Riassunti Management Dubini PDF

Summary

Questo documento è un riassunto del libro "Management" di Dubini. Copre concetti chiave come l'attività economica organizzata, le persone e l'attività economica, le finalità delle aziende e il concetto di economicità. Il documento è destinato a studenti dell'Università di Udine per un test di accesso a Comunicazione Integrata.

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lOMoARcPSD|47785810 Riassunti "Management" Dubini Test d'accesso Comunicazione Integrata (Università degli Studi di Udine) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo....

lOMoARcPSD|47785810 Riassunti "Management" Dubini Test d'accesso Comunicazione Integrata (Università degli Studi di Udine) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 RIASSUNTI “MANAGEMENT” Capitolo 1 Le aziende (1.1 non riassunto perché inutile) 1.2 L’attività economica L’economia aziendale (o management nella sua accezione internazionale), si occupa dell’attività economica organizzata con continuità, che impiega risorse per realizzare beni e servizi, attorno a un obiettivo comune. Studia, inoltre, la capacità di un’impresa di reagire e prevenire i cambiamenti ambientali, e i modi per utilizzare le risorse in maniera sempre più efficiente. 1.3 Le persone e l’attività economica Per sua natura, l’attività economica è rischiosa. La possibilità che un’impresa duri nel tempo dipende da tanti fattori, primo fra tutti la motivazione dei soci. Il management analizza, attraverso lo studio del funzionamento delle aziende, i meccanismi che rendono possibile l’unità d’indirizzo, il controllo dei processi e dei risultati, il monitoraggio dell’ambiente. 1.3.1 Contributi e ricompense Un aspetto fondamentale è l’unità di indirizzo, ovvero il fatto che tutte le energie e le competenze introdotte in un’azienda si incanalino nella stessa direzione. Ciascuna persona che partecipa all’attività economica dell’azienda porta contribut e si attende ricompense, che possono essere di natura: 1) monetaria (es. il salario); 2) non monetaria (avanzamenti di carriera, notorietà, ecc.…). Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 È molto importante che ci sia congruenza tra i contributi e le ricompense di ciascuno, e che una categoria di portatori di interesse non prevalga sulle altre. Un esempio di disparità, molto attuale, a pari contributi, sono le rilevanti tutele concesse ai lavoratori dipendenti, che invece sono negate a quelli precari. Oppure l’elevato potere contrattuale detenuto da una certa categoria, che è direttamente proporzionale alla critcità del proprio lavoro (es. i piloti nelle compagnie aeree). 1.3.2 Obiettivi comuni e contemperamento di interessi diversi Per la contnuità dell’azienda, è importantissimo che le aspettative dei singoli convergano attorno agli obiettivi dell’azienda stessa. Un esempio di incongruenza: i collaboratori ricercano la stabilità dell’assunzione, mentre l’azienda preferisce la flessibilità e la possibilità di impiegare i collaboratori a progetto. La ricerca di soluzioni che garantiscano la continuità dell’azienda ma che, al tempo stesso, soddisfino le attese (spesso contrastanti) delle persone, è complessa. La gestione accorta dei flussi informatvi e l’introduzione di meccanismi di coinvolgimento delle diverse categorie è in genere un buon modo per far convergere le energie e i contributi. 1.4 Le finalità delle aziende: massimizzazione del reddito come fine o come mezzo? Le aziende possono decidere di perseguire finalità economiche e non economiche. Esempio finalità non economica: Huffington Post, quando è entrato sul mercato, ha beneficiato della penna di tanti giornalisti free lance, che non venivano remunerati per il loro lavoro, ma in compenso si facevano pubblicità. Esempio finalità economica: Per i soci di HuffPost, la massimizzazione del risultato economico era più importante, perciò quando la testata è stata acquista ad un prezzo elevato per l’epoca, i soci hanno deciso di non condividere il denaro con i free lance. 1.5 Gli element distntvi di un’azienda 1. La contnuità  le aziende si propongono di durare nel tempo, nonostante sia un obiettivo ambizioso, e poche ci riescano; Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 2. Le aziende durano indipendentemente dalla vita delle persone che vi operano  esempio: quando Steve Jobs ha lasciato Apple, nonostante i dubbi su Tim Cook, l’azienda ha retto e ha iniziato, anzi, a prosperare; 3. Il cambiamento  le aziende cambiano nel tempo per eventi endogeni o esogeni. Esempio: nel giro di dieci anni Apple è passata dall’avere gravi problemi finanziari a diventare leader nel suo settore; 4. L’autonomia  le aziende definiscono autonomamente i propri obiettivi e i propri mezzi per raggiungerli, nel rispetto delle leggi. La condizione per mantenere l’autonomia è la sostenibilità economica, ovvero la capacità di generare risorse sufficienti a finanziare il proprio sviluppo. È uno dei compiti del management quello di studiare le condizioni che rendono possibile la sostenibilità economica. 1.6 Il concetto di economicità Definizione: L’economicità è la capacità di durare nel tempo senza ricorrere in modo continuo all’aiuto di terzi. È la condizione centrale (non il fine) affinché l’azienda possa:  durare nel tempo  solo se l’azienda è in grado di ottenere le risorse sufficienti per tenere in piedi tutti i fattori di produzione può avere continuità;  scegliere in autonomia la propria traiettoria di sviluppo  se l’azienda non è in grado di sostenere la propria crescita senza rivolgersi ad altre aziende, bisogna sempre negoziare le proprie strategie, e questo può sfociare nel non contemperamento degli interessi;  perseguire i propri obiettivi; Quindi l’assenza di economicità per lunghi periodi fa cessare l’esistenza dell’azienda. 1.6.1 Le condizioni per l’economicità Affinché l’economicità si realizzi, devono verificarsi contemporaneamente queste 4 condizioni: 1. equilibrio reddituale  le vendite e i ricavi devono essere superiori ai costi. È possibile che questo nel breve periodo non si verifichi per la necessità, ad esempio, di finanziare Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 la crescita di un’azienda nata da poco, ma nel lungo periodo è una condizione necessaria alla sopravvivenza; 2. efficienza  l’azienda deve minimizzare gli sprechi e massimizzare i ricavi, quindi utilizzare al meglio le risorse di cui dispone; 3. equilibrio monetario  l’azienda deve sempre avere abbastanza denaro in cassa per pagare i debiti in scadenza, altrimenti, se non riesce a bilanciare le entrate e le uscite l’attività economica si arresta; 4. crescita sostenibile  tramite la remunerazione adeguata (= ai prezzi di mercato). Se un’azienda, ad esempio, raggiunge l’equilibrio reddituale sfruttando la manodopera a basso costo, i clienti prima o poi si accorgeranno che la qualità del prodotto non è coerente con il suo prezzo. Nel dinamico svolgersi delle attività, è possibile che le aziende non riescano a rispettare tutte e 4 queste condizioni. Ad esempio: - Amazon ci ha messo 8 anni per raggiungere il pareggio economico, e Facebook ha subito un crollo, non appena è stato quotato in borsa. Questo ovviamente non ha impedito a queste aziende di raggiungere il successo; - Ci sono aziende che, più di altre, sono soggette alle dinamiche esterne, basti pensare alle compagnie di bandiera, che non sono riuscite a rispondere in maniera efficace alla concorrenza delle compagnie low-cost. - In presenza di domanda calante, alcune aziende incentivano l’acquisto concedendo ai propri clienti di dilazionare i pagament, per raggiungere l’equilibrio reddituale. Tuttavia, se non riescono contemporaneamente ad allungare i tempi per pagare i fornitori, si ritrovano in una condizione di tensione monetaria, dato che al momento di pagare i debiti, non avranno a disposizione le risorse finanziare provenienti dalle vendite dei prodotti. 1.7 Le quattro categorie dei soggetti economici 1.7.1 Le famiglie Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 Le famiglie sono importantissimi attori economici, caratterizzati da 1) attività di consumo (di beni e servizi), unite ad 2) attività di autoproduzione (pulizia della casa, preparazione dei cibi, ecc.…) e di 3) risparmio. La remunerazione che i membri della famiglia acquisiscono, unita ai risparmi (utili anche nelle situazioni di emergenza quali malattie perdita di lavoro), generano le risorse per acquistare i beni e i servizi necessari per sostenere la necessità di tutti di crescere personalmente e professionalmente. Tuttavia, in particolari circostanze, le famiglie ricorrono ai prestt (es. il mutuo) per coprire i propri fabbisogni finanziari. Le finalità delle famiglie sono per certo di natura non economica, però le loro scelte in merito ai beni e ai servizi da consumare condizionano le imprese. Non a caso, infatti, l’indice dei consumi delle famiglie viene utilizzato come indicatore della situazione economica di un paese (e come misura della crisi, nei periodi difficili). Le scelte delle famiglie condizionano, inoltre, l’offerta di servizi da parte dello Stato: ad esempio, un crescente numero di famiglie, avendo doppio reddito (entrambi i genitori lavorano), chiedono con maggiore insistenza più servizi di assistenza agli anziani e di cura dei bambini. 1.7.2 Le imprese Le imprese svolgono una serie di attività, finalizzate alla messa sul mercato di beni e servizi. Queste attività comprendono operazioni (interdipendenti) di: 1. ricerca e sviluppo; 2. acquisto di merci (destinati alla produzione di beni e servizi); 3. realizzazione fisica del prodotto; 4. promozione e commercializzazione; 5. logistca; 6. amministrazione; 7. organizzazione. Tutte queste attività comportano inoltre negoziazioni con altre aziende, che non avvengono mai in condizioni di perfetta trasparenza, lealtà ed equilibrio di potere tra le parti (ad esempio un’azienda ha più potere contrattuale di un’altra perché è più grande e ha più risorse). Le finalità delle imprese sono di natura prevalentemente economica. Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 1.7.3 Gli enti non profit Gli ent non profit sono aziende che operano per iniziativa privata (anche se possono avere soci pubblici), perseguendo obiettivi di vario genere (assistenziali, sanitari, educativi, ecc.…). Hanno finalità non economiche, dato che non possono distribuire il loro patrimonio agli associati, ma per statuto possono solo destinarlo per il raggiungimento degli scopi prefissati. Pertanto, a differenza delle aziende, i soci che versano contributi a questi enti, non si aspettano di ricevere i dividendi. Data la natura non economica delle attività svolte, gli enti non profit spesso faticano a raggiungere l’equilibrio reddituale e, di conseguenza, l’economicità. Tuttavia, dato che svolgono funzioni di utilità sociale, hanno accesso a dei vantaggi fiscali. 1.7.4 Gli enti della pubblica amministrazione Gli ent della PA possono operare 1) a livello centrale (es. lo Stato), oppure 2) a livello periferico (le regioni, le province, i comuni, ecc.