termini di punteggi alla Disability Rating Scale (DRS) e alla Glasgow Outcome Scale (GOS). Un aspetto interessante dello studio riguarda la sensibilità degli strumenti di valutazione. Il Test dei Passi Falsi è risultato essere più sensibile rispetto al Test delle False Credenze nel rilevare deficit di cognizione sociale. Questo potrebbe essere dovuto alla maggiore complessità del Test dei Passi Falsi, che richiede al soggetto di comprendere due livelli di rappresentazione mentale: uno cognitivo (capire che si è commessa una gaffe) e uno emotivo (comprendere il motivo per cui tale gaffe non avrebbe dovuto essere commessa). Lo studio ha dimostrato, quindi, che i pazienti con grave TCE e scarsa consapevolezza di malattia presentano difficoltà nella Social Cognition ancora più severe di quanto già non ne 12 presentino i pazienti in generale, a prescindere dal loro livello di consapevolezza di malattia. Questi risultati supportano, in qualche modo, la Simulation Theory, secondo la quale la capacità di "mettersi nei panni degli altri" richiede innanzitutto la capacità di riconoscere e comprendere il proprio stato emotivo e cognitivo. In altre parole, se un paziente non è in grado di essere consapevole dei propri pensieri e sentimenti, troverà molto difficile immaginare quelli degli altri. In conclusione, la scelta dello strumento giusto per valutare la cognizione sociale in pazienti con GCA deve tener conto non solo delle capacità cognitive residue, ma anche delle esigenze specifiche del paziente. Strumenti self-report sono utili per ottenere una visione soggettiva, ma possono essere limitati in caso di deficit cognitivi gravi (anosognosia, in primo luogo), mentre i test performance-based offrono una misurazione più oggettiva delle abilità sociali attraverso scenari simulati. 13