REUMATOLOGIA (2024-2025) PDF - Malattie infiammatorie

Summary

Questo documento PDF, intitolato REUMATOLOGIA, copre diverse malattie infiammatorie come la Colchicina e la CPPD (Malattia da depositi di pirofosfato di calcio), con dettagli sulla loro clinica, diagnosi e trattamento. Include anche informazioni su artrite settica, polimialgia reumatica e arterite gigantocellulare, trattando segni di flogosi. Il materiale sembra orientato verso un pubblico professionale.

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- Colchicina: è un farmaco utilizzato nelle malattie infiammatorie come la febbre mediterranea familiare. Non si conosce benissimo il suo meccanismo d’azione, ma inibisce l’inflammasoma e la formazione di microtubuli, rallenta la diapedesi di cellule come neutrofili che...

- Colchicina: è un farmaco utilizzato nelle malattie infiammatorie come la febbre mediterranea familiare. Non si conosce benissimo il suo meccanismo d’azione, ma inibisce l’inflammasoma e la formazione di microtubuli, rallenta la diapedesi di cellule come neutrofili che hanno bisogno di sviluppare microtubuli per spostarsi. Per cui, in questa malattia ha una duplice funzione: agire sull’inflammasoma e sui neutrofili. È chiaro che la malattia è super tumultuosa, quindi dopo il primo episodio è buona cosa istruire il paziente alla automedicazione, perché la terapia è tanto più efficace quanto tempestiva rispetto all’esordio dell’episodio. Se il paziente viene istruito su come fare quando si ripresenta l’infiammazione a volte bastano anche una o due compresse per far abortire completamente l’episodio e migliorare la sintomatologia nel giro di poche ore. Se invece l’episodio matura, passano uno o due giorni, ci vuole un pochino più di tempo per rientrare. Per quanto riguarda il trattamento della fase cronica dell’iperuricemia, oggi fortunatamente si dispone di terapie che ci consentono di abbassare i livelli di acido urico nel sangue. Questo avviene agendo sia su fattori modificabili, come la dieta, riducendo l’introito di purine esogene, e l’obesità, favorendo il calo ponderale, sia con dei farmici che vanno ad inibire l’enzima xantina sintetasi, ovvero l’enzima responsabile della conversione della xantina in acido urico. Abbassando i livelli di acido urico l’obiettivo è di ridurre il suo accumulo nei tessuti, quindi non solo di impedire un ulteriore formazione, ma anche di far si che quello che si è depositato in parte venga riassorbito. Entra in gioco un’altra problematica di questa malattia, ovvero che i pazienti aderiscono poco alla terapia. Quando si cerca di abbassare l’acido urico si crea un gradiente tra i tessuti e il sangue dove l’acido urico tenderà a spostarsi. Tuttavia gli spostamenti dell’acido urico all’interno delle strutture articolari determinano una maggiore attivazione del sistema immunitario, perché è come se gli passasse sotto il naso tutto questo acido urico e lo volesse in qualche modo aggredire. Spesso e volentieri dal reumatologo si recano pazienti che affermano di aver osservato un peggioramento della sintomatologia dopo aver iniziato la terapia ipouricemizzante, questo si verifica quanto il medico non prescrive in associazione una terapia antiinfiammatoria con FANS, corticosteroidi o colchicina di fondo. Malattia da depositi di pirofosfato di calcio (CPPD) I cristalli che si depositano sono costituiti da calcio pirofosfato, la loro genesi è più complessa e sfuggente: i meccanismi che determinano questo eccesso di pirofosfato inorganico e quindi poi la loro deposizione sotto forma di sali di calcio sono molto meno compresi. Ad oggi quello che si sa è che questi cristalli hanno un particolare tropismo per la fibrocartilagine e per la cartilagine ialina articolare e che questa malattia da un punto di vista fisiopatologico assomiglia molto alla gotta. Il meccanismo di fondo dell’induzione dell’infiammazione è più o meno simile: è sempre mediata dall’attivazione dell’inflammasoma, ma a differenza della gotta è una malattia che, tranne rarissimi casi di cause genetiche e di mutazioni specifiche, è molto spostata sui pazienti di un’età generalmente superiore ai sessant’anni. Clinica La presentazione clinica di questa malattia è sicuramente più complessa