Psicologia- disturbi dello sviluppo 4.1 PDF

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This document discusses different paradigms used to investigate the development of infant memory, highlighting the role of visual recognition, operant conditioning, sucking, and toy play. It explores how memory progresses and differentiates across various stages of childhood development.

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Psicologia- disturbi dello sviluppo 4.1 È interessante notare come il paradigma del riconoscimento visivo, il condizionamento operante, il ritmo di suzione, il gioco della giostrina e quello del trenino siano utilizzati per indagare lo sviluppo della memoria in diverse fasi dello sviluppo infantile....

Psicologia- disturbi dello sviluppo 4.1 È interessante notare come il paradigma del riconoscimento visivo, il condizionamento operante, il ritmo di suzione, il gioco della giostrina e quello del trenino siano utilizzati per indagare lo sviluppo della memoria in diverse fasi dello sviluppo infantile. Il paradigma del riconoscimento visivo si concentra sulla preferenza e sulla situazione, evidenziando come maggiore sia l'intervallo di tempo tra la familiarizzazione e la fase di test, maggiore sarà l'oblio del bambino. Il paradigma del condizionamento operante viene utilizzato per studiare la memoria nei neonati, mentre il ritmo di suzione viene impiegato fin dalla nascita per valutare la memoria del neonato nel mantenere informazioni. Il gioco della giostrina e quello del trenino sono utilizzati in fasi successive dello sviluppo, consentendo di valutare la memoria e l'apprendimento nei bambini più grandi. Nel gioco della giostrina, il bambino impara a muovere il piede per attivare il movimento della giostrina, mentre nel gioco del trenino associa il movimento di una leva allo spostamento del trenino. In entrambi i casi, si studia la capacità del bambino di ricordare e ripetere il comportamento anche dopo un intervallo di tempo. È interessante notare come la velocità di immagazzinamento delle informazioni e la durata del ricordo aumentino con l'età. I bambini più grandi sono in grado di immagazzinare informazioni più rapidamente e ricordarle per periodi di tempo più lunghi rispetto ai neonati. Questo suggerisce un progresso nello sviluppo della memoria durante il primo anno di vita e oltre. È interessante notare anche come la memoria nei bambini si sviluppi in modo significativo durante i primi anni di vita, con miglioramenti sia nella durata del ricordo che nell'efficacia dei promemoria. La distinzione tra memoria implicita ed esplicita emerge già durante il primo anno di vita, con la memoria episodica e semantica che si sviluppano in parallelo. Si osserva che i bambini tendono a organizzare i ricordi in schemi o script che descrivono gli eventi, piuttosto che conservare dettagli specifici di singoli eventi. La memoria autobiografica, che riguarda gli eventi vissuti in prima persona, è parte della memoria episodica. Tuttavia, si verifica un fenomeno noto come "amnesia infantile", caratterizzato dalla scarsa memoria di esperienze vissute prima dei 2 anni di età e da ricordi meno frequenti tra i 2 e i 5 anni di età. Le cause di questo fenomeno sono variabili e potrebbero includere la breve durata delle informazioni memorizzate, la dipendenza dal contesto e una minore riflessione del bambino sui propri ricordi. Tuttavia, dai 2 anni in poi, le capacità della memoria autobiografica migliorano, in parte grazie allo sviluppo del linguaggio. I bambini iniziano anche a utilizzare strategie mnemoniche per migliorare le loro prestazioni di memoria, dimostrando un progresso significativo nell'organizzazione e nel recupero delle informazioni. Il modello di memoria di lavoro di Baddeley fornisce un quadro utile per comprendere lo sviluppo della memoria nei bambini, identificando quattro componenti chiave: l'esecutivo centrale, il loop fonologico, il taccuino visuo-spaziale e il Buffer episodico. Il loop fonologico è responsabile del mantenimento delle informazioni uditive e verbali per un breve periodo di tempo. È composto da un magazzino fonologico a breve termine e da un processo di ripetizione subvocalica che consente di mantenere viva la traccia mnemonica. Gli studi sui compiti di spam hanno dimostrato che la capacità di memoria fonologica dei bambini aumenta progressivamente con l'età, raggiungendo una capacità simile a quella degli adulti nell'adolescenza. Il taccuino visuo-spaziale, invece, gestisce le informazioni visive e spaziali. La capacità di memoria visiva dei bambini aumenta tra i 5 e gli 11 anni, sia grazie all'aumento della capacità del magazzino visivo sia all'adozione di strategie non visive per supportare il ricordo. L'esecutivo centrale coordina e controlla le attività di memoria di lavoro. Le prestazioni dei bambini nei compiti complessi aumentano tra i 6 e i 15 anni, poiché migliorano sia la memoria implicita che esplicita. L'uso sempre più astratto di script favorisce il passaggio da un'organizzazione episodica a una semantica. Le capacità di base, come la velocità di elaborazione e la memoria, migliorano tra i 5 e i 14 anni, insieme all'uso di strategie mnemoniche. Ad esempio, la reiterazione diventa evidente intorno ai 7 anni, mentre l'organizzazione del materiale in categorie con significato emerge intorno ai 9-10 anni. Nell'adolescenza, i ragazzi utilizzano la strategia dell'elaborazione, inserendo gli elementi da ricordare in una struttura dotata di significato, e l'efficacia di questa strategia aumenta con l'età. Le fasi dello sviluppo cognitivo individuate da Piaget forniscono un quadro utile per comprendere come i bambini sviluppano la loro conoscenza e la loro comprensione del mondo circostante durante i primi anni di vita. Nelle prime fasi, il bambino si basa su riflessi innati e acquisisce abitudini e reazioni circolari primarie, che consistono in movimenti semplici che coinvolgono uno o più organi. Queste prime azioni sono principalmente influenzate da meccanismi ereditari e non ancora dall'esperienza. Con il passare del tempo, le azioni del bambino iniziano ad avere effetti sul mondo esterno, e le reazioni circolari diventano via via più complesse. L'età fondamentale dell'intenzionalità completa si raggiunge intorno ai 10 mesi, quando il bambino mostra un intelligenza sensomotoria e inizia a consolidare la nozione di oggetto. Durante la fase di sperimentazione, che va dai 12 ai 18 mesi, il bambino esplora attivamente l'ambiente circostante, utilizzando tutti gli oggetti che trova per scoprire nuove relazioni e acquisire nuove nozioni di oggetto, spazio, tempo e causa. Infine, nell'ultimo stadio del periodo sensomotorio, che inizia intorno ai 18 mesi, il bambino inizia a utilizzare il pensiero simbolico, che gli consente di rappresentarsi oggetti e azioni non presenti fisicamente per risolvere problemi. Questo stadio modifica radicalmente le modalità di conoscenza della realtà del bambino e influisce sul suo sviluppo linguistico, emotivo, sociale e morale. Meriam Hassine Psicologia- disturbi dello sviluppo 4.2 Esperimenti come quelli condotti da Piaget sulla conservazione, sulla classificazione, sulla seriazione e sulla numerazione hanno evidenziato importanti limiti nel pensiero dei bambini di 5-6 anni. Questi esperimenti dimostrano che i bambini in questa fascia d'età non sono in grado di comprendere completamente concetti come la conservazione delle quantità, la classificazione corretta degli