Semeiotica Chirurgica PDF - Appunti

Summary

These are lecture notes on surgical semeiotics, covering topics like signs and symptoms, surgical swelling examinations, instrumental tests, and the TNM system. The notes include introductions to anamnesis and objective examination, as well as discussions of specific issues like esophageal problems and abdominal pain.

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“Il presente elaborato non è un documento ufficiale fornito dal docente, ma appunti estrapolati dalla lezione che non intendono sostituire l’essenzialità della lezione stessa” Semeiotica Chirurgica Lezione 1, 13/05/2023 Prof. Giorgio Micheletti (assistente del prof....

“Il presente elaborato non è un documento ufficiale fornito dal docente, ma appunti estrapolati dalla lezione che non intendono sostituire l’essenzialità della lezione stessa” Semeiotica Chirurgica Lezione 1, 13/05/2023 Prof. Giorgio Micheletti (assistente del prof. Adani) Sbobinatori: Martina Volpini, Francesca Busetto, Marika Polidori Revisionatori: Alessandra Lai, Giulia Carraro, Concetta Iaconinoto INTRODUZIONE La semeiotica è la disciplina che si occupa dello studio del malato mediante il rilievo e l’interpretazione dei segni e sintomi. Grazie a tali segni e sintomi, il medico può richiedere specifici esami strumentali, che assieme all’ anamnesi, concorrono a costruire la diagnosi. In questa lezione si affronteranno tali argomenti: Segni e sintomi Semeiotica delle tumefazioni di interesse chirurgico Esami strumentali TMN Per i libri di testo i docenti consigliano: Dionigi, chirurgia basi teoriche e chirurgia generale per lo studio di Patologia chirurgica Manuale di semeiotica e metodologia chirurgica di Basile per lo studio di Semeiotica chirurgica associato alle prime 150 pagine circa (sezione metodologia), del manuale Chirurgia generale di Rocco Bellantone. Date di esame: 9 giugno, 24 giugno, 14 luglio + appello aggiuntivo 24 luglio solo per la parte di semeiotica. ANAMNESI L’anamnesi è la raccolta ordinata delle informazioni della storia del paziente e sui motivi che lo hanno portato dal medico. Ci sono diversi tipi di anamnesi: Anamnesi fisiologica: es. chiedere alla donna circa il ciclo mestruale, la menopausa se fisiologica o indotta da chirurgia, abitudini, allergie, stile di vita e altro. Anamnesi famigliare: si cerca di fare domande mirate al paziente in base al contesto di malattia. Ad esempio, in ambito oncologico si chiederà se in famiglia sono presenti storie di neoplasie, in ambito di trapianti di rene si chiederà se qualche famigliare ha avuto problematiche di questo genere. Anamnesi patologia remota: indaga sulle patologie pregresse del paziente Anamnesi patologica prossima: è il motivo fondamentale per il quale il paziente si è recato dal medico, e spesso nella pratica clinica si parte da tale anamnesi. Anamnesi farmacologica. ESAME OBIETTIVO L’esame obiettivo è la ricerca diretta di segni fisici di malattia, ossia delle tracce obiettivabili sul paziente stesso, tramite: Ispezione con la vista. Palpazione: l’addome normale è TRATTABILE, l’addome peritonitico si dice “ligneo, a tavola”. Questo fenomeno viene spiegato dalla legge di Stokes: a seguito di una qualunque irritazione del peritoneo parietale, in via riflessa, vi è un rilassamento della muscolatura liscia dei visceri e una contrattura della muscolatura striata (dall’ esterno all’ interno: obliquo esterno- interno- 1 trasverso). Si ha quindi un ileo adinamico, non meccanico, e non si sente la peristalsi associato ad addome ligneo per contrazione di muscoli sopracitati. Percussione: solitamente mediata da un dito che funge da plessimetro e si percuote ogni quadrante dell’addome. Suoni rilevabili: Ø Timpanismo per bolla gastrica; Ø Iper-risonanza in caso di enfisema: rottura delle fibre elastiche e presenza ingente di aria; Ø Aia di ottusità del fegato, che può aumentare in caso di epatomegalie) Ø Mutismo per i muscoli. Auscultazione: i borborigmi intestinali sono fisiologici. L’occlusione si divide in: Ø Adinamica (ileo paralitico), con rilasciamento della muscolatura liscia; Ø Meccanica, con ostacolo alla professione (es. volvolo del sigma, a causa del meso molto lungo). In caso di occlusione, prevalentemente meccanica, si avranno rumori metallici dovuti a iper-peristaltismo a monte dell’ostacolo, in quanto l’intestino cerca di contrarsi per vincere l’ostruzione. Si ha inoltre guazzamento, ovvero presenza di liquido e aria nelle anse intestinali: questo avviene perché la flora intestinale fermenta a causa della stasi portando alla creazione dei “livelli idroaerei”, orizzontali. Al di sotto di questi c’è il liquido, che scende in basso per gravità e viene sovrastato dall’aria. Il silenzio addominale, invece, si ausculta in caso di ileo adinamico, per il rilassamento della muscolatura liscia, a causa di una peritonite, ad esempio, con addome ligneo. Oppure il silenzio addominale si può osservare in un post-intervento, durante il quale si è reciso il sacco peritoneale, il quale ha subito un’irritazione meccanica, traumatica. Dall’ anamnesi, correlata all’ esame obiettivo, si giunge poi al trattamento mirato finale mediante esami di laboratorio e strumentali, richiesti in base all’ ipotesi diagnostica del medico. SEMEIOTICA CLINICA DELL’ ESOFAGO Lo sfintere esofageo superiore è costituito dal muscolo cricofaringeo. Lo sfintere inferiore è particolare, ha un tono, ed è costituito da: Pilastro diaframmatico destro, che va a formare il laccio di Allison; Angolo di His; Azione a valvola delle rosette mucose gastriche (valvola di Von Guboroff); Membrana freno esofagea di Bertelli; Cravatta svizzera o collare di Helvetius, rappresentata dai fasci semicircolari dell’esofago distale che si continuano con quelli del cardias. Lo sfintere inferiore, dunque, è di tipo funzionale e il mantenimento del suo tono è dovuto a quanto sopra elencato, impedendo il reflusso gastrico in esofago. I segni-sintomi possono essere tipici e atipici. 2 SEGNI E SINTOMI TIPICI Disfagia: deglutizione difficoltosa, sensazione di arresto di progressione del bolo alimentare. Nelle neoplasie è iniziale per i cibi solidi, poi liquidi. Disfagia lusoria o di bayford-aunterieth: in età adulta, dovuta ad un’anomalia dell’arteria succlavia destra retro-esofagea. Rigurguito: si differenzia dal vomito per assenza di peristalsi inversa. Dà il segno del “cuscino bagnato” durante la notte, a causa, ad esempio, di una malattia da reflusso. Può essere all’origine di una polmonite ab ingestis notturna. Acido è gastrico, amaro è biliare (origine duodenale). Scialorrea: ipersalivazione, data da ipertono vagale o da reazione avversa ai farmaci. Odinofagia: dolore alla deglutizione. Pirosi: assieme al rigurgito permette una diagnosi clinica di malattia da reflusso gastro-esofageo al 90%. La risalita delle sostanze ingerite può essere causata da: perdita del tono dello sfintere inferiore, ernia iatale, acalasia con accumulo di materiale in esofago, alterata anatomia delle costituenti dello sfintere inferiore. Queste, associate a caffeina o alcool che aumentano l’acidità gastrica, causano pirosi in quanto vi è un cambio di epitelio tra esofago (epitelio pavimentoso non cheratinizzato) a stomaco (cilindrico semplice monostratificato). Dolore Toracico: più intenso della pirosi, nei pz con esofagite da reflusso o alterata motilità esofagea, può presentarsi ai pasti o a digiuno. Può essere confuso con dolore cardiaco. SINTOMATOLOGIA E SEGNI ATIPICI Anemizzazione: dovuta sia a stillicidio cronico (esofagite erosiva), sia a sanguinamento acuto nella sindrome Mallory-Weiss con lacerazione longitudinale dovuta a ripetuti episodi di vomito, tipica degli etilisti, oppure da varici esofagite, ipertensione portale, stasi epatica. Accessi di tosse, ripetute infezioni polmonari (ab ingestis), RAUCEDINE e DISPNEA. (Ad un pz con tosse persistente si consiglia sempre rx torace, potrebbe trattarsi infatti di una neoplasia) Sindrome di Boerhaave, con perforazione spontanea dell’esofago. Descritta da un medico ufficiale di una nave che, a seguito di un pasto abbondante, si perforò l’esofago. DIAGNOSI DIFFERENZIALE TRA DOLORE CARDIACO E DOLORE ESOFAGEO Necessaria un’attenta anamnesi del dolore e accurato esame obiettivo. Il dolore cardiaco, il dolore da infarto miocardico (necrosi già avvenuta), dolore da angina (non si è ancora verificata la necrosi): Non si modifica MAI con gli atti respiratori (nella pleurite, ad esempio, si modifica con la respirazione); Non si modifica con il decubito; Non si modifica con la digitopressione; Senso di oppressione e sensazione imminente di morte; Fattori precipitanti come lo sforzo, a causa dell’aumenta richiesta di ossigeno, con concomitante presenza di placche nei vasi che causano ipo-perfusione, Risposta rapida positiva ai nitrati sub linguali e spray. Nel caso di neoplasia bisogna ricercare: Segni di calo ponderale; Pallore secondario ad anemia; Tumefazioni linfonodali laterocervicali e sovraclaveari; Anomalia alla percussione e auscultazione del torace; 3 Presenza di massa epigastrica. TRIADI SEMEIOLOGICHE Triade di Plummer: disfagia, rigurgito (ristagno in esofago) e calo ponderale (acalasia esofagea). Il calo è dovuto alla disfagia, che impedisce al pz di mangiare correttamente. Triade di Saint: ernia iatale, litiasi biliare e malattia emorroidaria. Frequente nel mondo occidentale, a causa di un’alimentazione caratterizzata da cibi raffinati, con poche fibre e scorie, le feci non sono morbide, con manovra del ponzamento per defecare, favorendo la malattia emorroidaria, ernia iatale, e lo stile di vita influisce sulla formazione dalla litiasi. ADDOME Due diverse divisioni: In 4 quadranti: dx superiore-sx superiore, dx inferiore-sx inferiore; In 9 quadranti: ipocondrio dx-epigastrio-ipocondrio sx, fianco dx-mesogastrio-fianco sx, fossa iliaca dx- ipogastrio-fossa iliaca sx. Le linee di riferimento sono: le due linee verticali emiclaveari, piano sottocostale e il piano che unisce le due spine iliache. DOLORI ADDOMINALI Il dolore VISCERALE tende ad essere riferito al dermatomero da cui prende origine l’innervazione dell’organo interessato. Non è ben localizzato, è un dolore profondo. In generale avremo: Esofago, stomaco e duodenoà dolore in epigastrio. Intestino tenueà dolore periombelicale. Colonà dolore ai quadranti inferiori. Ci può essere un coinvolgimento del sistema nervoso autonomo con possibile nausea, vomito, pallore, sudorazione e tachicardia. Il dolore PARIETALE rappresenta segnali trasmessi da fibre nervose che innervano i foglietti parietali del peritoneo. Rispondono a stimoli come lo stiramento e l’infiammazione. Le fibre sono mielinizzate e trasmettono segnale in maniera più intensa, direttamente nella sede interessata. Di solito i movimenti intensificano il dolore. È ben localizzato. Il dolore RIFERITO è dovuto al fenomeno al fenomeno della convergenza di afferenze viscerali e somatiche. Dolore ben localizzato ma a distanza dalla sede di malattia. Esempio: nella colica biliare da calcolosi, il problema organico è localizzato in ipocondrio dx, ma il pz avverte dolore OLTRE CHE al quadrante superiore dx, in epigastrio e in regione retrosternale, ANCHE alla spalla dx, alla regione sottoscapolare dx, sovrascapolare e inter-scapolovertebrale dx. Ciò è dovuto al fatto che vi è la convergenza a livello del midollo spinale, nello stesso cordone, di fibre 4 che trasportano la sensibilità cutanea da punti diversi, sia dall’ organo interessato che da zone lontane. ISPEZIONE DELL’ ADDOME Ha lo scopo di rilevare: