Educazione e Famiglie: Ricerche e Nuove Pratiche
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Milani
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Il libro 'Educazione e Famiglie' discute delle disuguaglianze sociali nell'educazione e mette in evidenza come l'ambiente familiare influenzi lo sviluppo dei bambini. Si concentra sulle nuove ricerche riguardo alla relazione fra genitorialità, ambiente educativo e sviluppo cognitivo, enfatizzando la resilienza come approccio per contrastare tali disuguaglianze. Il testo esplora approcci inclusivi e comunitari.
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EDUCAZIONE E FAMIGLIE RICERCHE E NUOVE PRATICHE PER LA GENITORIALITA’ Introduzione «Questo libro non è scritto per gli insegnanti, ma per i genitori. È un invito a organizzarsi» → stesso incipit di Lettera a una professoressa: sono passati cinquant'anni e le disuguaglianze...
EDUCAZIONE E FAMIGLIE RICERCHE E NUOVE PRATICHE PER LA GENITORIALITA’ Introduzione «Questo libro non è scritto per gli insegnanti, ma per i genitori. È un invito a organizzarsi» → stesso incipit di Lettera a una professoressa: sono passati cinquant'anni e le disuguaglianze sociali sono ancora diffuse, a segnare l’arretratezza dell’Italia rispetto alla maggior parte dei paesi occidentali. Obiettivo: liberare il potenziale umano dei bambini, in particolare dei più svantaggiati, per garantire equità e giustizia sociale alle nuove generazioni, mediante il cambiamento della scuola tramite una cultura educativa e inclusiva invece che nozionistica ed esclusiva. Per rendere possibile ciò, bisogna accompagnare i genitori a “organizzarsi”: è fondamentale che si riapproprino dei fondamentali dell’educazione. Alcuni rapporti (ISTAT e CENSIS) ci forniscono dati che rispecchiano il problema della disuguaglianza sociale in Italia. C'è una sorta di trasmissione ereditaria dell’appartenenza sociale, che crea riproduzione sociale, in cui è soprattutto il titolo di studio a essere tramandato. È davvero questione di ereditarietà? O di come il contesto psico-socio--economico-educativo della famiglia ostacola o favorisce la mobilità sociale? Non vi è traccia di disuguaglianza nella genomica, ma l'insieme dello sviluppo umano dipende da variabili multiple, connesse al modo in cui sono educati i bambini nel loro ambiente familiare, e dagli intrecci tra questo ambiente e l’ambiente storico-sociale. Alcuni rintracciano nelle disuguaglianze anche il terreno fertile delle diverse forme di fanatismo: personalità deboli sul piano psicologico, spesso con una storia familiare dolorosa, con problemi economicie identitari, trovano nell’Islam radicale la riabilitazione sociale. Le ricerche in area psicologica, psicoanalitica ed educativa, oggi confermate dalle neuroscienze, hanno reso evidenti i nessi tra salute psichica e relazioni familiari, in particolare rispetto alle esperienze della prima infanzia. Si può fare molto per ridurre le disuguaglianze e costruire società più giuste, attraverso un’educazione inclusiva, fondata sulla reciprocità (Freire). Se l'educazione è innanzitutto reciprocità, chi educa i bambini educa sé stesso, i loro genitori, i loro insegnanti e i percorsi educativi delle comunità dove essi vivono. Non solo lo sviluppo psicologico dei bambini è influenzato da quello dei genitori, ma per Bronfenbrenner: «Lo sviluppo psicologico dei genitori è fortemente influenzato dal comportamento dalla maturazione loro figli. Questo fenomeno si realizza lungo l'intero arco della vita». Tante ricerche hanno dimostrato infatti come il capitale sociale e quello umano siano interconnessi, come il capitale educativo dei genitori influisca sul capitale culturale dei figli, come il capitale economico dei figli sia in relazione al capitale economico sociale e culturale delle famiglie di provenienza e quindi con le possibilità di mobilità sociale. Eleggere vuol dire scegliere, non scegliere è nec legere, da cui l’italiano “negligenza”, che è il male di oggi. → necessario uno spazio in cui leggere insieme i bisogni evolutivi di questi bambini e dare risposte educative e preventive, costruite secondo un approccio aperto e multidisciplinare. Dalle ricerche emerge che le disuguaglianze non sono né inevitabili né ereditarie né dipendenti da un destino superiore, ma hanno precise cause storico-politiche, che possono essere superate →usare lo strumento dell’educazione e dell'educazione familiare come mezzo di prevenzione di queste disuguaglianze! → approccio all'intervento, di tipo inclusivo e comunitario, basato sulla resilienza. Si preferisce usare la dizione “educazione familiare” piuttosto che “pedagogia della famiglia”, in cui i principali temi sono l’equità sociale e i diritti dei bambini, l'impegno e la responsabilità politica, l’azione trasformativa, la buona crescita dei bambini e dei genitori per favorire la loro integrazione in una società benevola, accogliente e rispettosa dei diritti di ciascuno. Capitolo 1 - Educazione, genitorialità, disuguaglianze e democrazia 1. Qualis pater, talis filius La famiglia ha natura interdisciplinare ed è legata all’intimità del soggetto umano, è poco oggettivabile: per questo è stata a lungo esclusa da studi scientifici→ è solo dalla seconda metà dell'Ottocento che diverse discipline, fra cui la psicologia sperimentale, la psicologia dello sviluppo e la psicoanalisi, analizzano l'impatto dell’educazione, e dell'educazione familiare nello specifico, sullo sviluppo e sulla salute complessiva del bambino. Emergono interazioni tra la dimensione affettiva, psichica e cognitiva nello sviluppo del bambino sin da neonato (vedi studi di Anna Freud, Spitz, Harlow…): parità fra i bisogni di natura fisico-materiale e quelli relazionali-affettivi per garantire al bambino il “nutrimento” fisico, materiale, psicologico, affettivo, relazionale, necessario alla crescita umana. L’ambiente familiare e in particolare la genitorialità hanno un enorme peso sulla crescita dei bambini→ogni aspetto della realtà familiare nella prima infanzia ha delle conseguenze, sia negative sia positive, sulla crescita complessiva dell’adulto e quindi sulla 1 realizzazione del suo potenziale umano: lo sviluppo umano è interdipendente con la qualità delle esperienze relazionali che hanno luogo nell’ambiente familiare. Early Childhood Development (ECD) = periodo che va dalla gravidanza agli 8 anni circa e che concerne l'area cognitiva, socio emozionale, del linguaggio e della salute fisica → lo sviluppo neurologico e psicologico del bambino non è automatico, ma avviene in risposta a stimoli sociali e interpersonali. ECD è considerato il trampolino di lancio dell’intera vita per la sua sostanziale influenza sulle basi dell’apprendimento, del successo scolastico, della partecipazione economica, della cittadinanza sociale e della salute. Il soggetto umano è ontologicamente interdipendente all'ambiente sociale. Quale antropologia della persona L’antropologia relazionale considera il soggetto umano un dialogo, che prende forma in famiglia, e di apertura all’altro come aspetto costitutivo dell'umano in quanto essere re-lato. Infatti, l’idea che la persona sia di per sé logos, ossia linguaggio, relazione e apertura, rivela la natura intrinsecamente dialogica della persona in cui il linguaggio è espressione privilegiata e compiutamente emblematica dell’atto personale. Attraverso l’educazione, la persona si forma e trasforma. La persona si “identizza” nell’apertura, si trova mentre va oltre sé stessa, nell’uscire da sé. Quando I genitori accolgono un figlio, lo contengono e lo amano,non solo rispondono ai suoi fondamentali bisogni di crescita, ma anche gli rivelano il quid profondo della sua umanità: l’essere relazione → vi è un legame organico fra persona e comunità. La partecipazione implica un movimento generativo di sé e dell’altro, che avviene attraverso gli «atti originari della persona e della comunità»: - uscire da sé; - comprendere: prendere nel proprio cuore; - prendere su di sé: sentir male al proprio petto; - dare:l'economia della persona è un'economia offerta; - essere fedele: la fedeltà personale è una fedeltà creatrice. 2. Il rapporto tra povertà,intelligenza, geni e sviluppo neurologico Gli umani nascono dotati di un cervello con capacità sbalorditive, ma il suo ulteriore sviluppo dipende in gran parte dalla relazione fra il soggetto e l’ambiente con cui entra in relazione sin da prima della nascita. Le esperienze infantili impattano sullo sviluppo affettivo e psichico→contribuiscono a formare la struttura del cervello in fase di sviluppo, individuando l'esistenza di un legame tra la condizione psico-socio-economica in cui viene cresciuto un neonato e la crescita del suo cervello. Gli stimoli trasmessi al cervello tramite le vie sensoriali prima e dopo la nascita permettono di differenziare le funzioni dei neuroni: il codice genetico resta lo stesso, ma è dell’epigenetica la responsabilità di questa differenziazione nell’attivazione o meno dei geni. L'intelligenza è stata considerata per molto tempo una caratteristica trasmissibile per via ereditaria dai genitori ai figli. Invece, non è possibile pesare distintamente i geni e l’ambiente nel determinare comportamenti complessi, i quali sono multifattoriali→ il peso dei geni sulla qualità dello sviluppo infantile è assai più debole di quello dell'ambiente e ciò che conta è sempre l'interazione fra i due. Le prove una correlazione tra povertà e intelligenza negli ultimi decenni hanno dimostrato che questa correlazione insorge nei primi anni di vita, ma oggi è stato spiegato che ciò sembra essere dovuto a ragioni contrarie a quelle ritenute valide nei primi studi sul Qi: il nesso causa-effetto risulta invertito: sono le condizioni ambientali, non i cromosomi, a cui un bambino è esposto nei primi mille giorni a scolpire lo sviluppo del suo cervello. Feuerstein avanza l'ipotesi che il cervello umano sia plastico, ossia modificabile, e che sia possibile contrastare i limiti biologici cambiando il comportamento di un individuo e la struttura del cervello. Kandel ha dimostrato che il cervello non solo può arricchirsi ogni giorno di nuove conoscenze, ma è in grado di creare nuove strutture neuronali, data la sua “plasticità cerebrale”. Da alcuni studi emerge che: - chi nasce in una famiglia agiata, in media, sviluppa maggiori capacità cognitive. Lo status socio economico svantaggiato è quindi una variabile interdipendente a forti differenze nel volume, nella forma e nelle funzioni del cervello dei bambini e in particolare della corteccia corticale. Il reddito della famiglia è linearmente associato a molte capacità cognitive. I bambini che vivono in condizioni di povertà tendono ad avere peggiori rendimenti scolastici in quasi tutte le aree degli apprendimenti, hanno meno probabilità di andare alla scuola secondaria di secondo grado di entrare all'università. [Noble] - la differenza nella struttura della corteccia corticale determina tra il 15 e il 44% del gap che gli adolescenti provenienti da famiglie a basso reddito mostrano nelle performance scolastiche rispetto agli studenti coetanei provenienti da famiglie più ricche. I bambini provenienti da famiglie a basso reddito hanno minori volumi di materia grigia, tessuto fondamentale per l’elaborazione delle informazioni e per l’esecuzione delle azioni. Inoltre manifestano traiettorie più lente di crescita durante la prima infanzia a causa di esperienze stressanti. [Hanson] 2 - i bambini provenienti da famiglie a basso reddito hanno minori volumi di materia grigia, tessuto fondamentale per l’elaborazione delle informazioni e per l’esecuzione delle azioni. Inoltre manifestano traiettorie