Sicurezza 4 H Parte 2 - PDF

Summary

Questo documento fornisce una panoramica sugli agenti biologici, la loro classificazione in base al rischio, e le misure di contenimento applicabili. Vengono menzionati diversi settori professionali a rischio ed indicate modalità di trasmissione delle infezioni. Anche la contaminazione ambientale è un fattore di rischio trattato.

Full Transcript

agenti biologici definizione e aspetti generali: definizione (art 267 comma 1 del D.lgs 81/08: - agente biologico, qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni allergie e intossicazioni -...

agenti biologici definizione e aspetti generali: definizione (art 267 comma 1 del D.lgs 81/08: - agente biologico, qualsiasi microrganismo anche se geneticamente modificato, coltura cellulare ed endoparassita umano che potrebbe provocare infezioni allergie e intossicazioni - coltura cellulare il risultato della crescita in vitro di cellule da organismi pluricellulari - microrganismo qualsiasi entità microbiologica cellulare o meno, in grado di riprodursi o trasferire materiale genetico. microrganismo + coltura cellulare = agenti biologici essi si classificano a seconda del rischio di infezione: - di natura batterica - // virale - // funginea (lieviti e muffe) - // parassitaria qualora un agente non possa essere inequivocabilmente classificato in una sola categoria, va fatto rientrare nel gruppo di rischio più elevato tra le due possibilità. 1) presentano poche probabilità di causare malattie in soggetti umani 2) possono causare malattie nell’uomo e costituisce un serio rischio per i lavoratori è poco probabile che si propaghino nella comunità; sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche e terapeutiche 3) possono causare malattie gravi nell'uomo e costituire un serio rischio per i lavoratori; possono propagarsi nella comunità sono di norma disponibili efficaci misure profilattiche e terapeutiche 4) possono provocare malattie gravi in soggetti e costituisce un rischio per i lavoratori e si possono presentare un elevato rischio di propagazione nella comunità; non disponibili di norma, efficaci misure profilattiche e terapeutiche la classificazione degli agenti biologici, con misure di contenimento da adottare e le specifiche dei processi industriali, sono specifiche trattati nel testo unico. - allegato XLV: segnale di rischio biologico 1. sono inclusi nella classificazione unicamente gli agenti di cui è noto che possono provocare malattie infettive in soggetti umani…-non sono stati presi in considerazione gli agenti patogeni patogeni di animali e piante di cui è noto che non hanno effetto sull’uomo. In sede di compilazione di questo primo elenco di agenti biologici classificati non si è tenuto conto dei microrganismi geneticamente modificati. - // XLVI: elenco degli agenti biologici classificati - // XLVII: specifiche sulle misure di contenimento e sui livelli di contenimento 1. a seconda se è un agente biologico rientri nel gruppo 2, 3, 4 il testo unico raccomanda o obbliga uso di misure di contenimento specifiche quali: - area di lavoro separata e chiusa per contenere la disinfestazione - accesso limitato al personale - superfici resistenti agli acidi, idrorepellenti e di facile pulizia - trattamento dei rifiuti - depositi sicuro per agenti biologici - // XLVIII: specifiche per processi industriali 1. specifiche per processi industriali allegato: - agenti biologici del gruppo 1: si osserveranno i principi di una buona sicurezza ed igiene professionali - gruppo 2, 3, 4: può risultare opportuno selezionare ed abbinare specifiche di contenimento, in base ad una valutazione di rischio connessa con un particolare processo o parte di esso. 2. l’allegato in corrispondenza di specifiche misure di mantenimento stabilisce i livelli di contenimento a seconda se un agente biologico rientri nel gruppo 2, 3, 4. stralcio di esempio: 1 i diversi agenti biologici possono essere ulteriormente classificati in relazione alla pericolosità nei confronti della salute dei lav. e della popolazione generale. Il rischio di esposizione ad agenti biologici è determinato anche in base al grado di: - infettività: numero di microrganismi necessari a causare un’infezione - neutralizzabilità: possibilità di avere strumenti terapeutici preventivi - patogenicità: capacità dell’agente di produrre una malattia dopo essere penetrato nell’organismo - trasmissibilità: capacità dell’agente di trasmettersi ad altri soggetti sorgenti di rischio di esposizione ad agenti biologici: - derivati di piante (fieno,paglia,cotone) - acque di scarico - derivati di origine animale - generi alimentari (formaggi, yogurt,zuccheri, insaccati, vino, birra ecc..) - rifiuti - materiali naturali o di natura organica, quali terra, argilla.. - polveri organiche (farina, polveri di origine animale, polveri prodotte della carta) modalità di trasmissione delle infezioni occupazionali: sono diverse a seconda della mansione svolta rischio biologico specifico delle caratteristiche dell’ambiente di lavoro rischio biologico generale e dei microrganismi implicati. Quando si parla di rischio biologico specifico: - rischio biologico deliberato: quando in una determinata attività è previsto l’uso internazionale di agenti biologici. Ad esempio, nella produzione di generi alimentari, nel ciclo lavorativo può essere introdotto un agente biologico e per essere trattato o per sfruttare le proprietà biologiche. - rischio biologico potenziale: deriva da un’esposizione non internazionale ed agenti biologici per esempio separazione dei rifiuti o attività agricole. le figure professionali esposte al rischio biologico in ambiente non sanitario: addetti alla produzione ed manipolazione degli alimenti, contadini ed allevatori, addetti al commercio, trasporto e macellazione delle carni, addetti alla piscicoltura, veterinari, operatori ecologici ed addetti agli impianti di smaltimento rifiuti, addetti alla depurazione delle acque di scarico, addetti alla metallurgia ai servizi mortuari e cimiteriali. comparti lavoratori esposti a rischio biologico: - Arboricoltura e lavori forestali: contatto con agenti biotici. - allevamento avicolo: contatto con agenti patogeni presenti nelle deiezioni animali e dalla presenza di insetti, possibili veicoli di microrganismi - floro-vivaismo: contatto con terreni potenzialmente contaminati - dipendenti del mattatoio, del canali, del giardino zoologici: contatto con agenti patogeni trasmissibili dagli animali, presenti nelle deiezioni animali e dalla presenza di insetti, possibili veicoli di microrganismi - lavanderia: manipolazione di indumenti sporchi e potenzialmente infetti di varia provenienza - impresa di pulizia: possibilità di contatto con materiali infetti di varia provenienza - falegnameria: contatto con microrganismi che fanno da substrato inorganico alle polveri di legno - industria edile e delle costruzioni in materia naturali: contatto con muffe e batteri derivati del deterioramento di materiali edili - attività indoor: inalazione di aerosol contaminati da microrganismi presenti nell’aria degli ambienti indoor - attività di assistenza asili nido e scuole materne: contatto con bambini che possono essere affetti in fase pre-ciclica ma contagiosa, da varie malattie infettive come varicella, morbillo, parotite, rosolia molto pericolose se contratte in gravidanza. contagio per contatto o attraverso piccole ferite o con materiale biologico. - aree di lavoro con impianti ad aria condizionata con alti livelli di umidità, quali ad esempio industria tessile, tipologia e della produzione della carta: il rischio biologico deriva da muffe/ lieviti e legionella diffuse negli ambienti. - settore della produzione di nutrienti e mangimi animali: presenza di microrganismi e acari nelle polveri organiche dei cereali, nel latte in polvere, nella farina, nelle spezie. - attività di parrucchiere ed estetista: contatto diretto col sangue o cuoio capelluto in presenza di tinea capitis o pediculosi (scaglie, perdita dei capelli, contagiosa ed epidemica-pidocchi) - attività lavorative con trasferimenti all’esterno: l’esposizione può accadere durante i viaggi in paesi in via di sviluppo dove sono presenti alcune malattie infettive non così diffuse nei paesi di prevenzione, quali ad esempio l’epatite A, B, febbre gialla, meningite meningococcica, rabbia, encefalite giapponese (zanzara Culex), malaria.. - attività lavorative aeroportuali (addetti all’assistenza a passeggeri e bagagli): tra i viaggiatori possono esservi anche anche soggetti affetti da patologie infettive in incubazione, portatori sani o in 2 alcuni casi soggetti manifestazione malati. Molto più improbabile che microrganismi vengano veicolati attraverso le merci o i bagagli trasportabili. Riveste un ruolo molto significativo, se nel luogo di provenienza dei passeggeri in arrivo sono in corso di epidemie. - attività di assistenti ai bagnanti durante le operazioni di primo soccorso: l’assistente bagnanti è esposto a possibile contagio per epatite B, tetano, o sindrome da immunodeficienza acquisite(HIV); inoltre a causa del continuo contatto con l’acqua gli assistenti sono esposti a rischio dermatosi, anche da contatto come micosi cutanee (candida, verruche) continua esposizione al sole, vento, sabbia e acqua salata può portare allo sviluppo di congiuntiviti e otiti. la diffusione di agenti infettivi si basa su tre elementi chiave: - origine dell’infezione: le origini possono essere varie, tra cui animali con malattie manifeste o latenti, portatori di microrganismi patogeni. Anche l’ambiente può fungere da origine, con specifici come muri e pavimenti, oltre a cibo, acqua e suolo contaminati, che agiscono come veicoli per l’infezione. - ospite recettivo: la vulnerabilità all’infezione è determinata da molteplici fattori quali lo stato di immunodeficienza, gravidanza, nutrizione inadeguata e difetti nei meccanismi di difesa primari, applicabili sia agli esseri umani che agli animali. - modalità di trasmissione: i patogeni si diffondono principalmente attraverso tre metodi: contratto, tramite aerosol o attraverso vettori. Alcuni patogeni possono diffondersi attraverso più di uno di questi canali. Le strategie per mitigare l’impatto dell’introduzione di malattia includono: - l’impedimento di misure preventive efficaci - l’identificato precoce dell’insorgenza di malattia - l’attuazione tempestiva di azioni contenimento questa rielaborazione mantiene l’integrità informativa del testo originale, pur semplificando la struttura e il linguaggio per facilitare la comprensione. Un’infezione si classifica come ospedaliera se emerge durante il soggiorno in un ospedale senza essere presente o in incubazione al momento del ricovero. Queste infezione risultano dell’interazione di vari fattori: - presenza di microrganismo nell’ambiente ospedaliero - condizioni di salute precarie o compromesse dei pazienti - modalità di trasmissibile all’interno dell’istituto Nonostante