Simmetria, forma e volume; Stato dell’ombelico; Pulsazioni addominali; Aspetto della cute e reticoli venosi sottocutanei. L’addome si dice globoso quando protrude in avanti, così da fare salienza. Può essere causato da: adipe, ascite, meteorismo, pneumoperitoneo. Sx: addome piano Dx: addome globoso Addome pendulo: in posizione eretta, in caso di spiccata ipotonia, l’addome si presenta incavato in alto e sporgente in basso, il contenuto intestinale per gravità crea una convessità in basso Addome a grembiule: nei soggetti obesi, in cui il sottocute pende, formando una grossa plica. Una situazione simile si riscontra in soggetti andati in contro a grossi dimagrimenti. L’addome globoso per ascite in forma grave può arrivare a contenere anche 10-20 litri. Nel decubito supino, a causa della forza di gravità, il liquido si deposita in basso determinando un caratteristico svasamento: l’addome batraciano. Sx: addome pendulo Centro: addome a grembiule Sotto: addome globoso per ascite Il segno del fiotto si effettua per rilevare la presenza di ascite, si effettua o con 2 operatori, oppure si chiede al paziente di mettere la mano al centro dell’addome per bloccare la propagazione dell’onda d’urto causata dall’altra mano. La mano sx del medico a piatto sul fianco dx, la mano del pz al centro dell’addome comprimendolo, e 5 la mano dx del medico imprime piccoli urti alla parete addominale del fianco sx. La mano non dominante del medico avvertirà un impulso che deriva solo dallo spostamento del liquido ascito: se non ci fosse la mano centrale a bloccare l’onda, questa si propagherebbe nel sottocute e il medico non sentirebbe solo ed esclusivamente il rumore del liquido libero in cavità peritoneale. Con la percussione si delimita il limite del liquido: il suono timpanico sarà a monte, dove non vi è liquido ma aria nell’ intestino, mentre dove vi è il liquido si avrà un suono ottuso. La paracentesi addominale viene effettuata in fossa iliaca destra perché c’è più distanza tra la cute e il colon; si fa sdraiare il paziente sul fianco sinistro per far accumulare il liquido in fossa iliaca destra. Una volta prelevato il liquido si deve stabilire se è essudatizio o trasudatizio. L’ipertensione portale e l’ipoprotinemia danno un quadro di ascite trasudatizia. Peritoniti, neoplasie peritoneali primitive o secondarismi peritoneali danno un quadro di ascite essudatizia o emorragica. PUNTI DOLORI ADDOMINALI 1. Punto cistico di Murphy: linea che passa dal margine inferiore della decima costa che incontra la linea del margine laterale del retto dell’addome. In questo punto specifico, il fondo della colecisti deborda oltre il fegato ed è più vicino alla parete addominale. Il triangolo pancreatico-coledocico di Chauffard-River è localizzato tra la linea xifo-ombelicale e la bisettrice dell’angolo formato a destra tra questa e l’ombelicale trasversa. Questa zona corrisponde a delle patologie del: coledoco del tratto distale, testa pancreatica, prima porzione duodenale. Dolente in corso di ulcera duodenale, pancreatiti, litiasi coledoco. 2. Il punto appendicolare di McBurney: 1/3 laterale e 2/3 medi della linea ombelico-spino iliaca antero-superiore, corrisponde al punto di unione delle tre tenie coliche che, qualunque sia l’orientamento dell’appendice, è sempre costante. Tale punto può corrispondere, in base alla conformazione del paziente, o al punto di McBurney o al punto di Lanz, che è tra il terzo laterale e il terzo medio della linea bisiliaca. 3. Il punto ureterale superiore sinistro è detto paraombelicale di Bazin e si trova lungo la linea trasversa ombelicale, a tre dita a sx dell’ombelico. 4. Il punto ureterale medio sinistro di Tourneux si trova all’incrocio della linea bis spino iliaca con la linea verticale innalzata dal punto di unione del 1/3 medio col 1/3 mediale del legamento inguinale. 5. Il punto ureterale inferiore è palpabile solo con l’esplorazione vaginale. 6 MANOVRE E SEGNI SEMEIOLOGICI ADDOMINALI MANOVRA DI MURPHY Poggiare la mano piatta, come nell’immagine, sul punto cistico di Murphy oppure mettere una mano a guanto sotto l’arcata costale in corrispondenza del medesimo punto; chiedere al paziente di fare una profonda inspirazione in modo tale che il fondo colecistico scenda ulteriormente con l’espansione dei polmoni verso la nostra mano. Il segno di Murphy è positivo se il paziente interrompe l’inspirazione in quanto il dolore non gli consente di portarla a termine. In tal caso si può supporre una patologia flogistica a carico della colecisti. SEGNO DI BLUMBERG É tipico delle peritoniti, è segno di addome acuto: qualsiasi sia la causa dell’insulto del peritoneo, questo viene rilevato con il segno di Blumberg. Si esegue poggiando il palmo della mano su un quadrante, premendo in profondità e rilasciando in modo repentino. È positivo se il paziente sente dolore quando viene rilasciata la presa. È un segno grave, che quando è positivo, necessita di un intervento d’urgenza. Rispetto alla definizione di dolore è un tipo di dolore parietale. Il dolore parietale inizia nella zona circoscritta da dove origina, dopodiché si irradia. Quindi questa manovra, soprattutto nelle fasi iniziali, ci consente di individuare un’area delimitata da cui insorge il dolore, ci orienta su quali organi considerare in prima istanza, ovvero quelli da cui proviene il dolore. Tipicamente il paziente che presenta un addome acuto in posizione di decubito avrà le gambe flesse, in quanto distenderle aumenterebbe la rigidità dei muscoli addominali amplificando il dolore. In sintesi è un segno diretto di peritonite, fa parte dell’E.O dell’addome e va eseguito su ogni quadrante. MANOVRA DELLO PSOAS (O MANOVRA DI OBRAZTSOVA) L’estensione della coscia destra in un paziente in decubito laterale sinistro comporta lo stiramento del muscolo psoas, su cui giace l’appendice infiammata. MANOVRA O SEGNO DELL’OTTURATORE A paziente supino si ruota la coscia destra flessa sul bacino. È positivo in corso di appendice acuta. 7 MANOVRA DI GIORDANO È indice di una patologia a carico dell’apparato urinario (nefrolitiasi, pielonefriti). È una percussione repentina, con il bordo ulnare dell’esaminatore, nella regione lombare del paziente. Talvolta in condizioni gravi il paziente può anche saltare sul letto. SEGNO DI COURVOISER-TERRIER Colecisti palpabile associata a ittero. Questo segno positivo è indice di una stenosi neoplastica del coledoco distale. Analisi differenziale tra ittero indotto da calcoli o da stenosi neoplastica Dato un paziente con Murphy positivo e molto itterico, ci orientiamo tra patologia neoplastica o presenza di un calcolo in base: 1. Distensibilità delle colecisti: Nell’ittero classico, la presenza di un calcolo che spinge sulla via biliare principale genera litiasi del coledoco a cui si associa infiammazione cronica. Le pareti della colecisti non hanno capacità di distendersi. Invece, in un ittero dovuto a stenosi neoplastica, (es. neoplasia della testa pancreatica che coinvolge la porzione intrapancreatica del coledoco) le pareti della colecisti si possono distendere in quanto le cellule non sono infiammate, sono integre e non hanno perso la capacità elastica. In un quadro di litiasi cronica la reazione della colecisti è di atrofizzarsi, è difficile avere una colecisti distesa. Quando si trova la colecisti distesa associata ad ittero, si pensa ad una patologia neoplastica. 2. Il tempo: Se non è la prima volta che il paziente avverte questo dolore, anzi lo prova da più tempo e magari è anche un paziente anziano, possiamo con ragionevole certezza pensare ad un’infiammazione di tipo cronico. SEGNO DI KULLEN E GRAY-TURNER tipici della pancreatite emorragica KULLEN: sono zone bluastre periombelicali definite talvolta come ecchimosi, dovute ad una pancreatite che è sfociata in una necrosi emorragica. È più precoce (24-38h). GRAY-TURNER: colore verdastro nella regione glutea o lombare. Sono entrambe dovute agli enzimi pancreatici che si sono riversati, digerendo il tessuto sottocutaneo. 8 NODULO DI SUOR MARY JOSEPH Il nome viene dal fatto che si ritiene sia stata una suora a descrivere questo segno. È una linfoadenopatia: ingrossamento di un linfonodo per tumore gastrico o una diffusione neoplastica che causa questo nodulo. È associato prevalentemente a cancro gastrico o carcinosi peritoneale che può, in regione periombelicale, formare questo nodulo. Digressione sull’ Omental cake Omental cake: termine che indica carcinosi peritoneale (diffusione metastatica di tipo maligno nel peritoneo) tipico del tumore dell’ovaio. Causa la formazione di queste pagnotte a livello del peritoneo, formate da cellule e tessuto neoplastico. È una sorta di congelamento del peritoneo dovuto ad una patologia neoplastica. Sono tutti segni di stadi tardivi e avanzati che fortunatamente oggi sono molto rari da vedere in corsia. È un segno di localizzazione metastatica; in generale una localizzazione metastatica a livello cutaneo vuol dire che si è davanti ad uno stadio avanzato di malattia. Quindi di fronte ad un paziente con questo segno, l’ipotesi del nodulo di Joseph non è il primo pensiero perché molto raro. È più probabile che si tratti di un’ernia ombelicale strozzata che sia andata in necrosi. Analisi Differenziale tra nodulo di suor Mary Joseph e ernia intestinale: Il nodulo duro non fa male Il paziente con ernia muore di dolore perché l’ernia è arrivata alla sua fase suprema in quanto sta necrotizzando SEGNO DI TROISER E IL LINFONONO DI IRISH Sono rari. Sono segni storici ma il medico deve sempre cercarli. La prof dice che la vera utilità di questi segni è quella di visitare il paziente. Ribadisce l’importanza di visitare il paziente chirurgico. ZONE DI INTERESSE SEMEIOLOGICO GASTRICO AREA DI TRAUBE (parete gastrica superiore o toracica) Spazio che comprende convessità verso l’alto e sinistra; è delimitato: Inferiormente: dal margine delle cartilagini costali e il processo xifoideo fino alla nona costa Superiormente: dalla quinta-sesta costa Lateralmente: dalla linea verticale discendente dalla quinta alla nona costa Zona d’interesse semiologico in quanto corrisponde alla bolla gastrica a cui si associa timpanismo alla percussione. Ci sono delle situazioni che possono modificare il 9 timpanismo di questa regione (ad esempio quando si frammette materiale che maschera l’aria contenuta nella bolla). Possono modificare il timpanismo dell’area di Traube: Ingrandimento del lobo sx del fegato Ingrandimento o spostamento dell’ottusità cardiaca (ipertrofie ventricolari, versamenti pericardici, spostamenti mediastinici) Sono tutte condizioni per cui nella cavità addominale si ha altro materiale che copre la bolla. TRIANGOLO DI LABBE’ (parete gastrica inferiore o addominale) É coperto in alto e per un breve tratto dal fegato, ed è in diretto contatto con la parete anteriore dell’addome, infatti questa è la regione dove è accessibile lo stomaco alla palpazione nei pazienti magri. É delimitato da: Linea orizzontale passante per il margine inferiore della nona cartilagine costale Arco costale di sinistra Margine anteriore del fegato L’estensione di tale area varia con l’orientamento dell’asse maggiore, con le condizioni di riempimento dell’organo e con le dimensioni del lobo sinistro del fegato. Nella percussione dell’addome aldilà della descrizione da manuale, si parte sempre dalla zona epigastrica perché è importantissima. Infatti se a questo livello scompare l’ipertimpanismo, la vera indicazione sarà il malessere del paziente. RETTO ED ESPLORAZIONE RETTALE Il canale anale misura 15-16 cm. Secondo la