Fondamenti di Management PDF
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Università degli Studi di Verona
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Questo documento fornisce una panoramica dei concetti fondamentali di management e dell'economia aziendale. Vengono analizzati i ruoli aziendali, le risorse, la gestione dello sviluppo dimensionale e la razionalità limitata delle scelte d'impresa. L'autore descrive anche il valore delle risorse intangibili e la gestione delle risorse umane.
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Fondamenti di management ECONOMIA AZIENDALE: studia le condizioni di esistenza e ECONOMIA E GESTIONE DELL’IMPRESA: complesso di decisioni manifestazioni di vita dell’azienda: fatture, contabilità, bilancio e operazioni volte al raggiungimento degli obiettivi prefissati. ecc. > rappre...
Fondamenti di management ECONOMIA AZIENDALE: studia le condizioni di esistenza e ECONOMIA E GESTIONE DELL’IMPRESA: complesso di decisioni manifestazioni di vita dell’azienda: fatture, contabilità, bilancio e operazioni volte al raggiungimento degli obiettivi prefissati. ecc. > rappresentazione economica dello stato dell’azienda. Raggruppa 2 aree: management e marketing. MANAGEMENT: la gestione dell’impresa attraverso professionisti (manager) specializzati in ruoli di connessione e governo, atta ad integrare le attività di direzione e controllo da parte dell’imprenditore. “Il management è un’arte, non una scienza” Non è una disciplina certa ed esatta, tutto DIPENDE da vari fattori: capacità, conoscenze, come si muovono le persone all’interno dell’azienda ma anche all’esterno. Tuttavia, anche se non è una scienza esatta come la matematica, è una scienza sociale. IMPRESA: un istituto preposto primariamente alla produzione di beni e servizi per il soddisfacimento dei bisogni della società. Le persone perseguono dei fini ↓ che suscitano bisogni da soddisfare ↓ per cui le persone svolgono un’attività economica ↓ per mezzo di istituti economici (vedi immagine). IMPRESA SOGGETTO: proiezione del soggetto imprenditoriale, che si trasforma in istituto. Processo evolutivo basato su: >>> qual è la finalità? massimizzazione del profitto 1 1. spinta imprenditoriale >>> esiste realmente? NO!!!!!! → NON è un soggetto, ma una 2. relazioni attivate all’interno e all’esterno continua mediazione e interazione tra almeno 2 soggetti. 3. risorse tangibili e intangibili disponibili RAZIONALITÀ INTERSOGGETTIVA STAKEHOLDER = portatori di interesse, “quei gruppi senza il cui appoggio un’organizzazione cesserebbe di esistere”: a. interni: figli dell’imprenditore, dipendenti; b. esterni: − fornitori, clienti, creditori e debitori, banche o investitori privati; − lo Stato: duplice interesse di 1. riscuotere le tasse; 2. mantenimento delle imprese per evitare disoccupazione e povertà + principio costituzionale di contributo alle famiglie in difficoltà; − la comunità locale: necessità, interessi, qualità della vita, impatto ambientale (es. comuni nei pressi di stabilimenti inquinanti). RAZIONALITÀ LIMITATA: Il contesto della società di oggi è molto vario (numerose opzioni) e variabile (si trasforma) > è difficile trovare un bisogno che non sia già stato soddisfatto. Le imprese non possono considerare, per ogni investimento, TUTTA LA VARIETÀ E TUTTE LE OPPORTUNITÀ che il mondo oggi offre, è IMPOSSIBILE avere la CERTEZZA che una scelta imprenditoriale avrà il massimo profitto possibile. IMPRESA SISTEMA 1. cognitivo: apprende e matura progressivamente; 2. complesso: molti soggetti interagiscono; 3. gerarchico: per prendere decisioni, le imprese seguono iter per sottofasi/sottoprocessi, soggette a delle “macro-decisioni”; 4. autopoietico: evolve a partire da sé stesso > non esisterà mai un’impresa uguale ad un’altra IL PROFITTO È LA DIFFERENZA TRA I RICAVI E I COSTI > risultato economico positivo a cui è stata sottratta una parte da reinvestire. 1. La quota destinata a ripagare il rischio corso nell’attività aziendale; 2. Il premio che spetta a colui che promuove l’innovazione; 3. Il compenso che spetta all’imprenditore per l’organizzazione dei fattori produttivi; 4. Il risultato dell’imperfezione del mercato da cui si origina l’acquisizione di posizioni monopolistiche >>> in origine si riteneva che il mercato (= luogo di scambio tra l’offerta e la domanda) fosse perfetto, cioè che tutti gli operatori fossero alla pari e che la competizione si autoregolasse, ma oggi sappiamo che non è così: il monopolio è una forma di mercato in cui un’unica impresa offre un determinato bene/servizio (es. marche da bollo = lo Stato; primo monopolio retto da enti pubblici = IL GHIACCIO, per conservare i cibi ed evitare malattie). 1 La massimizzazione del profitto ha dei LIMITI: 1. Orizzonte temporale: se si punta a guadagnare tanto e subito, si mette a rischio la longevità dell’impresa; 2. Rischio: un fattore imprevedibile che può dare risultati positivi come estremamente negativi. Qual è la finalità dell’impresa? LA CRESCITA = SVILUPPO DIMENSIONALE ***** (tramite risorse materiali, immateriali e umane) Come si misura la dimensione di un’impresa? PARAMETRI: 1. Economici: a. Fatturato = risultante delle entrate grazie alla vendita di prodotti (disponibilità e facilità di lettura) > è l’indice più immediato, ma non è sufficiente per confrontare le dimensioni di imprese di settori diversi (es. automobili e alimentari); b. Valore aggiunto = quanto, in termini di valori economici, un’impresa aggiunge rispetto ai fattori di input resi dal mercato > ci fa capire qual è la portata di quell’impresa e svela molte delle scelte aziendali. È il parametro teoricamente più valido, ma è difficile calcolarlo perché spesso le imprese non lo rendono noto. Può essere determinato: − In via sintetica: dedurre dall’output aziendale il valore degli input acquisiti dall’esterno; − In via analitica: insieme delle remunerazioni dei fattori produttivi (utile netto, imposte sul reddito, oneri finanziari, retribuzioni al personale e ammortamenti). 2. Tecnici: a. Produzione realizzata = come il fatturato, è un indicatore disponibile ma non può paragonare settori diversi. All’interno dello stesso settore, però, è difficile mettere a confronto imprese che producono servizi (es. agenzie di viaggi, ristorazione >>> cambiano le modalità di erogazione del servizio, la quantità di clientela ecc.); b. Capacità produttiva = quanto l’impresa può potenzialmente produrre, sulla base delle risorse fisiche, umane, impianti ecc. >>> alta produttività = tanti prodotti in poco tempo. o Teorica/nominale: il caso in cui tutte le condizioni di utilizzo siano ottimali (es. la stampante stampa X pagine al minuto SE la connessione è veloce); o Effettiva: prestazione che si presenta nell’uso concreto (es. le pagine al minuto non sono il n. previsto). 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑧𝑖𝑜𝑛𝑒 Grado di utilizzo di un impianto = Grado di sfruttamento = 𝑐𝑎𝑝𝑎𝑐𝑖𝑡à 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎 𝑐𝑎𝑝𝑎𝑐𝑖𝑡à 𝑝𝑟𝑜𝑑𝑢𝑡𝑡𝑖𝑣𝑎 (𝑠𝑢𝑙𝑙𝑎 𝑏𝑎𝑠𝑒 𝑑𝑒𝑙 𝑡𝑒𝑚𝑝𝑜) 3. Patrimoniali: fanno riferimento al patrimonio dell’impresa a. Capitale sociale = il denaro investito (“capitale netto” = conferimenti, utili e perdite, prelievi e dividendi). Ha dei limiti: per alcuni tipi di imprese, la legislazione impone un capitale minimo e non un massimo, per cui la maggior parte delle imprese mantengono il minimo capitale ma sono nettamente diverse secondo altri parametri. In più, nel computo del capitale investito non vengono compresi eventuali beni in locazione o in leasing. Esempio: nel caso di imprese di assicurazioni, la legge obbliga a dichiarare l’ammontare del capitale sociale come garanzia ai terzi, ma non il numero di assicurati, per cui questo indicatore diventa irrilevante. 4. Organizzativi: a. Numero addetti = dipendenti con un contratto di lavoro a tempo pieno e indeterminato > ISTAT (Istituto Nazionale di Statistica): determina la tipologia di impresa in base ai lavoratori che la compongono. Questo indicatore non è efficace per confrontare imprese di settori diversi. Dal rapporto tra il numero di addetti e il capitale investito si ricavano utili indicazioni sul grado di automazione del processo produttivo [GRANDE IMPRESA = 500+ ADDETTI] Esempio: scelta di capital intensive nelle aziende agricole (basato soprattutto su macchinari e poco fattore lavoro) > secondo il parametro organizzativo, un’azienda con più addetti (labour intensive) sembrerà di dimensioni maggiori, anche se effettivamente quella capital intensive produce di più. I gruppi di imprese: un insieme di società giuridicamente distinte, connesse da significativi legami azionari che complessivamente consentono il controllo stabile di tutte le attività, ovvero ne facilitano e garantiscono il coordinamento. Una via intermedia tra la PMI e la grande impresa > può raggiungere dimensioni significative in termini di fatturato o di personale dipendente pur mantenendo la struttura flessibile e adattiva dell’impresa media e piccola. Il gruppo deve essere un integratore, cioè un insieme sistemico e non statico, con un capogruppo; deve assicurare un controllo strategico, con obiettivi comuni; deve riscontrare un’unificazione nei processi decisionali e una fusione dei capitali. gruppi gerarchici: le holding sono alla testa del gruppo, sede di controllo di tutte le attività; le società operative sono dedite alla trasformazione e alla commercializzazione; gruppi associativi: le imprese hanno poteri equivalenti; gruppi conglomerati: operano in settori privi di collegamenti fra loro. Qual è il parametro migliore per misurare le dimensioni di un’azienda? Non ce n’è uno migliore degli altri, la scelta dipende dall’OBIETTIVO DELLA MISURAZIONE/VALUTAZIONE, e da altre variabili: RISORSE TANGIBILI/MATERIALI: condizione sine qua non dell’esistenza dell’impresa: materie prime, semilavorati, impianti, macchinari ecc. Lavorare solo su queste non produce un grande profitto. RISORSE INTANGIBILI/IMMATERIALI: permettono di avere un potenziale vantaggio competitivo: conoscenze tecnologiche, scientifiche, commerciali, organizzative, soddisfazione della clientela, metodo di lavoro degli addetti ecc. Il prodotto dell’impresa sarà anch’esso una risorsa, perché entrerà nei processi produttivi di altre imprese → quindi possiamo intendere l’impresa come un meccanismo per trasformare risorse in altre risorse che abbiano un valore maggiore. CARATTERISTICHE delle risorse intangibili: Sedimentabilità: si accumulano di volta in volta (es. fiducia dei clienti, degli stakeholder) > incoraggia il titolare nelle sue scelte; Incrementabilità: crescono nel tempo (es. la routine all’interno di un’impresa) > consente una maggiore produttività, riduzione del tempo di produzione e del margine di errore; Unicità: particolari per ogni impresa; Difficile acquisibilità e copiabilità (imperfetta trasferibilità): l’abilità di praticare il mestiere è qualcosa di “innato”, difficile trasmettere la conoscenza sul campo; Flessibilità: capacità di rispondere alle richieste del mercato in modo tempestivo (fattore positivo), trasferimento di risorse intangibili su altri prodotti. Questa risorsa potrebbe diventare qualcosa di negativo > esempio: un’azienda lancia un nuovo prodotto nel proprio settore di successo, affidandosi alla fama del brand che farà sicuramente vendere lo stesso; ma il rischio è che, se il prodotto non è della stessa qualità e ha un riscontro negativo, questo si diffonda a tutti gli altri prodotti e l’azienda riduca le vendite (effetto boomerang) → Impatto diretto del brand: vendita di gadget con un simbolo/mascotte (es. Prezzemolo per Gardaland); Impatto indiretto (+ importante): pubblicità gratuita, acquisizione di altri clienti; Deperibilità: le risorse intangibili si possono deteriorare se non si investe in maniera adeguata. In quale direzione devo investire se voglio far crescere le risorse intangibili della mia impresa? Nelle PERSONE!!! (benessere dei dipendenti, personale formato, politica aziendale ecc.) → RISORSE UMANE. È importante fare una selezione accurata delle persone che collaborano con l’impresa, perché dalle loro capacità e potenzialità deriva il successo della stessa. Due soggetti/persone dell’impresa: ▪ IMPRENDITORE: colui che crea l’impresa, soggetto pensante che HA L’IDEA, rischia il capitale che investe e porta avanti progetti per far crescere l’attività > “distrugge” il presente per creare qualcosa di nuovo, è proiettato verso il futuro → capacità tecnica, fantasia, tenacia, propensione al rischio, spirito di iniziativa, capacità di leadership; ▪ MANAGER: gestisce l’impresa dal punto di vista organizzativo, non ha gli stessi poteri dell’imprenditore, è assunto e ha uno stipendio in parte fisso e in parte variabile in base al profitto dell’impresa, possono essere anche più di uno in base al settore. VBM (value-based management) > 3 componenti: − Misurazione del valore creato; − Pianificazione degli investimenti e delle altre scelte aziendali; − Sistema di incentivazione per fare in modo che le scelte siano indirizzate alla creazione di valore per gli azionisti. Queste 2 figure possono coincidere per 2 motivi principali: 1) per le dimensioni dell’impresa: nelle piccole imprese è difficile avere i fondi per assumere qualcuno di nuovo; 2) per una questione culturale: l’imprenditore tipico italiano fa fatica a delegare. Qual è l’impatto dell’unione di queste 2 figure? L’imprenditore e il manager hanno “mentalità” e modi di fare differenti. L’imprenditore sta dentro l’impresa a lungo termine, probabilmente dall’avviamento alla chiusura; il manager ha una prospettiva più ristretta (rimane nell’impresa per qualche anno), quindi cambia anche il tipo di decisioni che assumono. Se ad esempio il soggetto ha l’animo più da imprenditore e meno da manager, l’impresa sarà molto innovativa, dinamica, impattante; tuttavia, avrà delle lacune/difficolta in alcuni aspetti perché la gestione dei dettagli organizzativi, perché manca di precisione analitica e meticolosità. Viceversa, se l’imprenditore ha l’animo più da manager, sarà un’impresa in perfetto ordine, funzionale, ogni anno con un risultato economico buono, ma sarà un’impresa statica che rischia di non essere duratura. 2 principi essenziali che guidano l’impresa: ▪ EFFICACIA: raggiungere l’obiettivo prefissato → ne risponde principalmente l’imprenditore; ▪ EFFICIENZA: come si consegue l’obiettivo, mantenimento dell’equilibrio tra risorse impiegate (output, uscite) e risultato raggiunto (input, entrate), quindi nelle modalità corrette, senza danneggiare l’impresa → ne è responsabile il manager. ***** Quindi la finalità è una ricchezza che va oltre al profitto economico, ma comprende L’IMPATTO che l’impresa ha sul mercato, quanto quell’impresa è potente, quanto la sua influenza si percepisce nel mercato: 1) CREAZIONE DEL VALORE DEL CAPITALE ECONOMICO: riguarda non solo il risultato dell’impresa nei mercati reali (il passato), ma è un concetto di ricchezza che guarda al futuro, alla competizione, al rapporto con mercati istituzionali, mercati finanziari, e il resto dell’ambiente che lo circonda (STAKEHOLDER) > ricchezza duratura e SOSTENIBILE. capitale economico = valore dell’impresa – valore del debito (flussi che l’impresa genererà grazie ai suoi investimenti) - (valore attuale dei flussi che saranno pagati ai finanziatori). Il reale valore di una GRANDE IMPRESA si può misurare in base al valore in borsa, cioè il valore creato per gli azionisti. 2) DIFFUSIONE DEL VALORE DEL CAPITALE ECONOMICO: risorse intangibili che si trasferiscono sul mercato, “il nuovo valore si trasfonde in aumentati valori di mercato”. L’AMBIENTE PER L’IMPRESA AMBIENTE: il contesto generale all’interno del quale l’impresa è chiamata a svolgere le sue funzioni. Sistema aperto = l’impresa, anche se oggetto autonomo e specifico di studio e analisi, è integrata nel sistema sociale, economico e giuridico in cui opera: Insieme di attori (stakeholder); Insieme di condizioni (vincoli e opportunità). AMBIENTE INTERNO: stakeholder interni: − La proprietà: gruppo di soggetti a cui sono associati interessi nell’impresa e capacità di influenza sulle dinamiche aziendali. Un'impresa può avere una struttura proprietaria concentrata (pochi soggetti che detengono elevate quote di capitale, incidono di più) o frammentata (molti soggetti che detengono piccole quote del capitale). Gli azionisti si possono distinguere in industriali (legati all’aspetto operativo dell’impresa) e finanziari (istituzioni che forniscono capitale a titolo di debito), tranne nel caso in cui la proprietà sia pubblica (l’unico caso in cui lo Stato è uno stakeholder interno). − I dipendenti: apportano all’impresa i due fattori produttivi principali, cioè capitale e lavoro. La loro posizione in qualità di stakeholder dipende dal livello di partecipazione ai processi decisionali e dal livello di rappresentanza. − Il manager: per l’importanza del suo ruolo, va distinto dai dipendenti ordinari. La sua posizione dipende dalle dimensioni e il grado di complessità aziendale, dall’articolazione della struttura proprietaria, dalla presenza di meccanismi di incentivo e dalla presenza di un mercato finanziario efficiente. AMBIENTE ESTERNO: stakeholder esterni, composto da: − Soggetti primari: verso i quali l’impresa ha un rapporto di tipo COMPETITIVO = sono fondamentali perché, se insoddisfatti, comprometterebbero la sopravvivenza dell’impresa → clienti, fornitori, investitori, dipendenti, governo e comunità. o Fornitori e clienti: l’insieme delle lavorazioni che consentono di arrivare a un prodotto/servizio finito partendo da un insieme di fattori primari è detto filiera produttiva, che si analizza secondo 3 elementi chiave > la struttura del mercato di fornitura o di sbocco, il valore dello scambio, le caratteristiche della relazione. o Competitor attuali e potenziali: l’intensità della concorrenza esistente dipende da diversi fattori > il tasso di concentrazione, cioè la distribuzione delle quote di mercato in un settore; la differenziazione del prodotto e la diversità dei concorrenti; le condizioni del costo, cioè la presenza di economie di scala e costi fissi. − Soggetti secondari: rapporto NON COMPETITIVO = influenzano o sono influenzati dall’impresa (che assume un ruolo passivo), ma non sono direttamente coinvolti → media, comunità di attivisti, istituzioni pubbliche, ONG. o Il sistema finanziario: il ruolo degli operatori finanziari dipende da 3 fattori > il livello di indebitamento/rischio dell’impresa, la dimensione e il prestigio dell’impresa, le caratteristiche dell’intero sistema finanziario. o I gruppi di interesse e la società: legati ai valori incorporati negli obiettivi e strategie d’impresa (es. politiche ambientali). o Il sistema pubblico e il macroambiente: il ruolo dell’operatore pubblico può riguardare diversi ambiti come la regolamentazione dei mercati, la tutela della concorrenza, le politiche macroeconomiche. L’impresa deve bilanciare gli interessi di ogni gruppo sulla base dei relativi contributi, costi e rischi che li caratterizzano. 3 sottocategorie in base al differente livello di influenzabilità da parte della singola impresa: 1. Macroambiente: quello più distante, meno facilità di interazione (es. Stato); 2. Ambiente settoriale: include tutti gli stakeholder del settore (es. tutti i bar d’Italia); 3. Ambiente competitivo: cerchia più ristretta, imprese in competizione (es. i bar della zona universitaria di Verona). SWOT ANALYSIS: l’azienda deve svolgerla ogni volta che deve prendere una decisione, o almeno una volta all’anno. AMBIENTE Punti di forza Punti di debolezza INTERNO Opportunità AMBIENTE Minacce Es. impresa edile sfrutta l’occasione del bonus ESTERNO Es. la guerra in Ucraina minaccia l’economia mondiale. ristrutturazione promosso dallo Stato. Non basta sapere quali sono gli stakeholder, ma è necessario capire “a chi” prestare maggiore o minore attenzione e “come” farlo. Categorie di rilevanza degli stakeholder: LEGITTIMITÀ: il titolo gli conferisce potere (es. è socio); POTERE: indipendentemente dal titolo che ha, ha potere sull’impresa (es. socio di minoranza = legittimato ma non ha potere); URGENZA della manifestazione di interesse che lo stakeholder presenta. 0. NO stakeholder (NO titolo/potere/urgenza). 1. Stakeholder LATENTE (solo 1 criterio). a) Dormienti: limitata interazione con l’azienda; b) Discrezionali: legittimazione di natura sociale; c) Domandanti: richieste insignificanti. 2. Stakeholder CON ASPETTATIVE (solo 2 criteri). d) Dominanti: potere e legittimità; e) Dipendenti: necessitano potere per essere considerati; f) Pericolosi: esercitano potere anche con la forza (sabotaggio, pratiche illegali, spionaggio informativo). 3. Stakeholder ASSOLUTO (tutti e 3 i criteri) (g). Come si deve comportare l’impresa di fronte a questi stakeholder? L’interazione è attiva o passiva? Interazione passiva: l’istanza viene portata avanti automaticamente. Interazione attiva: si discute sulla proposta, all’impresa interessa l’istanza. Come può l’impresa gestire gli stakeholder che fanno parte dell’ambiente? La corporate sustainability (CS) agisce sul miglioramento della capacità delle imprese di rispondere alle richieste provenienti dal proprio contesto di riferimento > leva strategica per preservare l’equilibrio economico del passato (solidarietà patrimoniale), del presente (andamento economico favorevole) e del futuro (efficienza, innovazione, competitività). ATTEGGIAMENTI DI GESTIONE DEGLI STAKEHOLDER REAZIONE: DIFESA: ADATTAMENTO: PROATTIVITÀ l’impresa recepisce l’impresa ammette l’impresa riconosce che è sua L’impresa anticipa le possibili istanze l’istanza dello l’istanza ma la combatte responsabilità rispondere e si portate avanti dagli stakeholder > fa stakeholder e nega per arrivare ad un adatta alla richiesta > di più di quanto è richiesto (es. l’interesse = ignora, non compromesso = organizza le sue risorse per un’impresa rimuove dal mercato fa nulla a riguardo. realizzare il minimo rispettare l'istanza. prodotti di plastica prima che ne sia soddisfacimento. impedita la vendita) Come scelgo l’atteggiamento da adoperare? Valutazione delle priorità in base a: Il rischio che deriva dal comportamento degli stakeholder; La cooperazione che è possibile ottenere dagli stakeholder LA DINAMICA EVOLUTIVA DEGLI STAKEHOLDER si può rappresentare lungo 3 dimensioni (vedi immagine): Personale: un