oggetti, la seriazione di elementi secondo un ordine specifico e i rapporti numerici. Ad esempio, nell'esperimento di conservazione dell'acqua, la maggior parte dei bambini non riconosce che la quantità di liquido rimane la stessa nonostante il cambiamento di forma del contenitore. Nell'esperimento di classificazione, i bambini tendono a fare errori nel contare e nel confrontare il numero di oggetti di diversi tipi. Nell'esperimento di seriazione, i bambini possono avere difficoltà nel mettere in ordine gli oggetti in base a una caratteristica specifica, specialmente se si aggiungono ulteriori elementi alla serie. Nell'esperimento di numerazione, i bambini possono fare fatica a riconoscere che il numero di oggetti rimane lo stesso anche quando vengono disposti in modo diverso. Tuttavia, intorno ai 6-7 anni, Piaget ha osservato un progresso significativo nel modo di pensare dei bambini. Questo progresso segna l'inizio di una nuova fase nello sviluppo cognitivo, durante la quale i bambini iniziano a sviluppare la capacità di condurre ragionamenti logicamente corretti senza la necessità di partire da esperienze specifiche. Questo tipo di pensiero formale è un importante traguardo nello sviluppo cognitivo dei bambini, e si manifesta approssimativamente nel periodo della scuola primaria. Piaget identificò diverse tendenze nel modo di pensare dei bambini rispetto agli adulti, tra cui l'egocentrismo, il realismo e il pensiero causale. L'egocentrismo si manifesta come la difficoltà dei bambini a considerare punti di vista diversi dal proprio. Questo può essere evidenziato dalla mancanza di consapevolezza del fatto che gli altri possano avere prospettive diverse dalle proprie. Con l'età, i bambini superano gradualmente questa difficoltà. Il realismo indica la tendenza dei bambini a dare più valore ai dati percettivi rispetto a quelli concettuali o rappresentativi. Essi tendono a considerare la realtà solo in base a ciò che è visibile e materiale. Uno dei prodotti del realismo e dell'egocentrismo è il pensiero precauzionale, nel quale il bambino vive il mondo interiore e quello esterno come una sola realtà. Questo può portare a credenze come l'animismo infantile, dove gli oggetti inanimati sono attribuiti con vita, intenzionalità e coscienza. L'animismo può essere suddiviso in varie fasi, durante le quali i bambini attribuiscono diversi livelli di vita e coscienza agli oggetti inanimati. Per esempio, tra i 6 e gli 8 anni, i bambini possono attribuire intenzionalità solo agli oggetti in movimento. Tra gli 8 e i 10 anni, iniziano a distinguere tra oggetti che si muovono per loro stessi e quelli che si muovono per azione esterna, mentre tra gli 11 e i 13 anni, le loro concezioni diventano più simili a quelle degli adulti. L'artificialismo è un'altra tendenza in cui i bambini tendono a pensare che alcuni elementi naturali siano stati creati dall'uomo. Queste tendenze sono influenzate da diversi fattori, tra cui il realismo, che porta i bambini a dare importanza alle trasformazioni visibili del corpo e non al passare del tempo in modo astratto. L'assenza di un pensiero preoperatorio reversibile impedisce loro di comprendere che il tempo trascorre indipendentemente dalle trasformazioni. Un'educazione più intensiva può accelerare il superamento di queste fasi secondo Piaget. Gli studiosi hanno ipotizzato che sia possibile accelerare lo sviluppo cognitivo dei bambini attraverso specifici meccanismi di sviluppo, ma è il bambino stesso che deve manipolare la realtà, sperimentare e creare conflitti cognitivi. Questi conflitti devono essere seguiti da una programmazione flessibile, adattabile alle caratteristiche del soggetto. Per quanto riguarda lo sviluppo delle conoscenze concettuali, il pensiero utilizza concetti per semplificare la vita, creando rappresentazioni mentali di categorie che consentono al soggetto di distinguere tra esemplari che appartengono a quella categoria e quelli che non vi appartengono. Questi concetti sono organizzati e collegati fra loro attraverso tre livelli gerarchici: basale, subordinato e superordinato. La metacognizione si riferisce ai processi di controllo che consentono di effettuare scelte strategiche cognitive, controllare l'esecuzione e valutare l'efficacia del proprio pensiero. Essa comprende le attività psichiche che presiedono al funzionamento cognitivo, alle conoscenze specifiche verbalizzabili e consapevoli che il soggetto ha su come avviene la conoscenza. Nella teoria della mente, si studia come controlliamo la conoscenza e lo sviluppo generale, ossia come facciamo a conoscere le conoscenze che abbiamo. Questa teoria si focalizza sulle credenze e i desideri che attribuiamo agli altri, consentendoci di comprendere le loro azioni attraverso ipotesi e teorie sulle cause mentali che le guidano. Tutti i bambini possiedono una teoria della mente prima di frequentare la scuola elementare. Le false credenze sono uno degli argomenti chiave nello studio della teoria della mente. È importante capire a quale età e in quali condizioni i bambini sono in grado di comprendere che gli altri possono avere credenze errate. Questo perché le loro azioni sono spesso guidate dalle credenze, anche se sbagliate, che hanno gli altri. Parlando di metacognizione, è possibile distinguere due tipi di approcci: uno orientato allo studio del controllo metacognitivo e un altro specificamente dedicato alla conoscenza del soggetto su come funzionano veramente i processi cognitivi. Secondo Borkoski, gli studenti che sono bravi nell'apprendimento e che possiedono una notevole metacognizione conoscono molte strategie utili all'apprendimento, comprendono come, quando e perché queste strategie siano utili. Essi scelgono saggiamente le strategie e sono intrinsecamente motivati, credono nell'impegno organizzato e vedono le prove come opportunità per imparare, apprezzando le diversità nel talento umano. Il controllo metacognitivo è collegato ad alcuni aspetti motivazionali, e sembra che le prime competenze in materia di memoria influenzino positivamente le prestazioni di memoria. Ulteriori ricerche hanno evidenziato che interventi che migliorano il controllo metacognitivo possono influenzare positivamente la capacità mnemonica dei bambini di età superiore ai 6 anni. Cornoldi e Vianello hanno condotto ricerche su soggetti con disabilità intellettive, evidenziando come sia possibile migliorare le prestazioni di memoria attraverso un training metacognitivo, purché l'età mentale del soggetto non sia troppo bassa. Questo tipo di training mira ad aumentare le conoscenze sul funzionamento della mente, esercitare il soggetto nell'uso di strategie di controllo tipiche della memoria di lavoro e potenziare un atteggiamento attribuzionale che valorizzi il ruolo dell'impegno, associando il training metacognitivo al training di memoria. Le ricerche condotte dall'Università di Padova hanno approfondito lo sviluppo della conoscenza relativa al funzionamento della mente utilizzando metodi piagetiani. È emerso che i bambini dai 4 ai 6 anni riflettono sul funzionamento della mente, concentrandosi sugli stimoli esterni o su ciò che bisogna fare al momento della codifica. Dai 6 agli 8 anni, le conoscenze si ampliano sia quantitativamente che qualitativamente, emergendo una comprensione di ciò che accade dopo la codifica all'interno della mente. Dai 8 ai 10 anni, si osservano comportamenti di metaconoscenza e ulteriori progressi sia quantitativi che qualitativi, con una maggiore