Psicologia Generale e Attività Motorie - PDF

Summary

Questo documento discute concetti di psicologia generale e come si applicano all'attività motoria. Si parla di mental trainer, psicologi dello sport, di metodi di indagine e dei processi mentali chiave come percezione, attenzione e concentrazione. Il documento evidenzia le differenze tra mental trainer e psicologo e le caratteristiche scientifiche della psicologia.

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PSICOLOGIA GENERALE E ATTIVITÀ MOTORIE (PROF. VILLANI) INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA COME SCIENZA (3/10) Che differenza c'è tra mental trainer e psicologo dello sport? Un mental trainer sa solo farti applicare perché ti guida con l'immaginazione verso una pratica ma non sa poi quei meccanismi come...

PSICOLOGIA GENERALE E ATTIVITÀ MOTORIE (PROF. VILLANI) INTRODUZIONE ALLA PSICOLOGIA COME SCIENZA (3/10) Che differenza c'è tra mental trainer e psicologo dello sport? Un mental trainer sa solo farti applicare perché ti guida con l'immaginazione verso una pratica ma non sa poi quei meccanismi come funzionano, cioè, non sono in grado poi di gestire gli effetti potenzialmente collaterali. Questo è il motivo per cui ci sono alcune pratiche che possono essere svolte solo dallo psicologo dello sport, per esempio il training autogeno mentre ce ne sono altri invece, come la respirazione, che possono essere invece insegnate nel senso adottate anche da altre figure. Poi lo psicologo sicuramente è diverso da uno psicoterapeuta perché ha una laurea ma entrambi non prescrivono medicinali ma agisce con percorsi terapeutici. Lo psicologo non è né un mago, non è uno psicanalista e non è un tuttologo nel senso che non legge nella mente degli altri ma capisce solo quello che gli viene raccontato e poi non sono competenti in tutti i casi che gli vengono proposti. La psicologia da oramai almeno un paio di decenni è stata definita una scienza e questo ci obbliga a dire che allora anche i metodi di indagine che utilizza sono scientifici, cioè quello che arriva a dire è stato in qualche modo verificato, testato e osservato (aiuta a distinguerla dalle altre discipline). Altro aspetto è il fatto che appunto è scientifica ci porta a capire come fare quando, per esempio, si vuole verificare se l'introduzione di una tecnica nuova nel nostro contesto funziona oppure no. Allora la psicologia è una scienza perché ha almeno quattro caratteristiche, cioè il fatto che è: ▪ empirica: significa che si pone l'obiettivo di misurare la realtà e di verificare se, quello che è ritenuto in una teoria o un'ipotesi, effettivamente si manifesti proprio in quel modo quindi si basa sui fatti e non sui pensieri dello psicologo. Esempio: guardare il mio atleta e vedere se mette in atto comportamenti diversi dal solito ma è un metodo soggetto ad errore, quindi, è meglio eseguire dei test per misurare i valori del soggetto. ▪ obiettiva: non significa che non esistano delle forme di errore ma cerca di superare questo limite della soggettività utilizzando degli strumenti di misura, in particolare che siano strumenti di registrazione dei pattern psico-fisiologici e utilizza un linguaggio formale, cioè dei codici di comunicazione e paradigmi di ricerca codificati. ▪ falsificabile: per dire che una teoria sia scientifica il proponente di quella teoria si pone l'obiettivo di cercare di falsificare la sua teoria, cioè, esiste il principio per cui fino a che una teoria non viene falsificata è vera. Se però un qualsiasi studioso trova che in qualche modo quella teoria non funziona, quella teoria viene falsificata come per esempio il principio di Popper, cioè, ciò che viene teorizzato deve essere sempre verificato e falsificato (la teoria è vera finché non viene falsificata). Ha proprio portato effettivamente a scoprire che le cose non stavano come alcuni teorici le avevano proposte o perché proprio non funzionavano in quel modo o perché non funzionavano sempre in quel modo. Questo significa che basta una circostanza per cui quella teoria viene falsificata, per cui non funziona più. ▪ cumulativa: man mano che questa verifica, osserva i fatti ed eventualmente falsifica poi arriva a dire qualcosa e lo fa con l'obiettivo di favorire il progresso in quell'ambito (gradualità). Quindi che cosa utilizza la psicologia applicata allo sport come principali metodi che poi portano anche a tanti disegni di ricerca potenzialmente diversi? Quindi i metodi che vengono utilizzati sono tre: 1. osservazione: osservare significa che io ho ben chiaro che cosa voglio osservare, trovo il modo di osservarlo spesso attraverso magari anche degli strumenti (come registrazioni o intervento da parte di esterni) ma deve essere chiaro quello che osserviamo. L'osservazione mi aiuta anche a trovare degli indicatori che sostanziano quello che io sto osservando (diventa oggettivo), perché magari è una mia percezione ma in realtà non è qualcosa di valido. 1 2. sperimentale: io manipolo una condizione e vado a vedere se effettivamente, grazie alla mia variabile indipendente manipolata (per esempio il tipo di modalità di insegnamento del gesto motorio o la pratica da me proposta per favorire il rilassamento) è più o meno efficace di un'altra o rispetto a uno che quella pratica non la sta facendo. Quindi vado a vedere se la mia variabile indipendente, quella che ho manipolato io, il gesto motorio insegnato in un certo modo o la pratica di respirazione/meditazione ha un effetto su una variabile invece dipendente che diciamo è il risultato che vado a vedere. Quindi generalmente devo avere almeno due gruppi che metto a confronto per capire se la variabile indipendente sia effettivamente efficace: - di controllo: a cui non somministrare la variabile indipendente - sperimentale: a cui somministrare la variabile indipendente, facendo quello che viene detto. Se io invece ho soltanto un gruppo di riferimento, ma comunque voglio applicare un nuovo metodo o pratica posso farlo, cioè, guardo che cosa succede tra prima e dopo, però sarà uno studio più di fattibilità, cioè che mi dice che effettivamente sembra andare in una direzione sperata ma non posso dire che sia davvero così. 3. indagine: in questo caso non manipolo la variabile ma per esempio utilizzo questo metodo se voglio conoscere opinioni, comportamenti e tendenze di gruppi piccoli o gruppi grandi di persone somministrando un questionario a un tot di persone. L'ambito della psicologia generale che adotta sicuramente molto l'approccio sperimentale ma non solo, è un ambito diverso, per esempio, dalla psicologia sociale che fa riferimento anche a dei contesti, quindi, è ovvio che se io prima non so i processi di base non posso applicarli ai contesti. Guarderemo sempre l'atleta in una logica un po’ di duplice interazione, cioè lo sport di per sé ci dà tantissime occasioni per capire meglio come funzionano le persone, come prendono decisioni, come risolvono problemi o come fanno a mantenere il loro impegno in vista degli obiettivi. Lo psicologo dello sport può essere anche esperto di mental training, ma appunto, è uno psicologo quindi ha fatto un certo tipo di studi per cui conosce i meccanismi mentali e per questo si distingue da altri professionisti. BLOCCO 1: PERCEZIONE, ATTENZIONE, CONCENTRAZIONE E AZIONE Cominciamo a parlare dei diversi processi mentali che ci servono per comprendere quali sono da un punto di vista psicologico i processi che entrano in gioco e sono convolti nello svolgimento di un’azione motoria e iniziamo dal binomio percezione-attenzione. In particolare, la percezione è quel processo psicologico che noi mettiamo in atto quando filtriamo la realtà, la elaboriamo ed è strettamente collegato che poi dirigiamo la nostra attenzione verso aspetti salienti interni o esterni. Questi processi li vediamo scomposti però, siccome si svolgono molto velocemente, non abbiamo tempo si scomporli nella nostra mente e avvolgono quasi simultaneamente ma dobbiamo subito eseguire una certa azione e non c’è tempo. Quindi ci serve per capire da una parte come possono funzionare meglio questi processi, come 2 poterli potenziare e per rendere l’esecuzione del gesto motorio più efficace. Un caso su cui ci soffermiamo è quello nel calcio del calcio di rigore (intervento dottoressa Cancer): Ora andiamo a definire questi processi di sensazione e percezione: il primo è un processo per cui i nostri organi di senso sono stimolati a partire da ciò che c’è nell’ambiente circostante da una sorgente di energia fisica che per esempio colpisce tatto, vista o udito (organi sensoriali). La seconda invece è un processo che avviene in uno step successivo, cioè per cui, a partire da questi stimoli sotto forma di energia fisica, mandiamo queste informazioni al nostro cervello e trasformiamo l’energia fisica in energia di tipo nervoso. Dal punto di vista dei passaggi che eseguiamo abbiamo la catena psicofisica composta da: ❖ stimolazione fisica (stimolo distale): quello che avviene nella realtà fisica e che viene poi elaborato dai nostri organi di senso. ❖ stimolazione prossimale (risposta fisiologica dei recettori): qua abbiamo delle sostanziali differenze tra individui diversi ed entriamo in contatto con la realtà fisica. ❖ percezione: quando le informazioni sensoriali vengono inviate al nostro cervello quindi a livello percettivo la realtà che effettivamente vediamo può essere molto diversa. 10/10 Gli organi sensoriali sono cinque ma i processi sensoriali a cui facciamo riferimento non sono solo i classici cioè, a livello sensoriale, i recettori che inviano informazioni al nostro cervello sono di più e questo ci permette di percepire, grazie alle variazioni e vibrazioni di energia, altre informazioni come la temperatura, dolore o senso di equilibrio. Queste informazioni percepite dal nostro corpo vengono poi trasformate in energia nervosa e questi impulsi vengono veicolati attraverso vie sensoriali al sistema nervoso centrale e questa informazione di tipo fisico, attraverso i neuroni sensoriali, diventa energia nervosa. Per ogni senso esiste un sistema di: recettori sensoriali: cellule che rispondono in modo differenziale alle variazioni dello stimolo fisico le cui risposte danno origine a impulsi nervosi. neuroni sensoriali: veicolano gli impulsi ad aree specifiche del sistema nervoso centrale attraverso specifiche vie sensoriali. 