gli sforzi per ridurre o controllare questi microrganismi, molti di essi, naturalmente associati all’essere umano o agli animali, possono diventare patogeni opportunistici, rappresentando un rischio significativo, specialmente per individui con difese immunitarie ridotte, causato da malattie o terapie farmacologiche. Alcuni di questi microrganismi sviluppano anche resistenza agli antimicrobici.Il rischio di zoonosi è generalmente basso per la popolazione ma più elevato per veterinari e personale clinico, a causa della loro maggiore esposizione a patogeni zoonosici. La trasmissione può avvenire tramite contaminati, contatto con acqua o infetti, inalazione di aerosol contaminati, contatto con acqua o liquami contaminati, e attraverso vettori come zecche e zanzare. Il personale a rischio dovrebbe seguire rigide misure di sicurezza e igiene. Il personale a rischio dovrebbe seguire rigide misure di sicurezza e igiene. La persona con sistema immunitario indebolito, inclusi coloro che sono in gravidanza, hanno malattie autoimmuni, o sono sotto terapie che riducono l’immunità, sono particolarmente vulnerabili a infezioni zoonosiche e a sviluppare compilazioni serie. è cruciale che tali individui ricevono consulenza medica adeguata e siano sottoposti a sorveglianza sanitaria, compresa la vaccinazione contro malattie specifiche come la rabbia e il tetano. Per prevenire la trasmissione di zoonosi è fondamentale mantenere elevati standard di igiene negli ambienti, garantire una buona ventilazione, e pulire e disinfettare attrezzature e strumenti. Il personale deve adottare misure di protezione personale, essere informato sui rischi biologici e seguire procedure igieniche di base per ridurre al minimo il rischio di esposizione. Questo riassunto mira a conservare le informazioni essenziali del testo originale, rendendolo più diretto e facilmente accessibile. la velocità con cui le malattie si diffondono dipende dalla presenza di condizioni favorevoli o meno alla loro propagazione. I fattori critici includono:ù - caratteristiche dell’ospite: queste riguardano la sua suscettibilità o resistenza ai patogeni - caratteristiche dell’agente infettante: questi fattori comprendono l’infettività, virulenza, stabilità, patogenicità, carica microbica dell’agente. - efficacia del contratto: la probabilità che il contratto tra l’ospite e l’agente infettante conduca a una trasmissione efficace. sebbene non si possa agire direttamente su infettività, virulenza, dell'agente patogeno, è possibile limitare la diffusione attraverso la prevenzione, la profilassi, e il controllo. Questi concetti, pur essendo spesso usati come sinonimi hanno significato distinti e rappresentano obiettivi specifici all’interno di una strategie di gestione delle infezioni: 3 1. misure di profilassi: Queste azioni precauzionali mirano a ridurre la suscettibilità ai patogeni attraverso: - vaccinazione: è importante stabilisce protocolli vaccinali specifici e verificare lo stato vaccinale al momento dell’ingresso nella struttura - prevenzione: mantenere un adeguato stato nutrizionale può aumentare la resistenza ai patogeni. - condizioni ambientali: l’ambiente deve essere mantenuto pulito e disinfettato regolarmente, con particolare attenzione alle aree comuni. è fondamentale anche garantire la qualità del cibo e l'assenza di muffe, oltre a svolgere interventi di derattizzazione e disinfestazione. - profilassi antibiotica: l’uso degli antibiotici deve seguire i principali principi di corretta somministrazione, dosaggio, tempistica e durata per ottenere i migliori risultati e limitare la resistenza agli antibiotici. La profilassi può essere impegnata anche prima di interventi chirurgici. la corretta implementazione di misure consente di mitigare il rischio il rischio di infezioni, preservando la salute degli ospiti e contribuendo a un ambiente a un ambiente più sicuro. 2. misure di prevenzione 3. misure di controllo: queste strategie sono essenziali per affrontare il rischio di infezioni nosocomiali e zoonotiche in un ospedale veterinario, proteggendo sia gli animali che le persone, implementare misure preventive e di controllo mira è: - salvaguardie il personale e i visitato dall’esposizione ad agenti zoonotici - garantire un ambiente ottimale per la cura dei pazienti, minimizzando il rischio di infezioni ospedaliere. un efficace programma di biosicurezza si articola in diversi passaggi cruciali: - identificazione del rischio: la base del programma di biosicurezza è riconoscere i periodi specifici della struttura, comprendendo i patogeni che potrebbero essere introdotti o trasmessi, le loro modalità di trasmissione e i segni clinici associati. - classificazione del pazienti per livello di rischio: è fondamentalmente valutare le condizioni di ogni animale all’arrivo, basandosi su anamnesi, origine, viaggi precedenti e sintomi per determinare il rischio individuale. Gli animali, vengono poi separati in base alla loro suscettibilità alla suscettibilità alle malattie o alla loro capacità di trasmettibile. - identificazione delle aree e processi di rischio: identificare dove e come le malattie possono essere trasmesse è cruciale per prevenire l’esposizione di animali suscettibili. - applicazione delle precauzione barriera: in base al livello di rischio, si adottano misure di precauzione specifiche, che variano da precauzioni specifiche, che variano da precauzioni standard a misure di isolamento, per prevenire la diffusione di malattie - implementazione delle misure di profilassi: questo passaggio prevede la vaccinazione, la prevenzione della malnutrizione, l’uso di antibiotici e il mantenimento di standard igienico-sanitari per ridurre la suscettibilità alle malattie, sia negli animali che nel personale. - sorveglianza e monitoraggio: è essenziale valutare periodicamente l'efficacia delle misure di biosicurezza attraverso un monitoraggio costante, non solo in risposta a focolai ma come parte di un protocollo di sorveglianza continua - educazione del personale: un programma di biosicurezza efficace richiede che tutto il personale sia ben informato e consapevole dell’importanza delle pratiche di sicurezza. Attraverso questi passaggi, si può creare un ambiente sicuro che minimizza il rischio di infezioni, promuovendo la salute e il benessere sia degli animali che delle persone coinvolte. igiene delle mani: prassi fondamentale per la prevenzione per la prevenzione delle infezioni: l’igiene delle mani più diretta per prevenire la diffusione di infezione e malattie. L'obiettivo è riduzione la carica microbica sulle mani, soprattutto quella derivante dalla microflora transitoria, che può accumularsi a seguito del contratto con animali, attrezzature, o persone. Per chi lavora a contratto con gli animali, è raccomandato mantenere le unghie corte per limitare l’accumulo di sporco. - dispenser e soluzioni igienizzate: sono disponibili in varie aree, specialmente nelle sale visita e negli spazi dedicati ai ricoveri, fornendo un metodo pratico per l’igiene delle mani dove l’acqua non sia immediata accessibile. I dirigenti a base alcolica sono preferibili, sebbene perdano efficacia in 4 precedenza di materiale organico. è essenziale utilizzare prodotti liquidi erogati da dispenser, evitando il sapone solido per il rischio di trasmissione di agenti patogeni. - requisiti dei prodotti per l'igiene delle mani: i prodotti non dovrebbero provocare allergie, alternate il PH della pelle o avere un’azione insufficiente. - frequenza e metodo del lavaggio delle mani: è cruciale bilanciare la necessità di un’igiene frequente con il rischio di danneggiare la pelle, che può essere mitigato utilizzando lozioni e creme idratanti per prevenire la colonizzazione batterica. - tecniche di lavaggio: si distinguono tra livelli di lavaggio 1. sociale 2. antisettico 3. chirurgico ciascuno con una specifica procedura e finalizzato a differenti livelli di pulizia, a seconda delle esigenze operative. Il lavaggio sociale delle mani rappresenta la tecnica più elementare ma fondamentale nell’igiene quotidiana, specialmente in ambienti lavorativi come ospedali e cliniche veterinarie. Utilizza acqua e un detergente liquido neutro per rimuovere lo sporco fisico e ridurre significativamente la presenza di flora microbica transitoria sulla pelle. Tuttavia questo metodo non ha efficacia contro microrganismi più resistenti. momenti cruciali per il lavaggio sociale: - all’inizio e alla fine del turno di lavoro: per limitare la trasmissione di microrganismi tra la casa e il luogo di lavoro e viceversa. - prima e dopo ogni interazione con pazienti diversi: per prevenire la diffusione incrociata di patogeni. - prima e dopo l’utilizzo di guanti: i guanti possono non essere totalmente impermeabili o possono rompersi, e il lavaggio prevenire la contaminazione prima di metterli e riduce la carica microbica dopo averli tolti. - prima e dopo distribuzione degli elementi e della somministrazione dei farmaci: per evitare la contaminazione dei prodotti somministrati dei pazienti o colleghi. - prima e dopo l’utilizzo dei servizi igienici: per limitare la diffusione dei germi attraverso il contrasto con superfici comuni Questo tipo di lavaggio, sebbene semplice, è una delle pratiche preventive più efficaci contro la diffusione di infezioni e dovrebbe essere un’abitudine regolare per chiunque, specialmente per coloro che lavorano in ambito sanitario o veterinario. L’adozione di questo comportamento di base è essenziale per mantenere un ambiente di lavoro sicuro e igienico. il lavaggio antisettico ha un livello superiore di igiene delle mani, impiegando detergenti liquidi antisettici o formulazione a base alcolica. Questo metodo è progettato per eliminare efficacemente la flora microbica residente sulla pelle. Risulta quindi particolarmente indicato in situazioni che richiedono standard igienici elevati. quando applicare il lavaggio antisettico: - prima di procedure invasive: è essenzialmente eseguire un lavaggio antisettico prima di qualsiasi procedura che violi le barriere naturali del corpo, come iniezioni o interventi chirurgici, per minimizzare il rischio di infezioni. - dopo il contratto con ferite o materiali contaminati: seguire questa prassi dopo aver maneggiato ferite, strumenti o materiali esposti a liquidi biologici garantire la riduzione della trasmissione di agenti patogeni. 