consapevolezza degli aspetti energetici sottostanti ai processi cognitivi. Meriam Hassine Psicologia- disturbi dello sviluppo 4.3 Lo sviluppo del disegno infantile è un processo interessante che inizia già intorno ai 2 anni, quando i bambini iniziano a scarabocchiare e attribuire un qualche significato ai loro tratti. Luquet ha distinto due concetti importanti: il realismo fortuito e il realismo mancato. Nel realismo fortuito, i risultati ottenuti non sono il frutto di una intenzionalità iniziale, ma piuttosto di una scoperta successiva, mentre nel realismo mancato il bambino cerca di rappresentare qualcosa, ma spesso le sue intenzioni superano i risultati ottenuti. Tra i 4 e i 6 anni, i bambini iniziano a disegnare con maggiore fiducia, rappresentando le cose che hanno imparato a fare bene. La figura umana diventa la base del disegno, con una testa rappresentata da un cerchio e dettagli come gli occhi e la bocca, e braccia e gambe disegnate direttamente dal cerchio. Questo è dovuto alla limitata capacità della memoria di lavoro, che rende difficile per il bambino tenere conto di tutte le parti da includere nel disegno. A 4-5 anni, la figura umana rimane la base, ma vengono aggiunti elementi di sfondo. Si distinguono due fasi: una prima fase in cui le persone e gli oggetti sono rappresentati ciascuno per proprio conto e una seconda fase in cui viene creato uno sfondo vero e proprio. Tuttavia, le proporzioni e le dimensioni non sono rispettate, e i personaggi spesso sono rivolti frontalmente. A 6-7 anni, compare il realismo infantile, con una maggiore attenzione allo sfondo e ai soggetti basati sulle conoscenze del bambino. Si iniziano a fare tentativi di rappresentare la prospettiva, ad esempio con oggetti come treni sulle rotaie. A 8-9 anni, compare il realismo visivo, con tentativi più accurati di rappresentare la realtà e il movimento delle persone. A 11-12 anni, c'è una maggiore attenzione alla prospettiva e un aumento dell'interesse per gli aspetti decorativi. Tuttavia, alcuni ragazzi potrebbero valutare le proprie capacità in modo negativo, smettendo di disegnare se ritengono di non essere portati per questa attività. Bombi e Fabritiis hanno contribuito significativamente allo studio del disegno infantile, sottolineando che il bambino comprende a livello esecutivo, ma non necessariamente cosciente, che il disegno è un'attività che si svolge in un contesto di comunicazione con gli altri attraverso mezzi simbolici. Disegnare, quindi, implica l'accettazione di convenzioni culturali e sociali, e la creatività non risiede solo nella produzione di qualcosa di originale per il soggetto, ma anche nell'interpretazione e nell'adattamento di queste convenzioni. I processi cognitivi coinvolti nel disegno includono la rappresentazione mentale della realtà, la progettazione, l'esecuzione, il monitoraggio, il controllo e la valutazione, con la possibilità di nuove e originali espressioni. Passando allo sviluppo della lettura e della scrittura, è possibile distinguere diversi modelli. Il modello adulto di lettura comprende tre modalità: l'analisi visiva delle parole, la ricerca di significato attraverso il magazzino semantico, e l'applicazione delle regole di trasformazione grafema-fonema. Questo modello prevede che, se le regole di trasformazione applicate non sono adeguate per una parola, il soggetto potrebbe leggerla senza comprenderne il significato o pronunciarla scorrettamente. Tuttavia, risalendo prima al magazzino semantico e poi a quello fonologico, è possibile riconoscere correttamente il significato e la pronuncia delle parole. Il modello di apprendimento della lettura e della scrittura proposto da Seymour e Frith si concentra sulla comprensione dei processi cognitivi coinvolti nell'apprendimento di queste abilità. Infine, il modello di processi di scrittura esplora come i bambini imparano a scrivere, evidenziando l'importanza delle abilità motorie, della memoria di lavoro e dell'attenzione nella produzione scritta. Il modello proposto da Seymour e Frith per lo sviluppo della lettura e della scrittura suggerisce che i bambini attraversano diversi stadi. Inizialmente, c'è lo stadio logografico, dove il bambino legge o scrive parole in modo globale, senza riconoscere i componenti fonetici delle parole. Successivamente, si passa allo stadio alfabetico, dove il bambino applica le regole di trasformazione grafema-fonema. Se questo stadio viene saltato, potrebbe svilupparsi una dislessia fonologica, caratterizzata da difficoltà nelle regole di conversione grafema-fonema. Dopo lo stadio alfabetico, si raggiunge lo stadio ortografico, dove il bambino permette sia la lettura attraverso la via fonologica che l'uso di memorie lessicali. Una dislessia superficiale o morfo-lessicale può verificarsi se il soggetto ha difficoltà nelle regole di conversione grafema-fonema e dipende fortemente dalla capacità di utilizzare magazzini semantici e fonologici. Infine, si arriva allo stadio lessicale, dove la lettura o la scrittura delle parole avviene in modo globale, senza il bisogno di applicare le regole di trasformazione grafema- fonema. Secondo Cornoldi e De Beni, la comprensione del testo coinvolge due processi fondamentali: la comprensione dal basso verso l'alto e la comprensione dall'alto verso il basso. La comprensione dal basso verso l'alto consiste nel mettere in relazione l'informazione nuova con le conoscenze preesistenti attraverso un'analisi guidata dei dati, mentre la comprensione dall'alto verso il basso implica mettere in relazione l'informazione nuova con le conoscenze preesistenti attraverso un'analisi guidata dal testo stesso. nel modello di processi di scrittura, si distinguono tre fasi: progettazione, trascrizione e revisione. Durante la progettazione, l'individuo genera idee da comunicare utilizzando le informazioni memorizzate nella memoria a lungo termine. Nella fase di trascrizione, si decide come trasporre le idee in forma scritta, mentre nella fase di revisione si controlla e si corregge il testo. Queste fasi sono accompagnate dalla funzione di monitoraggio, che consente il confronto tra le fasi di progettazione, trascrizione e revisione in corso. Gelman e Gallistel hanno proposto tre principi fondamentali che guidano il processo di conteggio: il principio di corrispondenza 1-1, il principio dell'ordine stabile e il principio della cardinalità. Questi principi indicano come il conteggio avvenga attraverso l'attribuzione di numeri a oggetti in un insieme. Altri principi, come il principio di trazione e il principio di indifferenza, indicano le regole che guidano il conteggio, come la possibilità di iniziare da qualsiasi oggetto o di contare gli oggetti in qualsiasi ordine. Le due principali posizioni sull'acquisizione delle abilità numeriche sono l'innatismo di Gelman, che suggerisce che i bambini imparino a contare in modo limitato e poi estraggono i principi sottostanti, e il costruttivismo di Siegler, che ritiene che il bambino impari a contare in modo parziale e poi estragga i principi sottostanti attraverso l'esperienza e l'apprendimento. Gli esperimenti condotti da Gelman e altri autori hanno dimostrato che i bambini già da piccoli confrontano insiemi di oggetti per valutare la numerosità. Ad esempio, in un esperimento con topolini disposti su piatti di una bilancia, i bambini fra i 3 e i 6 anni hanno dimostrato di riconoscere quale insieme fosse più numeroso anche senza basarsi sulla lunghezza o densità dei topolini, ma semplicemente contando