classificazione chirurgica il retto si divide in: -retto pelvico: corrisponde sostanzialmente all’ampolla rettale -retto perineale: corrisponde al canale anale Il retto pelvico viene ulteriormente suddiviso in due sotto porzioni: Porzione intraperitoneale: alto Porzione extraperitoneale: basso Il retto comincia dalla vertebra S3, quindi un primo segmento è dentro la cavità addominale ed è ricoperta dal peritoneo, in particolare dal cavo di Douglas (appunto retto intraperitoneale). Il mesoretto è un cuscinetto di cellule adipose che si trova nel quarto posteriore del retto sottoperitoneale. È importante quando si fanno gli interventi al retto, questo mesoretto viene asportato insieme al retto in quanto ospita delle vie linfonodali importanti. Questa tipologia di intervento chirurgico migliora notevolmente la prognosi. Tutti gli organi addominali hanno i loro mesi ventrali: Retto: mesoretto Intestino: mesentere 10 Colon traverso: mesocolon trasverso Sigma: mesosigma Lo stomaco è l’unico ad averne addirittura due, uno ventrale e l’altro dorsale: piccolo e grande omento All’interno dei mesi ci sono i vasi che irrorano gli organi. Il retto sottoperitoneale è irrorato dal mesoretto, mentre il retto intraperitoneale è rivestito dal cavo di Douglas. Le due porzioni del retto si distinguono per una differente derivazione embriologica: Il retto pelvico ha origine embrionale dall’intestino primitivo, ha un epitelio cilindrico semplice Il retto perineale ha un’origine ectodermica, infatti ha un epitelio pavimentoso pluristratificato Il passaggio tra i due si ha a livello della linea dentata, alla base delle colonne del Morgagni. Queste linee di transizione sono importanti repere chirurgici. Un altro esempio è la linea Z tra esofago e stomaco dove avviene l’opposto, nel senso che da un epitelio pavimentoso pluristratificato non cheratinizzato(esofago), si passa ad un epitelio cilindrico semplice(stomaco). Il canale anale anatomico misura 2 cm, va dalla linea ano cutanea fino al margine della linea dentata. Il canale anale chirurgico misura 4 cm, va dal margine anocutaneo fino all’inizio delle colonne del Morgagni dove si inseriscono gli elevatori dell’ano e i puborettali. Nella resezione del retto con conservazione dell’apparato sfintere, si arriva fino al piano degli elevatori lasciando il canale anale. Per conservare gli sfinteri bisogna fermarsi a questi muscoli, il che significa che il tratto del canale anale che resta, è maggiore rispetto al canale anale anatomico, quindi si preserva l’interezza del canale anale chirurgico dove si trovano i muscoli e i plessi venosi che chiudono lo sfintere. Invece secondo il canale anatomico, la resezione lascia anche un pezzettino di retto e non solo il canale anale. Si può resecare il retto in maniera più demolitiva mettendo una colostomia terminale, ovvero facendo rabboccare il retto alla cute. MUSCOLATURA Classicamente c’è un imbuto esterno di muscolatura striata (elevatore dell’ano, puborettale, muscolo sfintere dell’ano cranio caudale) e un cilindro interno di muscolatura liscia (muscolo sfintere interno). VASCOLARIZZAZIONE: La vascolarizzazione arteriosa del retto e del canale anale è affidata a tre arterie fra le quali esistono sempre ampie anastomosi: 1. Arteria rettale superiore, ramo terminale dell'arteria mesenterica inferiore; 2. Arteria rettale media, ramo dell'arteria iliaca interna; 3. Arteria rettale inferiore, ramo dell'arteria pudenda interna. La vascolarizzazione venosa è affidata a vene satelliti delle arterie che drenano soprattutto nella vena rettale superiore, che confluisce nella vena porta, e nella vena rettale media, che drena nella vena cava inferiore. 11 La vena rettale inferiore, che origina dal plesso cutaneo esterno, raccoglie il sangue della porzione perineale del plesso rettale che occupa tutta l'altezza del retto. METASTATIZAZIONE PER VIA VASCOLARE: Retto alto(fegato) Retto basso(polmone) Retto medio (entrambi) SEGNI E SINTOMI DELLE BASSE VIE DIGESTIVE RETTORRAGIA (O PROCTORRAGIA): emissione di sangue dall’ano anche non necessariamente in associazione alle feci. Tipico delle emorroidi, ma anche neoplasie rettali e coliche di sinistra basse, diverticoli. Bisogna indagare: Colore: indica l’altezza del sanguinamento. Nella rettorragia il colore delle feci è un rosso vivo segno di sanguinamento attivo indipendentemente dal materiale frammisto che si trova. Se sono più alte invece, il sangue è digerito e appare molto più scuro. È buona norma considerare ogni sanguinamento delle vie digestive di natura neoplastica fino a prova contraria. Se a seguito di esplorazione rettale emerge sangue, bisogna fare indicazione di colonscopia. Il sangue dal colon è un segno che deve farci preoccupare! Rapporto con la defecazione: Se si manifesta come un gocciolamento (il paziente lo vede sul water) a fine della defecazione, è tipico delle emorroidi. Se appare come strisce sottili sui bordi delle feci, è più tipico di una ragade anale (si vede sulla carta igienica). Se è frammisto alle feci, si definisce ematochezia ed è tipico di un polipo. Nb. In una percentuale minore di casi possono essere dovute a malattie infiammatorie croniche intestinali. In questo caso le feci saranno rosso brillante. La melena è nera come la pece e puzza in maniera caratteristica. Ematemesi: perdita di sangue dalla bocca Chirurgicamente si usa come riferimento il legamento del Treitz: - Tutto ciò che origina al di sopra: sanguinamento alto - Tutto ciò che riguarda il sotto: legamento basso Indicare la presenza di muco che di per sè non è segno di patologia, però si può avere nel prolasso rettale e in alcune neoplasie (mucorrea). Indagare l’emissione di pus, tipico degli ascessi anali e delle fistole. Il dolore anale tipicamente è della ragade anale (una lacerazione con soluzione di continuo) e si presenta durante la defecazione. Il paziente con ragade ritarda la defecazione per il dolore. Altre cause di dolore sono la trombosi emorroidaria e l’ascesso anale. 12 Il soiling è una situazione in cui il soggetto tende a macchiare, sporcare, la biancheria intima perché si verificano micro perdite fecali o siero mucose. Spesso si osserva nelle persone anziane. L’incontinenza anale è l’incapacità di controllare il passaggio di gas e feci. ESPLORAZIONE RETTALE È una parte integrante dell’esame obbiettivo. Ci sono diverse posizioni: Pozione di Sims Posizione prona a coltello a serramanico Posizione genupettorale La posizione consigliata è quella di Sims: il paziente è in decubito laterale sinistro con le gambe accovacciate e flesse sull’addome. Nb: si può anche mettere il paziente supino con le gambe in alto come si fa tipicamente per la prostata, ma va bene anche per il controllo rettale. Nell’esplorazione rettale, innanzitutto si utilizza un gel per lubrificare la regione (gel ecografico o un lubrificante a base di lidocaina o anestetici locali) e poi si infila il dito esploratore. A questo punto si ordina al paziente di spingere come se andasse di intestino, in quanto non deve opporre resistenza altrimenti prova dolore. Una volta che il dito è dentro, si ordina al paziente di stringere per percepire il tono dello sfintere, che può essere ben conservato o non conservato. Dopodiché si spinge il dito più a fondo in modo da attraversare il canale anale e raggiungere l’ampolla rettale. Se l’ampolla è depleta, ovvero vuota, una volta scavallato il canale anale si sente una sorta di serbatoio o cisterna. Spesso il motivo per cui il paziente non va d’intestino è per la presenza di un fecaloma (feci dure che hanno causato una sorta di occlusione che provoca dolore al paziente nonché distensione delle anse addominali). Attraverso l’esplorazione rettale si può rompere il fecaloma con il dito. È una manovra che per quanto possa non sembrare carina, migliora la vita del paziente in quanto migliora il dolore addominale. Radiografia Diretta dell’addome: livelli idroaerei = segno di occlusione intestinale. L’esplorazione rettale bisogna sempre farla se il paziente riferisce di aver trovato sangue nelle feci. In un ambulatorio questo tipo di esplorazione si può fare anche in anoscopia: è uno strumento trasparente con una fonte luminosa (un tubo trasparente che viene illuminato) che viene inserito nel retto e mostra tutto il retto. Consente di vedere se si tratta di ragadi o emorroidi. In ogni caso è il dito esploratore a darci indicazioni: se esce pulito, sporco solo di feci, sporco di sangue. Visitando correttamente il paziente si fanno i 3/4 di diagnosi. 13 TUMEFAZIONI B Tumefazione, da tumor: essere gonfio. Quindi parliamo di tumefazione quando l’oggetto di interesse è aumentato di dimensioni, superando il suo profilo. È un rigonfiamento anormale di una o più parti del corpo. Immagine A: una cisti sebacea A Immagine B: un ascesso gigantesco con cute arrosata quindi eritematosa infiammata magari calda, che provoca dolore al paziente Gli aspetti da indagare in ogni tumefazione sono: Tempo di insorgenza: da quanto tempo è presente. Nella prima immagine probabilmente da poco, nella seconda invece, o è cresciuto così rapidamente, oppure è li da molto più tempo. In realtà anche le cisti sebacee possono non essere tolte per anni. Tasso di crescita: se è una tumefazione che non piace (vedremo in seguito quali sono le caratteristiche negative) e il paziente ci riferisce che ce l’ha da più di vent’anni ed è rimasta invariata, probabilmente non è maligno. Più cresce rapidamente, più è probabile che sia maligno, perché le mitosi si susseguono velocemente, il che indica che il ciclo cellulare è alterato. Nella mentalità chirurgica, nel dubbio si rimuove. Se è insorta dopo sforzi, come una qualunque ernia della parete addominale (ombelicale, inguinale). Dolore, se fa male o no. Se è dolente da sola o dolorabile alla palpazione Tipicamente una massa neoplastica non è dolente, una massa dolente non esclude la neoplasia ma di solito è un’infiammazione. Non è sempre cosi, è una regola molto generale ma ragionevole. I margini irregolari/regolari: una trasformazione neoplastica ha dei margini irregolari in quanto ha un accrescimento atipico svincolata da qualunque logica. I contorni regolari sono più tipici di qualcosa di benigno in quanto c’è maggiore controllo sul ciclo cellulare. La consistenza: se è dura/lignea, è tipica di una conformazione neoplastica o di corpi estranei. Se è tesa/elastica riguarda raccolte sierose, ematomi, tumori dei tessuti molli. Se è parenchimatosa, organi interni quando aumentano di volume. Molle/elastica è tipica delle ernie della parete addominale. L’ernia è più tipica di un ascesso (raccolta liquida) o lipomi. Flaccida riguarda raccolte liquide. Segno della fluttuazione è tipico dell’ascesso in cui si sente il pus che ballottola un po’. Proiezione del video (disponibile sul drive): Quando un chirurgo incontra un ascesso o un’infezione acuta deve drenarlo (meglio fuori che dentro). Senza drenarlo non guarisce mai. Anche se contemporaneamente si danno antibiotici comunque è il drenaggio ad avere il ruolo risolutivo. È una manovra che si fa sia in ambulatorio che in sala operatoria. Si prepara il campo operatorio, si fa l’anestesia ma spesso poiché è infiammato l’anestesia non prende. A volte sull’apice dell’ascesso si può incidere anche senza anestesia, o si usa spray a ghiaccio. Si fa l’anestesia sulla cima e lungo i bordi e poi si incide il punto più molle e si fa spurgare il contenuto schiacciandolo. Si prende un piccolo recipiente per raccogliere del materiale ascessuale in modo da farlo esaminare. Dopo di che si entra con delle pinze e si esplora la cavità ascessuale. Si procede al lavaggio con acqua ossigenata e fisiologica. È fondamentale non chiudere la cavità. Si mette nel buco la garza iodoformica di piccole dimensioni che mantiene aperto il buco. L’organismo appena ha delle soluzioni di continuità, tenta la riparazione, invece è necessario che qualsiasi cosa si trovi in questa cavità venga spurgato verso l’esterno. 