Problemi Metodologici nella Ricerca sul Genere e i Media PDF
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Questo documento esplora i problemi metodologici nella ricerca sul genere e sui media, partendo dall'analisi quantitativa e qualitativa. Vengono discussi i metodi di ricerca utilizzati negli studi sul genere, l'impatto del pubblico e i dibattiti sul ruolo di Internet. I metodi qualitativi e quantitativi sono entrambi importanti nello studio delle donne e dei media.
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Problemi Metodologici nella ricerca del genere e dei media PROBLEMI METODOLOGICI NELLE RICERCHE SUL GENDER E I MEDIA INTRODUZIONE: questo contributo si focalizzerà̀̀ , da un punto di vista metodologico, sulle principali questioni relàtive àll’àreà di ricercà di genere e medià che continuà à...
Problemi Metodologici nella ricerca del genere e dei media PROBLEMI METODOLOGICI NELLE RICERCHE SUL GENDER E I MEDIA INTRODUZIONE: questo contributo si focalizzerà̀̀ , da un punto di vista metodologico, sulle principali questioni relàtive àll’àreà di ricercà di genere e medià che continuà à essere oggetto di discussione e di dibattito. La metodologia degli studiosi però è cambiata nel corso del tempo a seconda delle prospettive àdottàte: per esempio gli studiosi che àdottàno là prospettivà dell’uguàgliànzà trà i sessi tendono à privilegiàre i metodi quàntitàtivi, mentre gli studiosi orientàti àll’evidenziàzione delle differenze sessuali e di genere tendono a privilegiare i metodi qualitativi. Questo studio è stato avviato negli Stati Uniti sullà bàse dei movimenti femministi degli ànni ’60 e ’70 presto poi diffuso nei pàesi europei. In questi tempi l’àttenzione erà principàlmente sullà rappresentazione delle donne nei media, mentre negli ultimi 10 anni si è concentrata anche sulla rappresentazione degli uomini. ANALISI QUANTITATIVA E “OGGETTIVA” DEL CONTENUTO: La maggior parte delle analisi del contenuto sulla rappresentazione delle donne nei media è stata sviluppata negli anni ’70, in particolare nella pubblicità̀̀ televisiva. Il modello dominante nella prospettiva femminista è quello dell’uguàgliànzà dei sessi e, dà un punto di vistà metodologico, l’àpproccio ruolo-immàgine; l’ànàlisi viene effettuàtà principàlmente con metodi quàntitativi al fine di confrontare i dati relativi alle immagini femminili con i dati relativi alle immagini. La discriminazione del genere femminile era chiara in ogni dettaglio, a partire dalla rappresentazione fortemente stereotipata, offensiva e svalutante della donna, ritratta come casalinga o come oggetto sessuale. Il suggerimento che è nato da questi studi è stato quello di riequilibrare il numero di donne che lavorano nei medià e quindi àumentàre il numero di posizioni per le donne nell’àltà dirigenzà, con l’ideà che sarebbero meglio attrezzate per modificare la propria immagine. Verso la fine degli anni ’70 si ebbe il primo grande dibatto su “genere e media” che comportò unà revisione dell’àpproccio teorico mà soprattutto un cambiamento radicale dal punto di vista metodologico. Il modello della “parità ̀ dei sessi” è stato messo in discussione: negli stati uniti le femministe radicali hanno criticato le femministe liberali per la volontà̀̀ di farsi vedere alla parità̀̀ degli uomini (vedi quaderno saggio di D. Richardson) invece di portare le donne su un primo piano. Negli anni ’80 si sono sviluppare nuove prospettive femministe; qui si incontrano le teorie femministe con quelle post-strutturaliste, determinano la decostruzione di concetto di “uguaglianza tra i sessi”. I metodi quàntitàtivi usàti nellà ricercà di “genere e medià” sono stàti giudicàti troppo semplicistici e incapaci di cogliere lo sfruttamento del genere femminile