fino a tre e confrontando i gruppi. Altri esperimenti hanno dimostrato che i bambini mostrano una comprensione del concetto di numero già a quattro mesi, discriminando tra insiemi di oggetti di diverse grandezze. L'intervento scolastico è cruciale per lo sviluppo delle abilità numeriche, con l'insegnamento delle operazioni matematiche fondamentali che inizia già dai sei anni e si intensifica fino agli 11 anni, introducendo concetti come le operazioni, le decine, le frazioni e le operazioni con i decimali. Le ricerche hanno anche evidenziato le strategie utilizzate dai bambini durante le operazioni matematiche già durante la scuola elementare. La teoria della differenziazione suggerisce che i neonati mostrano solo uno stato generale di eccitazione o calma, e che la differenziazione emotiva avviene gradualmente grazie allo sviluppo affettivo e cognitivo. Questa teoria ipotizza sei diversi stadi per i primi 18 mesi di vita. Nel primo mese di vita, durante il primo stadio, si osservano reazioni come il sorriso endogeno, il trasalimento e il dolore, che non sono ancora considerate emozioni vere e proprie, ma precursori di esse. Nel secondo stadio, fino ai tre mesi, si sviluppano precursori delle emozioni. A partire dai tre mesi, nel terzo stadio, emergono emozioni vere e proprie come il piacere, la rabbia, il disappunto e la circospezione. Nel quarto stadio c'è una consapevolezza più acuta delle emozioni, mentre nel quinto stadio si manifesta l'attaccamento e compaiono emozioni più complesse. Infine, nel sesto stadio, si verifica una sperimentazione più attiva delle emozioni. Dopo i 18 mesi, compaiono altre emozioni come l'affetto per se stessi, la vergogna, l'orgoglio e l'amore, evidenziando una maggiore complessità nell'esperienza emotiva del bambino. Meriam Hassine Psicologia- disturbi dello sviluppo 4.4 La teoria differenziale si differenzia dalla teoria della differenziazione per l'importanza attribuita alle componenti innate, specialmente per quanto riguarda le emozioni primarie, che sono considerate universalmente predeterminate e compaiono quando assumono un valore adattivo. Secondo Izard, ci sono tre livelli di sviluppo emotivo. Il primo livello, che va fino ai due-tre mesi di vita, è caratterizzato da esperienze sensoriali-affettive, in cui l'espressione delle emozioni serve a comunicare i bisogni e a stabilire l'attaccamento con la madre. Nel secondo livello, intorno al terzo o quarto mese di vita, si verificano processi percettivo- affettivi, con una maggiore attenzione al mondo esterno e l'espressione di emozioni come la gioia, la sorpresa, la paura e la rabbia. Al terzo livello, intorno ai nove mesi, si sviluppano processi cognitivo-affettivi e emerge una consapevolezza più marcata di sé stessi. Gli studiosi non sono concordi sui tempi precisi di comparsa delle emozioni, ma ci sono alcuni punti di convergenza. Per esempio, il sorriso endogeno, il trasalimento e lo sconforto sono presenti fin dalla nascita, mentre il sorriso al volto umano, noto come sorriso sociale, appare attorno al secondo o terzo mese di vita. Altre emozioni come la gioia, la rabbia, la paura e la tristezza si sviluppano tra i tre e i nove mesi di vita, mentre emozioni più complesse come la colpa e il disprezzo emergono dopo il primo anno di vita. Le emozioni sociali, che coinvolgono una consapevolezza di sé e degli altri, compaiono intorno al secondo anno di vita, insieme a sentimenti come la gelosia, l'imbarazzo e l'invidia. La competenza emotiva comprende la consapevolezza dei propri stati emotivi, il riconoscimento delle emozioni altrui e la capacità di gestire e regolare le proprie emozioni. La comprensione delle emozioni altrui emerge precocemente nei bambini, con evidenze che mostrano una sensibilità alle espressioni emotive delle madri già a dieci settimane di vita. Con il passare del tempo, i bambini sviluppano una comprensione sempre più sofisticata delle emozioni altrui, che li porta a essere in grado di consolare gli altri e a considerare le diverse prospettive emotive delle persone in situazioni diverse. La regolazione emotiva è la capacità di controllare o attenuare il proprio stato emotivo per adattarsi alle situazioni sociali. I neonati dipendono dagli stimoli esterni per regolare le proprie emozioni, ma con il tempo iniziano a sviluppare capacità di autoregolazione. Questo processo inizia verso gli otto-nove mesi di età e comporta diverse forme di controllo emotivo, che includono il controllo del corpo, l'espressione emotiva e la gestione del tempo delle reazioni emotive. È interessante notare come i bambini sviluppino la capacità di mascherare le proprie emozioni fin da molto giovani, iniziando già a tre anni e diventando sempre più abili nel controllo emotivo intorno ai sei anni. Questo suggerisce che la consapevolezza e il controllo delle emozioni sono abilità che si sviluppano precocemente nel corso dello sviluppo. Le teorie di Plutchik e Darwin offrono prospettive complementari sull'emozione. Secondo Plutchik, l'emozione è una catena di eventi complessi che comprende la percezione dello stimolo, la valutazione cognitiva, l'esperienza soggettiva, l'eccitazione fisiologica e infine il comportamento manifestato. Questo modello evidenzia l'interconnessione tra i processi mentali, fisiologici e comportamentali che caratterizzano le emozioni. Darwin, d'altra parte, sottolinea il ruolo adattivo delle emozioni nel permettere una reazione rapida agli stimoli ambientali. Le sue ipotesi riguardano anche la base innata delle emozioni e la capacità di riconoscere le espressioni facciali delle emozioni, suggerendo che queste capacità siano parte del patrimonio biologico umano. Le emozioni possono essere considerate un linguaggio attraverso il quale comunichiamo con gli altri e con noi stessi. La classificazione delle emozioni in primarie e secondarie riflette la loro importanza evolutiva e la complessità delle nostre risposte emotive. Le emozioni primarie, come la paura, la gioia, la rabbia, la tristezza, la sorpresa, l'interesse e il disgusto, sono universali e condivise tra le culture umane, mentre le emozioni secondarie, come la gelosia, l'imbarazzo, l'orgoglio, la vergogna e il senso di colpa, richiedono una certa capacità cognitiva e sociale per emergere. Questa distinzione suggerisce che le emozioni sono un aspetto fondamentale dell'esperienza umana e della nostra capacità di comprendere e interagire con il mondo che ci circonda. L'approccio di Bowlby allo sviluppo dell'attaccamento evidenzia l'importanza fondamentale del legame tra il bambino e il caregiver primario, di solito la madre. Tuttavia, è stato criticato per aver enfatizzato troppo il ruolo della figura materna e per aver trascurato l'importanza di altri caregiver nella vita del bambino, come il padre o i nonni. Inoltre, alcuni hanno contestato l'idea che il legame di attaccamento sia il prototipo di tutte le relazioni affettive e sociali future, sottolineando invece la complessità e la diversità delle relazioni umane. Nelle prime fasi dello sviluppo, l'interazione tra il bambino e i genitori è cruciale per fornire protezione, sicurezza e supporto emotivo al bambino. Questo coinvolge non solo il sostentamento materiale, ma anche la creazione di un ambiente emotivamente sicuro in cui il bambino possa esplorare e interagire con il mondo circostante. Dal punto di vista dell'interazione, emergono importanti capacità sociali nei primi mesi di vita, come la regolazione dell'attenzione congiunta