più lente di crescita durante la prima infanzia. Nelle famiglie più povere si trovano tassi elevati di bambini con difficoltà di apprendimento e comportamento. [Evans] - studiando il gap che separa i bambini neri che vivono in ghetti urbani dai coetanei bianchi che provengono da ceti sociali più favoriti, misurando lo sviluppo mentale di bambini di 9 mesi classi sociali diverse, non evidenziano, a quell’età, alcuna differenza [Curto, Fryer e Howard] - per capire i danni subiti dai bambini nati da madri tossicodipendenti, sono stati studiati dapprima i bambini nati in famiglie a basso reddito, confrontando i soggetti di 4 anni che erano stati esposti alla droga con quelli che non lo erano stati, senza trovare alcuna differenza significativa. I ricercatori scoprirono però che in entrambi i gruppi quozienti intellettivi dei bambini erano più bassi della media, visto che sono cresciuti in condizione di povertà. Dai risultati emerge l’importanza protettiva di un ambiente familiare che garantisce aiuto e supporto emotivo nei primi anni di vita [Hurt]. - Il modo in cui natura ed educazione (nature and nurture) interagiscono nel modellare il cervello è più evidente che mai nello sviluppo della capacità di linguaggio. I genitori più benestanti hanno solitamente un livello di istruzione più alto e dialogano di più con i loro bambini. [Hart e Risley] - I bambini necessitano della concreta “attenzione conversativa dei genitori" per acquisire un sentimento duraturo di connessione e l'abitudine di parlare dei loro sentimenti. [Turkle] - La qualità delle relazioni con il caregiver di riferimento impatta sulla possibilità del bambino sviluppare sia pattern di attaccamento sicuri sia, crescendo, qualità relazionali ed empatiche positive, sia di crescere fisicamente sano. Si è trovata una corrispondenza fra i disturbi del comportamento e i danni neurologici presenti. - Le abilità che un individuo può costruire sono molteplici e dipendono anch'esse dalla formazione cui può accedere, più che dai geni, in quanto anche l’espressione genetica è governata dalle condizioni ambientali. Esse si distinguono in abilità cognitive e non cognitive: entrambe predicono il successo scolastico e quindi socioeconomico. L'intelligenza e le differenti abilità non sono scritte solo, né soprattutto, nei geni, ma si co-costruiscono nell’interazione fra geni e ambiente→ non è la mancanza d'intelligenza che causa la povertà, e quindi i poveri non sono ereditariamente poco intelligenti, ma è la povertà che impedisce il pieno sviluppo dell’intelligenza e di tutto il potenziale umano. Il rapporto di correlazione tra povertà, svantaggio socioeconomico,intelligenza, sviluppo cerebrale, capacità cognitive e rendimento scolastico, salute, “riuscita” sociale e professionale è legato all’intreccio fra ambiente e geni. Correlazione non significa però causalità esclusiva: anche famiglie con redditi più alti possono esporre i bambini a situazioni di avversità, povertà educativa, sociale, negligenza cognitiva, affettiva, medica o altro. 3. Le determinanti sociali della salute Non solo la mente, ma anche il corpo, o meglio l’unità mente e corpo, è relazionale. Nella medicina sociale, Farmer riconcettualizza la malattia come “incorporazione” della sofferenza sociale, effetto della “violenza strutturale” sui corpi umani esercitata dalle strutture sociali → la sofferenza sociale, da cui si origina la sofferenza fisica, non è un’inevitabile condizione universale e trasversale a tutte le culture, ma è l’effetto di tale violenza strutturale, fra le cui cause vi è la globalizzazione. Quindi è fondamentale lavorare sulla connessione fra distribuzione delle disuguaglianze e distribuzione delle malattie. La povertà, l'esclusione sociale, la mancanza di abitazione, la debolezza dei sistemi sanitari sono quindi oggi le maggiori cause di malattie e morte a livello mondiale. La disuguaglianza nella salute è direttamente collegata a una disuguaglianza nella società e nell'economia: cambiando stato sociale, si modifica direttamente anche lo stato di salute. Per migliorare le condizioni di salute di una popolazione non si devono usare solo strumenti sanitari, ma anche l'implementazione di politiche sociali innovative. Marmot formula una proposta concreta di sei raccomandazioni: 1. dare ai bambini the best start in the life (“il miglior modo di partire' nella vita”); 2. migliore istruzione; 3. più occupazione; 4. Salario minimo garantito; 5. comunità più sane e sostenibili, quindi case a prezzi accessibili; 3 6. impegno a estirpare abitudini negative quali fumo e alcol. 4. L’impatto della famiglia sulla mobilità sociale Il legame fra ambiente, genitorialità, qualità dello sviluppo psichico, cognitivo e neurologico dei bambini è oggi ampiamente riconosciuto, e tale legame influenza anche lo sviluppo sociale. La teoria della riproduzione sociale di Bourdieu e Passeron (1970) sostiene che trattando come eguali individui ineguali, la scuola riproduce le disuguaglianze familiari e sociali e le trasforma in disuguaglianze scolastiche. Il capitale sociale quindi ha la caratteristica di potenziare il capitale economico e simbolico-culturale. Ma la scuola tratta da ineguali anche individui uguali. Quali logiche di funzionamento e di inserimento sociale manifestano le famiglie? Per rispondere, il CERIS ha realizzato uno studio longitudinale durato 30 anni, suddiviso in quattro tappe: 1. la famiglia ha un peso considerevole sullo sviluppo del bambino e sull'adattamento scolastico 2. esaminando gli stessi bambini studiati nella fase precedente, quindici anni più tardi, le variabili familiari studiate a 5-7 anni hanno un'importante potenza predittiva rispetto alla traiettoria scolastica; 3. studiando gli stessi bambini all’età di 25-26 anni, esistono cinque sottogruppi di famiglie che sperimentano traiettorie scolastiche e sociali differenti; 4. studiando i bambini che nella prima tappa avevano s anni, una volta giunti all’età di 35 anni, ossia divenuti adulti, talvolta anche genitori, si dimostra che ogni persona costruisce la propria vita, il proprio modello relazionale ed educativo attraverso l’intervento sia della memoria sociale antica sia della memoria sociale dell'ambiente attuale. Si rileva la presenza sia di elementi di continuità che di discontinuità nel passaggio fra le generazioni. I cambiamenti sono di natura congiunturale, gli elementi di continuità sono invece di ordine strutturale, sembrano essere habitus. I 4 livelli di cambiamento congiunturale che la comparazione fra le generazioni fa emergere in seno alle famiglie sono: - Lo statuto della persona: in due generazioni, lo statuto delle persone all’interno della famiglia cambia, si passa dalla predominanza del genitore a quella del figlio, che occupa una posizione dominante nell’ambiente familiare - Le modalità educative: la pedagogia operativa e razionale delle famiglie moderne ha lasciato il posto a una pedagogia relazionale ed emozionale della generazione postmoderna. La dimensione esperienziale è stata sostituita dalla dimensione affettiva. - Le Regole Relazionali: i rapporti di potere si trasformano in rapporti di persuasione. La modernità difendeva un modello familiare gerarchizzato nel quale era l'adulto che deteneva il potere, il sapere e la ragione; le famiglie della seconda generazione optano per uno stile egualitario, favoriscono una prossimità tra genitore e figlio. - L'emancipazione del bambino: le famiglie della prima generazione funzionano in maniera complementare e interdipendente, la socializzazione tentava di rispondere alle esigenze collettive, mentre oggi l'espansione personale è la garanzia della qualità sociale dell'individuo. La socializzazione è individualista e valorizza la creatività personale, la relazione emancipatrice. In sintesi, nella generazione attuale, i valori e le rappresentazioni dell’educazione sono capovolti. Le strutture di ordine tra le famiglie si riproducono fra le due generazioni. Il passaggio fra le generazioni sembra dunque prodursi seguendo una dialettica che tiene insieme continuità e rotture → gli individui integrano, talvolta suscitano, i cambiamenti socioculturali, mantenendo però la loro posizione all’interno dello spazio sociale. Emerge come la mobilità sociale sia di fatto condizionata dall’intreccio dei fattori ambientali con ciò che avviene nei primi anni di vita, nell’ECD. Da alcuni studi si evince che essere poveri non è la stessa cosa in tutto il mondo: la salute degli adolescenti che vivono in situazione di estrema vulnerabilità non è il fatto di risiedere in un paese ad alto o basso reddito, bensì il loro ambiente familiare e sociale di vita immediato, cioè quello in cui effettivamente crescono. Però, anche se il luogo di nascita e lo status sociale dei genitori sono determinanti per la costruzione di capitale umano, sociale, culturale ed economico, nascere in una famiglia che abita in un tale quartiere e che ha a disposizione un tale capitale sociale e culturale è un elemento casuale, dovuto alla sorte, piuttosto che all'impegno del singolo. Ma è necessario investire nei bambini e costruire genitorialità positiva e migliori comunità sociali → in questo modo si rovescia il corso della fortuna per molti bambini. Otto cose da tenere a mente sullo sviluppo dei bambini: 1. Anche i neonati e i bambini piccoli sono influenzati negativamente quando stress significativi minacciano i loro ambienti familiari e di cura. 2. lo sviluppo è un processo altamente interattivo e i suoi esiti nella vita non sono determinati esclusivamente dai geni. 3. Mentre gli attaccamenti alle figure genitoriali sono primari, i bambini piccoli possono anche trarre benefici significativi dalle relazioni con altri caregivers responsivi sia all’interno che all’esterno della famiglia. 4 4. Una gran parte dell'architettura del cervello viene modellata durante i primi tre anni dalla nascita, ma la finestra di opportunità per il suo sviluppo non termina con il terzo compleanno di un bambino. 5. La negligenza grave sembra essere una minaccia per la salute e lo sviluppo impattante quanto l'abuso fisico, e forse anche di più. 6. I bambini piccoli che sono stati esposti alle avversità o alla violenza non sviluppano inevitabilmente disturbi legati allo stress né diventano adulti violenti per forza di cose. 7. Con il semplice allontanamento di un bambino da un ambiente dannoso non si annullerà automaticamente l'impatto negativo di quell'esperienza, ma devono essere collocati in ambienti in cui possano trovare il loro senso di sicurezza, controllo e prevedibilità. 8. La resilienza richiede relazioni, non individualismo sfrenato. 