5 - se presente sporco visibile: qualora le mani presentino uno sporco evidente, è necessario cominciare con un lavaggio sociale per rimuovere lo sporco fisico prima di procedere al lavaggio antisettico, garantendo così l'efficacia dell’antisettico. tecnica di risciacquo corretta: un dettaglio cruciale durante il risciacquo post-lavaggio antisettico è evitare la re-contaminazione delle mani dall’acqua che scorre dagli avambracci. Per questo, è importante mantenere le mani al di sopra del livello dei gomiti durante il risciacquo, permettendo così che l’acqua defluita senza contaminare le aree appena pulite. Il lavaggio antisettico è un componente chiave delle pratiche di controllo delle infezioni, specialmente in ambienti in cui rischio di trasmissione di malattie è elevato. Questo tipo di lavaggio, unito ad altre misure di prevenzione, contribuisce significativamente a mantenere un ambiente sicuro sia per i professionisti che per i pazienti. il lavaggio chirurgico delle mani costituisce una procedura critica per il personale chirurgico,cruciale per mantenere un ambiente sterile durante gli interventi. questo tipo di lavaggio va oltre la semplice pulizia, mirando a eliminare sterile il massimo a eliminare il massimo della flora batterica, sia transitoria che resistente e per ridurre la possibilità di contaminazione microbica, cruciali quando si considera l’elevata possibilità di lesioni ai guanti durante gli interventi. momenti chiave e procedure del lavaggio chirurgico: - prima dell’intervento va effettuato da tutti i membri dell’equipe che entrano in contatto con il campo sterile e gli strumenti - zona di lavaggio include mani e avambracci fino ai gomiti - gestione dei guanti vista la frequente occorrenza di lesioni nei guanti chirurgici, potrebbe essere necessario cambiati ogni 60 minuti e utilizzare due paia sovrapposti, specialmente durante interventi prolungati o di maggiore complessità. raccomandazioni per la preparazione: - rimozione di gioielli anelli, bracciali e altri monili devono essere tolti per evitare la raccolta di germi e la possibilità di rompere i guanti - Le cure delle unghie devono essere corte, senza smalti vecchi o unghie artificiali, per minimizzare il rischio di rotture dei guanti e colonizzare batterica. - uso di spazzole e spugne la pratica tradizionale di utilizzare spazzole per la pulizia della cute è stata riconsiderata, si consiglia l’uso di spazzole morbide o spugne solo per il primo lavaggio della giornata, evitando in quelle successive per non danneggiare la pelle e non aumentare la diffusione di cellule potenzialmente contaminanti. la corretta esecuzione del lavaggio chirurgico è fondamentale per prevenire le infezioni del sito chirurgico, proteggendo sia il paziente che il personale medico. Le pratiche aggiornate di lavaggio, che evitano l’utilizzo aggressivo di spazzole e promuovono la cura della cute, riflettono un approccio basato sull’evidenza per ridurre la contaminazione batterica. Questa procedura, parte integrante del protocollo di preparazione per l’intervento, evidenzia il ruolo vitale dell’igiene e della sterilizzazione nell’ambito, enfatizzando la necessità di attenzione, precisione e aderenza alle linee guida stabilite per garantire la sicurezza e l’efficacia delle cure. procedure di preparazione e lavaggio chirurgico avanzate: la preparazione per la chirurgia richiede un attenzione scrupolosa alle procedure di sterilità per evitare qualsiasi rischio di contaminazione. Una volta iniziativa, integrità della preparazione deve essere mantenuta senza interruzione: 6 - contaminazione accidentale: qualsiasi contatto accidentale con superfici o oggetti non sterili chiede di ricominciare il processo di preparazione da capo, per garantire l’assenza di contaminazione. - mascherina e cuffietta: devono essere indossate prima di iniziare la pulizia della cute per proteggere l’area operativa da potenziali contaminazioni - preparazione del materiale: l’apertura preventiva delle confezioni sterili, lasciando intatto l’involucro interno fino dopo il lavaggio delle mani, facilita l’accesso ai materiali sterili senza rischio di contaminazione. tecniche di lavaggio: - pulizia iniziale: le mani devono essere lavate con sapone e soluzione antisettica prima del lavaggio chirurgico, specialmente se è il primo lavaggio del giorno o se ci sono tracce visibili di sporco o contaminazione - pulizia degli spazi sottoungueali: utilizzate un pulisci-unghie se necessario per rimuovere lo sporco accumulato sotto le unghie, prevedono la contaminazione - posizione durante il lavaggio: mantenere le mani più alte dei gomiti permette all’acqua di scorrere della zona verso quella meno pulita, riducendo il rischio di contaminazione - asciugatura: utilizzare un telo sterile incluso nella confezione del camice per asciugare mani e avambracci senza compromettere la sterilità. soluzioni per la preparazione della cute: alcool, clorexidina gluconato, iodopovidone, esaclorofene: sono le soluzioni più utilizzate in medicina veterinaria per la disinfezione della cute. uso di soluzioni a base alcolica: queste soluzioni, che possono richiedere o meno l’uso di acqua, sono applicate e strofinate su mani ed avambracci seguendo procedure specifiche fino all’asciugatura completa. La rapidità d’azione e l’efficacia contro i microorganismi rendono queste soluzioni particolarmente adatte per il lavaggio chirurgico. controllo della disinfezione: se correttamente eseguito, il lavaggio assicura che tutta la superficie delle mani sia adeguatamente pulita e disinfettata. Zone non correttamente trattate possono rimanere potenzialmente contaminati, evidenziando l'importanza di seguire attentamente tutte le fasi di processo. Queste procedure dettagliate sono essenziali per mantenere un ambiente chirurgico sterile, riducendo al minimo il rischio di infezioni post -operatorie e garantendo la sicurezza del paziente e del personale sanitario. La meticolosità e la conformità alle linee guida di preparazione e lavaggio chirurgico sono fondamentali per il successo delle procedure chirurgiche. la gestione efficace della pulizia e della disinfezione in ambienti veterinari è cruciale per prevenire la trasmissione di agenti patogeni e garantire un ambiente sicuro sia per gli animali che per il personale. Il rispetto di un protocollo di pulizia e disinfezione ben strutturato è fondamentale per raggiungere questi obiettivi. Ecco le fasi chiave di un buon protocollo: 1. detersione essenziale per rimuovere fisicamente lo sporco, il materiale organico e altri detriti dalle superfici. La presenza di sporco può infatti inibire l'efficacia dei disinfettanti, rendendo la disinfezione inutile. 2. risciacquo dopo la determinazione, è necessario un accurato risciacquo per eliminare qualsiasi residuo di detergente. i residui possono interagire con il disinfettante applicando successivamente, riducendo l’efficacia 3. asciugatura l’asciugatura è un passaggio importante per assicurare che le superfici e le attrezzature siano completamente asciutte prima dell’applicazione del disinfettante. la presenza di umidità può diluire il disinfettante. la presenza di umidità può diluire il disinfettante, diminuendo la sua concentrazione e quindi la sua efficacia. 4. disinfettante, risciacquo, essiccazione infine si usa un disinfettante apposito in base ai patogeni di interesse e compatibilità con le superfici trattate. dopo può essere necessario un risciacquo seguito da una completa essiccazione a seconda delle superfici. - la scelta del disinfettante deve tenere conto del materiale che ne verrà a contatto e degli eventuali patogeni, dell’impatto personale e ambientale, nonché della resistenza batterica. - sulle superfici da contatto, bisogna prestare particolare attenzione ad esempio maniglie delle porte, serrature, rubinetti e lavandini. - la formazione del personale è fondamentale per prevenire il rischio di contagio tra pazienti e personale - la sorveglianza regolare può aiutare a identificare le aree che necessitano di migliorare nelle pratiche di pulizia e disinfestazione, consentendo di adeguare i protocolli in base ai dati raccolti. la pulizia e la disinfestazione rappresentano un aspetto fondamentale della biosicurezza in ambito veterinario e l’aderenza a protocolli dettagliati e basati su evidenze è cruciale per prevenire la diffusione di infezioni all’interno delle strutture sanitarie. 7 la pulizia ambientale gioca un ruolo fondamentale nel controllo delle infezioni all’interno di una clinica veterinaria, dove diversi ambienti presentano vari livelli di rischio biologico. Un approccio metodico e differenziato alla pulizia e disinferenziato alla pulizia e disinfettante è cruciale per garantire un ambiente sicuro sia per i pazienti che per garantire un ambiente sicuro sia per i pazienti che per i pazienti che per il personale. Ecco alcune linee guida di una pulizia efficace: - basso rischio 1. aree comuni 2. aree amministrative - medio rischio 1. aree di degenza 2. aree di intervento diagnostico-terapeutico - alto rischio 1. sala operatoria 2. area di trattamento intensivo o invasivo 1. pre-pulizia: rimuovere lo sporco e i detriti visibili prima di applicare qualsiasi disinfettante. Il materiale organico può infatti ridurre notevolmente i disinfettanti. 2. utilizzo di detergenti appropriati: scegliere detergenti adeguati per le diverse superfici, tenendo conto della loro compatibilità e dell’efficacia nel rimuovere lo sporco e i residui organici 3. disinfezione: dopo la detersione, applicare un disinfettante adatto al tipo di superficie e al rischio biologico associato all’area specifica. seguire le istruzioni del produttore per quanto riguarda diluizione, tempo di contatto e necessità di risciacquo 4. pulizia regolare mantenere una routine di pulizia regolare per tutte le aree, indipendente dal loro livello percepito di rischio biologico. Questo include zone ad alto traffico, aree di attesa, consultori, sale chirurgiche e aree di ricovero. 5. pulizia delle aree a maggior rischio dare priorità alle aree con un alto rischio di contaminazione, come le sale per intervenire chirurgici, le aree di contaminazione, come le sale per interventi chirurgici, le aree di isolamento e i locali di degenza per animali infetti. 6. attenzione alle superfici ad alto rischio pulire e disinfettare frequentemente le superfici ad alto contatto come maniglie delle porte, interruttori della luce, rubinetti e attrezzature condivise. 7. formazione personale: assicurarsi che tutto il personale sia adeguatamente formato sulle procedure di pulizia e disinfezione, compresa la corretta diluizione dei disinfettanti. 