e la sensibilità alle interazioni faccia a faccia. Queste interazioni piacevoli non solo promuovono il legame tra il bambino e il caregiver, ma contribuiscono anche allo sviluppo delle abilità sociali del bambino. Verso i cinque-sei mesi, l'interazione si amplia ulteriormente con l'attenzione del bambino verso gli oggetti manipolati e l'ambiente circostante. In questa fase, emerge una relazione asimmetrica tra il bambino e l'adulto, poiché il caregiver guida l'interazione e fornisce supporto al bambino nel suo esplorare il mondo. Questo equilibrio di guida e supporto è essenziale per facilitare lo sviluppo sociale ed emotivo del bambino e per promuovere un attaccamento sicuro e salutare. Le interazioni tra il bambino e il caregiver diventano sempre più ricche e complesse tra gli 8 e i 10 mesi, basate sulla reciprocità e sull'intenzionalità. Durante questo periodo, il bambino inizia a manifestare la paura degli estranei e dimostra di riconoscere e distinguere persone diverse da quelle familiari. Si sviluppa anche il legame di attaccamento con più persone, sebbene il legame con il padre diventi più evidente intorno ai 16 mesi. Tra gli 8 e i 10 mesi, le interazioni diventano più simmetriche e il bambino acquisisce il concetto di dialogo, comprendendo la reciprocità e l'intenzionalità. La reciprocità si riferisce alla consapevolezza che un dialogo deve coinvolgere entrambi i partner e che i ruoli possono essere integrati e intercambiabili. L'intenzionalità conferisce al comportamento infantile una caratteristica distintiva, con il bambino che dimostra interesse verso gli altri coetanei come esseri distinti dagli adulti. Tra i 2 e i 3 anni, il linguaggio assume un ruolo fondamentale nelle interazioni sociali, diventando un veicolo primario di interazione. Durante questo periodo, i bambini dimostrano una maggiore autonomia rispetto agli adulti e le relazioni con i coetanei si manifestano attraverso interazioni speculari, sebbene meno coordinate rispetto alle interazioni con gli adulti. Le interazioni con i pari sono spesso brevi, isolate e passive, con i bambini che si imitano a vicenda come se fossero di fronte a uno specchio. Tuttavia, con il tempo, aumentano le interazioni attraverso gli oggetti e iniziano a emergere le prime forme di interrogazioni complementari reciproche, dove i bambini ordinano le azioni in modo primitivo ma sempre più coordinato. Meriam Hassine Psicologia- disturbi dello sviluppo 4.5 Durante il periodo dai 3 ai 6 anni, si osserva un esplosione delle competenze sociali del bambino, sia nell'interazione con i genitori che con i pari. Riguardo alla relazione con i genitori, si nota un aumento progressivo dell'imitazione e della comprensione dei diversi ruoli sociali, evidenziato soprattutto nei giochi di finzione in cui il bambino assume ruoli diversi. Questi giochi sono divertenti per il bambino poiché gli permettono di sperimentare ruoli diversi e di comprendere meglio il mondo che lo circonda. Intorno ai 3-4 anni, il bambino inizia a comprendere che parlare con un adulto e parlare con un coetaneo richiedono adattamenti diversi in termini di lessico e formulazione linguistica. Inoltre, il bambino trascorre sempre più tempo con i coetanei, sperimentando ruoli complementari e dando vita alle prime amicizie concrete, basate sul giocare insieme e condividere interessi e azioni comuni. Nella relazione con i fratelli, si osserva che essi diventano dei partner relazionali significativi per il bambino. I fratelli partecipano e contribuiscono al sistema familiare e, a differenza dei genitori, instaurano relazioni più orizzontali con il bambino. Questo porta a interazioni sia positive che conflittuali, caratterizzate da una forte connotazione affettiva e da una costante alternanza tra micro-conflitti e momenti di vicinanza affettiva e gioco. Tra i 6 e gli 11 anni, il bambino acquisisce una maggiore comprensione delle competenze sociali riguardo agli adulti. Inizia a comprendere l'autorità degli adulti in maniera più critica e sviluppa una progressiva comprensione del loro ruolo nel gestire le regole. Per quanto riguarda i coetanei, il gioco diventa un momento fondamentale di sviluppo sociale, con l'instaurarsi di nuovi giochi e regole che permettono al bambino di esercitarsi nella competizione e nella cooperazione. Il concetto di amicizia assume un valore emozionale più profondo, con l'amico visto come una persona in grado di aiutare in caso di bisogno. Il comportamento prosociale, caratterizzato da azioni di aiuto, condivisione e conforto verso gli altri, mostra i suoi precursori fin dalla nascita con l'emergere del concetto di empatia globale. Nei primi anni di vita, intorno al secondo anno, si manifestano i primi comportamenti prosociali con i tentativi di prendersi cura degli altri, come ad esempio cercare di confortare una persona triste. Durante l'età prescolare, lo sviluppo della prosocialità viene incoraggiato dall'invito a mettersi nei panni degli altri, portando all'emergere di comportamenti di aiuto e condivisione, sia a livello materiale che emotivo. Nel corso dello sviluppo, questi comportamenti diventano sempre più sofisticati e adattati al contesto. D'altra parte, il comportamento aggressivo è volto a infliggere danni agli altri. Già nei primi anni di vita, si osservano precursori di comportamenti aggressivi come la rabbia manifestata verso oggetti o persone. Durante l'età prescolare, emergono le prime aggressioni fisiche e verbali intenzionali. Alla scuola primaria, compaiono anche forme di aggressione indiretta come il pettegolezzo e l'esclusione dal gruppo. Passando allo sviluppo della comunicazione verbale e non verbale, possiamo individuare diversi segnali non verbali che contribuiscono alla comunicazione sociale, come il contatto fisico, la vicinanza, l'orientamento, l'aspetto esteriore, la postura, i gesti, lo sguardo e altri aspetti non linguistici del parlato. Questi segnali possono essere suddivisi in categorie che riguardano il controllo della situazione sociale, il sostegno della comunicazione verbale e la sostituzione dell'eloquio. Inoltre, il linguaggio verbale presenta caratteristiche peculiari, come l'uso del canale uditivo, la possibilità di localizzare la fonte del suono, la sua temporaneità, la reciprocità, la specializzazione, l'arbitrarietà, la discrezione e la capacità di creare messaggi nuovi e creativi. Le funzioni del linguaggio verbale includono l'espressione, la comunicazione, la regolazione del comportamento, l'autoregolazione e la funzione cognitiva che favorisce l'analisi, la sintesi, l'astrazione e la ristrutturazione del pensiero. È interessante notare come diversi approcci teorici abbiano contribuito alla comprensione dello sviluppo linguistico nei bambini. L'approccio ambientalista di Skinner, ad esempio, ha sottolineato l'importanza dell'imitazione e dell'associazione stimolo-risposta nel processo di apprendimento del linguaggio. Al contrario, Chomsky ha avanzato l'idea innatista secondo cui ogni individuo possiede un'innata capacità di acquisire linguaggio, consentendo ai bambini di produrre e comprendere frasi complesse che non hanno mai udito prima. L'orientamento interattivo cognitivista, invece, considera non solo il linguaggio in sé, ma anche l'interazione linguistica tra il bambino e l'adulto, concentrandosi sugli aspetti pragmatici e sugli obiettivi che le persone cercano di raggiungere attraverso il linguaggio. L'approccio della trasmissione culturale, infine, riconosce sia il