…), realizzando un’attività economica basata principalmente su: 1. l’emanazione di leggi e regolament, per lo sviluppo del sistema economico- territoriale; 2. il trasferimento di denaro per a) ridistribuire la ricchezza (es. i libri della primaria gratis, però con l’obbligo di frequenza fino ad una certa età), tramite i tribut, oppure per b) finanziare attività di interesse pubblico; 3. la produzione diretta o indiretta di beni pubblici (molto importante a livello comunale). Lo Stato decide di intervenire nella produzione di beni per due motivi: a) quando il bene in oggetto è considerato politcamente critco (per questo in alcuni paesi è lo stato a controllare i mezzi di informazione); b) quando lo Stato considera che, lasciando la produzione di quel bene in mano alle aziende, si producano esit non positvi per il benessere della comunità. Esempio: la presenza di centri di ricerca pubblici permette di destinare risorse anche alla Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 cura di malattia rare che, dal punto di vista di un’impresa, avrebbero un “mercato” troppo piccolo, e la costringerebbero a prezzi elevatissimi. Il raggio di attività degli enti della PA è molto ampio, e questo rende difficile la sua organizzazione. 1.8 L’interazione fra soggetti economici (guardare schema pag.28) I 4 soggetti economici citati pocanzi interagiscono fra di loro, tanto che la crisi di uno si ripercuote sull’intero sistema. Esempio: Nei primi anni 2000 l’aumento costante dei prezzi delle case negli Stati Uniti ha spinto molte persone a fare degli investimenti immobiliari, ovvero a comprare case pur non potendo permettersele, nella speranza che negli anni aumentasse il loro valore. Per poterle pagare hanno negoziato con le banche dei prestiti molto rischiosi (mutui subprime), che hanno ottenuto dando come unica garanzia la casa stessa. All’arrivo della crisi, però, il prezzo delle case è crollato, mettendo in seria difficoltà moltissime famiglie e gli stessi istituti finanziari che avevano concesso quei prestiti. La relazione fra questi soggetti può essere: 1. complementare  es. le imprese hanno bisogno delle famiglie, altrimenti non avrebbero clienti; 2. di partnership  nella produzione o nella vendita; 3. concorrenziale  es. Apple e Samsung nell’offerta di smartphone, tablet, ecc.… 1.8.1 Diversi tipi di scambio 1. scambio non monetario o baratto  quando si scambiano merci e servizi; 2. scambio monetario  quando acquistiamo merci o servizi, in cambio di a) moneta (se paghiamo subito, in contati o carta di credito) o b) credito (se paghiamo a rate). Ogni scambio è qualificato in base a diverse condizioni, quali:  la quanttà della merce; Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810  la qualità della merce;  il prezzo (= il valore monetario attribuito alla merce acquistata);  i tempi e il luogo di consegna;  le modalità di pagamento (se si paga in contanti in genere il prezzo risulta inferiore rispetto al pagamento a rate). Quando, durante lo scambio, il trasferimento del bene non avviene contemporaneamente al trasferimento di moneta, si ha un credito/debito di regolamento. Si parla invece di credito/debito di prestto quando l’oggetto dello scambio è la disponibilità di mezzi monetari; il prezzo della disponibilità è rappresentato dall’interesse. 1.9 Il dinamismo delle aziende Il cambiamento e l’innovazione sono tratti caratteristici delle attività economiche. - Il cambiamento Può avvenire:  all’interno delle aziende  a seconda dell’estensione del raggio delle attività, le aziende modificano le condizioni che devono essere soddisfatte per raggiungere l’economicità. Esempio: le decisioni di investimento (o disinvestimento) modificano i confini delle attività di un’azienda, nonché il suo funzionamento.  nell’ambiente esterno  es. la liberalizzazione del trasporto aereo ha permesso alle compagnie low-cost di presentarsi sul mercato, scatenando la reazione dei player tradizionali, che hanno iniziato ad offrire nuovi servizi. - L’innovazione  le innovazioni all’interno delle aziende permettono la loro stessa contnuità nel tempo. Esempio: Quando Swatch si ritrovò minacciato dalla produzione giapponese di orologi con meccanismo al quarzo, riuscì prontamente e con successo a rispondere innovando la produzione dei suoi, e realizzandoli in plastica; Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810  le innovazioni che provengono dall’ambiente esterno contribuiscono alla creazione (e al fallimento) di nuove aziende, mercati e canali di vendita. Esempio: l’ingresso nel mercato degli smartphone dotati di fotocamere potenti, ha portato al fallimento della Kodak, all’epoca azienda leader del settore. Capitolo 2 L’azienda come sistema di decisioni 2.1 Che cos’è un’azienda innovatva? Cosa rende, ad esempio Apple ed Amazon, aziende innovative? 1. il numero di nuovi prodotti (= differenziazione) immessi sul mercato con regolarità; 2. prodotti visivamente diversi rispetto agli analoghi presenti sul mercato; 3. la creazione di un nuovo mercato (es. nel caso dell’Apple quello delle app); 4. la trasformazione del proprio settore (es. il caso del Kindle di Amazon); 2.2 Il processo decisionale 2.2.1 Cambiamenti ambientali e processo decisionale L’attività economica presuppone una serie di decisioni, risultato di un processo collettivo (=che coinvolge i vari portatori d’interesse), che si ritrovano costantemente a prendere sulla Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 base di info non sempre complete, e nello sforzo di contemperamento degli interessi. Questo insieme di decisioni è guidato dalla volontà di raggiungere in autonomia gli obiettivi prefissati, tenendo in conto, però, anche dell’influenza delle dinamiche esterne all’azienda. Definizione: L’ambiente d’azienda è l’insieme dei fenomeni esterni ad essa, che ne condizionano la struttura e il funzionamento. Per esempio, la presenza di una legge che obbliga i guidatori di ciclomotori ad indossare il casco determina inevitabilmente una condizione di mercato favorevole per le aziende che li producono. Alcune decisioni sono di routne, come ad esempio la quantità di materie prime da acquistare; altre, invece vengono prese una tantum, hanno tempi lunghi, e chiamano in causa i vertici delle società (es. l’acquisizione di un’azienda concorrente). 2.2.2 Le risorse disponibili come vincolo alle decisioni Nel corso del processo decisionale intervengono considerazioni sia di natura economica che non economica. Ciò che è certo è che le decisioni sono soggette a un contnuo vincolo di scarsità di risorse. Esempio: Una famiglia che deve decidere per il futuro del figlio, si ritroverà a scegliere di investire le proprie risorse finanziare o per mandarlo all’università, oppure per acquistargli una casa; qualsiasi scelta facciano, ci sarà sempre una rinuncia. 2.3 Le decisioni dell’impresa Le classi principali di decisioni riguardano: 1. le modalità per garantire l’unitarietà d’indirizzo e la coerenza delle scelte  a fronte della necessità di contemperamento degli interessi in un ambiente in continua evoluzione; 2. i confini dell’azienda  la scelta di ampliare il raggio d’azione dell’azienda, ad esempio nella formazione di aggregati aziendali; 3. la dimensione dell’azienda, in termini di volume di prodotto  condiziona la sostenibilità economica. Esempio: IKEA offre un’ampissima gamma di prodotti, perciò ha bisogno di magazzini enormi, situati in zone periferiche dotate di ampi parcheggi; Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 4. la varietà di attività diverse che l’azienda intende svolgere; 5. l’investmento in nuove attività  es. molte case editrici hanno affiancato alla loro attività tradizionale, quella di vendita di prodotti digitali. Si tratta di iniziative che vanno in perdita, ma che sono fondamentali per internalizzare le competenze necessarie per affrontare i cambiamenti dell’ambiente; 6. la configurazione del prodotto  es. per un piccolo albergo familiare, il fatto di trasformarsi in bed&breakfast condiziona la scelta degli spazi da attrezzare, del personale, ecc.…; 7. le modalità più opportune di organizzazione del lavoro  ovvero il coinvolgimento organizzato di più persone, che devono essere messe in condizione di operare in autonomia, ma al tempo stesso in modo coordinato, garantendo da un lato la soddisfazione personale e dell’altro l’efficienza; 8. le modalità di copertura del fabbisogno finanziario  poiché solitamente gli investimenti e i costi vengono sostenuti prima che si generino i ricavi, è necessario finanziare l’attività economica utilizzando risorse proprie dell’azienda (o di terzi). 2.3.1 Decisioni, processi e struttura aziendale L’insieme delle decisioni determina la struttura aziendale, che presidia una serie di processi e operazioni. Questi processi sono di natura: 1. produttiva  la realizzazione fisica del prodotto; 2. distributva  la movimentazione dei prodotti durante le fasi produttive e dai magazzini dell’azienda ai diversi canali distributivi; 3. commerciale  la vendita dei prodotti; 4. amministratva e finanziaria  i flussi finanziari e monetari connessi all’attività economica, ai tempi di pagamento, e alle condizioni di scambio negoziate con i fornitori; Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 5. organizzatva  la gestone delle persone, dei flussi informativi e delle infrastrutture; 6. isttuzionale e legale  operazioni che modificano i confini dell’azienda, come nel caso delle fusioni e delle acquisizioni. Un esempio di decisione che porterà alla modifica della struttura aziendale e dei suoi processi è la digitalizzazione, che comporta, tra le altre cose, il ripensamento delle postazioni di lavoro e la necessità di effettuare investimenti specifici in hardware, software, ecc.… 2.4 L’ambiente d’impresa L’azienda è sempre interdipendente dall’ambiente che la circonda, e l’insieme delle decisioni determina il posizionamento dell’azienda rispetto all’ambiente. L’ambiente d’impresa può essere distinto in: 1) ambiente compettvo e 2) ambiente isttuzionale. 2.5 L’ambiente compettvo: settori, segment, mercat L’ambiente compettvo è definito dai settori, mercat e relazioni che intercorrono tra i fornitori, aziende concorrenti e clienti. Definizione: I settori sono gli insiemi di aziende che offrono prodotti o servizi simili, per soddisfare i bisogni di specifiche categorie di clienti. Esempio: il settore automobilistco raggruppa tutte le aziende che producono e vendono auto. Non è detto che le aziende che operano in un dato settore siano in competizione tra loro, dato che all’interno di ciascun settore convivono segment diversi, ovvero caratteristiche diverse dei sistemi di offerta delle aziende e dei mercati a cui si rivolgono. Esempio: Chi vuole acquistare un’auto, e ha ben chiaro quali sono le sue esigenze, non vaglierà le offerte di tutte le aziende del settore, ma si rivolgerà direttamente a quelle che pensa possano fare al caso suo. Definizione: Un mercato presuppone lo scambio continuo e frequente della stessa merce, e raggruppa l’insieme di negoziazioni relative ai volumi scambiat, ai prezzi e alle condizioni accessorie (es. i tempi di consegna). Un mercato può essere: Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810  imperfetto  quando le variabili che entrano in gioco nella regolazione dello scambio sono molteplici. Esempio: quando si decide di acquistare una casa, nonostante l’offerta sia variegata, bisogna tenere in considerazione troppi fattori (la zona, le caratteristiche dell’immobile, ecc.