Relazioni Internazionali complete PDF
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Il documento è un'introduzione alle relazioni internazionali. Discute di vari attori, come Stati, nazioni, attori non statali e leader nazionali. Esamina anche i diversi livelli di analisi delle relazioni internazionali, dalle decisioni individuali alla politica estera degli stati e al sistema internazionale. Inoltre, spiega come le teorie, il presente e il passato aiutano a comprendere le relazioni internazionali.
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INTRODUZIONE ALLE RELAZIONI INTERNAZIONALI CAPITOLO I Le relazioni internazionali sono parte integrante della nostra vita: oggi Stati-nazione interagiscono in un sistema di scambi a livello globale e noi consumatori siamo il diretto beneficiario di questa rete. Sono caratterizzate da vantaggi (comm...
INTRODUZIONE ALLE RELAZIONI INTERNAZIONALI CAPITOLO I Le relazioni internazionali sono parte integrante della nostra vita: oggi Stati-nazione interagiscono in un sistema di scambi a livello globale e noi consumatori siamo il diretto beneficiario di questa rete. Sono caratterizzate da vantaggi (commerciali, economici…) per tutti ma possono anche generare conflitti e guerre (che possono essere risolti – es. Francia e Germania: sempre state avversarie durante le guerre dei secoli scorsi, ora sono “alleate” politicamente ed economicamente nell’UE e militarmente nella NATO). Le relazioni internazionali non si limitano a questo, ma riguardano anche la libertà degli individui di attraversare i confini nazionali: ora ognuno di noi è agevolato nella circolazione nei Paesi esteri, mentre prima non era così (muro di Berlino, cortina di ferro…) – tuttavia bisogna ricordare che ogni Paese ha le proprie leggi, quindi queste agevolazioni non sono universali (es. i cittadini USA non possono entrare a Cuba a causa dell’isolamento che quest’ultimo aveva subito durante gli anni della guerra Fredda). Ad oggi, nel mondo ci sono 196 Paesi che interagiscono l’uno con l’altro in diversi ambiti – questi intrattengono relazioni anche con una serie di IGO (organizzazioni governative internazionali = organizzazioni a cui gli Stati decidono di aderire per perseguire i propri interessi – es. ONU, FMI, OMS…), attori privati il cui operato è di natura transnazionale (es. Lenovo, Medici Senza Frontiere…) e movimenti politici e sociali (es. Fratelli Musulmani, Forum Sociale Mondiale…) Possono essere identificati tre attori fondamentali delle relazioni internazionali: 1. Leader nazionali = individui che detengono il potere esecutivo (es. cancelliere tedesco) 2. Stati, nazioni e Stati-nazioni = lo Stato è un’entità con confini identificabili governato da un’autorità politica – la nazione non c’entra con i confini ma riguarda un gruppo di individui che condividono una cultura, storia e lingua comune – lo Stato-nazione è un’unità politica abitata da un’unica nazione (es. Albania, dove il 95% della popolazione è di etnia albanese) 3. Attori non statali = attori diversi dallo Stato che operano all’interno o tra diversi confini nazionali (es. Multinazionali come Coca-Cola, la Chiesa cattolica...) Tutti gli Stati hanno dei propri interessi: implementano delle strategie (insieme dei mezzi utili a raggiungere un unico fine) per raggiungere il proprio obiettivo Esempio: la Cina vuole ottenere la piena sovranità sul Mar Cinese Meridionale (perché area ricca di petrolio e gas naturale) → si è inimicata i vicini che condividono l’area (Indonesia, Malesia, Filippine e Vietnam) e il governo farà uso di strumenti di policy come azioni diplomatiche, di propaganda e militari per raggiungere il suo obiettivo Per capire perché accadono determinati avvenimenti si fa uso delle teorie (non ne esistono di più giuste o sbagliate, ma solo utili o meno utili) – per poter classificare i vari concetti attorno ai quali ruotano le relazioni internazionali esistono diversi livelli di analisi (modi diversi di ricercare risposte alle domande): 1. Individuale = si concentra sulle conseguenze che le decisioni del Capo di Stato hanno sulle RI e sulla politica estera 2. Statale = si concentra sulle particolari caratteristiche degli Stati (es. “teoria della pace democratica” dice che il modo in cui uno Stato si comporta in politica estera dipende dalle istituzioni politiche interne, quindi se sono democratiche o autoritarie o…) 3. Internazionale = si concentra sul sistema internazionale, nel quale Stati + attori non statuali interagiscono influenzando fortemente a vicenda il comportamento di ognuno Il modo per ricordarli è quello di porsi sempre la *domanda fondamentale: “qual è la causa della guerra?” → per il primo livello può essere il Presidente, per il secondo lo Stato/i gruppi di pressione influenti, per il terzo il contesto internazionale in cui operano gli Stati (NB nessuna interpretazione è più giusta o sbagliata). I vari livelli si possono concatenare – ad esempio i rapporti che legano USA e UE: dal punto di vista statale (2 livello) gli attori sono entrambi democrazie di stampo capitalista, dal punto di vista internazionale (3 livello) sono insieme nella NATO I livelli non sono esclusivamente 3 (alcuni parlano di livello regionale) I livelli valgono nella teoria, si sa che quello che accade nel mondo è in realtà molto più complicato di così *Le domande fondamentali sono 1. ricorrenti 2. irrisolte 3. significative Es. “qual è la causa della guerra?” → ricorrente perché è sempre valida (nel mondo le guerre ci sono sempre), irrisolta perché l’uomo per sua natura la fa, significativa perché influenza sempre la vita degli individui Perché sono importanti? Separano ciò che è realmente rilevante da quelle che sono le “notizie del giorno” e aiutano a capire lo sviluppo attuale delle RI È importante tracciare collegamenti tra (1) teoria e pratica, tra (2) presente e passato, tra (3) aspettativa e realtà 1. La creazione e la verifica di nuove teorie è parte integrante di una qualunque impresa scientifica 2. Fa capire come i policy makers agiscono because l’esperienza storica influisce sul comportamento di uno Stato 3. Il mondo è molto diverso da come dovrebbe essere o da come vorremmo che fosse – le RI devono studiare però il mondo come effettivamente si presenta, poiché capire le ragioni di uno specifico comportamento da parte di un governo è il primo passo per studiare un modo per cambiarlo o evitare che si ripresenti in futuro [Il sistema internazionale moderno nacque con la pace di Westfalia (1648), che portò alla creazione dello Stato-nazione; il primo tentativo di analisi politica internazionale fu offerto dal filosofo Tucidide: ha combattuto durante la guerra del Peloponneso e poi prodotto un’analisi di quest’ultima; a differenza dei suoi contemporanei, che si limitavano allora a riportare quello che era accaduto in ordine cronologico, lui ha analizzato i fatti e le conseguenze di quanto accaduto (affermò infatti: “il mio lavoro non è fatto per appagare i gusti dei miei contemporanei, ma è destinato a durare per sempre”) cercando di capire il PERCHÉ era successo → si concentra su un evento particolare con l’obiettivo di far luce sui problemi principali delle RI] È fondamentale considerare la politica mondiale da diverse prospettive (es. l’ordine internazionale può sembrare perfetto e giusto agli occhi di un cittadino USA, mentre meno corretto e attraente per un cittadino di un Paese con meno influenza) → “where you stand depends on where you sit” = la posizione di un individuo nei confronti di un problema a livello internazionale è influenzata dalla sua posizione all’interno del sistema - Stessa cosa vale per gli Stati: quella che fu una grande potenza coloniale vede il mondo da una prospettiva diversa da quella di un paese colonizzato La prospettiva nazionale di un Paese dipende dalla propria esperienza storica, dalle proprie caratteristiche etniche-religiose e dalla propria posizione geografica – bisogna quindi: - Riconoscere la centralità delle grandi potenze: loro sono sempre al centro delle RI a causa dell’enorme influenza esercitata a livello mondiale - Riconoscere le differenze all’interno del sistema internazionale: si distinguono Paesi sviluppati e Paesi in via di sviluppo che hanno prospettive molto diverse per quanto riguarda le problematiche a livello internazionale LA NASCITA DI UN SISTEMA GLOBALE DI STATI CAPITOLO II La formazione di un sistema politico internazionale (1500-1900) → L’emisfero orientale è principalmente composto da Imperi - Cina = impero di 300 milioni di persone ed era stato governato da un succedersi di dinastie imperiali; la sua economia era la più grande e avanzata del mondo ed era ben consolidato già in quegli anni - Giappone = impero di 15 milioni di persone guidate da un imperatore, frammentato in entità politiche minori governate da leader militari; nel XVII secolo un signore della guerra prese il potere e diede origine ad una dinastia che governò l’impero fino al 1868 - India = impero di 110 milioni di persone che era stato in gran parte unito politicamente dalla dinastia musulmana discendente dal conquistatore mongolo Genghis Khan (che governa fino al 1700) - Impero ottomano = le tribù turche musulmane entrarono in Asia minore nel XI secolo ma le conquiste avanzarono finché non si presero tutta l’Asia minore, la regione balcanica, l’Europa centrale, il Medio Oriente e il Nord Africa - Africa sub-sahariana = impero di 38 milioni di persone di cui Mali era la maggiore comunità politica; la regione godeva di una grande attività economica → L’Europa era abitata da 82 milioni di persone distribuite in tutto il continente - I primi Stati sono gli Stati dinastici, governati da dinastie (es. Valois in Francia, Tudor in Inghilterra), che però non si svilupparono tutti in quel periodo e nemmeno in tutta l’Europa occidentale → Le Americhe erano abitate da circa 14 milioni di persone - La popolazione si concentra principalmente in quei territori che ora corrispondono a Messico, Perù, Brasile, Stati Uniti e Canada + vi erano due Imperi principali: Azteco e Inca Nasce in Europa un sistema di Stati = gruppo di Stati in competizione tra loro - Gli elementi principali di questa comparsa sono il feudalesimo e il Sacro Romano Impero - Ciò che portò alla formazione di questi Stati furono anche una serie di fallimenti nell’utilizzo della guerra per ottenere il controllo totale sul continente → tentativi da parte di Carlo V e poi suo figlio Filippo II, gli Asburgo austriaci e gli spagnoli, Luigi XIV in Francia e poi Napoleone, Hitler… - I tentativi di dominio imperiale in Europa furono respinti anche grazie alle alleanze – es. la Francia cattolica, che non voleva essere dominata politicamente dagli Asburgo cattolici (Carlo V) stipulò un’alleanza militare con i turchi ottomani musulmani e appoggiò i principati tedeschi protestanti nella loro lotta contro gli Asburgo → alleanze eterogenee (diversa identità religiosa) ma utili a perseguire un obiettivo comune! = prevenire la formazione di un impero asburgico in Europa ((↑ esempio di collegamento tra teoria e pratica = Teoria: Stati con identità comuni dovrebbero cooperare più facilmente rispetto a Stati con identità in conflitto Pratica: alleanza tra Francia cattolica e Impero ottomano musulmano)) Il sistema di Stati che caratterizza l’ordine internazionale odierno nasce con la Pace di Westfalia: nel 1648 finisce la Guerra dei Trent’anni e una serie di trattati divise l’Europa in Stati indipendenti → sistema westfaliano di Stati = ogni firmatario dei trattati diventava un’entità libera e indipendente (sulle alleanze e sulle questioni religiose soprattutto) e vive ora in un sistema in cui non esiste più un’entità superiore Ciononostante, la pretesa di alcuni Stati di formare un Impero in Europa non si fermò: Luigi XIV alla fine del Seicento diede il via o prese parte ad una serie di guerre per poter stabilire l’egemonia francese in Europa + dopo la Rivoluzione francese che i governi rivoluzionari e