ruolo delle componenti innate che quello dell'interazione con l'ambiente sociale e culturale. Nel primo anno di vita, i segnali emessi dai bambini possono essere espressioni di bisogni senza uno scopo comunicativo chiaro. Gli adulti devono interpretare tali segnali per capire se indicano un disagio o un benessere. Intorno agli 8-9 mesi, i comportamenti dei bambini diventano più facilmente interpretabili, e intorno agli 11-12 mesi possono manifestare comportamenti comunicativi consapevoli e intenzionali. Le prime interazioni linguistiche del bambino includono richieste e dichiarazioni. Le richieste mostrano che il bambino ha uno scopo e sa come attivare l'adulto, utilizzando gesti come l'indicazione e la vocalizzazione. La comprensione linguistica del bambino inizia con il sorriso e i suoni, poi passa alla fissazione della persona che parla e all'aumento della produzione verbale. Intorno ai 9 mesi, il bambino può indicare oggetti, e intorno ai 12 mesi può iniziare a comprendere frasi più complesse. La produzione linguistica del bambino attraversa diverse fasi, dalle prime vocalizzazioni al rapido sviluppo del vocabolario e della comprensione semantica. Le vocalizzazioni del bambino iniziano con il pianto, che è presente sin dalla nascita e funge da segnale di bisogno. Intorno al secondo mese di vita, il bambino inizia a emettere vocalizzazioni vere e proprie, indipendenti dal pianto, grazie ai processi maturativi. Anche se non sono intenzionali, questi suoni hanno una funzione comunicativa, come suggerito da Volterra, Camaioni e Bates. Le prime vocalizzazioni sono seguite dalle lallazioni, che possono essere divise in due fasi. Nella prima fase, compaiono cantilene e primi collegamenti tra consonanti e vocali. Nella seconda fase, il bambino produce sillabe più complesse e ripete suoni vocalici e consonantici, dando vita alla cosiddetta lallazione canonica o ripetuta. Tra gli 8 e i 17 mesi, la maggior parte dei bambini inizia a produrre le prime parole, passando dalle lallazioni alla produzione lessicale. Le prime parole sono associate a oggetti o persone specifiche e rappresentano un significato preciso. Intorno ai 18 mesi, il bambino espande rapidamente il suo vocabolario, con l'esplosione del vocabolario, e inizia a utilizzare i primi verbi riferiti ad azioni chiaramente percepibili. Nel corso del secondo anno di vita, il bambino inizia a comprendere il significato di frasi più complesse e a costruire un sistema fonologico, producendo fonemi che si differenziano sempre più sottilmente tra di loro. Lo sviluppo semantico vede il bambino affrontare la sottoestensione, in cui una parola viene usata per un solo elemento, e la sovraestensione semantica, in cui una parola viene usata per definire più realtà. Queste fasi mostrano il rapido sviluppo delle capacità linguistiche del bambino nei primi anni di vita. Meriam Hassine Psicologia- disturbi dello sviluppo 4.6 Il secondo anno di vita del bambino è caratterizzato da importanti progressi nel suo sviluppo linguistico. Inizialmente, il bambino produce pochi fonemi ma molte parole, con fonemi italiani precoci come M, P, B, T, N e fonemi tardivi come R, F, S, TS, DZ. Le prime parole sono spesso composte da una sillaba del tipo consonante-vocale, come "mamma" e "papà", per poi evolversi in parole più complesse con tre sillabe. Intorno ai 18 mesi, il bambino inizia a produrre le prime frasi di due parole, utilizzando la fusione simbolica e manifestando intelligenza rappresentativa, gioco simbolico e imitazione differita. Le prime frasi sono collegate a certi oggetti o aspetti di una situazione e il bambino mostra interesse nel sapere il nome di nuovi oggetti, comprendendo l'importanza dei nomi nella sua interazione con il mondo. Dopo i 2 anni, il bambino affronta il compito di imparare le regole morfologiche, come la formazione del maschile e femminile, del singolare e plurale, e la coniugazione dei verbi. Fino ai 3 anni, il bambino ha una percezione del discorso degli adulti e segue istruzioni verbalmente date. A 4-5 anni, il bambino è in grado di articolare la maggior parte dei suoni della propria lingua, con alcune eccezioni. Durante questi anni, il bambino continua a fare progressi sia nel sviluppo morfologico che sintattico. Inizia a produrre frasi sempre più lunghe e articolate, seguendo regole proprie del linguaggio infantile e influenzato anche dall'ambiente culturale circostante. A 6 anni, di solito, il bambino conosce circa mille parole, dimostrando un notevole sviluppo del suo vocabolario e delle sue capacità linguistiche. Piaget ha suddiviso lo sviluppo morale del bambino in tre fasi distintive. La prima è l'anomia, in cui i bambini non hanno ancora una chiara comprensione delle regole morali e tendono a valutare le situazioni in base alle conseguenze esterne piuttosto che alle intenzioni. Ad esempio, considerano più grave un danno materiale causato da un'azione ben intenzionata rispetto a un danno minore causato da un'azione malevola. La seconda fase è la morale eteronoma, in cui i bambini associamo la bugia alla verità del contenuto piuttosto che all'intenzione di ingannare. In questa fase, i bambini temono le punizioni e i giudizi morali sono influenzati dall'autorità degli adulti, considerando le regole morali giuste perché imposte da figure di autorità. Infine, nella terza fase, la morale autonoma, i bambini iniziano a distinguere tra giustizia retributiva e giustizia distributiva. La giustizia retributiva riguarda la proporzione tra l'atto commesso e la punizione o ricompensa, mentre la giustizia distributiva riguarda la distribuzione equa delle risorse tra le persone. I bambini in questa fase iniziano a comprendere l'importanza delle intenzioni e le sanzioni sono collegate logicamente all'atto commesso. Ad esempio, se una persona dice bugie, gli altri potrebbero non credere più a loro. Inoltre, i bambini considerano principi di uguaglianza ed equità nella distribuzione delle risorse, che diventano più evidenti dopo i 12 anni. Nel periodo del realismo morale, che va fino ai 6-7 anni, il bambino adotta una morale eteronoma, dove i principi morali sono validi solo perché promossi dall'autorità. Le regole sono percepite come imposte dagli adulti, e il bambino le rispetta principalmente per evitare le sanzioni. In questa fase, il bambino considera la menzogna come un comportamento sbagliato principalmente in base a quanto si allontana dalla realtà, non tanto dalle intenzioni di chi mente. Si basa sulla logica della Costituzione, dove l'adulto impone le regole e il bambino le segue senza necessariamente comprendere il motivo, agendo per dovere. Nel periodo del relativismo morale, che si estende dagli 8 ai 9 anni, il bambino inizia a considerare le regole come frutto di un consenso reciproco e modificabili. Pur continuando a seguire una morale eteronoma, il bambino inizia a comprendere che le regole sono giuste non solo perché imposte dagli adulti, ma perché funzionali sia per sé che per gli altri. La menzogna è considerata moralmente sbagliata non solo per il suo impatto sulla realtà, ma anche perché danneggia la fiducia reciproca e i rapporti interpersonali. Il bambino inizia a sviluppare concetti di rispetto e giustizia, basandosi sulle leggi della cooperazione e sull'obiettività nel giudicare gli altri e le loro azioni. La teoria di Kohlberg sullo sviluppo morale individua tre livelli che si sviluppano dall'infanzia all'età adulta, ognuno dei quali comprende due stadi. Il primo livello è quello