3 In particolare, il passaggio di trasformazione da energia fisica a energia nervosa viene chiamato trasduzione, quindi, trasforma l’informazione proveniente da uno stimolo fisico in potenziale elettrico che passa attraverso i nostri neuroni sensoriali e può essere diversa a seconda dell’organo sensoriale di riferimento. Nella tabella vediamo quale può essere l’organo sensoriale che propone dei recettori che colgono gli stimoli presenti nell’ambiente e, come questa, può essere trasformata in energia nervosa. Organizzazione gerarchica Questo processo che fa passare dalla sensazione alla percezione non va sempre nella stessa direzione, cioè a volte sappiamo a priori dove dirigere la nostra attenzione perché i nostri processi funzionano dal basso verso l’alto (bottom- up) soprattutto per i “novellini”. Mentre quando siamo più esperti orientiamo direttamente la nostra attenzione verso stimoli precisi perché sappiamo già cosa dobbiamo fare e in questo caso il processo è dall’alto verso il basso (top-down) e questi due tipi di processi entrano sempre in gioco nella stessa situazione. Usiamo maggiormente il processo che procede dal basso verso l’alto per i bambini che non hanno già le conoscenze della realtà quindi gli oggetti nuovi devono essere esplorati attraverso i sensi e poi gli viene dato un significato. Quando poi gli oggetti vengono conosciuti e memorizzati inizieranno a utilizzare i processi contrari, cioè, che partono dall’alto perché non hanno bisogno sensorialmente di esplorare quello che hanno di fronte. In particolare, questo concetto dei processi sensoriali trova nello sport un tema rilevante che è quello del dolore nel senso che i nostri recettori sensoriali sono dei veicoli che ci permettono di segnalare al nostro cervello che qualcosa non sta funzionando. Ma se non funziona il recettore sensoriale io peggioro così come se avessimo una scarsa recettività sensoriale rispetto alla temperatura, quindi, è importante perché dà al nostro cervello un segnale d’allarme che porta la persona a decidere come affrontare questo segnale. Noi percepiamo il dolore diversamente rispetto agli altri ed elaboriamo le informazioni e ci aggiungiamo degli aspetti che sono soggettivi quindi, anche se due persone ricevono lo stesso dolore, è possibile che lo percepiscano in maniera diversa. Il dolore, tema rilevante nello sport, può essere: cronico: a partire da infortuni la persona deve convivere a lungo o per sempre con una condizione di dolore e può essere prolungato e permanente. 4 acuto: in un momento specifico quindi legato a una certa situazione in cui lo percepisco Le metodiche psicologiche per affrontare il dolore sono distrarsi oppure attribuirgli un significato infatti pensare all’obiettivo o attribuire un significato al dolore porta a tollerarlo. Da un punto di vista del funzionamento, di come i recettori sensoriali mandano le informazioni al cervello che elabora il dolore, facciamo riferimento alla teoria del “gate control” di Melzack e Wall del 1965 che dice che a livello sensoriale le informazioni che partono dai recettori arrivano al cervello come energia nervosa. La possibilità per sentire meno il dolore che stiamo provando potrebbe, da un punto di vista sensoriale, entrare in gioco in diversi modi: 1. competizione di stimoli: se noi ci siamo fatti male ma volontariamente ci facciamo male da un’altra parte le informazioni che vanno al cervello iniziano a partire da punti diversi del corpo. Questo significa che il cervello è in grado di elaborare informazioni che arrivano anche da un altro recettore sensoriale e l’intensità dei recettori che per primi stanno mandando il segnale diminuisce. Quindi attivare altri recettori in altre parti del corpo può causare competizione e ridurre momentaneamente l’intensità del dolore che la persona sta sentendo (soluzione temporanea mentre si cerca di trovare una soluzione). 2. fattori psicologici: il significato che sto dando al dolore 3. farmaci: impedisce che le informazioni dei recettori sensoriali sul dolore arrivino al cervello per essere percepita come gli antidolorifici Da un punto di vista psicologico ci sono diverse strategie da utilizzare per ridurre il dolore: ▪ distrazione: quando una persona si fa male la si può sollecitare a parlare per farle percepire meno il dolore che sta provando ▪ realtà virtuale: se i miei processi cognitivi sono spostati su qualcos’altro non prestiamo attenzione al segnale da un’altra parte del corpo. ▪ rilassamento muscolare ▪ esercizi di respirazione I nostri organi sensoriali come fanno a cogliere in particolare gli stimoli che sono presenti nell’ambiente, cioè quando li iniziamo a percepire? Definiamo la soglia minima, cioè la minor intensità di stimolo necessaria affinché questo sia recepibile dagli organi di senso: la soglia assoluta, la minore intensità di stimolo necessaria perché questa sia recepibile. Noi di solito ci ritroviamo in situazioni dove c’è rumore quindi informazioni che potrebbero minacciare la capacità dei nostri recettori di cogliere la minima intensità ma entrano in gioco anche gli aspetti motivazionali o le condizioni fisiche del soggetto. Poi ci possono essere degli stimoli troppo bassi sotto la soglia assoluta e così non saranno recepiti e, in particolare, facciamo riferimento a problemi sensoriali di qualche tipo o perché non siamo motivati a cogliere quell’informazione. Entrano in gioco anche fattori soggettivi legati al fatto che entriamo in contatto con quegli stimoli e questi sono: 5 - adattamento sensoriale: processo per cui i recettori si adattano all’ambiente circostante e questo non ci permette di cogliere la realtà sempre allo stesso modo. - sensibilità - teoria della detenzione del segnale: processo che integra sia l’aspetto sensoriale che il processo di decisione, cioè, succede che a volte quando osserviamo/udiamo qualcosa dobbiamo anche specificare se effettivamente quel rumore lo abbiamo sentito o no. È stato testato in tante prove dove viene visualizzato a schermo un campo di tennis con la pallina che tocca il campo e viene chiesto alla persona di cliccare quando pensa che sia dentro o fuori e quello che si vede è che spesso il soggetto sbaglia, a causa di vari fattori. È un altro fattore soggettivo che fa riferimento al fatto che il segnale lo possiamo cogliere ma magari non riusciamo a capire se si sia verificato o no davvero e il non saper esprimere in modo corretto/non recepire il segnale la detenzione mi dice che è possibile un doppio errore. Quando poi a livello sensoriale l’informazione cambia entra in gioco un altro livello di ricezione sensoriale che non è più la soglia assoluta ma la soglia differenziale che ci dice di quanto deve essere incrementato quello stimolo per essere recepito dai nostri organi di senso. Per studiarla entra in gioco la legge di Weber che ci dice che questo incremento differenziale è costante e dipende dal tipo di stimolo che i miei recettori stanno elaborando e non è uguale per tutte le informazioni sensoriali. Esempio: Da un punto di vista adattivo dire che la realtà non è ciò che poi davvero percepiamo con i nostri sensi ci porta a dire che c’è una certa distanza tra realtà fisica e percepita ed è per questo che vediamo la realtà diversa da quella che vedono altre persone con cui ci confrontiamo. In particolare, un’area della psicologia che si è occupata molto di studiare la percezione visiva e la differenza citata prima è la psicologia della Gestalt (tutto, entità) che è un’area dell’800 e fa riferimento al fatto che comincia a studiare come noi aggreghiamo le informazioni che sono presenti nella realtà e vuole dire che il tutto è più della somma delle parti. Il fatto che noi filtriamo la realtà con la nostra percezione ci permette di iniziare a dare delle etichette diverse: da una parte la realtà fisica (che esiste) e quella fenomenica (quella che filtriamo, sottolinea l’esperienza soggettiva). Da un punto di vista visivo come è stata studiata la distanza tra realtà fisica (quello che c’è davvero) e realtà fenomenica (quello che noi filtriamo con la nostra percezione/sensazione)? Ci possono essere tre situazioni diverse: 1) assenza dell’oggetto fenomenico: noi non riusciamo a vedere qualcosa che nella realtà c’è, per dire che a livello c’è qualcosa che però non compare a livello percettivo e, dal punto di vista visivo, questi stimoli si chiamano figure mascherate (che si nascondono). Per esempio, nella figura possiamo riconoscere il triangolo ma se non ci fosse anche a destra noi, a livello percettivo, non saremmo riusciti a elaborarlo. 6 2) assenza dell’oggetto fisico: noi arriviamo a percepire qualcosa sul piano fenomenico che nella realtà fisica non c’è e succede per esempio nelle figure anomale. In questo triangolo di Canizza quello bianco non c’è eppure noi lo vediamo perché in realtà c’è un’immagine sotto che fa sì che, confrontandolo con l’immagine sopra anche senza contorni, lo percepiamo lo stesso. 