poi Napoleone fecero iniziare dei conflitti i quali portarono la Francia molto vicina al suo obbiettivo - I francesi furono fermati da un’alleanza composta da Inghilterra + Prussia (che diventa poi Germania) + Russia + Austria (che si trasforma poi in Austria-Ungheria) → Dopo che in Francia viene restaurata la monarchia tutte queste potenze diedero vita al Concerto europeo = un congresso con l’obiettivo di creare un ordine internazionale, ovvero un periodo di pace e cooperazione continua tra le grandi potenze (inizio 1800) Più avanti però la stabilità creata viene compromessa: nel secolo successivo incomincia la corsa alle colonie - Per molti leader europei questa trova le sue radici nel mercantilismo (dottrina che dice che il modo migliore per uno Stato di diventare ricco e potente è quello di trasformarsi in uno Stato imperialista) - Il miglior modo per accrescere potenza e ricchezza è quindi attraverso l’imperialismo: sulle colonie viene esercitato un controllo di tipo politico ed economico in modo da poterne sfruttare le risorse e la popolazione → il giogo europeo caratterizzò le Americhe, l’Africa sub-sahariana e l’India 1. Portogallo colonizza Brasile 2. Spagna (con Colombo) scopre le Americhe e conquista Impero Azteco e Impero Inca 3. Olanda conquista l’Asia orientale (rimpiazzando i portoghesi) 4. Francia stabilisce colonie in America del Nord e nei Caraibi L’Inghilterra fonda il più vasto potere oltreoceano conquistando la costa atlantica e molte isole caraibiche + stabilisce porti in India + guadagna tutto il Canada (sconfiggendo i francesi) o La guerra di indipendenza americana ridusse pesantemente l’influenza inglese sul territorio ma in compenso il Paese vince su Napoleone prendendosi il Capo di Buona Speranza o Si prende tutta l’India, Malta, diverse isole ricche di canna da zucchero nei Caraibi → “Il sole non tramonta mai sull’Impero britannico” A queste grandi potenze si aggiunsero poi Stati Uniti, Germania, Giappone, Belgio, Italia e tutte rafforzarono i propri possedimenti coloniali e allargarono i propri imperi in nuove regioni - Stati Uniti prendono il controllo di molti altri territori nelle Americhe - Inghilterra esercita un controllo diretto in India (1857) e riuscì a controllare anche l’Egitto (1882) - Francia si impadronisce di Algeria e Tunisia + intraprende incursioni in Marocco - Belgio controlla la regione del Congo (1900) - Portogallo estende il suo controllo in Angola e Mozambico - Italia conquista la Libia (1912) - Germania acquisisce territori in Africa orientale, occidentale e sud-occidentale - Olanda consolida il suo controllo sulle Indie orientali Nel XVIII secolo gli europei diedero inizio al commercio triangolare: uno degli effetti dell’imperialismo che fu vantaggioso per loro tanto quanto catastrofico per le popolazioni dell’Africa occidentale e nativi americani Fino all’Ottocento la Cina rimase lo Stato egemone in Asia, poi il governo imperiale venne indebolito da varie ribellioni – intanto alcune aziende inglesi stavano contrattando l’importazione di tè e altri prodotti in Cina con l’esportazione di oppio → le autorità cinesi cercano di fermare il commercio di questa droga, perciò scoppiano le Guerre dell’oppio (1839-1842, 1856-1860) = l’Inghilterra vince entrambe – gruppi commerciali europei ed americani iniziano ad operare stabilmente in diversi porti cinesi Nel 1863 le forze militari ottomane raggiungono Vienna ma gli Stati europei riescono a spingerli a Sud del Danubio + all’inizio degli anni Trenta la Russia caccia e rimpiazza gli ottomani in Ucraina, Crimea, Caucaso e Balcani + le élite locali egiziane riescono a liberarsi dal controllo ottomano → Impero ottomano debole! - L’indebolimento dell’Impero ottomano però implica l’accrescimento del potere della Russia = questo è un problema per gli Stati d’Europa che infatti aiutano la Turchia a liberarsi dalla Russia durante la Guerra di Crimea (1853-1856) Il Giappone è un attore che fino a quel momento si era isolato dai contatti con l’Europa: nel 1853 però le navi della Marina statunitense ancorarono nella baia di Tokyo e costrinsero il governo giapponese ad aprirsi al commercio con termini fortemente favorevoli agli Stati Uniti = immediatamente Russia, Inghilterra e Francia lo costrinsero a concedere un accesso privilegiato anche a loro → anche Giappone vittima dell’imperialismo ☞ Restaurazione Meiji: nel 1868 però il governo giapponese fallì e prese il potere la nobiltà che fece salire al trono l’imperatore Meiji = insieme spingono per un adattamento selettivo alla scienza, istruzione e tecnologia industriale occidentale con lo scopo di rafforzare il Paese a livello economico e militare + grazie a questo riesce a sconfiggere in guerra la Cina tra il 1894 e il 1895 e la Russia tra il 1904 e il 1905 → Giappone non più vittima ma potenziale Stato imperialista Gli elementi di successo dell’imperialismo europeo furono principalmente 4: 1. Superiorità militare e tecnologica (es. i portoghesi erano riusciti a prendersi in Mar Arabico perché le loro grandi navi garantivano l’impiego di molti più cannoni di quelle musulmane) 2. Basi economiche superiori (all’inizio del Novecento il PIL pro capite in Europa era di circa 2700€, in Cina invece di soli 420€ e in India 515€) 3. Gli Stati europei hanno da sempre operato all’interno di un sistema competitivo e tendente al conflitto, dunque sono da sempre indotti a mobilitare risorse e dare nuovi impulsi alla propria crescita economica e al proprio avanzamento tecnologico 4. Un altro fattore che rese la loro ascesa come potenze molto più facile fu il fatto che la popolazione dell’Europa occidentale beneficiò di un clima temperato: ciò aiutò lo sviluppo dell’agricoltura e dei trasporti (che permise il commercio e la condivisione di scoperte tecnologiche tra comunità diverse) + questi popoli sono stati vittime di malattie (vaiolo, morbillo ecc.) – es. gli spagnoli sbarcarono nelle Americhe portando con sé queste malattie e il risultato per le popolazioni indigene fu catastrofico = la conquista europea fu ancora più facile La Prima guerra mondiale (1914-1918) Nel 1900 gli Stati europei controllavano la maggior parte dei territori e delle popolazioni mondiali ma negli anni Quaranta del XX secolo iniziò l’autodistruzione dell’Europa e la conseguente ascesa della Cina: questo accadde a causa delle due guerre mondiali. La Prima guerra mondiale ha diverse cause ma i 3 fattori principali sono: le alleanze, l’illusione sulla facilità e rapidità del conflitto, crisi regionale di cui si stava perdendo il controllo nei Balcani 1. L’Europa di era divisa in due blocchi contrapposti: la Triplice Alleanza e la Triplice Intesa ☞ Triplice Alleanza = Germania + Austria-Ungheria + Italia (solo dal 1882) - Otto von Bismark guida la Prussia in una guerra contro la Francia e vince → fa pressione sugli Stati indipendenti della Germania per formare un impero tedesco a cui annette anche Alsazia e Lorena → Bismark diventa cancelliere e mette in atto una politica di isolamento nei confronti della Francia - Nel 1878 sponsorizza la Conferenza di Berlino che riunì i principali leader europei per la divisone delle colonie in Africa per stabilizzare gli affari europei in modo favorevole per la Germania - Firma un’alleanza militare con l’Austria-Ungheria ma anche una con la Russia → secondo il trattato di controassicurazione Germania e Russia non dovevano essere trascinate in una guerra l’una contro l’altra dai propri rispettivi alleati (Austria-Ungheria e Francia) ☞ Triplice Intesa = Russia + Francia + Inghilterra - Il nuovo imperatore tedesco Guglielmo II decise di rimuovere Bismark dal suo ruolo, dunque il trattato di controassicurazione non venne più rinnovato → Russia e Francia stipulano un’alleanza militare - Gli inglesi (che avevano il dominio sui mari) cercano invano di stipulare un accordo diplomatico con i tedeschi (che stavano potenziando la loro flotta) → l’Inghilterra si avvicina a Russia e Francia 2. Le recenti guerre erano state tanto rapide quanto remunerative dunque diversi leader arrivarono alla conclusione che le anche le guerre future sarebbero state così ☞ Piano Schlieffen = i tedeschi avevano studiato questo piano ritenuto infallibile sulla base di questa teoria: volevano muoversi rapidamente verso Belgio e Francia per poi annientare l’esercito russo (guerra lampo) 3. I principali leader europei persero il controllo di quella che iniziò come crisi locale limitata nei Balcani: riuscirono ad intervenire per evitare una guerra su larga scala ma la situazione precipitò ☞ 28 giugno 1914 = un nazionalista serbo assassina l’arciduca Francesco Ferdinando (erede al trono degli Asburgo) → un mese dopo l’Austria-Ungheria dichiara guerra alla Serbia = inizia la Prima guerra mondiale - La Germania comunicò il suo appoggio incondizionato all’Austria - La Russia mobilita il suo esercito a favore della Serbia - La Germania dichiara guerra alla Russia e poi alla Francia, che vengono sostenute dall’Inghilterra, anch’essa dichiara guerra alla Germania - L’Italia si dichiara da subito neutrale ☞ Fronte orientale = la Russia viene sconfitta perché al suo interno scoppiò una rivoluzione → sale al potere il partito bolscevico guidato da Lenin che consegue il ritiro dal conflitto mondiale e lo scoppio di una guerra civile che terminò con la vittoria dei bolscevichi e la creazione dell’Unione Sovietica ☞ Fronte occidentale = la Germania riesce a penetrare rapidamente in Belgio arrivando al cuore della Francia, dove però non riesce a resistere agli eserciti francesi e inglesi che respingono i tedeschi → la Germania riesce a stabilire un fronte nel Sud del Belgio e lungo il Nord della Francia e inizia contro Francia, Inghilterra e Stati Uniti uno scontro lungo una terribile trincea (partiva dal Canale della Manica e arrivava al confine svizzero) - Altre battaglie cruciali vengono combattute sul confine italo-austriaco, nella Turchia ottomana e in Medio Oriente - Gli Stati Uniti intervengono a fianco dell’Intesa e dopo aver subito attacchi sottomarini da parte della Germania le dichiarano guerra (1917) ☞ Grazie anche all’intervento degli Stati Uniti gli Alleati riescono a respingere le ultime offensive tedesche nel 1918 → Guglielmo II abdica e fugge nei Paesi Bassi, l’Austria-Ungheria si arrende e anche Carlo II (ultimo imperatore) abdica = l’11 novembre viene firmato l’armistizio ☞ 18 giugno 1919 – la pace venne firmata a Versailles = Inghilterra, Francia e Stati Uniti dettarono i termini di pace agli Imperi centrali – vennero imposte condizioni molto dure per la Germania: - Restituire Alsazia e Lorena alla Francia - Cedere alcuni territori alla Polonia e tutte le colonie oltreoceano alla Francia e all’Inghilterra - Le viene proibito di possedere una flotta aerea e un esercito con più di cento mila uomini - Deve acconsentire all’occupazione della Renania - Deve pagare i costi di riparazione ai vincitori europei (27 miliardi di euro attuali) - Deve farsi carico delle responsabilità dello scoppio della guerra Gli accordi di Versailles fecero nascere sette nuovi Stati: Finlandia, Estonia, Lettonia, Lituania, Polonia, Cecoslovacchia e Iugoslavia Gli Imperi vennero smembrati: l’Austria-Ungheria cedette territori a più Stati e Austria e Ungheria divennero due Stati indipendenti, l’Impero ottomano fu spartito tra Francia (ottenne Siria e Libano) e Inghilterra (ottenne Iraq, Transgiordania e Palestina) Gli alleati fecero nascere la Società delle Nazioni: organismo internazionale con lo scopo di dare agli Stati un quadro legale e istituzionale per risolvere dispute, evitare conflitti e garantire la sicurezza collettiva Il fallimento della ricostruzione globale e la strada verso la WWII Gli accordi presi a Versailles e la Società delle Nazioni si dimostrano inefficaci al mantenimento della stabilità e della pace globale: tra il 1920 e il 1923 le grandi potenze incominciano a collaborare tra di loro tanto che tra il 1924 e il 1928 sembrava stesse per incominciare una