14 La garza viene poi medicata più volte. Si indaga a questo punto sull’origine dell’ascesso, ad esempio se è dovuta ad una ciste suppurativa il paziente dovrà operarsi per rimuovere la ciste. Quando si compila un referto si dovrebbero riportare tutte le seguenti informazioni, in modo tale che un collega ne abbia una più facile comprensione: Riducibilità (riferito alle ernie): l’ernia o è riducibile in cavità addominale o non lo è e si definisce incarcerata, si dice ha perso il domicilio. Mobilità rispetto ai piani: se è mobile rispetto ai piani superficiali e profondi è meno probabile sia maligna, se invece è tesa e non si muove rispetto ai piani, è più probabile che sia maligna, infiltrativa Pulsatilità e peristaltismo: ad esempio con un’ernia ombelicale in un laparocele, può esserci pulsatilità Parentesi sul laparocele Laparocele: è un’ernia post incisionale, definita anche ernia incisionale, ovvero un’ernia che viene su una pregressa cicatrice chirurgica, in quanto rappresenta un punto di debolezza. Non siamo progettati con aperture, quindi se le creiamo, anche una volta chiuse con i punti, resta comunque un punto debole che può cedere se il paziente fa qualche sforzo oppure se è obeso o se è immunosoppresso, in quanto ha una capacità di riparazione tessutale ridotta e quindi è più soggetto a fare laparocele. Il laparocele può comparire dopo una settimana come dopo un anno dall’intervento (tempo d’insorgenza variabile). In qualsiasi ernia, l’intestino ha movimenti di peristalsi e questo è un movimento spontaneo dell’ansa, quindi una tumefazione che risente dei movimenti peristaltici indica un’ernia sottostante. È un movimento spontaneo della tumefazione che non riguarda l’ascesso ma l’ernia. La pulsatilità ad esempio, di un aneurisma in un paziente molto magro, o le fistole arterovenose per emodialisi sono delle tumefazioni vascolari, mettendo le mani sopra si sente un trill, un fremito in quanto all’interno della fistola c’è il sangue arterioso che pulsa all’interno al contatto con la vena. La pulsatilità può essere: - Diretta: se è la tumefazione stessa che pulsa - Indiretta: per esempio una cisti pancreatica apprezzata alla palpazione come tumefazione pulsatile in un paziente magro a causa della sottostante aorta L’onda sfigmica dell’aorta viene trasmessa alla cisti che si ritrasmette alla parete anteriore dell’addome e può essere avvertita con la mano. Caldo o freddo Flebite: un paziente che fa tanti prelievi venosi, la vena usata può trombizzarsi e formare un cordoncino duro alla palpazione. DIAGNOSTICA STRUMENTALE Abbiamo diverse strumentazioni per fare diagnosi oltre all’ esame obbiettivo: Ecografia ed ecocolordoppler: si mette una sonda ecografica sulla tumefazione e il radiologo ci dice se è una ciste, ci dice se è vascolarizzata o no. La TC: si possono caratterizzare soprattutto quelle profonde, che non riusciamo a vedere alla palpazione 15 Biopsia di una tumefazione: attraverso il prelievo di un frustolo o un ago aspirato o sotto guida della TAC. Risonanza magnetica FNAC (Fine Needle Aspiration Citology): ago aspirato a cui allestiamo un vetrino, ed è un esame citologico FNAB (Fine Needle Aspiration Biopsy): è un frustolo vero e proprio di materiale per esame istologico ed è più preciso. Transilluminazione: non si fa più, se non per le ernie testicolari e idrocele. Se c’è una raccolta liquida, con una luce si vedrà un colore rosato che è dovuto al liquido, se invece è un’ernia a contenuto intestinale, la luce non passa. ESAMI STRUMENTALI La diagnostica strumentale rappresenta un’arma molto importante nel percorso che porta alla diagnosi corretta. Le tecniche strumentali possono essere radiologiche o endoscopiche, quest’ultime molto utilizzate in chirurgia. La richiesta di un esame strumentale deve essere sempre dettata da un’ipotesi diagnostica o un dubbio diagnostico ben preciso. Mai richiedere un esame “a caso”. Il percorso diagnostico deve essere il seguente: Anamnesi; Esame obiettivo; Esami di laboratorio. Tramite questi strumenti si formula un’ipotesi diagnostica che verrà smentita o confermata da esami strumentali mirati. Il medico tende a coprirsi le spalle richiedendo esami superiori (ad esempio una TC che permette quasi sempre di fare diagnosi certa), ma questo non è il compito del medico. Questa pratica non è corretta nei confronti del paziente (spesso per fare una TC o una RM ci sono tempi di attesa molto lunghi), nei confronti del SSN in quanto aumentano i costi per le cure e neanche per il medico stesso che non sta facendo correttamente il suo lavoro. Tutte le metodiche di diagnostica per immagini condividono alcuni punti fondamentali: Utilizzo di una fonte di energia (diversa in base al tipo di esame); Possedere un rilevatore di energia. La fonte di energia utilizzate dalle metodiche è: Ø Le radiazioni ionizzanti per la radiologia tradizionale (radiografia) e per la TC (Tomografia Computerizzata). Tali radiazioni sono in grado di strappare elettroni alle molecole e trasformale in cationi (ioni positivi), ossia radicali liberi in grado di danneggiare l’organismo e in particolare il DNA, aumentando la probabilità di sviluppare processi neoplastici; Ø Gli ultrasuoni per l’ecografia; Ø I campi magnetici per la risonanza magnetica. Sia gli ultrasuoni che i campi magnetici sono a bassa energia e quindi non sono in grado di ionizzare le strutture attraversate. 16 1. DIAGNOSTICA PER IMMAGINI RADIOLOGIA TRADIZIONALE (RADIOGRAFIA) Alla base del processo vi è l’interazione dei raggi X con la regione corporea da esaminare. L’immagine dipende dalla capacità intrinseca di ciascun tessuto di assorbire le radiazioni. Secondo tale assunto, il polmone risulta nero e quindi a bassa densità, poiché l’aria contenuta al suo interno non è in grado di assorbire radiazioni. Al contrario, l’osso appare bianco e quindi ad alta densità, poiché estremamente capace di assorbire radiazioni. Questa condizione crea un contrasto naturale fra le varie strutture anatomiche. Non sempre però tale contrasto naturale è sufficiente: ciò fa sì che, anche nella radiologia tradizionale, si possa far uso di un mezzo di contrasto. Se NON si fa uso del mezzo di contrasto, si dice che la radiografia è diretta, altrimenti si indica il mezzo di contrasto specifico utilizzato. Tali mezzi di contrasto possono essere radiopachi o radiotrasparenti, di cui il bario è un mezzo di contrasto radiopaco molto utilizzato. Il bario è in grado di verniciare la superficie interna degli organi cavi, consentendo di visualizzare anomalie della superficie (es: esofago a becco di uccello o a coda di topo nella acalasia dell’esofago. Ciò che si nota è un restringimento). Il bario è controindicato se sospettiamo una perforazione, in quanto è un’agente irritante sul peritoneo e in caso di perforazione si spargerebbe all’interno della cavità peritoneale dando forte irritazione. In questo caso è necessario utilizzare mezzi di contrasto idrosolubili come il Gastrografin, estremamente utilizzato in ambiente ospedaliero. Tale mezzo di contrasto permette al chirurgo di decidere se operare o meno il paziente in caso di aderenze meccaniche (es: briglie) post-operatorie. In seguito alla somministrazione di Gastrografin, vengono fatte radiografie seriate (ogni 6, 8, 12 e 24 ore). Se dopo un determinato tempo di osservazione, il mezzo di contrasto ha raggiunto il colon, significa che l’occlusione non è completa e NON c’è indicazione ad operare. Al contrario, se il mezzo di contrasto non raggiunge il colon, l’occlusione è completa e si procede con l’intervento chirurgico. N.B: In urgenza, si somministra sempre Gastrografin (e mai bario). 17 Nota su differenza fra stomia e tomia. STOMIA: condizione realizzata chirurgicamente attraverso la quale l’organo viene messo in comunicazione con la cute e dunque con l’esterno. Tale comunicazione può essere: Diretta: l’organo è direttamente abboccato nella cute (es: colonstomia); Indiretta: la comunicazione avviene tramite un drenaggio/catetere. Nel caso della nefrostomia, metto in comunicazione indiretta il rene con l’esterno, ossia tramite catetere. Quest’ultimo viene posizionato tramite guida ecografica e collega la pelvi renale con l’esterno. La nefrostomia è essenziale in caso di blocco dell’uretere (es: stenosi dell’uretere), in quanto questa condizione causerebbe un’insufficienza renale per perdita del gioco di pressioni a questo livello. Per evitare tale condizione, l’urina viene drenata all’esterno tramite la nefrostomia e il rene continua così a funzionare normalmente. Attraverso la nefrostomia è possibile, in caso di necessità, somministrare un mezzo di contrasto ed effettuare una pielografia. TOMIA: indica un’apertura o incisione chirurgica (es: laparotomia=apertura chirurgica della cavità addominale). ECOTOMOGRAFIA O ECOGRAFIA Metodica basata sugli ultrasuoni come fonte di energia, i quali vengono riflessi come accade per la luce. È presente un trasduttore, ossia la sonda ecografica, che all’interno ha una sostanza dotata di effetto piezoelettrico. L’ecografo è collegato alla corrente, per cui quest’ultima va a stimolare i cristalli piezoelettrici della sonda che vibrano e producono gli ultrasuoni. Questi vanno a colpire i tessuti e tornano indietro, registrati da un ricevitore. L’ecografia abbinata all’effetto Doppler fornisce informazioni sulla velocità del flusso e sulla direzione dei globuli rossi all’interno dei vasi sanguigni. Ø Se i globuli rossi sono in avvicinamento alla rossa avremo un segnale BLU; Ø Se i globuli rossi sono in allontanamento dalla sonda avremo un segnale ROSSO. Si parla quindi di Eco-color-doppler, poiché: Eco: viene fatta un’ecografia (classica immagine triangolare); Color: presenza del segnale colorato (blu e rosso); Doppler: segnale registrato in basso che indica un’arteria (segnale oscillatorio di sistole e diastole) o una vena (segnale piatto). 18 TOMOGRAFIA COMPUTERIZZATA (TC) Il termina deriva dal greco: tomos=fetta. Il termine TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) è stato sostituito con TC in quanto oggi è possibile studiare tutti i piani anatomici: assiale, coronale e sagittale. Le componenti fondamentai della TC sono: Tubo radiogeno; Sistema di rilevazione; Lettino porta paziente; Sistema di acquisizione dati (DAS); PC e software per elaborazione. Nella TC le strutture sono invertite: ciò che vediamo a destra corrisponde alla sinistra del paziente e viceversa. I valori densitometrici della maggior parte dei tessuti sono fra loro simili, presentando fra loro scale di grigi molto vicine. Ciò significa che senza mezzo di contrasto vediamo organi che sono tra loro poco distinguibili. Per cui, anche con la TC si usano mezzi di contrasto, prevalentemente iodati idrosolubili, che mettono in risalto organi molto vascolarizzati, come il rene. La TC permette inoltre di effettuare ricostruzioni sia 2D che 3D (alcune ricostruzioni permettono addirittura, tramite software di elaborazione, di eliminare il tessuto adiposo e muscolare e di lasciare solo tessuto osseo e vascolare). La TC permette anche di eseguire degli esami virtuali che altrimenti necessiterebbero di una diagnostica più invasiva: Cardio-TC; Colonscopia virtuale; Entero-TC. N.B: L’indicazione a studiare il colon tramite colonscopia virtuale è abbastanza rara. Si ricorre a tale tecnica quando non c’è possibilità di utilizzare nessuna delle altre che abbiamo a disposizione. Questo per 3 motivi: Ø È necessario fare più immagini per visualizzare le varie strutture (come tutte le TC); Ø È operatore-dipendente. Richiede una notevole esperienza per l’interpretazione del dato; Ø Non consente di fare una biopsia, sempre fondamentale in presenza di lesione. Tra l’altro, come la colonscopia, richiede un’accurata pulizia intestinale. 