3) discrepanza tra oggetto fisico e fenomenico: c’è una discrepanza tra oggetto che c’è nella realtà e quello da noi interpretato e lo vediamo nelle illusioni ottiche. Qua vediamo il fenomeno dell’illusione di Poggendorf che ci fa pensare a quale dei 4 segmenti obliqui sulla destra si prolunga anche a sinistra, dobbiamo prolungarlo con la matita perché a livello percettivo non riusciamo a capirlo (illusione ottica). A destra abbiamo un’altra illusione ottica che è quella di Muller-Lyer che ci fa domandare quale dei due segmenti è più lungo: in realtà sono uguali ma a livello percettivo quello sotto lo pensiamo come potenzialmente più lungo perché gli angoli sono orientati verso l’esterno e questo sembra allungare la linea. Nell’ultimo disegno le linee sono parallele anche se non lo vediamo (lisca di pesce sembra dare un orientamento obliquo) e poi ci sono altri esempi d’illusione ottica cioè, in base a quale aspetto della realtà ci concentriamo, ci rendiamo contro che nelle illusioni possiamo vedere aspetti della realtà diversi. Arriviamo alla percezione vera e propria quindi andiamo a vedere i tre passaggi: 1. stimolo distale: lo stimolo fisico così come è nella realtà 2. stimolo prossimale: colpisce i nostri organi di senso quindi i recettori sensoriali 7 3. percetto: viene trasdotto in energia nervosa e trasmessa a specifiche aree cerebrali di elaborazione delle informazioni e a questo livello di organizzazione corrisponde la percezione ovvero il riconoscimento immediato dei fenomeni della realtà. Ma abbiamo visto che la realtà fisica non è sovrapponibile con la realtà fenomenica perché quello che vediamo non è sempre quello che esiste e a volte facciamo fatica a capire se esiste davvero e dobbiamo quindi tenere conto di un processo che entra in gioco: l’indeterminazione. Succede quando passiamo dallo stimolo prossimale al percetto, cioè, dato che il nostro percetto lavora sullo stimolo prossimale (non sulla realtà) e la percezione viene dopo la sensazione, è chiaro che in mezzo possono succedere delle cose che possono portare a commettere degli errori. Questo è dovuto al fatto che un salto che facciamo tra stimolo distale e percetto e inevitabilmente può essere soggetto a una serie di fattori problematici che vengono definiti indeterminati. La nostra informazione filtrata dai recettori, quella che avviene con la sensazione è parzialmente indeterminata quindi il nostro cervello deve cercare di compensare e dare un significato diverso da quello che darebbe per cercare di non essere ingannato. Il primo esempio che facciamo per capire come il nostro cervello prova a superare questo problema: il primo processo che fa è, quando un compagno saluta e va via la vista vede che diventa sempre più piccolo ma la sua corporeità rimane uguale. L’indeterminazione c’è perché il percetto non si collega direttamente agli stimoli ma come questi sono filtrati: quando un oggetto è vicino è grande e la vista lo filtra come grande mentre quando un oggetto è lontano la vista lo filtra come piccolo (quello che i nostri organi sensoriali lo percepiscono ma sappiamo che non è davvero così). Il cervello supera questo problema della indeterminazione utilizzando un processo percettivo che è quello della costanza percettiva: sa che un oggetto anche quando si sta spostando e rimpicciolendo fenomenicamente, a livello della realtà fisica non si sta cambiando di dimensione. Esistono diversi tipi di costanza che servono tutte a correggere queste potenziali fonti di indeterminazione che potrebbero essere legati a diversi fattori e permette di compensare e andiamolo a vedere rispetto alla grandezza: legge di Euclide: dice che man mano che gli stimoli si allontanano noi vediamo che si rimpiccioliscono perché l’angolo dell’immagine retinica che viene attivato diventa grande o piccolo in base a come si comporta la persona. altra legge che dice che spesso utilizziamo anche degli stimoli che sono presenti nell’ambiente come ancoraggio nel tenere conto delle proporzioni degli oggetti nella realtà. legge di Emmert: rimanendo costante l’angolo ottico, a distanze maggiori corrispondono grandezze maggiori e gli oggetti vengono percepiti nella loro dimensione considerando i punti di riferimento presenti nello spazio. 8 Non c’è solo per le grandezze ma per esempio c’è la costanza della forma che è la tendenza ad attribuire agli oggetti la stessa forma nonostante il variare delle forme che essi proiettano sulla retina quindi vediamo quell’oggetto in varie inclinazioni capiamo che è lo stesso oggetto (visivamente è diverso ma superiamo l’ostacolo con la costanza e percepiamo sempre lo stesso oggetto). Poi c’è quella cromatica cioè, a seconda della illuminazione presente in un ambiente, la luce riflessa nei nostri occhi dagli oggetti varia ma noi continuiamo a vedere gli oggetti dello stesso colore e questo tipo di costanza sembra influenzata dall’apprendimento precedente e dalle aspettative. L’oggetto a livello visivo inclinato o illuminato in modo diverso, per esempio, visivamente potrei vedere in maniera diversa ma il mio cervello supera questo ostacolo grazie alla costanza percettiva e vede quell’oggetto sempre nello stesso modo proprio perché lo ha codificato. Oltre alle costanze percettive un secondo passaggio che il nostro cervello fa per superare il distacco tra percetto e stimolo distale è che aggrega le informazioni secondo alcuni principi ma l’immagine non sempre emerge ma quando la vediamo non riusciamo più a non vederla così la realtà. A livello fenomenico quando filtriamo la realtà e la iniziamo a vedere con un certo sguardo e con principi di aggregazione, la realtà difficilmente può essere di nuovo ricomposta. In particolare, l’organizzazione percettiva segue alcune regole, cioè come le aggreghiamo queste informazioni? Lo facciamo tramite: - leggi di segmentazione del campo visivo: ci permettono di raggruppare elementi che sono presenti nell’ambiente e rispondono alla domanda “come uniamo degli elementi/stimoli che sono presenti nella realtà?” quindi sono le leggi della formazione delle unità fenomeniche. A livello percettivo superiamo l’indeterminazione e organizza gli elementi della realtà unificando a partire da alcuni principi, le leggi sono: vicinanza: noi percepiamo come unitari degli stimoli tra loro vicini quindi nella figura tendiamo a unificare i pallini vicini, cioè a parità di altre condizioni si unificano gli elementi prossimi. 9 somiglianza: se sono simili li aggreghiamo insieme e li percepiamo come aggregabili quindi, a parità di condizioni, si unificano gli elementi simili. chiusura: tendiamo a unificare elementi che danno luogo a una figura chiusa quindi, a parità di altre condizioni, elementi figurali chiusi vengono percepiti come appartenenti alla stessa unità figurale. A livello percettivo seguiamo delle regole diverse che fanno aggregare in maniera diversa gli stimoli. continuità: a parità di altre condizioni tendiamo a unificare le linee caratterizzate da continuità di orientamento spaziale. pregnanza: a parità di altre condizioni vengono privilegiati insiemi di stimoli caratterizzati da semplicità, simmetria e regolarità. - articolazione figura sfondo: regole che ci dicono “come vediamo delle figure all’interno di un ambiente e quali caratteristiche deve avere per essere percepita rispetto a degli stimoli presenti nell’ambiente circostante?” ed è il secondo aspetto che la Gestald studia. Le caratteristiche che ha la figura per essere riconoscibile rispetto a uno sfondo sono: forma, essere in risalto, estensione definita e contorno ma anche questi seguono dei principi di organizzazione percettiva: inclusione: a parità di altri fattori diventa figura la regione inclusa 10 simmetria: diventano figure le regioni a simmetria bilaterale rispetto a un asse e allo sfondo convessità: diventa figura la regione convessa rispetto a quella concava area relativa: diventa figura la regione di area minore rispetto allo sfondo orientamento: diventa figura la regione i cui assi sono orientati secondo le direzioni principali dello spazio percettivo (asse cartesiani). Di seguito altre immagini in cui è difficile capire cosa è figura e cosa è sfondo: figure reversibili che non riescono a seguire alcuni dei principi sopra citati e non riusciamo a far vedere emersa una figura e le vediamo entrambe, entrano in gioco troppe cose quindi non riusciamo a unificare. Stiamo affrontando ancora il primo blocco di contenuti che tratta la relazione tra alcuni processi mentali che mettiamo in atto e che sono preliminari all’esecuzione del gesto motorio, cioè, parliamo di percezione, attenzione e azione e fin ora le abbiamo dato una definizione. Dove c’è un tipo di rumore per capire se è aumentata l’intensità dello stimolo dobbiamo parlare di soglia differenziale e questo incremento costante dipende dal tipo di unità motoria e se sensazione e percezione sono due fasi del processo è il passaggio da stimolo distale a prossimale si chiama catena psicofisica. La realtà che filtriamo non è mai uguale a quella oggettiva e questo passaggio fa sì che subentrino alcuni potenziali elementi di disturbo che a livello percettivo il nostro cervello cerca di superare tramite le costanze e poi studiando i principi di 11 organizzazione percettiva. Nel nostro modo di capire la realtà entrano in gioco degli indizi che ci permettono di elaborare la profondità dell’ambiente in cui ci muoviamo grazie a degli indizi di natura diversa: ▪ fisiologici: gli occhi ci permettono di avere informazioni circa la vicinanza/distanza degli oggetti graie al processo di accomodazione del nostro cristallino in base a quanto si curva (è fisiologico e non cerchiamo noi di controllarlo), di convergenza (quando gli occhi convergono l’immagine cade nella regione centrale della retina che permette di vedere dov’è l’oggetto) e di disparità binoculare (disparità tra una visione monoculare e l’altra). ▪ cinetici: che derivano dal fatto che noi possiamo elaborare le informazioni anche quando siamo in movimento (esempio della macchina dove gli elementi più vicini sono quelli che si muovono più velocemente mentre quelli lontani restano apparentemente nella stessa direzione). ▪ pittorici: il fatto che ci sia una particolare tessitura grafica o colorazione che ci permettono di individuare tra due oggetti quello che sta sopra o sotto e questi sono immediatamente visibili, vengono utilizzati nella pittura per dare la percezione di profondità a un disegno. Chiamiamo indicatori binoculari quelli che processiamo grazie all’utilizzo simultaneo dei due occhi mentre chiamiamo indicatori monoculari quegli indizi che processiamo un occhio alla volta. Tutti questi esempi ci vanno confermare il fatto che è vero che nel passaggio botton-up i nostri organi di senso entrano in contatto con gli oggetti della realtà, li elaborano, si attivano i recettori sensoriali e poi questa informazione viene inviata al nostro cervello. Però la percezione non funziona così per tutte le informazioni e abbiamo visto che ci sono delle situazioni (non essere esperti) di top-down ci aiuta a far sì che la percezione sia un processo dall’alto verso il basso e questi fattori attivo gli organi sensoriali ma elaboro io certe informazioni. L’attenzione avviene dopo la percezione e processo preliminare che prevede che noi in maniera elaboriamo le informazioni, dirigendo la nostra attenzione verso qualcosa di preciso ed è un processo che opera una selezione di tutte le informazioni che in un dato istante/ambiente colpiscono i nostri sensi, quindi, fa una selezione delle informazioni, consentendo solo ad alcune di passar gli stadi successivi. L’attenzione è un processo preliminare che mi permette poi di accompagnare gli altri processi come un fascio di luce che illumina solo una parte della realtà, cioè il fuoco attentivo quando sto elaborando solo una parte delle informazioni presenti (bersaglio verso cui rivolgiamo la nostra attenzione). 