della gotta, meno lineare e ripetibile. Infatti la gotta si diagnostica facilmente, anche solo con il racconto, mentre qui è molto più difficile, perché la deposizione di cristalli di calcio pirofosfato è generalmente asintomatica. Tuttavia dal punto di vista radiologico è possibile osservare condrocalcinosi: non è il nome di una malattia, ma di un reperto radiografico di calcificazione delle cartilagini ed è comunissimo dopo una certa età, raggiunge prevalenze vicine al 50% oltre gli ottant’anni. Possiamo distinguere la CPPD in: - Artrite acuta da CPP: definita pseudogotta. Si distingue dalla gotta per le articolazioni più frequentemente coinvolte: la gotta colpisce principalmente la prima metatarso falangea e il piede, in questo caso invece le articolazioni più coinvolte sono ginocchia e in secondo luogo polsi. Un’altra differenza è data dal fatto che gli episodi di infiammazione acuta sono generalmente meno intensi in termini assoluti, però sono più duraturi, quindi invece di durare qualche giorno come un episodio gottoso non trattato, durano qualche settimana. - CPPD cronica: Osteoarthritis-like (OA-like): questi pazienti, sia da un punto di vista clinico che radiologico, hanno degli aspetti molto simili all’osteoartrosi, hanno un dolore cronico di fondo, sicuramente di entità inferiore rispetto a quello di un’artrite acuta pseudogotta, ma con delle poussée infiammatorie; quindi non stanno mai bene, perché hanno il dolore cronico di fondo e hanno degli episodi di infiammazione. Da un punto di vista radiologico le caratteristiche sono molto simili a quelle di un’osteoartrosi avanzata, tuttavia colpisce delle articolazioni inusuali per l’osteoartrosi primaria, per esempio la spalla (l’osteoartrosi di spalla non è così comune come il ginocchio o l’anca), oppure i polsi o le articolazioni metacarpo falangee che sono sempre risparmiate nell’artrosi primaria. Artrite infiammatoria cronica: esiste anche la possibilità che questi pazienti sviluppino un’artrite cronica del tutto simile ad artrite reumatoide per localizzazione, con interessamento di polsi, metacarpo falangee, piccole articolazioni della mano con ovviamente negatività degli anticorpi per il fattore reumatoide e anti-citrullina, quindi con grosso problema di diagnosi differenziale con l’artrite reumatoide siero negativa che è circa il 20-30% dei casi. Spesso non è possibile distinguere le due condizioni ciniche a meno che non si riesca ad attingere al liquido sinoviale. Diagnosi Anche in questo caso il gold standard diagnostico consiste nell’osservazione di cristalli di calcio pirofosfato nel liquido sinoviale. In questo caso assumono una forma diversa dall’acido urico, più romboidale e presentano un tipico comportamento di debole rifrangenza positiva. Tuttavia i cristalli di calcio pirofosfato, a differenza di quelli di urato, sono raggruppati, quindi si vedono anche con radiologia convenzionale. Il segno radiologico tipico di questi pazienti è la condrocalcinosi, cioè la calcificazione di fibrocartilagini, come le fibrocartilagini meniscali oppure fibrocartilagine della sinfisi pubica. Dunque questi cristalli radiopachi si vedono anche nella radiografia convenzionale, ovviamente devono raggiungere un certo quantitativo per essere detectabili dalla radiografia convenzionale. Inoltre la forma simil osteoarthritis esprime la sua massima potenza nella mano; l’artrosi della mano tipicamente coinvolge le interfalangee distali e le prossimali, mai le metacarpo falangee. Se guardiamo la mano nell’immagine osserviamo degli osteofiti, che hanno un aspetto tipico ad uncino, nelle metacarpo falangee, articolazioni dove non dovrebbe esserci osteoartrosi. Quindi a livello della mano, la presenza di segni di osteoartrosi in articolazioni normalmente non colpite, depone fortemente per una malattia da depositi calcio pirofosfato. Sempre per infittire l’overlap tra questa malattia e l’artrite reumatoide anche questa malattia ha la predilezione per colpire l’articolazione atloassiale creando la sindrome del dente incoronato. Questa sindrome può essere osservata alla TAC: si hanno depositi di CPP nei legamenti che circondano il dente dell’epistrofeo. Questa manifestazione dà quadri importanti di cervicalgia improvvisa, ad