5. L'approccio economico al capitale umano Attanasio definisce il “capitale umano” un concetto multidimensionale e complesso, in quanto incrocia almeno le quattro seguenti dimensioni: la dimensione cognitiva, quella socio emotiva, quella linguistica e quella della salute fisica. Dalle ricerche è emerso che la crescita economica del paese dipende dal suo investimento in capitale umano → l’investimento nell'istruzione e nella formazione, influisce sui redditi e sullo status sociale e di salute dell’adulto. [Schultz, Mincer, Becker] Le disuguaglianze maggiori si formano quando i bambini crescono in famiglie talmente povere da impedire ai genitori di prendersi cura di loro, per quanto riguarda sia la salute sia l’educazione→bisogna investire nell’infanzia! Infatti, un investimento precoce in termini di qualità dell’educazione in famiglia nei primi anni di vita e nei servizi educativi 0-3 anni costa meno che qualunque intervento riparativo negli anni successivi: dunque, esistono delle “finestre di opportunità” che vanno colte per massimizzare l'efficacia degli interventi. Oggi “solido contesto familiare, qualità dell'educazione precoce e corretta alimentazione”) sono la base della salute del bimbo. Per fortuna, però, gli ambienti avversi possono essere modellati. Le aree geografiche con minori servizi per l'infanzia sono le stesse che negli anni registrano un maggiore abbandono scolastico dei loro giovani: qualità dei servizi educativi, sostegno alla genitorialità e successivi risultati scolastici dei bambini hanno una correlazione positiva. In ogni società,le iniquità in termini di risorse socio economiche producono iniquità in ECD in esiti adulti. E, al contrario, in ogni società i bambini che vivono nella parte alta dello spettro socioeconomico raggiungono ottimi esiti (Gradient effect). Nell’equazione di Heckman più investimento, più sviluppo, più sostegno = maggiore guadagno. → L'insieme delle esperienze infantili sostengono i processi di apprendimento e l'apprendimento è il motore della crescita economica sociale e individuale. La Montessori sosteneva, «l'educazione infantile è il problema più importante dell’umanità»ed «è necessario preparare i genitori». In merito a come si forma il capitale umano ci sono poche ricerche, che evidenziano fattori specifici, quali ad esempio il background dei genitori, le loro credenze circa i modi in cui si forma il capitale umano, ma anche la qualità del loro investimento sia emotivo sia materiale nei confronti dei figli, il cosiddetto parental engagement. I bambini svantaggiati sono esposti ad ambienti meno stimolanti, a causa delle condizioni materiali sfavorite in cui questi genitori vivono, ma anche alle loro credenze, poiché adottano strategie parentali che si basano su una “crescita naturale”, mentre le famiglie di classe media utilizzano la “coltivazione concertata” → molti genitori “poveri” non ritengono, o non sanno,che i bambini necessitano di stimoli specifici per crescere e credono che si sviluppino naturalmente. L'appartenenza a una classe sociale piuttosto che un’altra sembra dunque influenzare le modalità educative parentali e quindi i diversi destini dei bambini. Il debole nurturing è sì collegato alla povertà infantile, ma non da un nesso lineare di tipo causa-effetto, quanto da una correlazione ecologica. In ogni caso, “ambiente” è l'insieme di almeno tre fattori: - il contesto socio economico, educativo e culturale della famiglia, - gli avvenimenti, tutto ciò che capita nella vita quotidiana dei diversi membri della famiglia, - la sensibilità del soggetto,ossia le sue risorse e capacità cognitivo-emotive. 5 Anche se in educazione si preferisce parlare di crescita del potenziale umano, piuttosto che del capitale, l’approccio al capitale umano ha introdotto una visione interdisciplinare di questioni trasversali a diverse scienze, quali la salute, l'educazione, l’ambiente, l’istruzione, la cultura ecc. e ha contribuito a mettere in risalto l'impatto concreto dell'educazione della crescita individuale ed economico-sociale nel suo complesso, e quindi sulla distribuzione dei redditi e sulla struttura delle classi sociali. 6. Dal capitale umano al capitale culturale, al capitale educativo Chi nasce povero ha ancora oggi più probabilità di rimanere povero. Vi sono molte ricerche in ambito economico che attestano che nascere in un certo ambiente familiare condiziona ancora pesantemente le possibilità di avere accesso a una buona educazione e, in seguito, a una buona istruzione e quindi di ottenere un lavoro. Ad esempio: - nascere nella famiglia “giusta” può fare la differenza: a Firenze le famiglie che durante il Rinascimento erano le più ricche erano ancora nel 2011. [Barone e Mocetti] - Bisogna avere fortuna nella vita: il talento e l’impegno non sono sufficienti. [Frank] - nel nostro paese avere genitori che non hanno studiato è uno degli svantaggi più gravi per uno studente → la scuola non riesce a fare da “ascensore sociale”. [OCSE] - in Italia emerge che l'istruzione universitaria non è considerata come un percorso che aiuti necessariamente a entrare nel mondo del lavoro. Nel percorso scolastico di un ragazzo, avere una madre che ha studiato contribuisce alla riuscita scolastica del figlio molto più di un padre che si è diplomato. - Le persone che da piccole hanno avuto accesso ai libri godono di una migliore posizione lavorativa una volta diventate adulte. Il numero di libri in casa di un bambino può dire molto sul tipo di ambiente nel quale cresce e sull’adulto che diventerà→ una casa piena di libri indica condizioni socio economiche vantaggiose, in quanto incoraggia e stimola le capacità cognitive e socio emotive dei più piccoli, importanti per il successo economico lavorativo della sua vita futura. Il capitale culturale contribuisce alla crescita del capitale umano. [Brunello, Weber, Weiss]. - La lettura forma non solo la possibilità di dominare la lingua, invece che esserne dominati, quanto la possibilità di un uso aperto libero della parola [De Saussure]. Il buon funzionamento di comunità positive e di società funzionanti poggia sullo sviluppo positivo dei singoli individui e in particolare dei bambini, che a sua volta poggia su ambienti familiari caldi e responsivi e relazioni supportanti che garantiscono l'attivazione di circuiti cerebrali robusti, che a loro volta rendono possibile l'emergere delle diverse capacità umane, edificando le basi della salute fisica e mentale e, in ultima analisi, del benessere, anche economico. Si conferma dunque l'antropologia comunitaria che afferma l'interdipendenza tra sviluppo umano singolo e sviluppo sociale, tra salute del corpo singolo e del corpo sociale. L’etimo di “cultura” (dal latino colere, in italiano “coltivare” e anche “aver cura” da cui anche l’italiano “culto”, “aver cura delle divinità”) e di “educazione” (da e-ducere) sono affini perché entrambi rimandano all'idea di coltivare, tirar fuori, mobilitare il potenziale umano, tramite azioni di cura. Il fattore predittivo che predice un pieno sviluppo dei bambini, di un miglioramento delle condizioni socio economiche collettive e quindi dell’equità e della giustizia sociale, è il capitale educativo delle famiglie che è causa ed effetto della qualità educativa esperita dai bambini nell’ECD. →Accesso all’educazione vuol dire quindi educazione familiare positiva, ambiente sociale ricco, servizi educativi per l'infanzia e scuole educative, e soprattutto connessioni fra questi tre elementi. Infatti, famiglie che esercitano “genitorialità positiva” sono famiglie che potenzialmente (non necessariamente) garantiscono “buona” educazione e quindi buone traiettorie scolastiche, positiva integrazione lavorativa, buoni redditi, migliore salute, più alta aspettativa di vita… →mobilitare il potenziale educativo dei genitori è un'azione centrale per ogni società democratica che intenda agire attivamente contro le disuguaglianze! 7. Dieci evidenze e cinque buone notizie Le 10 evidenze sono: 1. l'ECD è la complessa base dello sviluppo umano integrale, che influenza da molteplici punti di vista sia il benessere individuale che quello sociale; 2. alcuni dei principali fattori che permettono la costruzione positiva dell’ECD sono: a. reddito familiare; b. background dei genitori e livello di istruzione; c. parental investement e parental engagement sia materiale che emotivo-relazionale nella relazione con i figli; d. attaccamento sicuro con almeno un caregiver, quindi affetto incondizionato unito a capacità di regolazione; 6 e. qualità degli ambienti educativi frequentati dai bambini; f. qualità delle relazioni fra questi ultimi e le famiglie e qualità educativa e didattica dell'ambiente stesso; g. credenze, attitudini, informazioni a disposizione dei genitori; 3. i bambini in situazione di vantaggio hanno sperimentato questi key factors,i bambini in situazione di svantaggio no; 4. investire nella qualità dell’ECD di ogni bambino è una priorità politica, umana ed etica indiscutibile; 5. l'educazione familiare, che è in relazione all'ambiente ecologico complessivo in cui bambini e famiglia vivono,è il più potente fattore che può agire, liberando il potenziale umano dei bambini, come compensatore di disuguaglianze; 6. i soggetti presenti negli ambienti in cui i bambini crescono, vivono e apprendono hanno un impatto più che significativo sul loro sviluppo, sia nel bene che nel male; 7. la strategia prioritaria per combattere le disuguaglianze sociali e le loro pervasive e molteplici conseguenze individuali e sociali sulla società del nostro tempo,si realizza migliorandola vita quotidiana dei bambini attraverso politiche e pratiche che riguardano soprattutto: la genitorialità, la qualità dei servizi educativi e scolastici, l'attuazione dei diritti dei bambini, gli interventi di contrasto alla povertà infantile; 8. operare in questi campi durante finestre di opportunità offerte da certi periodi, in particolare nella prima infanzia, garantisce a questi interventi di massimizzare la loro efficacia; 9. i bambini non possono scegliere la famiglia in cui nascere, ma la politica può scegliere di costruire migliori condizioni socio economiche per le famiglie in cui nascono i bambini 10. realizzare questa costruzione di politiche e pratiche, in maniera concertata con tutti gli attori sociali e le famiglie stesse, è, come indicato dalla prospettiva bio-ecologica dello sviluppo umano,un potente fattore predittivo di successo.. Le 5 buone notizie sono: 1. la povertà non è un destino; 2. l'intelligenza non è un'eredità; 3. la distinzione nature vs nurture è obsoleta; 4. la riuscita scolastica non è una fortuna; 5. la malattia non è inevitabile. Capitolo 2: Famiglie e genitorialità: evoluzione di una nozione e impatto sulla crescita dei bambini 1. Oggetto,finalità e lessico Un chiarimento lessicale in riferimento alla terminologia presente nella Raccomandazione europea REC (2006)19 sul parenting support può essere utile: - bambino: per riferirsi alle persone tra 0 e 18 anni d'età. - genitore: persone che esercitano la responsabilità nei confronti del bambino, genitore biologico o a un altro tipo di genitore o di caregiver. - famiglia: gruppo significativo con cui si è vissuta una duratura esperienza di intimità, contrassegnata da una logica relazionale di cura e dono e da legami affettivi solidi, duraturi e basati sulla responsabilità nei confronti gli uni degli altri, ma tale gruppo può essere definito dalla fratellanza, dal matrimonio, dall’adozione o da una scelta. - genitorialità: tutte le funzioni che i genitori assolvono per accudire e prendersi cura dei propri figli → tale concetto è stato a lungo dibattuto. Per Lacharité il termine genitorialità è un neologismo, coniato nei contesti occidentali quando i genitori sono divenuti oggetto di politiche pubbliche, quindi soltanto fra gli anni Cinquanta e Sessanta. Dunque, quando si parla di genitorialità, si intende una nozione che prende forma all'interno di uno spazio sociale. 2. Il parenting: evoluzione di una nozione Si è rivelato il notevole potere della genitorialità positiva e dell'ambiente sullo sviluppo dei bambini, in particolare nei primi tre anni di vita→la genitorialità rappresenta una delle influenze ambientali più potenti sia sul benessere che sugli esiti futuri. Ciò è particolarmente vero nei primi tre anni di vita, quando i bambini sono più sensibili agli effetti positivi e negativi delle relazioni ambientali. Come abbiamo visto, durante questo periodo si verifica un grande sviluppo cerebrale, in quanto il cervello si adatta alle esigenze della vita reale del bambino. Siamo gli unici mammiferi in cui le cure genitoriali si protraggono per così tanto tempo. Nella nostra specie, l'infanzia è finalizzata all’apprendimento. è sbagliato considerare la genitorialità come un mestiere, è piuttosto l’essere dei giardinieri, che coltivano la relazione: essere un buon genitore non significa trasformare automaticamente i figli in adulti intelligenti, felici e di successo, ma è avere fiducia nella capacità dei bambini di risolvere le cose da soli, essere attento e presente quando serve, accettare il disordine e contribuire a creare una nuova generazione. 