8. monitoraggio e valutazione implementare un sistema di monitoraggio per valutare l’efficacia delle procedure e approvare 9. gestione dei rifiuti 8 10. uso corretto dei DPI indossare dispositivi di protezione individuale appropriati durante la pulizia e la disinfezione per proteggere da esposizioni a agenti patogeni l’adozione di un approccio sistematico e basato su evidenze alla pulizia e disinfezione contribuisce significativamente a ridurre il rischio di trasmissione di malattie infettive all’interno delle cliniche veterinarie, promuovendo un ambiente sicuro e igienico per tutti. La pulizia e la disinfezione delle gabbie per piccoli animali in una clinica veterinaria sono procedure raccomandate per prevenire la trasmissione di agenti patogeni e garantire un ambiente sicuro e salute sia per gli animali ospitali che per il personale. Qui di seguito sono descritte le procedure raccomandate per due scenari distinti: gabbie occupate dello stesso animale e gabbie vuote a seguito di dimissioni, decesso o spostamento di un animale. gabbia occupata dallo stesso animale: la pulizia quotidiana consiste nella disinfezione giornaliera per rimuovere lo sporco e mantenere l’igiene. Questo include la pulizia delle superfici della gabbia, delle porte a grate e di tutti i materiali presenti all’interno come ciotole, griglie e lettiere. Mentre per quanto riguarda il cambio della lettiera o della traversina: ripeti la pulizia ogni volta che la gabbia è sporca. gabbia vuota dopo dimissioni, decesso o spostamento - disinfezione approfondita: segui un protocollo di disinfezione dettagliato, iniziato dalla parte superiore e procedendo verso il basso, fino a includere superfici laterali, base, angoli, porta a grate, maniglia di apertura e il perimento circostante. - disinfezione del foro per il dilavamento: rimuovi e disinfetta la gomma di protezione del foro per il protezione del foro per il dilavamento dei liquidi. - segnalazione di gabbie non sanificate: utilizza scritte o cartellini di colore rosso per identificare le gabbie che non sono state ancora pulite e disinfettate. materiale dell’allestimento: - cambiare cuscini, coperte e ciotole: questi elementi devono essere sostituiti quando sporchi e sempre tra un paziente e l’altro.. Dopo l’uso, devono essere detersi e disinfettati. - sterilizzate o disinfezione: le ciotole da pazienti a rischio richiedono sterilizzazione o una disinfezione approfondita prima del riutilizzo. - gestione di biancheria sporca: cuscini e coperte sporchi vanno sporchi trasparenti e inviati per il lavaggio. se contaminati da liquidi biologici di animali con patologie trasmissibili, devono essere distrutti. precauzioni supplementari per malattie trasmissibili: se un animale ospitato presentava una malattia trasmissibile, la gabbia deve essere chiaramente segnalata, così da permettere l’adozione di precauzioni speciali e l’utilizzo di disinfettare con DPI adeguati. queste linee guida enfatizzano l’importanza di mantenere rigorosi standard di pulizia e disinfezione nelle cliniche veterinarie, essenziali per la prevenzione delle infezioni e per fornire cure sicure e di qualità agli animali. La disinfezione e sterilizzazione degli strumenti e delle attrezzature in ambito veterinario sono procedure essenziali per prevenire la trasmissione di malattie infettive tra gli animali. procedura di disinfezione e sterilizzazione: - valutazione dello strumento: determinare se lo strumento richiede disinfezioni o sterilizzazione basandosi sul livello di rischio associato. gli strumenti che entrano in contatto con il sangue o altri fluidi corporei e che sono utilizzati in procedure invasive richiedono sterilizzazione. - preparazione: indossare DPI adeguati, inclusi guanti, mascherina, occhiali protettivi e calzari o sovrascarpe, prima di iniziare le operazioni di pulizia. Separare gli strumenti puliti da quelli sporchi per evitare contaminazioni incrociate. - pulizia: rimuovere i residui visibili da tutti gli strumenti e attrezzature utilizzando detergenti appropriati. Questo passaggio è fondamentale perché i residui organici possono interferire con l’efficacia dei processi di disinfezione e sterilizzazione. - disinfezione: immergete o pulire gli strumenti con una soluzione disinfettante adeguata, secondo le indicazioni del produttore e le linee guida professionali. Per strumenti come endoscopi e tubi per lavaggio gastrico, seguire le procedure specifiche di disinfezione che potrebbero includere l’uso di soluzioni disinfettanti specifiche e tempi di contatto prolungati. - sterilizzazione: utilizzare autoclavi o altri metodi di sterilizzazione per gli strumenti che richiedono di disinfezione un livello di asepsi elevato. Verificare regolarmente il funzionamento degli apparecchi di sterilizzazione e mantenere un registro delle operazioni di sterilizzazione. - conservazione: conserve gli strumenti sterilizzati in aree pulite e asciutte fino al loro utilizzo. Assicurarsi che l’imballaggio degli strumenti sterilizzati rimanga intatto fino all’uso per mantenere la sterilità. - formazione del personale: assicurarsi che tutto il personale sia adeguatamente formato sulle procedure di disinfezione e sterilizzazione, compreso il corretto uso e la manutenzione degli apparecchi. 9 - monitoraggio e valutazione: implementare un sistema per monitorare l’efficacia delle procedure di disinfezione e sterilizzazione, includa la verifica periodica dell'equipaggiamento e la revisione dei protocolli. - gestione dei rifiuti: seguire le linee guida appropriata per lo smaltimento dei rifiuti generati durante i processi di pulizia, disinfezione e sterilizzazione. critici: presentando un alto rischio di contaminazione con qualsiasi microrganismo, comprese le spore batteriche. Devono essere sterilizzati in autoclave o stufa, Se sono labili alle alte temperature devono essere trattati con etilene o altre sostanze chimiche come la glutaraldeide. semicritici: sono posti a contatto con cute non integra o con mucose. Non devono contenere microrganismi ad eccezione, eventualmente, di spore batteriche e quindi richiedono un alto livello di disinfezione. non critici: sono solitamente a contratto con la cute integra ma non con le mucose. Necessitano di una disinfezione di basso livello, ma occorre comunque prestare attenzione perché potrebbero essere fonte di contaminazione e trasmissione delle infezioni. - termometri: non dovrebbero essere utilizzati termometri di vetro perché potrebbero rompersi con conseguente rischio di lesioni ed esposizione al mercurio. è preferibile utilizzare termometri elettronici monouso, in alternativa si possono utilizzare termometri elettronici riutilizzabili previa disinfezione con alcool e clorexidina. Termometri multiuso non dovrebbero mai essere utilizzati su pazienti affetti da malattie enteriche causate da agenti patogeni (salmonella)... - endoscopi: gli stetoscopi dovrebbero essere puliti regolarmente con acqua e sapone e disinfettati tra un paziente e l’altro con alcool o disinfettante per le mani. è necessaria la pulizia immediata e la disinfezione quando sono visibilmente sporchi o sono stati usati su un paziente infetto o sospetto tale. - stetoscopi: ogni cavallo dovrebbero avere un nettapiedi assegnato e personale che deve comunque essere pulito e disinfettato dopo l’utilizzo - nettapiedi: ogni cavallo dovrebbe essere avere un nettapiedi assegnato e personale che deve comunque essere pulito e disinfettato dopo l’utilizzo. - torcinaso: i torcinaso devono essere puliti e disinfettati subito dopo ogni utilizzo con alcol o clorexidina - forbici, pinze, per i piedi ecc.. possono essere utilizzate su più pazienti ma devono essere puliti e disinfettati tra un paziente e l’altro con alcol o clorexidina. - secchi, mangiatoie e altri eventuali contenitori per l’alimentazione o l’abbeveraggio: devono essere detersi con cura, dopodiché si applica il disinfettante diluito tenendo in ammollo per 10 minuti, infine si risciacqua con acqua potabile, infine sono asciugati e reintrodotti nella stalla. Tutto ciò da cui il cavallo mangiano o si abbeverano dovrà essere accuratamente risciacquato, per evitare che rimangano residui di disinfettare. - attrezzature come forconi, pale strumenti per il governo: dovrebbero essere puliti, lavati e immersi in ammollo nel disinfettante per 10 minuti, i pennelli e le spazzole con setole devono essere risciacquati, mentre gli altri strumenti possono essere risciacquati, mentre gli altri strumenti possono essere risciacquati, mentre gli strumenti possono essere lasciati asciugare all’aria. - asciugamani, indumenti contaminati, coperte, cuffini: devono essere puliti dalla sporcizia, messi in ammollo nel disinfettante per 10 minuti e poi lavati con il detersivo. - cavezze e lunghine: devono pulire con detergente e lasciare in ammollo per circa 10 minuti nel disinfettante per risciacquare. 10 agenti fisici: l’agente fisici governano da leggi fisiche, che provoca una trasformazione delle condizioni ambientali in cui si manifesta. In particolare, la sua presenza in ambienti di lavoro comporta l’immissione di energia potenzialmente dannosa per la salute umana. Agenti fisici nel testo unico sulla sicurezza, art 180, comma 1, D.lgs 81/08: “ai fini del presente decreto legislativo per agenti fisici si intendono il rumore, gli ultrasuoni, le vibrazioni meccaniche, i campi elettromagnetici, le radiazione ottiche, di origine artificiale, il microclima e le atmosfere iperbariche che possono comportare rischi per la salute e la sicurezza dei lavoratori” - rumore: è un segnale di disturbo rispetto all’informazione trasmessa, effetti sulla sicurezza del lavoro, l’effetto di mascherare causato dal rumore può disturbare le comunicazioni verbali e la percezione di segnali acustici di sicurezza. aumento delle probabilità di infortuni sul lavoro. danni sulla salute del lavoratore: coinvolgimento degli organismi uditivi causando l’ipoacusia cioè la riduzione della capacità uditiva. Azione su altri organi ed apparati causando l’insorgenza della fatica mentale, la diminuzione dell’efficacia del rendimento lavorativo, interferenze sul sonno e sul riposo e numerose altre. - ultrasuoni: onde meccaniche sonore caratterizzate da frequenze superiori a quelle mediamente udibili dall’orecchio umano. - infrasuoni: onde sonore con frequenza di vibrazione inferiore alla soglia di udibilità dell’orecchio umano, caratterizzate dalla capacità di propagazione su lunghe distanze e di aggirare gli ostacoli con poca dissipazione. - vibrazione meccaniche: oscillazione meccaniche, rispetto ad un riferimento, che si trasmettono attraverso corpi solidi, come nel caso dell’utilizzo di strumenti specifici da parte del lavoratore. Il testo unico decreta la necessità di inserire, nella valutazione dei rischi, la stima del rischio vibrazioni analizzandone le sollecitazioni che il lavoratore riceve durante lo svolgimento della propria attività lavorativa. 