19 RISONANZA MAGNETICA Tecnica tomografica che fornisce immagini corrispondenti a sezioni delle strutture corporee esaminate, utilizzando campi magnetici e radiofrequenze. Risulta ottimale per lo studio del SNC, patologia capo-collo, colonna vertebrale, articolazioni, tessuti molli, patologia rettale (es: fistola del canale anale) e prostata. Tipi particolari di RMN sono: Entero-RM, che studia l’intestino tenue; Uro-RM, che studia le vie urinarie; Colangio-RM: fornisce informazioni simili alla ERCP (affrontata in seguito), con la differenza che la Colangio-RM ha solo finalità diagnostiche, mentre la ERCP ha anche finalità terapeutiche (permette ad esempio di rimuovere i calcoli). Nel caso sia necessaria fare diagnosi (es: con ecografia negativa), si utilizza come primo livello la Colangio-RM; nel caso la diagnosi sia già stata fatta (es: con ecografia positiva) si passa direttamente alla ERCP. 2. DIAGNOSTICA ENDOSCOPICA ESOFAGOGASTRODUODENOSCOPIA (EGDS) Generalmente arriva fino alla seconda porzione duodenale. Per effettuare l’esame è necessario essere a digiuno da 6 ore per i cibi solidi e da 4 ore per i cibi liquidi chiari (questo vale per qualsiasi intervento chirurgico che richieda anestesia). L’immagine a destra è una gastroscopia fatta in pronto soccorso. Il paziente lamentava dolore toracico, si credeva quindi fosse un infarto del miocardio (il paziente aveva l’età tipica dell’infarto, un po’ obeso e presentava dolore che non cambiava con il decubito). Invece, tramite gastroscopia si è visto che era presente un corpo estraneo (un piccolo osso di pollo) che aveva micro- perforato la parete gastrica. Questo è stato estratto a digiuno e il paziente è stato poi dimesso senza problemi perché non si era perforata la sierosa esterna. Prima della dimissione è stata effettuata una radiografia tradizionale in RX con Gastrografin, per vedere se ci fosse spandimento e quindi perforazione. Dopo 7 giorni, non si evidenziava spandimento e il paziente è mandato a casa. Le indicazioni per effettuare una EGDS sono: Ø Sanguinamento (es: varici esofagee, Sindrome di Mallory-Weiss, ematemesi). Questo può essere fermato poiché all’apice del gastroscopio si trova un canale, all’interno del quale si può iniettare adrenalina alla base del vaso sanguinante per indurre vasocostrizione, colle o clip emostatiche; 20 Ø Conferma di sospetta patologia gastrica (tumori, ulcere e gastriti). È inoltre possibile fare una biopsia per prelevare del materiale da inviare in anatomia patologica a conferma della diagnosi di patologia neoplastica o di gastrite o per la ricerca dell’Helicobacter Pylori. Ø Valutare il danno da ingestione (corpi estranei, danno da caustici…) e la sua entità; Ø Iniezione di tossina botulinica nell’acalasia; Ø Esecuzione di una PEG (Gastrostomia Percutanea Endoscopica). Si tratta di un sistema di nutrizione enterale che viene fatto a pazienti anziani, neoplastici o con patologie neurodegenerative (es: SLA) in cui la normale deglutizione viene compromessa. È una condizione in cui lo stomaco viene messo in comunicazione con l’esterno tramite un catetere, all’interno del quale viene inserito il cibo che quindi raggiungerà direttamente lo stomaco. Per posizione il catetere, viene utilizzato l’endoscopio, il quale viene portato fino all’interno dello stomaco per individuare il punto preciso. Dall’esterno, viene inserito un ago cavo con dentro una guida; quest’ultima viene poi rimossa e sostituita dal catetere definito. Ø Posizionamento di protesi. Vengono messe a scopo palliativo in caso di stenosi esofagea, ad esempio dovuta ad un tumore che non può essere operato. Il paziente può così continuare ad alimentarsi. Tali protesi possono essere posizionate anche in attesa di intervento chirurgico per rimozione del tumore, tempo durante il quale il paziente effettua chemioterapia neoadiuvante con l’obiettivo di ridurre il volume della massa. Si parla del “bridge to surgery”. RETTOSIGMOIDOCOLONSCOPIA O PANCOLONSCOPIA Consente l’esplorazione di tutto il colon e dell’ileo terminale. Richiede un’adeguata toilette intestinale. Le manovre possibili sono: Ø Biopsie di aree sospette; Ø Asportazioni di lesioni polipoidi (che saranno poi mandate ad analizzare); Ø Dilatazione di tratti stenotici (comprese le anastomosi stenotizzate); Ø Posizionamento di protesi (bridge to surgery); Ø Emostasi di sanguinamenti; Ø Devolvolazione (volvolo= rotazione di un’ansa intestinale intorno al proprio asse. Con tale tecnica si può devolvolare il colon, evitando l’intervento chirurgico). Le indicazioni alla colonscopia sono: Ø Valutazione di segni e sintomi d’allarme (dolore addominale atipico, alternanza dell’alvo, rettorragia/ematochezia, anemizzazione, melena); Ø Screening per età; Ø Valutazione di anastomosi pre-ricanalizzazione; Ø Stenosi; Ø Emostasi di sanguinamenti; Ø Devolvolazione. La complicanza maggiore è rappresentata dalla perforazione. 21 COLANGIO-PANCREATOGRAFIA RETROGRADA ENDOSCOPICA (ERCP) Procedura sia endoscopica che radiologica. Si tratta di un endoscopio che arriva fino alla papilla di Vater, la incannula e risale il coledoco per via retrograda, con l’obiettivo di rimuovere eventuali calcoli presenti nella via biliare. Essendo anche una tecnica radiologica, per farla è richiesta la presenza in sala del radiologo che esegue delle RX con mezzo di contrasto. Quest’ultimo viene iniettato all’interno delle vie biliari, sempre per via retrograda (dalla papilla di Vater) e va a verniciare tali superfici per evidenziare eventuali anomalie. Le indicazioni sono: Ø Sfinterotomia (aiuta il deflusso della bile in caso di calcolosi). Quasi sempre la ERCP si completa con una sfinterotomia; Ø Estrazioni di calcoli coledocici; Ø Dilatazione pneumatica della papilla di Vater; Ø Posizionamento di protesi biliari. Si usano tipicamente nei tumori della testa del pancreas, prima dell’intervento chirurgico, per ridurre gli alti livelli di bilirubina plasmatici dovuti all’ostruzione del coledoco. Altro caso è in seguito a lesioni del coledoco che determina la fuoriuscita di bile con conseguente coleperitonite. Con l’ERCP si risolve tale situazione, posizionando una protesi sul coledoco. Le complicanze, presenti nel 5-10% dei casi, sono perforazione e pancreatite (aumento di lipasi e amilasi). Per questo dopo una ERCP, è sempre necessario chiedere per il giorno seguente gli indici di funzionalità pancreatica. ECOENDOSCOPIA Si tratta di sonde ecografiche di piccole dimensioni posizionate all’apice di strumenti flessibili per le endoscopie. È utile nello studio dettagliato delle pareti del tubo digerente e per gli organi adiacenti (via biliare, pancreas e fegato), permettendo agoaspirati mirati, sia prelievo citologico che frustoli per istologia. Permette di indagare l’eventuale presenza del tumore e il suo grado di estensione e infiltrazione dei vari strati della parete. 22 VIDEOCAPSULA PER IL TENUE Capsula di 26 mm di diametro che viene fatta deglutire al paziente e, progredendo grazie ai movimenti peristaltici, consente lo studio di tutto il tenue SENZA possibilità di intervento. Tecnica importante in quanto il tratto medio e terminale dell’ileo è difficile da indagare, in quanto né gastroscopia e né colonscopia raggiungono questo livello (da considerare che le angiodisplasie della parete dell’ileo sono frequenti fonti di sanguinamento). In realtà esistono enteroscopi più lunghi in grado di raggiungere l’ileo (appena sotto il legamento del Treitz) ma comunque non consentono di analizzarlo tutto. Le indicazioni sono: Ø Sanguinamento gastrointestinale di cui non si riesce a trovarne la causa con gastroscopia e colonscopia: Le controindicazioni sono: Ø Occlusione intestinale; Ø Gravidanza; Ø Presenza di pacemaker. TNM: STADIAZIONE DEI TUMORI MALIGNI Il sistema TNM per la classificazione dei tumori maligni è stato sviluppato in Francia a metà degli anni ’50. L’attuale ottava edizione contiene le norme di classificazione e di stadiazione dei tumori maligni. Tale stadiazione è essenziale per la cura del paziente, la ricerca e il controllo del cancro. Avere un sistema di classificazione basato sull’estensione della malattia valido a livello internazionale, fornisce un metodo per comunicare senza ambiguità. Di fronte ad un paziente con nuova diagnosi di cancro, compito del medico è formulare un giudizio sulla prognosi e individuare il percorso terapeutico più efficace. Il TNM prevede 3 parametri: Parametro T = Estensione del tumore primitivo; Paramento N = Assenza o presenza di linfonodi patologici ed estensione di metastasi nei linfonodi regionali; Parametro M = Assenza o presenza di metastasi a distanza. A tali parametri, sono aggiunti dei numeri che forniscono indicazioni circa l’estensione della neoplasia. TX = Tumore primitivo non valutabile; T0 = Nessuna evidenza di tumore primitivo; Tis = Carcinoma in situ; T1-T4 = Invasione progressiva del tumore primitivo lungo la parete del viscere/organo. NX = Linfonodi regionali non valutabili; N0 = Assenza di metastasi nei linfonodi regionali; N1-N3 = Coinvolgimento crescente dei linfonodi regionali. N.B: Una metastasi in un qualunque linfonodo diverso da quelli regionali è classificata come metastasi a distanza. M0 = Assenza di metastasi a distanza; M1 = Presenza di metastasi a distanza. 