soggetto modifica i propri atteggiamenti e comportamenti verso l’azienda; Di categoria: un soggetto passa da una categoria a un’altra; Strategica: la relazione tra stakeholder e impresa che cambia nel tempo. L’ambiente è oggettivo o soggettivo? E perché? L’ambiente DI BASE è OGGETTIVO, perché l’ambiente settoriale non cambia, i potenziali clienti sono gli stessi. Di fatto, l’ambiente è SOGGETTIVO, perché dipende dalle capacità di relazione/interazione con gli stakeholder dell’ambiente. Di sicuro, l’ambiente è COMPLESSO***: Percepire: essere consapevoli della complessità; Fronteggiarla: come affrontare la complessità; Produrre all’interno dell’impresa le condizioni per incrementare il patrimonio di conoscenza > l’arma più potente è che gli addetti siano sempre più informati sull’ambiente che circonda l’azienda, per far fronte alle continue “sfide”. ***ELEMENTI DELLA COMPLESSITÀ: Varietà e variabilità della domanda: varietà = la domanda (clientela) esprime delle preferenze diversificate, quindi l’impresa è costretta ad offrire sul mercato prodotti diversi; variabilità = nel tempo, la stessa domanda esprime preferenze diverse; Autopropulsività della domanda: il cliente stesso chiede un prodotto che non esiste e l’impresa deve essere capace di percepire i bisogni sia espressi che latenti (prima o poi verranno espressi) → si autogenera → il cliente mira a chiedere un prodotto che non esiste → impresa deve essere capace di anticipare i bisogni dei clienti→ sia quelli espressi, sia quelli latenti (=investimenti nei social per capire bene la domanda); Inappropriabilità della ricerca scientifica: Quando i laboratori di ricerca e sviluppo creavano nuovi prodotti, li proteggevano con un brevetto (es medicinali) MA OGGI non ha più senso, perché è molto costoso e non ha senso “difendere legalmente”. In contesti come quello di oggi molto dinamici, incontrollabili, quello che viene inventato oggi potrebbe essere domani superato. Ha più senso sfruttare l’innovazione e investire nella ricerca e nello sviluppo per essere sempre al primo posto nella proposta di prodotti innovativi. Vendere il “know-how” di un nuovo prodotto e quindi creare delle imitazioni è utile perché aumenta il valore del mio prodotto + genero profitto, una ricchezza ulteriore, che mi serve per investire nella ricerca. GLOBALIZZAZIONE: La tendenza dell’economia ad assumere una dimensione sovranazionale. Oggi, oltre allo scopo di lucro, ogni impresa persegue delle finalità di beneficio comune e opera in modo responsabile, sostenibile e trasparente nei confronti di persone, comunità, territori e ambiente. Un processo di integrazione delle economie delle diverse aree del mondo. Relazione tra business e biosfera: dalla salute e dal buon funzionamento degli ecosistemi dipende sia la capacità delle imprese di competere, sia il nostro benessere (Agenda 2030, Accordi di Parigi, Protocollo di Kyoto). Si sta assistendo ad un rinnovamento dei modelli di produzione e consumo prevalenti nel contesto globale, finalizzato alla creazione di un sistema capitalistico virtuoso > Socially Responsible Investing (SRI). Possiamo analizzare la globalizzazione da 3 punti di vista: 1. Globalizzazione del mercato e delle merci > abbattimento delle barriere doganali dal 1945, oggi sostenuto oggi dal World Trade Organization (istituito nel 1995, sede a Ginevra, definisce le regole del commercio mondiale per tutti i suoi paesi membri, circa 150, secondo una logica liberista); 2. Mondializzazione delle imprese, dei processi del lavoro e dei processi produttivi > delocalizzazione del lavoro (PERSONE); 3. Mondializzazione finanziaria > possibilità di far fluire i capitali da un paese all’altro. Il sistema delle imprese naviga secondo un principio liberista e sta dietro alla TEORIA DELLO SGOCCIOLAMENTO: principio di base che fa scaturire la filosofia di questi organismi, e quindi le decisioni rispetto al fluire dei capitali: “il processo, pur generando enorme iniquità, produrrà una ricchezza e una crescita talmente elevate da tracimare (sfociare) necessariamente, piano piano, verso i paesi poveri, a loro beneficio” Banca Mondiale: aveva come obiettivo i provvedimenti necessari per superare la fase post bellica; Fondo Monetario Internazionale (FMI): regolamentazione delle relazioni monetarie e finanziarie (equilibri tra valute). Come si misura la globalizzazione? 3 variabili legati ai 3 aspetti della globalizzazione: 1. Flussi migratori. 2. Investimenti diretti esteri (IDE): investimenti che l’impresa fa in un altro paese. 𝒊𝒎𝒑𝒐𝒓𝒕+𝒆𝒙𝒑𝒐𝒓𝒕 3. Commercio estero ( ) → PRODOTTO INTERNO LORDO (PIL) = è un indicatore di ricchezza costituito dalla somma 𝑷𝑰𝑳 complessiva dei beni e dei servizi prodotti in un paese, in un certo intervallo di tempo (solitamente annuo) e destinati ad usi finali (chi, alla fine di tutto il processo, consuma quel bene); non viene quindi conteggiata la produzione destinata ai consumi intermedi, che rappresentano il valore dei consumati e trasformati nel processo produttivo per ottenere nuovi beni e servizi. Il PIL è in assoluto l’indicatore di ricchezza più utilizzato per misurare la crescita di un paese, MA NON BASTA. La produzione di ricchezza misurata dal PIL è qualcosa di strettamente materiale, indica quanto denaro si mette in moto, quindi non è un ottimo indicatore (es: a causa del terremoto in Turchia, sono state messe in atto molte misure economiche per risolvere la catastrofe, quindi se calcoliamo il PIL in questo momento sarà molto elevato, ma chiaramente non tiene conto dei danni subiti). Quindi, per misurare la crescita di un paese dobbiamo anche tenere conto della trasformazione qualitativa della società: INDICE DI SVILUPPO UMANO (ISU) > non solo quanto produciamo ma come cresce un paese, considerando 3 aspetti: Indice di aspettativa di vita > se è salito, significa che il sistema sanitario è più efficace; Indice di educazione (livello di istruzione degli adulti, indice lordo di iscrizioni scolastiche) > nuove competenze = risorse umane; Indice PIL pro capite. Se un paese ha un PIL molto elevato ma un ISU basso (es. Sudan), significa che la politica di redistribuzione della ricchezza prodotta non sta funzionando (la ricchezza non si sta trasformando in sviluppo vero e proprio). Viceversa, l’Italia ha un ISU molto alto e un PIL basso: economie avanzate, società evolute, livello elevato di benessere, ma poca produzione di ricchezza (= paesi europei). Pre-globalizzazione, i paesi avanzati investivano principalmente nei paesi in via di sviluppo perché (teoria dello sgocciolamento), fornendo un servizio che non era ancora presente, e quindi rispondendo ad un bisogno comune, si andava a produrre una ricchezza molto elevata; post globalizzazione, la situazione si è invertita. Possibili letture: La globalizzazione ha permesso ai paesi in via di sviluppo di muoversi, accumulare risorse e investire fuori dai loro confini; Si investe meno nei paesi in via di sviluppo perché sono più rischiosi, oppure perché vi è una minore convenienza: hanno già sviluppato una loro economia interna, i servizi ci sono già, ci sono anche altre imprese che fanno competizione; I paesi avanzati investono in altri paesi avanzati perché ci sono in atto dei processi di trasformazione della società tali per cui i rendimenti degli investimenti possono essere alti anche lì, perché sono innovativi. BENEFICI DELL’APERTURA DEI MERCATI: TASSI DI CRESCITA DEL PIL Tabella → i paesi aperti alla globalizzazione, che hanno adottato politiche di apertura al mercato e al libero scambio, sono cresciuti in termini di PIL negli anni 60’-90’; quelli che hanno adottato politiche protezionistiche, invece, hanno avuto delle perdite. La globalizzazione ha avuto degli effetti sulla povertà? POVERTÀ ASSOLUTA: mancata sussistenza di cibo, casa, igiene ecc.; stato di un individuo che vive sotto la soglia di $1,90. 1820 = povertà del pianeta 84% → 2017 = povertà del pianeta 9%. Anche se sembra che sia diminuita, bisogna tener conto della popolazione di queste due diverse epoche: prima 1 miliardo, oggi 7 miliardi (boom demografico anni 70/80’). In termini relativi è diminuita, ma in termini assoluti è rimasta pressoché uguale. Quindi potremmo dire che la globalizzazione non ha effetti negativi sulla povertà. POVERTÀ: stato di un individuo che vive sotto la soglia di $3,20 al giorno. Anno 2017: ancora il 24% della popolazione. DISUGUAGLIANZA: i 10 paesi leading trader coprono il 50% del commercio mondiale; i primi 5 il 37%. La bilancia commerciale italiana (export e import) è abbastanza equilibrata. Cina e USA, invece, si giocano il primo e il secondo posto negli export (Cina = politica liberista per l’export, protezionista per l’import) e import (USA). Il divario di reddito tra il 5° più ricco e il 5° più povero del pianeta è cresciuto da un 30:1 (1960) a un 74:1 (1997) = è raddoppiato il divario economico tra ricchi e poveri. Il reddito annuale delle 225 persone più ricche del pianeta supera la somma dei redditi del 47% della popolazione mondiale (le ricchezze delle 3 persone più ricche sono maggiori della somma del PNL di tutti i paesi meno sviluppati – 600 milioni di persone). Panorama italiano: il 10% della popolazione (6 milioni) detiene il 45% della ricchezza nazionale, cioè del PIL italiano. Quindi la disuguaglianza non è un problema solo se si mettono a confronto economie di stati diversi, ma anche all’interno dello stesso paese (tra l’altro al 10° posto dei paesi leading trader) ci sono notevoli disuguaglianze. Per questo, dobbiamo chiederci: è necessario un RITORNO ALL’ECONOMIA LOCALE? Chi è a favore di un’economia locale porta alle proprie ragioni anche forzando il tema della questione ambientale. Se consumassimo solo quello che è prodotto a km 0, si ridurrebbe notevolmente l’inquinamento. Tuttavia, la conseguenza negativa sarebbe che quei paesi meno sviluppati che vivono principalmente di export (es. Mali dipende per il 78% dalle esportazioni di cotone, l’Etiopia per il 56% dalle esportazioni di caffè) non avrebbero più fonti di ricchezza. Un altro svantaggio sorgerebbe dal p.d.v. sociale, perché si taglierebbero le relazioni tra persone, culture, religioni diverse e tutte le ricchezze che derivano dal confronto > rinunciare alla globalizzazione delle imprese, rinunciamo anche alla globalizzazione delle persone = involuzione della nostra società. RISPOSTA: per ridurre la convenienza a comprare beni che arrivano da lontano, bisognerebbe inserire dei dazi di ingresso proporzionali alla distanza da cui proviene la merce stessa. In che termini possono le imprese risolvere questo problema? Adoperando delle scelte di SOSTENIBILITÀ → Responsabilità sociale dell’impresa o Corporate Social Responsibility (CRS) = l’integrazione volontaria di obiettivi e pratiche sociali e ambientali nei processi aziendali e nelle relazioni con gli stakeholder. La sostenibilità è l’orientamento strategico cruciale per gestire l’impresa: la possibilità di beneficiare degli impatti positivi è strettamente legata all’integrazione della CSR nella cultura e nei valori alla base dell’operatività quotidiana. Se la filosofia di gestione non è in linea con i capisaldi della sostenibilità (es. ambiente di lavoro pericoloso