nuova era di cooperazione internazionale; nonostante ciò, nel 1929 l’economia collassò per la Grande Depressione, il nazismo in Germania, il crescente imperialismo giapponese… Il mondo entrò così in un secondo conflitto mondiale Weimar Nel 1919 viene istituita la Repubblica di Werimar: ———— la nuova Germania. La Repubblica, nel 1923, non è stata in grado di pagare la somma di debito imposta per i danni del primo conflitto mondiale, dunque i francesi (per la loro ostilità nei confronti della Germania) danno inizio alla crisi della Ruhr: occupano militarmente la regione più industrializzata del territorio tedesco - la Germania poteva rispondere ma sapeva che sarebbe stata sconfitta – di conseguenza opta per una resistenza passiva = la popolazione non avrebbe collaborato con le forze di occupazione ! e lo Stato avrebbe risarcito gli operari che si sarebbero opposti a lavorare per la Francia - la Francia risponde assumendo operai stranieri → il crescente malcontento porta a scoppio di moti - L’economia tedesca stava collassando = gli Stati Uniti mediano un accordo internazionale, il Piano Dawes → la Francia doveva lasciare la Ruhr, i costi di riparazione per la Germania dovevano essere ridotti e le banche internazionali dovevano prestarle il denaro necessario per riuscire a pagare - Un altro passo per la riconciliazione politica = Accordi di Locarno → la Germania accetta i propri confini con Francia e Belgio e promise di risolvere i problemi riguardanti i confini con Polonia e Cecoslovacchia senza l’uso della forza - Nel 1926 la Germania entra a far parte della Società delle Nazioni - 62 Paesi (Germania inclusa) nel 1928 firmano il Patto Kellogg-Briand → la guerra è fuorilegge Nel 1929 la borsa statunitense crolla = è l’inizio della Grande Depressione – la strada europea verso la ripresa economica e la riconciliazione politica si arresta improvvisamente - Molte nazioni adottano le politiche del rubamazzo → politiche aventi l’obiettivo di riversare su Stati vicini gli effetti negativi (es. gli Stati Uniti con la tariffa Smoot-Hawley aumentano le tariffe doganali statunitensi più del 40% a scopo protezionistico) Nonostante la crisi, Francia, Inghilterra, Stati Uniti rimasero Paesi democratici – in altri Stati il regime cambia: in Germania diventa cancelliere Adolph Hitler, l’Italia è guidata dal Partito fascista di Benito Mussolini, in Giappone prendono il potere i militari, in Unione Sovietica Stalin ottiene controllo totale del Paese - Il Giappone occupa la parte settentrionale della Cina (1931) - L’Italia occupa l’Etiopia (1935) - La Germania e l’Italia intervengono nella guerra civile spagnola sostenendo Francisco Franco (1936), il quale tre anni dopo conquista il controllo del Paese = È evidente che la Società delle Nazioni non è in grado di provvedere alla sicurezza collettiva dei membri La vera minaccia per la pace mondiale si presenta nel 1933 quando Hitler fa uscire la Germania dalla Società delle Nazioni e annuncia che non sarebbe più sottostata alle condizioni degli accordi di Versailles - Per opporsi all’espansionismo tedesco la Francia firma un accordo di sicurezza con l’Unione Sovietica mentre la Gran Bretagna annuncia di aver raggiunto un accordo bilaterale con la Germania per limitare il numero delle rispettive flotte navali - L’Italia era stata isolata da Inghilterra e Francia a causa dell’Etiopia, quindi si avvicina alla Germania Intanto Hitler continua a violare gli accordi presi a Versailles = ordina di occupare la Renania – Inghilterra e Francia decidono di non intervenire di conseguenza Hitler si sente in diritto di prendersi diverse libertà in Europa → crisi della Renania In quegli anni infatti i leader francesi e inglesi seguivano la strategia di appeasement → impegno di ridurre la possibilità di conflitto con un altro Paese accettando le richieste di quest’ultimo (in questo mondo cercavano di placare la Germania nazista) – fino al 1938 con la crisi cecoslovacca = Hitler dichiara che 3,5 milioni di persone di etnia tedesca (Sudeti) risiedevano in Cecoslovacchia e venivano perseguitati dal governo; sembrava imminente un’invasione tedesca ma l’Accordo di Monaco permette di trovare un punto di incontro: i primi ministri di Inghilterra e Francia incontrano Hitler e Mussolini e si accordano per il trasferimento dei Sudeti in Germania, evitando così una guerra La strategia di appeasement fallisce poiché dopo poco la guerra torna in Europa La Seconda guerra mondiale (1939-1945) Hitler comunica di non avere mire espansionistiche in Europa, nel 1939 invade la Boemia- Moravia (l’ultima pozione di Cecoslovacchia ad essere rimasta indipendente, NON composta da cittadini di etnia tedesca) + poco dopo dichiara di volersi espandere in Polonia ☞ L’Inghilterra a quel punto cambia strategia e firma con la Polonia un’alleanza militare + insieme alla Francia cerca l’appoggio dell’URSS contro la Germania 1939 ☞ Hitler offre a Stalin di più! insieme firmano il Patto Molotov-Ribbentrop = un patto di non-aggressione reciproca che prevede un attacco congiunto contro la Polonia e la divisione del paese tra i due → in risposta a questo Inghilterra e Francia dichiarano guerra alla Germania - La Polonia cade nel giro di un mese e viene spartita come d’accordo - Sul fronte occidentale Hitler decide invece di mettere in atto la strategia Blitzkrieg (guerra lampo) cercando di accerchiare le forze avversarie attaccando i loro punti deboli: i tedeschi riescono ad occupare Norvegia, Danimarca, Olanda, Lussemburgo + sconfiggono Francia e Inghilterra causando così la ritirata inglese dal porto di Dunkirk e la resa francese - Alle forze naziste rimaneva solo l’Inghilterra da sconfiggere → durante la Battaglia d’Inghilterra Hitler lancia una serie di attacchi aerei a cui però gli inglesi resistono - gli Stati Uniti stavano rifornendo gli inglesi di cibo, carburante, armi… Intanto il Giappone lancia un attacco aereo a sorpresa a Pearl Harbour – perciò gli americani dichiarano guerra a loro e a loro volta Hitler e Mussolini (essendo alleati dei giapponesi) dichiarano guerra agli Stati Uniti - La Germania si rivolge ad est e attacca l’Unione Sovietica → durante la Battaglia di Stalingrado però i sovietici riescono a sconfiggere l’esercito tedesco ☞ Svolta: l’Inghilterra e gli Stati Uniti sconfiggono le forze armate italiane nel Nord Africa e invadono la Sicilia e poi il resto d’Italia + nel 1944 i soldati americani, inglesi, canadesi sbarcano in Normandia e liberano la Francia → quando le forze inglesi, americane, canadesi e l’Armata Rossa attaccano Berlino ☞ Hitler si suicida ☞ 7 maggio 1945 – la Germania comunica la resa incondizionata ☞ La guerra nel Pacifico continua per altri 4 mesi → gli americani colpiscono la Marina imperiale giapponesi e si fanno strada nelle acque del Pacifico – il 6 agosto 1945 il presidente americano Truman ordina di sganciare una bomba atomica sulla città giapponese di Hiroshima e poi un’altra a Nagasaki ☞ 15 agosto 1945 – l’imperatore Hirohito annuncia la resa giapponese La Seconda guerra mondiale è l’esempio più tragico di come gli Stati in competizione tra loro non riescano a trovare delle soluzioni pacifiche e per questo entrano in guerra: sessanta milioni di persone morirono durante il conflitto; Giappone, Unione Sovietica ed Europa erano in rovina; l’Inghilterra era in bancarotta; l’ordine internazionale era morto = stava per nascere un mondo nuovo La sfida globale della Guerra fredda (1945-1989) Stati Uniti e Unione Sovietica diventano acerrimi nemici → dalla metà degli anni Quaranta fino alla fine degli anni Novanta ci fu un periodo di alta tensione a causa della Guerra fredda (rischio onnipresente di guerra) ☞ 1945 = nasce l’Organizzazione delle Nazioni Unite: associazione di grandi potenze (Stati Uniti, Unione Sovietica, Inghilterra, Francia, Cina) che avrebbe potuto stabilire e garantire la pace durante il dopoguerra ☞ Intanto l’ordine internazionale preesistente è in rovina: la Germania (e Berlino) viene divisa tra i vincitori in quattro zone; molti dei popoli colonizzati iniziano a rivendicare il principio di autodeterminazione; nuove tecnologie militari (nucleari!) minacciano l’esistenza dell’umanità Per quale motivo inizio quindi la Guerra fredda? Diversi punti di vista tra storici, scienziati politici 1. “Politica aggressiva dell’Unione Sovietica sotto la leadership di Stalin e risposta degli Stati Uniti”: alla conferenza di Yalta durante il dopoguerra Stalin dichiara che avrebbe accettato, per la Polonia, solo un governo comunista (non uno eletto tramite elezioni democratiche); il diplomatico statunitense Kennan da Mosca invia un Lungo telegramma in patria in cui afferma che l’Unione Sovietica non è un partner affidabile con cui collaborare = influenzati da questo gli Stati Uniti iniziano ad applicare la strategia del containment (utilizzo di strumenti diplomatici e di assistenza economica e militari per contenere sforzi espansionistici) - Questa strategia è rappresentata per primo dalla dottrina Truman: il Presidente statunitense dichiara che gli Stati Uniti avrebbero dato assistenza ai popoli liberi del mondo che stessero fronteggiando un’aggressione dall’esterno o una sovversione dall’interno riferendosi agli ipotetici piani di espansione sovietici in Grecia e in Turchia - Nel 1948 il Colpo di Stato in Cecoslovacchia segna il fatto che i paesi dell’Est erano sotto il controllo dell’Unione Sovietica – in risposta a questo gli Stati Uniti mettono in atto il Piano Marshall: consiste nell’offrire a questi paesi aiuti economici a fondo perduto per aiutarli nella ricostruzione durante il dopoguerra (e per limitare l’influenza sovietica in Europa) - Nel 1949 Stati Uniti, Inghilterra e altri Paesi europei costituiscono un patto difensivo: la NATO (North Atlantic Treaty Organization) // contemporaneamente Cina e Unione Sovietica si alleano → durante la Guerra di Corea Cina e URSS appoggiano la Corea del Nord (comunista), mentre gli Stati Uniti la Corea del Sud = la Guerra fredda è nel pieno della sua attività 2. “Sono gli Stati Uniti a dare via alla guerra”: tra il 1918 e il 1920 Stati Uniti, Inghilterra e Giappone sono intervenuti militarmente per impedire il consolidamento del potere bolscevico, generando così ostilità. Durante la Seconda guerra mondiale l’URSS aveva svolto un ruolo principale nella sconfitta dei tedeschi ma a fine conflitto si trova in una posizione nettamente inferiore agli Stati Uniti: avevano bisogno di creare una “zona cuscinetto” al fine di mantenere lo storico nemico in uno stato di debolezza e quindi crea una sfera di influenza nell’Est Europa - Gli Stati Uniti rifiutano questa richiesta di sfera di influenza usando il principio di autodeterminazione come motivazione principale ma l’URSS lo fa comunque, visto che gli americani hanno liberamente instaurato governi democratici alleati 3. “la Guerra fredda fu un evento tanto tragico quanto inevitabile”: entrambe le parti interpretavano le azioni della controparte come aggressive e minacciose invece che prudenti e difensive, dunque il vero motivo è il problema della sicurezza = ogni tentativo di una di aumentare la propria sicurezza finisce con il diminuirla drasticamente a causa della reazione che provoca nell’altra - Es. Stalin nel 1946 in un discorso dice che nonostante la guerra sia finita l’URSS doveva comunque affrontare diversi nemici: questo discorso è stato interpretato dagli occidentali come un segnale di aggressività // allo stesso modo gli Stati Uniti con la dottrina Truman e il piano Marshall dimostrano insicurezza ma i sovietici lo prendono come un attacco 4. La logica del bipolarismo: sistema internazionale basato sull’esistenza e la competizione tra due superpotenze → ognuna prova ad aumentare il numero di alleati in modo da isolare la controparte nella speranza che la sua influenza globale e la sua capacità di minaccia possano essere contenute Durante il periodo della Guerra fredda, l’ordine internazionale possiede tre principali caratteristiche: 