7 Con il termine parenting si indica una nozione complessa che riguarda la specialissima relazione tra genitori e figli, in cui si costruisce l’umano. Il parenting e lo sviluppo dei figli non possono essere lineari, come la metafora del giardino illustra la teoria bioecologica dello sviluppo umano. Per Lacharité la genitorialità non è un mestiere, ma implica l’esercizio pragmatico di almeno tre funzioni: 1. riflessiva 2. di relais (il parenting esige comunità, nessun genitore ce la fa da solo); 3. di orchestrazione della vita del bambino e della famiglia. trasversale a tutte è quella di protezione → capacità di amare e proteggere e soddisfare i loro bisogni. Le determinanti della genitorialità Il modello di Belsky è il più accreditato, si riferisce alla teoria bioecologica dello sviluppo umano di Bronfenbrenner e sostiene che la genitorialità sia la risultante di un vasto insieme di fattori, raggruppabili in tre macrocategorie. 1. caratteristiche personali del genitore (biografia, personalità, modelli parentali, salute mentale, risorse, alleanza parentale…) 2. caratteristiche personali del bimbo (disposizioni fisiche, psicologiche e bisogni) 3. caratteristiche sociali e contestuali → tutto ciò forma l’ambiente ecologico nel quale il bimbo cresce e può garantire sostegno o meno. Houzel e Sellenet propongono un approccio ancora più pragmatico ritenendo che la genitorialità sia la risultante dei tre macro fattori appena citati, messi però in rapporto a come essi influenzano l’esperienza del bambino e del genitore, il modo in cui il genitore esercita la sua responsabilità nei confronti del figlio e le diverse pratiche genitoriali. Poché ritiene che il parenting sia definito da reciprocità esistenziale (diversa dalla reciprocità statutaria che identifica il rapporto simmetrico della coppia genitoriale) che si completa nel senso di appartenenza. La teoria bioecologica delinea che la genitorialità è un concetto multideterminato e multidimensionale, nel senso che esige, e permette allo stesso tempo,di considerare la genitorialità in maniera aperta, contestuale e dinamica. I cambiamenti nelle forme e nelle strutture familiari Oggi esistono accessi alternativi alla genitorialità: la famiglia tradizionale nucleare, centrata su una coppiaeterosessuale con dei figli, sembra infatti essere già una minoranza in alcuni paesi occidentali → sono cambiate le strutture sociali e relazionali a cui noi adulti siamo abituati. Le trasformazioni maggiori delle strutture familiari riguardano: - la rarefazione dei bambini e quindi il cosiddetto inverno demografico; - l’allungamento della vita media che ha creato la quarta età e una sempre più lenta transizione dall’alcova al nido - il cambiamento delle età della vita per cui si è bambini per poco, si resta giovani per molto, vecchi per poco, vecchissimi a lungo. - oggi i bambini hanno a disposizione la propria madre, quella della madre e quella del padre → overparenting e fragilizzazione dei bimbi Le trasformazioni maggiori delle morfologie familiari riguardano: - la pluralizzazione delle forme familiari: ad esempio l’aumento dei single e delle famiglie monogenitoriali, di figli nati fuori dal matrimonio, l'aumento di famiglie con modalità di coabitazione plurali, di famiglie ricomposte, separate o comunque con inedite configurazioni di parentela al proprio interno, di single o coppie chi/dless o childfree - Diminuiscono i bambini, le coppie coniugate e più ancora quelle coniugate con figli → Queste e altre trasformazioni sono alla radice di quattro elementi di vulnerabilità del legame genitoriale: 1. legame rischiadifarsi fusionale e totalizzante, 2. sparizione del rito: la crescita del bambino non si inserisce più in una temporalità scandita da riti di passaggio socialmente sottolineati e la crescita diventa un’esperienza privatistica 3. esplosione delle tecnologie, che comporta l’inversione tra identità narrativa e identità digitale 4. delocalizzazione del legame: la famiglia è tutta insieme, ma in realtà non c’è nessuno, perché ognuno è in collegamento con un altro luogo, presente in altre relazioni tramite gli smartphone Oggi vi è molta incertezza, anche economica, che genera l'inverno demografico. 3. Le ricerche sull'impatto delle diverse forme di genitorialità sullo sviluppo dei bambini Quale relazione esiste tra struttura (i rapporti fra le stirpi, i generi le generazioni), morfologia (la tipologia di famiglia e la forma del legame che definisce in quanto tale) e funzione (processi educativi genitoriali) rispetto al tema della crescita dei bambini? Rispetto alla genitorialità omosessuale la maggior parte degli studi indaga se esistano differenze fra genitori omosessuali maschi e femminee differenzesullo sviluppo dei bambinisul lungo termine. Lo studio di Gartrell e Bos dimostra che gli adolescenti nati e 8 cresciuti in famiglie con madri lesbiche raggiungano un adattamentopsicologico noninferiore a quello dei coetaneicresciuti in famiglie con genitori di sesso diverso. I processi, ossia la qualità delle relazioni intrattenute all'interno della famiglia e con l’ambiente sociale più ampio, sono più influenti rispetto alla struttura familiare e specificamente rispetto al numero, genere, orientamento sessuale, o parentela biologica dei genitori o al metodo del concepimento. Non vi sono prove per ritenere le persone omosessuali genitori inadeguati, dato che non emergono compromissioni nello sviluppo dei loro figli. In Italia vi sono poche ricerche e su campioni numericamente limitati, ad esempio lo studio di Baiocco, che indaga le somiglianze tra nuclei familiari composti da persone gay e lesbiche e da persone eterosessuali, rispetto al funzionamento familiare, le competenze genitoriali e un positivo adattamento psicologico dei bambini. I dati raccolti rilevano maggiori analogie rispetto alle differenze tra genitori omosessuali ed eterosessuali in relazione alla percezione del funzionamento diadico e familiare, ma non portano alcuna evidenza rispetto all’adattamento psicologico dei bambini. Anche in Italia, dunque, non vi sono motivi per affermare che le persone gay e lesbiche siano genitori meno adeguatia causa del loro orientamento sessuale, né risultano motivi per ritenere che l'orientamento sessuale costituisca un fattore in base al quale orientare l’affidamento o l’adozione dei bambini. Infatti, non è il tipo di relazione di parentela fra il bambino e le diverse figure genitoriali a incidere sulle difficoltà dei bambini, quanto il fatto che le diverse figure genitoriali siano realmente disponibili o meno per il bambino. Le ricerche che argomentano sull'importanza dei processi più che delle strutture sulla crescita dei bambini sono confermate, ecco alcuni esempi: - alcune variabili (ad esempio il livello di istruzione materno) hanno maggiore impatto sulla salute dei figli quando sono associate ad alti livelli di differential negativity. - correlazione fra il benessere soggettivo dei genitori, e della madre in particolare, e la soddisfazione dei figli rispetto alla vita in generale. - la disciplina fisica, le aggressioni psicologiche e il cosiddetto parenting punitivo come tre fattori altamente responsabili di disadattamento. Vi sono effetti gravi, evidenti e duraturi sullo sviluppo dei bambini delle diverse forme di negligenza, abuso e maltrattamento e al contrario effetti positivi di un attaccamento sicuro su varie dimensioni relative allo sviluppo dei bambini. Un accumulo di fattori di rischio impedisce lo sviluppo del potenziale umano dei bambini, con un alto impatto umano nonché economico sulla società. Per Bastianoni la genitorialità stessa è una condizione/informazione fondamentale della persona umana che è indipendente da altre funzioni e funzionamenti (coniugalità, psicopatologie specifiche, adattamenti/disadattamenti lavorativi ecc.), interagendo in maniera estremamente attiva con le altre funzioni dell’individuo per realizzare complessivamente il suo benessere, la sua integrità e il suo funzionamento psichico. 4. Poche risposte, molte domande aperte Ci sono molti studi empirici, ma c'è ancora molto che non sappiamo, poiché i problemi indagati sono davvero complessi e spinosi. Che cosa ancora non sappiamo Limiti sono innanzitutto di ordine metodologico e la gran parte degli studi: - si basa su campioni con numeri ridotti; - è realizzata nel contesto culturale anglosassone, nord-europeo e nordamericano - non si avvale di metodologie longitudinali, ma prevalentemente retrospettive - costruisce dati tramite ricerche che usano l’approccio cosiddetto evidence based e, invece, dovrebbe includere modelli complessi e multifattoriali - correla e integra solo parzialmente il punto di vista dell’evidenza a quello dell'esperienza dei soggetti di indagine. altri limiti sono di ordine contenutistico: - il tema dello stigma sociale, che è poco studiato - se le ricerche sopra riportate inducono a ritenere che l'impatto della genitorialità sia noto, i meccanismi che lo generano sembrano invece noti solo in parte. - la maggior parte delle ricerche recensite sulle diverse morfologie familiari analizza l'impatto delle diverse genitorialità su variabili che riguardano sì lo sviluppo, ma che sono in realtà molto diverse tra loro. 9 - il problema sottostante è quello di identificare in modo chiaro la domanda di ricerca che però è davvero molto ampia (“che cosa vuol dire crescere bene?”) per scomporla in domande più semplici e facili da affrontare. - la nozione dei bisogni di sviluppo del bambino, non risulta essere al centro della maggior parte delle ricerche citate. Che cosa sappiamo Oggi è tutta un’ecologia, e non una singola variabile, a influire sullo sviluppo dei bambini che lo sviluppo umano complesso e intrecciato alla cultura in cui esso si costruisce in un rapporto di circolarità piuttosto che di linearità. Ci sono una serie di conseguenze concatenate fra loro: - lo sviluppo umano ha un funzionamento misto e il “buono sviluppo” sembra essere la risultante in minima parte di fattori genetici, in parte maggiore di fattori ambientali e in gran parte di fattori familiari e soprattutto di intrecci sempre imprevisti fra questi tre insieme di fattori → evitare i ragionamenti lineari e deterministici - la genitorialità non può essere isolata dal contesto in cui si sviluppa ed è esercitata - una forma familiare non può essere garante per definizione della qualità dello sviluppo dei bambini perché l'intreccio con le condizioni storiche e culturali produce una complessità che non è riducibile a risposte univoche - la funzione genitoriale non è una capacità innata - la funzione genitoriale è indipendente da alcune specifiche caratteristiche identitarie e/o psicologiche del soggetto (ad esempio quelle legate alla sessualità), ma è integrata a tutto il complesso di sistemi in cui la persona vive - funzione genitoriale autonoma dalle variabili biologiche - il sostegno educativo ai genitori, l'integrazione sociale, le relazioni di mesosistema quali la relazione fra genitori e insegnanti, sono «la creazione di un sistema messo pedagogico equo, inclusivo e trasparente a costituire un vero trampolino di lancio per lo sviluppo dei bambini» - concezione per nulla fatalistica e invece responsabilizzante per cui, se la genitorialità non è una caratteristica innata degli individui, è tutta la società a doversi interrogare su come promuoverla positivamente attraverso azioni collettive; - esistono differenti modi di essere genitori “sufficientemente buoni” e i comportamenti delle madri e dei padri per i loro figli possono essere meglio compresi se vengono collocati nella cornice di significati del contesto storico-socio-culturale in cui si sono prodotti e si trasmettono - la genitorialità è associata alle azioni pubbliche e ai dispositivi istituzionali che in un certo senso la modellano→il sostegno alla genitorialità incide positivamente sullo sviluppo dei bambini. - maltrattamento e negligenza si verificano nei nuclei familiari indipendentemente dall’orientamento sessuale dei genitori e dalla configurazione familiare e hanno effetti seri e duraturi sullo sviluppo dei bambini - non sappiamo quale genitore e come di per sé è “buono” rispetto allo sviluppo dei bambini, ma sappiamo che potenzialmente ogni genitore lo può diventare perché la genitorialità può essere appresa. 