23 La stadiazione del TNM può essere clinica o patologica. Ø La stadiazione clinica è pre-trattamento e si indica con cTNM. Si calcola sulla base degli esami effettuati sul paziente prima di operarlo. È essenziale per individuare e programmare la terapia. Ø La stadiazione patologica è istopatologica post-chirurgica e si indica con pTNM. È importante per le terapie adiuvanti (post intervento chirurgico) e per valutare la prognosi della malattia. Il tumore rimosso durante l’intervento viene inviato in anatomia patologica che riferirà il TNM patologico. Importante è anche il Grading istopatologico, che informa sul grado di differenziazione del tumore. GX = Grado di differenziazione non valutabile; G1 = Ben differenziato; G2 = Moderatamente differenziato; G3 = Scarsamente differenziato; G4 = Indifferenziato. Abbiamo inoltre dei descrittori aggiuntivi: Simbolo y = Nei casi in cui la stadiazione venga effettuata durante o dopo terapia multimodale. ycTNM o ypTNM; Simbolo r = Per indicare le recidive, dopo intervallo libero di malattia; Simbolo a = Stadiazione effettuata per la prima volta in sede autoptica. Abbiamo infine la classificazione del tumore residuo, in seguito a intervento di rimozione: RX = Presenza di tumore residuo non valutabile; R0 = Assenza di tumore residuo; R1 = Evidenza MICROSCOPICA di tumore residuo (visibile solo all’analisi istopatologica); R2 = Evidenza MACROSCOPICA di tumore residuo (visibile ad occhio nudo dal chirurgo). Nota su terapie neoadiuvanti e adiuvanti. TERAPIA NEOADIUVANTE: Terapia chemioterapica effettuata prima dell’intervento chirurgico di rimozione. TERAPIA ADIUVANTE: Terapia chemioterapica effettuata dopo l’intervento chirurgico di rimozione 24 25 “Il presente elaborato non è un documento ufficiale fornito dal docente, ma appunti estrapolati dalla lezione che non intendono sostituire l’essenzialità della lezione stessa” Semeiotica Chirurgica Lezione 2, 18/05/2023 Prof.ssa Ruggieri (assistente del prof. Adani) Sbobinatori: Diletta Catena, Alessandra Lai, Giulia Carraro Revisionatori: Martina Volpini, Francesca Busetto, Concetta Iaconitoto LIMITI ANATOMICI DELLA REGIONE DEL COLLO La regione del collo è quella parte del corpo che si trova compresa tra testa e torace. In particolare, riconosceremo dei limiti: - Limite superiore, che si porta dal mento, percorre il margine inferiore della mandibola fino all’articolazione temporo- mandibolare, prosegue fino al processo mastoideo e poi alla zona occipitale; - Limite inferiore, che dallo sterno segue il margine anteriore della clavicola e poi posteriormente termina sul processo spinoso della settima vertebra cervicale (o vertebra prominente). ANATOMIA DEL COLLO Ciascun lato del collo viene suddiviso in due zone triangolari, anteriore e posteriore. Il limite tra queste due zone è costituito dal margine anteriore del capo sternale del muscolo sternocleidomastoideo. I limiti dei triangoli anteriori sono dati dai margini sternali del muscolo sternocleidomastoideo, invece per i triangoli posteriori sono i margini anteriori del muscolo trapezio. Il triangolo anteriore (quello rappresentato in verde nell’immagine) è formato a sua volta da una serie di triangoli più piccoli, che sono: - Triangolo sottomentale; - Triangolo sottomandibolare; - Triangolo carotideo; - Triangolo muscolare. Questi triangoli sono importanti perché costituiscono dei punti di riferimento (o repere) da un punto di vista anatomico, patologico (cioè servono a descrivere la sede delle patologie) e biologico. 1 Nel triangolo posteriore invece troviamo solo il triangolo occipitale e il triangolo sopraclaveare (o sopraclavicolare). Un’altra classificazione in triangoli della regione anteriore può essere anche fatta seguendo il criterio della posizione dell’osso ioide. Per la regione anteriore distinguiamo una porzione sopraioidea, sottoioidea, sternocleidomastoidea o carotidea, e sopraclavicolare. Queste sono diverse classificazioni dell’anatomia topografica che servono a localizzare le varie patologie a carico del collo. La regione posteriore, quella ricoperta dal muscolo trapezio, è raramente sede di tumefazione. La regione laterale è importante è importante perché qui decorre tutto il fascio vascolonervoso del collo e la catena linfatica laterocervicale. Il fascio vascolonervoso del collo, che occupa la gran parte della regione laterale del collo, è formato inizialmente dall’arteria carotide comune, (che più in alto si divide in arteria carotide esterna e interna), dalla vena giugulare interna e dal nervo vago. RAPPORTI DEL FASCIO VASCOLONERVOSO Sono importanti da conoscere i rapporti del fascio vascolonervoso per sapere dove le varie componenti sono posizionate rispetto ai muscoli sternocleidomastoidei così da poter essere valutate facilmente. COMPONENTE VENOSA Per esempio, la vena giugulare interna è posizionata tra il capo sternale e il capo clavicolare del muscolo sternocleidomastoideo. Per palpare bene i capi del muscolo sternocleidomastoideo bisogna identificare i punti di inserzione, rispettivamente sul manubrio sternale e sulla clavicola. Per quanto riguarda la vena giugulare esterna invece, essa rappresenta il confine laterale del capo clavicolare (profondo) del muscolo sternocleidomastoideo e si porta in alto fino a circondare il lobo dell’orecchio. Queste nozioni torneranno utili quando si parlerà di turgore delle giugulari (condizione osservabile in specifiche patologie). COMPONENTE ARTERIOSA Palpando il margine del capo sternale dello sternocleidomastoideo individuiamo sotto a questo la carotide comune, in particolare si tratta del tratto lungo 2-3 cm, prima della biforcazione in carotide esterna e interna. 2 Si noti che l’arteria carotide comune ha 2 diverse origini a destra e sinistra, rispettivamente dal tronco brachiocefalico e dall’arco aortico. A livello della linea di Tillot, linea orizzontale parallela al margine superiore della cartilagine tiroidea, la carotide comune si divide nei suoi rami terminali, arteria carotide esterna ed interna. Questa suddivisione è inquadrata nel triangolo di Farabeuf, (determinato appunto dalla biforcazione della carotide comune), tale triangolo è delimitato anteriormente dal tronco tireo-linguo-faciale, posteriormente dalla vena giugulare interna e superiormente dal nervo ipoglosso. Il triangolo di Farabeuf è il punto in cui massimamente si può palpare ed esplorare le carotidi. Nella porzione posteriore della biforcazione carotidea è presente il glomo carotideo, struttura recettoriale che contribuisce alla regolazione della pressione arteriosa. Dunque, per palparlo bisogna avere come riferimento la posizione del margine superiore della cartilagine tiroidea. Conoscere la posizione del triangolo di Farabeuf diventa di vitale importanza nel momento in cui bisogna effettuare linfadenectomie cervicali e laterali, interventi di asportazione dei linfonodi dalla ragione del collo al fine di valutare la presenza di diffusione del tumore. La professoressa risponde a una domanda posta da una studentessa riguardo la differenza tra triangolo di Farabeuf e carotideo e lei risponde che il carotideo si trova a un livello più superficiale, ma che i limiti all’incirca coincidono. Il triangolo carotideo, più superficiale (rispetto al triangolo di Farabeuf), è un altro triangolo importante da saper individuare. I suoi limiti sono più generici, si tratta di tre muscoli: - Posteriormente, dal margine anteriore del muscolo sternocleidomastoideo; - Inferiormente, dal ventre anteriore del muscolo omoioideo; - Superiormente, dal ventre posteriore del muscolo digastrico. LINFONODI DEL COLLO È importante conoscere la suddivisione topografica dei linfonodi del collo perché spesso sono interessati in varie forme di patologie neoplastiche ma anche forme infettive minori, come le tonsilliti. I linfonodi del collo si dividono in due gruppi principali: - Cervicali superficiali, di cui fanno parte i linfonodi sopra e sottoparotidei (sia nella regione anteriore che posteriore), i pre e retroauricolari, occipitali, tonsillari, sottomandibolari, submentali, cervicali posteriori e sopraclaveari; - Cervicali profondi, accompagnano il decorso di arterie e vene profonde. 3 LIVELLI LINFONODALI LATERO-CERVICALI SECONDO ROBBINS Rappresenta una suddivisione topografica dei linfonodi del collo che raggruppa questi ultimi in diversi livelli, usando come riferimento la vena giugulare interna: - Livello I, di cui IA sono i sottomentonieri e IB i sottomandibolari; - Livello II giugulari superiori; - Livello III giugulari medi; - Livello IV giugulari inferiori; - Livello V spinali e cervicali trasversi; - Livello VI del comparto centrale; - Livello VII del mediastino superiore. - i gruppi linfonodali (suboccipitali, retro e parafaringei, buccinatori o facciali e peri e intraparotidei) accompagnano i vari organi del collo che si trovano a questo livello (laringe, faringe, tiroide ed esofago). FASCE DEL COLLO Nel collo la fascia cervicale, comprendente l’intero sistema linfatico del collo, si suddivide in 3 fasce: superficiale, media e profonda. Le fasce vengono perforate nelle linfadenectomie seguendo linee specifiche, per cui è bene conoscerne il loro andamento. La superficiale è quella che ricopre tutto il collo e da cui fuoriesce la giugulare esterna, la media o pretracheale invece ha forma triangolare e come apice l’osso ioide, infine la più posteriore è la fascia profonda o prevertebrale. Quindi, tutti i linfonodi possibili sedi di metastasi e i vasi linfatici di collegamento sono contenuti nello spazio compreso tra le fasce cervicali: lo svuotamento degli spazi del collo a partire dai contenitori fasciali con il loro contenuto di tessuto cellulo-adiposo comprende quindi l’intero sistema linfatico del collo. SEMEIOTICA DEL COLLO TECNICA DI ISPEZIONE ll paziente può essere seduto o in piedi, deve avere il torace, il collo e il capo scoperti, lo si osserva prima da davanti, poi da dietro e infine lateralmente. Nell’ispezione appare evidente l’incisura giugulare, la fossa sopra e sottoclavicolare, e il solco scaleno. I muscoli scaleni prendono il loro nome dalla loro caratteristica irregolarità e ne riconosciamo principalmente quattro: lo scaleno anteriore, medio, posteriore e minimo. Originano in generale dai processi spinosi delle vertebre cervicali e vanno a inserirsi a livello della prima o seconda costa. Bisogna tenerli in considerazione per descrivere la posizione relativa di altri 4 vasi, in particolare tra l’inserzione del muscolo scaleno minimo e il muscolo scaleno anteriore, sulla prima costa, decorre l’arteria succlavia e anteriormente allo scaleno anteriore decorre la vena succlavia. Lo scaleno posteriore si inserisce invece sulla seconda costa. PUNTI DI REPERE DURANTE L’ISPEZIONE Sono il margine inferiore della mandibola, il muscolo sternocleidomastoideo, la clavicola, il margine superiore del trapezio, il margine superiore del manubrio dello sterno, la cartilagine tiroidea e posteriormente l’apofisi spinosa della settima vertebra cervicale, detta anche prominente. FORMA DEL COLLO Il collo può apparire tozzo, lungo, corto, con pterigio, cioè quando il collo ha pieghe cutanee laterali, malformazione spesso associata alla sindrome di Turner, oppure con gobba di bufalo, tessuto adiposo situato posteriormente che deforma il collo. Se il collo è normale sarà invece cilindrico. MOVIMENTI CAPO/COLLO Questi movimenti possono essere passivi o attivi, alcuni esempi sono la flessione anteriore/laterale, l’estensione, la rotazione, ecc. In base alla risposta del paziente valuteremo se il movimento è continuo, a scatto, o se c’è dolore. Possiamo riconoscere posizioni obbligate, come la flessione dolorosa tipica del torcicollo, riscontrabile in pazienti anziani con quadri clinici di artrosi cervicali. Nei casi di artrosi cervicale in particolare il paziente riferirà dolore sia nella fase statica, a causa della contrazione muscolare, ma anche in quella dinamica, per via dei movimenti di flessione, estensione e torsione del collo. RILIEVI DEL COLLO L’ispezione diventa fondamentale all’ora di identificare masse nel collo. In prima battuta bisogna discernere tra massa unica o multipla, in seconda battuta bisogna verificare se la massa presenta segni di flogosi o altre alterazioni cutanee e in terza battuta bisogna capire se si tratta di tumefazioni pulsanti. Il primo criterio da seguire per distinguere patologie benigne da quelle maligne è la sede: se il rilievo si trova nelle regioni anteriori, si tratterà probabilmente di patologie benigne quali cisti, se invece si posiziona nelle regioni laterali, è bene indagare, data l’importanza delle strutture ospitate in questa regione del collo, e spesso si tratta di patologie maligne, e soprattutto linfonodi. Le tumefazioni del collo si sviluppano in genere tra mandibola e clavicola, la causa più comune è la linfoadenopatia. 