…);  efficiente  quando gli scambi e il numero degli attori coinvolti è elevato. Perciò un insieme di negoziazioni sporadiche e senza regole condivise non può essere definito mercato. Esempio: una persona che durante un suo viaggio acquista dei prodotti tipici e poi organizza una vendita a casa sua, radunando un po’ di amici, non dà vita a un mercato. 2.5.1 La concorrenza fra le imprese Il grado concorrenza tra le imprese dipende dal fatto che due aziende si rivolgano allo stesso gruppo di client. È possibile che due imprese appartenenti allo stesso settore risultino in concorrenza su un segmento di mercato, ma non su un altro. Esempio: le compagnie di bandiera e le compagnie low-cost sono in concorrenza sulle tratte di breve durata, mentre su quelle lunghe le ultime risultano molto meno attrattive. Pertanto, la scelta di configurazione del sistema di offerta condiziona l’attrattività delle aziende rispetto a specifici segment di mercato. 2.5.2 Filiera Definizione: La filiera è l’insieme delle imprese di un dato settore, dei loro fornitori, dei loro distributori e dei loro client finali. Esempio: la filiera alimentare include i produttori di mangimi, gli allevatori, i consorzi di tutela e di promozione, i caseifici, e i supermercati. La prospettiva di filiera fa riflettere sul ruolo che giocano i diversi attori in campo nel condizionare il prodotto finale che arriverà al cliente. Esempio: un cliente che preferisce acquistare il Parmigiano Reggiano riconosce che il marchio si riferisce al rispetto di norme Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 specifiche sull’alimentazione degli animali, sulla qualità del latte e sugli standard dei processi produttivi. E poiché il cliente si rende conto che il rispetto di tali norme comporta dei costi da parte degli attori della filiera, è disposto ad accettare che il prezzo del PR sia più alto di alti formaggi simili. 2.5.3 Integrazione verticale Definizione: L’integrazione vertcale corrisponde alla decisione, da parte delle aziende, di allargare il proprio raggio di attività, per includere quelle tipiche dei fornitori o dei clienti. Esempio: Feltrinelli si occupa sia dell’edizione di libri, sia della loro vendita al pubblico, tramite le sue librerie e i suoi canali di e-commerce. Innovazioni nella tecnologia permettono alle aziende di uno specifico settore di applicare la disintermediazione (=ridimensionamento) degli attori e la riconfigurazione delle filiere. Esempio: Le scelte di grandi aziende come Amazon ed Apple condizionano sempre di più le decisioni dei piccoli produttori di hardware, e rappresentano una minaccia per i negozi che vendono prodotti simili ai loro. 2.5.4 Prodotti sostitutivi Definizione: I prodotti sosttutvi sono i prodotti o i servizi di natura diversa che soddisfano lo stesso bisogno. Esempio: nel mercato dei viaggi d’affari, le compagnie di bandiera competono con i treni ad alta velocità. 2.5.5 I vantaggi di una definizione “allargata” di settore La definizione allargata di settore permette di comprendere meglio le trasformazioni in atto nei settori, e di conseguenza di valutare in che misura un determinato settore sia attrattivo, ossia in grado di offrire opportunità di redditività. Inoltre, permette di cogliere meglio le scelte di allargamento del raggio di attività di un’azienda. Esempio: È possibile che quando Amazon stava sviluppando il Kindle, avesse considerato Apple come possibile entrante nel settore dei prodotti hardware destinati alla lettura. 2.6 Concorrenza e cooperazione Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 Le imprese che operano in un dato settore mettono in atto rapporti di concorrenza o di cooperazione. - Concorrenza L’intensità della concorrenza fra le imprese dipende da: 1. fattori specifici del settore; 2. i rapport di forza fra le aziende; 3. dal comportamento di alcune di esse. Esempio: Se calano le domande, nei momenti di crisi, le imprese di un determinato settore cercheranno di sottrarsi reciprocamente i clienti, dato che non potranno tenere degli impianti sottoutilizzati, su cui hanno investito elevate risorse finanziarie. Solitamente la maggiore concorrenza fra aziende si traduce in benefici per i client, dato che le prime cercheranno di migliorare la qualità e la varietà della propria offerta. - Cooperazione Le ragioni che spingono un’azienda a cooperare con altre possono essere di natura: 1) economica, come: (a) l’azione di contrasto più efficace verso concorrenti che offrono prodotti sostitutivi. Esempio: i produttori di birra che si riuniscono in associazioni in modo da promuovere il consumo del proprio prodotto rispetto a quello del vino; 2) non economica, come: Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 (a) la necessità di coordinare simultaneamente gli sforzi di attori che operano in mercati diversi (natura non economica). Esempio: Lo sviluppo di tanti settori digitali richiede una condivisione di protocolli di trasmissione di dati; (b) la volontà di inserirsi in reti sociali, perché si stima e si ha fiducia nelle altre realtà. Esempio: una banca locale decide di sponsorizzare la stagione del teatro locale, considerata prestigiosa, così da beneficare (anche se in modo indiretto) della buona reputazione dell’istituzione sostenuta. Alcune condizioni di ambiente (il comportamento del mercato, la normativa, ecc.…) possono favorire la cooperazione fra attori. Nascono così gli aggregat interaziendali, che si classificano in funzione: 1. della configurazione isttuzionale e giuridica  quando l’aggregato dà luogo ad una nuova enttà giuridica, che può essere: a) un gruppo economico, ovvero un’azienda che raggruppa altre aziende (es. il gruppo GEDI, che a sua volta raggruppa aziende diverse fra cui l’Espresso, La Repubblica, ecc.…); b) un’associazione formale di imprese, ovvero aziende giuridicamente definite che svolgono attività di rappresentanza e promozione, nonché alcuni servizi (spesso di formazione) per i propri associati. Esempio: Confindustria, il principale aggregatore di imprese dell’Italia. 2. dell’unità o meno di governo  diverso grado di condivisione degli organi di governo fra aziende che stanno sviluppando insieme un nuovo prodotto. I vari tipi sono: a) l’acquisizione  l’azienda acquisita viene assorbita dall’azienda acquirente, e le attività delle aziende sono progressivamente integrate; b) la fusione  le aziende coinvolte danno vita ad una nuova enttà dal punto di vista giuridico, nella quale l’unitarietà di governo viene condivisa, ma le attività rimangono distinte; Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 c) la joint venture  le aziende coinvolte rimangono entità giuridiche separate, e svolgono ciascuna la propria attività, ma condividono il governo economico delle attività che hanno messo in comune; d) il franchising  un’azienda sviluppa una serie di linee guida e altre aziende si impegnano a seguirle in diversi contesti territoriali. 3. del grado di formalizzazione degli accordi fra le imprese che compongono l’aggregato: a) associazioni informali di aziende  aggregati di aziende che operano in maniera analoga a quelle formali, ma non sono configurate in strutture esplicite sul piando giuridico. Esempio: i distretti, ovvero insiemi di aziende operanti nella stessa filiera e concentrati in un dato territorio geografico. 2.7 Dinamiche di trasformazione di settori e mercat Definizione: Le relazioni tra i diversi attori vengono definite dinamiche. I settori e i mercati cambiano 1) in funzione di dinamiche congiunturali (= temporanee), come ad esempio la variazione dei prezzi, e 2) per effetto di trasformazioni strutturali, come quelle determinate da nuove tecnologie. Le trasformazioni strutturali sono collegate, tra le altre cose: 1. al grado di concentrazione dei settori  con la progressiva riduzione del numero di operatori, e una significativa crescita della dimensione media di ciascuno, per effetto di operazioni di fusione e acquisizione; 2. alle scelte di configurazione delle attività  es. la tendenza da parte delle imprese manifatturiere di moltissimi settori di esternalizzare le attività di produzione di prodotti a basso contenuto tecnologico in Estremo Oriente ha determinato una profonda trasformazione nel tessuto industriale dell’Italia. Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 3. al grado di internazionalizzazione all’interno dei settori  favorito soprattutto dalla maggiore tendenza alla mobilità delle persone e delle merci, e dai cambiamenti nella regolamentazione. Esempio: A seguito della deregolamentazione, nel settore dell’energia, operatori stranieri sono entrati nei diversi mercati nazionali. 4. alla creazione di nuovi ambiti competitivi  es. la domotica si presenta come un ambito competitivo nuovo rispetto al settore degli articoli per la casa. Anche i mercati sono soggetti a trasformazioni: le dinamiche di natalità e di mortalità modificano le dimensioni dei mercati per diverse categorie di prodotto, e i fenomeni migratori aprono nuovi mercati per soddisfare le esigenze di nuovi cittadini. 2.8 L’ambiente isttuzionale La teoria economica individua tra i fattori di produzione - cioè quei fattori che rendono possibile la realizzazione di un bene o un servizio e la sua disponibilità per il consumatore – alcuni fattori primari, ossia fondamentali per qualsiasi tipo di attività: a) il capitale (= le risorse finanziarie), che può essere fornito all’azienda: 1. a titolo di rischio  chi fornisce risorse finanziarie può decidere di condividere o meno il rischio d’impresa. In caso affermativo, quel singolo (o quell’impresa) diventa socio di quell’impresa. Il fornitore di capitale di rischio investe nell’azienda con la speranza di ricevere una remunerazione tutti gli anni; 2. a titolo di prestito  specifiche imprese di servizi prestano denaro ad un’impresa per un periodo di tempo stabilito, con uno specifico costo (= il tasso di interesse) e a date condizioni (es. con l’esistenza di una garanzia), per diverse ragioni (es. fare un investimento, coprire temporanei fabbisogni di liquidità, ecc...). Il conferente di capitale di prestito cede risorse all’azienda perché confida nella sua capacità di restituire il debito; b) il lavoro  la relazione tra i prestatori di lavoro e l’azienda assume forme diverse in funzione: Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 1. della durata del coinvolgimento  alcuni collaboratori prestano lavoro per un progetto specifico, altri sono stabilmente impiegati a tempo indeterminato; 2. dell’esclusività della prestazione di lavoro  il lavoratore può prestare lavoro contemporaneamente per più aziende, oppure essere legato a una sola. I due ruoli dei conferenti di capitale e di prestatori di lavoro sono distinti ma può accadere tuttavia che la remunerazione dei prestatori di lavoro sia: 1. in parte legata ai risultati dell’azienda  come avviene per gli agenti che sono remunerati in funzione dei volumi di vendita; 2. in azioni  come avviene per i top manager. In alcuni tipi di impresa (come le cooperative, o in alcuni studi professionali), lo status di conferente di capitale si mantiene fino a quando l’azionista è anche prestatore di lavoro. In questo caso l’azienda esiste per permettere ai prestatori di lavoro di svolgere le proprie attività al meglio. Il principale vantaggio di questo tipo di imprese sta nella tutela del lavoro, a scapito però di della possibilità di moltiplicare le opportunità di accesso al mercato dei capitali. 