12 Sebbene sembri che l’attenzione sia sempre guidata da noi volontariamente anche qui ci sono degli elementi che entrano in gioco e attirano la nostra attenzione anche prima che noi dirigiamo la nostra attenzione verso quegli elementi (a livello pre-attentivo). Esempio quadro: a livello pre-attentivo elaboriamo prima la macchia di colore e vediamo dopo i dettagli. - Poi c’è un altro fenomeno studiato in ambito attentivo chiamato del pop-out per cui se un elemento dell’ambiente circostante e differenzia dagli altri attira subito la nostra attenzione per un processo di contrasto quindi facilmente il colore viene utilizzato per segnalare per differenziarsi dall’ambiente circostante. Se guardiamo la foto diciamo che il vantaggio di una elaborazione pre-attentiva diventa più veloce sapere dove dobbiamo guardare e rivolgere la nostra attenzione e capiamo la situazione senza dover processare le informazioni. - Quando dobbiamo mischiare le caratteristiche invece ci mettiamo più tempo soprattutto se gli elementi aumentano in termini di numerosità; quindi, se cambiano e aggiungiamo delle caratteristiche per cui l’elemento varia rispetto al resto dobbiamo processare serialmente le informazioni. Nella foto sotto invece è il processamento seriale cioè devo guardare un elemento alla volta per trovare il bersaglio mentre prima era parallelo cioè immediatamente a livello percettivo elaboriamo le informazioni simultaneamente quindi è più veloce rispetto a quella seriale. Esempi: 13 Cerchiamo di vedere, studiando i processi affettivi, quali sono le caratteristiche che permettono di descriverli: 1. attenzione spaziale: processo che ci permette di elaborare gli stimoli presenti nella realtà, rappresenta la capacità di selezionare degli aspetti particolari presenti nell’ambiente e a partire da questa selezione noi poi andiamo a orientare la nostra attenzione su elementi specifici (attenzione selettiva). Il fuoco verso cui poi orientiamo la nostra attenzione si chiama attentivo ma non sempre andiamo verso elementi precisi presenti nello spazio attorno a noi attraverso la vita. Si può porre attenzione spostando lo sguardo su particolari ma anche possibile farlo senza (visione periferica) che è una componente dell’attenzione che ci permette di tenere sotto controllo ed elaborare una serie di stimoli deal realtà ed è importante negli sport di situazione, è anche una strategia per sviare l’attenzione del mio avversario. In particolare, c’ê il paradigma di Posner, cioè un esperimento che prevede che il soggetto debba fissare un punto al centro dello schermo davanti a lui senza mai muovere gli occhi, poi vengono presentati degli stimoli di suggerimento a destra o sinistra dello stimolo a una intensità elevata e infine l’elemento target. Questo può comparire nella stessa direzione dello spazio dove c’è il suggerimento, nella direzione opposto oppure non apparire proprio. Quello che si è visto è che il fatto che ci siano dei suggerimenti nella stessa posizione dove poi apparirà il target permette alle persone di orientare la loro attenzione più velocemente verso lo stimolo target e il tempo di reazione per schiacciare il pulsante e processare le informazioni è minore (se lo stimolo e coerente). Invece senza indizi, quindi, prova neutra è un po’ più prolungato il tempo di reazione ma non ancora lunghissimo mentre sarà lungo quando troviamo che il suggerimento è sbagliato e la prova è invalida (esempio della finta nel calcio o il rigore). Questo processo per cui orientiamo la capacità di spostare la nostra attenzione si chiama flessibilità attentiva, aumenta con l’età e l’ampiezza del focus attentivo cambia in relazione al tipo di disciplina praticata. Rispetto alla capacità di elaborare i cue gli atleti esperti sono capaci di elaborare e orientare le informazioni in maniera più veloce e riconoscono i bersagli più velocemente per orientare l’attenzione nella giusta direzione, senza lasciarsi fuorviare da elementi poco importanti e rendere più veloce il gesto motorio. Per studiare questi cue e la capacità dell’atleta di elaborare informazioni specifiche si utilizza un sistema per tracciare il percorso degli occhi degli atleti durante un gesto motorio. L’eye tracking serve per migliorare il focus attentivo e quanto si fa distrarre da stimoli esterni e correggere gli errori in previsione di una performance migliore. Visione dei filmati: questo strumento serve per poter anticipare l’azione Ronaldo guarda il movimento del corpo dell’avversario per avere suggerimento che permette di orientare l’attenzione verso il bersaglio giusto (cue specifico) mentre l’inesperto guarda la palla. 2. attenzione selettiva: entra in gioco quando selezioniamo qualcosa verso cui dirigiamo la nostra attenzione come l’effetto Stroop dove vengono presentate parole scritte in diversi colori e il soggetto deve leggere ad alta voce il colore scritto nella parola che leggono. Quando la parola è coerente con il colore con cui è scritto la persona riesce più velocemente a processare l’informazione e riprodurla verbalmente mentre c’è più difficoltà nel processare le informazioni quando c’è incoerenza. Il tempo impiegato a leggere la parola si chiama tempo di reazione, il rallentamento dei tempi di reazione tra le parole della prima diapositiva e le parole della seconda nel video è dovuto al fatto che il nostro cervello non può evitare di leggere la parola scritta. Quindi non riusciamo a scindere le due informazioni (scritta e colore) rallentandoci mentre altre volte lo possiamo fare e valutare su quali elementi della realtà orientare la nostra attenzione che diventa focalizzata e quando ci troviamo in una situazione di incongruenza l’interferenza genera un maggior tempo. 14 Il problema dell’interferenza prevede situazioni in cui dobbiamo concentrarci su alcuni stimoli ed escluderne altri oppure dove cerchiamo di processare insieme due stimoli contemporaneamente. Per esempio: se siamo concentrati su una fonte informativa escludiamo le altre (parlare e leggere) possiamo prestare attenzione a due stimoli contemporaneamente ma la loro elaborazione è parziale Ci troviamo in una situazione potenziale di interferenza e possiamo processare anche due stimoli che tra loro non creano interferenza quando guidiamo e parliamo o guidiamo e leggiamo un libro. Quando processiamo delle informazioni complesse le interferenze a cui andiamo incontro possono essere strutturali (situazioni in cui stiamo cercando di utilizzare lo stesso canale sensoriale ma non possiamo elaborare due informazioni diverse) o di risorse (dovuta al fatto che le risorse attentive che devo impiegare per svolgere quel compito sono elevate e non ho spazio per orientare le mie risorse attentive verso altro e questo succede non siamo esperti rispetto a quel gesto. Tanto più alleniamo le nostre capacità attentive nel selezionare e orientare la nostra attenzione verso i bersagli che sono corretti, tanto più questa velocità di orientamento verso il fuoco attentivo si può traslare e orientare nel gioco sul campo e porta l’atleta a processare più velocemente le informazioni. Quando siamo concentrati su un compito nell’ambito delle interferenze di risorse possiamo usare la metafora del serbatoio per visualizzare tramite un’immagine quelle che possono essere le risorse mentali che sono occupate in un compito che richiede tante risorse attentive mentre quelle rimanenti sono minori. 3. risorse attentive: quanto devo impiegare le mie capacità per eseguire un gesto, cioè, è molto vicino al concetto di concentrazione, le impieghiamo per svolgere delle attività possono essere prolungate nel tempo nel senso che noi dirigiamo l’attenzione verso bersagli specifici lasciando sul fondo elementi poco importanti. Questa si chiama attenzione sostenuta, cioè, quel processo attentivo che fa sì che per tempi lunghi la nostra attenzione debba rimanere vigile orientata a processare le informazioni presenti nell’ambiente (dopo un tot l’attenzione necessita di pause perché le risorse attentive hanno bisogno di fare spazio al riposo e poi recuperare l’attenzione). Ma cosa succede quando siamo impegnati in un compito che ci richiede risorse attentive? Video esempio che è stato proposto per studiare l’attenzione selettiva perché, quando siamo concentrati sullo svolgimento di un compito lasciamo fuori le informazioni non utili per quell’obiettivo. Perdere di vista elementi che cambiano si chiama change blindness: esempio della porta (cecità al cambiamento) quindi non è che non vedo degli aspetti statici ma cambia lo scenario e, siccome siamo focalizzati su alcuni elementi principali legati allo svolgimento del compito, perdo di vista il fatto che gli elementi del contesto sono cambiati. Una ulteriore differenziazione riguarda l’elaborazione controllata ed automatica, in particolare lo chiamiamo automatico quando so già eseguire un gesto e posso immediatamente fare quell’azione in modo più facile mettendo in atto un processo attentivo di natura automatica. Mentre il processo controllato richiede un processamento delle informazioni seriale, cioè, devo prestare attenzione ai singoli elementi presenti nell’ambiente e mi richiede un processamento più lento e controllato a livello attentivo. I processi controllati possono diventare automatici e viceversa, cioè un processo automatico diventa controllato quando io sto apprendendo un gesto motorio fino ad averlo appreso diventa automatizzato e anche le risorse attentive che impiego diventano automatiche. Ma ci sono situazioni in cui il processo che era diventato automatico/le risorse attentive da automatiche deve tornare ad essere controllato quando la situazione non è come dovrebbe essere. Lo switch da automatico a controllato ê importante perché, se fosse eccessivamente lento, ci sarebbe il rischio di infortunio in alcune situazioni. 