preconvenzionale, in cui il bambino è influenzato principalmente da punizioni e ricompense. Nel primo stadio, il bambino considera un'azione giusta se evita la punizione, dimostrando un rispetto totale per l'autorità. Nel secondo stadio, l'azione giusta è quella che soddisfa le proprie esigenze individuali, occasionalmente tenendo conto delle esigenze degli altri in modo pragmatico e materialistico. Il secondo livello è quello convenzionale, simile alla morale autonoma di Piaget. Qui il bambino cerca di soddisfare le aspettative e rispettare le regole del gruppo di appartenenza, come la famiglia, la nazione o il gruppo di amici. Nel terzo stadio di questa fase, il bambino si sforza di aderire allo stereotipo del "bravo bambino", cercando di comportarsi in modo che piaccia agli altri e sia di aiuto, dimostrando una sensibilità alle buone intenzioni. Il terzo livello è quello post-convenzionale, che pochi raggiungono nell'età adulta. Nel quinto stadio, l'azione giusta è definita in termini di diritti universali e principi accettati dalla società, con una consapevolezza dei valori personali e delle opinioni. Nel sesto stadio, l'individuo si basa sui principi etici autodeterminati e sull'universalità, utilizzando un ragionamento basato sull'intelligenza logica e sulla coerenza. Le ricerche condotte su varie culture confermano che, sebbene l'età in cui i soggetti raggiungono ciascun stadio possa variare, la sequenza di stadi è generalmente la stessa. Meriam Hassine Psicologia- disturbi dello sviluppo 4.7 Le ricerche di Damon sullo sviluppo delle conoscenze sulla giustizia distributiva positiva hanno evidenziato diversi criteri che i bambini utilizzano per distribuire i beni e i premi tra pari. Questi criteri includono il merito, l'uguaglianza e la benevolenza. Il merito si riferisce all'idea che coloro che sono più bravi o che si sforzano di più meritano di ricevere di più. L'uguaglianza sostiene che ogni individuo dovrebbe ricevere la stessa parte, mentre la benevolenza tiene conto delle circostanze specifiche per evitare di penalizzare coloro che sono svantaggiati per qualche motivo. Attraverso racconti critici e interviste, Damon ha identificato diversi livelli di sviluppo nel ragionamento dei bambini sulla giustizia distributiva positiva. A 4 anni, i bambini sono principalmente orientati dai loro desideri personali. A 5 anni, iniziano a comprendere che le persone diverse hanno desideri diversi e che non è sufficiente volere qualcosa per giustificare una scelta a proprio vantaggio. A 6-7 anni, basano i loro giudizi sul principio dell'uguaglianza, mentre dai 8-9 anni includono il criterio della benevolenza e il concetto di compromesso nelle loro valutazioni di giustizia. Le ricerche di Damon hanno rivelato che i bambini sono più precoci nel loro sviluppo morale rispetto a quanto suggerito dalla teoria di Piaget. Inoltre, ha confermato che lo sviluppo della conoscenza sulla giustizia distributiva positiva, insieme alla comprensione dell'autorità tra pari e delle autorità genitoriali, si sviluppa in parallelo. Damon ha anche evidenziato una relazione più forte tra i giudizi sulla giustizia positiva e quelli sull'autorità tra pari rispetto alle autorità genitoriali. Passando alla teoria di Turiel, egli distingue fin dalle prime fasi di sviluppo tra esperienza morale ed esperienza convenzionale. Nel dominio morale, le azioni hanno conseguenze intrinseche sul benessere delle altre persone, indipendentemente dalle regole sociali. La moralità è basata sui concetti di danno, benessere e giustizia, e le regole morali sono considerate assolute, indipendentemente dal contesto. i comportamenti nei Domini Convenzionali implicano conseguenze interpersonali che non sono intrinseche alle azioni stesse, ma dipendono dalle norme sociali stabilite all'interno di un gruppo. Le regole convenzionali, sebbene possano essere arbitrarie, sono importanti per l'organizzazione e il funzionamento del gruppo sociale. Per distinguere tra moralità e convenzione sociale, diversi criteri vengono presi in considerazione. La generalità della regola morale si riferisce alla sua validità in diversi contesti sociali, mentre l'obiettività morale valuta se gli individui sono considerati obbligati ad aderire a determinate azioni o regole. L'indipendenza dalle regole e dalle autorità viene esaminata osservando se i comportamenti sarebbero considerati sbagliati anche in assenza di regole o se le autorità non sapessero della violazione delle regole. Le giustificazioni date dai bambini per distinguere tra i due domini possono essere divise in giustificazioni morali e socio-convenzionali. Le giustificazioni morali riguardano le conseguenze intrinseche dei comportamenti sul benessere degli altri, inclusi concetti come giustizia, diritti e obblighi. Le giustificazioni socio-convenzionali, d'altra parte, riguardano l'autorità, le aspettative sociali e le regole organizzative dell'ordine sociale. Queste distinzioni aiutano i bambini a comprendere e navigare il complesso panorama delle interazioni sociali e morali. La teoria socio-cognitiva di Bandura fornisce un'analisi dettagliata dei processi mentali e comportamentali coinvolti nella moralità. Bandura distingue tra pensiero morale e azione morale, sottolineando l'importanza dell'interiorizzazione delle norme morali da parte del bambino e dei meccanismi che mediando tra i principi morali interiorizzati e la condotta effettiva. Gli otto meccanismi di disimpegno morale identificati da Bandura servono da ponte tra i principi morali e la condotta non coerente con tali principi. Nel primo tipo di meccanismi, come la giustificazione morale della condotta, l'etichettamento eufemistico e il confronto vantaggioso, si cerca di rendere accettabile o addirittura desiderabile una condotta immorale attraverso la manipolazione del suo significato o il suo confronto con comportamenti ancora più negativi.Il secondo tipo di meccanismi ridimensiona o distorce la relazione causale tra l'attore, l'azione e le sue conseguenze. Il dislocamento di responsabilità, la diffusione di responsabilità e la distorsione delle conseguenze sono esempi di questo tipo di meccanismi, che cercano di ridurre il senso di responsabilità dell'individuo per le proprie azioni. Infine, il terzo tipo di meccanismi si concentra sui destinatari delle azioni morali, influenzando la percezione della vittima da parte dell'attore. La deumanizzazione della vittima e l'attribuzione di colpa sono esempi di come questi meccanismi possano influenzare la percezione della moralità dell'azione. La disumanizzazione della vittima e l'attribuzione di colpa sono due meccanismi che possono influenzare la percezione morale dell'azione negativa da parte dell'attore. Nel primo caso, la vittima viene vista come subumana, privata di sentimenti e diritti, mentre nel secondo caso, l'attore attribuisce la colpa del suo comportamento alla vittima stessa, ritenendo che questa abbia provocato la sua reazione negativa. La valutazione dei comportamenti aggressivi da parte dei bambini può variare a seconda della forma di aggressione. Studi hanno mostrato che i bambini tendono a considerare l'aggressione fisica come più sbagliata e dannosa rispetto all'aggressione verbale. Questo trend è riscontrabile sia nei bambini in età prescolare che in quelli della scuola primaria. In un esperimento condotto su bambini di 9-10 anni, sono stati identificati quattro domini di giustificazione del comportamento: il dominio morale, il dominio