2.8.1 Contributi e ricompense I conferenti di capitale e i prestatori di lavoro forniscono contributi di natura diversa (competenze, conoscenze, risorse, ecc.…), a fronte dei quali nutrono aspettative di ricompensa, monetaria e non monetaria, che cambiano nel tempo. - Nelle imprese gli azionisti ricercano dividendi adeguati, e si aspettano che il valore delle quote delle loro azioni aumenti nel tempo (tenendo conto dell’andamento dell’economia generale, però). - I prestatori di lavoro di aspettano di avere un lavoro motivante, che permetta loro di aumentare la propria professionalità in un ambiente di lavoro appagante, adeguatamente remunerato, con prospettive di carriera e di stabilità del posto di lavoro. 2.8.2 Gli altri interlocutori istituzionali dell’azienda Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 Sempre più aziende sono chiamate a prendere posizione rispetto a una serie di istanze, tra le quali vi sono:  lo sviluppo del territorio in cui sono inserite  si pensi al dibattito scaturito dopo la decisione di FIAT di investire in siti produttivi localizzati in diversi paesi;  l’offerta di pari opportunità  es. il dibattito scaturito per le diverse opportunità di carriera di rappresentanza nelle aziende per uomini e donne;  la salvaguardia dell’ambiente;  le iniziative di corporate social responsability  finalizzate a testimoniare l’impegno delle imprese a sostegno della collettività e al rispetto dell’ambiente. Di conseguenza, gli interlocutori istituzionali comprendono gli enti della PA, i sindacati, l’opinione pubblica, le associazioni di consumatori e gruppi di pressione diversi, che possono avere un impatto diretto o indiretto sull’azione delle imprese. 2.9 Il posizionamento dell’azienda Definizione: Il posizionamento di un’azienda è determinato dall’insieme delle scelte compiute rispetto all’ambiente competitivo e a quello istituzionale. Il posizionamento risulta dalle riposte fornite in merito a cinque macro-domande: 1. Dove competere?  quali sono i segmenti di mercato da privilegiare, e quindi quali sono i concorrenti? Perché un cliente dovrebbe scegliere un’azienda piuttosto che i suoi concorrenti? 2. Che cosa offrire?  in che modo differenziare al meglio il proprio sistema di offerta così da rispondere in misura più adeguata alle attese dei clienti? Quanto deve essere ampia la gamma di prodotti offerti, ma al tempo stesso economicamente sostenibile? 3. Quali attori istituzionali coinvolgere?  quali e quanti soci sono necessari per poter realizzare le finalità dell’azienda? In che modo l’azienda intende porsi rispetto ad alcune istanze sociali? Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 4. Che cosa offrire agli interlocutori istituzionali?  in termini di reputazione, remunerazione? Quali rendimenti e quali rischi comporta l’investimento nell’azienda? 5. Con quale struttura?  qual è la dimensione ottimale dell’azienda in termini di volumi prodotti, personale impiegato e la numerosità dei soci? Quali le attività direttamente realizzate dall’azienda e quali quelle esternalizzate? 2.9.1 Dove competere? La scelta di dove competere riguarda il profilo di consumatori desiderato, le sue caratteristiche sociodemografiche e le sue abitudini di consumo. Esempio: la risposta al bisogno di calzature comode non è la stessa per una ventenne filiforme e per una signora settantenne in sovrappeso. L’analisi e la descrizione esplicita delle attese dei clienti non è mai un esercizio semplice. Decidere dove competere presuppone la comprensione dei fattori critici di successo (key success factors), degli specifici segmenti di mercato su cui rivolgersi, ossia le ragioni profonde che portano un determinato gruppo di clienti a preferire l’offerta di un’azienda rispetto a quella di un concorrente. I fattori critici di successo sono: 1. la funzionalità tecnica (soprattutto nell’acquisto di beni durevoli, come ad es. la lavatrice)  i clienti si aspettano che il prodotto svolga la sua funzione di al livello tecnico contrattato, senza interruzioni, e per tempi più o meno lunghi. 2. il basso costo d’acquisto e d’uso  il prodotto deve avere un costo basso sia diretto (costo del consumo, della manutenzione, ecc.…), sia indiretto (costo di installazione, di smaltimento, ecc.…). Questo è particolarmente vero nel caso di prodotti durevoli con un ampio mercato sia professionale che domestico. Esempio: Canon anni fa è riuscita ad entrare con successo nel settore delle fotocopiatrici, grazie alla sua fotocopiatrice che non richiedeva l’assistenza di un tecnico in caso di guasto; 3. la flessibilità d’uso  la possibilità di utilizzare il prodotto per svolgere più funzioni, la possibilità di modificarlo, aggiornarlo in tempi e costi contenuti; Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 4. l’integrabilità, la compatibilità, la personalizzazione e la scalabilità  la possibilità di integrare velocemente e a basso costo il prodotto con altri già posseduti, o di futuro acquisto; 5. il soddisfacimento di bisogni di prestigio  il fatto di possedere ed esibire un dato prodotto, per certi segmenti di mercato, ha una rilevanza anche superiore rispetto alla sua funzionalità; 6. l’appagamento di bisogni di solidarietà (es. salvaguardia dell’ambiente, rispetto delle istanze dei paesi poveri, ecc.…); 7. l’unicità, l’affidabilità e la responsabilità (accountability)  il compratore vuole essere sicuro di chi è il fornitore e di chi si assume le responsabilità economiche e morali del contratto. Questo accade spesso nei grandi progetti (edilizi, informatici, ecc.…); 8. l’accessibilità, la comparabilità e la sperimentabilità del prodotto in fase di acquisto  alcuni clienti desiderano analizzare, provare, comparare i prodotti prima di comprarli. I fattori critici di successo variano e si combinano in modo diverso nei settori, a seconda delle caratteristiche dei mercati e dei segmenti di clienti; inoltre, essi evolvono nel tempo, al mutare del contesto sociale, dei bisogni e delle strategie competitive introdotte dalle aziende. 2.9.2 Che cosa offrire? (Il sistema di offerta) Definizione: Il sistema di offerta è l’insieme integrato di beni, servizi complementari e di condizioni di scambio che l’azienda offre ai suoi clienti, e si declina attraverso 4 elementi: 1. le caratteristiche materiali (= la gamma dei beni offerti), costituite da: a) caratteristiche fisiche, immediatamente percepibili e oggettivamente misurabili (es. il peso, le dimensioni, il tipo di materiale, le quantità offerte, il colore, ecc.…); Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 b) attributi tecnico-funzionali, ossia le proprietà che consentono al prodotto di svolgere determinate funzioni; c) caratteristiche estetiche, che qualificano gli attributi fisici in termini di stile, design, packaging, ecc.… e rendono particolarmente riconoscibile il sistema di offerta di un’azienda rispetto a quello dei suoi concorrenti. La loro misurazione è soggettiva, in quanto dipende dai gusti del cliente. 2. i servizi collegati ai beni offerti, o servizi accessori  possono essere forniti in modalità diverse (a distanza, attraverso numeri verdi, nei centri di assistenza, ecc.…). Per un’azienda la possibilità di offrire servizi accessori può aumentare le fonti di reddito e allargare il mercato potenziale dei clienti e la loro soddisfazione. Esempio: le compagnie aeree low-cost sono molto attente a minimizzare i servizi di base compresi nel prezzo ridotto del biglietto, ma altrettanto pronte a proporre a pagamento una serie di servizi accessori; 3. le caratteristiche immateriali  l’immagine, la reputazione e la marca. Quest’ultima non è utilizzata solo per caratterizzare il sistema d’offerta di un’azienda, ma anche per caratterizzare uno stile di vita, rispondendo al bisogno sempre più crescente di status e appartenenza a un determinato gruppo sociale; 4. le condizioni dello scambio  prezzo, sconti, modalità e tempi di pagamento e di consegna, garanzie, penali, ecc.… Raramente ormai le imprese offrono un unico prodotto; più spesso, il sistema di offerta è composto da una gamma, ossia un determinato assortimento entro cui il cliente sceglie a seconda delle proprie esigenze. La gamma offerta può essere predeterminata dall’azienda, oppure costruita con il coinvolgimento del cliente. Esempio: Nike offre, per alcuni modelli, la possibilità al cliente di comporre il suo paio di scarpe. Sempre più frequentemente il sistema di offerta si articola poi nei diversi momenti della relazione con il cliente, e crea di conseguenza: 1. i servizi pre-vendita, che includono le info di supporto alla scelta, la consulenza, la possibilità offerta al cliente di fare delle richieste personalizzate, la verifica della Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 reperibilità di un bene, ecc.…Esempio: un museo che permette di prenotare via Internet la visita. 2. i servizi offerti sul punto vendita, che arricchiscono l’offerta, e permettono una caratterizzazione del punto vendita e dell’azienda. Esempio: un museo che offre una visita guidata; 3. i servizi post-vendita, che comprendono la consegna, l’installazione, l’addestramento all’uso, l’assistenza in caso di guasti, ecc.…Esempio: un museo che permette di acquistare i souvenir dopo la visita. Il sistema di offerta di un’azienda non è unico, anche se l’azienda è monoprodotto; infatti esistono tanti sistemi di offerta quanti sono:  i mercati ai quali l’azienda si rivolge. Esempio: nel caso di una banca, i clienti possono essere privati o imprese; possono voler aprire solo un conto corrente, oppure usare la banca come consulente per la gestione del proprio risparmio;  i canali serviti: i piccoli negozianti e le catene di grande distribuzione richiedono proposte diverse in termini di composizione dell’assortimento, frequenza di consegna, ecc.…;  i prodotti o servizi offerti: per una multinazionale con una gamma di offerta ampia, può accadere che l’assortimento disponibile vari a seconda dei mercati geografici serviti. Esempio: il Nescafé che si trova in Italia non ha le stesse proprietà organolettiche di quello che si trova in Grecia. 