esordio improvviso, spesso con forti segni di infiammazione sistemica, per esempio febbre oppure aumento dei valori di PCR. Dal momento che questa condizione è abbastanza sconosciuta determina problemi di diagnosi differenziale in pronto soccorso, perché se si osserva un paziente con cerviconucalgia, rigidità nucale, febbre alta e indici di flogosi elevati la prima cosa che viene in mente nel contesto della medicina d’urgenza è la meningite. Anche i cristalli di calcio pirofosfato si possono vedere all’ecografia: i cristalli di calcio pirofosfato, a differenza di quelli di acido urico che si depositano sulla superficie della cartilagine articolare, tendono a depositarsi nello spessore della cartilagine. Per questo motivo all’ecografia la cartilagine risulterà “più sporca” perdendo la sua fisiologica ipoecogenicità. Trattamento La pseudo gotta si cura come degli episodi ricorrenti di gotta, quindi con gli stessi farmaci, ma con la differenza che siccome l’episodio è meno intenso in termini di dolore, spesso e volentieri si può agire anche con delle infiltrazioni locali di corticosteroidi che sono piuttosto efficaci. Nella gotta acuta questo non potrebbe mai essere fatto, perché il paziente è iperalgico e sofferente. Nelle forme croniche il problema principale è che ad oggi non esiste nessuna terapia in grado né di modificarne il decorso né di impedire i depositi di cristalli. Quindi, ad oggi, la gestione è molto sintomatica ed empirica: dal punto di vista sintomatologico si gestisce con FANS, colchicina e corticosteroidi empiricamente anche se gli studi non hanno dato delle grandissime soddisfazioni. Quando il paziente ha la forma cronica artritica si tratta come se fosse un’artrite reumatoide, con il metotrexate oppure con l’idrossiclorochina, un farmaco scoperto nella malaria e che è la terapia principale del LES. Il suo effetto collaterale più frequente è la retinopatia che si verifica dopo molti anni di trattamento. Non c’è nessuna evidenza che funzioni in questa malattia, quindi si fa molto empiricamente, semplicemente perché non si hanno grandi alternative. Anche la risposta alla terapia è uno degli strumenti con i quali si marca la differenza tra una CPPD e un’artrite reumatoide sieronegativa, perché questi pazienti rispondono nettamente peggio rispetto all’artrite reumatoide sieronegativa. ARTRITE SETTICA Entra in diagnosi differenziale con le artriti microcristalline. Si tratta di una patologia caratterizzata da un’infiammazione articolare dovuta all’infezione della cavità articolare che normalmente è sterile.È una condizione completamente diversa dall’artrite reattiva che, invece, si sviluppa a seguito di un’infezione ma come meccanismo immuno-mediato l’infezione articolare non c’è. È una patologia molto grave che rappresenta un’emergenza reumatologica sia perché rapidamente destruente con esiti immediati sulle articolazioni sia perché il paziente rischia di morire. È molto più frequente nelle articolazioni protesiche (1-2% delle protesi si infetta) e di fatto oggi è il principale problema della chirurgia ortopedica. Nella popolazione generale con articolazioni native, invece, è abbastanza infrequente. I batteri arrivano nella cavità articolare sterile attraverso diversi meccanismi: diffusione da parte della cute come da lesioni cutanee infette; tramite procedure diagnostiche e terapeutiche come anche una banale artrocentesi o infiltrazione di acido ialuronico; diffusione da un trauma aperto; diffusione da osteomielite (problematiche meno rilevante); spread ematogeno: i batteri arrivano da una batteriemia che spesso origina da un locus infettivo distale (polmonite, endocardite) oppure si verifica in caso di consumo di droghe per via endovenosa. Questo meccanismo di diffusione è il più rappresentato in quei pazienti che hanno una immunodepressione che può essere sia iatrogena come nei pazienti che fanno chemioterapia, sia locale in chi ha ad esempio ha l’AR o una brutta forma di osteoartrosi oppure l’immunodepressione può derivare da situazioni di fragilità generale come alcolismo o diabete. Eziologia Quasi tutte le infezioni articolari sia protesiche che native sono sostenute da batteri Gram +, stafilococchi e streptococchi, mentre i Gram - sono presenti principalmente nei pazienti immunocompromessi dove sono maggiormente rappresentate queste infezioni e dove c’è una minore capacità di contenimento dello spread dell’infezione. Clinica Clinicamente si presenta come una monoartrite acuta, in maniera analoga alla gotta e alla CPPD. Nonostante si abbia un’infezione non necessariamente bisogna avere febbre o malessere generale; viceversa, invece, anche un paziente con gotta può avere un rialzo termico importante in quanto si tratta di una malattia molto infiammatoria. Per cui l’assenza o presenza di febbre non può essere considerata un criterio di diagnosi differenziale tra queste condizioni. Quando si ha una monoartrite acuta bisogna sempre pensare che il paziente potrebbe avere un’artrite settica. Le articolazioni maggiormente coinvolte sono: ginocchio, anca, spalla, polso e caviglie, ma teoricamente può riguardare qualsiasi articolazione (una delle ultime viste dal professore riguardava l’articolazione sterno-claveare nativa). Diagnosi Una delle cose più importanti da fare è l’analisi del liquido sinoviale che può essere o francamente purulento oppure fortemente infiammatorio dove, oltre a fare la misurazione del numero di globuli bianchi e neutrofili, si può anche fare l’esame colturale che ci dirà quale batterio è presente e con l’antibiogramma qual è il farmaco nei confronti del quale il batterio è sensibile. È importantissimo studiare anche la possibilità che questi pazienti abbiano una batteriemia da infezioni situate in altri posti. All’imaging nulla è in grado di dirci che si tratti di un’artrite settica, per cui la diagnosi si basa sul mantenere elevatissimo il sospetto clinico e analizzare il liquido sinoviale ogni volta che è possibile. Terapia Il paziente viene subito ricoverato per poter fare tutti gli approfondimenti del caso e per iniziare la terapia antibiotica tempestiva empirica ad ampio spettro che si baserà sull’epidemiologia (copertura sempre per Gram + e se non siamo certi anche Gram -). È, infine, importante la pulizia dell’articolazione: in un ambiente molto specialistico si traduce in pulizia chirurgia, mentre in ambienti meno specializzati si traduce in drenaggio o artrocentesi ripetute. In ogni caso tutti i pazienti con artrite settica devono essere operati perché una volta che il processo è iniziato difficilmente si arresta da solo. POLIMIALGIA REUMATICA (PMR) Si tratta di una patologia molto particolare. È una malattia infiammatoria muscolo scheletrica tipica degli individui con età superiore ai 50 anni, ma complessivamente l’incidenza è spostata nei pazienti con più di 75 anni. È caratterizzata da un quadro suggestivo di dolore e rigidità dei cingoli scapolari e pelvici. È fortemente associata da un punto di vista epidemiologico con l’arterite gigantocellulare. Quadro clinico È una patologia che si riesce ad inquadrare nei primi 15 secondi di racconto del paziente. Si ha un dolore a livello del rachide cervicale, spalle, porzione prossimale degli arti superiori, zona lombo-glutea e radice degli arti inferiori con insorgenza abbastanza rapida nell’ordine di giorni, molto intenso, continuo, bilaterale (può iniziare come monolaterale ma nel giro di pochi giorni diventa subito bilaterale) con tutti i connotati di un dolore infiammatorio, ovvero associato a rigidità mattutina e con miglioramento a seguito di movimento. Il paziente solitamente è un grande anziano (82enne) che, a detta del caregiver, fino ad una settimana prima andava in bicicletta o nell’orto e ora arriva dal medico tutto bloccato e rigido sulla sedia a rotelle e incapace di svolgere le attività più elementari della vita quotidiana come lavarsi. Questo effetto prorompente sulla vita quotidiana dell’individuo deriva sia da fattori legati alla malattia iperinfiammatoria (dominata dall’IL6 che è anche la citochina che media la maggior parte dei sintomi sistemici dell’infiammazione) sia dal fatto che compare in un soggetto con una scarsissima riserva funzionale. A quell’età spesso qualunque patologia si esprime con un calo repentino della performance. Sede dell’infiammazione La curiosità di questa malattia è capire dove è localizzato il dolore. Il paziente riferisce dei sintomi muscolari però il coinvolgimento