1. L’esistenza di solide alleanze = NATO (USA + Stati satelliti) vs Patto di Varsavia (URSS + Stati satelliti) separate dalla cortina di ferro – entrambe le superpotenze si impegnano a mantenere le loro alleanze - l’URSS reprime le sollevazioni in Germania Est, Cecoslovacchia e Ungheria e mantiene l’obbedienza nei propri confronti in Europa orientale, Cina e Nord Corea; gli Stati Uniti mantengono rapporti con le democrazie industrialmente avanzate come Europa occidentale, Canada, Giappone - La competizione si sposta quindi nel Terzo Mondo: gli Stati più poveri situati principalmente in Asia, Africa e America Latina (es. gli Stati Uniti sostengono governi non democratici o anticomunisti usando come giustificazione la metafora delle “tessere del domino”: nel caso in cui una nazione chiave in una determinata area fosse stata presa da forze politiche comuniste, le nazioni vicine sarebbero cadute anch'esse come pezzi di un domino, entrando nell'orbita di Mosca l'una dopo l'altra = paura ossessiva del comunismo quasi) 2. Il terrore riesce a frenare lo scoppio di un conflitto diretto tra le due superpotenze = negli anni Settanta sia USA che URSS possiedono più di 30 mila testate nucleari, quindi si trovano in una situazione di mutua distruzione assicurata (MAD: Mutual Assured Destruction) che porta entrambe a stare molto attente a non iniziare un conflitto l’una contro l’altra e a iniziare dei negoziati sul controllo delle armi - Combattono comunque tra di loro attraverso guerre di procura: non si scontrano direttamente ma sostengono fazioni opposte in conflitti minori (guerra di Corea, Vietnam, Afghanistan…) - A volte invece mettono in atto la politica del rischio colato: si spingono sull’orlo di una guerra, per dimostrare all’avversario di essere pronti al conflitto, benché in realtà si preferisca non combattere (l’episodio più grave di questa politica è la crisi dei missili di Cuba= USA e URSS nell’arco di tredici giorni portano il mondo sull’orlo della distruzione nucleare finché non trovano una soluzione diplomatica) 3. La paralisi nelle Nazioni Unite creata dal conflitto = la capacità del Consiglio di Sicurezza di giocare un ruolo di rilievo a livello internazionale è limitata dallo stallo della Guerra fredda La decolonizzazione: il movimento dei non-allineati Dopo la fine della WWII Stati che prima erano sotto il giogo delle potenze coloniali ottengono l’indipendenza - Questo processo incomincia molto prima in America: alle fine del 1700 le tredici colonie americane dichiarano la propria indipendenza dalla Gran Bretagna, il Brasile riesce a liberarsi dai portoghesi, tutte le altre colonie riescono a ottenere l’indipendenza dalla Spagna - Già dopo la WWI, ma soprattutto dopo la WWII questo processo accelera significativamente: il Libano ottiene l’indipendenza dalla Francia, la Corea dal Giappone, Filippine dagli USA e poi anche India, Pakistan, Giordania dall’Impero britannico ☞ Quello più tumultuoso è lo smantellamento dell’Impero francese - La Francia combatte per otto anni per poi rinunciare a mantenere il controllo in Vietnam - La Francia combatte una guerra ancora più sanguinosa con l’Algeria, che ottiene l’indipendenza - Insieme alla Gran Bretagna concede l’indipendenza a diversi paesi africani Il processo di decolonizzazione è tendenzialmente pacifico ma talvolta alcuni episodi violenti scatenano guerre civili e interstatali – le cause che portano alla decolonizzazione sono: 1. Nazionalismo = senso molto intenso di identità politica da parte di un gruppo di persone all’interno di uno spazio geografico 2. Idea di autodeterminazione = contribuisce al richiamo del nazionalismo ed era stato fomentato dagli USA durante la pace di Versailles dopo la WWI 3. Dubbi crescenti sui benefici economici della colonizzazione = le potenze europee devono affrontare costi di gestione delle colonie sempre più crescenti, sia amministrativi che militari La decolonizzazione trasforma il sistema internazionale: l’intera politica mondiale è ora costituita da due super potenze + una serie di medie potenze europee e asiatiche + un centinaio di nuovi Stati che lottano sia per determinare la propria identità, che per costruirsi un ruolo a livello internazionale I 34 nuovi Stati formano il Movimento dei paesi non allineati: non hanno legami né con il blocco occidentale né con quello orientale ma costituiscono un’entità politica a sé stante - Il loro obiettivo è quello di offrire una terza via che avrebbe garantito ai paesi partecipanti il distacco dal confronto dalle superpotenze - Comprende più di 100 paesi e rappresenta circa i due terzi dei paesi membri delle Nazioni Unite - Viene creata la Conferenza delle Nazioni Unite sul Commercio e lo Sviluppo (UNCTAD) per riflettere sui problemi economici degli Stati in via di sviluppo → da via al Gruppo dei 77 (G-77) = coalizione estesa di Stati (oggi 130) che cercano di far valere gli interessi economici dei propri membri attraverso azioni di diplomazia collettiva all’interno dell’ONU Le richieste dei Paesi in via di sviluppo per un Nuovo ordine economico internazionale vengono appoggiate dall’Organizzazione dei Paesi esportatori di petrolio (OPEC) – mette in atto una serie di cambiamenti nelle regole del commercio, degli investimenti e negli aiuti internazionali di cui avrebbero beneficiato questi paesi Nonostante il Movimento dei non allineati avesse dimostrato potere, questo non ha mai avuto quella coesione politica che avevano caratterizzato NATO e Patto di Varsavia: i paesi leader del movimento erano infatti comunque allineati a una delle due superpotenze (es. Cuba di Fidel Castro allineata ad URSS) Dopo la Guerra fredda gli Stati del Sud sono caratterizzati da eterogeneità politica ed economica: - Cina, India, Brasile, Corea del Sud = nuove e potenti economie emergenti (produzione industriale) - Somalia, Chad = Stati falliti (privi delle istituzioni basilari che applicano la legge e l’ordine) Il termine “Terzo Mondo” è quindi una creazione della Guerra fredda, che lo vede come terreno di contesa La fine della Guerra fredda e la dissoluzione dell’URSS Nel 1989 il Muro di Berlino cade e le due Germanie si uniscono con Berlino come capitale. Ungheria, Polonia, Bulgaria e Cecoslovacchia si liberano dal giogo sovietico, il Patto di Varsavia collassa e l’URSS si dissolve in 15 Stati-nazione. I leader di Stati Uniti e Russia si incontrano per firmare accordi sul controllo degli armamenti, che prevedono una drastica riduzione degli arsenali nucleari e delle forze convenzionali in Europa. Perché la Guerra fredda finisce in modo pacifico ma soprattutto favorevole all’Occidente? Gli studiosi offrono diverse risposte alla domanda 1. Le riforme economiche sovietiche e le loro conseguenze politiche = la fine pacifica della Guerra fredda si deve a diversi processi politici che scaturiscono dal fallimento economico dell’URSS - La crescita dell’economia sovietica si è arrestata negli anni Ottanta, perciò aveva bisogno di essere riformata: sale al potere Gorbačëv, convinto del fatto che l’economia doveva essere riformata se l’URSS voleva continuare ad essere una superpotenza - Il programma della sua riforma era composto da due concetti base: perestrojka (ricostruzione economica) e glasnost (apertura politica), i quali si diffusero molto più in fretta di quanto Gorbačëv avesse previsto → in Polonia il partito autonomo dei lavoratori Solidarność e la Chiesa cattolica fecero pressione affinché fossero indette le libere elezioni (= schiacciante vittoria dei Solidarność) + in Ungheria venne autorizzata la creazione di partiti d’opposizione - Una volta che fu chiaro che la repressione sovietica non era più una cosa certa, i leader communisti in Europa centrale e orientale cominciarono a cadere uno dopo l’altro → i popoli dell’Est avevano ora la possibilità di esprimere il proprio scontento nazionalista nei confronti dell’élite russa che li opprimeva = Estonia, Lettonia, Lituania dichiarano di essere Stati sovrani – ciò portò gli altri Stati e anche le repubbliche che costituivano l’Unione sovietica (la Russia stessa, con a capo Yeltsin) a dichiarare la propria indipendenza, fino allo scioglimento dell’URSS alla fine del 1991 2. È merito dell’amministrazione Reagan = questa ipotesi vede gli USA come facilitatori del collasso sovietico → Nel 1983 Reagan definì l’URSS “l’impero del male” – l’amministrazione investì 1,6 trilioni di dollari in un programma di difesa (anche antimissilistica) = il progetto rifletteva la vasta superiorità tecnologica dell’Occidente sull’Unione Sovietica - Reagan riuscì a fare pressioni sull’URSS → queste mosse così aggressive obbligarono i leader sovietici a fare i conti con la debolezza del loro sistema e della loro posizione geopolitica; sarebbe stato difficile per un’economia in calo riuscire a soddisfare le varie esigenze di difesa, di consumo e di gestione (l’élite sovietica fu costretta a portare avanti un programma che portò il sistema alla sua rovina) 3. Il potere al popolo, non ai leader = l’elemento del cambiamento radicale a livello internazionale sarebbe da ricercarsi nelle società degli Stati Uniti, Europa e Unione Sovietica - Gorbačëv e Reagan sarebbero stati unicamente dei veicoli attraverso i quali il cambiamento sociale avrebbe potuto prendere forma → durante gli anni 70 una situazione di interdipendenza economica aprì ad un periodo di distensione delle tensioni bipolari = i popoli del mondo comunista entrarono in contratto con i benefici del consumismo occidentale; l’interazione economica e sociale rinfornò anche gli interessi in comune tra i due blocchi e contribuì al rilassamento delle tensioni della Guerra fredda Esempio: Livelli di analisi 1. Individuale: Gorbačëv e Reagan ebbero un ruolo chiave nella fine pacifica della Guerra fredda. Anche i singoli individui ebbero una parte determinante. 2. Statale: quando le autorità sovietiche allentarono la presa sui popoli allineati in Europa nacquero numerosi movimenti di opposizione che spinsero per riforme radicali e per l’indipendenza dall’URSS 3. Internazionale: il collasso dell’URSS fece finire la struttura bipolare del sistema internazionale TEORIE DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI CAPITOLO III Sono cinque le tradizioni teoriche più importanti: realismo, liberalismo, marxismo, costruttivismo e femminismo. Ciascuna di queste tradizioni teoriche attribuisce un peso diverso a ciò che conta maggiormente nella comprensione delle relazioni internazionali. La tradizione realista Il realismo vede le relazioni internazionali come una lotta per la potenza e la sicurezza fra Stati-nazione in competizione reciproca in un mondo caratterizzato dalla perenne presenza di pericolo. Secondo la prospettiva realista, in un mondo anarchico, nel quale gli Stati-nazione devono provvedere da sé alla propria sicurezza, la rivalità e il conflitto sono inevitabili → nella politica internazionale, la risoluzione dei conflitti fra Stati dipenderà dalla distribuzione della potenza Assunti del realismo Il realismo è una visione semplice della realtà internazionale, che considera la concorrenza per la potenza fra gruppi o Stati il tratto centrale e duraturo delle RI → tale visione si basa su cinque assunti: 1. I gruppi (in questo momento storico, gli Stati) esistono in un mondo in cui nessuna autorità superiore può imporre regole e ordine = gli Stati conducono la propria esistenza in un mondo caratterizzato dall’anarchia (non significa caos, ma che è lasciato ai singoli Stati di provvedere alla propria difesa) - In un mondo di anarchia il potente prevale e il debole soccombe ( Tucidide: “i più forti esercitano il loro potere e i più deboli vi si adattano”) - Per il realismo, l’“identicità” della politica internazionale attraverso le epoche storiche non è dovuta al carattere dei popoli o dei governanti, ma è il risultato dell’anarchia internazionale → in assenza di un’autorità di governo superiore che li protegga, gli Stati tendono ad avere timore dei