11 Le sollecitazioni possono verificarsi su: a. il sistema “mano-braccio”: le vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al sistema mano-braccio nell’uomo, comportano conseguenze quali disturbi vascolari, osteoarticolari, neurologici o muscolari. b. il sistema “corpo intero”: le vibrazioni meccaniche che, se trasmesse al corpo intero, comportano conseguenze quali lombalgie e traumi del rachide. - campi elettromagnetici: i campi elettromagnetici sono presenti ovunque nel nostro ambiente ma sono visibili all’occhio umano, sono generati da: a. sorgenti naturali: in seguito ad un fulmine b. sorgenti artificiali: in prossimità di impianti radio-TV, di impianti per la telefonia mobile, impianti utilizzati per il trasporto e la trasformazione dell’energia elettrica, elettrodotti. effetti dei campi elettromagnetici: possono essere di natura acuta, quando si manifestano a breve termine e crocini, quando compaiono anche dopo lunghi periodi di latenza con effetti differenti a seconda del livello di frequenza a cui si è esposti. a. alti frequenze opacizzazione del cristallino, anomalie alla cornea, alterazioni delle funzioni neuromuscolari b. basse frequenze effetti sul sistema nervoso centrale - radiazioni ottiche di origine artificiale: tutte le radiazioni elettromagnetiche che si manifestano in un determinato intervallo di lunghezza d’onda. RADIAZIONI ULTRAVIOLETTE-RADIAZIONI INFRAROSSE- RADIAZIONI VISIBILI esposizione alle roa: a. rischi indiretti: effetti nocivi su occhi, cute b. rischi diretti: disturbi temporanei visivi, rischi di incendio e di esposizione, stress termico - microclima: insieme dei fattori che regolano le condizioni climatiche di un ambiente chiuso o semichiuso come ad esempio un ambiente di lavoro. un microclima sfavorevole in un ambiente di lavoro, oltre i normali danni all’organismo umano può indicare le principali funzioni fisiologiche con ripercussioni con ripercussioni più o meno gravi sulle capacità lavorative. - atmosfere iperbariche: riguardano le lavorazioni che vengono effettuate in ambienti in cui la pressione gassosa ambientale è nettamente superiore e quella atmosferica, quali le operazioni in immersione subacquea o in tunnel. nell’ambito della valutazione dei rischi l’art 181, oltre a ribadire l’obbligo per il datore di lavoro di valutare tutti i rischi derivanti dall’esposizione ad agenti fisici ne stabilisce le modalità, al comma 2: scadenza quadriennale, da personale qualificato nell’ambito del servizio di prevenzione e protezione in possesso di specifiche conoscenze in materia. personale qualificato: operatore che abbia sostenuto un corso di qualificazione conclusi con una valutazione positiva e documentabile dell’apprendimento. Quando queste competenze non sono presenti nel personale interno nell’ambito del SPP, il datore di lavoro può avvalersi di consulenti esterni all’azienda. la valutazione dei rischi è aggiornata ogni volta si verifichino mutamenti che potrebbero renderla obsoleta, ovvero, quando i risultati della sorveglianza sanitaria rendano necessaria la sua revisione. I dati ottenuti dalla valutazione valutazione del rischi fisici, ritiene, in base alla natura e all'entità dei rischi individuali nelle attività lavorative aziendali, non necessità una valutazione più dettagliata. giustificazione nell'ambito della valutazione dei rischi: la giustificazione del datore di lavoro, secondo cui natura ed entità dei rischi non richiedono una valutazione più dettagliata è la modalità prevista dalla legislazione sugli agenti fisici, per interrompere il processo valutativo nel caso di rischio o di una palese trascurabilità. Si tratta di un comportamento applicabile solo a quelle situazioni di rischio al di sotto dei valori di riferimento. La necessità ad una valutazione, misurabile e calcolo di livelli di esposizione è, come sempre, necessariamente per identificare ad adottare le opportune misure di prevenzione e protezione, con particolare riferimento alle norme di buona tecnica ed alle buone prassi. art 182 del testo unico in materia di salute e sicurezza stabilisce, con richiami agli articoli contenuti contenuti nei cap I,II,III,IX,V, le misure e le modalità da adottare per la riduzione del livello di rischio fisico. al comma 1, dell'art 182, si stabilisce: tenuto conto del progresso tecnico e della disponibilità di misure per controllare il rischio alla fonte, i rischi derivanti dall’esposizione agli agenti fisici sono eliminati alla fonte o ridotti al minimo. La riduzione dei rischi derivanti dall'esposizione agli agenti fisici si basa sui principi generali di prevenzione contenuti nel presente decreto” comma 2: “in nessun caso i lavoratori devono essere esposti a valori superiori ai valori limite di esposizione. Allorché, nonostante i provvedimenti presi, valori limite di esposizione risultano di esposizione e adegua di conseguenza le misure di protezione e prevenzione per evitare un nuovo superamento. 12 valori limite di esposizione ei valori di azione pressione acustica di picco (PPEAK) esposizione giornaliera al rumore (lex 8H) valori inferiori di azione 80 DB(A) 135 DB(C) valori superiori di azione 85 DB(A) 137 DB(C) valori limite di esposizione 87 DB(A) 140 DB(C) vibrazioni trasmesse valore limite di esposizione (VLE) valore di azione (VdA) sistema mano-braccio 5 m/s2 2,5 m/s2 corpo intero 1,15 m/s2 0,5 m/s2 lavoratori particolarmente sensibili: nonostante la presenza di valori limite di esposizione, la normativa prevede un’attenzione particolare verso quei lavoratori considerati particolare sensibili al rischio, quali donne in stato di gravidanza ed i minori. Il datore di Lavoro ha l'obbligo, per la tutela della salute dei soggetti indicati, di prenderne in considerazione le esigenze pur riscontrando una valutazione del rischio nei limiti definiti dalla normativa. il datore di lavoro provvedere affinché i lavoratori e i loro rappresentanti vengano informati e formati in relazione al risultato della valutazione dei rischi su: - i singoli agenti fisici - le misure adottate 13 - l’entità e al significato dei valori limite di esposizione e dei valori di azione - i risultati della valutazione, misurazione o calcolo dei livelli di esposizione - i potenziali rischi associati e gli effetti negativi - le circostanze nelle quali i lavoratori hanno diritto a una sorveglianza sanitaria e agli obiettivi della stessa - le procedure di lavoro sicure per ridurre al minimo i rischi derivanti dall’esposizione - l’uso corretto dei DPI con relative indicazioni o controindicazioni sanitarie all’uso. IL D,lgs 81/08 definire tra i dispositivi di protezione individuale, qualsiasi attrezzature destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore, allo scopo di proteggerlo contro uno o più rischi suscettibili di minacciare la sicurezza o la salute durante il lavoro, nonché ogni complemento o accessorio destinato a tale scopo. L’utilizzo dei DPI è previsto quando l’adozione delle misure tecniche preventive e-o organizzative di protezione collettiva non risulti sufficientemente all’eliminazione di tutti i fattori di rischio. In altri termini, il DPI va utilizzato quando non è possibile eliminare il rischio. La sorveglianza sanitaria dei lavoratori esposti agli agenti fisici viene effettuata dal medico competente sulla base dei risultati della valutazione del rischio trasmessi dal datore di lavoro. I dati sanitari e i valori di esposizione individuali comunicati dal datore di lavoro, a seguito della sorveglianza sanitaria, vengono riportati nella cartella sanitaria e di rischio: documento che racchiude la soggettiva del lavoratore, in cui si può verificare l'eventuale adeguatezza dei comportamenti del lavoratore rispetto alle condizioni lavorative nell’uso corretto del DPI. In caso venga un’alterazione apprezzabile dello stato di salute di un lavoratore, correlata ai rischi lavorativi, il medico competente ne informa il lavoratore e , nel rispetto del segreto professionale, il datore di lavoro. Il datore di lavoro deve provvedere a: - sottoporre a revisione la valutazione dei rischi - sottoporre a revisione le misure predisposte per eliminare o ridurre i rischi - tener conto del parere del medico nell’attuazione delle misure necessarie per eliminare o ridurre il rischio ambiente di lavoro e microclima termico: il microclima è l’insieme dei fattori che regolano le condizioni climatiche di un ambiente chiuso o semichiuso come un ambiente di lavoro. i fattori caratterizzanti il microclima sono: - temperatura - umidità - velocità dell’aria è un insieme di fattori e situazioni con il quale la persona entra in contatto durante la giornata lavorativa. Questi fattori, influenzano l’equilibrio psichico e fisico del lavoratore fanno sì che l’ambiente di lavoro, ai fini della tutela della salute e sicurezza del lavorative ma deve essere strutturato e conseguenze valutato in virtù delle sue ripercussioni. Tra l’uomo e l’ambiente, infatti avvengono scambi termici allo scopo di mantenere costante la temperatura interna e di consentire la dissipazione del calore metabolico, prodotto in eccesso. è quindi importante garantire un benessere termico, ossia l’insieme di condizioni in cui l’organismo riesce a mantenere l’equilibrio termico senza l’intervento del sistema di termoregolazione propria. convenzionalmente gli ambienti termici si distinguono in: - ambienti moderati: condizioni ambientali omogenee e con ridotta variabilità nel tempo. Assenza di scambi termici localizzati fra soggetto ed ambiente che abbiano effetti rilevanti sul bilancio effetti rilevanti sul bilancio termico complessivo, Attività fisica modesta e sostanzialmente analoga per i diversi soggetti. Sostanzialmente uniformità del vestiario tra i presenti. - ambienti caldi: valori di temperatura elevati in relazione alle caratteristiche dell’attività svolta e del vestiario indossato, con alti valori di umidità relativi dell’aria e richiedenti un considerevole intervento dei meccanismo di scambio termico per sudorazione al fine di conservare l'ipotermia. condizioni termo-igrometriche differenti da posizione a posizione di lavoro. Sensibile variabilità nel tempo delle condizioni. - ambienti freddi: valori di temperatura compresi tra 0 e 10 °C per ambienti moderatamente freddi e inferiore a 0°C per ambienti freddi severi. Contenuta variabilità spaziale e temporale delle condizioni. Attività fisica e tipologia del vestiario indossano abbastanza difformi. in riferimento all’ambiente di lavoro, la risposta del corpo di un lavoratore nei confronti dei fattori costituenti il microclima può variare a seconda di determinati fattori soggettivi quali: - temperatura corporea interna - vestiario indossato - superficie corporea vestita - attività metabolica di base - attività fisica svolta - e età e peso 14 - acclimazione - stato di salute - genere Per la valutazione del microclima, e quindi della salubrità di un ambiente di lavoro, è necessario considerare il benessere termico provato dagli occupanti. Per benessere termico di intende quella condizione mentale in cui viene espressa soddisfazione per l’ambiente termico e, sul piano tecnico, viene identificato con la neutralità termica, ossia quando il soggetto non esprime preferenza né per un ambiente più caldo né per uno più freddo di quello reale. Tuttavia, non sempre è possibile identificare completamente il benessere e la neutralità termici, risulta quindi opportuno ricorrere a ulteriori verifiche mirate all’individuazione di fattori di disagio, come la valutazione della sensazione termica avvertita. Per sensazione termica avvertita si intende il grado di insoddisfazione soggettivo. - temperatura radiante media: media ponderata dei valori di temperatura in funzione della quale le pareti e gli oggetti presenti nell’ambiente emettono radiazione calorica. - temperatura dell’aria o di bulbo secco a ventilazione