per i dipendenti, produzione inquinante, comunicazione verso l’esterno poco trasparente, prodotti non conformi agli standard di igiene e sicurezza), per l'azienda sarà arduo continuare a creare valore e raggiungere obiettivi di lungo periodo. Possibili rischi: crisi nella filiera di fornitura; proteste e perdite di consenso; campagne di boicottaggio; valutazioni negative da parte della comunità finanziaria; inefficienze legate alla scorretta gestione degli impatti ambientali. Si è arrivati così a nuove definizioni di economia: ECONOMIA POSITIVA: economia in cui la ricchezza creata non è fine a se stessa, ma un mezzo per servire dei valori superiori, altruistici, orientati alle generazioni future. ECONOMIA CIRCOLARE: punta a mantenere le risorse utilizzate quanto più a lungo possibile, progettata per “auto-rigenerarsi”. SHARING ECONOMY (economia della condivisione o del consumo collaborativo): intende le imprese come semplici piattaforme peer-to-peer in grado di collegare domanda e offerta in modo diverso (offerta = chiunque in gradi di fornire quel servizio/prodotto). Il modello alla base della sostenibilità delle imprese è l’Approccio Triple Bottom Line, che si basa su 3 pilastri: 1. IMPATTO AMBIENTALE: ottimizzazione impatto ecologico: impianti, macchinari che inquinano meno, sistema di energia sostenibile, materie prime originate dal riciclo di altri prodotti (erroneamente si pensa che la sostenibilità sia SOLO ambientale); 2. IMPATTO SOCIALE: soddisfazione attori sociali: scelte di organizzazione del lavoro e di retribuzione che migliorano il benessere e la qualità della vita della società interna (lavoratori, dipendenti, partner) ed esterna (collaboratori in paesi sottosviluppati che non godono degli stessi diritti). 3. IMPATTO ECONOMICO: creazione valore economico adeguato al livello di rischio: l’impresa è uno strumento per lo sviluppo della società = creare ricchezza è il DOVERE dell’impresa, senza il quale non si potrebbe continuare ad investire > se l’impresa non raggiunge risultati positivi, il secondo step di sviluppo non potrà avvenire e il risultato sarà uno spreco di risorse senza trasformazione in un prodotto o servizio utile alla società. Ci sono ancora tantissime imprese che fanno green washing = strategia di marketing di fingere di essere sostenibile ad es. con simboli verdi nei prodotti. Per fornire un quadro completo dell’impatto che l’azienda esercita sul sistema degli stakeholder, usiamo 2 strumenti di sintesi: Bilancio sociale: bilancio tra ciò che l’impresa offre e ciò che riceve dal sistema sociale; consiste nel controllo, in un dato momento, dell’impatto delle attività di un’impresa sul benessere degli individui che sviluppano forme d’interazione con essa > obiettivi: migliorare le relazioni pubbliche e le relazioni industriali, attenuare i contrasti tra l’impresa e alcuni interlocutori, gestire gli interlocutori sociali. È composto da: Bilancio ambientale (ecobilancio): uno strumento di gestione, controllo e supporto dell’attività di comunicazione aziendale, con particolare riferimento agli stakeholder interessati alla questione ecologica > confronto tra le risorse naturali, le materie prime e l’energia utilizzate come input dei processi di trasformazione A questi due si aggiunge il bilancio di sostenibilità, che fa un rendiconto della performance complessiva dell’impresa, integrando risultati sociali, ambientali ed economici (bilancio d’esercizio). IL SISTEMA TURISTICO L’immagine dell’Italia nel mondo è sempre stata collegata alle sue bellezze monumentali, artistiche e naturali. TURISMO: l’insieme di attività e di servizi a carattere polivalente che si riferiscono al trasferimento temporaneo di persone dalla località di abituale residenza ad altre località per fini di svago, distrazione, cultura, cure, sport ecc. TURISTA: chiunque viaggi in luoghi diversi da quello in cui ha la sua residenza abituale, al di fuori del proprio ambiente quotidiano, per almeno una notte e massimo 1 anno (< di 1 notte = escursionista), con uno scopo abituale diverso dell’esercizio di ogni attività remunerata nel paese visitato. Principali variabili: Motivazione: leisure o business; Modalità: individuale o di gruppo; Prodotto acquistato: 1 servizio, semi inclusive, all-inclusive; Numero di destinazioni coinvolte nel viaggio. Provenienza dalla regione Provenienza dall’esterno Destinazione nella regione 1. TURISMO DOMESTICO 2. TURISMO IN ENTRATA (inbound tourism) Destinazione all’esterno 3. TURISMO IN USCITA (outbound tourism) 4. TURISMO DI TRANSITO TURISMO NAZIONALE 1+3: ma usato come parametro per misurare il benessere dell’italiano medio; TURISMO INTERNO 1+2: studiato dalle agenzie incoming che gestiscono il turismo, i fattori di attrattiva, le offerte; TURISMO INTERNAZIONALE 2+3: impatto economico maggiore: 1) n. di giorni in viaggio aumenta in proporzione alla distanza; 2) maggiore utilizzo di risorse di vario tipo. Il prodotto turistico presenta caratteristiche distintive, quali: L’intangibilità e la virtualità: servizi immateriali; La variabilità: evoluzione continua della domanda; L’interazione: tra vari attori nell’erogazione del servizio; La simultaneità dei processi di produzione e consumo. IMPRESE TURISTICHE: esercitano attività economiche organizzate per la produzione, la commercializzazione, l’intermediazione e la gestione di prodotti e servizi, tra cui gli stabilimenti balneari, di infrastrutture e di esercizi, compresi quelli di somministrazione facenti parte dei sistemi turistici locali, concorrenti alla formazione dell’offerta turistica. 2 grandi gruppi: 1. Operatori dell’intermediazione: mettere in contatto domanda e offerta (agenzie di viaggio, tour operator); 2. Operatori che erogano servizi al cliente finale nelle località di destinazione: albergatori, ristoranti, attrazioni, musei. Cardine del sistema turistico: SISTEMA RICETTIVO. − Alberghiero: alberghi, pensioni, hotel, motel, residenze ecc. − Extra alberghiero: ostelli, b&b, case e appartamenti, agriturismi, campeggi, villaggi turistici, rifugi alpini ecc. Il sistema turistico comprende anche: − Sistema dell’intermediazione turistica: o Agenziale (dettaglianti: agenzie di viaggio, grossisti, tour operator) → oggi poco utilizzate, si sviluppano solo quelle che si occupano di un settore più specifico (es. viaggi di nozze, viaggi business, slow tourism) o Non agenziale/alternativo (GDS – Global Distribution System; CRS – Computerized Reservation System); o Diretto da parte degli erogatori del servizio. − Sistema dei trasporti. Perché sistema e non settore? Parlare di “settore” turistico è riduttivo, perché si mettono insieme ambiti molto diversi tra loro, per cui potremmo definirlo anche distretto industriale. Quanto più aumenta il livello di integrazione tra gli attori, tanto maggiore sarà l’abilità della destination di attivare strategie di sviluppo a più livelli. In un tessuto imprenditoriale come quello italiano, caratterizzato prevalentemente da PMI, la via della collaborazione interimprenditoriale appare forse come l’unico possibile percorso di sviluppo, soprattutto in un campo complesso e ipercompetitivo come quello del turismo. Possiamo analizzare le aggregazioni interimprenditoriali secondo 3 logiche, spesso sovrapposte o complementari: − Logica territoriale: realtà ubicate in un determinato territorio; − Logica settoriale: relazioni tra imprese dello stesso settore produttivo; − Logica di filiera: analisi di tutte le componenti che caratterizzano una tipologia di offerta. Analizziamo la FILIERA TURISTICA: Offerta + Intermediazione + Domanda. COMPLESSITÀ DEL SISTEMA & ASIMMETRIA TRA VISIONE DELLA DOMANDA E VISIONE DELL’OFFERTA: il turismo è un insieme eterogeneo di imprese e soggetti differenti che operano insieme > asimmetria tra domanda e offerta = l’impresa guarda al turista per un determinato servizio che eroga (visione parziale e limitata sull’esperienza complessiva del consumatore); viceversa, il turista, per avere il suo servizio, si connette a tanti diversi fornitori (diretti e indiretti), e mettendoli insieme va a formare un prodotto globale. ASIMMETRIE NELLA VELOCITÀ DI CRESCITA DEI VARI ELEMENTI: quanto velocemente queste imprese riescono a rispondere alle differenti richieste del turista (es. Ryanair trasferisce alcune tratte di Verona su Bergamo > per compensare, per un certo periodo garantisce una navetta per l’altro aeroporto; l’albergatore non può rispondere così velocemente ai bisogni); CONFLITTUALITÀ TRA LE PARTI: il peso dei vari soggetti che collaborano spesso non è equo, perché gli interessi sono diversi (es. un albergatore preferisce che le città non siano troppo affollate, un gelataio ambisce a più persone possibili); INFLUENZA AMBIENTE ESTERNO: il clima e le previsioni del meteo influiscono sul turismo > cosa possono fare le aziende? Possono informare in anticipo il turista sulle alternative offerte dal pacchetto in caso di maltempo. RIGIDITÀ DELL’OFFERTA: nel campo dell’organizzazione di grandi eventi, è necessario costruire spazi per un grande numero di persone, ma questo può richiedere dei costi molto elevati se la città in questione non ha a disposizione gli edifici adatti → per ammortizzare l’investimento, e quindi fare in modo che ad esempio uno stadio non sia costruito solo per una partita e poi rimanga inutilizzato, bisogna già in fase di progettazione pensare a come potrà essere usato dopo l’evento in questione: in questo modo l’investimento sarà sicuramente prolifico (es. zona Expo Milano). “Tradizionali” caratteristiche dei servizi: erogazione del servizio contestuale alla fruizione > la soddisfazione del turista avrà riscontro sul prodotto finale e non sulle singole parti. SOSTENIBILITÀ DEL TURISMO: le attività turistiche sono sostenibili quando si sviluppano in modo tale da mantenersi vitali in un’area turistica per un tempo illimitato, non alternato l’ambiente (naturale, sociale, artistico) e non ostacolano o inibiscono lo sviluppo di altre attività sociali ed economiche. CAPACITÀ DI CARICO: Indica il livello massimo di ricettività di una località che non compromette la qualità della vita dei residenti o il territorio. Capacità fisica Capacità del territorio di accogliere turisti in termini di spazi/ posti letto (overtourism) Capacità ambientale/ecologica Impatto ambientale, rischio di deterioramento di alcuni luoghi. Capacità economica Il costo della vita nei luoghi altamente turistici è eccessivo, ed è un problema per i residenti o lavoratori. Capacità socio-culturale Rischio di perdita dell’identità culturale della destinazione. Capacità percepita Percezione del turista dell’organizzazione della città e della gestione dell’accoglienza. Capacità infrastrutturale Permette la viabilità (mezzi di trasporto e strutture). OBIETTIVI DELLA SOSTENIBILITÀ TURISTICA Sostenibilità economica: efficacia nel raggiungimento degli obiettivi economici ed efficienza nella gestione del territorio; Sostenibilità digitale: accessibilità, tutela ambientale, destination brand knowledges; Sostenibilità ecologica: salvaguardia e valorizzazione del patrimonio ambientale e culturale; Sostenibilità etica: equilibrio, vivibilità ed equità; Sostenibilità culturale: autenticità. LA