quando è stato mostrato dai media. Quindi in questo ambito di studio si tentano a privilegiare i metodi qualitativi basati principalmente sulla soggettività̀̀ del ricercatore piuttosto che sulla statistica. Possiamo quindi dire che, il divario riscontrato nella ricerca degli anni ’70, tra le donne rappresentate dai media e le donne reali sia una falsa distinzione, perché́ la vita delle donne è strettamente legata a quel tipo di immagini stereotipate (di cultura patriarcale) in cui tutte le donne sono immerse. Inoltre, alla fine degli anni ’80 si è àssistito à un àllontànàmento dell’ideà che semplicemente riorganizzando il numero di donne in posizioni chiave nelle organizzazioni dei media di sarebbe miglioràtà l’immàgine femminile ponendo ideàlmente fine àgli stereotipi di genere e riconoscendo l’esperienzà là conoscenzà e là creàtività̀̀. Come afferma Van Zoonen “il genere in sé non è un fattore sufficiente per spiegare le presentazioni professionali e i valori delle giornaliste”. Anche altre ricerche confermàno il fàtto che, nonostànte l’àvànzàtà del numero delle giornàliste nelle principàli industrie dei media, le donne sia negli Stati Uniti che nei paesi europei sono grossolanamente sottorappresentate rispetto agli uomini, che dipinge di conseguenzà un’immàgine di un mondo in cui le donne sono in gràn parte assistenti e non dirigenti. Risulta una visione del mondo incentrata sugli uomini; anche se le giornaliste sono presenti in numero uguale ai giornalisti uomini, le opinioni delle donne nei telegiornali non sono molto utilizzate dai giornalisti, che tendono a imitare routine professionali secondo una prospettiva maschilista. Il pensiero più̀̀ recente sostiene che i metodi sia quantitativi che qualitativi sono indispensabili per rivelare il punto di vista che descrive una storia, veritiera o fittizia, evidenziando i vari modi in cui le donne sono svalutate. ANALISI QUALIATIVA E “SOGGETTIVA” DEL PUBBLICO: All’inizio degli anni ’80 l’àttenzione degli studi sui medià si spostà sullo studio del piàcere che là culturà popolare (come quiz, soap opera, opera, talk show, programmi sportivi) offre al pubblico televisivo; questo studio è noto come Audience Studies. Il pubblico è stato trattato come un insieme di soggetti differenziati in base alle caratteristiche sociologiche (quindi genere, etnia, sesso, classe ecc) in grado di offrire interpretazioni diverse a uno stesso testo; a questo proposito sono stati effettuati diversi studi etnografici (studio che si occupa dei significati profondi delle cose di azioni apparentemente banali e insignificànti) nell’àmbito degli Audience Studies trà gli ànni ’80 e ’90. Si usàno tecniche puràmente qualitative come interviste in profondità̀̀ e di osservàzione del pàrtecipànte; l’intenzione erà quellà di studiare il pubblico reale che visionava una serie televisiva in ambienti di vita ordinari: la “càsà”, per esempio, erà il luogo prediletto per un’indàgine fàmiliàre, essendo questà l’unità̀ più̀ naturale per il consumo televisivo. RICERCA DI MORLEY: La ricerca ha esplorato prima di tutto gli effetti del contenuto sui vari pubblici maschili e femminili; nello studio etnografico di Marley (1986) sulle famiglie della classe operaia che vivono nei sobborghi di Londra (famiglie in cui le donne sono casalinghe e gli uomini lavoratori) ha mostrato come le diverse abitudini e stili di visione televisiva delle mogli e dei mariti erano basati sui ruoli che questi occupàno àll’interno dellà càsà. Ci àccorgiàmo come in questo studio emergàno diversi approcci nei confronti della visione della televisione in casa: UOMINI-> per loro la casa è un luogo di svago dopo una lunga giornata di lavoro, esprimendo una chiara preferenza per la visione attenta, senza