forzata TA(°C): temperatura dell’aria misurata da un bulbo asciutto non soggetto ad irraggiamento termico e sottoposta a ventilazione compresa tra 2 e 4 m/s - temperatura del bulbo umido e ventilazione forzata TW(°C): temperatura misurata da un bulbo ricoperto da una mussola di cotone inumidita con acqua distillata a temperatura ambiente, non soggetta a irraggiamento termico e sottoposta a ventilazione compresa fra i 2 e i 4 m/s - umidità relativa: rapporto percentuale tra la quantità di vapore acqueo presente nell’atmosfera ad una certa temperatura e la quantità necessaria per saturare atmosfera a quella stessa temperatura. la definizione di ambiente di lavoro è fornita direttamente dal legislatore nell’art 62 del D.lgs 81/08: “i luoghi destinati a ospitare posti di lavoro, ubicati all’interno dell’azienda o dell’unità produttiva , nonché ogni altro luogo di penitenza dell’azienda o dell’unità produttiva, nonchè ogni tanto luogo di pertinenza dell’azienda o dell’unità produttiva accessibile al lavoratore nell’ambito del proprio lavoro. si definisce luogo di lavoro chiuso: ambiente coperto o delimitato da muri senza aperture fisse almeno su tre lati, dove è permessa l'attività lavorativa esclusivamente previa autorizzazione dei vigili del fuoco. Tutti gli altri devono considerarsi ambienti aperti. Nei D,lgs 81/08, l’interno titolo II è dedicato a tale mantenimento della salute e della sicurezza dei lavoratori. Aspetti specifici e dettagli tecnici sono invece contenuti nell’allegato IV dello stesso decreto. la progettazione dei luoghi di lavoro deve essere eseguita di modo tale che essi risultino confortevoli al lavoratori, ovvero deve rispettare una serie di parametri costruttivi che lo rendano tale. I parametri prevedono: - limiti minimi per le altezze: per le superfici e le cubature dei locali - indicazioni su scale e parametri - come e quante devono essere le porte - descrizione dei luoghi di passaggio - indicazione sulla pavimentazione - distribuzione della luce - fattori microclimatici altezza non dovrebbero essere mai inferiore ai 2,7 m la superficie minima non dovrebbero essere mai inferiore a 2 m2 per lavoratore la cubatura non dovrebbero essere mai minore di 10 m3 per lavorare le scale devono essere larghe almeno 110 cm, se nel piano superiore sono presenti più di 5 lavoratori. sui lati aperti, dovrebbero essere provviste di parapetti normali, o difesa equivalente, costruiti in materiale rigido e alti almeno un metro. le porte devono essere dimensionate e numericamente in grado di consentire la rapida uscita delle persone dai locali di lavoro, in caso di emergenza. Per questo non devono essere pesanti o difficili da aprire. Per locali a rischio di esposizione o di incendio la qualità di poter presenti in azienda e in base alla valutazione del rischio. i pavimenti e i passaggi: - assenza di protuberanze, cavità o piani inclinati pericolosi - devono essere fissi, stabili e antisdruccioli - non devono essere ingombrati da materiali che ostacolino la normale circolazione - in presenza di ostacoli o pericolosi non eliminabili tecnicamente, deve essere posta l’adeguata segnalazione i pavimenti e i passaggi: - essere in condizioni tali da rendere sicuro il transito delle persone e dei mezzi di trasporto - possedere requisiti tali da poter soddisfare anche le esigenze di eventuali portatori di handicap presenti sui luoghi di lavoro 15 - devono resistere ai carichi massimi dall’affollamento che potrebbe verificarsi in situazioni di emergenza il datore di lavoro provvede affinché i locali di lavoro siano mantenuti in uno stato di scrupolosa pulizia, e vengano sottoposti ad adeguata manutenzione. L’illuminazione rappresenta uno dei principali fattori ambientali atti ad assicurare il benessere nei luoghi di lavoro. Un’illuminazione errata può causare: - danni all’apparato muscolo/scheletrico, in quanto una sollecitazione eccessiva dei muscoli dell’apparato visivo può provocare, in maniera indiretta, una contrazione dei muscoli del collo, dalle spalle e della schiena - infortuni dovuti ad urti contro oggetti o cadute dei lavoratori - abbagliamento con la formazione di zone d’ombra, e questo può valere sia per la luce naturale che per quelle artificiale Il datore di lavoro provvede di lavoro provvede affinché i locali siano mantenuti in uno stato di scrupolosa pulizia e vengano sottoposti ad adeguate manutenzione. L’illuminazione rappresenta uno dei principali fattori ambientali atti ad assicurare il benessere nei luoghi di lavoro. UN’illuminazione errata può causare: - danni all'apparato muscolo/scheletrico, in quanto una sollecitazione eccessiva dei muscoli dell’apparato visivo può provocare, in maniera indiretta, una contrazione dei muscoli del collo, delle spalle e della schiena. - infortuni dovuti ad urti contro oggetti o cadute dei lavoratori - abbagliamento con la formazione di zone d’ombra, e questo può valere sia per la luce naturale che per la luce naturale che per quella artificiale. l’allegato IV al punto 1.10-illuminazione naturale ed artificiale dei luoghi di lavoro, stabilisce: a meno che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi di lavoro devono disporre di sufficiente luce naturale. In ogni caso , tutti i presenti locali e luoghi di lavoro devono essere dotati di dispositivi che consentano un’illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori. Per questo motivo l’unione europea ha stabilito dei valori standard di illuminazione da applicare e che, ovviamente variano da attività ad attività ad attività al fine di assicurare: - comfort visivo - incremento della produttività - sicurezza (prevenzione, infortuni) Per quanto riguarda postazioni di lavoro con videoterminali, una cura particolare deve essere dedicata all’illuminazione. il microclima, infine, è l’altro fattore ambientale che riveste un ruolo importante in ambito di salute e sicurezza sul lavoro. Richiamato geneticamente in diversi articoli del testo unico, viene poi regolamentato al punto 1.9 dell’allegato IV. come abbiamo detto, i fattori che caratterizzano il microclima sono quei fattori attraverso i quali avviene lo scambio termico tra un uomo ed ambientale e sono: - temperatura dell’aria - umidità relativa - ventilazione/aerazione Il legislatore, quindi, per ogni fattore decreta gli aspetti fondamentali per l’ottenimento di un microclima favorevole e della conseguente tutela della salute dei lavoratori. - la temperatura punto 19.2 allegato: deve essere adeguata all’organismo umano durante di lavoro e deve tener conto dell’attività e degli sforzi fisici imposti al lavorare. Nel giudizio sulla temperatura adeguata si deve tener conto dell’influenza che possono avere il grado di umidità ed il movimento dell’aria concomitanti. La temperatura deve essere conforme alla destinazione d’uso dei locali in particolare per i locali di riposo, per il personale di sorveglianza, dei servizi igienici, delle mense e dei locali di pronto soccorso. Finestre e lucernari devono essere tali da evitare un soleggiamento eccessivo. Quando nn si può modificare la temperatura dell’ambiente si deve provvedere a difendere lavoratori con misure tecniche localizzate o mezzi personali di protezione. - l’umidità punto 1.9.3 allegato IV: “ dovrebbe essere compresa tra il 40 % e l’80%: nei locali chiusi di lavoro delle aziende industriali nei quali l’aria è soggetta ad inumidirsi notevolmente per ragioni di lavoro, si deve evitare, per quando è possibile, la formazione della nebbia, mantenendo la temperatura e l'umidità nei limiti compatibili con le esigenze tecniche” - areazione deve fornire ai lavoratori aria salubre in quantità preferibilmente con aperture naturali e quando ciò non è possibile è possibile con impianti di aerazione. Se utilizziamo un impianto di aerazione, esso deve essere sempre mantenuto funzionante e sottoposto a riparazione ogni volta che venga segnalato un guasto. se utilizzati impianti di climatizzazione o ventilazione, i lavoratori non devono essere esposti a correnti d'aria fastidiose. Gli stessi impianti devono essere periodicamente sottoposti o controlli, manutenzione, pulizia e sanificazione. 16 il microclima viene ulteriormente richiamato nell’allegato XXXIV al punto 2 in riferimento al confort del lavoratore durante l’utilizzo di videoterminale. è infatti richiesto del comfort lavoratori, vengano rispettati i seguenti parametri microclimatici: - le condizioni monocromatiche non devono essere causa di discomfort per i lavoratori - le attrezzature in donazione al posto di lavoro non devono produrre un eccesso di calore che possa essere fonte di discomfort. - le attrezzature in dotazione al posto di lavoro non devono essere causa che possa essere fonte di discomfort per i lavoratori. ambiente di lavoro ed illuminazione: l’illuminazione di un ambiente di lavoro deve soddisfare le esigenze di: - buona visibilità lavorativa per svolgere attività - comfort visivo - sicurezza Oggi sappiamo che la luce non è omogenea, ma è composta da diversi tipi di radiazioni, separabili mediante la rifrazione. Facendo, infatti, passare un fascio di luce bianca attraverso un prisma di cristallo, questo si scompone nei sette colori dello spettro solare detti tradizionalmente colori fondamentali, i colori spettrali sono infiniti, ma l’occhio riesce a distinguere circa 200. Un colore spettrale viene indicato dalla lunghezza d’onda dalla relativa tradizionale, misurata in nm nanometro. L’occhio umano riesce a vedere solo una parte dello spettro elettromagnetico compreso tra i 400 e gli 800 nanometri. Al di fuori di questo spazio visibile esistono le frequenze ultraviolette e infrarosse. la luce può essere monocromatica se costruita da onde elettromagnetiche che rilevano un solo colore, policromatica poiché contiene tutta la gamma di lunghezza d’onda visibili. la successione dello spettro visibile è quella dell'arcobaleno. illuminotecnica: è la disciplina tecnico scientifica che si occupa dell’illuminazione degli spazi e degli ambienti, interni ed esterni ed esterni, sia attraverso l’utilizzo di luce naturale artificiale. norme di riferimento: uni en 12464-2004: regolamente l’utilizzo della luce artificiale degli ambienti interni uni en 1838: relativa all’illuminazione di emergenza l’illuminotecnica analizza la luce basandosi su grandezze fotometriche. - flusso luminoso: unità di misura in lumen (lm) che esprime la luce emessa da una sorgente nell’arco di un secondo - intensità luminosa I: unità di misura in candela (cd) che rappresenta la parte del flusso luminoso emesso in una direzione da una sorgente entro l’angolo solido che la contiene. - efficienza luminosa ߎ: misurata in lumen/watt, è il rapporto tra il flusso e la potenza elettrica assorbita. esprime il rendimento di una lampada: maggiore efficienza, più economico è l’esercizio della sorgente luminosa. - illuminamento E: unità di misura lux (lm/mq) che rappresenta il flusso luminoso incidente su di una superficie