2.9.3 Quali attori coinvolgere? Perché l’azienda duri nel tempo è necessario che gli interessi delle diverse categorie di attori trovino contemperamento. Maggiore è l’integrazione fra diversi portatori di interesse, maggiori e più stabile sono le relazioni di fiducia, e minori i costi di controllo fra attori. - Rispetto ai conferenti di capitale, le decisioni principali riguardano: 1. il livello di concentrazione della proprietà  un numero ristretto di soci favorisce il coordinamento e l’unità di comando, ma può essere uno svantaggio nel momento in cui Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 l’azienda abbia bisogno di aumentare in modo significativo la propria disponibilità di capitale di rischio (tema delicato per le imprese italiane, la maggior parte a conduzione familiare); 2. i criteri di scelta nella valutazione delle diverse alternative di finanziamento  le imprese possono decidere se allargare la compagine azionaria, ovvero diluire il potere di controllo di ciascuno socio per fare spazio a nuovi conferenti di capitale di rischio, o se invece mantenere l’unità di comando in un gruppo ristretto di persone, ma ricorrere a capitale di prestito. 3. le dimensioni aziendali  maggiori sono le dimensioni aziendali, maggiore è la necessità (in alcuni paesi l’obbligo) di garantire rappresentanza alle diverse categorie di portatori di interesse; 4. le aspettative di crescita e di remunerazione del capitale  le scelte in merito alla tipologia di investitori da coinvolgere e alla quantità di risorse finanziarie necessarie hanno implicazioni importanti sul funzionamento dell’azienda, in termini di velocità di crescita e di livelli attesi di remunerazione. - rispetto ai prestatori di lavoro, le decisioni principali riguardano: 1. il loro grado di coinvolgimento nella condivisione dei risultati aziendali  può riguardare anche i processi decisionali, perciò richiede una profonda riflessione sui gradi di condivisione di informazione; 2. la continuità di rapporto nel tempo  alcune aziende sono caratterizzate dalla profonda identificazione con le persone che in essa prestano lavoro, misurabile da bassissimi tassi di turnover e da azioni di salvaguardia del lavoro in periodi di crisi; altre sono caratterizzate dalla fortissima mobilità; 3. il mix di competenze, profili professionali, forme contrattuali e la loro coerenza interna  il continuo cambiamento che caratterizza la vita delle imprese richiede persone motivate, aggiornate e competenti, che prestino lavoro con continuità, in modo tale da stabilire un rapporto di fiducia e da vedere ricompensato Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 l’investimento nei loro confronti; al tempo stesso i collaboratori si aspettano che l’azienda sia in grado di assorbire gli choc esterni e di garantire loro la continuità del rapporto; 4. i livelli di responsabilità, di remunerazione e di carriera. 2.9.4 Che cosa offrire e che cosa aspettarsi dagli attori istituzionali? Le decisioni da parte dell’azienda in merito a quali interlocutori istituzionali privilegiare e come porsi rispetto alle varie categorie di interessa determinano il suo posizionamento istituzionale; posizionamento che tiene conto del fatto che le aspettative delle diverse categorie di portatori di interesse sono parzialmente in competizione fra loro. È possibile valutare il posizionamento dell’azienda dal punto di vista istituzionale attraverso alcuni indicatori, quali: 1. la composizione degli assetti istituzionali (es. il governo economico) e le caratteristiche degli investitori coinvolti; 2. le politiche di dividendo e di remunerazione; 3. la composizione della forza lavora e i tassi di turnover; 4. il grado di trasparenza nella comunicazione istituzionale. Le decisioni riguardo al posizionamento rispetto ai singoli interlocutori e al tipo di ricompense offerte a fronte di contributi attesi si ripercuotono sulla struttura aziendale. Esempio: la decisione di quotare l’azienda in Borsa permette l’accesso a mercati dei capitali più ampi, ma al tempo stesso vincola a una serie di obblighi informativi stringenti. 2.9.5 Con quale struttura? Per essere in grado di offrire un dato prodotto o un dato servizio l’azienda deve continuamente acquisire fattori produttivi (es. per pagare gli stipendi) o investire in fattori di produzione che utilizzerà per più tempo (es. macchinari). Esempio: la decisione di un proprietario di un bar di Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 privilegiare un servizio da banco oppure al tavolo comporta l’investimento in tavoli, oppure sedie, oppure spazi più adeguati. Quindi la quantità di costi e di investi menti da sostenere si traduce in decisione relative: 1. come produrre (es. artigianale o industriale, in Italia o all’estero); 2. in quali canali vendere i propri prodotti (es. canali fisici o online); 3. come distribuire i prodotti da vendere (con quali mezzi di trasporto); 4. come organizzare le varie attività. Perciò possiamo dire che le scelte relative alla struttura aziendale derivano dalla valutazione sulle modalità più opportune, in termini di efficacia (=capacità di raggiungere l’obiettivo prefissato) e di efficienza (= il miglior risultato possibile con il minor spreco possibile), e riguardano: 1. le dimensioni aziendali ottimali; 2. il grado di specializzazione, ovvero la varietà dei processi, dei prodotti e dei mercati da presidiare; 3. l’opportunità di esternalizzare alcune attività presso aziende specializzate (in gergo, scelte di make or buy), per esigenze di diversa natura. Esempio: i produttori di motociclette tendono ad esternalizzare la produzione di componenti come i freni, perché valutano che sarebbe troppo costoso produrre all’interno tali componenti. Dalle decisioni in merito alla configurazione delle attività direttamente presidiate dall’azienda derivano poi scelte di carattere:  organizzativo  legate alla suddivisione delle responsabilità in merito allo svolgimento di specifiche attività;  economico  es. legate all’opportunità di realizzare tali attività in un determinato paese; Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810  patrimoniale  relative alla quantità e alla varietà degli investimenti da fare;  finanziario  relative alla modalità più opportune di copertura finanziari di dati investimenti. Capitolo 3 La struttura dell’azienda e le scelte di convenienza economica (3.1 non riassunto perché inutile, dare giusto uno sguardo, pagg.73-74) 3.2 La struttura dal punto di vista dei processi La struttura di un’azienda vista dal punto di vista dei processi permette di considerare l’azienda come un insieme unitario di attività, collegate tra loro da relazioni di interdipendenza e di sequenzialità. - Le aziende che producono su commessa (es. i grandi studi di progettazione), una volta acquisito l’ordine da un cliente si dedicano all’acquisto di materie prime, organizzano le squadre di lavoro e infine realizzano le attività di produzione. - Le aziende che operano per il magazzino, invece, acquistano le materie prime e realizzano investimenti, successivamente producono e nel mentre promuovono il prodotto e poi svolgono le attività di vendita. Una delle innovazioni apportate da Amazon al settore della vendita al dettaglio di prodotti finiti è stata la possibilità di vendere il prodotto prima di movimentare la merce dal magazzino. 3.3 La struttura dal punto di vista organizzatvo La struttura di un’azienda vista dal punto di vista organizzativo permette di porre l’attenzione sui modi di ripartire i ruoli e le responsabilità fra le persone, in modo da garantire contemporaneamente: 1. la possibilità di valorizzazione delle aspirazioni individuali; 2. il coordinamento; Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 3. l’integrazione; 4. la minimizzazione dei conflitti; 5. l’efficacia e l’efficienza dei processi decisionali; 6. la stabilità di risultato; 7. la capacità di adattamento al cambiamento. La struttura organizzativa è abitualmente rappresentata in termini di unità organizzative, di mansioni e di relazioni gerarchiche fra le diverse unità organizzative, di solito rappresentate in organigrammi; i mansionari invece raccolgono l’elenco dei compiti affidati a ciascuna unità. La struttura organizzativa può essere analizzata a 3 livelli (vedere Figura 3.1, pagg.78-79): 1. livello istituzionale  comprende le strutture di rappresentanza, gli organi di governo e di governo economico (es. il CDA), gli organi di controllo, ecc.…; 2. livello delle scelte di gestione delle attività; 3. livello delle scelte di organizzazione del lavoro. La struttura organizzativa di base è riconducibile a uno dei seguenti archetipi:  struttura elementare  tipica delle aziende piccole e semplici. La funzione di governo economico e quella di direzione sono svolte da un unico organo di direzione generale, da cui dipendono tutte le unità operative;  struttura funzionale  tipica delle aziende medie, monoprodotto/monomercato. Raggruppa attività dello stesso tipo in modo da massimizzare l’efficienza e centralizzare le competenze. Si individua un organo di governo economico (Direttore Generale), cui rispondono organi direttivi (acquisti, ricerca e sviluppo, produzione, ecc.…), che a loro volta coordinano unità organizzative con responsabilità esecutive; Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810  struttura divisionale  tipica delle aziende grandi, che operano su più mercati con prodotti diversi. Raggruppa attività di natura diversa (acquisti, produzione, vendite, promozione, ecc.…) sotto la responsabilità di un organo di coordinamento (il direttore di divisione/il responsabile di un certo mercato). Gli obiettivi di efficacia prevalgono sugli obiettivi di efficienza.  struttura a matrice  tipica delle aziende di grandi/grandissime dimensioni e operanti nei settori altamente competitivi dei beni di largo consumo. Ciascun organo esecutivo ha due riporti: 1) uno di natura funzionale (es. il responsabile marketing), e uno di natura divisionale (es. il responsabile dell’area Sud Europa), ciascuno dei quali risponde all’organo di governo centrale. Questa struttura permetti da un lato di centralizzare le competenze (come nelle strutture funzionali) e dall’altro di favorire l’autonomia delle singole unità. Inoltre, ha il vantaggio di sfruttare i benefici economici tipici sia della struttura funzionale che di quella divisionale, ma presenta elevati costi di coordinamento. 3.4 La struttura del patrimonio È possibile considerare l’azienda dal punto di vista delle risorse, che possono essere: - Patrimoniali 1. risorse materiali  merci, attrezzature, mezzi di trasporto, ecc.