loro omologhi e cercano di aumentare la loro potenza per proteggersi e ottenere ciò che vogliono del sistema internazionale 2. Gli stati sono gli attori principali delle RI = poiché l’anarchia crea insicurezza, gli uomini si sono sempre divisi in gruppi predisposti al conflitto - Oggi la forma più comune assunta da tali gruppi confliggenti è lo Stato → gli Stati occupano una posizione centrale in quanto unità che controllano la potenza e sono in competizione gli uni con gli altri 3. Gli Stati siano attori ragionevolmente razionali, in grado di riconoscere le condizioni circostanti, i rischi e le opportunità della sfera internazionale = a volte gli Stati persistono in lunghi periodi nell’avere comportamenti per cui i costi superano di gran lunga i guadagni. Una delle sfide del quadro teorico realista consiste proprio nel rendere conto di tali condotte apparentemente irrazionali → in teoria, gli stati sono concepiti come dei decisori razionali – nella pratica, essi possono consistere di vaghe e disfunzionali coalizioni di interessi sociali dedite al perseguimento di politiche estere autodistruttive (es. caso della Germania nazista e del Giappone = società molto avanzate hanno sacrificato vite umane e risorse finanziarie a volte mettendo a repentaglio la sopravvivenza stessa dello Stato, in conseguenza di politiche estere eccessivamente aggressive) 4. La sicurezza è il problema centrale della politica internazionale = è una conseguenza dell’anarchia, che fa sì che gli Stati si muovano in un sistema internazionale in cui guerra e violenza sono sempre in agguato → la politica estera è innanzitutto un esercizio di sicurezza nazionale 5. La ricerca di sicurezza è un’impresa concorrenziale = motivo per cui rivalità e conflitto sono ritenuti aspetti intrinseci alla politica mondiale - Nelle RI vi sono vincitori e perdenti, quindi il potere ha una qualità relazionale: se uno Stato si rafforza, gli altri necessariamente si indeboliscono; alcuni stati sono più ricchi di altri e, poiché potenza e benessere vanno di pari passo, essere più ricchi significa essere più sicuri e più prosperi - In base a questa logica, i realisti ritengono che la competizione sia un aspetto naturale e duraturo del sistema internazionale, il conflitto è un carattere intrinseco delle relazioni fra Stati - La pace e la cooperazione possono essere raggiunte ma questa non è una condizione permanente poiché gli Stati badano sempre a sé stessi, perciò mirano a sfruttare le opportunità che si presentano loro per ottenere un vantaggio sugli altri Le asserzioni realiste - L’equilibrio di potenza è una dinamica basilare che gli Stati hanno perseguito per secoli: (l’idea che esista un’approssimativa parità di potenza fra principali Stati del sistema internazionale) → Di fronte all’ascesa di nuove potenze e alle minacce di altri Stati, uno Stato può tentare di difendersi generando potenza di contro-bilanciamento. Se ad esempio uno Stato ammassa potenza militare producendo carri armati e aerei da guerra che minacciano uno Stato vicino, quest’ultimo può rispondere a sua volta accumulando potenza militare per potersi difendersi. Se lo stato minacciato genera sufficienti capacità militari, ci sono meno probabilità che lo Stato da quale proviene la minaccia attacchi, quindi la potenza è utilizzata per neutralizzare o bilanciare altra potenza. Lo Stato minacciato può anche neutralizzare o bilanciare la potenza avversaria formando una coalizione dotata di potenza militare sufficiente a contro-bilanciare lo Stato che pone la minaccia (una delle tendenze più antiche delle RI è quella per cui l’ascesa di uno Stato potente innesca la formazione di una coalizione di Stati che cercano di proteggersi come gruppo attraverso il contro- bilanciamento dello Stato in ascesa → Il fatto che gli Stati esistono all'interno di un sistema anarchico significa che essi non possono mai essere sicuri delle reciproche intenzioni. Tale condizione può portare al dilemma della sicurezza. Si ha un dilemma della sicurezza fra Stati quando uno di questi cerca di assicurare la propria sopravvivenza nel sistema internazionale acquisendo potenza militare ma nel fare ciò provoca insicurezza in un altro Stato portandolo a cercare di proteggersi procurandosi a sua volta potenza militare. Tale situazione può condurre a una dinamica di insicurezza reciproca e a una corsa agli armamenti → L’accumulo di potenza a fini difensivi innesca una controreazione che a sua volta attiva una contro contro- reazione. Ciascuna parte vuole semplicemente proteggersi ma ciò che sembra protezione o difesa a uno Stato può apparire un mezzo di aggressione ad un altro (es. per la Cina persistere nell’ammodernamento del proprio potenziale militare rappresenta una misura difensiva prudente, data l’incertezza della propria regione e la potenziale ostilità degli Stati vicini e del loro potente alleato USA ma dalla prospettiva dei paesi del sud-est asiatico crea nervosismo per rivendicazione della Cina su alcuni territori contesi nel Mar Cinese Meridionale). - Gli stati reagiranno a situazioni di minaccia formando alleanze: (coalizioni di stati create al fine di garantire protezione reciproca) → La più famosa alleanza è la NATO – per i realisti le alleanze sono la principale forma di cooperazione fra Stati - Gli stati danno molta importanza ai guadagni relativi o alla posizione relativa: (i realisti credono che siano le capacità materiali di uno Stato a permettergli di perseguire i propri interessi e difendersi) → Maggiore è la forza dello Stato, maggiori saranno le probabilità che riesca a realizzare i propri intenti e tutelarsi contro i nemici. Tuttavia, il punto cruciale della questione è che la potenza così intesa è relativa: affinché uno Stato possa ottenerne di più, gli altri devono necessariamente perderne. In un mondo anarchico gli Stati devono continuamente prendere decisioni relative alla possibilità che le loro azioni aumentino o meno la propria potenza. In altre parole, gli Stati sono interessati più ai guadagni relativi che a quelli assoluti. Questi ultimi sarebbero la somma di tutti i vantaggi prodotti da un particolare accordo o azione → Il libero commercio, ad esempio, può produrre guadagni assoluti molto consistenti per il sistema degli Stati. Secondo il pensiero realista, se il libero commercio genera guadagni assoluti consistenti, ma avvantaggia in misura relativamente maggiore gli altri Stati potenzialmente minacciosi, uno Stato sarà restio ad avviare rapporti di libero scambio) → La questione del contrasto fra guadagni assoluti e guadagni relativi è molto rilevante nei dibattiti attuali sulla politica americana nei confronti della Cina. I realisti infatti temono maggiormente rispetto ad altre tradizioni teoriche che, aumentando gli scambi commerciali con la Cina, gli Stati Uniti stiano aiutando quest’ultima a incrementare la propria potenza relativa. In generale il timore realista per uno Stato è che altri Stati guadagnino in misura maggiore e che ciò dia loro vantaggi in termini di potenza - La transizione di potere rappresenta un pericolo: → Uno dei grandi fenomeni delle relazioni internazionali sono le dinamiche storiche di lungo termine di ascesa e declino degli Stati. Secondo l’asserzione realista, i momenti di transizione di potere – la situazione in cui uno Stato in ascesa raggiunge o sorpassa una “vecchia” potenza – sono irti di pericoli. → Carr ha denominato quello appena descritto il problema del mutamento pacifico, ovvero il problema di come il sistema internazionale reagisce alla transizione di un ordine basato sul dominio di uno Stato su un altro. In questi momenti è possibile che ci sia conflitto perché, con l’aumento della propria potenza, lo Stato in ascesa troverà insoddisfacente l’ordine internazionale vigente, retto da un Paese ancora predominante ma in declino → Le transizioni di potere non si risolvono inevitabilmente in una guerra. Secondo i realisti le transizioni di potere sono momenti pericolosi. Se in tali periodi le guerre e la competizione per la sicurezza distruggono l’ordine globale o meno dipende da come gli Stati in ascesa e quelli in declino definiscono i rispettivi interessi e dal modo in cui essi decidono di difendere, sovvertire o adattarsi all’ordine internazionale esistente - Il nazionalismo sia una forza dinamica che motiva gli Stati sulla scena internazionale: → Sono il nazionalismo e la lealtà verso lo Stato-nazione a fornire il fondamento per il predominio dello Stato-nazione e il sistema competitivo degli Stati → Il nazionalismo è anche una potente fonte di conflitto, poiché incoraggia i gruppi umani ad accentuare le differenze fra sé e gli altri All’interno della tradizione realista esiste una varietà di dibattiti e teorie specifici, alcuni in contraddizione reciproca. Tuttavia, ciò su cui concordano tutti i realisti è che le relazioni internazionali siano da intendersi come una lotta per il potere e la sicurezza fra Stati-nazione. Ciò che emerge è un mondo di anarchia nel quale competizione e conflitto sono perennemente presenti. Per i realisti il potere e il perseguimento della sicurezza sono realtà più fondamentali, che non cederanno né scompariranno nonostante i lodevoli tentativi, anche meglio riusciti, di leader illuminati. La scuola inglese delle relazioni internazionali La scuola inglese costituisce un ricco corpus di teoria delle relazioni internazionali legato alla tradizione realista. Emersa in Gran Bretagna nel dopoguerra, anche questa tradizione afferma l’idea realista per cui gli Stati operino all’interno di un contesto anarchico. Tuttavia, gli esponenti della Scuola inglese enfatizzano anche come gli Stati si siano organizzati in quella che essi chiamano una “società internazionale”. L’enunciazione classica della visione propria della Scuola inglese è offerta da La società anarchica: l’ordine nella politica mondiale di Hedley Bull. Egli parte della concezione realista per gli Stati sono attori indipendenti e in competizione reciproca all’interno di un mondo dominato dalla politica di potenza. Tuttavia, l’autore procede nel suo discorso sostenendo che gli Stati hanno interessi condivisi nella gestione della loro condizione anarchica → Gli Stati sono egoisti, ma nutrono un comune interesse in un ambiente stabile e basato su regole. Bull sostiene che gli Stati condividono un interesse a stabilire “regole del gioco” in tre ambiti: - la limitazione dell’uso della forza - l’inviolabilità degli accordi internazionali - la sicurezza dei diritti di proprietà Questi interessi implicano che gli Stati abbiano degli incentivi a creare relazioni gli uni con gli altri, a collaborare per stabilire aspettative reciproche relative ai termini della loro interazione. È in questo modo che Bull vede l’ascesa di ciò che egli chiama “società internazionale” all’interno del contesto del moderno sistema degli Stati. Il concetto di società internazionale si riferisce a una vasta gamma di norme, regole e istituzioni che riflettono e guidano le relazioni interstatali. L’attenzione prestata all’ascesa e al funzionamento di una società di Stati porta i teorici della Scuola inglese a enfatizzare l’importanza della diplomazia e del dialogo nelle Relazioni internazionali. La Scuola inglese si distingue per il tipo di “socialità” del sistema degli Stati. La tradizione liberale Il liberalismo è una tradizione di pensiero con profonde radici storiche e una serie di ipotesi e temi caratterizzanti sulle relazioni internazionali. Mentre il realismo considera l’anarchia e la lotta per il potere tratti distintivi delle relazioni internazionali, il liberalismo ritiene che la natura interna degli Stati, in particolare gli interessi e le motivazioni degli Stati democratici e orientati al mercato, siano gli aspetti più importanti delle relazioni internazionali. La teoria internazionale liberale si dirama in tre direzioni: la prima si concentra sul commercio e sul suo impatto sulle RI (pensano che la diffusione del capitalismo e le