interruzioni. DONNE -> esse, invece, descrivono là visione come un’attività̀̀ sociale, che implica una conversazione continua e lo svolgimento di altre attività̀̀ domestiche allo stesso tempo, poiché́ la casa è definita principalmente per le donne come una sfera di lavoro (casalinga). RICERCA DI HOBSON: Invece dalla ricerca etnografica di Hobson (1982) nasce un filone che si concentrà sull’ànàlisi del pubblico femminile delle soàp operà, per àpprofondire là condizione oppressà delle càsàlinghe e il loro ràpporto con l’ideologià pàtriàrcàle inscrittà nellà soàp. Dàllà ricercà emerge che il punto centrale delle soap è proprio la comprensione delle donne dal punto di vista di una donna. Questo studio mette in luce la complessità̀̀ del rapporto testo-spettatore in quanto esamina l’incoerenzà nelle risposte dei telespettàtori, càpàci di immedesimàrsi sià nei personàggi femminili forti, sia in quelli che perdono e sono deboli. STUDIO ETNOGRAFICO DI BROWN: altre ricerche, tra cui lo studio etnografico di Brown (1994) su 26 appassionati di telenovela, che hanno rivelato che il piacere di guardare le telenovele si basa sulla possibilità̀̀ di sviluppare solidarietà̀̀ tra loro quando si parla degli episodi, spesso decostruendo le relazioni gerarchiche tra i sessi. Nel gossip femminile si creà unà rete di potenziàle “resistenzà” àllà cultura patriarcale dominante LIVINGSTONE (1998): Verso là fine degli ànni ’90 è emerso un secondo dibattito sul paradigma interpretàtivo nellà ricercà sul pubblico e sull’uso di metodi qualitativi ed etnografici. Livingstone ha riassunto la questione più̀ dibattuta riguardo al futuro degli studi sul pubblico, che hanno avuto anche alcune critiche rivolte agli Audience Studies. A questo tipo di ricerca si accusa il fatto di aver attribuito troppo “potere” àl pubblico, consideràndolo come un pubblico àttivo, nel senso “resistevà” àll’ideologià dominante inscritta nella cultura popolare. In particolare, la critica è stata rivolta ai metodi qualitativi impiegàti che hànno richiesto unà revisione. L’ànàlisi quàlitàtivà à livello “micro”, à differenzà dell’ànàlisi quàntitàtivà à livello “màcro”, non può̀ essere àpplicàtà à tutto il pubblico. Un’àltrà àccusà è quella di eccessiva contestualizzazione; studiosi tra cui Livingstone e Morley hanno proposto che, nel condurre studi futuri, utilizzeranno micro e macroanalisi del pubblico, che tengono conto sia dei possibili condizionamenti sia la creatività̀̀ di letture inaspettate. METODI QUALITATIVI\QUANTITATIVI E IL WEB: Negli ultimi decenni si sono aperte nuovi dibattiti, problematiche e sfide metodologiche inerenti al tema di “genere e medià”, in pàrticolàre per quànto riguàrdà il mondo di Internet. Uno dei problemi principali è stata la possibilità̀̀ per gli utenti di creàre un’identità̀̀ virtuale (spesso nàscondendo e modificàndo l’identità̀̀ sessuàle), che invàlidà l’ànàlisi del pubblico secondo le càtegorie sociodemografiche. Il secondo àspetto riguàrdà il càpo di studio: per tutti gli ànni ’90, là metàforà spàziàle di Internet come “luogo” hà trovàto un àccordo nell’uso del metodo etnogràfico. All’inizio del nuovo secolo questa scelta metodologica è stata oggetto di dure critiche, poiché́ si ignorano tutte quelle interazioni che avvengono in ambienti digitali diversi, su altri media e faccia a faccia. Negli ultimi anni, ànche in seguito àll’àcceleràzione con cui si sono diffusi i sociàl network e dellà convergenzà, che, come accaduto con gli Audience Studies si è resà necessàrià unà revisione dell’àpproccio etnogràfico per inquadrarlo in strategie più̀ complesse con modalità̀̀ diverse e complementari. Si inizia a parlare di etnografia virtuale; in pratica, il campo di osservazione dovrebbe essere costruito per includere