GOVERNANCE DEI S.T.L. (Sistemi Turistici Locali). Le forme a rete sono caratterizzate da processi di sviluppo di tipo: STRATEGIE TOP-DOWN: si articolano per iniziativa di una STRATEGIE BOTTOM-UP: progetti spontanei di collaborazione, grande impresa (soggetto pivot) che si fa organo promotore per che si attivano soprattutto per iniziativa di imprese private e che la valorizzazione delle risorse strategiche o per acquisire una interagiscono con gli attori pubblici locali in un sistema coeso maggiore flessibilità organizzativa e strutturale [Enti locali [Consorzi; Associazioni; Società di sviluppo (anche partecipate (Comuni); APT; Agenzia di sviluppo; Enti di coordinamento, dalla Camera di Commercio)]. contratti di programma e/o patti territoriali]. Destination management: un processo decisionale finalizzato alla predisposizione di offerte integrate di servizi e fattori di attrattiva, che alimentano i flussi turistici verso la destinazione, per il raggiungimento di un vantaggio competitivo sostenibile → sviluppo del traffico incoming; gestione e promozione dell’immagine della destination; relazioni con gli stakeholder; politiche di marketing; valutazione dell’impatto del turismo sull’economia e sulla vita dei residenti. E-COMMERCE E TURISMO L’avvento di Internet rappresenta un fenomeno in grado di avvicinare grandi masse di consumatori alle imprese turistiche di ogni dimensione. L’e-commerce è ormai una strada obbligata per le imprese turistiche, e negli ultimi anni molte si sono aperte a tale modalità di vendita, associando al canale tradizionale quello online, oppure diventando delle agenzie di viaggio online. Vantaggi Svantaggi Velocità, flessibilità e facilità delle operazioni; Spersonalizzazione del processo di vendita o viaggio; Snellimento delle procedure amministrative; Competizione interna al settore (compagnie aeree, tour operator); innovazione nella gestione; Riduzione dei prezzi di mercato con dequalificazione dell’offerta; Contatto diretto con la clientela nella promozione; Minore sicurezza negli acquisti. Miglioramento customer satisfaction; IL SETTORE CROCIERISTICO Il settore crocieristico segue il modello dei prodotti turistici complessi: intangibilità, simultaneità produzione e consumo, interazione tra produttore e consumatore, risorse umane. Nucleo principale = viaggio multi-destination a bordo di una nave capace di offrire i servizi turistico-alberghieri di base e una serie di elementi distintivi presenti in diverse quantità e combinazioni La domanda: − Motivazione: leisure > business; − First time cruisers VS cruise repeaters; − Specialty market / Luxury market / Fascia medio-alta / Middle market / Mass market. L’offerta: − Navi Budget / Contemporary / Premium / Luxury; − Attività: transfer da/per i porti + alloggi + ristorazione + intrattenimento + escursioni + accoglienza e atmosfera; − Durata: Minicrociera / Crociera tradizionale / Grande crociera / Crociera unica / Crociera spot / Crociera periodica. SCELTE STRATEGICHE Ampliamento della propria quota di mercato: sviluppo orizzontale, conquista nuovi clienti e nuovi mercati; Mantenimento della posizione sul mercato: crescere a un tasso pari allo sviluppo del mercato stesso; Razionalizzazione dell’attività: focalizzazione, ridimensionamento; Scelte di integrazione verticale: investimenti a monte e a valle; Diversificazione collaterale con attività affini (es. trasporto merci); Sviluppo di reti e accordi strategici: il successo delle compagnie dipende anche dai rapporti con le imprese dei servizi a terra. SOSTENIBILITÀ 1. Impatto economico: l’obiettivo è la prosperità economica delle comunità locali che fanno parte dell’esperienza turistica offerta; 2. Impatto socio-culturale: l’interazione tra residenti e crocieristi promuove la multiculturalità ma minaccia l’autenticità del luogo; 3. Impatto ambientale: per ridurre il danno ecologico causato dagli scarichi di carburanti e rifiuti, ci si impegna per una costante manutenzione, ventilazione, risparmio energetico; 4. Impatto tecnologico: promozione (pubblicità) e avanzamento tecnologico a bordo; 5. Autenticità esperienziale: il crocierismo si esprime su scala globale, ma si tende anche a mantenere l’approccio made in in termini di stile del servizio e approccio al cliente. STRATEGIE D’IMPRESA Dietro ad ogni strategia, ci sono delle decisioni da prendere, che in ambito aziendale si distinguono in 4 principali macro-categorie: − scelte strategiche: volte al raggiungimento di un vantaggio competitivo → produttività = valore dell’output prodotto per unità di lavoro o di capitale (un’impresa crea vantaggio competitivo quando il valore di lungo termine del suo output o delle sue vendite è più grande dei costi totali, compreso il costo del capitale); − scelte operative: massimizzare l’efficienza e le vendite → ogni attività utile a perseguire l’obiettivo imprenditoriale richiede competenze specifiche, per cui l’impresa deve essere suddivisa in funzioni, cioè parti relativamente autonome, senza però andare a ledere la sostanziale unità della gestione di impresa (funzioni primarie = produzione, vendita, distribuzione ecc. / di supporto = organizzazione e personale, amministrazione, finanza ecc.); − scelte di investimento: impiegare in modo razionale le risorse finanziarie; − scelte di finanziamento: trovare delle fonti per assicurare le risorse necessarie allo sviluppo. Tutte queste scelte sono soggette a delle variabili (es. durata della crescita, fatturato, margini operativi, costo del capitale), ma mirano allo stesso obiettivo: il valore economico. Cos’è una strategia? La strategia è l’attività che consente di indirizzare e coordinare la gestione dell’impresa; è l’insieme delle scelte con cui un’impresa cerca di conseguire un sistema di obiettivi; è un processo di continua ricerca dell’armonia tra finalità e obiettivi imprenditoriali, tra risorse aziendali e ambiente esterno. Il percorso nello studio delle strategie d’impresa comprende 4 livelli (sono tutti ugualmente importanti, ma affinché ogni scelta sia funzionale, ha bisogno della linea di indirizzo, ossia la scelta precedente in ordine “gerarchico”): 1. ORIENTAMENTO STRATEGICO DI FONDO (OSF) VISIONE: CHE COSA L’IMPRESA INTENDE DIVENIRE entro un determinato tempo futuro. È il fattore fondamentale di coesione ed evita il rischio di scelte casuali o opportunistiche. ESEMPIO IKEA: “creare una vita quotidiana migliore per la maggior parte delle persone”. MISSIONE: COSA L’IMPRESA DEVE COMPIERE PER DIVENTARE CIÒ CHE HA STABILITO; è un passo avanti rispetto alla visione, ovvero vado a tradurre quelle parole vaghe della visione in qualcosa di più concreto, raggiungibile: le finalità che l’impresa intende perseguire nel lungo termine e che ne giustificano l’esistenza. È la parte più profonda e invariante dell’impresa. o DOVE: campo di attività in cui andrò ad operare. ES. un vasto assortimento di articoli d’arredamento belli e funzionali. o PERCHÉ: finalità e obiettivi di fondo. ES. prezzi così vantaggiosi da permettere al maggior numero possibile di persone di acquistarli > chiave di lettura del successo di Ikea: continue sfide di innovazione ai lavoratori e designer, mobili smontabili e trasportabili in una scatola (abbattimento dei costi di trasporto sia per l’azienda che per il consumatore). o COME: filosofia gestionale e organizzativa. ES. vogliamo offrire alle persone la possibilità di vivere in modo più sostenibile ed è per questo che ci concentriamo su prodotti efficienti dal punto di vista delle risorse e dell’energia, e accessibili nel prezzo. Vogliamo contribuire a creare una società più giusta e più equa; a questo scopo, metteremo le persone al primo posto e faremo crescere il nostro business in modo inclusivo. VALORI: PRINCIPI GUIDA che stanno alla base delle scelte strategiche, come comportamenti operativi posti in essere da tutti i componenti del sistema aziendale → BUSINESS IDEA: “fattori imprenditoriali sottostanti l’origine di un’impresa”; “componente strategica di origine soggettiva”. Tutte le persone facenti parte dell’impresa si ritrovano e rispecchiano questi principi. ES. spirito di squadra, attenzione per le persone e per il pianeta, consapevolezza dei costi, semplicità, rinnovarsi e migliorare, pensare in modo diverso, assumersi e delegare le responsabilità, dare il buon esempio. Formulazione delle strategie 1. Pianificazione strategica: definizioni delle fasi del cammino strategico, individuazione criticità, formulazione investimenti; 2. Programmazione: allocazione delle risorse finanziarie, parametri di performance; 3. Budgeting: proiezioni di costi e ricavi; 4. Controllo direzionale e operativo: garantire che ogni compito sia attuato in modo efficace ed efficiente. 2. STRATEGIE COMPLESSIVE (DI CORPORATE) Modello del ciclo di vita (del prodotto/del settore/dell’impresa): 1. Introduzione o nascita: si costruisce un mercato intorno ad un'idea innovativa, per soddisfare un nuovo bisogno che sorge da progressi tecnologici, cambiamenti demografici, mutamenti dei gusti e degli stili di vita; si identifica il gruppo di potenziali clienti, si recuperano le risorse finanziarie necessarie, si forma un team di lavoro e si lancia il prodotto → risultato economico negativo a causa dei costi dell’investimento iniziale. 2. Sviluppo o crescita: successo del prodotto e crescita delle vendite, ampliamento, minori incertezze ma anche nuovi concorrenti; la strategia d’impresa assume un ruolo di grande importanza per far fronte alla rapida evoluzione del mercato, puntando a mantenere una posizione di leadership → risultati positivi, ma flussi di cassa ancora negativi. 3. Maturità: maggiore stabilità, è il periodo che permette di lanciarsi a nuovi investimenti, ma lo sviluppo del settore si arresta e si accentua la tensione competitiva; i consumatori acquisiscono maggiori conoscenze e consapevolezza dei prezzi, la standardizzazione aumenta → tutti i valori positivi, anche se i tassi di crescita diminuiscono. 4. Declino o crisi: emergono nuovi prodotti sostitutivi, calo della domanda e di conseguenza diminuzione delle vendite; riduzione della capacità reddituale e indebolimento della situazione finanziaria, se non addirittura forti perdite economiche ed insolvenza (crisi in senso stretto) → come reagire: ridurre al massimo gli investimenti in capacità produttiva, orientare l’organizzazione alla flessibilità e intraprendere iniziative di diversificazione. MATRICE DI ANSOFF = matrice delle alternative strategiche Prodotto attuale Questa matrice indica le principali strategie di crescita che un’impresa può adottare. ESEMPIO BARILLA Sviluppo del Penetrazione Inizio anni 80 = durante la fase di maturità dell’azienda, si nota un assestamento nel trend di mercato (target del mercato e/o geografico) Mercato diverso crescita > Barilla investe in uno studio di mercato per capire quali sono stati i cambiamenti nei Mercato attuale comportamenti dei consumatori. Emergono 2 aspetti: 1) Le famiglie italiane hanno raggiunto un livello di benessere economico che porta a sostituire la pasta con altri alimenti (carne, pesce); 2) Si sta imponendo un nuovo canone di bellezza che istiga a dimagrire. Sviluppo del 1° strategia: penetrazione del mercato: Diversificazione prodotto L’azienda prova ad essere più impattante nel mercato che già occupa: tenta di vendere al Sud la stessa quantità di prodotti che vende al Nord, perché i laboratori artigianali di pasta fatta in casa fanno competizione. Per reagire, acquista alcuni laboratori > inizialmente aumenta le vendite, Prodotto diverso ma l’incremento è relativo perché colpisce un numero di clienti molto basso → 1° fallimento. 