relazioni di mercato creino interdipendenza economica); un secondo ramo si focalizza sugli Stati democratici e le loro interazioni; il terzo ramo si concentra sugli effetti di pacificazione del diritto e delle istituzioni. Assunti del liberalismo La teoria internazionale liberale prevede la diffusione e lo sviluppo della democrazia e dei rapporti di mercato, i quali trasformano, pur senza eliminarla, la lotta per il potere così determinante per la tradizione realista → si basa su cinque assunti primari: 1. Il mondo è in un continuo processo di modernizzazione (il genere umano inventa, innova, migliora, crea costantemente) → in conseguenza di questo incessante processo, uomini e gruppi progrediscono – si modernizzano - Il processo di modernizzazione è trainato dalla forza della scienza e della tecnologia - I liberali sono più inclini a rilevare il progresso, che si manifesta in condizioni politiche, economiche e sociali che migliorano nel tempo = I realisti pongono l’accento sulla retorica della guerra, i liberali alla ricerca dei modi per trascenderla 2. I principali attori delle RI sono gli individui e i gruppi, non gli Stati → individui, gruppi sociali, imprese, associazioni ecc. operano all’interno e trasversalmente rispetto agli Stati-nazione - A seconda dei loro interessi e delle loro inclinazioni, essi possono formare comunità e ordinamenti politici al di sopra e al di sotto del livello dello Stato-nazione - Gli Stati-nazione e il sistema degli Stati sono ritenuti comunque importanti. L’ascesa delle moderne democrazie liberali basate sulla sovranità popolare e sullo stato di diritto rappresenta una svolta storica cruciale per la teoria liberale 3. Gli individui hanno incentivi e impulsi al commercio, alla contrattazione, alla negoziazione e alla ricerca della cooperazione in vista di un guadagno congiunto → i liberali sostengono che gli individui sono in grado di superare lo schema mentale dei “guadagni relativi” e cogliere l’opportunità di ottenere “guadagni congiunti” basati sul commercio, lo scambio e la cooperazione 4. Modernizzazione e progresso hanno la tendenza a condurre le società lungo un percorso comune indirizzato verso la democrazia e la società di mercato → i liberali ritengono che il movimento della storia sia più o meno lineare, con un percorso che indirizza le società in via di sviluppo e quelle avanzate verso la democrazia liberale e il capitalismo - Le società capitaliste avanzate rappresentano l’avanguardia di questo movimento, poiché attraverso il commercio, gli scambi, l’innovazione e i processi di apprendimento tutte le società tendono a procedere nella stessa direzione 5. I liberali postulano che il “progresso” sia qualcosa che esiste davvero → la condizione umana può migliorare e di sicuro migliorerà - I liberali fondano la loro teoria della politica nell’individuo, e gli individui possiedono diritti e sono degni di rispetto. Ciò pone i liberali in condizione di scorgere il progresso all’interno e fra le società sulla base del reciproco riconoscimento dei rispettivi diritti e di una condotta basata sul rispetto delle norme Le asserzioni liberali Partendo da tali assunti, i liberali propongono una serie di concetti e proposizioni su come gli individui e i gruppi operano all’interno e fra gli Stati per plasmare le relazioni internazionali. Queste asserzioni riguardano: - Il liberalismo commerciale = l’idea che la società di mercato e l’interdipendenza economica tendano a rendere più pacifiche le relazioni fra gli Stati → Con l’aumento delle relazioni economiche fra due Stati, cresce anche l’interesse di questi ultimi a intrattenere relazioni reciproche stabili e costanti. Ciò avviene perché ciascun Paese dipende dal commercio e dagli scambi continui con gli altri per garantire il proprio benessere economico. Con l’intensificarsi dei rapporti economici fra gli Stati-nazione, affioreranno degli interessi acquisiti che spingono a mantenere relazioni stabili aperte e cooperative → Con la democrazia e il capitalismo, i cittadini diventano più razionali e materialisti e più refrattari al nazionalismo belligerante. Il carattere evolutivo dell’interdipendenza economica fra gli Stati plasmerà le politiche estere e di sicurezza adottate ciascuno nei confronti degli altri. La ricchezza economica alimentata da una sempre maggiore interdipendenza renderà la guerra e la competizione nell’ambito della sicurezza meno probabili poiché i costi del conflitto saranno inaccettabilmente alti - Le democrazie tendono a non combattersi tra loro (asserzione legata alla prima) = le democrazie sono solitamente pacifiche le une rispetto alle altre → L’argomentazione sulla pace democratica è stata proposta per la prima volta da Kant in un saggio intitolato “Per la pace perpetua” (1795) = l’aspettativa di Kant era che col diffondersi della democrazia nel mondo sarebbero aumentate anche la pace e la stabilità mondiali. Egli prevedeva una sfera sempre più ampia di rapporti pacifici fra le democrazie, una sorta di federazione democratica o di unione di Stato con visioni e interessi simili che si uniscono e collaborano per creare una zona di pace → Gli studiosi liberali hanno proposto una quantità di ragioni per cui le democrazie non combattono tra loro: le democrazie hanno delle preferenze in comune (hanno aspirazioni simili riguardo al modo in cui le RI dovrebbero essere organizzate, tutte vogliono sistemi aperti costruiti intorno a regole e istituzioni stabili), e in questo modo, le democrazie si identificano reciprocamente come stati legittimi e meritevoli di riconoscimento, i cui interessi e la cui sicurezza devono essere rispettati e tenuti nella giusta considerazione. È difficile per le democrazie dichiarare guerra ad altri Stati democratici quando esistono legami così forti basati su valori e interessi condivisi + in questi sistemi politici sono i cittadini a sostenere i costi della guerra e a scegliere i propri leader (i capi politici nei sistemi democratici sono tenuti a rendere conto delle proprie azioni) + le democrazie tendono ad avere governi trasparenti (sono tenuti a rispondere a loro cittadini e ciò rende più semplice per questi Stati nutrire fiducia reciproca e collaborare) - Gli Stati instaureranno relazioni internazionali imperniate su diritto e istituzioni internazionali = le regole e le istituzioni internazionali possono avere un ruolo importante nel determinare il funzionamento delle relazioni tra Stati → Quest’idea risale a Locke e ai primi teorici del diritto internazionale: le concezioni politiche emerse in tale epoca argomentavano a favore dei diritti legali e costituzionali degli individui all’interno delle comunità politiche occidentali. Il potere dello Stato doveva cedere allo stato di diritto e alla sovranità degli individui. Si riteneva che i diritti dei singoli fossero ancorati al riconoscimento del fatto che tutti gli uomini erano ugualmente membri della comunità umana → I teorici liberali hanno anche sviluppati ragionamenti più pragmatici sulle motivazioni e sui modi in cui regole e istituzioni contano nelle relazioni internazionali. In date circostanze, gli Stati semplicemente hanno interessi diversi, perciò le istituzioni non saranno di alcun aiuto nel promuovere la cooperazione internazionale. In altre situazioni, tuttavia, gli Stati non collaborano perché non hanno fiducia gli uni negli altri. In tali circostanze, le istituzioni internazionali possono svolgere un’importante funzione di riconciliare tali interessi incrementando il flusso di informazioni, la trasparenza e la fiducia reciproca. Si tratta dell’idea funzionalista: le istituzioni sono strumenti che permettono agli Stati di sviluppare forme di collaborazione più efficienti e durature → Quando gli Stati accettando di attenersi a un sistema di regole e istituzioni, essi stanno acconsentendo a limitare la loro libertà di azione. I liberali sostengono che gli Stati accettano di vincolarsi ad accordi internazionali nei casi in cui una tale decisione crea incentivi e obblighi che inducono altri Stati a fare lo stesso. Questi accordi biunivoci per il rispetto di regole e istituzioni creano un ambiente prevedibile e funzionale in cui tutte le parti possono perseguire i propri interessi. - Le relazioni internazionali forniscono importanti connessioni fra gli Stati = il transnazionalismo si riferisce alla tendenza di gruppi interni a dati paesi di formare associazioni di cooperazione con soggetti collettivi presenti in altri Stati → Esiste una gamma straordinaria di questi gruppi che operano trasversalmente rispetto ai confini nazionali. I liberali sottolineano come le interazioni fra società possano anch’esse determinare schemi di cooperazione e conflitto all’interno del sistema globale. I gruppi transnazionali possono manifestarsi in varie forme, come gruppi ambientalisti, organizzazioni per i diritti umani ecc. In anni recenti, il mondo ha anche fatto la conoscenza di più pericolosi gruppi transnazionali, come le organizzazioni terroristiche, i trafficanti di droga e la criminalità organizzata → I gruppi transnazionali possono influire sulle RI in vario modo: in alcuni casi, il loro fine consiste nell’operare come gruppi di pressione per modificare determinate politiche statali; in altri casi i gruppi transnazionali si presentano come associazioni di esperti dotate di conoscenze scientifiche o tecniche in generale ed esercitano influenza conformando il modo in cui gli Stati pensano ai propri interessi. - L’importanza del cosmopolitismo = tendenza degli individui provenienti da paesi diversi di accettare gli uni gli altri come concittadini globali → La tesi generale è che queste società abbiano gli incentivi e le capacità necessarie a creare rapporti politici complessi, stabili e mutuamente accettabili L’ordine liberale si distingue dagli altri tipi di ordine come l’equilibrio di potenza o i vari possibili assetti imperiali per il modo in cui il potere dello Stato è controllato, contenuto e indirizzato (i problemi dell’anarchia sono ridotti a tal punto che la distribuzione della potenza non porta di per sé all’equilibrio o al dominio coercitivo) La tradizione marxista A metà del XIX secolo emerse una scuola di pensiero della quale fu pioniere lo studioso di economia politica Karl Marx che si concentrava sulle classi e sul conflitto di classe. Marx cercava di comprendere i meccanismi della rivoluzione industriale – e dell’ascesa del capitalismo come sistema economico. La tradizione marxista si focalizza sul conflitto e sulla rivoluzione, che si ritengono collegate al mutamento dell’economia e all’emergere di classi ricche e povere all’interno e attraverso i confini nazionali → Il marxismo non è espressamente una teoria sulle RI. Esso è una teoria sul capitalismo, la sua logica di fondo e le dinamiche con cui esso si dispiega nella storia mondiale. La teoria marxista ha come presupposto la nozione di materialismo storico (= l’idea che la storia e gli attori che si muovono sulla scena globale attraverso le epoche e le regioni del mondo sono plasmati e motivati dalle loro basi materiali ed economiche). Col mutare dei fondamenti materiali della società, così cambia anche la storia. In effetti, i marxisti dichiarano che il fatto più fondamentale relativo agli uomini e alle società sono le loro condizioni materiali o economiche. Le società sono modellate e rimodellate intorno al bisogno di produrre i requisiti materiali della vita Assunti marxisti La teoria marxista delle relazioni internazionali parte da cinque assunti: 1. Gli interessi e i rapporti politici sono determinati dalla posizione di ciascuno all’interno del sistema economico in trasformazione → l’economia modella la politica - La base economica plasma la sovrastruttura politica. Il modo di produzione, ossia l’organizzazione di base dell’economia, determina le relazioni di produzione (cioè le relazioni sociali e politiche che emergono nella società). Il modo di produzione è l’organizzazione di base dell’economia. Esso si riferisce alla logica profonda della vita economica. Fu all’inizio dell’era moderna che il capitalismo si impose come modo di produzione, portando con sé la moderna società industriale. Con il capitalismo comparve una classe industriale e commerciale, sotto forma di proprietari delle fabbriche e di società per azioni, mentre i lavoratori si presentavano come operai salariati. Con l’ascesa del capitalismo come modo di produzione, le relazioni di produzione posero i proprietari del capitale e i lavoratori gli uni contro gli altri. 