delle convenzioni sociali, il dominio personale e il dominio della prudenza. I risultati hanno mostrato che i bambini tendono a valutare il comportamento aggressivo principalmente attraverso il dominio morale, facendo riferimento a concetti di giustizia e benessere generale. Tuttavia, ci sono differenze nella percezione tra aggressione fisica e aggressione relazionale, con un maggiore bias negativo verso l'aggressione fisica. La valutazione del comportamento di esclusione intergruppi riflette processi di pregiudizio e stereotipizzazione sui gruppi, oltre che giudizi riguardanti la giustizia, l'uguaglianza e i diritti. Questi giudizi possono essere concettualmente opposti, evidenziando le complessità nella percezione morale delle azioni sociali. Gli studi condotti da Killen e Stangor hanno evidenziato come i bambini valutino l'esclusione dei pari sulla base del genere o della razza come un comportamento sbagliato per questioni morali. Tuttavia, quando si trovano in situazioni in cui vi è una condizione di disparità tra i gruppi, tendono a utilizzare maggiormente giustificazioni socio-convenzionali anziché ragioni morali. Altri studi hanno rivelato che i ragazzi talvolta considerano l'esclusione come una forma di regolazione sociale accettabile, soprattutto quando un individuo non condivide le norme o i valori del gruppo o potrebbe minacciarne l'identità o il funzionamento. L'esperienza sociale influisce sulla manifestazione degli stereotipi o del ragionamento convenzionale dei bambini nella giustificazione dell'esclusione intergruppi. Le esperienze positive con i pari, specialmente quelli diversi da loro, sembrano facilitare il ragionamento morale sull'esclusione intergruppi e ridurre le aspettative stereotipiche che portano all'approvazione o alla giustificazione dell'esclusione. L'educazione dei bambini è influenzata da molte persone, tra cui i genitori, i fratelli, i nonni, gli educatori dell'asilo nido e della scuola materna. Gli studiosi cercano di comprendere se l'influenza dei genitori sia determinante, valutando sia lo stile educativo utilizzato dai genitori che il livello di sviluppo del giudizio morale dei bambini. Altri indicatori esaminano i sentimenti morali dei bambini e i loro comportamenti effettivi, come la capacità di resistere alla tentazione, la confessione delle colpe e il controllo degli impulsi. I quattro stili educativi individuati quindi includono: lo stile basato sul potere fisico, lo stile basato sulla sottrazione dell'affetto, lo stile induttivo basato sul ragionamento e lo stile induttivo basato sull'empatia. Meriam Hassine Psicologia- disturbi dello sviluppo 4.8 Lo stile educativo basato sul potere fisico implica un'approccio autoritario da parte dell'adulto, che può includere punizioni corporali e la privazione di oggetti materiali come forma di disciplina. Questo stile si basa principalmente su punizioni di tipo espiatorio, dove i genitori utilizzano il loro potere e autorità fisica per imporre il comportamento desiderato. Tuttavia, studi hanno dimostrato che punizioni più intense possono aumentare il desiderio del bambino per le attività proibite e la sua resistenza alla tentazione. Lo stile educativo basato sulla sottrazione dell'affetto comporta l'ignorare il bambino e non rispondere ai suoi tentativi di riconciliazione. Questo può causare timore di abbandono e separazione nel bambino, portandolo a controllare i suoi sentimenti aggressivi. Tuttavia, è difficile valutare se questo autocontrollo sia positivo o negativo per lo sviluppo del bambino. Lo stile educativo di tipo induttivo basato sul ragionamento privilegia il dialogo e cerca di far comprendere al bambino le motivazioni dietro le azioni degli adulti. Questo stile cerca di coinvolgere il bambino nel processo decisionale e di promuovere la sua autostima. Lo stile educativo di tipo induttivo basato sull'empatia invece cerca di far provare al bambino gli stessi sentimenti delle altre persone, fornendogli informazioni che gli consentano di comprendere meglio le emozioni degli altri. Questi due stili sono complementari e possono avere effetti positivi sullo sviluppo morale dei bambini, soprattutto a partire dai 5-6 anni, quando inizia il passaggio alla moralità cooperativa autonoma. Entrambi i genitori possono influenzare lo sviluppo morale dei figli, ma gli studi suggeriscono che lo stile educativo materno ha generalmente una maggiore influenza rispetto a quello paterno. L'ultimo passaggio dell'infanzia è quello che la porta all'adolescenza che è un periodo di significativi cambiamenti e sfide nello sviluppo individuale. Uno dei primi compiti è quello di comprendere e accettare il proprio corpo, che può manifestarsi attraverso vari modi come l'osservarsi allo specchio, la cura del corpo e l'accettazione di sé stessi. Inoltre, gli adolescenti devono imparare a gestire socialmente il proprio ruolo di genere, comprendendo e adottando comportamenti tipici del proprio sesso. L'adolescenza comporta anche la ricerca di autonomia psicologica nei confronti degli adulti, cercando di sviluppare un rapporto paritario con i genitori basato sulla stima e sul rispetto reciproco. Questo processo comprende anche il controllo emotivo, poiché gli adolescenti cercano di gestire le proprie emozioni e prendere il controllo della propria vita emotiva. L'ottenimento dell'autonomia sociale ed economica può variare notevolmente da adolescente a adolescente e può richiedere tempo. Gli adolescenti devono anche adattarsi ai rapporti sociali e prendere decisioni importanti riguardanti la scelta di una professione e il proprio status sociale. l'adolescenza è un periodo in cui si sviluppa una maggiore riflessione sui valori morali e sulla propria identità. Gli adolescenti iniziano a riflettere criticamente su questioni religiose, politiche e filosofiche, portando a una ristrutturazione del concetto di sé e alla ricerca di un'identità personale autentica. l'adolescenza è caratterizzata da una ricerca attiva di identità e dalla volontà di valorizzare gli aspetti di sé che si ritengono importanti, mentre si lavora per modificare quelli che non lo sono. È un processo complesso che coinvolge il passato, il presente e le aspirazioni future del giovane. Secondo Erikson, il processo di costruzione dell'identità durante l'adolescenza è cruciale e implica una sperimentazione controllata per evitare la confusione. Gli adolescenti devono fare scelte che siano realistiche e in linea con i loro talenti e ideali. Per molti studiosi, il concetto di identità e l'idea di sé sono considerati sinonimi. Durante l'adolescenza, cresce l'importanza degli aspetti psicologici e sociali rispetto a quelli fisici e attivi, sebbene ciò possa variare in base alla cultura e alla classe sociale. È importante per gli individui sentirsi in continuità nonostante i cambiamenti che stanno attraversando. Tuttavia, per gli adolescenti non è sempre facile mantenere un senso stabile di identità poiché possono sperimentare variazioni di comportamento e personalità in base agli ambienti che frequentano. La costruzione di un concetto di sé stabile e coerente attraverso sperimentazioni e impegno progettuale durante l'adolescenza è fondamentale per sviluppare un buon senso di identità e un'adeguata autostima. Un adolescente che riesce in questo processo sarà meglio preparato ad affrontare le sfide della vita adulta e anziana con maggiore sicurezza e consapevolezza. Meriam Hassine

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