2° strategia: sviluppo del prodotto: L’azienda comincia a produrre nuove tipologie di prodotti: la pasta integrale e la pasta ruvida, messe ad un prezzo superiore. Ma neanche questa strategia funziona perché il consumo di pasta non aumenta, semplicemente varia tra i 3 tipi → 2° fallimento. 3° strategia: sviluppo del mercato (geografico = vado all’estero / target = cambio soggetto a cui vendo): Export negli USA > prezzo di vendita più alto della pasta già esistente sul mercato statunitense, a causa dei costi dei trasporti e della farina italiana > il prodotto piace meno, perché gli americani erano abituati ad un tipo di pasta differente → 3° fallimento. 4° strategia: diversificazione (si allarga l’ambito delle attività in termini di prodotti venduti, mercati serviti, filiere differenti): Barilla cerca la soluzione nello sfruttamento di risorse e di capacità che già l’azienda possiede, stessa clientela e stessi canali di distribuzione > comincia a produrre biscotti (nello specifico frollini, perché non c’era ai tempi nessun brand particolarmente sviluppato) > crea Mulino Bianco, promuovendo un’immagine pura, sana, semplice, con il packaging e la croccantezza che ricordano il pane, per SOSTITUIRE la tipica colazione italiana di latte e pane e così imporsi sul mercato. La DIVERSIFICAZIONE può essere di 2 tipi: 1. Correlata: valorizza i punti in comune del nuovo prodotto con la precedente area di affari (sviluppo monosettoriale): a. Domanda (stesso cliente e nello stesso momento); b. Canale distributivo (es. Barilla: pasta e biscotti si vendono nello stesso posto); c. Servizi integrati (es. tecnologia: chi vende cellulari vende anche caricabatterie, cuffie, adattatori e gadget vari); d. Processi produttivi (impianti già conosciuti); e. Tecnologie di processo o di prodotto; f. Materie prime o componenti (es. Barilla: farina); g. Risorse distintive (es. forte conoscenza di un mercato estero). 2. Conglomerale (non correlata): il prodotto è completamente diverso, passa a business nuovi (sviluppo plurisettoriale): a. Individuare e sfruttare le opportunità di business più redditizie per l’impresa; b. Ottimizzare il rischio finanziario complessivo del suo portafoglio business = insieme dei servizi offerti da un’impresa → settori anticiclici = ho un panificio e decido di aprire una gioielleria > se l’economia va male, venderò più pane; se va bene, venderò più prodotti di lusso. Perché scegliere una strategia di diversificazione? ✓ Mancanza di opportunità di crescita nel settore di origine; ✓ Sfruttamento di risorse e competenze eccellenti al di fuori del settore di origine; ✓ Utilizzazione di capacità produttiva in eccesso e ricerca di nuove opportunità; ✓ Sfruttamento economie di scopo: sfrutto quello che già conosco per ottimizzare l’utilizzo di risorse e moltiplicare il risultato; ✓ Sviluppo di un mercato interno: un’impresa auto-produce ciò che le serve (es. un’impresa di marmi produce anche i macchinari per la lavorazione); ✓ Riduzione del rischio: anche nella diversificazione correlata (es. multinazionali = producono grandissime varietà di prodotti, quindi qualcosa di sicuro va sempre bene e copre i risultati negativi di altri settori); ✓ Aumento del potere di mercato dell’impresa: più è grande, più è impattante sul mercato; ✓ Riconversione industriale: es. nel periodo della pandemia, alcune industrie tessili hanno cominciato a produrre mascherine e camici; aziende per l’igiene e la profumeria hanno cominciato a produrre il gel disinfettante > oltre al profitto economico, guadagnano un valore in più perché vendono un prodotto necessario, rispondono ad un bisogno. Esempio settore crocieristico: Penetrazione del mercato: la crescita dell’impresa deve avere un tasso in proporzione alla crescita della domanda e del mercato. Sviluppo del prodotto: es. crociere fluviali o percorsi diversi, Caraibi, Mare del Nord ecc. Diversificazione correlata: alcune navi da crociera ora si occupano anche di trasporto merci e viceversa. STRATEGIE DI INTEGRAZIONE: per capire in quale direzione vogliamo integrare l’impresa, dobbiamo soffermarci su 2 concetti: FILIERA PRODUTTIVA: “insieme di lavorazioni conseguenti che vengono effettuate per trasformare un certo insieme di materie prime in un prodotto finito e collocarlo sul mercato”; COSTI TRANSAZIONALI: “gli oneri insiti nella preparazione e attuazione dello scambio sul mercato (= transazione commerciale)” > i costi sostenuti per ottenere una posizione di potere sul mercato; non sono espliciti nel bilancio ma bisogna tenerne conto. INTEGRAZIONE VERTICALE: internalizzazione di attività precedentemente effettuate dai fornitori (a monte) o dai clienti (a valle). Si pone gli obiettivi di: o Accrescere il valore aggiunto, con il conseguente aumento del potere di mercato; o Avere maggiore controllo sulla filiera > maggiore contatto con la clientela; o Creare barriere all’entrata > struttura che rende più difficile ad un potenziale concorrente di entrare nel mercato. INTEGRAZIONE ORIZZONTALE: ha l’obiettivo di allargare lo spettro operativo, realizzando una più ampia gamma di beni e sfruttando le capacità e risorse che l’impresa già possiede. È una strategia veloce e meno rischiosa, perché utilizzo conoscenze che già ho e conosco bene il campo su cui opero, ma c’è sempre il rischio che questa maggiore produzione rimanga invenduta. Obiettivi: o Allargamento della quota di mercato; o Realizzare delle economie di scala, cioè dei risparmi in termini di costi di produzione. PER VIA INTERNA PER VIA ESTERNA verticale/orizzontale - sfruttamento e sviluppo di risorse già disponibili in - maggiore velocità di attuazione = si acquista un’impresa già Integrazione ambito aziendale (anche intangibili, es. competenze del funzionante (“costruzione di u; personale); - convenienza nel far “rinascere” un’impresa in declino; - espansione interna, ampliamento delle potenzialità - trarre vantaggio da: competenze del personale, clientela, degli impianti o creazione di nuove unità produttive; particolari brevetti e punti di forza inimitabili; - maggiore flessibilità nell’organizzazione della - minor rischio della risposta del mercato al nuovo prodotto; struttura. - problemi di integrazione delle imprese prima separate. LE ECONOMIE DI SCALA ECONOMIE DI SCALA INTERNE Tecniche: 1. Imperfetta divisibilità dei fattori: sotto una certa soglia, non si può ridurre il numero di fattori produttivi minimi da acquistare → ES. in una grande impresa, una segretaria lavora a tempo pieno e usa 1 computer; in un’impresa più piccola, la segretaria lavora part-time, ma ha sempre 1 computer perché non posso fisicamente acquistarne metà, quindi nell’impresa più piccola il costo medio unitario è più alto, c’è maggiore “spreco”. 2. Uso delle risorse produttive (macchinari) → esempio dei 3 macchinari: Capacità produttiva: macchinario A = 10; B = 20; C = 50; per avere 100 prodotti → 10 macchinari A, oppure 5 B, oppure 2 C; per avere 80 prodotti → con C, avrò 20 di capacità produttiva sprecata, inutilizzata. 3. Relazione area-volume: i costi crescono in relazione all’area, i benefici crescono in relazione al volume: es. una grande impresa ha un camion con 2 cassoni, e un’impresa piccola con 1 solo cassone; il camion grande è sicuramente costato di più, ma non il doppio: quindi i costi non crescono in proporzione, ma i benefici che si producono sì = un’impresa più grande ha costi maggiori, ma BENEFICI ANCORA PIÙ ELEVATI. 4. La legge dei grandi numeri: all’aumentare dei numeri (la quantità prodotta), diminuisce la probabilità del verificarsi di un evento avverso → ES. una piccola impresa ha 10 yogurt nel banco frigo e 6 in magazzino come scorta, quindi il costo del magazzino è del 60%; nelle grandi imprese, invece, il costo del magazzino in percentuale è nettamente inferiore (es. 5%). ES.2: un’azienda agricola piccola spenderà per l’assicurazione di più di un’impresa grande (in termini unitari), perché deve coprire un rischio maggiore di maltempo: se la piccola azienda ha solo un terreno e c’è un’alluvione, tutto va perso; invece, la grande impresa, avendo diversi ettari di terreno e diverse coltivazioni, anche se qualcosa si danneggia, ci sarà sempre profitto. Gestionali: 1. Gestione del personale: la specializzazione porta vantaggi in termine di competenze, di tempo risparmiato → ES: una segretaria da sola, in una piccola impresa, avrà maggiori distrazioni perché deve fare più cose contemporaneamente, e cadrà anche in errore; invece, un’impresa più grande può permettersi di avere un segretario per ogni settore e ci saranno meno errori di gestione. Tuttavia, l’iper specializzazione porta all’annullamento, alla demotivazione, quindi bisogna bilanciare le cose. ECONOMIE DI SCALA ESTERNE → ES. brand loyalty e store loyalty. Inizialmente, alcuni brand (es. dei biscotti o della pasta) usavano le raccolte punti come strumento di fidelizzazione dei clienti. Questo metodo si è poi evoluto per dare vantaggi ai supermercati anziché ai brand: Esselunga, Pam, Coop ecc. si inseriscono con la strategia dello store loyalty utilizzando delle tessere di fedeltà che fanno accumulare degli sconti. DISECONOMIE DI SCALA Ad un certo punto della crescita dell’impresa, i costi in termini unitari cominciano ad aumentare > per reagire, l’impresa deve cambiare metodo, fornitore, struttura produttiva o organizzativa, per evitare delle DISECONOMIE di scala. DEM (Dimensione Efficiente Minima): la quantità minima per avere il miglior sfruttamento delle economie di scala/la maggiore efficienza, cioè il livello di costi medi unitari più basso a partire dal quale io ho una produzione in più. DOM (Dimensione Ottima Massima): la massima quantità da produrre per avere quell’ottimo risultato. LA DIMENSIONE IDEALE DELL’IMPRESA STA TRA LA DEM E LA DOM, perché in questo intervallo di produzione ci stanno quelle quantità per cui ho il costo medio unitario più basso in assoluto. → ES. Marche Commerciali → cosa sta dietro alle marche dei supermercati? Inizialmente per la produzione si erano scelte delle piccole imprese, offrendo loro l’opportunità di grandi produzioni; poi cominciano a cambiare produttori a seconda della convenienza del costo d’acquisto, perché volevano spendere sempre di meno, “strozzando” le piccole imprese. Però, in questo modo, la qualità dei prodotti era peggiore, quindi cambiando produttori l’impresa perdeva anche la fiducia del cliente. Allora decidono di andare dai grandi produttori per avere una garanzia di produzione > oggi, dietro ai marchi commerciali ci sono i GRANDI PRODUTTORI, perché il raggiungimento di quella maggiore produzione permette di ridurre i costi medi unitari, cioè di stare tra la DEM e la DOM (se non producessero per le marche commerciali, non raggiungerebbero la DEM). PROCESSI