…; 2. risorse immateriali  marchio e reputazione; 3. risorse monetarie  debiti o crediti; - Risorse d’ambiente 1. infrastrutture fisiche e virtuali; 2. beni primari; - Risorse non patrimoniali Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 - il lavoro. Definizione: Le competenze distintive sono le risorse e le competenze specifiche dell’azienda, non genericamente disponibili sul mercato. Si tratta di competenze che hanno un grosso impatto sul valore percepito dal cliente. Esempio: Apple è riconosciuta per le sue competenze di design, difficilmente imitabili, che hanno un elevato potere di identificazione. Le competenze distintive possono avere natura: 1. tecnologica; 2. commerciale (es. capacità di analisi del mercato); 3. manageriale (es. la capacità di gestione dei dati). La competitività dell’impresa nei settori in cui opera dipende dunque dalla capacità di sviluppare, integrare e sfruttare in modo efficace un ricco patrimonio di competenze distintive. 3.5 Le scelte di struttura Le scelte di struttura sono centrali per lo sviluppo dell’azienda. È indubbio che le decisioni relative a quali competenze presidiare determinano anche alcune rigidità. Esempio: investimenti elevati possono vincolare scelte successive, perché l’impresa cercherà di sfruttare il più a lungo possibile queste risorse, anche quando le condizioni del mercato suggerirebbero l’abbandono. Tra gli elementi di rigidità occorre considerare la tendenza delle persone a sviluppare modi di pensare e lavorare in modo routinario, che determina efficienza ma frena i processi di cambiamento. Un’azienda sana però deve essere capace di bilanciare le istanze di efficienza e di standardizzazione con la necessità di innovare e arricchire le competenze esistenti. 3.6 La specializzazione Definizione: Le economie di specializzazione sono i risparmi di costo derivati dalla scelta di un’azienda di concentrarsi su poche attività da realizzare in grandi volumi. I pro della specializzazione sono: Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810  velocizzazione dell’apprendimento da ripetizione  perché a) aumenta la velocità di realizzazione dell’attività e b) facilita la scoperta di nuovi modi di organizzare i processi, così da rendere più efficiente l’attività;  l’impiego ottimale delle competenze individuali  perciò a) riduce gli sprechi e b) porta ad un continuo miglioramento delle competenze esistenti. In numerose professioni, il livello di specializzazione è sinonimo di elevata professionalità, e produce quindi un avanzamento di carriera, nonché riconoscimento sociale ed economico;  riduzione dei costi e dei tempi di realizzazione dei prodotti  più una linea è specializzata per la produzione di uno specifico prodotto, maggiore è la sua produzione per unità di tempo. La specializzazione, inoltre, è stimolata da tre ulteriori comportamenti che determinano risparmi di costo: 1. la standardizzazione  la produzione in grandi quantità di beni dalle caratteristiche uguali, che comporta anche i processi standardizzati (es. i rapporti con i fornitori, i modi e i tempi di produzione, ecc..). Esempio: McDonald è diventata famosa in tutto il mondo per la dimensione del manuale di istruzioni su come preparare un hamburger, e fare in modo che il prodotto presenti le stesse caratteristiche organolettiche in tutti i paesi. 2. la modularizzazione  possibilità di suddividere un bene complesso in parti che possono essere progettate e prodotte anche indipendentemente, ma che poi devono funzionare insieme. Esempio: le cucine componibili. 3. l’uniformazione  l’adesione obbligatoria a standard, verificati da appositi organismi, che riguardino l’intero sistema e non le singole aziende. Esempio: le dimensioni dei fogli (A4, A3, A5, ecc.…). Vi sono prodotti che diventano standard di fatto (come il sistema operativo Windows), poiché sono impiegati da un numero tale di utilizzatori che le aziende sono costrette ad uniformarvisi. Nella realtà assistiamo – accanto ai fenomeni di elevata specializzazione – anche alla presenza di aziende diversificate, ovvero caratterizzate dal presidio di attività diverse e non necessariamente collegate tra loro. Esempio: le aziende che vendono scarponi da scii, producono anche scarpe per arrampicata, poiché i canali di vendita sono gli stessi. È quindi Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 possibile che si realizzino risparmi di costo non specializzandosi, ma al contrario aumentando la varietà dei prodotti. Altre forze intervengono a rendere economicamente più conveniente la produzione di un’ampia gamma di prodotti. Esempio: alcune aziende preferiscono lavorare con una serie di stabilimenti più piccoli, invece che concentrare la produzione in un solo, questo perché probabilmente il vantaggio di costo legato alla dimensione non sarebbe sufficiente a compensare altri aspetti – la possibilità di ripartire i rischi su più siti produttivi, l’opportunità di salvaguardare posti di lavoro in diversi territori, ecc.… 3.7 Le valutazioni di convenienza economica Le valutazioni di convenienza economica hanno come oggetto 1) la dimensione e 2) la configurazione ottimale dell’azienda. 3.7.1 Capacità produttiva e grado di sfruttamento Definizione: La capacità produttiva installata è un importante indicatore di dimensione; è il numero massimo di unità di output producibili nell’unità di tempo considerata. Il termine si riferisce a tutte le attività che si svolgono all’interno di un’azienda, pertanto la capacità produttiva può essere espressa utilizzando indicatori diversi. Esempio: in una uni, la capacità produttiva è rappresentata in termini di numero di posti a sedere, mentre in un’azienda di biscotti, è il numero massimo di scatole di biscotti che possono essere prodotte in una data unità di tempo. Maggiore è la capacità produttiva installata, maggiori sono i costi totali di produzione. Esempio: uno stabilimento grande richiede infatti investimenti maggiori, consuma più energia, utilizza più forza lavoro, ecc.… Definizione: il grado di sfruttamento della capacità produttiva è un indicatore usato per misurare l’efficienza della produzione. Indica la percentuale della capacità produttiva totale effettivamente utilizzata per realizzare una produzione, e si calcola come rapporto fra la produzione effettiva e la capacità produttiva installata  PE/CPI. 3.7.2 Costi fissi e costi variabili Definizione: I costi variabili sono quei costi che variano in base ai volumi di produzione. Esempio: i costi delle materie prime. Invece i costi fissi sono quei costi che, in un dato intervallo di produzione, non variano: Esempio: lo stipendio della segretaria. Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 Non sempre la distinzione è netta, ad esempio i costi del personale sono fissi o variabili in base al tipo di contratto. 3.8 L’impatto delle scelte di struttura sulla dimensione aziendale Come varia il costo medio unitario di produzione al variare delle dimensioni d’azienda? 3.8.1 Economie di scala ed economie di volume - Economi di scala Definizione: La teoria delle economie di scala suggerisce che l’incremento della capacità produttiva installata determina una riduzione del costo medio unitario di produzione, calcolata dividendo i costi totali di produzione per la produzione effettiva  CT:PE. Le economie (=vantaggi di costo) di scala si misurano confrontando i costi medi unitari corrispondenti a impianti con due diverse capacità produttive, però allo stesso grado di utilizzo. Come mai si verifica questo fenomeno? Per: 1. l’indivisibilità di alcuni componenti che vengono meglio sfruttati con un aumento dimensionale. Esempio: il costo orario di un docente non cambia se ad ascoltare sono 10 o 100 studenti, però è sicuramente auspicabile l’ultima cifra per poter dire che il messaggio della lezione non è stato vano; 2. la maggiore produttività degli input per effetto della specializzazione  risorse specializzate sono più vantaggiose economicamente perché a parità di costi producono un prodotto di migliore qualità; 3. le proprietà geometriche dei solidi. Esempio: la decisione di allargare la superficie di un magazzino determina un aumento più che proporzionale del suo volume. 4. l’utilizzo di impianti più efficienti  all’aumentare della potenza di un impianto, le prestazioni crescono in maniera più che proporzionale, mentre i costi crescono in maniera meno che proporzionale; 5. la migliore negoziazione con i fornitori  a maggiori quantitativi acquistati corrisponde spesso una riduzione del prezzo unitario Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 Occorre considerare i rischi connessi all’aumento delle dimensioni; lo sfruttamento delle economie di scala è infatti limitato:  dal mercato, che magari presenta una domanda fluttuante;  dalla richiesta del mercato di prodotti differenziati e in volumi piccoli;  dalla necessità di essere vicini al cliente con, per esempio, dei centri di assistenza locali;  dalla necessità di flessibilità (impianti molto grandi possono frenare i cambiamenti)  dal fatto che le economie di scala crescono fino ad una certa soglia, dopo la quale l’eccessiva dimensione richiede costi di coordinamento elevati. - Economie di volume Definizione: La teoria delle economie di volume (o di assorbimento dei costi fissi) suggerisce che in presenza di maggiore saturazione della capacità produttiva, il costo medio unitario di produzione diminuisce, poiché i costi fissi vengono assorbiti da una maggiore quantità di prodotto. 3.8.2 Economie di raggio d’azione (o di scopo) Definizione: Le economie di raggio d’azione (o di scopo) rappresentano i risparmi di costi gestionali, legati alla gestione congiunta di due o più beni, e derivano dall’esistenza di risorse non pienamente sfruttate (es. una parte della capacità produttiva) oppure utilizzabili su più prodotti (es. il marchio). Esempio: cucinare allo stesso tempo una torta e le lasagne consente di preparare un pasto ad un costo più basso, poiché si cucinano contemporaneamente le due pietanze nel forno. Le economie di raggio d’azione possono portare sia ad 1) una riduzione dei costi di produzione e/o di vendita, sia ad 2) un aumento del valore percepito dal cliente (es. tutti i prodotti di Apple hanno goduto di grande successo perché ciascun prodotto ha stimolato la vendita degli altri). Le risorse condivise possono essere: Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810  materiali  quindi utilizzate fino alla saturazione della capacità produttiva (=vincolo della capacità produttiva);  immateriali  non ci sono limiti di capacità produttiva. Esempio: un marchio di successo può essere trasferito su una gamma molto ampia di prodotti, realizzando economie di raggio d’azione sui costi di marketing e promozione. Definizione: Le aziende conglomerate sono grandi aziende che operano in mercati distinti, quindi sono fortemente diversificate. Esempio: General Electric opera in aree di attività non correlate fra loro (elettrodomestici, servizi finanziari, prodotti medicali, ecc.