5 Alcuni esempi sono: - Cisti branchiale; - Gozzo; - Cisti infetta; - Ascesso cervicale profondo; - Linfonodo metastatico; - Ascesso sottomandibolare. La prima cosa di cui fare un esame semeiologico fatto bene del collo è osservarlo perfettamente e identificare le tumefazioni, se sono mediane, laterali o sovraclaveari. Innanzitutto, è bene sapere che le cisti possono essere:  Congenite: disembriologenetiche;  Acquisite: infiammatorie o neoplastiche. Per quanto riguarda le masse congenite, queste possono essere:  Laterali: cisti branchiali;  Linea mediana: cisti dotto tireoglosso, cisti dermoide, cisti timica, ranula. Il nome di quest’ultima deriva dal latino “piccola rana”; con questa si intende una cisti da ritenzione o mucocele del pavimento orale che risulta rigonfio. TUMEFAZIONI MEDIANE Una delle tumefazioni mediane più importanti è la cisti del dotto tireoglosso. La più comune (70% dei casi), è presente soprattutto nei bambini e anche nei giovani adulti: nel 50% dei casi compare prima dei 20aa. Tumefazione benigna congenita caratterizzata dalla persistenza del dotto tireoglosso, ovvero un “canale” che nella vita fetale ha reso possibile lo spostamento della tiroide dal 6 punto in cui essa si forma, alla base della lingua (forame cieco), fino alla sua sede definitiva, la regione anteriore del collo. Tale dotto dovrebbe obliterarsi prima della nascita e quando ciò non avviene, il dotto si dilata formando una vera e propria cisti, che può andare incontro a processi infiammatori e infettivi, data la comunicazione che essa presenta con la cavità orale. La cisti del dotto tireoglosso può rimanere per anni asintomatica, dando segno di sé solo per la presenza di una neoformazione, nella porzione anteriore del collo lungo tutta la linea mediana, dal mento fino alla base del collo (dal forame cieco all’istmo della tiroide). Quando si sovrappone un processo infiammatorio diventa fortemente dolente e la cute sovrastante si arrossa; possono inoltre insorgere febbre e difficoltà alla deglutizione. Alle volte il pus contenuto nella cisti si fa strada fino alla cute, determinando la formazione di un tramite fistoloso e quindi la fuoriuscita di materiale purulento attraverso un orifizio cutaneo. Si trova nel 75% dei casi a livello della linea mediana, nel 25% dei casi vicina a questa. Si trova a livello o subito sotto l’osso ioide (65% dei casi) e si alza con la deglutizione e con la protrusione della lingua. Dal punto di vista clinico è circoscritta, ha una consistenza duro-elastica, è poco mobile e sporgendo la lingua si sposta verso l’alto (immagine tac). La diagnosi differenziale viene fatta per differenziarla da cisti sebacea, lipoma oppure con una tiroide ectopica. Viene svolta tramite Eco, Tc, RMN e FNAB. Viene trattata chirurgicamente. TUMEFAZIONI LATERALI Le tumefazioni laterali più importanti nel collo sono tumefazioni che hanno un rapporto con le tasche branchiali. Le tasche faringee o branchiali costituiscono la componente endodermica degli archi faringei. Durante lo sviluppo dell’embrione umano danno origine a varie strutture:  Prima tasca faringea: tuba di Eustachio e cassa del timpano;  Seconda tasca faringea: tonsilla palatina;  Terza tasca faringea: componente epitelioide di origine endodermica del timo, che spostandosi a livello dello sterno forma anche la porzione inferiore delle paratiroidi;  Quarta tasca faringea: derivazione della quarta, forma il corpo 7 ultimobranchiale, da cui si sviluppano le cellule parafollicolari che migrano nella tiroide. Le tasche branchiali possono residuare per via di difetti di obliterazione, portando alla formazione di cisti benigne che si trovano nella regione laterale del collo, al di sotto dello sternocleidomastoideo Sono una massa liscia, fluttuante e liquida; non ha una consistenza dura. Normalmente è asintomatica e diventa dolente solo se si infetta: questa è la diagnosi differenziale che permette di distinguere le cisti benigne dalle tumefazioni maligne. La diagnosi viene svolta mediante Eco, Tc, RMN e FNAB. Alla palpazione risulta molle e con dolorabilità minima se non in caso di complicanza infettiva. In caso di infezione si avrà eritema cutaneo e tensione. Il trattamento comprende il controllo di un’eventuale infezione e l’escissione chirurgica. Anche a questo livello si potrebbero avere degli orifizi anomali, conseguenza della possibilità di fistole e dunque patologie congenite. A livello dei vari archi (e quindi delle varie posizioni) possono degenerare, infettarsi e dare origine a processi infettivi importanti che poi vengono a prendere contatto con la cute. FISTOLE Per fistola si intende qualsiasi tipo di comunicazione patologica fra due o più cavità dell’organismo o tra queste e l’esterno. Hanno tutte un’evoluzione cronica, tendono alternativamente a guarire e a riprendere la malattia sempre tramite esterno-tragitto- tramite interno. La fistola è quasi sempre un concetto cronico quando continua ad essere alimentata:  Per la persistenza dell’infezione che l’ha determinata e che continua a produrre pus e materiali infiammatori;  Perché, anche se la causa iniziale è regredita, nella fistola continuano a passare sostanze biologiche presenti nell’organo fistolizzato: saliva, urine, materiale fecale. In caso di fistola, il chirurgo la va ad analizzare: si prende una piccola agocannula, si lascia solo la parte senza l’ago e si guarda cosa succede; si va quindi a mettere della fisiologica per capire qual è il tramite, con cosa comunica e se si può raccogliere del materiale per fare l’esame istologico e culturale. In caso di trapianto renale, poiché si fa in caso di insufficienza renale cronica, la fistola più comune si trova nel punto in cui si fa la dialisi tramite fistola artero-venosa. Il chirurgo ha creato un’anastomosi mettendo in comunicazione nel braccio un’arteria e una vena, costruendo chirurgicamente una fistola (in ogni caso sempre da considerare patologica). Si possono avere una fistola anche in caso di cisti pilonidale, che può fistolizzare fino al margine superiore del gluteo; molto frequenti sono le fistoli utero-vescicali, retto-vaginali, vescico- vescicali, vagino-ureterali. Di solito, la presenza di un tramite fistoloso è un processo di tipo acuto cronico: bisogna stare molto attenti a cogliere questi tratti fistolosi e comunicazioni con l’esterno perché le si può avere come residui del primo, 8 secondo, terzo o quarto arco. Si tratta di fistoli congenite di cisti brachiali che si aprono nella cute. MANOVRA DI VALSALVA La manovra di Valsalva è un’espirazione forzata a glottide chiusa. Tramite questa si cerca di vedere se durante la deglutizione si hanno cambiamenti sulle strutture che si vogliono evidenziare nel collo. La deglutizione è utile anche durante la palpazione di qualsiasi angolo del collo, in quanto questo dà diverse informazioni, tra cui anche la fissità coi piani profondi, punto determinante. Esempio: in questa signora appare evidente la tumefazione all’interno del collo. Bisogna sicuramente prendere come evidenza una diagnosi differenziale per escludere che la signora abbia un turgore alle giugulari. TURGORE GIUGULARE La zona della giugulare si trova tra i capi del muscolo sternocleidomastoideo e la regione accanto al triangolo di Farabeuf. Per capire se il turgore delle giugulari è patologico vanno valutate le varie cause:  Costituzionale (clinica): appare molto chiaro, di solito è bilaterale e quindi non problematico. In fase inspiratoria. Questo era il caso della signora nell’esempio precedente.  Scompenso cardiaco (persistente): turgore bilaterale, plurisintomatico in quando il paziente presenta anche edema polmonare, difficoltà respiratoria, dispnea.  Toraco-polmonare (persistente): turgore bilaterale. Avviene in caso di: - Pneumotorace: mentre si cerca di incannulare i vasi importanti del collo (vena giugulare interna, esterna o vena succlavia) che vengono usati in caso di catateristmi venosi importanti si può andare a bucare il polmone, in particolare l’apice. Questo provoca pneumotorace che ha come conseguenza turgore giugulare. - Fibrosi polmonare. - Versamenti cospicui bilaterali.  Compressione del FNV (fascio vascolo nervoso) del collo (persistente): unico caso di turgore monolaterale, ci si può ricollegare a quadri neoplastici e in particolar modo a linfadenopatie. PALPAZIONE Il paziente può essere seduto o in piedi. Bisogna palpare capo e collo, il torace è coperto. Per iniziare a esplorare il collo si può stare sia davanti che dietro al paziente; la palpazione può essere monomanuale o bimanuale sia con movimenti passivi che senza movimenti passivi del capo. La palpazione dev’essere sistematica e precisa: ci dev’essere un sistematico riconoscimento delle tumefazioni così come si devono avere ben presente gli organi del collo (faringe, laringe , tiroide ,paratiroidi). Innanzitutto 9 vanno escluse patologie ricollegabili a questi organi; in seguito, bisogna stabilire i punti fondamentali relativi ad ogni tipo di patologia o tumefazioni di massa che si trovano. La manovra di palpazione serve per stabilire la sede di una determinata tumefazione, neoformazione, massa. Gli elementi che permetteranno di fare diagnosi differenziali importanti tra patologia benigna e maligna sono: la dimensione, la consistenza, la superficie, i margini e la dolorabilità. L’obbiettività della palpazione permette, in caso di tumefazione cervicale, di differenziare in:  Flogosi: zona dolente, testa e arrossata;  Neoplasia: zona dura, non tesa, poco mobile, margini irregolari;  Cisti: soffice, non dolente. Punti di repere: triangoli carotidei, bulbo carotideo e livelli linfonodali. Si hanno punti di repere imprecisi che si devono andare a cercare. Ricerchiamo tutti i linfonodi, incominciando dalle stazioni latero-cervicali superiori verso le stazioni laterlo-cervicali inferiori. I vari livelli con cui vengono classificati i linfonodi sono: 1. Sottomandibolari; 2. Retroauricolari; 3. Preauricolari; 4. Tonsillari; 5. Triangolo del profondo di Farabeuf : si seguono tutti i linfonodi lungo il margine carotideo; 6. Linfonodi della giugulare se si segue il margine anteriore dello sterno I punti di repere accompagneranno nella ricerca delle stazioni linfonodali. Si studia anche la regione delle ghiandole salivari parotidea e la regione sottomascellare. POLSO CAROTIDEO Il fremito è il polso carotideo. Si definisce una tumefazione palpabile nella zona del triangolo carotideo, quindi una pulsazione presente nella zona laterale del collo. Se in questa zona si dovesse avere un fremito molto forte che diventa soffio all’auscultazione, si associa a qualcosa di patologico. La presenza di una pulsazione laterale in questo livello del collo è normale, è dovuto fondamentalmente dalla carotide esterna: questo è importante in quanto il punto di riferimento che viene preso in pazienti che hanno calcificazioni a livello delle carotidi, che vengono sottoposti a interventi di chirurgia conservativa di pulizia della carotide. AUSCULTAZIONE Si devono andare a cercare i soffi che possono essere presenti a livello del tronco. Il punto più importante è il glomo carotideo, a livello della biforcazione. Un esempio di trattamento di calcificazione carotidea è dato dall’angioplastica: si immette all’interno del vaso un palloncino passando dal braccio, il palloncino espande uno stent che viene lasciato all’interno una volta che viene rimosso il palloncino. Questo serve a non far occludere l’arteria. 10 DALLE SLIDE tutta la parte in corsivo In un paziente vasculopatico, le maggiori manifestazioni di patologie vascolari ed eventi trombotici sono date da:  Ictus ischemico e attacco ischemico transitorio (a livello cerebrale);  Infarto del miocardio e angina pectoris, sia stabile che instabile (a livello cardiaco);  Patologie arteriose periferiche, ischemia critica dell’arto, dolore a riposo, gangrena, necrosi. ICTUS CEREBRALE: ha vari sintomi, ovvero:  Perdita di coscienza.  Difficoltà a parlare e a capire.  