5. Direzioni per la pratica,la ricerca e la politica Abbiamo ancora molto da imparare sulle relazioni familiari e sociali entro cui crescono i bambini, sulle pratiche di esercizio del parenting e sui loro effetti. Inoltre, va ricordato che i molti e recenti studi sulla resilienza si conferma che i bambini che hanno subito traumi importanti all’interno della dimensione familiare (es. una relazione di attaccamento debole o insufficiente, un divorzio traumatico dei genitori, la perdita di un genitore, l’esposizione prolungata al conflitto familiare, violenze e abusi di varia intensità e varia natura) possono riprendere il percorso della crescita, a patto di poter disporre dei fattori predittivi dello sviluppo, quali contesti familiari caldi e “strutturanti”, nuove figure di attaccamento, esperienze scolastiche educative, reti di supporto che “avvolgono”i genitori ecc. → Oggi è necessario avviare una serie di campagne informative sul parenting, costruire le condizioni di esercizio di una genitorialità positiva, mettere in atto interventi strutturali di empowerment del ruolo parentale e di conseguenza sostegno di un'idea comunitaria e positiva di educazione come pilastro e compito della società nel suo insieme. Capitolo 3 - L'educazione familiare, una disciplina sulla soglia 1. Questioni, ragioni e rischi La generazione più anziana ha accudito e protetto la più giovane insegnando pratiche essenziali alla sopravvivenza che si ritrovano in tutte le culture, in tutte le epoche storiche e non solo nella specie umana. Fin dall'antica Grecia I filosofi hanno riflettuto sull'educazione familiare intesa come missione di preparare i cittadini a reggere il sistema politico. più tardi altre figure ( Medici, sacerdoti, educatori ed insegnanti) hanno dato altri consigli rivolti soprattutto alle madri → la genitorialità è un argomento discusso nel dibattito sociale. Un buon inizio è ciò che consente ai bambini di crescere in modo ottimale e di affrontare gli eventi e le sfide future. Come si può garantire a ogni bambino un buon inizio? 10 Il compito di educare i figli è sempre più difficile e incerto rispetto ad altri tempi, soprattutto a causa della complessità e delle trasformazioni che caratterizzano l'attuale contesto sociale ed economico. perciò “ educare bene” resta complesso perché è una questione di tipo storico culturale che si fonda su rappresentazioni, conoscenze e su ideologie in vigore in una società → Il buon trattamento è un prodotto complesso della cultura. La ricerca sull'impatto dell'educazione familiare sul benessere dei bambini è ancora agli albori → poche evidenze sugli effetti positivi o negativi sullo sviluppo della persona di determinate pratiche educative dei genitori. Dalla ricerca longitudinale emerge che famiglie diverse, che vivono in contesti diversi, con logiche di funzionamento e stili educativi diversi possono condurre a esiti positivi = l'identità di un bambino si costruisce a partire dalle risorse che soddisfano i suoi bisogni ma anche di quelli che non li soddisfano o li soddisfano con modalità impreviste. Tuttavia, dalla ricerca emerge l'impatto che la famiglia esercita sullo sviluppo e l'adattamento scolastico del bambino: le cinque variabili familiari all'età di 5-7 anni possono impedire all'incirca al 70% dei casi il futuro livello scolastico. Perciò il capitale educativo, culturale e sociale della famiglia di provenienza influisce sul futuro capitale cognitivo ed economico dei figli → l’ECD è così determinante che neanche dieci anni successivi di scuola riescono a modificare il dislivello. Si può affermare che la cellula familiare è “portatrice di tutti gli avvenire” e l'impatto delle pratiche educative, assieme alle risorse familiari, può essere determinante per la crescita del soggetto ma anche liberante. Le pratiche educative se automatiche e incoscienti possono generare ripetitività e in mobilità sociale punto e virgola se sono esplicitate e aperte a una razionalità riflessiva possono divenire agente fondamentale per la liberazione della persona. la famiglia È un luogo paradossale dove il parenting può favorire la dinamica della riproduzione sociale ma anche incoraggiare la trasformazione e l'assunzione libera del proprio progetto di vita da parte dei figli, garantendo una buona crescita. L'educazione familiare ha un ruolo fondamentale nello sviluppo umano, perciò aiutare e sostenere i genitori nei compiti educativi è la via principale per facilitare lo sviluppo affettivo, cognitivo e sociale dei bambini e prevenire le problematiche. L'educazione non è solo un'azione diretta con e per i bambini, ma è anche spazio di co-educazione tra genitori e professionisti impegnati nell'educazione dei bimbi. Tale co--educazione consiste nell'accompagnare i genitori e costruire le condizioni affinché loro possano svolgere il “ruolo preminente” e contribuire in maniera positiva alla crescita dei loro figli. Perciò si devono creare nuovi territori di esperienza e comunità “bentrattanti” che generino le condizioni necessarie affinché i genitori possano esercitare al meglio il loro ruolo → non vanno creati i genitori perfetti di bambini perfetti Ma Nichi ecologiche per favorire lo sviluppo dei bambini attraverso la corresponsabilità. Bisogna fare posto ai genitori nella società costruendo luoghi diffusi ed incontri e dialogo affinché possano affiancare i bambini nella crescita. Per fare ciò, bisogna consolidare una cultura dell'educazione per parlare di essa come una priorità e come dovere etico e civico irrinunciabile a cui anche i genitori possono beneficiare positivamente per diversi motivi: - Perché educare è un compito complesso e i valori fondanti sono in controtendenza. Educare è diventato sempre più difficile ma sembra che non siamo più capaci di farlo anche se è necessario e ineludibile - Educare è un compito intrinsecamente relazionale che esige partecipazione e comunità → non si è educata da soli. Freire affermava che i bambini vivono in nicchie ecologiche che si costruiscono grazie alle relazioni. - La trasmissione intergenerazionale si è indebolita - La via più diretta per investire sull'infanzia è coinvolgere i genitori nei contesti e nei processi educativi in cui sono coinvolti i figli = creare le condizioni affinché i genitori abbiano il loro posto, favorendo un approccio partecipativo e permettendo ai genitori di assumere il loro ruolo con consapevolezza e competenza. È utile creare luoghi e tempi di parola, di confronto e riflessione in cui gli adulti possono scambiarsi esperienze e preoccupazioni → l'educazione familiare esce dalla famiglia e assume una connotazione ampia e aperta. Questo approccio di sostegno e co-educazione permette di evitare quattro possibili rischi: 1. Rischio di una deriva funzionalista → Il fatto di avere a disposizione diverse ricerche può far dimenticare che la finalità primaria è la buona crescita e lo sviluppo ottimale del potenziale umano. 2. rischio di una deriva determinista → Tutti siamo pronti a imputare le diverse forme di malessere individuale e sociale alle carenze educative da parte della famiglia e dei genitori. Molte ricerche cercano di individuare cause familiari e parentali da attribuire ad effetti sulla crescita dei bambini, Il rischio è quello di collegare in maniera semplicistica la causa all'effetto per leggere situazioni che, invece, sono multifattoriali e solo in parte prevedibili. 3. rischio di una deriva iperprotettivista → Investire sulla genitorialità può generare un super investimento dei genitori sui figli (overparenting) che non permette ai figli di costruire la propria identità attraverso esperienze di esplorazione del mondo esterno. molti genitori vengono definiti elicottero o avvocato Poiché hanno un atteggiamento Iper vigilante iperprotettivo. Questo dipende dall'idea che “ tutto dipende dall'infanzia” che genera pressione psicologica e porta all'ipercura e iperprotezione → considerate all'opposto della negligenza, ovvero come forme di maltrattamento 4. rischio di una deriva colpevolizzante → Bisogna educare i genitori perché sono sbagliati dunque tentare di risolvere l'emergenza educativa = si strumentalizza l'accompagnamento alla genitorialità in una visione negativa e pessimistica dei genitori chiedendo loro un cambiamento che dovrebbe essere rivolto all'intera società. 11 2. Cenni storici e punti di riferimento In pedagogia i grandi classici hanno evidenziato che non si può considerare l'educazione dei bambini senza considerare quella dei genitori. Pestalozzi in Geltrude istruisce i suoi figli dimostra che la relazione genitoriale segnalo lo sviluppo del bambino; Geltrude sapeva nutrire per i suoi figli un amore che pensa ovvero vi era l'idea dell'intenzionalità e della riflessività nell'agire educativo del genitore. Anche nell'emilio di Rousseau la dedica è a una madre che sa pensare; Maria Montessori, invece, afferma che il potenziale dell'infanzia viene schiacciato dell'educazione autoritaria → È una forma di dominazione già dei primi anni in famiglia, mentre il potenziale viene valorizzato e portato a compimento in ottica di liberazione ed emancipazione, ovvero l'educazione è basata sull'ascolto, sull'osservazione e sul rispetto dell'Autonomia dei tempi di sviluppo. Nel 1907 Maria Montessori apriva la prima Casa dei bambini nel quartiere delle madri lavandaie. Nel 1959 la fondazione del “Giornale dei genitori” di Ada Marchesini Gobetti la cui redazione passa poi a Gianni Rodari. L'educazione familiare è diventata disciplina solo da quarant’anni circa, le ricerche si sono moltiplicate negli Stati Uniti a partire anche dagli studi sul maltrattamento e sull'abuso all'infanzia. In Italia una scienza teoretica-empirica che si occupi della famiglia è ancora piuttosto embrionale malgrado la grande domanda sociale, per questo motivo in molti paesi occidentali si sta diffondendo la dizione di educazione familiare al posto di pedagogia della famiglia. 