di area unitaria. - luminanza L: unità di misura (cd/mq), indica l’intensità luminosa emessa in una determinata direzione da una superficie luminosa o illuminata. quando si analizza la luce è utile conoscere anche i metodi di trasmissione della stessa che possono per: - riflessione: quando i raggi luminosi colpiscono la superficie di un mezzo opaco. - trasmissione: quando i raggi luminosi attraverso un mezzo più o meno trasparente - rifrazione: se il mezzo attraverso è il forma prismatica - assorbimento: colpendo mezzi opachi, trasparenti o traslucidi i raggi luminosi vengono in parte assorbiti e in parte riflessi trasmessi o rifratti. quando si parla di illuminazione dei luoghi di lavoro, quindi, dovendo essi assicurare il benessere dei lavoratori, bisogna considerare non solo il flusso luminoso emesso dalle sorgenti, siano esse naturali o artificiali, ma anche la luce rinviata dalle superfici che direttamente o indirettamente sono investite. Occorre quindi prestare a: - assorbimento luminoso - riflessione luminosa - trasmissione luminosa per essere adeguatamente illuminati, i luoghi di lavoro devono essere dotati di: - quantità di luce adeguata per una corretta visibilità tanto dell’ambiente che nello specifico lavoro da svolgere. - distribuzione adeguata delle fonti di illuminazione che consenta di distinguere convenientemente i colori valori di illuminazione errati, sia un difetto che in eccesso, oltre ad agire negativamente sulla componente psichica del lavoratore con disaffezione al lavoratore con disaffezione al lavoro e conseguente scadimento delle capacità lavorative, possono produrre disfunzioni dell’organo della vista. 17 luce artificiale e naturale? sebbene l’illuminazione più consona all’occhio umano sia quella naturale, poiché crea un minore affaticamento e possiede una discreta azione germicida grazie alla sua componente ultravioletta, tutti i luoghi di lavoro devono avere adeguata luce artificiale, per la salute e sicurezza dei lavoratori. La luce solare diretta è infatti sconsigliabile negli ambienti di lavoro perché può determinare abbagliamenti e fastidiosi riflessi. Qualora si volesse sfruttare maggiormente la luce naturale è consigliato strutturarsi in modo da carpire la sorgente naturale riflessa e, soprattutto, che provenga da nord, in quanto più uniforme.Tuttavia, ai fini di una scelta sull’idoneità o meno di una illuminazione occorre valutare e strutturare il tutto sulla base delle varie attività lavorative. lo scopo è sempre quello di fornire condizioni ottimali sia durante l’operatività che quando l’occhio viene scontato dal campo visivo. distribuzione delle luminanze: quando l’occhio si discosta da un oggetto messo a fuoco inizia il processo di adattamento alle nuove luminanze. è quindi necessario far sì che l’apparato visivo, soggetto ad affatichi nel passaggio da un campo visivo all’altro. occorre, dunque, che le luminanze dell’ambiente di lavoro non presentino differenze. direzione della luce: un ambiente è migliore se la struttura, le persone e gli oggetti sono disposti in modo da non creare giochi d’ombra o di luce troppo eccessivi. La soluzione ottimale potrebbe ottenersi facendo si che la provenienza della luce avvenga da una da una direzione predominante e le ombre che si creino diano rilievo agli oggetti, evitando ombre troppo marcate con l’ausilio della luce diffusa. effetti sull’uomo: una errata illuminazione può comportare sia un affaticamento sensibile dell’apparato visivo, che si manifesta inizialmente con l’irrigazione degli occhi fino a scaturire in veri e propri disturbi, sia conseguenze sull’apparato muscolo scheletrico a causa dell’assunzione di una postura errata, atta a compensare insufficienti e inidonee condizioni di illuminazione. prevenzione aspetti generali: - adozione dei correttivi imposti dalla normativa vigente o di buona tecnica - scelta dell’illuminazione in relazione ai rischi ed alle attività lavorative - utilizzo di schermature, tendaggi o veneziane per ridurre l’incidenza del flusso luminoso - posizionamento delle postazioni di lavoro in modo idoneo rispetto alle fonti di illuminazione - manutenzione e pulizia delle superfici vetrate e illuminati il testo unico in materia di salute e sicurezza dedica gli allegati IV,V e VI al tema dell’illuminazione. In essi vengono regolamentati i requisiti che i luoghi di lavoro devono possedere in riferimento al tema dell’illuminazione, naturale e artificiale, nonché accorgimento su impianti di illuminazione sussidiaria che permetta, in caso di necessità, il mantenimento dello stesso livello di luminescenza. allegato IV: - 1.10.1 a meno che non sia richiesto diversamente della necessità delle lavorazioni e salvo che non si tratti di locali sotterranei, i luoghi i lavoro devono essere dotati di disposizioni che consentono un’illuminazione artificiale adeguata per salvaguardare la sicurezza, la salute e il benessere di lavoratori” - 1.10.2 gli impianti di illuminazione dei locali di lavoro delle vie di circolazione devono essere installati in modo che il tipo d'illuminazione previsto non rappresenta un rischio di infortunio per i lavoratori. - 1.10.3 i luoghi di lavoro nei quali i lavoratori sono particolare esposti a rischi in caso di guasto dell’illuminazione artificiale, devono disporre di un’illuminazione di sicurezza di sufficiente intensità - 1.10.4 le superfici vetrate illuminanti ed i mezzi di illuminazione artificiale devono essere tenuti costantemente in buone condizioni di pulizia e di efficienza. - 1.10.5 gli ambienti, i posti di lavoro ed i passaggi devono essere illuminati con luce naturale o artificiale in modo da assicurare una sufficiente visibilità. allegato IV-illuminazione sussidiaria: - 1.10.7.1 negli stabilimenti e negli altri luoghi di lavoro devono esistere mezzi di illuminazione sussidiaria da impiegare in caso di necessario - 1.10.7.2 detti mezzi devono essere tenuti in posti noti al personale, conservati in costante efficienza ed essere adeguati alle condizioni ed ed alle necessità del loro impiego - 1.10.7.3 quando siano presenti più di 100 lavoratori e la loro uscita all’aperto in condizioni di oscurità non sia sicura ed agevole; quando l’abbandono imprevedibile ed immediato del governo delle macchine o degli apparecchi sia il pregiudizio per la sicurezza delle persone o degli impianti; quando si lavorino o siano depositate materie esplodenti o infiammabili, l’illuminazione sussidiaria deve essere fornita con mezzi di sicurezza atti ad entrare immediatamente in funzione in caso di necessità e a garantire una illuminazione sufficiente per intensità, durata, per numero e distruzione delle sorgenti luminose, nei luoghi nei quali la mancanza di illuminazione costituirebbe pericolo. 18 - 1.10.7.4 l’abbandono dei posti di lavoro e l’uscita e l’uscita all’aperto del personale deve, qualora sia necessaria ai fini di sicurezza, essere disposto prima dell’esaurimento delle fonti della illuminazione sussidiaria - 1.10.8 ove sia prestabilita la continuazione del lavoro anche in caso di mancanza dell’illuminazione artificiale normale, quella sussidiaria deve essere fornita da un impianto fisso atto a consentire la prosecuzione del lavoro in condizioni di sufficiente visibilità allegato V: le zone di operazioni ed i punti di lavoro o di manutenzione di un'attrezzatura di lavoro, devono essere opportunamente illuminati in funzione dei lavori da effettuare. allegato VI: le zone di azione delle macchine operatrici e quelle dei lavori manuali, i campi di lettura o di osservazione degli organi e degli strumenti di controllo, di misure o indicatori in genere e ogni luogo o elemento che presentino un particolare pericolo di infortunio o che necessitino di una speciale sorvegliare, devono essere illuminati in modo diretto con mezzi particolari. norma tecnica UNI EN 12464: in assenza di specifiche disposizioni di legge, la norma UNI EN 12464 fornisce le prescrizioni relative all'esecuzione, esercizio e verifica degli impianti di illuminazione artificiale negli ambienti interni civili e industriali. la norma indica che l’illuminamento interno deve essere il più possibile uniforme e che le aree di lavoro, che non sono sedi del campo visivo, non devono essere inferiori di un terzo del valore medio di illuminamento della zona sede del campo visivo. Qualora i locali fossero adiacenti, il rapporto tra l'illuminazione e quello del locale meno luminosità con conseguenze sulla salute stessa dell’occhio. Al punto 5.3, la norma UNI EN 12464 indica i valori di illuminamento medio mantenuto che devono tener conto del fattore di manutenzione in base all’apparecchio scelto, indicato dal fornitore. In assenza di dati sul decadimento luminoso si consiglia di fornire livelli di illuminamento superiori del 25 %. UNI EN 10380: se si è in presenza di compiti visivi difficoltosi aumentano le esigenze qualitative dell’illuminazione. Le norma modifica i valori decretati con il DPR 303/56 allineando agli standard europei. le nuove tecnologie hanno consentito di realizzare una gamma di sorgenti elettriche che possono classificarsi generalmente in: - a radiazione per effetto termico (lampade ad incandescenza) - a scarica nei gas e nei vapori (lampade fluorescenti, a vapore di sodio) caratteristiche delle sorgenti luminose artificiali: - potenza normale-condiziona il flusso luminoso - efficienza luminosa e decadimento del flusso luminoso durante il funzionamento - resa cromatica-condiziona il maggiore o minore apprezzamento dei colori - temperatura di colore-condiziona la tonalità di luce calda o fredda - dimensioni di ingombro-condizionano la costruzione degli apparecchi di illuminazione sorgenti luminose artificiali lampade ad incandescenza: il passaggio della corrente elettrica in atmosfera di gas inerte o in vuoto porta all'incandescenza di un filamento di tungsteno a semplice o doppia spirale. Questo tipo di lampade hanno una durata media di 1000 ore. sorgenti luminose artificiali lampade ad incandescenza: il passaggio della corrente elettrica in atmosfera di gas inerte o in vuoto porta all’incandescenza di un filamento di tungsteno a semplice o doppia spirale. Questo tipo di lampade hanno una durata media di 1000 ore. sorgenti luminose artificiali lampade ad incandescenza con alogeni: funzionamento come le lampade ad incandescenza con l’introduzione di piccole quantità di alogeno, iodio, che dà luogo ad un processo che impedisce l’annerimento del bulbo. Questo tipo di lampade sono caratterizzate da minor decadimento luminoso e maggior efficienza luminosa. 