muscolare non è presente. Infatti, le patologie muscolari primitive si valutano con un aumento delle CPK, dell’elettromiografia e, infine, della biopsia, tutti aspetti negativi nel paziente con PMR. Se si utilizzano strumenti di imaging come RM e PET, la localizzazione dell’infiammazione è periarticolare, ovvero attorno all’articolazione ma extracapsulare. Studi più recenti di RM ad alto campo ci hanno permesso di capire almeno in una parte di pazienti dove si localizza l’infiammazione: in linea di massima si colloca nei tessuti connettivi perimuscolari (perimisio) e peritendinei (peritenonio). In alcuni pazienti con la RM del bacino si può vedere l’edema a livello fasciale ma questo non è evidente in tutti i pazienti. Quindi, la RM non è implementata ad oggi nella diagnostica di questa malattia e la diagnosi è solo clinica. Sicuramente, però, ci stiamo avvicinando sempre di più a comprendere la localizzazione di questa infiammazione. È possibile anche un coinvolgimento delle articolazioni periferiche, principalmente una tenosinovite del dorso di mani e piedi con relativo risparmio delle dita. È una condizione peculiare in quanto si tratta di un edema improntabile, più simile ad un edema da stasi dove rimane la fovea, cosa non comune nella patologia infiammatoria articolare come l’AR. Il paziente, però, può anche avere un interessamento delle articolazioni di mani e piedi oltre al coinvolgimento dei cingoli. PMR vs AR con esordio simile a PMR Il problema è che l’AR nell’anziano si può sviluppare con un fenotipo PMR like, quindi con un interessamento marcato delle articolazioni dei cingoli. In questo caso l’interessamento è più squisitamente articolare, mentre nella PMR è poli articolare. Altri tratti distintivi della PMR sono: - l’aumento molto marcato degli indici di flogosi; - l’artrite non ha un andamento erosivo ma autolimitante; - gli anticorpi sono assenti (quest’ultimi potrebbero essere assenti anche nell’AR). Quindi, quasi sempre si riesce a fare una discreta distinzione, però a volte il 100% di certezza che sia l’una o l’altra patologia non ce lo possiamo avere. Un altro tratto distintivo è la presenza di sintomi sistemici in un elevatissimo numero di pazienti che, invece, non sono tanto comuni nelle patologie reumatologiche. Diagnosi La diagnosi è quindi clinica, confermata da un solo dato di laboratorio, ovvero l’aumento macroscopico dei valori di VES e proteina C reattiva. Sono aneddotici i casi in cui la PMR non sia associato a questo aumento. Invece, nel paziente con AR è più probabile che gli indici di flogosi non siano aumentati. Terapia È una delle cose più gratificanti in reumatologia. Quando si ha un dubbio diagnostico anche la diagnosi ex juvantibus, ovvero sulla base della risposta ad un trattamento empirico, può essere utile; infatti, questi pazienti arrivano distrutti dalla malattia ma rispondono in maniera brillante, immediata e rapidissima nel 100% dei casi ai corticosteroidi a basse dosi. Spesso già dalla prima compressa il paziente praticamente ha una restitutio. Nell’AR, invece, il cortisone funziona e si usa come bridge nell’arco temporale necessario per far sì che gli altri farmaci facciano effetto, ma non è così veloce (ci vogliono dei giorni, è un meccanismo più graduale). La terapia prosegue per un po’, dopo di che si riduce progressivamente il dosaggio fino ad arrivare alla sospensione completa nel 60-70% dei pazienti nell’arco mediamente di 9 mesi, mentre una parte di pazienti necessiterà di un basso dosaggio di corticosteroidi a lungo termine. In questo percorso capita frequentemente che, arrivati ad una riduzione, i sintomi ricominciano e in questo caso si aggiunge il metotrexate come risparmiatore di corticosteroidi e raramente si può utilizzare il tocilizumab anti IL6. Questi pazienti sono anziani e, quindi, quando si inizia il cortisone è necessario somministrare bifosfonati per evitare la perdita di massa ossea e conseguente rischio di fratture vertebrali o di femore che altrimenti avverrebbero già al primo mese con questi dosaggi di cortisone. Capita spesso che questi pazienti siano diabetici, poco compensati e allora bisogna giocare con dosi più basse di cortisone e introdurre il metotrexate precocemente in quanto