15 Poi entra in gioco il fatto che ognuno di noi ha un modo particolare a orientare l’attenzione in un certo modo (stili attentivi, cioè delle modalità preferenziali di usare l’attenzione) e capire che le persone hanno questa modalità è utile nello sport perché, a seconda delle discipline sportive, queste richiedono una capacità di dirigere l’attenzione diversa. Quindi la prima informazione che ci viene in mente è che una persona che è troppo attenta a dei particolari specifici potrebbe perdere di vista delle informazioni importanti che mi potrebbero aiutare a orientare il gioco. Nideffer ha costruito uno strumento di misura che è il TAIS (test of attentional and interpersonal style), un test che misura il livello attentivo interpersonale, chiedendo alla persona di rispondere ad alcune domande che valutano le sue capacità attentive e tendenze a orientare l’attenzione. Questo secondo due caratteristiche: ampiezza (quanto è ampio il focus attentivo oppure ristretto) e la direzione (verso interno o esterno) e l’unione di queste caratteristiche dà luogo a 4 profili di persone che potrebbero prediligere focus: ▪ esterno ampio: facilmente processano le informazioni che sono presenti in un ambiente ampio ▪ esterno ristretto: persone che orientano l’attenzione verso dei bersagli specifici ▪ interno ampio: focalizzo l’attenzione sul richiamare alla mia mente quando già avevo eseguito quel gesto ▪ esterno ristretto: ci si focalizza su degli aspetti specifici interni Il questionario prevede 144 domande e fa uscire 6 stili: 1. BET (esterno ampio): un alto punteggio indica che l’individuo si descrive capace di integrare efficacemente molti stimoli esterni nello stesso tempo. 2. OET (sovraccarico di stimoli esterni): più è alto il punteggio e più l’individuo compie errori dovuti a confusione e sovraccarico di stimoli esterni quindi la persona orienta l’attenzione verso tanti elementi dell’ambiente ma in maniera disordinata. 3. BIT (interno ampio): un alto punteggio indica che l’individuo si considera capace di integrare efficacemente idee ed informazioni provenienti da aree differenti. 4. OIT (sovraccarico di stimoli interni): più è alto il punteggio e più l’individuo compie errori perché si confonde pensando a troppe cose contemporaneamente quindi la persona è eccessivamente impegnata a pensare e decidere. 5. NAR (ristretto): più è alto il punteggio e più l’individuo si percepisce capace di restringere il focus attentivo quando è necessario quindi so scegliere il bersaglio che mi interessa rispetto al gesto. 6. RED (ridotto): un alto punteggio indica che l’individuo commette errori dovuti ad una restrizione eccessiva del focus attentivo quindi scelgo un bersaglio che è troppo ridotto e non mi permette di mantenere l’attenzione. Quelli in blu sono adattivi/funzionali e servono per svolgere l’azione motoria che l’atleta sta svolgendo quindi efficaci per compiere determinati gesti motori mentre quelli in rosso sono inefficaci e non funzionali. Per compiere alcuni gesti, se usiamo un esterno ampio, il focus attentivo si deve restringere quindi in uno stesso sport possiamo doverne utilizzare anche due stili diversi. Se le persone possono avere stili attentivi preferiti ma uno sport me ne 16 chiede uno diverso, in mezzo ci sta l’attività che serve per allenare una certa capacità attentiva e superare dei limiti. Se ci fosse un sovraccarico di stimoli esterni, la persona si disorienterebbe e non saprebbe che stimoli guardare quindi dobbiamo abituarlo ad avere uno stile attentivo esterno ampio ma non troppo sovraccarico. Quali sono le strategie che vengono di solito usate nello sport per migliorare la prestazione? Vediamo alcune attività che possono aiutare l’atleta a rimanere più focalizzato sugli stimoli salienti e se non riesce a focalizzarsi per vari motivi come posso supportare la concentrazione dell’atleta? Posso lavorare con strategie diverse a seconda dell’obiettivo: ▪ training simulato: se devo aiutare il mio atleta a isolare degli elementi di disturbo che sono tipicamente presenti quando c’è pubblico che assiste alla gara cerco di riprodurre quella situazione in allenamento per allenare la capacità dell’atleta di lasciare sullo sfondo potenziali distrattori. Permette di simulare l’azione che l’atleta si troverà a dover affrontare, da un punto di vista percettivo può aiutare ad abituarsi a isolare potenziali rumori o comunque stimoli che possono essere distrattori. ▪ osservazione filmati: video per anticipare le mosse dell’avversario attraverso le informazioni fornite dai compagni di squadra già affrontati, permette di identificare in maniera veloce quali sono degli aspetti interni ed esterni su cui durante l’esecuzione dei gesti dovremo focalizzare la nostra attenzione. Permette di anticipare le mosse dell’avversario e per aumentare il focus attentivo quindi sia l’osservazione che la possibilità di eseguire il gesto nel ruolo del giocatore che devo osservare potrebbe aiutarmi a focalizzare l’attenzione su degli indizi salienti. ▪ routine pre-gara: pianificare la competizione, cioè insieme integrato di pensieri, azioni abitudinarie e immagini che si attivano in modo coerente prima della prestazione come mettere le cuffie per isolare rumori esterni e rimanere concentrato. È il ripetere un gesto che permette, tramite quella esecuzione, di allontanarmi dall’ambiente di distrazione, più l’attribuzione di responsabilità al gesto quindi mantenere la concentrazione. Possiamo pianificare una routine pre-gara per cui i giocatori fanno dei gesti particolari e utili per focalizzare l’attenzione sul qui e ora ma non sono gesti scaramantici, assumendo che c’è una situazione di incertezza. Facciamo un esempio di routine pre- gara nel tennis per il controllo dell’ansia e l’orientamento dell’attenzione e processi cognitivi su elementi rilevanti: ▪ self-talk: include parole di incitamento, frasi positive che possono svolgere una funzione positiva sulla percezione di efficacia che l’atleta ha di sé stesso in una determinata situazione sportiva e viene fatto parlando nella propria mente (self). Quindi la persona si ripete a mente parole o frasi che aiutino a dirigere l’attenzione verso degli aspetti specifici, quindi, può aiutare la concentrazione. ▪ immagini mentali: per la prestazione da seguire come esecuzione ideo motoria dell’azione che favorisce processi di perfezionamento e stabilizzazione dell’esecuzione motoria, possono essere sia statiche (fotografie) sia dinamiche (scena come l’ideamento ideo-motorio, cioè, rivedere a mente i passaggi che devo eseguire prima di eseguirli). ▪ tecniche di rilassamento: per abbassare l’attivazione fisiologica o meditazione per restare focalizzato sul compito. 17 INTERVENTO DI ALICE CANCER: ANTICIPARE LE AZIONI ALTRUI (IL CASO DEL CALCIO DI RIGORE) Anticipare le azioni altrui: il caso del calcio di rigore Hanno fatto degli studi sul calcio di rigore analizzando dei processi di base dell’anticipazione dell’azione motoria altrui con l’obiettivo di andare a costruire delle pratiche e potenziare il riconoscimento dell’intenzione dell’avversario, guardando in particolare il caso del calcio di rigore. Il calcio di rigore esula dalla dinamicità e dal coinvolgimento di tutti i giocatori, è la ripresa di gioco utilizzata nel calcio quando un calciatore commette un fallo nei confronti di un avversario, nella propria area di rigore e con il pallone in gioco oppure quando ci si ritrova in parità al termine dei tempi supplementari. Non fanno parte propriamente della gara perché non vanno ad aggiungersi al punteggio, quindi, è una situazione di gioco che non si lega alla partita, il coinvolgimento di solo due giocatori (rigorista e portiere) e questo richiama l’attenzione degli spettatori, quindi, è un momento emotivamente saliente. La prestazione può essere influenzata dalla pressione percepita che può far salire ansia e paura: si chiama fenomeno di picco di ansia (soffocamento sotto pressione) in correlazione alla fase anticipazione del tiro di rigore. Quello che avviene a livello del meccanismo di riconoscimento del tiro al momento del tiro nel momento in cui viene calciato è che la velocità della palla va da 50 a 100km/h (molto elevata) e, se si considera che il portiere ha a disposizione per reagire, si arriva come risultato che ha circa ha 500/700 millisecondi dopo che la palla ha iniziato a muoversi verso la porta per decidere cosa fare. Questo è chiaramente un tempo insufficiente per permettere al portiere di iniziare la sua azione dopo che ha visto la palla muoversi, cioè, non può muoversi verso la direzione del pallone ad azione già avviata perché il tempo non basta. Quindi il portiere deve fare la sua scelta rispetto alla direzione ancora prima che il rigorista tocchi la palla con il suo piede ma come lo può fare? Questo è stato oggetto di ricerche e studi della psicologia cognitiva cercando di capire quali sono i meccanismi implicati nel riconoscimento di quella azione in maniera anticipatoria. Per anticipare le condotte degli altri il rigorista deve comprendere le intenzioni altrui utilizzando stati mentali e indizi motori per predire il comportamento altrui quindi il portiere deve immaginare quali possono essere gli stati mentali del rigorista nei momenti preparatori del tiro e, in base ai suoi movimenti iniziali (posizione corporea), può predire i suoi futuri movimenti. Questo può essere a vantaggio del rigorista per ingannare il portiere con la finta ma l’ultima parte del movimento necessariamente dovrà svelare quale sarà poi l’effetto sul pallone quindi il compito di anticipazione è reso complesso dal fatto che i calciatori sono consapevoli di questa analisi che i portieri fanno sui loro movimenti. Ora andiamo a vedere cosa accade a livello neurobiologico per attivare i processi di anticipazione delle azioni motorie altrui e la controparte di questi processi cognitivi è stata identificata nel sistema dei neuroni specchio che sono nell’area premotoria F5, studiati prima nei macachi e poi ritrovati negli esseri umani. 