2. Gli attori rilevanti nelle società non sono gli individui, bensì le classi socioeconomiche → raggruppamenti umani definiti dalle loro relazioni con l’economia - Con l’affermarsi del capitalismo e della rivoluzione industriale, le sue classi principali diventano i lavoratori e i capitalisti. - La teoria marxista vede le classi come attori che danno forma alla competizione politica e alle relazioni internazionali. 3. Lo Stato moderno è organizzato essenzialmente per servire gli interessi della classe capitalista o classe dominante → affermazione fondamentale della teoria - Gli Stati moderni hanno come obiettivo finale la difesa e la promozione della classe capitalista. 4. Il conflitto di classe definirà sempre di più le relazioni fra lavoratori e capitalisti - Con lo sviluppo dell’industrializzazione capitalistica, ci si aspetta che le società sperimentino una sempre più netta divisione fra le due classi. Queste relazioni di classe sono transnazionali. - I lavoratori condividono i propri interessi al di là dei confini dei paesi industriali. - I capitalisti tendono anch’essi a formare alleanze transnazionali, collaborando per tutelare la propria ricchezza, salvaguardare il commercio e la finanza internazionali e far rispettare il sistema della proprietà privata. 5. La rivoluzione è la grande sorgente di cambiamento politico - Con l’intensificarsi del conflitto di classe all’interno del processo di sviluppo capitalistico, si raggiunge un punto di rottura quando i lavoratori sottraggono il controllo ai proprietari capitalisti. - La teoria marxista prevede che i lavoratori prendano possesso delle istituzioni di comando della società capitalista e inaugurino un nuovo ordine politico. - La società sarà dunque trasformata in un sistema privo di classi. Nella formulazione ideale di Marx, il capitalismo sarà trasformato in comunismo, un sistema sociale in cui non c’è proprietà privata né Stato capitalista, e i lavoratori governano collettivamente e in armonia l’economia e la società. Marx immaginò che sarebbe giunto un momento in cui i conflitti e le contraddizioni del capitalismo moderno avrebbero portato alla rivoluzione e a un mutamento del modo di produzione. Nel XX secolo, la teoria marxista del capitalismo globale si sviluppò in vari modi → il rivoluzionario russo Lenin scrisse quello che è forse il più influente trattato sulla politica internazionale del capitalismo nel suo saggio del 1916 intitolato L’imperialismo, fase suprema del capitalismo = Lenin sosteneva che la classe capitalista stava diventando sempre più centralizzata nei principali paesi industrializzati, guidata da cartelli di facoltose e potenti élite finanziarie e industriali, ossia il capitalismo finanziario. Le élite degli Stati capitalisti avanzati esportavano i loro capitali in paesi poveri e sottosviluppati per finanziarie produzioni caratterizzate dallo sfruttamento delle risorse naturali e della manodopera a basso costo. Questa dinamica del capitalismo finanziario permetteva a Lenin di spiegare perché la rivoluzione non aveva luogo nei paesi più avanzati bensì in quelli meno sviluppati e sottoposti allo sfruttamento dei primi. Lenin sosteneva che le grandi potenze occidentali sarebbero state sempre più indotte a competere le une contro le altre per spartirsi e sfruttare le regioni non sviluppate del mondo. In anni più recenti, la teoria delle relazioni internazionali ispirata al pensiero marxista ha esaminato i vari modi in cui il capitalismo globale opera come un sistema di potere. La teoria marxista è impegnata in quanto tradizione teorica nell’identificazione degli interessi divergenti e degli esiti delle dinamiche di espansione e trasformazione del capitalismo. Altri autori che si ispirano al pensiero marxista si sono invece dedicati allo studio delle ideologie e delle istituzioni deputate a preservare e proteggere il sistema capitalistico globale. Alcuni studiosi impiegano il concetto di egemonia per spiegare il modo in cui i principali Stati capitalisti esercitano la loro supremazia sulle risorse e le istituzioni della politica mondiale. L’egemonia per gli studiosi marxisti è un sistema di potere in cui i principali stati capitalisti esercitano forme di predominio e controllo su società e popoli più deboli, spesso in maniera indiretta, influendo sulle loro ideologie e istituzioni. Le asserzioni marxiste - Gli Stati agiranno in modo da proteggere e promuovere gli interessi del capitalismo e della classe capitalista → Ciò significa che gli Stati difenderanno i diritti di proprietà e le istituzioni che sostengono il capitalismo moderno. A tale riguardo, la teoria marxista aiuta a illuminare l’intera storia della partecipazione dello Stato nella formazione, difesa ed espansione del sistema capitalista mondiale. Tale partecipazione è riconoscibile nel modo in cui gli Stati occidentali, nel corso degli ultimi due secoli, hanno perseguito politiche estere finalizzate a proteggere e favorire gli interessi finanziari e commerciali presenti al loro interno. → La teoria marxista sostiene infatti che esistano influenze capitaliste strutturali e strumentali sulla politica estera: quelle strutturali del capitalismo sulla politica estera si riferiscono a come gli Stati implementano politiche che automaticamente favoriscono e proteggono gli interessi del capitalismo. Essi hanno un interesse ad assicurare che l’economia nazionale prosperi. In questo modo, i governi proteggeranno gli interessi del capitalismo; le influenze strumentali del capitalismo sulle politiche estere indicano l’attività di lobbying delle imprese a influenzare le azioni degli Stati. I capitalisti sono infatti ben organizzati per condizionare la politica governativa in gran parte dei paesi. - Le imprese transnazionali saranno un aspetto fondamentale della politica mondiale → Con l’espandersi del capitalismo, le imprese si rivolgono sempre di più al sistema internazionale per individuare nuovi mercati. Negli ultimi decenni questa internazionalizzazione dell’attività d’impresa è aumentata notevolmente e le singole società hanno avviato attività produttive in molti paesi. I marxisti sostengono che le relazioni internazionali porteranno i segni di questo conflitto di classe: i lavoratori nazionali premeranno o sui loro governi per ottenere tutele, mentre i capitalisti internazionalizzati faranno attività di lobbying per garantirsi un’economia mondiale aperta. Nel suo complesso, la teoria marxista guarda al mondo in termini di classe e interessi economici. Per i marxisti la politica e le relazioni internazionali sono parte di un più profondo processo storico di sviluppo capitalistico. Le relazioni economiche all’interno e fra i paesi sono intrinsecamente inique e basate sullo sfruttamento. L’economia non genera pace ma conflitto, e questo conflitto sarà un giorno superato tramite la rivoluzione comunista. Il marxismo ha una rilevanza persistente in quanto costrutto analitico nelle relazioni internazionali. La crisi finanziaria del 2008 mette in evidenza la tendenza del capitalismo a creare i presupposti della propria distruzione e a concentrare ricchezza nelle mani di una cerchia sempre più ristretta di grandi attori. Il marxismo fornisce anche un’utile alternativa alla prospettiva liberale. I liberali tendono a vedere la globalizzazione come una forza positiva, che aumenta la coesione mondiale e genera guadagni economici per tutti. Il marxismo si concentra maggiormente sulla differenza fra vincitori e perdenti all’interno del sistema capitalista mondiale. In questo senso, la globalizzazione ha effettivamente unificato il mondo, ma ha anche portato a più nette divisioni fra abbienti e nullatenenti. La tradizione costruttivista Il costruttivismo è una prospettiva teorica che si concentra sul ruolo delle idee e sui modi in cui “ciò che la gente crede” plasma le azioni di individui, gruppi e Stati. Presente delle varianti, ma tutte partono dalla concezione secondo cui le idee e le credenze sono rilevanti nel modo in cui gli attori definiscono e perseguono i propri interessi. Le idee hanno un peso nelle relazioni internazionali (idealismo) = ciò che le persone credono e pensano ha importanza rispetto a come esse agiscono nel mondo. Assunti del costruttivismo La teoria costruttivista è costituita attorno a quattro assunti: 1. Gli interessi di individui, gruppi e Stati non sono dati né scolpiti nella pietra, sono invece modellati dalle identità degli attori = il modo in cui gli uomini percepiscono sé stessi darà forma al modo in cui essi pensano ai propri interessi e a ciò che vogliono ottenere in politica. 2. Le identità sono forgiate da una quantità di fattori ideazionali = cultura, religione, scienza e opinioni normative; i costruttivisti non scontano del tutto il ruolo delle condizioni materiali degli individui nella formazione delle loro identità. Le identità emergono dall’interazione di queste configurazioni del mondo materiale e delle idee e convinzioni così come esse si evolvono nella mente delle persone. 3. I componenti delle élite all’interno della società e dello Stato sono gli attori più importanti = le idee e le identità possedute da tali élite tendono a modellare il modo in cui i gruppi e gli Stati di cui essi sono alla guida agiscono all’interno del sistema internazionale. 4. La comunicazione gioca un ruolo significativo nella formazione e nel mutamento delle identità = l’interazione delle élite e delle reti all’interno delle quali operano è importante nella creazione e nel rafforzamento delle idee e delle credenze. Attraverso la comunicazione e il networking le élite tendono a produrre visioni del mondo collettive o condivise che configurano il modo in cui i loro interessi sono definiti e perseguiti. L’attenzione dei costruttivisti si concentra su momenti storici cruciali in cui le élite comunicano o creano consenso sull’identità di gruppi e Stati e sul modo in cui pensare ai problemi da affrontare. Le asserzioni costruttiviste Vi sono quattro asserzioni fondamentali che derivano da questa visione del mondo costruttivista: - Se gli uomini possono essere convinti e arrivano a pensare che il mondo sia guidato da criteri mondiali universali, così agiranno di conseguenza. → Il mondo è anarchico, ma ciò non implica che le relazioni interstatali funzionino come previsto dalla teoria realista. L’anarchia è modellata dal modo in cui le persone pensano ad essa. In effetti, l’anarchia può manifestarsi in modi diversi: un tipo di anarchia è il mondo ostile descritto dai realisti, in cui gli Stati si considerano reciprocamente come dei nemici che non meritano rispetto, non sono necessariamente legittimi o sovrani e possono essere oggetto di conquista se le circostanze lo permettono; un altro tipo di anarchia è quello in cui ciascuno Stato vede gli altri come rivali, ma non come nemici. Gli Stati non sono interessati a conquistare gli altri semplicemente perché sono nella condizione di farlo; piuttosto, esse cercano di preservare lo status quo, rispettare l’altrui diritto all’esistenza e usano la forza solo a fini difensivi e a nome della stabilizzazione del sistema; un altro tipo di anarchia è quello in cui gli Stati si percepiscono come amici; essi cooperano per massimizzare i guadagni collettivi, l’uso della forza è generalmente ritenuto illegittimo, la sovranità è rispettata e la sicurezza collettiva sostituisce la sicurezza nazionale. Secondo la visione costruttivista, nessuno di