19 sorgenti luminose artificiali lampade a scarica nei gas: rientrano in questa categorie un gran numero di lampade tra cui le fluorescenti tubolari, a vapore di sodio…il loro funzionamento e la luce emessa variano a seconda del tipo di lampada con l’analogo sistema secondo il quale la corrente passa attraverso i gas, presentano aspetti critici riguardanti i dispositivi per innescare e stabilizzare la scarica, il rifasamento e l’eliminazione dell’effetto stroboscopico. un’illuminazione di emergenza deve essere prevista qualora la mancanza di illuminazione artificiale, o un guasto della pregiudichi la sicurezza dei lavoratori stessa. es: va predisposta un’illuminazione di emergenza in corrispondenza delle uscite di sicurezza, negli incroci dei corridoi, nei pianerottoli e dove cambia il livello del pavimento. L’illuminazione di emergenza è destinata a funzione quando viene a mancare l’alimentazione. Questa si distingue: - illuminazione di sicurezza: 1. illuminazione di sicurezza per l’esodo: destinata a consentire alle persone di individuare i percorsi per un esodo sicuro 2. illuminazione antipanico di aree estese: destinata ad evitare l'insorgere di panico e permettere alle persone di raggiungere il luogo dove le vie di esodo possono essere identificare 3. illuminazione di aree ad alto rischio: destinata a salvaguardare le persone in situazioni a rischio a consentire le regolari condizioni di arresto di macchine o impianti e/o il raggiungimento del fermo processo. - illuminazione di riserva: illuminazione destinata al proseguimento dell’attività senza sostanziali cambiamenti. - illuminazione naturale: per un'adeguata illuminazione a luce naturale, il luogo di lavoro deve essere progettato e predisposto tenendo conto dei seguenti aspetti: a. modificare la destinazione d’uso dell’ambiente b. liberare le finestre occluse o schermate con materiali veri c. aumentare le superfici che trasmettono illuminazione naturale d. sostituire i materiali che trasmettono la luce con altri a miglior fattore di trasmissione luminosa e. orientare le superfici illuminanti a nord f. realizzare pozzi o camini di luce g. mettere a disposizione sistemi regolabili di schermatura della luce naturale h. pulire regolarmente le superfici illuminanti - illuminazione artificiale: a. usare corpi illuminati schermati per ridurre l’abbagliamento b. usare lampade con miglior indice di resa cromatica c. aumentare la potenza luminosa impegnata e bilanciata d. sostituire le lampade ed i corpi illuminanti secondo le indicazioni dei costruttori e. pulire regolarmente la lampada, i corpi illuminati e le pareti - illuminazione di sicurezza: a. verificare periodicamente la funzionalità dispositivi di protezione individuale, disposizioni generali: il titolo III del D.lgs 106/09, riguardante la gestione dei DPI, il D.lgs 475/92, contenere le linee guida di utilizzo e la progettazione dei DPI derivati dalla direttiva europea 89/686/CEE. dispositivi individuali di protezione nel testo unico della sicurezza. L’art 74 al titolo III del D,lgs 81/08 definisce: dispositivi di protezione individuale di seguito denominato DPI, qualsiasi attrezzatura attrezzatura destinata ad essere indossata e tenuta dal lavoratore allo scopo di proteggerlo, contro uno o più rischi suscettibili di minacciare la sicurezza o la salute durante lavoro, nonché ogni complemento a accessorio destinata a tale scopo”. non sono considerati DPI art 74 comma 2: - gli indumenti di lavoro ordinari e le uniformi non specificamente destinati a proteggere la sicurezza e la salute del lavoratore - le attrezzature dei servizi di soccorso e di salvataggio - le attrezzature di protezione individuale delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio pr mantenimento dell’ordine pubblico - le attrezzature di protezione individuazione delle forze armate, delle forze di polizia e del personale del servizio per il mantenimento dell’ordine pubblico - i materiali sportivi quando utilizzati a fini specialmente sportivi e non per attività lavorative - i materiali per l’autodifesa o per la dissuasione - gli apparecchi portatili per individuare e segnalare rischi e fattori nocivi. 20 quando la prevenzione, l’organizzazione del lavoro e i dispositivi di sicurezza collettiva non sono sufficienti a eliminare o ridurre vengono impiegati i DPI, ossia i dispositivi di protezione individuale, che non possono essere usati in alternativa ai sistemi di prevenzione tecnicamente fattibili, ma solo integrati per i rischi residui od occasionali, come se esempio una manutenzione straordinaria. L’art 75 comma 1 del D.lgs 81/08 stabilisce infatti: I DPI devono essere impiegati quando i rischi non possono essere evitati o sufficientemente ridotti da misure tecniche di prevenzione, da mezzi di protezione collettiva, da misure, metodi procedimenti di riorganizzazione del lavoro.” Il D.lgs 475/92, recependo, la direttiva comunitaria 89/686, stabilisce i requisiti base dei DPI. In generale, tale normativa sancisce il principio che proibisce di produrre, vendere o noleggiare apparecchiatura dispositivi o produttori per la protezione ai lavoratori che le indossano durante lo svolgimento delle proprie mansioni. Per rispettare la conformità dettata dalla direttiva 89/686, è necessario che i DPI siano dotati di marcata CE e avere una nota informativa. I dispositivi di questi due requisiti non possono essere utilizzati nella CEE. Ulteriori requisiti: - devono essere adeguati ai rischi da prevenire senza comportare di per se un rischio maggiore - devono essere adeguatati alle condizione del luogo di lavoro - devono essere ergonomici - devono essere abilitati all’utilizzatore qualora siano presenti più rischi, è possibile ricorrere all’utilizzo simultaneo di DPI purché vengano rispettati i criteri dell’art 76 comma 2. Ogni DPI progettando, fabbricando e provando rispettando: - le direttive comunicative - le tecniche specifiche, che devono sempre soddisfare i requisiti delle direttive comunitarie ergonomia: la progettazione e la fabbricazione dei DPi sono svolte in modo da renderli utili nei momenti e nei luoghi dove occorre che la sicurezza del lavorare sia la garantita al massimo livello. I requisiti indispensabili sono: - massima protezione - massima usabilità assenza di rischio o fattori di disturbo autogeni: i DPI vengono progettati e fabbricanti in maniera da non provocare rischi durante il loro utilizzo. Scelta di materiali appropriati: i materiali con il quale sono costituiti i DPI e i loro prodotti di decomposizione rispettano l’igiene o la salute dell’utilizzatore. Impedimenti tollerati: i DPI devono intralciare il meno possibile i movimenti, le posizioni e la percezione sensoriale e non devono causare gesti che possono mettere in pericolo chi li utilizza. Il D.lgs 475/92 prevede inoltre una categorizzazione dei DPI in categorie distinte in funzione del tipo di rischio: - DPI di prima categoria: sono DPI che danno un protezione dai rischi fisici di modesta entità e sono di semplice progettazione, contatti, urti con corpi caldi con temperatura non superiore a 50°C, vibrazioni e radiazioni tali da non raggiungere organi vitali e/o da provocare danni permanenti. - DPI di seconda categoria: sono i DPI che non contenuti altre due categorie. - DPI di terza categoria: sono i DPI che proteggono da danni gravi e/o permanenti e dalla morte. Si tratta dei cosiddetti “dispositivi salvavita” caschi, visiere, apparecchi respiratori filtrati, DPI per protezione dal rischio elettrico, da cadute dall’alto e da temperatura non inferiori a 100°C. Ulteriore classificazione dei DPI: a seconda del tipo di rischio e sopratutto, in funzione della parte del corpo espora il rischio riscontrato, i DPi vengono ulteriormente classificati, dall’allegato VIII del D.lgs 81/08 in: - dispositivi di protezione della testa - // del’udito - // degli occhi e del viso - // delle vie respiratorie - // delle mani e delle braccia - // dei piedi e delle gambe - // di pelle - // del tronco e dell’addome 21 - // dell’intero dell’intero corpo di alcune lavorazioni il capo può essere esposto a rischi: - meccanici cadute di oggetti e urti, impigliamento dei capelli - elettrici contatto diretto con parti in tensione, cariche elettrostatiche - termici caldo/freddo, proiezioni di materiali in fusione, fiamme ecc.. - chimici gocciolamenti o spruzzi di prodotti chimici classificazione DPI del capo: le proiezioni riguardanti il capo di dividono in: - caso antiurto per l’industria proteggere dagli effetti di un urto della testa contro un oggetto duro e immobile, tale da causare lacerazione o altre ferite superficiali. - caso di proiezioni per l’industria proteggere dai rischi di lesione per effetto di caduta di gravi, cadute accidentali, contatto co parti calde o fredde, folgorazione e schiacciamento per intrappolamento. Requisiti e caratteristiche delle proiezioni per il capo: - proprietà dialettiche, la tensione di perforazione deve essere superiore a 10 kv - Disinfettabili e lavabili - il peso non deve superare i 425 g, elmetti sono con la visiera, 475 g, elmetti con falda anulare e 550 g elmetti speciali, esclusi i possibili accessori - assorbimento dell’urto - resistenza alla perforazione - resistenza alla luce solare e alla pioggia - non infiammabilità utilizzo corretto delle protezioni del capo: - tenere la protezione ben salda al capo, allacciando l’apposita fibbia sotto la gola - verificare giornalmente l’integrità di tutte le parti costituenti - pulire periodicamente la protezione, come indicano del costruttore, evitando solventi e altri prodotti chimici che potrebbero deteriorarne la struttura In molti luoghi il forte rumore può causare danni permanenti alla capacità uditiva per colpa della sua intensità, della durata e della frequenza dell’onda sonora. Le protezioni dell’udito sono tutte uguali, per questo è necessario capire la tipologia più adatta utilizzare, dipendente al tipologia più adatta da utilizzare, dipendentemente al tipo di rumore e alla caratteristica delle persone espose al rischio. Quando si usano i mezzi di protezione per le orecchie bisogna seguenti prassi: - occuparsi della pulizia delle protezioni seguendo le istruzioni del produttore - sostituire le protezioni seguendo le modalità indicare dal produttore - conservare le protezioni in luogo adeguato - controllare l’integrità delle protezioni prima dell’utilizzo - fare un utilizzo sistematico delle protezioni tipologie di otoprotettori più usate: inserti o tappi: - Presagomati: materiale plastico piuttosto rigido, diverse taglie, riutilizzati. - presagomati monouso: costituiti da materiale semirigido, morbido ed elastico, basso conto - sagomati: alcuni sofisticati con filtro che tramuta energia sonora in termica, calibrati, costosi, durano a lungo, necessitano dii formazione - deformati: eccellente potere di attenuazione, tipo lanapiuma o ear plug - termici: calibrati, costosi, durano a lungo e necessario di formazione cuffie: sono formate da due coppe di materiale plastico rivestite e isolate, coprono le orecchie e sono tenute tra di loro e sulla testa da un arco elastico che permette di indossare correttamente. I lati sono malleabili di modo da poter consentire l’aderenza alla testa ed hanno bisogno di manutenzione. È possibile inserire radio o rientrati o possono essere adattati

Use Quizgecko on...
Browser
Browser