18 La loro caratteristica è che si attivano in relazione ad atti motori finalizzati, cioè, un programma motorio con obiettivo del raggiungimento di un obiettivo (come afferrare un oggetto) e si attivano sia quando eseguiamo quegli atti sia quando li osserviamo compiere da altri. L’osservazione di un’azione induce l’attivazione del medesimo circuito nervoso deputato a controllarne l’esecuzione; quindi, sono molto implicati nello sport perché ci preparano a mettere in atto l’azione anche se la vediamo realizzata da altri. È come se il nostro cervello simulasse l’azione nel momento in cui la vediamo fatta da altri e questo meccanismo è stato interpretato a livello psicologico come una forma di comprensione degli altri perché, nel momento in cui guardiamo gli altri fare qualcosa, è come se noi stessi ci stessimo preparando a metterla in atto. Questo ci permette anche di cogliere precocemente le intenzioni della gente che sto osservando perciò questi neuroni non codificano solo l’atto motorio in sé ma anche l’intenzione con cui è compiuto e questo permette all’osservatore anche di anticipare gli atti motori successivi. Quindi permettono di rappresentare l’atto motorio che sto osservando ma anche la predizione di quello che probabilmente accadrà a seguito dell’azione motorio dell’individuo che sto osservando e questi meccanismi sono quindi molto implicati nello sport perché devo attivare dei processi di previsione quando ho colto l’intenzione dell’avversario per predire l’azione successiva. L’implicazione del sistema specchio nella pratica sportiva esiste perché può avere due funzioni: nel momento in cui devo diventare abile nel mettere atto un programma motorio, osservando le azioni altrui consolido e perfeziono il programma motorio che io stesso devo mettere in atto. Il secondo obiettivo è per la comprensione delle intenzioni e l’azione successiva quindi l’esperienza motoria nello sport serve perché, nel momento in cui mi sono allenato e ho esperienza delle azioni motorie, mi permette di diventare abile osservatore perché ho costruito delle rappresentazioni dei movimenti raffinate e poi mi sono allenato nel poter anticipare le azioni motorie degli altri perché le ho messe in atto. Quindi è sia un’esperienza a livello percettivo che a livello motorio quindi ci sono: osservatori esterni come spettatori: a livello osservativo creano delle rappresentazioni visive dei programmi motori che sono poi utilizzati nei processi di anticipazione ma non è sufficiente perché è necessaria anche la controparte dell’esperienza motoria. expertise motorio: l’esperienza motoria ha un ruolo per rendere le rappresentazioni più efficaci quindi se sono esperti in un movimento diventato più abili e competenti nell’anticipazione motoria perché loro stessi hanno effettuato l’attuazione dei gesti motori. A partire di queste premesse sono stati fatti degli studi sugli elementi utili in gioco nel momento in cui studiamo un giocatore in procinto di tirare un calcio di rigore per stimare la direzione del tiro (esito dell’azione motoria), assumendo il coinvolgimento dei neuroni specchio in un compito di previsione dell’esito di un’azione motoria. Perso frase È stato creato un compito sperimentale attraverso dei video dalla prospettiva del portiere di calciatori in procinto di tirare il rigore, manipolandoli per richiedere agli osservatori di giudicare la direzione del tiro per vedere le differenze in base a delle variabili. Il fatto di essere più esperti nel tiro di rigore fa sì che effettivamente i calciatori siano più in grado di riconoscere in maniera anticipata l’esito dell’azione oppure sono i portieri ad avere maggiore esperienza osservativa ad avere la meglio? 19 Per testare questa ipotesi è stato costruito questo penalty task coinvolgendo i giocatori di una squadra di calcio (sono stati utilizzati due giocatori diversi ma con dominanza destra per evitare il cambio di variabilità) nella realizzazione di una serie di video ripresi dalla prospettiva del portiere in cui si chiedeva ai calciatori di tirare in quattro possibili direzioni (AD, AS, BD, BS). Poi si chiedeva loro di utilizzare per metà delle volte una finta e una metà, manipolando il video tramite l’occlusione temporale, cioè il video si ferma quando il piede del rigorista tocchi il pallone quindi prima che inizi realmente il calcio. L’osservatore deve cercare di capire in che direzione andrà la palla senza poter osservare i movimenti del pallone: nella simulazione le risposte erano BD, AD, AS e BS. Gli indizi da usare per anticipare la direzione del tiro sono stati: la posizione del piede, l’altezza dell’impatto tra piede e palla, la direzione del busto e delle braccia (ultime fasi informative) ma anche il modo in cui il corpo si muove verso il pallone. Con i risultati del grafico vediamo che la direzione più facile da individuare è basso a destra (la configurazione motoria era più riconoscibile in maniera anticipata) mentre il più difficile è alto a sinistra, cioè quella configurazione motoria era meno riconoscibile. Dobbiamo sottolineare che le risposte sono state date da calciatori esperti che poi abbiamo confrontato con degli sportivi di altri sport e sedentari. Successivamente, nel grafico a destra, tra i calciatori in base ai ruoli, cioè, rigoristi, non rigoristi e portieri quindi tutti soggetti più o meno esperti nel calcio quindi il risultato ci dice che i rigoristi, grazie alla loro esperienza motoria, sono stati i più bravi a riconoscere la direzione del tiro e l’anticipazione motoria. Nel grafico sotto invece siamo andati a vedere la differenza per livello di esperienza calcistica, aggiungendo una condizione sperimentale, cioè oltre a richiedere la direzione del tiro è stato chiesto di immedesimarsi nella prospettiva del portiere che parava il tiro oppure di provare a immedesimarsi nel corpo del tiratore. 20 Il fatto di immedesimarsi in uno o l’altro ruolo ha fatto differenza sono nei calciatori esperti e nella direzione coerente con i dati di prima perché il fatto di anticipare le stesse azioni motorie sono anche più capaci di riconsidererei negli altri se sono esperto io stesso. Ricordandoci che metà video avevano la finta e metà no, abbiamo visto che solo i non rigoristi avevano maggiore facilità a riconoscere i rigori con le finte, la finta non è stata molto significativa per rigoristi che sono esperti. Poi è stato chiesto di raccontare cosa è importante, secondo loro, osservare per fare bene il compito e quanto è importante l’allenamento per essere più bravi ad anticipare i movimenti del rigorista e la maggior parte dei partecipanti hanno detto che è molto importante per individuare il calcio di rigore. La parte del corpo che si osserva di più, indipendentemente dal ruolo dei giocatori, sono gli arti inferiori per la maggior parte, poi arti superiori e altri entrambi gli arti (soprattutto i rigoristi). Questi studi hanno detto che il fatto di avere un’esperienza calcistica differente ha un effetto in quanto i partecipanti sono bravi a riconoscere la direzione e poi gli esperti sono facilitati nell’immedesimarsi nel tiratore e che l’attivarsi delle rappresentazioni motorie del modello che si osserva è efficace per essere più abili. Interventi innovativi per potenziare l’anticipazione motoria nei calci di rigore: musica e neuromodulazione Ora parliamo della possibilità di usare altri interventi innovativi sperimentali (non tipicamente utilizzati nella pratica sportiva nell’allenamento di questo compito) per far sì che i partecipanti fossero più bravi nello svolgere il compito della anticipazione motoria: utilizzare musica e stimolazione elettrica di alcune aree cerebrali per potenziare le prestazioni cognitive. Far ascoltare un particolare tipo di musica nello svolgimento del compito di anticipazione può fare la differenza nel rendere i rispondenti più o meno bravi, cioè la musica piacevole permette di creare a livello cognitivo un bilanciamento ottimale tra livelli di sorpresa e prevedibilità dell’azione da svolgere mentre la musica ansiosa peggiora l’accuratezza della predizione motoria. Per questo studio sono stati coinvolti 20 calciatori non professionisti e mentre ascoltavano differenti musiche (Chopin e Mozart) dovevano svolgere il compito di anticipazione motoria, quindi, c’è stato un effetto di potenziamento con la musica piacevole nelle cuffie. 