DI INNOVAZIONE: “lo sviluppo a fini commerciali di nuovi prodotti o nuovi processi, atti ad accrescere la proposta di valore veicolata al mercato mediate beni e servizi” = riconoscere DOVE devo agire per ottenere un vantaggio competitivo: Radicale Incrementale - Impatto iniziale molto elevato, ma ad un certo punto viene - Effetti diluiti nel tempo, anticipa le tendenze, vantaggio meno il senso di novità (DISCONTINUA); duraturo (CONTINUA); - Rischio elevato (tipica dei settori emergenti); - Rischio contenuto (tipica dei settori maturi); - La conoscenza è nei brevetti. - La conoscenza è nel processo. MATRICE BCG (Boston Consulting Group) Tasso di crescita del mercato ALTO È il modello di gestione del portafoglio prodotti più utilizzato in assoluto. Quota di mercato relativa BASSA Quota di mercato relativa ALTA Tasso di crescita: quanto aumenta la vendita di un prodotto in termini %. Quota di mercato: la parte di mercato che la mia impresa copre rispetto alle altre, è Question un dato parziale perché dipende dal numero di imprese sul settore > relativa = mette in Star mark relazione la quota di mercato di un’impresa X con l’impresa che ha la quota di mercato più alta in assoluto, quindi indica la posizione dell’impresa messa a paragone con il leader sul mercato. Il ciclo della vita dei prodotti segue questo ordine: 1. Question mark: prodotti di un’impresa piccola in un mercato in crescita, quindi Cash cow Dog con grande potenziale > genera poche entrate e molte uscite; 2. Star: prodotti che spiccano, una delle imprese migliori in un mercato che ha tante Tasso di crescita del mercato BASSO prospettive aperte > pareggio entrate-uscite (alti ricavi ma anche alti costi); 3. Cash cow: un’impresa importante nella fase di maturità (non cresce molto) > il prodotto è attualmente molto venduto, ma non ha grandi prospettive di sviluppo > prodotti che generano cassa, necessari per continuare ad investire in prodotti question mark; 4. Dog: impresa piccola in un mercato che non cresce più > pareggio o perdita, bisogna disinvestire il prima possibile. L’analisi ideale di un’impresa prevede almeno un prodotto in ciascun quadrante: i question mark rappresentano il possibile futuro dell’impresa; gli star sono il presente importante che consentono di acquistare un’immagine sul mercato; i cash cow consentono di essere riconosciuti; i dog dimostrano che l’impresa è dinamica, cambia e si rinnova (ma bisogna comunque abolirli). 3. STRATEGIE COMPETITIVE (DI BUSINESS) Consentono di decidere, all’interno di quella via stabilita nelle strategie complessive, come competere con le altre imprese che hanno intrapreso la stessa strada. La strategia competitiva mi guida sulle scelte da prendere per superare i concorrenti. OGGETTO PRIMARIO: ricercare il vantaggio competitivo = rafforzare/incrementare le risorse e le competenze distintive → “risultato di una strategia che conduce l’impresa a occupare e mantenere una posizione favorevole nel mercato in cui opera, e che si traduce in una redditività stabilmente maggiore a quella media dei competitori” Stabilmente maggiore: risultati sempre migliori, in modo continuativo e non solo in un momento > l’obiettivo è una ricchezza che permetta di lavorare meglio anche in futuro. 1. LEADERSHIP DI COSTO: sfruttando le economie di scala, un’impresa propone sul mercato un prodotto ad un prezzo di vendita inferiore rispetto ai concorrenti, che si traduce in un’offerta standardizzata, non personalizzata (esempi: compagnie aeree, compagnie telefoniche). Il vantaggio scaturisce da una maggiore capacità di economizzare i costi, ma non necessariamente a discapito della qualità: si può agire su altre variabili che influiscono relativamente sul prodotto (es. minore scelta del colore). 2. DIFFERENZIAZIONE: l’impresa offre un prodotto che viene visto dal mercato in modo differente, viene considerato migliore da qualche punto di vista rispetto ai concorrenti, e quindi il cliente è disposto a pagare di più > non significa che l’impresa avrà una maggiore ricchezza, perché avrà anche maggiori costi di gestione. Non è detto che il maggior valore ci sia effettivamente, basta che sia percepita un’apparente qualità più alta. È un contesto competitivo in cui rientrano tante imprese (anche di lusso) e tanti potenziali clienti che sono attratti dal marchio, dal brand. ESEMPI: − Differenziazione “a stelle”: distingue le imprese in base a dei criteri che seguono una classificazione REGIONALE, quindi ad esempio un 3 stelle in Veneto non sarà uguale a un 3 stelle in Sicilia > strategia di differenziazione ormai non molto affidabile. − Low cost hotel: riduzione dei prezzi di vendita; − Wellness hotel: servizi di benessere (spa, sauna, piscina ecc.); − Design hotel: investono sull’immagine → ES. Alexander Museum Palace Hotel, Pesaro: il turista tipico che sceglie di alloggiare in questo albergo, molto particolare per i suoi colori e il suo design, avrà probabilmente intenzione di visitare poi qualche museo d’arte o attrazioni simili, ma la città non offre questi servizi > quindi l’hotel non è coerente con il territorio circostante, e se collocato in un contesto diverso (es. Barcellona), avrebbe un esito maggiore, come parte di un prodotto turistico globale. − Alberghi a tema → ES. Ice Hotel: difficile fare lo stesso errore di prima, in quanto un hotel del genere si deve necessariamente adeguare al contesto circostante. − Eco-hotel: scelta green, ecosostenibile → ES. Lofay Resort & Spa Lago di Garda: costruzione quasi passiva a livello di consumo di risorse, in una location molto suggestiva e attrattiva, 800€ a notte. Stessi principi ecologici: Ostello Piero Rotta, Milano, €20 a notte. (queste prime 2 sono quelle principali, tra di loro in antitesi, ma si possono anche combinare con altre strategie) CATENA DEL VALORE: descrizione delle fasi e delle attività condotte nell’impresa, ciascuna delle quali può supportare un vantaggio competitivo di costo o di differenziazione. Approccio Resourced-baced view (RBV): Il vantaggio competitivo di un’impresa non dipende dall’intensità delle forze settoriali e dalle strategie di base, ma dalle caratteristiche specifiche dell’impresa stessa, ossia delle sue RISORSE. Di valore: fanno distinguere l’impresa dalle altre (risultato differenziale), consentono di cogliere un’opportunità nel mercato; Scarse: una risorsa che non tutti hanno, scarseggia, è rara e molto ambita; Inimitabili: difficili da copiare, per mantenere l’unicità; Organizzate: inserite in un contesto lavorativo dotato di meccanismi che ne consentano uno sfruttamento ottimale. Altre fonti di vantaggio competitivo: Competenze dinamiche: integrare e sviluppare continuamente le proprie capacità distintive, rinnovando l’assetto strategico; Capitale intangibile: capitale umano, organizzativo e relazionale = risorse difficili da trasferire e difficilmente imitabili (conoscenze tecnologiche, valori condivisi, competenze di mercato, fiducia degli stakeholder ecc.). FOCUS: LE IMPRESE RICETTIVE L’impresa alberghiera, in quanto impresa di servizi, si caratterizza per la coesistenza di elementi come: l’intangibilità, la simultaneità di produzione e consumazione, l’eterogeneità, l’importanza delle risorse umane. CATENA ALBERGHIERA: un insieme di strutture che si presentano con un brand unico e che agiscono nell’ambito di un sistema decisionale coordinato volto allo sviluppo di strategie e politiche comuni (vantaggi = economie di scala). Altre tipologie di strutture in grado di rispondere alla domanda di alloggio: Agriturismi: attività ricettiva esercitata dall’imprenditore agricolo in un rapporto di complementarità con le attività di coltivazione del fondo, silvicoltura e allevamento > ospitalità, ristorazione, intrattenimento; B&B: numero di camere ridotto rispetto alle altre imprese ricettive, contesto familiare e informale dell’accoglienza e dell’atmosfera, legame con la cultura del luogo; Multiproprietà (timesharing): si basa sul principio di “godimento a tempo parziale di appartamenti, camere d’albergo o residence all’interno di complessi turistici, in un periodo dell’anno definito e per un determinato numero di anni”. Global Sustainable Turism Council (GSTC, 2007): 37 criteri concreti per il turismo sostenibile su molteplici aspetti (ambiente, società, cultura, economia). Un approccio mirato alla sostenibilità comporta vantaggi sia dal p.d.v. economico (minore spreco, ottimizzazione delle risorse, maggiore attrazione di clientela), sia commerciale (nascita di network e programmi dedicati). 3. FOCALIZZAZIONE: è una delle due strategie precedenti però applicata ad un segmento di mercato specifico, pensata e lavorata per una nicchia di mercato, ossia un gruppo ristretto di potenziali acquirenti (es. sci d’erba). Poche imprese utilizzano questa strategia perché il bisogno è peculiare, è sentito da poche persone. 4. STRATEGIE DI COLLABORAZIONE: riguarda l’ambiente esterno, la collaborazione che l’impresa intrattiene per guadagnare una migliore posizione sul mercato e sfruttare maggiormente le economie di scala in alcune attività come commercializzazione, promozione, acquisti centralizzati o convenzionati > in genere l’obiettivo di queste strategie NON È la crescita dimensionale, per la quale si preferiscono altre strategie. Fonti di vantaggio: ▪ più imprese contemporaneamente saranno in una pozione migliore rispetto ad altre destinazioni; ▪ la singola impresa può decidere come meglio gestire il guadagno di costo ottenuto da questa strategia, e quindi anche all’interno di un gruppo di collaboratori ci saranno delle distinzioni perché le imprese mantengono la propria identità; ▪ la collaborazione permette di apportare delle modifiche alla struttura del settore. Forme di collaborazione DEBOLI: accordi tra 2 imprese per far fronte Forme di collaborazione FORTI: comportano un ad un terzo competitore > NO investimento, rischio limitato ma investimento per l’impresa > forme più focalizzate e accordo poco incisivo sull’attività aziendale. importanti, ma difficile gestione della relazione. Contratti di management: presenza incrociata di amministratori. Consorzi: gruppi di imprese. Associazioni di categoria o territoriali (NO scopo di lucro). Joint ventures: poche imprese (spesso solo 2), quindi Alleanze: prevalentemente per fini di ricerca e sviluppo, marketing investimento più impegnativo. e strategie competitive. Franchising IMPRESE DI TRASPORTO: vantaggi generati dal sistema delle alleanze. DOMANDA OFFERTA (clienti soddisfatti = vantaggio per l’impresa) Più voli e più destinazioni: una rete aerea molto estesa. Raggiungimento di una massa critica superiore. Più tariffe: un’ampia scelta di tariffe per un maggior numero di Superamento di alcune rigidità strutturali. destinazioni. Collegamenti facili: grazie all’estesa rete hub, prendere una Rafforzamento del posizionamento competitivo. coincidenza diventa più semplice. Check-in unico e veloce: una sola procedura di accettazione per Maggiore potere contrattuale con la compagnia aeroportuale i voli con coincidenze nell’ambito della rete dell’alleanza. per l’ottenimento di slot e spazi nei terminal. Accesso a più target di mercato Maggiore diffusione territoriale. Più miglia da accumulare: per i soci dei programmi Frequent Controllo più esteso dei canali distributivi (GDS, CRS, Internet) Flyer tutti i voli con partner dell’alleanza consentono di guadagnare miglia convertibili in premi e vantaggi esclusivi offerti da tutti i Partner. AGENZIE DI VIAGGIO: principali forme di networking T.O. = produttore /// ADV = intermediatore. 