…). Definizione: La strategia di portafoglio è l’insieme delle scelte relative al presidio di una grande quantità di aree d’attività (in quali business operare e con quale intensità. Questa strategia ha come obiettivo: 1. combinare aree in forte crescita con aree più mature, per costruire nuove opportunità di sviluppo; 2. selezionare le aree di attività che operano in sistemi competitivi attrattivi, e in relazione alle quali l’impresa presenta vantaggi competitivi; 3. combinare aree di attività che generano risorse finanziarie con altre che ne assorbono, in modo da massimizzare i benefici fiscali; 4. selezionare aree di attività che presentano ricadute, in termini di apprendimento, anche per altre aree. 3.8.3 Economie di apprendimento (o di esperienza) Definizioni: Le economie di apprendimento sono le riduzioni di costo medio unitario del prodotto e il conseguente miglioramento della qualità dello stesso, ottenute come conseguenza dell’aumento della produzione cumulata. Questo avviene perché la specializzazione e la ripetizione dei processi nel tempo determinano una crescente efficienza. La principale differenza tra economie di apprendimento ed economie di scala è che nel primo caso aumenta la produzione complessiva nel tempo, mentre nel secondo caso l’aumento di produzione è legato all’ampliamento della capacità produttiva. Esempio: un nuovo prodotto Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 può presentare problemi di assemblaggio, costruzione, ecc.… che sono via via risolti man mano che si producono più pezzi, perché le persone coinvolte nella produzione diventano più efficienti. La regolarità nelle economie di apprendimento permette di prevedere il risparmio di costo legato all’aumento progressivo della produzione, che si presenta in percentuale costante, calcolando la variazione percentuale dei costi ad ogni raddoppio della produzione cumulata VdC% Px2. 3.8.4 Le scelte di make or buy La presenza di economie di varia natura condiziona le scelte in merito a quali attività svolgere all’interno dell’azienda e quali invece esternalizzare a fornitori specializzati. - L’esternalizzazione (=buy) Presenta costi di controllo del mercato (gestione delle transazioni, difesa dai comportamenti opportunistici, ecc.…). Comporta i seguenti vantaggi:  la possibilità di aumentare il livello di specializzazione, l’efficienza e le competenze nelle attività presidiate;  una maggiore flessibilità in caso di incertezze nel mercato o fluttuazioni della domanda;  al risparmio dei costi di coordinamento interno. Comporta invece i seguenti rischi:  l’inaffidabilità del fornitore esterno;  il fatto che il fornitore esterno acquisisca una così grande competenza ed efficienza da diventare un concorrente, o comunque da acquisire un elevato potere contrattuale;  switiching costs elevati, dovuti alla difficoltà di cambiare fornitore una volta firmato il contratto - Internalizzazione (=make) Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 Presenta costi di coordinamento interno. Conviene realizzare internamente le attività quanto maggiori sono:  la complessità informativa;  la specificità delle risorse coinvolte;  il rischio di comportamenti opportunistici. 3.9 Configurazione delle attività, struttura di costo e livello di rischio operatvo Il mix di costi fissi e costi variabili condiziona l’economicità dell’azienda. Una struttura con un’elevata incidenza di costi variabili è preferibile quando i volumi prodotti sono bassi, perché in questo modo la quota di costi fissi da assorbire è bassa; vale anche nel caso in cui l’azienda non riesca a prevedere i volumi prodotti. 3.9.1 Il punto di pareggio Come fa un’azienda a stabilire quale sia il livello minimo di produzione e di vendita da realizzare per non dover subire delle perdite? La formula del punto di pareggio risponde a questa domanda. Definizione: Il punto di pareggio (o break even point) è il momento in cui i ricavi coprono i costi fissi e i costi variabili; prima di questo punto l’azienda opera in perdita, oltre genera reddito. Definizione: Il margine di contribuzione è la differenza fra i ricavi e i costi variabile, e contribuisce all’assorbimento dei costi fissi.  Volume di pareggio = costi fissi/margine di contribuzione unitario  Fatturato di pareggio = costi fissi/margine di contribuzione % Dato che i costi fissi incidono parecchio sul volume e il fatturato di pareggio, è normale che un’azienda con un’incidenza elevata di costi variabili raggiunga prima il punto di pareggio rispetto ad un’azienda con un’elevata incidenza di costi fissi. Tuttavia, dopo che l’ha superato, la prima presenta tassi di crescita meno che proporzionali rispetto alla seconda. Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 Definizione: il rischio operativo è definito come l’impatto delle fluttuazioni dei volumi di produzione e di vendita sui risultati aziendali; quindi maggiore è l’incidenza dei costi fissi, più alto è il rischio. Definizione: il grado di elasticità operativa si calcola come rapporto fra i costi variabili totali e i costi fissi nel punto di pareggio  CVt/CF PdiP; quindi maggiore è il livello del punto di pareggio, maggiore è il grado di elasticità operativa, e maggiore il livello del rischio operativo. Capitolo 4 I risultat dell’azienda 4.1 Il bilancio d’esercizio Il modello del bilancio di esercizio (=insieme di operazioni in un periodo di riferimento, in genere 1 anno) permette di rappresentare l’attività economica svolta dall’azienda da tre punti di vista distinti ma interdipendenti: 1. in termini patrimoniali  per verificare periodicamente la consistenza e il mix delle risorse disponibili; 2. dal punto di vista economico  per verificare se l’azienda, in un dato periodo di tempo, è in grado di generare ricchezza; 3. in termini monetari  per accertare che l’azienda sia in grado in qualunque momento di far fronte ai suoi impegni nei confronti dei fornitori. Il bilancio di esercizio è un documento composto da 2 tavole di sintesi distinte, ma collegate fra loro:  la Tavola del Reddito o Conto economico  contiene valori-flusso relativi all’attività economica e rappresenta l’azienda, attraverso la contrapposizione costi/ricavi, dal punto di vista della sua capacità di generare reddito;  la Tavola del Capitale di funzionamento o Stato patrimoniale  contiene valori-livello che consentono di rappresentare, tramite la contrapposizione attività (=risorse Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 disponibili)/passività(=le fonti di finanziamento, capitale di rischio e capitale di prestito) l’azienda dal punto di vista patrimoniale e monetario. Ovviamente non tutti gli accadimenti dell’azienda trovano rappresentazione nel bilancio di esercizio; numerose condizioni centrali e distintive di un’impresa – come la reputazione, il know how, le relazioni, ecc.… - sono di natura immateriale, quindi non trovano rappresentazione nel bilancio, poiché non sono valori quantificabili oggettivamente. Le aziende sono obbligate per legge a produrre una volta l’anno un bilancio di esercizio perché, dal punto di vista dello Stato quello è il documento che permette di determinare quanto l’azienda ogni anno è tenuta a versare come imposta di reddito. (4.2 non riassunto perché inutile) 4.3 Le convenzioni utlizzate nella costruzione del bilancio Si utilizzano alcune convenzioni che rendono possibile anche a chi non ha stilato il bilancio di risalire alle decisioni da cui i dati sono scaturiti. Questi criteri di costruzione, largamente accettati e utilizzati, si rifanno a tre principi di fondo: 1. la certezza dei valori; 2. il principio di competenza; 3. il principio di prudenza. 4.3.1 La certezza dei valori Riguardo a questo principio, il bilancio di esercizio rileva solo gli accadimenti originati dallo scambio, poiché a fronte di un’operazione di scambio è possibile avere un riscontro oggettivo dei valori in gioco, espressi tutti in moneta, in modo da avere un’unità di misura per la rappresentazione. 4.3.2 Il principio di competenza e il principio di prudenza Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810  Competenza Definizione: si dice che un ricavo è di competenza se è stato conseguito con costi sostenuti in tutto in parte nell’esercizio. Per rispettare il principio di competenza occorre inserire in bilancio, accanto ai dati certi derivanti dallo scambio, anche alcuni dati stimati, come a) le rimanenze; b) le quote di ammortamento, cioè le quote di investimenti che contribuiscono alla formazione di ricchezza in uno specifico anno. Per comprendere questo principio occorre riflettere sul fatto che l’attività dell’azienda si svolge in un continuum di accadimenti nel tempo: continuamente cicli di scambio si aprono e si chiudono. La decisione di rilevare periodicamente lo stato di salute dell’azienda interrompe forzatamente il flusso delle attività, per rilevare quanto accade a cavallo di due esercizi. - Prudenza Definizione: Il principio di prudenza stabilisce che i costi sono certi, mentre i ricavi incerti, quindi in genere si preferisce rinviare il costo, piuttosto che anticipare il ricavo.  Dati stimati e congetturati Il Codice civile regolamenta i criteri da seguire nel calcolo dei dati stimati e congetturati, sia per rendere confrontabili i bilanci di società diverse, sia per evitare comportamenti opportunistici. Infatti, data la discrezionalità legata a questi dati, un’assenza di regolamentazione porterebbe le aziende a ridurre opportunisticamente il carico fiscale. Tutti i dati stimati e congetturati sono inseriti in bilancio in fase di chiusura. Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 Definizione: Le rilevazioni extra-contabili sono quelle fasi dello scambio che non implicano variazione di moneta e/o di credito/debito, e per questo non vengono rilevate nel bilancio. Definizione: il rateo è un’entrata o un’uscita futura corrispondente a una parte di ricavi e di costi già maturati, ma non ancora rilevati perché la loro manifestazione avverrà nell’esercizio successivi. Si possono avere ratei attivi (=quote di ricavi) e ratei passivi (=quote di costi). Esempio di rateo attivo: l’incasso dell’ultima rata del corrispettivo per un progetto di ricerca non terminato alla fine di un esercizio. Definizione: i risconti sono quote di costo o di ricavo non ancora maturate ma che hanno già avuto manifestazione finanziaria (per il rispetto del principio di competenza si trasferisce il valore all’esercizio successivo). Anche i risconti possono essere attivi o passivi. (Definizione: L’investimento è un fattore produttivo che sarà utilizzato per più esercizi, che trova rappresentazione nello Stato patrimoniale.) (Definizione: il periodo di ammortamento è il valore del contributo degli investimenti, calcolato dividendo il valore del fattore produttivo per il numero di anni in cui l’azienda ritiene che si esaurisca la sua vita utile  V(FP)/N(anni di utilità).) 