3. Il focus e il territorio epistemologico L'educazione familiare intesa come disciplina che Orienta il suo sguardo nei confronti dei processi educativi interni ed esterni alla famiglia ha come obiettivo la garanzia di un buon inizio per i bambini attraverso forme plurali di accompagnamento alla genitorialità → l'oggetto dell'educazione familiare è studiare come raggiungere questo obiettivo.Dalle ricerche emerge che nulla è già scritto e tutto può andare per il meglio per il peggio, Inoltre Si sottolinea l'importanza dell'educazione familiare e degli ambienti sociali nel disegnare la traiettoria biografica dei bambini. Perciò si tratta di “ riuscire la crescita” individuando le modalità nelle quali i governi lo Stato e la società possono lavorare assieme alle famiglie per offrire equità di accesso ad ambienti significativi. During ha formulato una definizione dell'educazione familiare: “azione di educare uno o più bambini realizzata nei gruppi familiari da adulti che sono i genitori dei bambini in questione, ma anche come l'insieme degli interventi sociali realizzati per preparare, sostenere, aiutare, addirittura sostituì i genitori nei loro compiti educativi verso i figli. [...] Tra gli interventi sociali si distingueranno: l'educazione o formazione genitoriale, gli interventi socio educativi verso i genitori, e la supplenza familiare.” → a supporto vi sono altre discipline come la psicologia, sociologia, storia, diritto e antropologia. Il fine è quello di liberare il potenziale di tutti i bambini tramite azioni di accompagnamento della genitorialità per superare l'immobilismo sociale attraverso la costruzione di nuove politiche in grado di supportare pratiche inclusive democratiche per la crescita dei bambini. Perciò, l'educazione familiare è una disciplina che studia il gruppo familiare dal punto di vista dei processi educativi integrando le altre discipline. Dalle ricerche si sottolinea che la famiglia è organica al contesto sociale in cui si forma e si evolve, dunque per studiarla, si devono studiare anche gli interventi socio-educativi che vedono la famiglia e la comunità come soggetto. Questa disciplina ha un approccio prassico e interdisciplinare perché il suo ambito di intervento non è solo educativo, ma incrocia numerosi settori = diversi sguardi e approcci, ma anche professionisti perché l'educazione dei bambini è “affare di tutti” → esige l'apporto di tutti e la co-educazione. È importante costruire servizi educativi per la prima infanzia che siano di qualità affinché vi siano azioni contro la dispersione scolastica e in tutela della salute mentale dei bambini e dei giovani. L'educazione familiare è una disciplina interdisciplinare perché l'oggetto di studio è complesso e aperto, perciò esige saperi diversi per comprendere i fenomeni da affrontare e per strutturare interventi adeguati. Il suo focus sta nel constatare che esiste un circolo del vantaggio sociale per riuscire nella crescita, in quanto la Costituzione richiede di “rimuovere gli ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana” (art.3) → uno degli ostacoli più grandi è il non poter godere di relazioni familiari favorevoli = necessarie intervenire nei diversi contesti. La Costituzione non può agire da sola, servono il popolo e la passione → è necessario un basilare senso di solidarietà. Perciò, l'educazione diventa leva per formare i cittadini e lottare contro le disuguaglianze = diviene presidio culturale, tecnico e metodologico della democrazia. Per rendere effettiva questa forma di governo bisogna focalizzarsi sul modo in cui sono educati i bambini prima in famiglia, poi nei servizi educativi e a scuola per attivare processi positivi e dinamiche di inclusione sociale → serie di interrelazioni. Secondo Heckman è necessario investire nell'infanzia, ovvero nella qualità educativa dei servizi e 12 nel parenting. L'educazione familiare, infatti, cerca di promuovere questa qualità; Si occupa dell'accompagnamento dei genitori rispetto alla loro responsabilità educativa Perciò gli investimenti e gli interventi verteranno sul Come effettuare l'investimento e dove, ossia le azioni da svolgere in quali contesti. Nel IV Piano nazionale di azione e di interventi per la tutela dei diritti e lo sviluppo dei soggetti in età evolutiva si afferma la necessità di creare un continuum basato sui bisogni di sviluppo dei bambini. Le aree di intervento si basano sulle “ tre P” dell'educazione familiare, che si basano sull'idea che vada fatto ogni sforzo in ogni contesto per generare benessere. Esse possono essere definite così: 1. garantire un buon inizio → area degli interventi di promozione 2. garantire un'identificazione precoce degli ostacoli allo sviluppo → area della prevenzione 3. garantire un possibile recupero nelle situazioni di criticità accertata → area della protezione Questi concetti nascono dal lavoro dell’Institute of Medicine (IOM) che ha costruito un framework che classifica tre forme di prevenzione della malattia e del disagio: la prevenzione universale, la prevenzione selettiva e la prevenzione indicata → aree antecedenti al trattamento che aiutano a capire che gli interventi educativi non hanno natura clinica ma possono essere complementari. 4. Gli oggetti, le domande e le aree di intervento Gli ambiti di ricerca e intervento nel contesto socio educativo comprendono diversi livelli dell'ambiente ecologico in cui crescono i bambini: - livello “micro” delle azioni e relazioni educative in famiglia, nei servizi educativi dell'area 0-3 anni e nella scuola → il soggetto sono i bambini ed è il livello dei fattori individuali perché comprende variabili biologiche - livello “meso” delle azioni e dei processi educativi verso le famiglie e tra famiglie e servizi (es.: relazioni tra genitori e insegnanti ed educatori) → Il soggetto sono le famiglie e i genitori nelle relazioni con i diversi contesti sociali, è il livello relazionale - livello “eso” delle azioni indirette rivolte agli adulti che sono genitori nei diversi contesti di vita e lavoro, che possono impattare sulla vita genitoriale → il soggetto è la comunità e il modo in cui organizzi i servizi, è il livello della comunità - livello “macro” delle azioni culturali, politiche e sociali che impattano sull'esercizio della genitorialità → il soggetto è la società e il modo in cui organizza le politiche, è il livello della società Questi livelli includono due tipologie di oggetti: la ricerca fondamentale nell'educazione familiare (scopo conoscitivo e di aumento della conoscenza), gli oggetti che possono essere indagati tramite ricerche empiriche (necessità di intreccio fra Ricerca, azione e formazione) → distinzione obsoleta fra i due oggetti. Gli oggetti che si collocano nella ricerca conoscitiva sono: - la nozione di genitorialità in rapporto all'educazione dei figli - la nozione di competenza parentale: concetto plurisfaccettato e ampio, considerabile da più punti di vista e spesso intrecciato al tema della valutazione della competenza genitoriale - legami tra valori, modelli, stili e atteggiamenti genitoriali, ecc. - relazione tra credenze, stili educativi genitoriali e sviluppo dei bambini - nozioni di genitorialità e pratiche educative parentali nelle diverse culture, configurazione familiari e le condizioni ambientali e il loro impatto sui processi educativi - l'assunzione dei ruoli materni e paterni anche nelle diverse culture e configurazioni familiari - fenomeni del “bentrattamento”, negligenza maltrattamento e abuso all'infanzia considerando il loro impatto nello sviluppo e nella crescita - diverse forme di genitorialità - omogenitorialità → situazioni in cui i bambini hanno come caregivers due persone dello stesso sesso - genitorialità sociale → forme di affido familiare, cura di bambini che vivono in comunità residenziali e adottive - monogenitorialità → genitore che cresce i figli senza un partner - genitorialità precoce → adolescenti che diventano genitori e genitorialità tardiva - genitorialità nelle situazioni di separazione e/o divorzio → problematiche di mediazione familiare - modalità di assunzione genitoriale nei contesti di immigrazione - genitorialità nei contesti di violenza coniugale genitorialità con bisogni particolari dei figli - genitorialità vulnerabile in cui i bambini sono esposti a forme di maltrattamento, abuso o negligenza (situazioni avverse allo sviluppo) - genitorialità vulnerabile in situazioni di esclusione sociale 13 Queste nozioni dimostrano che la ricerca in educazione familiare è ricca e vi è molto lavoro da affrontare → dimostra la trasformazione sociale della famiglia. Gli oggetti delle ricerche empiriche, invece, fanno riferimento alle modalità di intervento e accompagnamento alla genitorialità → si ricercano diverse forme di intervento, la loro implementazione e sperimentazione, ma anche si valutano i processi e gli esiti di questi modelli. In questa categoria rientra anche l'analisi delle politiche sociali e del loro impatto sulle attività educative. Vi Vi sono altri due oggetti di ricerca: 1. contenuti, contesti, metodologie dell'accompagnamento alla funzione genitoriale nei diversi contesti tramite diverse metodologie 2. studio dei processi di formazione dei professionisti affinché abbiano competenze educative, psicologiche e sociali e che siano in grado di operare nei diversi contesti, che sono: a. educativo: servizi per l'infanzia e le famiglie, come il nido centri di gioco centri mamma- bambino, ludoteche → vasta ricerca nella fascia 0-3 anni, ad esempio le esperienze educativa Reggio Children) b. scolastico: itinerari di formazione per insegnanti delle scuole e per gli educatori, al fine di apprendere a costruire rapporti di partenariato e corresponsabilità con i genitori (In base alle linee guida Partecipazione dei genitori e corresponsabilità educativa) c. sociale: interventi di formazione dei diversi professionisti coinvolti nei percorsi di accompagnamento alla genitorialità vulnerabile d. sanitario e socio sanitario: formazione di pediatri, ostetriche e assistenti sanitari (corsi di formazione al parto alla nascita sostegno nel e interventi sanitari di diversa natura con neonati e neo-genitori) e. giuridico: professionisti che si trovano a lavorare con i genitori f. politiche della povertà: progettazione di percorsi di uscita dalla povertà basati sulle risorse della famiglia stessa e delle comunità. 5. Sostenere la genitorialità? Che cosa accade in Europa e in Italia Si ricorre spesso all'espressione parenting support nei diversi documenti; in parallelo all'aumento di conoscenze e consapevolezza sull’ECD, cresceva anche la consapevolezza sull'importanza di affiancare i genitori nell'educazione dei figli. Il parenting support racchiude un insieme di forme di accompagnamento che include molteplici aree ed è nell'agenda politica di diversi stati membri del Consiglio Europeo. Nel Regno Unito, in una relazione commissionata dal governo, il parenting support è al centro di politiche che promuovono il benessere per i bambini e colloca la genitorialità come fattore chiave proponendo miglioramenti di questo aspetto (alcune proposte riguardano la possibilità di creare integrazione tra i servizi e lo sviluppo di indicatori che misurano l'efficacia delle politiche). In Francia questa pratica è stata un'area vibrante delle politiche sociali, tanto che il segretario di stato Ha creato un comitato nazionale per la gestione dei servizi e degli enti operanti (esempio di enti: REAAP, centre local d’accompagnement à la scolaritè, point info famille, centri per le famiglie). L'Europa nel 2006 ha emesso una raccomandazione che incoraggia a riconoscere l'importanza delle responsabilità genitoriali e la necessità di fornire sostegno appropriato ai genitori lanciando l'espressione genitorialità positiva. nelle raccomandazioni il parenting support viene visto come un vasto insieme di interventi che hanno in comune il focus sulla genitorialità in ottica di prevenzione primaria e universalistica, e riguarda i genitori in situazione di normalità (pull approach) e in ottica mirata (push approach, genitori che si trovano ad affrontare i bisogni specifici). La politica europea considera il parenting support e la parent education