1) Network più strutturati e rigidi: fee d’ingresso e/o royalty annuali, acquisizione del marchio del network, adeguamento all’immagine dell’agenzia, strumenti più avanzati di gestione, programmi di selezione e formazione del personale, maggiori possibilità di over-comission. 2) Network più flessibili: l’agenzia acquisisce un maggiore potere contrattuale attraverso il co-brading, ma in misura più ridutta rispetto alle struttre più rigide, maggiore autonomia delle singole ADV nella gestione delle scelte. IMPRESE DI RISTORAZIONE Focus sul FRANCHISING: forma di espansione delle imprese che permette l’apertura di più punti vendita, dando la possibilità ad altri soggetti di utilizzare logo, immagine e prodotti Vantaggi per il franchisor Vantaggi per il franchisee − Rapido sviluppo degli investimenti; − Avvio di attività d’impresa con riduzione del rischio di start-up; − Crescita mantenendo la flessibilità; − Possibilità di beneficiare del know-how e dell’immagine del franchisor; − Suddivisione del rischio con i franchisee; − Accesso a tecniche, modelli e sistemi manageriali avanzati; − Maggiore facilità nello sviluppo internazionale; − Impostazione del servizio con standard qualitativi di livello; − Diffusione e rafforzamento del marchio; − Benefici economici e qualitativi nei rapporti con i fornitori; − Superamento di barriere all’entrata; − Più agevole accesso al credito; − Maggiore potere contrattuale verso i fornitori; − Maggiore aggiornamento e propensione all’innovazione; − Rafforzamento competitivo; − Assistenza nella selezione e formazione del personale; − Sviluppo continuo dell’innovazione; − Accesso a canali di comunicazione irraggiungibili a livello individuale. − Royalty. Criticità per il franchisor Criticità per il franchisee − Consistente investimento iniziale; − Rispetto di standard fissati dal franchisor secondo contratto; − Processo di crescita veloce; − Minore flessibilità rispetto all’impresa individuale; − Selezione del franchisee; − Non sempre condivisione di interessi con il franchisor. − Maggiori oneri di coordinamento e controllo. MODELLO DELLE CINQUE FORZE COMPETITIVE (Porter): permette di studiare l’ambiente competitivo, cioè ha come obiettivo quello di capire le dinamiche competitive all’interno del nostro settore. 1. Intensità della concorrenza nel settore Permette di capire quanto è intenso concorrere in questo settore, con quale facilità io riesco a portar via quote di mercato agli altri. L’intensità della concorrenza si studia attraverso l’analisi del GRADO DI CONCENTRAZIONE = un settore è più concentrato quando la maggior parte delle quote di mercato è nelle mani di una o poche imprese. (regime più concentrato in assoluto = monopolio). Esso influenza i rapporti competitivi perché, più e meglio distribuite sono le quote di mercato fra le varie imprese, più facile sarà la competizione tra le stesse (cioè se giochiamo tutti ad armi pari possiamo “giocare” di più). ESEMPIO: IMPRESE: TUTTE le imprese di quel settore in ordine crescente di dimensione Motorcaravan (quota di mercato misurata sulla base del fatturato). industry RETTA DI DISTRIBUZIONE (retta nera, bisettrice quadrante): un settore ideale, (Germania) perfettamente distribuito, in cui ogni impresa ha la stessa quota di mercato. Concentration of CURVA DI LORENZ = GRADO DI CONCENTRAZIONE. chassis industry; Concentration of manufacturers; Per effettuare l’analisi, dobbiamo osservare la distanza che c’è tra la retta di Line of equality distribuzione e la curva (la “pancia”): più è distante la curva, più quel settore è CONCENTRATO nelle mani di poche imprese. Un altro aspetto da studiare per capire qual è l’intensità della concorrenza nel settore sono le BARRIERE ALL’USCITA = difficoltà che le imprese hanno per uscire dal settore di cui fanno parte. Esse incidono perché le scelte che quell’impresa va a prendere sono anomale, difficilmente prevedibili, ma impattano il mercato. [ESEMPIO: un negozio che vuole chiudere, per 6 mesi fa il tipico “svuota tutto” e vende a prezzi bassissimi > per quel periodo, le altre imprese avranno un grande concorrente “sleale” dal p.d.v. delle normali dinamiche concorrenziali.] Quali sono i motivi che rendono difficile l’uscita da un settore di impresa? Idiosincraticità degli impianti: l’impresa non riesce a dismettere degli investimenti importanti fatti in passato > finché non trovo un modo efficiente per disfarmene, li tengo attivi (es. impianti di grandi dimensioni difficili da smontare). Interrelazioni con altri business dell’impresa stessa: un’impresa in passato ha fatto una scelta di diversificazione, lavora in più settori e decide di uscire da uno di questi > ma il vincolo che ha con quel business le impedisce di uscire dal settore. Intervento di attori istituzionali: uno stabilimento di un’impresa non è più efficiente, lo Stato interviene con un contributo perché lì lavorano 500 persone in un territorio particolarmente sterile dal punto di vista dell’industria aziendale, quindi significherebbe fare un danno netto sia all’economia che alle famiglie di quei lavoratori. Riconversione del soggetto economico (ragioni personali): un’attività non è più redditizia ma mancano pochi anni alla pensione, allora decido di non chiudere ed andare avanti per evitare che si apra una nuova attività analoga competitrice. 2. Minaccia nuovi entranti nel settore La concorrenza all’interno di un settore va valutata anche in quello che è il potenziale nuovo concorrente che potrebbe entrare. → BARRIERE ALL’ENTRATA: vincoli che riscontrano le imprese che vogliono entrare in un settore. Istituzionali: non è l’impresa che le crea ma uno stakeholder esterno (es. lo Stato > un massimo di farmacie in una determinata aerea) > nascono nel periodo del dopoguerra con l’obiettivo di dare i servizi base a tutti i cittadini. Strutturali (dovute a): più le imprese che fanno già parte di quel settore si strutturano per gestire l’impresa con delle condizioni di vantaggio, più mettono in difficoltà le imprese che vorrebbero entrare. Sono dovute a: o Economie di scala, di esperienza, di scopo: vantaggi di costi medi unitari; o Vantaggi di costo assoluto; o Condizioni di accesso ai canali di distribuzione e fornitura; Strategiche: es. un’impresa diversificata può far leva sul business che va meglio per far fronte alla minaccia di un’impresa entrante in un secondo business che sta soffrendo in quel momento. 3. Competizione indiretta da prodotti e servizi sostitutivi Concorrenza da parte di imprese che fanno parte di altri settori ma offrono qualcosa che potrebbe essere sostitutivo agli occhi del consumatore → ESEMPIO: Gardaland è in competizione diretta con altri parchi divertimento, in competizione INDIRETTA con i centri commerciali, con gli organizzatori di eventi, con le imprese di slow tourism. Strumenti per misurare la competizione indiretta: ∆𝑸𝒂 Elasticità incrociata della domanda: vedere se al cambiare del prezzo della birra, cambiano le quantità 𝑸 𝜺𝒂𝒃 = 𝒂 vendute di coca cola > se positiva = prodotto o servizio sostitutivo. Lato negativo di questo strumento: devo ∆𝑷𝒃 registrare i dati per un periodo molto lungo per avere un risultato affidabile. 𝑸𝒃 Cosa deve fare l’impresa nel momento in cui ha identificato i prodotti o servizi sostitutivi? Deve fare una mappatura dei confini di settore per capire il contorno di potenziali concorrenti Modello di Abell: mappatura dei raggruppamenti strategici, attraverso l’individuazione dei fattori di omogeneità. Risponde a 5 variabili da confrontare con l’impresa concorrente: o Gruppi di clienti o Funzioni d’uso o Tecnologie utilizzate o Estensione geografica o Ampiezza (integrazione) verticale delle attività svolte. Si costruisce un tabellone di confronto > andrò a considerare come concorrente diretto chi risponde a tutti e 5 i criteri, oppure 3 su 5, in base ad un criterio deciso a priori secondo l’obiettivo dell’analisi. 4. Potere contrattuale dei fornitori + 5. Potere contrattuale degli acquirenti Chi sta a monte o a valle della filiera produttiva può influenzare i rapporti competitivi. Fattori di influenza del potere contrattuale: Concentrazione dei fornitori e loro dimensione; Rilievo economico e strategico; Capacità dei fornitori o acquirenti di integrarsi verticalmente: rapporti con stakeholder che potrebbero decidere di integrarsi verticalmente e quindi diventare concorrenti Livello dei costi di conversione: quanto costa ad un’impresa convertirsi per fare quello che faccio io; Esistenza di prodotti sostitutivi; Trasparenza del mercato. OLTRE AL MODELLO DELLE 5 FORZE si possono aggiungere: Intensità dell’azione degli stakeholder esterni: non solo di fornitori e acquirenti, ma anche degli altri stakeholder. Integrazione con imprese complementari rispetto alla domanda: rapporto tra (ad es.) albergo, museo, ristorazione. 4. STRATEGIE FUNZIONALI/OPERATIVE GESTIONE STRATEGICA DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE L’espansione internazionale è la strategia diretta ad assicurare in modo sistematico nuovi sbocchi all’estero per le produzioni poste in essere nel paese di origine. Il mercato mondiale negli anni è diventato progressivamente omogeneo per seguire questa tendenza e facilitare gli scambi di risorse tra nazioni. 1. Imprese internazionali: approccio iniziale > provano a replicare in un altro paese l’attività che avviene nel paese di origine; 2. Imprese multinazionali: azione di adattamento dell’impresa rispetto al paese in cui vado ad operare > si forma una struttura di impresa molto ampia, in cui ogni paese ha una sua identità, che dal punto di vista dei processi e del funzionamento ha maggiore autonomia. NON è una replicazione ma la creazione di qualcosa di nuovo sulla base delle caratteristiche del paese; 3. Imprese globali: la realtà di internazionalizzazione più complessa e più evoluta, è un’impresa grande che mantiene la sua identità ma vede come mercato di riferimento il mondo intero, tiene conto di una varietà molto ampia di contesti, clienti ecc. Internazionale Multinazionale Globale 1. Missione Redditività (sopravvivenza) Accettazione locale Legittimazione: cerco il diritto ad esistere in termini globali 2. Processi di: Top down Bottom up (le filiali decidono in Negoziati a tutti i livelli tra le a. Definizione obiettivi semi autonomia gli obiettivi) imprese dell’intero globale b. Meccanismi di Gerarchici con la casa Rapporti tra casa madre e filiali Verticali e orizzontali fra casa comunicazione madre che impone la locali madre e filiali propria strategia c. Allocazione delle risorse Opportunità e politica Autonomia di definizione e Progetti d’allocazione delle investimenti decisa dalla responsabilità locale su politica risorse a livello globale casa madre d’investimenti 3. Definizione della Integrata a livello globale Orientata alla specificità globale Integrata a livello globale str