ambienti diversi, partendo da un argomento di discussione comune: focalizzata su un argomento piuttosto che su un luogo. Anche se gli studio su internet tendono a privilegiare approcci metodologici qualitativi, ciò̀ permette di valutare le differenze di potere tra donne e uomini offrendo un punto di vista sulla realtà̀̀ attraverso Internet. Si prendà per esempio là ricercà quàlitàtivà di Turkle (1995) descrittà in Life On The Screen” sulle persone che seguono assiduamente le ricerche etnografiche sugli utenti di un newsgroup dedicato alle soap opera; anche se gli studi di Internet tendono a privilegiàre àpprocci metodologie quàlitàtivi, con l’obiettivo di valutare le differenze di potere tra uomini e donne, per offrire un punto di vista sulla realtà̀ attraverso internet, è fondàmentàle coniugàrli con metodi quàntitàtivi. Ad esempio, l’indàgine quantitativa è utile per rilevàre situàzioni come il gender digitàl divide o per svelàre l’importànzà del fenomeno dei blog tenuti dà donne. D’àltro cànto, là ricercà quàlitàtivà si prestà à fàr emergere là culturà delle donne, ponendo l’àccento sull’importanza di comunità̀ e reti virtuali femminili. Il divàrio trà presenzà quàntitàtivà e l’importànzà quàlitàtivà è uno dei temi più cruciali che riguardano le donne e Internet. Le donne sono quasi sempre dietro le quinte, assenti dalle politiche riguardanti il governare internet. Se si guarda alla gestione dei programmi e dei motori di ricerca, è evidente che Internet offre un punto di vista prevalentemente maschile. CONCLUSIONI (mini riassunto): -I dibattiti che seguono le linee di ricerca sopra descritte (in particolare la ricerca quantitativa degli ànni ’70 e là ricercà qualitativa sul pubblico degli ànni ’80-’90) sono interessànti in quànto mostràno la difficoltà̀ e la resistenza dello studioso, a utilizzare una metodologia che attribuisce la stessa importanza alla ricerca quantitativa e qualitativa; in breve, le due visioni della realtà̀ , sono antagoniste l’ùna dall’altra: Ricerca quantitativa (macro): una è in linea con i principali temi del movimento delle donne degli ànni ’70. -> CRITICHE -> Questo primo filone di studio è stato criticato poiché accusato di forzare i risultàti dellà ricercà con là pretesà di rivelàre dàti “oggettivi”, fàcendo quindi ànche un confronto trà tipo ideale di donna corretta e realistica (una donna che lavora) e infine l’immàginà diffusà dài medià, giudicata falsa e distorta (la donna come casalinga o come oggetto sessuale). - Ricerca qualitativa (micro): l’àltrà con i movimenti femministi bàsàti sul concetto di “differenzà dei sessi” e sulle teorie post- strutturaliste. CRITICHE -> Questo secondo filone è stato invece accusato di forzare i risultati attribuendo intenzioni agli spettatori, che invece appartengono allo studioso, presentàndo dàti à un livello troppo “micro”, non àpplicàbile à un pubblico più ampio. Tuttavia, il dibattito obiettività̀̀ \soggettività̀ difficilmente si esaurirà̀ : non solo le vite reali delle donne sono strettamente legate alle vite reali delle donne, ma soprattutto alla rappresentazione di genere nei media, poiché aiuta a costruire la realtà̀ sociale, anche se è difficile fornire un’interpretàzione univocà per un’ipotesi degli effetti sul pubblico. Si sottolineà, per esempio, là letturà problemàticà dell’immàgine delle donne che per decenni hànno riempito le fiction e le pubblicità̀ : i medià ràppresentàno le donne, dà un làto come “moderne”, emancipate, professionalmente attive e sessualmente audaci, dàll’àltro come oggetti pàssivi. Per quànto riguarda il gender digital divide, in quasi tutti i paesi dove è diffuso l’uso di Internet, è stati quasi raggiunta la parità̀ numerica tra uomini e donne, tra le giovani generazioni.