un investimento sociale che governi devono prendere in seria considerazione → strategia Europa 2020: Entro il 2020 gli stati devono utilizzare questa strategia per sostenere l'istruzione, la lotta alla povertà e l'esclusione sociale, utilizzando il parenting support e l'attivo coinvolgimento dei bambini per dare loro “ a good start in life”. La raccomandazione e la strategia Europa 2020 sono importanti per: 1. inquadrare il tema del parenting come strategia di intervento pubblico 2. unire il rispetto dei diritti dei bambini con il rispetto dei diritti dei genitori → offrire un sostegno in modo libero e volontario. in particolare il diritto all'ascolto, alla partecipazione, alla cura, alla stabilità, eccetera. Lo Stato e il sistema pubblico intervengono per sostenere la genitorialità e, soprattutto, rafforzare la capacità di rispettare i diritti dei bambini 3. Riconoscere le tre tipologie di parenting support a. informale: creazione e rinforzo dei legami sociali b. semiformale: azioni di associazioni, cooperative per promuovere gruppi di auto- mutuo-aiuto e altri servizi c. formale: azioni che implicano l'accesso ai servizi pubblici 4. sottolineare l'importanza dell’ early support e dell’ early years education and care Una definizione di parenting support: “Il sostegno parentale è principalmente focalizzato sul provvedere informazioni, attività educative, competenze per supportare i genitori, sotto forma di interventi sociali, socio sanitari e sanitari rivolti ai genitori e bambini 14 piccoli, sul tema del sostegno educativo allo sviluppo del bambino. Mentre il parenting support è un campo più ampio dei cosiddetti “programmi di parenting support”, questi ultimi svolgono un ruolo importante rappresentano una delle modalità principali in cui il parenting support si declina all'interno e tra i diversi paesi del mondo oggi.” (Daly et al. 2015) Le diverse forme di intervento aiutano i genitori a migliorare l'autostima, le capacità di integrazione professionale, rinforzare il benessere dei bambini e il loro sviluppo, perciò la loro qualità di vita. Emerge la differenza fra parenting support e family support. Quest'ultimo si concentra sul contesto familiare e guarda all'insieme della famiglia intesa come unità sociale e mira sopportare le relazioni e le reti sociali → migliorare il funzionamento della famiglia nel suo insieme. Il parenting support, invece, si focalizza a migliorare le pratiche educative e genitoriali e il parent engagement. Il Family support si realizza in due modalità: 1. erogazione di servizi dell'area sociale, della salute fisica e psicologica 2. trasferimenti monetari alle famiglie → Possono impattare sul miglioramento delle capacità genitoriali e dello sviluppo del bambino. Una criticità è che non riescono a coinvolgere i padri o altri membri della famiglia (rischio di rafforzare indirettamente la suddivisione dei ruoli domestici) Le politiche in quest'area combinano obiettivi riferiti sia a bambini, che i genitori che alle famiglie nel loro insieme E possono collocarsi nell'area degli interventi universali, selettivi e mirati → spesso molti interventi sono focalizzati sulla prevenzione della negligenza dei genitori (key recommendation delle politiche europee). In Italia il parenting support si è imposto in maniera diffusa grazie all'impulso della legge del 28 agosto 1997, n. 285. Le pratiche più diffuse negli ultimi decenni si possono categorizzare nei seguenti approcci: - approccio accademico → diffuso nella pratica delle “scuole per i genitori”, si basa su conferenze o lezioni realizzate in contesti formali, sulla trasmissione di conoscenze e informazioni da rivolgere i genitori. Il modello relazionale esperto-genitore è top-down. L'approccio si basa sull'idea che il genitore debba sapere delle informazioni = condizioni di passività e status di allievo. Secondo Habermas si tratta di un agire normativo. - approccio esperienziale → Diffuso nella pratica di piccoli gruppi di genitori in cui essi sono invitati a discutere a riflettere su loro stessi e sulle loro esperienze educative (l'importanza della riflessività del singolo e sui propri vissuti). Questi gruppi possono basarsi anche sull'orientamento sistemico-relazionale, in cui si cerca di capire il funzionamento del sistema familiare per modificarne la comunicazione. Al centro c'è l'essere con il genitore che è soggetto esperto della propria esperienza. Secondo Habermas è un approccio basato su un agire drammaturgico che valorizza l'esperienza e la storia dei singoli. - approccio tecnico → Si basa sulla cultura di derivazione cognitivo-comportamentista. i genitori sono invitati ad apprendere delle competenze pratiche, utili a gestire la quotidianità in quanto il presupposto è che il mestiere del genitore possa essere insegnato. Il modello relazionale professionista-genitore è top-down, l'obiettivo è pragmatico perché al centro c'è il saper fare, dunque il programma da svolgere per il genitore, che ha lo status di cliente. Secondo Habermas si tratta di un agire strategico. La complessità delle relazioni familiari richiede una complessità di teorie, di approcci e di strumenti per intervenire → Ognuno di questi approcci è adeguato in certe situazioni e In determinate condizioni. Accompagnare i genitori non significa dare ricette preconfezionate, né dare indicazioni morbide e neutre, neanche strategie semplificate su come si fa → serve un agire comunicativo. Deve essere un sapere situato in cui il sapere vissuto si affianca a quello pratico→ si crea un positivo modellamento tra il comportamento del professionista e il genitore, secondo i principi dell'apprendimento indiretto e del social learning. Per questo motivo si potrebbe creare una quarta via per sfuggire dalla tirannia dei modelli. Per sostenere la genitorialità e creare ambienti nutritivi, mobilitare la fiducia nelle capacità dei bambini e dei genitori, si devono affrontare le sfide che riguardano questo campo e costruire nicchie ecologiche positive. Tuttavia, se si considera l'idea che la genitorialità è un mestiere si rischia che ogni tappa sia schematizzata e che tutto venga normato. Per questo motivo è importante integrare le teorie per creare un modello debole basato sulla reciprocità e sulla coeducazione. 5.1 La prospettiva dei bisogni evolutivi Il bambino è un soggetto radicalmente aperto all'altro, attore del suo sviluppo sin dall'utero materno e considerato nel suo divenire → lo sviluppo non avviene da solo, ma consiste in un processo che implica la soddisfazione dei bisogni evolutivi. La legislazione pone al centro il “miglior interesse” in quanto, ricercare l'interesse consiste nel determinare i bisogni fondamentali e garantire le risposte adeguate. I bisogni presuppongono una risposta appropriata tramite la quale si potrà generare una nuova capacità = i diritti sono il rovescio dei bisogni in quanto sono universali e garantiscono la possibilità di divenire un adulto autonomo ed integrato nella vita sociale. Essi sono prerogative giuridiche di cui il bambino è titolare, sono riconosciuti nella CRC e hanno per oggetto la soddisfazione dei bisogni fondamentali. Il bisogno è: - relazionale → si esprime dentro una relazione che implica cura e responsabilità 15 - dinamico → è un obiettivo su cui costruire un'azione - ancorato al qui e all’ora e alle opportunità di apprendimento rintracciabili nelle routine - interdipendente al concetto di forza perché un bisogno soddisfatto costituisce una forza (polarità forza-bisogno) - non è stigmatizzante Esistono diverse modellizzazioni del bisogno poiché è un concetto interdipendente alla cultura e alle condizioni di vita di una società in una determinata epoca: - Maslow individua cinque bisogni fondamentali e gerarchizzati, un bisogno si manifesta solo dopo la soddisfazione del precedente → sono: Fisiologici, di sicurezza, d'amore, di stima, di espressione di sé. - pediatri Brazelton e Greenspan individuano 7 bisogni irrinunciabili: di relazioni calde e stabili, di protezione fisica, di sicurezza e di regolazione, di esperienze adattate alle diversità, di limiti, di struttura, di aspettative, di una comunità stabile, di un futuro. - Pourtois e Desmet → paradigma dei dodici bisogni articolati in quattro dimensioni: affettiva, cognitiva, sociale ed etica. Il rischio di questi modelli è che vi sia una normalizzazione delle eterogeneità della cultura, ma sono importanti perché sono un riferimento per le pratiche. Modello dell’Assessment Framework detto CABE, riferimento diffuso in molti paesi e che deriva da uno studio cross-culturale → Costituito da tre assi di dimensioni, ovvero i bisogni evolutivi del bambino, le capacità dei genitori di rispondere a tali bisogni e l'insieme delle risorse disponibili, dei fattori di rischio di protezione dell'ecosistema familiare. La sfida è di promuovere salvaguardare i bisogni e lo sviluppo bambino in maniera olistica; consente di unire i bisogni dei bambini con il contesto familiare e sociale, permettendo ai professionisti di fare riferimento ad una cornice condivisa con tutti gli attori favorendo la condivisione grazie ad un linguaggio comune = approccio pluridisciplinare e pluri-istituzionale. 5.2 La prospettiva della resilienza È una prospettiva che rimanda ad una teoria relativa alla capacità degli esseri umani di trasformare, in modi vari e imprevisti, le ferite in elementi fondanti della costruzione della loro identità → il vero significato è un graduale processo di trasformazione della vulnerabilità in forza. Un'immagine significativa è quella diffusa dal Centre of the developing Child dell'università di Harvard: un'altalena o scala di equilibrio in cui vi sono esperienze protettive e abilità adattive che controbilanciano le esperienze di avversità. Un processo di resilienza si avvia quando la salute e lo sviluppo di un bambino sono inclinati nella direzione positiva → I fattori protettivi possono essere le reti di sostegno comunitario ai genitori e le diverse forme di parenting support. La vulnerabilità è uno stato potenziale di ridotta resistenza alle aggressioni esterne che risulta dall'insieme di fattori genetici, familiari e ambientali = relazionali e interpersonali → perciò la resilienza è un modello dinamico che tiene conto della sensibilità del soggetto agli eventi esterni, presuppone un processo interattivo che rivela un effetto fortificante sul bambino ma richiede un'attitudine responsabilizzante dei soggetti coinvolti. La “resilienza assistita" descrive le interazioni tra fattori protettivi interni che creano un Argine contro gli effetti cumulativi dell'esperienza di avversità = aiuta a comprendere la relazione con un trauma vissuto che mette a rischio il sentimento di identità e la coesione intrinsecamente relazionale. La resilienza si crea nella relazione umana e nella capacità di individuare le forze di ciascuno, emerge e si sviluppa nell'interazione della persona con il proprio entourage. Queste relazioni aiutano i bambini a sviluppare le character skills (capacità di immaginare il futuro, regolare il proprio comportamento, lasciarsi amare, apprendere e adattarsi a circostanze mutevoli) → le avversità possono essere diverse ma la combinazione di relazioni supportive e la costruzione di abilità adattive mettono in moto il processo di resilienza. Si parla spesso di terzo educativo, o di passeur → rappresenta la figura che aiuta il passaggio di relazioni alle madri e i padri più vulnerabili e aiuta a costruire una relazione di fiducia. Nell'intervento educativo, un approccio basato sulla resilienza motivo un cambiamento di paradigma verso un modello che riconosce i punti di forza e le capacità, e mira a rafforzare le strategie per mettere in circolo le risorse = garantire dei fattori protettivi: 1. favorire la presenza di almeno un adulto significativo 2. impiegare i processi di apprendimento per garantire lo scaffolding 3. costruire e rafforzare le capacità di adattamento e autoregolazione 4. sostenere un atteggiamento di fede e integrazione con le tradizioni culturali 5.3 La prospettiva della partecipazione La prospettiva della resilienza è strettamente legata alla nozione di empowerment, che mette in luce la capacità degli individui di definire e perseguire i propri progetti di vita. Questo approccio riconosce nei genitori gli esperti dei propri figli, mentre gli operatori educativi devono adottare un ruolo di supporto, valorizzando le competenze genitoriali attraverso un approccio relazionale che promuove la consapevolezza e l'intenzionalità educativa. L'obiettivo è restituire potere ai genitori, consentendo loro di utilizzare le proprie risorse in modo più consapevole e attivo. 