già si sa che oltre una certa dose ed oltre un certo periodo di tempo non si può andare con il cortisone. ARTERITE GIGANTOCELLULARE (GCA) È una malattia strettamente associata alla PMR. Si tratta di un’infiammazione delle pareti dei grossi vasi, in particolare delle diramazioni della carotide esterna e delle arterie vertebrali. Rientra nelle vasculiti di grosso calibro secondo la classificazione di Chapel Hill. Il 15% dei pazienti con PMR sviluppa una GCA e il 50% dei pazienti con GCA svilupperà una PMR. Da un punto di vista epidemiologico si sovrappongono e anche in questa malattia la fisiopatologia è governata dall’IL6. La caratteristica importante è che da un punto di vista dello spessore del vaso l’infiammazione è quasi sempre transmurale (colpisce tutte le tonache), mentre da un punto di vista longitudinale il vaso viene interessato in maniera settoriale. Questo è un problema alla biopsia perché bisogna assicurarsi di prendere un tratto di lunghezza sufficiente (almeno 1,5 cm) per mettere in evidenza questa infiammazione. Esistono due possibili quadri di presentazione: forma cranica forma extracranica (LV (Large Vessels)-GCA) Forma cranica Il sintomo più frequente è la cefalea di nuova insorgenza, molto intensa, continua, insistente e se il paziente già soffre di emicrania riconosce lo sviluppo di una cefalea differente. La localizzazione temporale non è così dirimente, può essere localizzata praticamente ovunque. È dovuta ad un meccanismo di tipo ischemico e si può accompagnare ad altri sintomi ischemici del distretto interessato, ad esempio iperalgesia del cuoio capelluto, claudicatio della mandibola, oppure palpatoriamente le arterie temporali sono facilmente evidenziabili davanti all’orecchio, possono essere tumefatte, dolenti, nodulari, iposfigmiche. Infine, ci sono pochissimi casi di necrosi del cuoio capelluto o della lingua. N.B. La PMR e la GCA sono così comuni nel paziente anziano che fanno parte di quelle possibili diagnosi differenziali più frequenti della febbre di origine sconosciuta nell’anziano. Questo capitolo è estremamente vasto: un paziente con febbre, astenia, malessere generale potrebbe avere un’infezione, una neoplasia… tutte patologie che devono essere trattate in maniera differente. Complicanze La problematica maggiore per cui viene considerata una malattia molto seria è il fatto che c’è un rischio concreto di cecità irreversibile anche se si tenta la terapia. Questa cecità è dovuta alla neuropatia ottica ischemica anteriore che di fatto è la necrosi ischemica del nervo ottico (irreparabile) dovuta all’occlusione delle arterie ciliari posteriori. Ovviamente è un fenomeno improvviso e acuto e, quindi, tutti i pazienti con GCA devono essere trattati in maniera tempestiva perché anche se non hanno sintomi visivi possono sviluppare cecità d'emblée. Sicuramente vanno trattati i pazienti con sintomi prodromici come l’amaurosis fugax (perdita transitoria del visus) oppure altri sintomi più sfumati come la diplopia. Un altro problema riguarda, trattandosi di una malattia vasculitica, il rischio di stroke. In questi pazienti la caratteristica dello stroke è che riguarda le arterie vertebrali (una minoranza, invece, nella popolazione generale). In questi casi i sintomi sono vertigini, nistagmi e atassia, diversi ad esempio dall’emiparesi da stroke della cerebrale media. Forma extracranica Il grosso vaso più colpito extra-cranico è l’aorta e, in particolare, l’aorta ascendente. Il problema è legato al fatto che l’interessamento dell’aorta non porta a stenosi significativa e, di conseguenza, il paziente può non avere sintomi da localizzazione a meno che non abbia un interessamento anche delle arterie degli arti inferiori e superiori in cui si possono avere claudicatio, fenomeno di Raynauld oppure un interessamento delle arterie renali con ipertensione. Se si ha solo l’aortite tipicamente i sintomi da localizzazione non ci sono, ma ci saranno principalmente sintomi sistemici. Non si può, quindi, escludere una GCA perché non ci sono sintomi cranici ed è anche il motivo per cui ad oggi il nome è cambiato da arterite temporale a GCA concentrandosi sugli aspetti istologici (cellule di grandi dimensioni simili a macrofagi). Diagnosi Il gold