4.4 La chiusura del bilancio e la riapertura nell’esercizio successivo Definizione: Le poste correttive (o rimanenze finali) vengono inserite al momento della chiusura del bilancio, tengono conto dei ricavi in formazione e permettono di allineare costi e ricavi all’interno di ciascun esercizio. Definizione: Il reddito imponibile è il risultato della differenza fra componenti negativi (costi) e componenti positivi (ricavi) di reddito. Metà di questo reddito diventa l’utile d’esercizio, mentre l’altra metà diventa fondo d’imposte (per pagare le imposte sul reddito). Il processo di costruzione del bilancio passa quindi per le seguenti fasi:  rilevazione di ciascuna operazione all’interno del piano dei conti; Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810  raccolta nel Conto economico e nello Stato patrimoniale dei dati certi;  inserimento dei dati stimati e congetturati;  calcolo delle imposte sul reddito;  calcolo dell’utile o della perdita;  riporto del saldo nel passivo dello Stato patrimoniale, con segno + in caso di utile e segno - in caso di perdita. 4.5 L’analisi di bilancio: la riclassificazione del Conto economico (vedere tabella 4.1 a pag. 124) La riclassificazione permette di ottenere maggiori info sullo stato di salute dell’azienda, ed è strumento per orientare le decisioni riguardo alla gestione futura. Sia il Conto economico, sia lo Stato patrimoniale sono oggetto di riclassificazione. Le diverse voci del Conto economico vengono riproposte in forma scalare (= dai ricavi di vendita all’utile di esercizio), isolando:  la gestione caratteristica  le attività distintive dell’aziende (es. i processi di acquisto, di produzione, le operazioni logistiche, distributive e di promozione del prodotto, ecc.…) ovvero quelle connesse ai processi di acquisto e trasformazione delle materie prime e alla vendita dei prodotti finiti. Esempio: in un ente della PA le operazioni relative alla raccolta dei tributi sono parte della gestione caratteristica. Le imprese che presentano i migliori risultati in questa gestione sono meglio posizionate, o più efficienti, dei propri competitors, perché appaiono più affidabili;  la gestione patrimoniale  le decisioni relative alla gestione della liquidità. Esempio: la scelta di una famiglia di acquistare una seconda casa o di affittarle per godere di redditi aggiuntivi. Le imprese che presentano i migliori risultati in questa gestione sono capaci di gestire il risparmio generato dall’attività caratteristica in modo vantaggioso.  la gestione finanziaria  l’identificazione delle modalità più opportune di copertura dei fabbisogni finanziari dell’azienda. Esempio: la valutazione degli investimenti; Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 Quando un’impresa è indebitata vuol dire che la gestione finanziaria non assorbe parte della ricchezza creata dalla gestione caratteristica;  la gestione straordinaria  operazioni che esulano dall’attività caratteristica dell’azienda, difficilmente prevedibili e che si caratterizzano per non essere ripetitive. Esempio: la decisione di comprare un macchinario;  la gestione tributaria  per la determinazione e il pagamento delle imposte e dei tributi. Un Conto economico riclassificato permette non solo di quantificare la ricchezza creata dall’azienda in un dato intervallo di tempo, ma anche di apprezzare la qualità di questa ricchezza in termini di sostenibilità complessiva dell’azienda. 4.6 L’analisi di bilancio: la riclassificazione dello Stato patrimoniale La riclassificazione dello Stato patrimoniale si pone l’obiettivo di confrontare il grado di equilibrio fra la struttura dell’attivo quella del passivo; la riclassificazione consiste in questo caso nella riorganizzazione delle voci dell’attivo in funzione dei tempi e dei costi di trasformazione delle attività in denaro, e dei tempi di restituzione delle risorse iscritte nel passivo. A differenza del Conto economico, la struttura dello Stato patrimoniale rimane a sezioni contrapposte.  I valori dell’attivo sono ordinati secondo il criterio della liquidità decrescente: l’attivo corrente raccoglie e trasforma sotto forma di denaro liquido (il saldo del conto corrente) le risorse già disponibili, quindi i titoli (che possono essere trasformati in denaro in poco tempo e a un valore certo), i crediti verso clienti e verso l’erario e le rimanenze (es. materie prime, semilavorati, prodotti finiti pronti per la vendita nell’esercizio successivo, ecc.…). A differenza delle voci dell’attivo corrente, le immobilizzazioni (o attività fisse, o attività immobilizzate) che compongono l’attivo fisso netto sono risorse che si trasformano in denaro in tempi lunghi e non senza incertezza, perché richiedono negoziazioni complesse (es. la vendita di un immobile, di un marchio o di un brevetto). Le immobilizzazioni sono di diversa natura: Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810  tecniche o materiali  es. immobili, macchinari, attrezzature;  immateriali  es. brevetti, marchi, ecc.…;  finanziarie  es. partecipazioni in società.  I valori del passivo sono ordinati secondo il criterio della scadenza (o esigibilità), cioè del termine entro il quale l’azienda deve far fronte agli impegni che questi valori rappresentano. I debiti a breve termine (es. nei confronti delle banche, dei fornitori, ecc.…) tipicamente scadono entro l’esercizio, mentre gli impegni a medio/lungo termine nei confronti di terzi (es. i mutui) hanno scadenze superiori. La riclassificazione secondo questi due criteri permette di confrontare la struttura dell’attivo e del passivo dello Stato patrimoniale, e consenti di esprimere 3 fondamentali tipi di giudizio: 1. la composizione e la struttura dell’attivo in termini di flessibilità  maggiore è l’incidenza dell’attivo fisso netto sul totale delle attività, maggiore è la rigidità strutturale dell’azienda; maggiori sono i costi fissi, maggiore è la vulnerabilità dell’azienda nell’ipotesi di una riduzione della domanda; 2. la composizione e la struttura del passivo in termini di incidenza dei mezzi di terzi sul totale delle passività e sulla loro composizione  maggiore è il ricorso a capitale di terzi, maggiore è l’incidenza della gestione finanziaria sul reddito dell’azienda; maggiore è l’indebitamento di breve termine, tanto più l’azienda dovrà fronteggiare impegni di pagamento più pressanti, e quindi avrà maggiori difficoltà a raggiungere l’equilibrio monetario; 3. il rapporto tra fonti e impieghi  quanto maggiore è il rapporto (e la differenza) fra le attività correnti e le passività correnti (=capitale circolare netto), tanto più è probabile che l’azienda riesca a far fronte agli impegni di pagamento nell’immediato futuro; ciò è vero nella misura in cui le attività correnti sono composte da liquidità immediate piuttosto che da rimanenze e crediti. 4.7 L’analisi di bilancio: gli indici Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 La valutazione complessiva dello stato di salute dell’azienda può essere completata calcolando alcuni indici sintetici. Per la loro capacità di sintetizzare e quantificare fenomeni complessi, gli indici permettono una ulteriore analisi delle relazioni fra la dimensione economica, quella patrimoniale e quella finanziaria, e sulla sostenibilità di lungo periodo dell’azienda. Definizione: Gli indici o quantificatori di bilancio rappresentano indicatori di confronto con un elevato valore di sintesi e di comunicazione. I criteri di costruzione degli indici possono variare in funzione degli obiettivi conoscitivi. 4.7.1 Gli indici di liquidità Gli indici di liquidità permettono di indagare l’attitudine della struttura patrimoniale a fronteggiare gli impegni di pagamento a breve termine con le disponibilità liquide. Gli indici di liquidità più importanti sono: 1. il quoziente di disponibilità, definito come rapporto fra attivo corrente e passivo corrente  QD = AC/PC. Valori inferiori a 1 indicano un’elevata tensione di liquidità: l’azienda non riesce a far fronte ai debiti in scadenza con le attività correnti e deve quindi indebitarsi. Il valore ottimale è di poco superiore all’1, perché valori troppo elevati suggeriscono all’azienda di investire una parte della liquidità; 2. Il quoziente di liquidità è definito come rapporto fra liquidità (immediate + differite) e passivo corrente  LI + LD/PC. Il significato di tale quoziente è simile a quello precedente, anche se calcola la liquidità in modo più prudenziale, poiché esclude le rimanenze. Un’eccessiva differenza fra indice di disponibilità e indice di liquidità suggerisce all’azienda di ridurre il peso delle rimanenze, che assorbono risorse. 4.7.2 Gli indici di solidità Gli indici di solidità misurano la capacità dell’azienda di far fronte agli impegni di pagamento nel lungo periodo. Gli indici di solidità più importanti sono: Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 1. il rapporto di indebitamento, che è un indice di solidità patrimoniale, cioè della solvibilità a lungo termine dell’impresa  RI = CT (capitale di terzi)/CN (capitale netto). Quanto più un’azienda è indebitata, tanto maggiore è il grado di dipendenza verso i conferenti di capitale di prestito, e quindi tanto minore è la solidità patrimoniale. Di norma è bene che il capitale di terzi non sia più del doppio rispetto al capitale proprio. 2. Il grado di copertura delle immobilizzazioni; un’azienda che ha le immobilizzazioni coperte dal capitale proprio ha maggiore probabilità di mantenere la solvibilità nel lungo periodo  CI (copertura delle immobilizzazioni) = CN (capitale netto)/IN (immobilizzazioni nette). Se tale rapporto è maggiore di 1, le immobilizzazioni sono coperte dal capitale proprio. 4.7.3 Gli indici di redditività Gli indici di redditività sono indicatori di efficienza della gestione:  il RONA (Return On Net Asset) misura la redditività operativa, ossia la capacità della gestione caratteristica di generare ricchezza rispetto all’investimento effettuato. Tale indicatore è chiamato anche ROI (Return on Investment)  RONA = RO (reddito operativo)/AN (attivo netto);  il ROS (Return On Sales) misura la redditività delle vendite  ROS = RO (reddito operativo)/RV (ricavi di vendita);  il Tasso di Rotazione (TR) misura la capacità dell’azienda di produrre fatturato dati gli investimenti effettuati  TR = VV (volumi di vendita)/AN (attivo netto). Questo rapporto esprime l’attitudine di un’azienda a impiegare in modo efficiente il capitale investito. Un TR molto basso potrebbe quindi essere indice di squilibrio fra il capitale investito (=dimensione strutturale) e le vendite che si riescono ad effettuare (=dimensione operativa).  Il ROE (Return On Equity) misura la redditività dell’investimento effettuato dai conferenti di capitale e viene confrontato con il rendimento di altri investimenti alternativi. Come tale esprime il tasso di remunerazione dei conferenti di capitale di rischio e quindi, se confrontato con il costo figurativo di tale capitale, consente di valutare se nel periodo considerato si è conseguito l’equilibrio reddituale, nonché di determinare l’appetibilità Scaricato da Giulia Federici ([email protected]) lOMoARcPSD|47785810 dell’investimento nell’azienda per i conferenti di capitale  ROE = RN (reddito netto)/CN (capitale netto). 4.7.4 Le determinanti del ROE e la leva finanziaria Scomponendo il ROE in 3 indici troviamo: 1. l’indice di redditività operativa, cioè il RONA (= RO/AN)  all’aumentare di quest

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