21 La stimolazione elettrica transcranica è un tipo di stimolazione sicura che consiste nell’applicazione di correnti elettriche sullo scalpo dei partecipanti tramite degli elettrodi sulla testa che mando delle piccole correnti elettriche con l’obiettivo di andare a modulare l’eccitabilità dei neuroni. Quindi quanto è probabile che si attivino durante la stimolazione, cioè un tipo di stimolazione elettrica che, se posizionate in una certa area cerebrale, permette di andare a rendere più probabile l’attivazione di quell’area. Per testare questa tecnica nel calcio del rigore si prova ad aumentare l’eccitabilità corticale dell’area motoria (sede del sistema specchio), stimolando l’area dei neuroni specchio per modificare il calcio di rigore. L’esperimento è stato fatto su 25 calciatori semi-professionisti con l’obiettivo di confrontare i giocatori che hanno usato la stimolazione (erogata durante il calcio) e chi non l’ha usata. I risultati suggeriscono che solo i soggetti che hanno ricevuto la stimolazione nelle aree premotorie sono andati meglio nel compito di anticipazione del tiro nel penalty task. Quindi musica e neuro modulazione delle aree motorie potrebbero avere dei risvolti applicativi positivi rispetto all’anticipazione. L’APPRENDIMENTO L’apprendimento, processo che mettiamo in atto dalla nascita, significa comprendere come gli atleti raccolgono informazioni da ambiente, come le organizzano nella mente e come modificano i loro comportamenti a seguito delle esperienze e apprendimenti compiuti. Quindi significa aiutare il giocatore ad apprendere conoscenze e competenze vitali e specifiche, individuali e sociali e a creare contesti di apprendimento favorevoli e in generale apprendiamo una 22 serie di comportamenti che sono utili al nostro funzionamento nei diversi ambienti. Definizione: che cosa significa apprendimento? È un processo continuo (noi apprendiamo dalla nascita e fa parte della nostra natura), basato sull’esperienza (ci sono alcune cose che funzionano e altre no quindi ripetiamo i gesti motori che sa che funzionano) che si traduce in un cambiamento relativamente stabile nel comportamento osservabile o nel comportamento potenziale (anche quello che non ha ancora eseguito che però non sarà al 100% uguale a quello che ci eravamo immaginati). Bisogna distinguere tra cambiamenti: dovuti alla maturazione dell’individuo (apprendimento fisiologico) e cambiamenti prodotti dall’esperienza (motorio). a lungo termine nelle prestazioni e cambiamenti dovuti all’apprendimento effettivo La memoria e l’apprendimento sono due processi mentali strettamente collegati e coinvolti nel processo mnesico (fa sì che non funzionino in maniera seriale) quindi lavorano in sinergia e molti processi sono in parallelo. Noi pensiamo che memorizzare sia poter recuperare delle informazioni ma perché questo avvenga devo aver elaborato gli stimoli e focalizzato l’attenzione su tutti i passaggi del gesto e poi immagazzinati in maniera corretta. Poi questa informazione viene immagazzinata in maniera corretta e appresa, in modo che poi possa essere recuperata dalla memoria e attenzione e sensazione sono coinvolte. L’apprendimento può essere di tre approcci differenti/tecniche di apprendimento: 1. cognitivo: - latente con l’idea che l’apprendimento non si è ancora manifestato ma è potenzialmente latente e fa riferimento al fatto che da una parte, per poter attuare un comportamento, ci troviamo a crearci delle rappresentazioni mentali. Oppure può essere per insight, cioè per intuito per creare qualcosa di nuovo, essendo in stretta correlazione con il problem solving. Ci troviamo di fronte a un esperimento con degli animali, in particolare gli scimpanzé che, in una situazione nuova (per esempio mettere delle banane appese al soffitto con delle casse), ristrutturano cognitivamente l’ambiente per vedere se la situazione può essere guardata da altra prospettiva e arrivano a trovare una soluzione innovativa. Nel caso dell’esperimento la soluzione sta nel fatto che le casse possono essere impilate una sopra l’altra per far sì che diventi una specie di scala che permette allo scimpanzè di raggiungere le banane. Questo tipo di apprendimento è legato alla risoluzione di problemi e non avviene per tentativi ed errori, dopo aver già effettuato un comportamento e aver capito che era sbagliato. In questo caso siamo di fronte a una situazione nuova per loro e gli scimpanzè devono mettere in atto dei processi cognitivi che mi permettono di ristrutturare gli elementi della palestra e unirli in maniera diversa. Quindi sulla base di una ristrutturazione del campo cognitivo gli scimpanzè mettono in atto un comportamento nuovo/un gesto che non avevano mai eseguito prima. Perso discorso Ci sono alcuni atteggiamenti che l’allenatore può adottare per facilitare il processo intuitivo e deve essere creativo (non rigido a livello cognitivo e non ripetitivo). Per esempio, utilizza nelle sue pratiche delle strategie didattiche poco abituali, ricerca nell’allenamento un clima sereno affinché si sviluppi l’insight (sotto stress non avviene), favorire soluzioni originali (fare delle prove provando a non essere nella situazione tipica o mettere in atto dei comportamenti inattesi). Questo è possibile tramite due strategie in particolare dal punto di vista delle 23 metodologie: la scoperta guidata (ti pongo di fronte a una situazione e ti lascio ragione in base alle soluzioni che troveresti ma ti accompagno nel processo) e il problem solving (ragiono sulle situazioni dove vado a modificare degli aspetti dell’esecuzione del gesto e vediamo cosa potresti fare in quella situazione). - Poi un’altra tipologia di apprendimento che rientra in quelli cognitivi è quello latente che fa riferimento al fatto che il comportamento che è stato appreso non viene espresso anche se la persona pensa di avere la rappresentazione mentale di un gesto motorio ma non lo ha ancora eseguito. Quando però questo apprendimento latente c’è stato la persona può, se sollecitata e nella situazione specifica, mettere in atto anche il comportamento giusto, quindi, fa riferimento al fatto che la persona si crea anche una rappresentazione del suo processo mentale. Per cui se non si hanno chiari gli step e non si sano raffigurare non si riusciranno nemmeno a metterli in atto ma prima deve esserci un apprendimento cognitivo per avere la rappresentazione. Questa rappresentazione mentale aiuta a organizzare i miei pensieri e i contenuti stessi dell’apprendimento e, nel caso di un gesto motorio, potrebbe essere utile aiutare l’atleta a crearsi delle mappe. Se non è chiara l’organizzazione del gesto quando l’atleta dovrà svolgerlo in gara andrà incontro più facilmente ad errore mentre se ha realizzato una mappa è più facile. 2. associativo: in campo etologico con gli animali dopo aver osservato i loro comportamenti e poi si va a vedere se comportamenti e processi mentali possono essere uguali negli umani, cioè, si manifestano. Parliamo di condizionamento classico studiato da Pavlov che ha detto che osservando, la reazione del cane alla presentazione del cibo, ha visto che il cibo era in grado di generare una reazione immediata della salivazione. Il cane saliva quando gli viene presentato il cibo e poi si può stimolare di più questa reazione se il cibo è abbinato al suono di una campanella, cioè, crea un pannello con una finestrina con cui passa il cibo al cane, il quale ha un tubicino che raccoglie la saliva e permette di “misurarla”. Prima propone solo il cibo e poi anche la campanella che da sola non era in grado di generare salivazione quindi il condizionamento sta nel fatto che fa associare i due stimoli (presentandoli insieme in maniera ripetuta i due si associano a tal punto che, se arrivo a non presentare solo la campanella, il cane saliva allo stesso modo). Questa reazione tra uno stimolo inizialmente neutro (campanella) che associato ad altro può essere in grado di attivare una reazione è quello che abbiamo tutte le volte che solo il pensiero di qualcosa senza che si manifesti, è in grado di attivare una reazione emotiva (reazione fisiologica positiva o negativa). Questa associazione c’è però, a meno che stiamo parlando di esperienze profonde, dobbiamo anche considerare che ci sono tre fasi: acquisizione: lo stimolo incondizionato viene preceduto da quello neutro finché si verifica il condizionamento quindi lo stimolo neutro diventa stimolo condizionato quindi la 24 campanella e il cibo presentati insieme fanno sì che si attivi la stessa risposta in termini di salivazione. estinzione: se il campanello viene presentato solo la risposta diminuisce e lo stimolo condizionato perde la sua capacità di generare la risposta condizionata quindi la campanella non è più associata al cibo perché non vengono presentati insieme. Quando lo stimolo che era neutro (campanella) si è associato allo stimolo incondizionato (cibo) ed è diventato incondizionato si slegano, si estingue l’associazione perché non sono più presentate insieme, e non dà più luogo alla risposta condizionata. di ri-acquisizione: se si ristabilisce l’abbinamento tra stimolo neutro e stimolo incondizionato si può creare di nuovo il condizionamento, quindi, è più veloce la fase rispetto a quella iniziale in cui lo aveva appreso (il tempo necessario a stabilire il nuovo condizionamento è inferiore a quello impiegato nella prima fase di acquisizione). Quindi riproponiamo al cane l’associazione di cibo e campanella. Per creare una associazione positiva che vada a sostituirne una vecchia e dolorosa basta crearne una nuova per il soggetto che andrà a generare una sensazione diversa quindi andiamo a sostituire l’elemento che si associa con un elemento positivo può favorire un adattamento della persona in quel contesto. Il condizionamento classico spiega solo una tipologia di apprendimento (connessa a comportamenti meccanici e fisiologici) e non l’apprendimento nella sua complessità. L’associazione tra stimoli e risposte avviene in modo meccanico senza interventi cognitivi e l’individuo è inteso come soggetto passivo. Un altro modo per dissociare potrebbe essere che, se l’atleta sa che degli allenamenti sono duri, potrei cercare di disinnescare la reazione dello stato d’animo alternando i tipi di allenamento per far sì che questa associazione non si crei. Un altro tipo di apprendimento associativo è quello operante dove l’organismo opera sull’ambiente per ottenere un risultato desiderabile, quindi, inizia a dare uno spazio di attività alla persona perché l’organismo è responsabile dei comportamenti che mette in atto. La persona, tramite i feedback che gli dà l’ambiente, impara a replicare o abbandonare un comportamento, cioè questo apprendimento inizia a riguardare dei comportamenti che sono sempre più complessi (rispetto al condizionamento classico). Il condizionamento operante serve per indurre potenti modificazioni nel comportamento, insegnare compiti complessi e una risposta volontaria viene rafforzata o indebolita. Il tipico esperimento che è stato osservato per capire questo tipo di apprendimento è la gabbia di Thorndike, una gabbia con un pavimento elettrizzato e una leva che gli animali possono toccare per ricevere cibo o acqua. Inizialmente l’animale inserito in questa gabbia si muove in maniera disordinata e non sa che cosa deve fare, mette in atto comportamenti casuali o prove ed errori per capire cosa deve fare per raggiungere cibo e acqua e quando arriva casualmente a spingere la leva arrivano. Quindi l’animale è in grado di comprendere che c’è associazione tra, ciò che lui fa e il feedback dell’ambiente e questo lo porta a ripetere lo stesso comportamento, andando direttamente alla leva quando ha bisogno di cibo o acqua. 