Paralisi e intorpidimento della faccia o degli arti.  Difficoltà visive.  Difficoltà a camminare.  Mal di testa.  Nausea-vomito centrale. Si va a valutare tramite il TEST FAST (Face-Arm-Speech-Time). SEMEIOTICA STRUMENTALE DEL COLLO Gli esami che si possono fare a livello del collo sono:  Ecografia: sfrutta la riflessione subita da un fascio di ultrasuoni (3.5-5- 7.5-10-12 MHz) per ottenere immagini in toni di grigio. Esempio di ecografia di patologia tiroidea: si possono vedere la tiroide, i vasi importanti e una massa linfonodale che c’è all’interno.  Esame citologico per agoaspirato FNAB (fine needle aspiration biopsy): Consente di stabilire a quale tipo di tessuto appartiene la massa ed accertarne l’eventuale natura neoplastica. Si può fare mediante un agoaspirato, è facilmente eseguibile ambulatorialmente, è privo di rischi e ripetibile. Non lascia esisti di alcun genere. Importante in quanto è ciò che si può fare con tutti i noduli tiroidei.  TAC (Tomografia Assiale Computerizzata) e RMN (Risonanza Magnetica): necessarie in presenza delle masse del collo per studiarne i rapporti con le strutture vicine. Nella foto accanto si può notare un’altra massa evidenziata con la TAC e la risonanza. 11  Biopsia o asportazione chirurgica con esame istologico: microistologia sua ago/biopsia chirurgica. Indispensabile talvolta in pazienti con linfoadenopatie (linfomi, metastasi). NON si esegue sui noduli tiroidei né sulle altre masse cervicali. Di fronte a tumefazioni a livello del collo bisognerà innanzitutto capire se si tratta di un singolo nodo o di un nodo multiplo; in secondo luogo, bisogna andare ad analizzare la posizione per vedere se si trova in zona laterale o mediale. Nel caso in cui si trattasse di un nodo cistico, la palpazione risulterebbe l’unico esame necessario; nel caso in cui fosse un nodo pulsatile palpazione e auscultazione non sarebbero sufficienti. Per fare diagnosi di glomo carotideo, infatti, bisognerebbe fare anche TAC e arteriografia. Quando si parla di esame strumentali si hanno due punti di riferimento:  Con specificità si intende la capacità di identificare correttamente i soggetti sani; un test con alta specificità ha quindi un basso rischio di falsi positivi;  La sensibilità è la capacità di identificare correttamente i soggetti ammalati; quindi, si ha basso rischio di falsi negativi. L’ecografia ha una buona sensibilità e un’alta specificità, quindi serve per identificare i veri ammalati; l’esame citologico fatto con agoaspirato raggiunge il 100% perché è l’esame definitivo che dice se il paziente è malato o meno. Ispezione e palpazione hanno una specificità che va dal 16 al 66%: questo è importante in quanto nel 29% dei casi delle neoplasie delle zone testa-collo i linfonodi sono N0 o N1, per cui diventa difficile riconoscerli alla palpazione se non nelle fasi di malattia più avanzate. La sensibilità va quindi dal 16 al 66% in primis perché molte patologie di queste zone inizialmente non hanno interesse linfonodale; inoltre, anche l’esperienza può andare ad aumentare la possibilità di diagnosi mediante palpazione, arrivando in caso di mani esperte anche al 65% di diagnosi. L’ecografia non è invasiva, è meno sensibile di TAC e risonanza ma più specifica delle stesse. Si svolge su strutture solido/cistiche. Mediante le ecografie si può fare un agoaspirato con studio citologico, si possono studiare bene i linfonodi superficiali ed è semplice da eseguire. La diagnosi successiva viene fatta mediante una biopsia tramite agoaspirato, in modo da fare un esame citologico o bioptico: la differenza tra i due sta nello strumento usato e nella parte di campione che riusciamo a prendere. In questo caso l’indicazione per la biopsia è lo standard della cura (standard of care) delle patologie del collo. Va provato in tutti casi tranne quando è presente un’ascessualizzazione o un’evidente lesione vascolare; in tutte le altre condizioni si può invece tentare una biopsia con ago sottile (23-27 gauge). Fondamentale è il ruolo del citologo. 12 Una risonanza magnetica a livello del collo dà informazioni simili alla TAC ed è utile soprattutto per lo studio alla base cranica e la regione laterocervicale alta; quindi, diventa utile soprattutto per le lesioni che sono più vicino al capo. Molto importante per le neoformazioni vascolari (AngioRM). Una PET ha sensibilità al 67% e specificità all’85%: non ha quindi alcun vantaggio nello staging pre-trattamento, mentre diventa molto importante nel follow-up post operatorio. Nei bambini le masse del collo sono nel 54% benigne e congenite; si ha poi l’11% di possibilità di lesioni maligne. Il restante 35% è diviso tra lesioni infiammatorie (27%), lesioni benigne non infiammatorie (5%) e neoplasie benigne (3%) Accumulo di pus e massa liquida che si alterna al tessuto. Possono essere la complicanza di una Faringo tonsillite, Infezione dentale, Linfadenite. LINFADENITI Le linfadeniti infettive possono essere:  batteriche (da stafilococchi, streptococchi, micobatteri tipici e atipici, da malattia del graffio del gatto);  virali (mononucleosi, citomegalovirus, HIV, virosi esantematiche soprattutto nei bambini, parotite);  protozoarie (da toxoplasma). La malattia del graffio del gatto: spesso ci sono pazienti con linfonodi estremamente dolenti, infiammati, diffusi dovunque; si parte dall’ascella e si arriva poi alle fasce laterali del collo. Facendo una diagnosi si vede che tutto ciò dipende dai graffi di gatto visibili, per esempio, sul braccio del paziente stesso. Si tratta proprio di una linfoadenite batterica da graffio del gatto. Oppure si presentano pazienti che, facendo giardinaggio, presentano piccole ulcerazioni nella cute. Il paziente con linfoadenopatie latero-cervicali è solitamente molto agitato, perché è risaputo che i linfonodi nel collo possono essere segni di tumore; quindi bisogna comunque cercare di trovare tutti i criteri di diagnosi differenziale, non tanto per rassicurare il paziente, ma per indicare il tragitto sicuro in modo da arrivare il prima possibile ad una diagnosi differenziale. Se l’ipotesi è di tipo infettivo, possiamo fare un’ecografia, ma prima si indagano parametri di tipo infettivo, quindi per prima cosa si fa un esame del sangue con leucociti, VES, PCR…. È l’indagine diagnostica che si indirizza rispetto ai criteri che noi utilizziamo e abbiamo davanti. ASCESSI NEGLI SPAZI PROFONDI DEL COLLO In essi si trovano pus e massa liquida che si alternano a tessuto ecc. Questo tipo di ascessi possono essere la complicanza di faringo-tonsilliti, di infezioni dentali oppure di linfadeniti. “REGOLA DELL’ 80” Mentre i bambini si orientano verso patologie di tipo cistico e benigno di tipo congenito, in medicina, se è vero non c’è nulla che varca il senso assoluto, bisogna ricordare che quando si tratta di adulti di oltre 40 anni, che presentano una tumefazione linfonodale o più di una tumefazione al collo: 13  L’80% di tutte le masse non tiroidee, sono neoplastiche (escludendo i gozzi, le masse della tiroide)  L’80% di queste neoplasie sono maligne  L’80% di queste forme maligne sono metastatiche  L’80% di queste forme metastatiche nasce da neoplasie che hanno sede al di sopra della clavicola. Sopra alla clavicola si pensa perciò a tumori della faringe, laringe, parotide, mascellare, escludendo le patologie tiroidee. Quindi trovare alla palpazione delle masse importanti nel collo, in persone soprattutto anziane, porta a considerare che possano essere masse neoplastiche. LA TIROIDE È una ghiandola endocrina localizzata nella regione anteriore del collo, sulla superficie anterolaterale della trachea. Prende rapporti con la laringe, con la parte iniziale della trachea, e con tutto il fascio vascolonervoso del collo (che comprende l’arteria carotide comune, la vena giugulare interna e il nervo vago). Si trova alla base del collo e la sua posizione è variabile perché segue i movimenti della laringe, sale quando si solleva il mento o quando noi deglutiamo. VASCOLARIZZAZIONE Le arterie che irrorano la tiroide sono:  l’arteria tiroidea superiore, ramo dell’arteria carotide esterna;  l’arteria tiroidea inferiore che parte dal posteriore e si porta poi anteriormente, ramo dell’arteria succlavia;  un’arteria tiroidea ima (di Neubauer), in alcuni casi, che è incostante, ed è un ramo che può originare dall’arteria anonima o direttamente dall’arco dell’aorta. Dal punto di vista della vascolarizzazione venosa si ha  la vena tiroidea superiore che affluisce alla vena giugulare interna;  la vena tiroidea media che affluisce alla giugulare interna;  la vena tiroidea ima, alcune volte, che è incostante e affluisce direttamente all’anonima, come la vena tiroidea inferiore. INNERVAZIONE L’innervazione è fornita dall’ortosimpatico cervicale e dal nervo vago attraverso: 1. il nervo laringeo superiore; 2. il nervo laringeo inferiore, che è detto anche nervo ricorrente, perché ha un andamento completamente diverso rispetto al nervo da cui origina, ovvero il nervo vago. 14 I nervi ricorrente di destra e di sinistra hanno comportamenti completamento diversi:  il ricorrente di destra, prima di arrivare alla tiroide, attraversa e abbraccia l’arco dell’aorta,  il ricorrente di sinistra abbraccia il tronco anonimo o addirittura l’origine dell’arteria carotide comune. Questi nervi sono importantissimi, soprattutto il laringeo inferiore perché va ad innervare le corde vocali. È estremamente importante che gli interventi di chirurgia della tiroide rispettino questo nervo, in quanto una lesione allo stesso quando è monolaterale, può causare disturbi della tonalità della voce, ma se la lesione è bilaterale, provoca l’immobilità delle corde vocali ovvero problemi di afonia, oppure addirittura respiratori. Infatti, durante il movimento delle corde vocali, della glottide, viene favorita anche la fuoriuscita e l’entrata di aria. Quindi il famoso stridore tiroideo è presente in pazienti che hanno subito danni gravi al nervo ricorrente sia destro che sinistro. Le lesioni ai nervi ricorrenti sono abbastanza frequenti perché questi hanno un decorso abbastanza anomalo, per cui quando si esporta la tiroide, si possono creare dei problemi perché non sono nervi come altri che arrivano normalmente dal margine posteriore e si portano in avant. FUNZIONE TIROIDEA Il follicolo tiroideo è l’unità funzionale della tiroide, è formato da cellule di forma cubica. All’interno di questi follicoli è presente la colloide e inframmezzate, all’interno di follicoli, ci sono le cellule C, che producono la calcitonina. Quindi si hanno cellule parafollicolari che sintetizzano la calcitonina, la quale determina la riduzione della calcemia e fosforemia, mediante il blocco del riassorbimento osseo. Perciò la funzione della calcitonina è il portare l’organismo ad una diminuzione del calcio in circolo. Mentre fondamentali sono le cellule follicolari, che sintetizzano gli ormoni tiroidei T3 e T4. METABOLISMO OSSEO Differenza tra osso normale e osteoporotico: nella prima condizione, le trabecole sono piene di deposito di calcio, mentre nella seconda manca il deposito di calcio. Il metabolismo dell’osso è influenzato da 2 ormoni fondamentali:  Il paratormone serve per aumentare la calcemia. In condizioni di omeostasi il calcio deve stare in un range tra 9 e 11 mg/100 ml. Se si ha una diminuzione della calcemia, con livelli di calcio troppo bassi (ipocalcemia), si ha un intervento da parte delle ghiandole paratiroidi che rilasciano il paratormone. Le ghiandole paratiroidi sono delle piccole

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