standard diagnostico è la biopsia delle arterie temporali che deve essere fatta da esperti in quanto non si può rischiare di sacrificare un’arteria senza diagnosi. - Deve avere una lunghezza corretta; - deve avere anche una tempistica corretta perché il problema o fortuna di questa malattia è che, se si inizia la terapia, nella maggior parte dei casi c’è una buonissima risposta e, quindi, anche le alterazioni che si vedrebbero alla biopsia dopo un po’ scompaiono. Siccome si ha l’esigenza di trattare il paziente o la biopsia si fa subito, cosa non assolutamente scontata (normalmente si impiegano 7-10 giorni) oppure si deve iniziare la terapia empiricamente però la probabilità di avere una biopsia diagnostica cala drammaticamente più passano i giorni. Per fortuna gli europei e, in particolare, noi italiani siamo molto forti con l’ecografia che anche in questo caso ci dà delle soddisfazioni importanti in quanto ci consente di apprezzare un segno altamente sensibile e specifico, ovvero l’Halo Sign. Se si fa il doppler in una arteria temporale normale la parete vascolare è talmente sottile da non essere visibile, mentre invece nella GCA c’è un ispessimento concentrico della parete vascolare ipoecogeno. Si può trovare praticamente in tutte le arterie ma il distretto in cui si guarda di più sono le arterie temporali e le ascellari dove si riesce ad avere una panoramica dell’interessamento sia cranico che extra cranico. L’ecografia è ancora più sensibile alla terapia steroidea rispetto alla biopsia per cui si deve farla subito, prima di iniziare il cortisone. Questo è possibile in quanto l’ecografia è disponibile nel setting reumatologico. Oggi la maggior parte dei pazienti vengono diagnosticati con l’ecografia o magari con altre tecniche di imaging: angio-RM, poco utilizzata ma dà più informazioni sul circolo vertebro-basilare; angio-TC, poco utilizzata ma dà molte informazioni sul circolo splancnico (arterie mesenteriche); PET-FDG è l’esame che si fa di più in quanto ha il vantaggio di darci una visione panoramica osservando tutti i grossi vasi (tranne le temporali) e valutando quanto è estesa la malattia e in più ci dà una misura quantitativa dell’infiammazione. È estremamente utile quindi per le forme extra craniche. Terapia Se un paziente ha dei sintomi oculari deve fare delle mega dosi di corticosteroidi, mentre il paziente che non ha sintomi oculari non è comunque al sicuro e deve essere trattato il più precocemente possibile sempre con dosaggi di cortisone ma maggiori della PMR. Il ricorso a farmaci di secondo livello come tocilizumab e metotrexate è molto più frequente e il tocilizumab è proprio indicato nella GCA, mentre nella PMR non è approvato ma si utilizza solo in condizioni molto particolari. ARTERITE DI TAKAYASU È una malattia rarissima, ma assolutamente particolare. Si è dibattuto e ancora oggi si dibatte sul fatto che GCA e arterite di Takayasu siano la stessa malattia, con espressività diversa in quanto coinvolgono due età della vita completamente differenti, oppure che siano due malattie completamente diverse. L’arterite di Takayasu colpisce soprattutto il sesso femminile (10:1). Ci sono delle caratteristiche differenziali che assolutamente fanno pensare che siano patologie differenti: Nella GCA la stenosi è sostenuta dall’infiammazione e, quindi, spegnendola anche la stenosi si riduce e non si vedono neanche più le alterazioni suggestive all’ecografia; invece, nella Takayasu c’è un andamento bifasico con una fase infiammatoria a cui segue una stenosi cronica e irreversibile che non è sensibile alla terapia immunosoppressiva. Si tratta di pazienti giovani che richiedono per il punto precedente molti interventi di rivascolarizzazione anche in siti atipici come a livello di arteria mesenterica e arterie renali. interessamento dei vasi splancnici con sintomi peculiari come angina abdominis. Una delle ultime pazienti viste dal professore aveva un problema di infertilità che ha permesso di fare diagnosi. Un’altra caratteristica distintiva è la fortissima associazione della Takayasu nei Paesi Asiatici. la GCA risponde bene al Tocilizumab, mentre, invece, nella Takayasu c’è una risposta agli anti-TNF.

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