25 Questo è un comportamento spiegabile tramite la legge dell’effetto, cioè il fatto che si stabilisca un legame associativo tra uno stimolo e una risposta deriva dall’effetto che segue la risposta (arriva il cibo e porta il gatto a riprodurre quel tipo di comportamento). Quando otteniamo risultato che vogliamo impariamo a ripetere quel comportamento ma, se non c’è una risposta spiacevole/negativa da parte dell’ambiente, questo fa rendere conto che quel comportamento non gli permetterà di raggiungere il risultato. Poi abbiamo la gabbia di Skinner che permette di studiar cosa si intende per condizionamento operante, cioè, abbiamo un’associazione però c’è una responsabilità dell’organismo che sceglie poi se attuare quel comportamento o abbandonarlo sulla base della risposta ottenuta dall’ambiente. Come rinforzare il comportamento? Vengono introdotti nuovi aspetti: concetto di rinforzo e punizione che, da parte dell’ambiente, fa sì che il gesto venga ripetuto o abbandonato. Il rinforzo ha sempre l’obiettivo che il comportamento sia ripetuto mentre al contrario la punizione è sempre mirata affinché un comportamento venga abbandonato ma il condizionamento operante studia diversi tipi di rinforzo e punizione. Per fare riprodurre un comportamento posso aggiungere o togliere: stimolo piacevole per ripetere il gesto corretto (come congratularsi con l’atleta): rinforzatore positivo stimolo spiacevole per ripetere il gesto corretto (come la non critica): rinforzatore negativo. Tramite uno stimolo aggiunto all’ambiente che determina un aumento di una risposta precedente o uno stimolo spiacevole la cui rimozione dall’ambiente fa aumentare la probabilità che una risposta precedente si ripeta nel futuro. Nel caso della punizione mira a far sì che un comportamento sia abbandonato e può essere: positiva: viene applicato uno stimolo spiacevole come un rimprovero negativa: viene tolto qualcosa di piacevole (partitella a fine allenamento) per far sì che il comportamento non sia ripetuto e far sì che l’atleta si impegni. Gli effetti della punizione sono meno prevedibili, cioè, è rischiosa e offrono potenziali svantaggi: la risposta è individuale e non sappiamo come la persona possa reagire e può generare stati emotivi negativi e scarsa fiducia in termini relazionali e rabbia verso la persona che ha messo in atto questo gesto. I rinforzi possono essere utilizzati come abbiamo visto ma anche interpretati da chi li riceve e, in alcune circostanze, non dare rinforzo può essere interpretato in: termini positivi: l’assenza di un rinforzo negativo funge da premio per l’atleta come punizione: se l’atleta si aspetta un rinforzo ma non arriva lo percepisce negativamente, cioè, gli ha tolto qualcosa di positivo come il complimentarsi con lui. I rinforzi differenziali possono sostenere un cambiamento progressivo nei comportamenti: se stiamo acquisendo una nuova competenza motoria usiamo modellamento per definire l’obiettivo da raggiungere e poter monitorarlo per aiutarlo a raggiungere risultati sempre più alti. È anche necessario che ci sia coerenza e sistematicità nel fornire rinforzi perché uno stile disordinato non aiuta l’atleta a capire cosa fare con i suoi comportamenti e come progredire 26 nell’apprendimento. Il modellamento è un processo di insegnamento di un comportamento complesso mediante rinforzo di comportamenti simili al target, siamo nella logica del rinforzo, cioè, far sì che il comportamento venga ripetuto ma anche incrementato. I passi di questa tecnica di rinforzo differenziale sono: a) identificare le mete e i comportamenti target e come sia possibile monitorare i risultati raggiungi dall’atleta, far sì che riceva dei rinforzi rispetto ai suoi comportamenti b) progettare un sistema di registrazione dei dati preliminari c) scegliere una strategia di modificazione del comportamento d) attuare il programma e) compilare i resoconti accurati dopo che il programma è stato attuato f) valutare e modificare il programma in corso Esempio: Come si può fare e quanto spesso è utile rinforzare? Non sempre è utile il rinforzo continuativo nel tempo mentre in altre situazioni è necessario quindi i diversi programmi di rinforzo sono differenziabili sulla base della tempistica con cui viene somministrato il rinforzo. Possono essere basati sul: ▪ comportamento (ciò che la persona ha fatto): a rapporto fisso, cioè, viene dato un rinforzo positivo dopo un tot di volte che hai raggiunto l’obiettivo o variabile, cioè, viene dato un rinforzo positivo ogni tot volte casuali che si raggiunge l’obiettivo. ▪ sul tempo: a intervallo fisso o variabile, cioè in ogni allenamento o ogni tanto (non sulla base di come si è comportato l’atleta) quindi conta la dimensione temporale. Facciamo degli esempi: 27 I programmi che funzionano di più sono il programma fisso all’inizio quando si deve instaurare l’apprendimento abbiamo bisogno di rinforzo (l’atleta deve capire se si sta comportando bene) mentre quelli variabili quando l’apprendimento è ottenuto e si mantiene bene grazie al programma (entra poi in gioco la motivazione). Quando rinforzare nello sport? Quando sta imparando una nuova abilità sportiva all’inizio o quando deve consolidare può essere anche solo occasionale, nello sport diventa importante rinforzare il processo e non solo il risultato. Si può congratulare l’atleta per l’impegno e non solo il successo (non solo per l’obiettivo da raggiungere), non solo l’apprendimento delle abilità sportive e la prestazione ma anche l’apprendimento di abilità cognitive, emotive e sociali. 3. cognitivo-sociale: osservativo, cioè, usiamo per esempio con l’imitazione; l’ultimo è l’apprendimento osservativo che mettiamo in atto sempre, studiato per la maggioranza da Bandura che sostiene che noi siamo portati a interiorizzare i gesti che osserviamo nelle altre persone evolutivamente da sempre anche se il nostro corpo è portato a imparare autonomamente alcuni gesti. Perso discorso Noi andiamo a interiorizzare i comportamenti che osserviamo e ripetuti a cui diamo un valore nelle persone care che ci porta a comportarci in maniera simile. Ma questo non è un processo passivo come limitazione quindi l’apprendimento è più complesso di quello imitativo perché nel primo chiediamo di imitare un gesto che ha visto nel mio comportamento uguale ma deve saperlo applicare anche in altre situazioni. Avviene attraverso l’osservazione di un’altra persona detta modello. E prevede quattro tappe: 1) prestare attenzione e percepire le caratteristiche più critiche del comportamento di un’altra persona: osservo a livello sensoriale si attivano dei canali e a livello percettivo metto in atto dei filtri. 2) ricordare il comportamento: lo studio e mi creo una mappa del comportamento osservato per avere chiara l’esecuzione del gesto. 3) riprodurre l’azione quando mi serve 4) essere motivati ad apprendere e a eseguire il comportamento in futuro: se poi non ci interessa anche l’apprendimento che è stato appreso di un gesto può essere perso. I modelli nello sport sono allenatore, compagni di squadra e campioni che funzionano in maniera diversa e cambiano tra di loro perché non ci immedesimiamo allo stesso modo in quanto il rapporto con loro è diverso. Nell’apprendimento per osservazione i neuroni specchio entrano in gioco i neuroni specchio: come capiamo ciò che fanno gli altri (video): Nell’apprendimento osservativo, oltre ad apprendere come si compie un gesto, implicitamente elaboriamo anche le informazioni anche quelle delle emozioni associate a quel gesto, quindi, potrebbe funzionare da rinforzo a quei processi di apprendimento perché ci accorgiamo che, mentre svolgiamo un esercizio, il mio allenatore prova certe emozioni. Quando entrano in gioco i neuroni specchio si attivano alcune delle aree del cervello come vediamo nella foto e, se leghiamo 28 l’esecuzione del gesto con le emozioni provate, si crea un’associazione ed essere anche un tipo di apprendimento associativo. L’importante è il ruolo dell’allenatore ma anche la comunicazione allenatore-atleta è fondamentale: come mezzo per condurre l’allenamento: correzione della pratica motoria per informare i giocatori sui risultati dei loro apprendimenti: condividere idee e riflessioni e non solo obiettivi raggiunti Gli stadi dell’apprendimento motorio, diverse fasi specifiche rispetto al gesto motorio che si deve compiere, secondo Fitts e Posner per raggiungere l’autonomia nel gesto motorio sono: 1. verbale-cognitivo (stadio di coordinazione grezza): l’atleta non ha capacità fini di coordinamento che permettono di eseguire precisamente il gesto motorio, ci sono molti errori e la correzione è lenta, la rappresentazione dell’azione è poco precisa e l’attenzione e sovraccaricata da stimoli non sempre pertinenti. Se siamo in questa fase, quindi con atleti che stanno ancora imparando e sbagliano molto, per accompagnare il loro apprendimento sicuramente funzionerà di più un apprendimento osservativo. 2. motorio (sviluppo della coordinazione fine): man mano viene perfezionato il gesto, gli errori sono lievi, la rappresentazione dell’azione è precisa e l’attenzione è poco distolta (sa quali sono gli stimoli salienti) e in questo caso funziona la scoperta guidata perché non serve far osservare dei movimenti. Come accompagnare la seconda fare con meno errori? La verbalizzazione dell’errore per prendere consapevolezza dei processi che hanno portato ad errore e cercando di capire le azioni attuate che hanno portato all’errore. Poi va diversificato il repertorio comportamentale perché la variabilità delle situazioni arricchisce il bagaglio soggettivo di esperienze. 3. autonomo (disponibilità variabile): il gesto

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