questi tipi di anarchia è più naturale o inevitabile degli altri e il mondo può passare a forme di anarchia maggiormente orientate alla cooperazione e alla sicurezza collettiva. - Gli Stati operano all’interno di una società civile globale → In tale senso, il costruttivismo è compatibile con l’importanza attribuita dal liberalismo al cosmopolitismo. I costruttivisti concordano con i teorici liberali che queste reti e questi scambi transnazionali sono importanti per la diffusione di norme e idee e per la creazione di fiducia e consenso fra i paesi. Per i costruttivisti, la società civile globale è che ciò̀ che agevola i processi di apprendimento e socializzazione delle élite, fornendo le reti di comunicazione attraverso le quali le élite sviluppano idee e identità̀ che plasmano le politiche statali e danno forma alla particolare variante di anarchia vigente. - Il mutamento normativo è una modalità̀ fondamentale attraverso la quale la politica mondiale si è evoluta attraverso le epoche storiche → I costruttivisti sostengono che l’apprendimento e la socializzazione che hanno luogo attraverso il sistema globale tendono a muovere il mondo in una direzione progressista. - Le élite statali esistono all’interno e sono influenzate da culture strategiche → I costruttivisti sostengono che gli Stati hanno identità̀ che contribuiscono a configurare il modo in cui i loro decisori politici intendono l’interesse della nazione. Elaborando questa idea, i costruttivisti affermano che i responsabili della politica nazionale operano all’interno di una cultura strategica che modella le scelte di politica estera. Il concetto di cultura strategica si riferisce agli assunti sulla natura del sistema globale e alle strategie condivise dalla élite di governo. Tali differenze di cultura strategica fanno sì che i paesi posseggano delle personalità̀ peculiari in quanto Stati, anche quando si trovano a operare in situazioni globali simili. La tradizione femminista Gli studi femministi hanno sfidato gli assunti e le concezioni tradizionali della politica mondiale, sviluppando al contempo la propria peculiare tradizione teorica. Il pensiero femminista è di ampio respiro e offre dei contrappunti provocatori alle vecchie concezioni teoriche convenzionali sullo Stato, la guerra e la politica di potenza. Il punto focale della teoria femminista è il ruolo del genere nella società e negli affari internazionali. Assunti femministi Un punto di svolta negli studi femministi delle RI è segnato da un testo di Cynthia Enloe: il libro fornisce una vivida descrizione storica del modo in cui le donne sono state subordinate agli uomini in vari settori economici e istituzioni all’interno del sistema globale in espansione, quali il turismo, l’agricoltura e le forze armate. Il ruolo delle donne all’interno dell’economia mondiale e del sistema politico è innanzitutto quello di forza-lavoro subordinata e sottovalutata. Gli Stati e le RI hanno “imposto un genere” a strutture di dominio e interazioni. Il femminismo è simile al marxismo nell’importanza attribuita alle ineguaglianze strutturali che pervadono i sistemi politici, economici e sociali. Il capitalismo e il sistema degli Stati sono un sistema di dominio nel quale le donne tendono a occupare i livelli inferiori e di minore portata. Sviluppando questa intuizione, a partire dagli anni Ottanta gli studiosi delle Relazioni internazionali cominciarono a riflettere sulle implicazioni dell’identità di genere su come studiamo gli affari internazionali. L’obiettivo della tradizione femminista è di rivelare il pregiudizio di genere che pervade le teorie tradizionali dello Stato e della politica di potenza e di offrire visioni alternative delle questioni globali partendo dal punto di vista dei deboli e di coloro che sono privi di potere. Due linee argomentative sono emerse in maniera più chiara e decisa nella tradizione femminista. Una è una critica degli assunti sulla politica mondiale formatisi in una prospettiva esclusivamente maschile, che sfida in particolare l’orientamento “realista” di buona parte della teoria. L’altra è l’affermazione che il preconcetto di genere ha sminuito i ruoli e le capacità delle donne nella condotta reale delle RI. Asserzioni femministe Il pensiero femminista si concentra principalmente sulla teoria realista e le sue idee sugli Stati, la guerra e la politica di potenza. Assunti e preconcetti di genere si ritrovano a tutti i livelli di questa tradizione teorica. La lingua utilizzata ha un orientamento prettamente maschile, e trasmette il velato, o non così velato, messaggio che la politica internazionale è “affare da uomini” (= la lingua degli Stati e del potere suggerisce che la politica internazionale è un ambiente da uomini). Il discorso delle Relazioni Internazionali è diventato un sistema intellettuale chiuso con assunti radicati sulla mascolinità del potere e della politica mondiale. Nel suo complesso, la ricerca scientifica femminista aspira a scardinare e scomporre le tradizionali concezioni viziate da preconcetti di genere sulle RI. Una seconda direttrice del ragionamento femminista è quella che sostiene che le donne sono state sistematicamente sottorappresentate sia nello studio che nella pratica delle relazioni internazionali. L’intuizione principale si basa sull’osservazione che, sebbene i rapporti fra i sessi differiscano da paese a paese, essi siano nondimeno quasi sempre ineguali. La tesi non è che le donne siano diverse bensì che esse siano semplicemente sottorappresentate nel mondo della ricerca accademica sulle RI nei luoghi del potere politico. Nonostante i miglioramenti nel campo dell’istruzione e la modernizzazione delle società̀ , continuano a esistere disuguaglianze di opportunità̀ e di rappresentanza, chiaramente a sfavore delle donne, profondamente radicate. Anche nel mondo della politica estera e della diplomazia la sottorappresentazione delle donne è impressionante. Le femministe che si occupano del problema dell’ineguaglianza e della sottorappresentazione non sostengono che le donne sarebbero delle migliori leader o che il mondo sarebbe un luogo più pacifico se fosse guidato da donne. Il ragionamento non implica che le donne siano in qualche modo moralmente superiori agli uomini. Queste pensatrici femministe semplicemente sostengono che si tratti di una questione di giustizia. Il fine della teoria non è sostenere l’avanzamento delle donne nelle posizioni di potere perché́ promuovano valori e aspirazioni più̀ nobili, bensì̀ perché́ la loro sottorappresentazione scaturisce dell’ingiustizia e dalle iniquità̀ sociali che mirano i sistemi economici e politici odierni. TEORIE DELLE RELAZIONI INTERNAZIONALI CAPITOLO IV Lo studio delle relazioni internazionali e l’analisi della politica estera Gli studiosi delle relazioni internazionali sono generalmente interessati alle interazioni tra due o più Stati e in particolare al perché́ alcune interazioni sono cooperative, altre competitive e altre ancora sfocino in conflitti. Al contrario, gli analisti di politica estera mirano a identificare i motivi per cui il governo di uno specifico Stato decide di agire in un determinato modo nei confronti di altri governi o attori non-governativi, i motivi per cui lo stesso governo metta a punto una particolare strategia per promuoverli o difenderli. Per capire la dinamica degli affari internazionali – perché́ gli Stati a volte collaborano, altre volte competono o addirittura si scontrano – è necessario avere un quadro generale che comprenda entrambi i punti di vista: sia quello delle RI che quello della politica estera. Spesso si dice che un governo sceglie una determinata politica estera perché questa persegue degli specifici interessi. Un interesse è una situazione auspicata dai leader di un governo a tal punto da far sì che si sia disposti a pagare un prezzo perché́ si realizzi. I leader nazionali devono spesso accettare che esista un divario fra la speranza di promuovere determinati interessi e la loro effettiva concretizzazione. Gli interessi infatti esigono spesso compromessi: la realizzazione di uno richiede la rinuncia ad un altro. Per poter avanzare o difendere un interesse, i leader di un governo sviluppano una strategia di politica estera. Una strategia di politica estera consiste nella specificazione, da parte dei leader, di obiettivi e strumenti politici. Possiamo distinguere tra strumenti volti al raggiungimento di obiettivi politici attraverso la persuasione e strumenti volti al raggiungimento di obiettivi politici attraverso la coercizione di un attore estero rilevante. - A volte un governo può̀ cercare di raggiungere i propri obiettivi di politica estera cercando di persuadere gli attori esteri ad agire o a desistere dall’agire in una determinata maniera. Uno strumento fondamentale in questo senso è la diplomazia, ossia il processo per cui i rappresentanti di due o più governi si incontrano per discutere problemi di interesse comune in forum di tipo bi – o multilaterale. Durante questi incontri, i rappresentanti cercano di persuadersi a vicenda riguardo ai meriti delle rispettive posizioni, con uno sguardo rivolto a soluzioni condivisibili a determinati problemi o nel tentativo di sviluppare meccanismi attraverso i quali ottenere vantaggi individuali attraverso forme di azioni congiunte. Questi rappresentanti sono spesso ambasciatori inviati dai rispettivi paesi d’origine a risiedere nella capitale del paese ospitante: possono essere ufficiali ministeriali oppure capi di Stato o di governo. La diplomazia in politica estera è quindi uno strumento di persuasione. Un altro strumento di questo tipo è costituito dall’applicazione di incentivi economici (es. un paese A promette un certo profitto economico al paese B a condizione che quest’ultimo faccia quello che A richiede→ nel 1990, la Germania Ovest concesse sostanziali aiuti economici all’Unione Sovietica, per facilitare l’accettazione da parte di quest’ultima dell’assorbimento della Germania Est in una Germania unificata). - Alle volte la diplomazia e gli incentivi non sono sufficienti ai leader per ottenere un determinato cambiamento da parte di un dato paese. In questi casi, i leader possono avvalersi di un’altra classe di strumenti di politica estera: quegli strumenti ideati per costringere un determinato paese ad agire o meno in una data maniera. Uno degli strumenti di questo tipo di politica coercitiva consiste nell’applicazione di sanzioni economiche (A minaccia B di una qualche fora di perdita economica nel caso in cui B non faccia o fallisca nel tentativo di adempiere a qualcosa richiestogli da A). Le sanzioni includono l’applicazione di dazi o quote sulle importazioni da parte di un dato paese, il boicottaggio alla vendita di particolari beni di consumo da parte di specifici fornitori, o la confisca di asset finanziari dei residenti di un paese depositati in banche o altri istituti finanziari del paese che attua la sanzione → tra la fine del 2011 e l’inizio del 2012, gli Stati Uniti e i paesi membri dell’UE cominciarono a boicottare l’acquisto di petrolio e a proibire le transazioni finanziarie dell’Iran con le banche centrali nel tentativo di spingerlo a negoziare la fine dei suoi piani di sospetto armamento atomico. Tali azioni furono prese molto seriamente dal governo iraniano, il quale avanzò la possibilità̀ di chiudere lo Stretto di Hormuz, passaggio di cruciale importanza per circa un quinto delle esportazioni petrolifere mondiali. Gli Stati Uniti risposero che avrebbero dispiegato la loro forza militare per tenere aperto lo Stretto. In altre parole, minacciarono di entrare in guerra contro l’Iran. Il patto che i P5 e la Germania strinsero con l’Iran nel 2013 permise alle due fazioni di ridimensionare le loro tensioni. Questo dimostra come il bastone di ieri (l’iniziale imposizione di sanzioni economiche) possa diventare la carota di oggi (la distensione di tali sanzioni in cambio di concessioni politiche). Un’altra tipologia di strumenti di