16 In quest'ottica, la partecipazione è un processo che coinvolge un impegno attivo e condiviso, capace di generare agency sia nei genitori che nei bambini. Per i bambini, in particolare, è importante riconoscere la loro agency, ovvero la loro capacità di essere attori consapevoli e competenti all'interno delle relazioni con l'ambiente. Partecipare significa, quindi, essere protagonisti, è sia il punto di partenza che di arrivo “il nostro miglior collega è il nostro paziente” (Alfred Bion), ovvero si può divenire complici dei genitori, dei loro progetti e dei loro obiettivi. La partecipazione aiuta a sviluppare il potere, inteso come il riconoscimento della propria fallibilità, della vulnerabilità. Esso si articola in tre dimensioni: 1. "potere su", che riguarda la capacità di controllare la propria vita; 2. il "potere da", che implica la libertà di prendere decisioni e risolvere problemi; 3. il "potere con", che riconosce l'importanza di agire insieme ad altri, all'interno di una rete di supporto comunitaria. L'enfasi, quindi, è posta sul riconoscimento reciproco e sull'ascolto, elementi che sono essenziali per favorire un legame educativo profondo e autentico. → La partecipazione è una dimensione cardine del saper agire pedagogico. Nel contesto educativo, la partecipazione è la strada che l’adulto e il bambino percorrono insieme per riuscire nella crescita → filone dell’attivismo pedagogico. non è solo una relazione, ma una vera e propria metodologia che facilita lo sviluppo del bambino, rendendolo responsabile e autonomo. I grandi maestri pedagogici del Novecento, come Maria Montessori, Célestin Freinet, Mario Lodi, Don Milani, ecc. hanno mostrato come il riconoscimento del potenziale del bambino e la sua attivazione siano fondamentali per il suo sviluppo. In parallelo, il concetto di inclusione sociale si intreccia con quello di partecipazione, riconoscendo che l'intervento educativo deve essere pensato come un'azione collettiva, che valorizza il capitale sociale delle famiglie. La partecipazione dei genitori, soprattutto in contesti svantaggiati, può avere un impatto significativo sulla loro autopercezione, contribuendo al cambiamento individuale e sociale. Inoltre, il coinvolgimento attivo dei genitori nei processi educativi è legato all'empowerment, favorendo un miglioramento delle dinamiche familiari e sociali. Tuttavia, l'approccio partecipativo presenta delle sfide pratiche: richiede tempo, risorse e una gestione complessa dei processi decisionali. In particolare, i conflitti possono emergere più facilmente, mettendo alla prova la coerenza degli interventi e la loro efficacia a lungo termine. Nonostante ciò, la partecipazione rimane un elemento chiave per migliorare la qualità dell'educazione, stimolando l'apprendimento di competenze sociali (come l'ascolto e la risoluzione dei conflitti) e favorendo l'integrazione nelle reti sociali. 5.4 La prospettiva della narrazione e della riflessività La narrazione riflessiva nel contesto educativo degli adulti si inserisce in una prospettiva che integra teorie come l'apprendimento trasformativo (Mezirow, 1978) e il costruzionismo sociale (Vygotskij, 1934). Essa si focalizza sul processo di riflessione personale e condivisa che si attiva tramite la narrazione di esperienze vissute, soprattutto in ambito educativo, e rappresenta un'importante risorsa nel supporto alla genitorialità. Così facendo la riflessione diviene mezzo per riflettere con i genitori e creare un clima di costruzione e condivisione dei saperi educativi. In questo quadro, il racconto non solo diventa uno strumento formativo, ma assume anche il ruolo di veicolo di cambiamento nelle modalità di comprensione e di approccio alle situazioni educative quotidiane. Molto spesso, il genitore narrando, può accorgersi del fatto che l’etichetta data al figlio in un contesto, sia una sua lettura, non il modo d'essere del figlio. Partendo dall’inizio della storia piuttosto che da una conclusione, si aiuta il genitore a ritessere la trama del racconto, a ricostruire i fatti e le invenzioni dei diversi attori, a evitare le stigmatizzazioni, focalizzandosi sul comportamento che si vede piuttosto che su ciò che si pensa su ciò che si vede. Nel gruppo di parola, la narrazione riflessiva si articola nei seguenti passi: 1. mettere prole su una situazione, esplicitando 2. problematizzare la lettura 3. chiarire i nessi e gli eventuali distinguo fra fatti, intenzioni, emozioni, osservazioni, interpretazioni, ecc. 4. individuare nuove piste d’azione 5. sperimentare le piste individuate 6. monitorarle e sottoporle alla prova dei fatti 7. mettere in parole la nuova situazione creatasi Attivando nuovi servizi, si è aperto un mondo che i soli servizi di area clinica non riuscivano ad intercettare → non si tratta solo di risolvere i problemi educativi con un approccio clinica, nemmeno offrire ricette di impianto comportamenti ai genitori o farmacologico MA si tratta di accompagnare i genitori. In questa prospettiva è stato sistemato il costrutto del sostegno alla genitorialità per proporre attività di riflessibilità sociale e individuale. Il punto è accompagnare il percorso tramite cui il genitore diviene soggetto che si concepisce all’origine della propria intenzionalità educativa ed è consapevole di cosa fa e perché lo fa = attivare l’autodeterminazione del singolo. 17 È importante coinvolgere i genitori, altrimenti si rischia di depotenziarli, al contrario dell’empowerment. Con percorso di accompagnamento si intende un processo di intervento integrato e partecipato che coinvolge risorse professionali e informali, si basa sul riconoscimento, la valorizzazione e l’attivazione di risorse che aiutano il genitore a rispondere in maniera positiva ai bisogni di crescita dei bambini → idea di "mangiare il pane insieme”. → Implica l’aver cura, il preoccuparsi, il prendere in considerazione → esige engagement Quindi: - non si insegna ai genitori a fare i genitori, ma ad essere migliori - processo favorito da un contesto che tematizza l’educazione e crea spazi comunitari - i genitori si sostengono perché l’educazione dei bambini esige co-educazione e reti sociali supportive, non tollera solitudine, scaricamento di colpe, delega di responsabilità - tramite l’esperienza condivisa e la riflessione su di essa si può agire per rinforzare il potere di agire dei genitori e dei bambini, delle forze presenti nella rete di sostegno - la resilienza è possibile - è promettente privilegiare un approccio multireferenziale di intervento → ambito che ha bisogni di strumenti per evolvere - è coerente con i contenuti con cui si lavora valorizzare i saperi relativi all’esperienza dei genitori 6. Come? Quale ricerca in educazione familiare La ricerca ha a che fare con il senso condiviso alla propria azione e con lo sviluppo delle conoscenze che sostengono le pratiche → concerne anche le pratiche che generano e sostengono le nuove conoscenze. Se il fine dell’educazione familiare è costruire ambienti relazionali in cui i bambini possano crescere in maniera rispondente ai bisogni, allora edificare la relazione familiare tramite la relazionalità positiva è principio e conseguenza. Il modello di ricerca evidence-based è spesso segnato dall’approccio teoria-pratica perché è basato su una concezione lineare che vede la ricerca come capace di costruire dati “oggettivi” sui fenomeni e produrre una conoscenza dura e pura, che può essere trasformata in conoscenza applicata, ovvero per produrre pratiche e linee guida. Questo modello ne presuppone uno triangolare che distingue ma crea connessioni tra ricerca e pratica grazie all’apporto della politica che diviene connessione gioca un ruolo importante nella pratica. Le principali questioni legate alla ricerca in educazione familiare riguardano i concetti di “ricerca”, “pratica” e “azione”. È necessario distinguere tra ricerca pura e ricerca applicata, e comprendere il significato della ricerca evidence-based, che spesso segue modelli lineari che separano teoria e pratica. Tuttavia, la ricerca moderna, ispirata da autori come Aristotele, Galileo e Dewey, suggerisce un approccio più dinamico e integrato, in cui la ricerca si intreccia con l’esperienza e l'azione, diventando parte del processo stesso di cambiamento sociale. La ricerca-azione, in particolare, è un modello che unisce ricerca e pratica, e può generare innovazioni sia nel sapere che nelle pratiche educative. In questo contesto, l’educazione familiare promuove la creazione di conoscenza condivisa tra ricercatori e professionisti, valorizzando la formazione in servizio come spazio per co-costruire nuove prassi. L’obiettivo è trasformare la ricerca in un "bene comune", che non sia solo accademico, ma che risponda ai bisogni concreti delle famiglie, dei professionisti e delle comunità. La ricerca deve essere condotta in modo partecipativo, in connessione con i soggetti coinvolti e con un forte impegno verso l’innovazione sociale e il bene comune. In questo modo, l’educazione familiare può diventare un luogo di prassi autentica, dove l’azione e la ricerca si intrecciano per affrontare le contraddizioni della realtà e migliorare le pratiche educative. 6.1 Il design della ricerca in educazione familiare: alcune questioni aperte Emerge la questione legata all'efficacia della ricerca. Quando la ricerca vuole avere pertinenza sociale, i risultati della ricerca vengono restituiti → la restituzione è intesa come parte integrante della ricerca partecipativa. Gli operatori sono attori in ricerca che formulano una domanda che dà origine al percorso e riguarderà il come raggiungere la soluzione ad un problema importante → coloro che non riescono a trovare una soluzione con le conoscenze a disposizione elaborano un percorso in cui definiscono i risultati attesi, la metodologia di lavoro con strumenti, risorse, tempi e diverse responsabilità di ciascuno per realizzare le azioni. Le istituzioni con una mission istituzionale-politica (enti pubblici) devono poter contare su una conoscenza generale e un sapere applicabile alla pratica spesso prodotto dall’università o da altri centri di ricerca. I servizi e la scuola hanno la mission di intervenire sui fenomeni con metodi qualitativi per trasformarli. Perciò l’ente pubblico produce cambiamento ampliando le conoscenze scientifiche e generando sapere situato, oltre a rendere conto ai cittadini su quello che sta producendo la ricerca → nuovo management pubblico per avere strumenti appropriati di restituzione ai cittadini (valutazione). Serve costruire delle sintesi in cui i ricercatori utilizzeranno degli strumenti in grado di valorizzare l’agire pratico. La ricerca può: