Diritto Privato II - Appunti PDF
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University of Trieste
2024
Cristina Garbur
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These notes concern the subject of Private Law II, covering real rights. They discuss concepts such as property rights, ownership, and various types of real rights. The document also touches on Italian legal framework. The lecture notes are for the academic year 2024/2025.
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DIRITTO PRIVATO II Anno Accademico 2024/2025 Cristina Garbur 1 I DIRITTI REALI Siamo nella cornice generale delle situazioni giuridiche soggettive, che individua genericamente la posizione riferibile al soggetto di diritto e giuridicamente rilevante. All...
DIRITTO PRIVATO II Anno Accademico 2024/2025 Cristina Garbur 1 I DIRITTI REALI Siamo nella cornice generale delle situazioni giuridiche soggettive, che individua genericamente la posizione riferibile al soggetto di diritto e giuridicamente rilevante. All'interno di questa categoria le declinazioni sono varie, possiamo distinguerle sulla base di diversi elementi. I diritti reali sono situazioni attive, in cui nucleo essenziale è il potere dato al soggetto titolare del diritto per l’appagamento per di un suo interesse. Il diritto reale nella sua essenza è un potere immediato e assoluto sulla cosa materiale, più precisamente, una cosa che giuridicamente è un bene. La figura che si oppone al diritto reale è il diritto relativo, il cui prototipo è il diritto di credito. Non vi è relazione giuridica immediata con un bene, bensì con un soggetto, ovvero il debitore che è tenuto a una determinata prestazione. Il diritto reale ha tre caratteristiche fondamentali: 1. immediatezza → il potere è direttamente riferito alla res e non vi è mediazione di un altro soggetto o della sua opera. Il titolare del diritto reale appaga direttamente e immediatamente il suo interesse, senza la collaborazione altrui. Ci potrebbe essere un dovere degli altri di astenersi dal turbare il pacifico godimento; 2. assolutezza → è un diritto assoluto, in quanto può essere fatto valere erga omnes e si prevede un dovere generale dei terzi, non titolari del diritto, dall’astenersi dal turbare il pacifico esercizio del diritto e se questa regola viene violata, il titolare del diritto reale ha degli strumenti di tutela a suo favore; 3. inerenza → ossia opponibilità del diritto a chiunque possieda o vanti diritto sulla cosa. Il legame che si crea fra diritto reale sulla cosa e la cosa stessa fa sì che alcuni diritti reali siano insensibili alla persona del titolare. I diritti reali minori sono diritti reali su cosa altrui. Una volta creato il diritto sul bene, quest’ultimo segue il bene. Qualcuno ha messo in discussione quanto detto fino ad adesso, perché i diritti reali sono tanto, diversi tra loro e alcuni sono un po’ particolari. Uno degli esempi nel merito è la servitù negativa, impone a chi sottoposto a servitù un comportamento negativo. Su un fondo a vista mare, che pesa anche in termini di valore sul bene, si costituisce una servitù negativa: non costruire o non costruire entro una certa altezza sul fondo accanto. Se il vicino viola la servitù scattano gli strumenti di tutela. I diritti reali si distinguono in: 1. diritto reale di godimento → elemento essenziale del potere è un potere di godimento, trarre dal bene l’utilità che può offrire. Anche questi sono tanti, tra cui; a. proprietà → diritto massimo; b. enfiteusi; c. superficie; d. usufrutto; e. uso; f. locazione; g. servitù prediali; 2 Per delle manovre legislative recenti, rispetto a questo quadro, si sono aggiunte nuove figure. Ad esempio il trust, una figura aliena ed inglese, che prevede che il proprietario affidi il suo bene a un altro soggetto, affinché raggiunga un certo scopo. Secondo la nostra logica, vi è il rischio di precomprensione: il regime di proprietà in Italia è diverso rispetto a quello anglosassone. Quando questo è entrato nel nostro ordinamento, giustamente, ha causato problemi. La proprietà dei fondi e degli immobili è molto importante nell’economia moderna e anche all’interno del CC. Gli immobili diventano importanti anche per il diritto pubblico, perché quando si parla di edificazione il legislatore non vuole che queste siano selvagge: la legge prevede l’edificabilità e anche l’indice di cubatura di un certo terreno. Sul piano amministrativo si è pensato che se si è sottoposti a “limiti” legislativi di cubatura, si può chiedere al vicino “fortunato” se ha intenzione di costruire, e se la risposta è negativa il vicino può concedere la cubatura che non utilizza al vicino sfigato. Il vicino sta cedendo potenzialmente un diritto reale, vale a dire la cubatura. 2. diritto reale di garanzia → pegno ed ipoteca. Si può configurare come diritto di prelazione, il diritto di essere preferiti in sede di esecuzione forzata, in particolare per espropriazione, rispetto ad altri creditori. Per antica tradizione, in materia di diritti reali vige un duplice principio: a. numero chiuso → i diritti reali sono quelli e SOLO quelli previsti dalla legge, i privati non possono creare a loro discrezione nuovi diritti reali; b. tipicità legale → i privati non possono modificare la disciplina prevista dalla legge. In tal modo, da un lato, si vuole impedire che i privati possano moltiplicare limiti e vincoli destinati a comprimere i poteri del proprietario, con il rischio di rendere inefficiente la gestione del bene, dall’altro, si intende tutelare i terzi che, volendo acquisire diritti sulla cosa, devono essere posti in grado di conoscere con esattezza i vincoli che gravano su di essa. La libertà porta al atipicità, che possiamo ritrovare in materia di contratti. Non c’è una regola analoga in materia di diritti reali. Nel contratto la regola privata è vincolante solo per parti che hanno sottoscritto il contratto, secondo il principio di relatività, nei diritti reali non funziona così. Il diritto reale è una sorta di struttura che al suo interno contiene le facoltà, in questo caso le facoltà dominicali in quanto parliamo di proprietà. Le situazioni giuridiche devono essere predefinite e noi dobbiamo conoscerne in anticipo il contenuto. PROPRIETÀ La disciplina la ritroviamo nel libro III del Codice Civile. Art. 832 C.C. - Contenuto del diritto Il proprietario ha diritto di godere e disporre delle cose in modo pieno ed esclusivo, entro i limiti e con l'osservanza degli obblighi stabiliti dall'ordinamento giuridico. La proprietà è definita in funzione del contenuto del diritto, c.d. facoltà dominicali. Si tratta di un diritto pieno ed esclusivo che conosce delle limitazioni, le quali sono imposte dalla legge. 3 Sopra alla Costituzione c’è solo Dio. Nella Costituzione la proprietà non è definita inviolabile, come nello Statuto albertino, e non viene neppure disciplinata né fra i principi fondamentali né fra i diritti di libertà. La troviamo regolata nel titolo relativo ai rapporti economici. Art. 42 - Costituzione La proprietà è pubblica o privata. I beni economici appartengono allo Stato, ad enti o a privati. La proprietà privata è riconosciuta e garantita dalla legge, che ne determina i modi di acquisto, di godimento e i limiti allo scopo di assicurare la funzione sociale e di renderla accessibile a tutti. La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale. La legge stabilisce le norme ed i limiti della successione legittima e testamentaria e i diritti dello Stato sulle eredità. Essendo la proprietà un diritto costituzionalmente protetto, il legislatore non può: - sopprimere l’istituto della proprietà privata; - trasformare il sistema in un ordinamento cui i beni sono prevalentemente collettivizzati. La proprietà privata deve essere esercitata tenendo conto della sua funzione sociale, la quale funge da limite, per: - realizzare uno sfruttamento efficace dei beni; - instaurare più equi rapporti sociali; - tutelare valori ed interessi costituzionalmente protetti, come lavoro, salute, libertà, etc. La conformazione dei poteri dominicali spetta alla legge, c.d. riserva di legge, tramite interventi con cui il legislatore delinea, con riferimento a singole categorie di beni, il contenuto del potere, c.d interventi conformativi dei vari statuti proprietari. Il legislatore è legittimato a prevedere compressioni dei poteri dominicali solo se giustificate dalla necessità di garantire che gli stessi non vengano esercitati in contrasto con l’utilità sociale. Art. 43 - Costituzione A fini di utilità generale la legge può riservare originariamente o trasferire, mediante espropriazione e salvo indennizzo, allo Stato, ad enti pubblici o a comunità di lavoratori o di utenti determinate imprese o categorie di imprese, che si riferiscano a servizi pubblici essenziali o a fonti di energia o a situazioni di monopolio ed abbiano carattere di preminente interesse generale. Il legislatore può escludere l’ammissibilità della proprietà privata per quanto riguarda una o più determinate categorie di beni. Le due principali facoltà dominicali sono: a. il potere di godimento → trarre liberamente dalla cosa tutte le utilità che il bene può offrire. Si può trattare di un godimento indiretto, ad esempio il proprietario concede ad altri in locazione; 4 b. il potere di disposizione giuridica → il proprietario può alienare il bene e costituire diritti reali minori sulla cosa. La legittimazione di disporre è strettamente legata alla proprietà di un bene. Le caratteristiche fondamentali della proprietà sono: 1. realtà → si tratta di un diritto reale e trascina di conseguenza con sé tutte le caratteristiche di un diritto reale: assolutezza, immediatezza, inerenza; 2. pienezza → attribuzione al proprietario del diritto di fare della cosa ciò che vuole, persino distruggerla; 3. esclusività → le facoltà sono piene e non vi è concorrenza di altri soggetti che hanno diritto sul bene, in quanto l’unico che gode e dispone del bene in modo pieno ed esclusivo del bene è solo e soltanto il proprietario. A meno che non si parli di comproprietà. 4. elasticità → i poteri che competono al proprietario possono essere compressi in virtù della coesistenza sullo stesso bene di altri diritti reali o vincoli di carattere pubblicistico; tale poteri si riespandono automaticamente non appena viene a meno il diritto reale o vincolo pubblicistico concorrente; 5. imprescrittibilità → sottratto alle regole della prescrizione estintiva. Non vi è nel Codice Civile o in una legge l’enunciazione formale della imprescrittibilità della proprietà, è l’azione a tutela della proprietà ad esserlo, vale a dire l’azione di rivendicazione. La legge afferma che si può sempre agire in giudizio con l’azione di rivendica: se lo strumento di tutela è sempre esercitabile, lo stesso diritto tutelato non conosce limiti di tempo sul piano della prescrizione estintiva. Non bisogna però credere che la proprietà non si possa mai perdere, in quanto esistono le cause estintive, infatti la si può perdere per la cosiddetta prescrizione acquisitiva; esempio è l’acquisto della proprietà su un bene tramite usucapione, si perde il diritto in quanto altri lo acquistano; 6. perpetuità → il nostro ordinamento non conosce e non tollera la proprietà a tempo. Questo dogma consegnato dalla tradizione è stato messo in discussione da una serie di nuovi istituti, ma in realtà anche classici, ad esempio dal diritto di superficie. Il diritto di superficie è un diritto reale minore, ha un contenuto in termini di facoltà meno ampio rispetto alla proprietà. Il diritto di superficie ha due declinazioni: a. diritto di edificare → costruire sul suolo altrui, acquisendo la proprietà di ciò che si costruisce; b. si attribuisce la proprietà separata di una costruzione, non dell’area di sedime → il diritto attribuito sulla costruzione già esistente, staccata dal suolo, si tratta di piena proprietà. Il diritto di superficie per sua caratteristica può essere attribuito a tempo. Abbiamo detto che la proprietà è perpetua, ma nel secondo caso di superficie, la proprietà della costruzione può essere a termine. Il Codice Civile ci offre una definizione molto chiara di proprietà. In seguito alla definizione e alle caratteristiche generali, troviamo norme che regolano casi particolari. In materia di beni vi è la distinzione tra quelli mobili e immobili, importante anche per le leggi in materia di proprietà, la cui gran parte riguarda i beni immobili, perchè nel Codice del ‘42, i beni immobili erano fondamentali ai fini della ricchezza individuale. Per questo, la maggior parte delle regole riguardano la proprietà fondiaria, edilizia e terriera. 5 Nel tempo si sono aggiunte regole extra codicistiche, che molto spesso attengono più al diritto pubblico e amministrativo piuttosto che al diritto privato. Alcune di queste sono contenute sul CC, ad esempio quella sulle distanze legali, ma molte di queste sono state superate da leggi speciali e regolamenti, regole ulteriormente specifiche. Pugliatti intitolò il suo libro “La proprietà e le proprietà”; la proprietà si scinde, vi sono tante proprietà quanti sono i diversi statuti. Il Codice Civile è più antico della Costituzione. All’art. 42 si cita la proprietà, riconosciuta e tutelata dalla legge, la quale disciplina i modi di acquisto, di godimento, i limiti del diritto per assicurare la funzione sociale. C’è una riserva di legge, questo significa in termini di tutela che: 1. la proprietà è tutelata in sé e per sé stessa → il legislatore non potrà mai svegliarsi un giorno ed eliminare la proprietà privata, in quanto tutelata dalla Costituzione; 2. il proprietario è tutelato → per imporre dei limiti al godimento del suo diritto deve intervenire la legge o un provvedimento legislativo. Qualcuno ha letto l’art. 42 in questo senso: siccome la Costituzione è arrivata dopo il Codice, la prima ha iniettato nel concetto di proprietà privata la funzione sociale, si esercita il diritto tenendo conto degli interessi altrui. Altri, invece, ritengono non vi sia stato alcuna modifica: il legislatore può porre un vincolo al diritto di proprietà per preservare l’interesse collettivo, ma se il legislatore non si è espresso nel merito non bisogna sacrificare l’interesse proprio per quello altrui. ESPROPRIAZIONE ed INDENNIZZO Art.42 - Costituzione La proprietà privata può essere, nei casi preveduti dalla legge, e salvo indennizzo, espropriata per motivi d'interesse generale. La norma tende a ricercare un punto di equilibrio fra l’interesse del proprietario alla conservazione del suo diritto sul bene e l’interesse della collettività. La posizione del privato può essere sacrificata in presenza di: 1. interesse generale; 2. previsione legislativa che lo consenta, c.d riserva di legge; 3. indennizzo che compensi il privato del sacrificio che subisce nell’interesse della collettività. L’espropriazione la possiamo qualificare come: a. espropriazione traslativa → trasferimento della proprietà di un bene dal precedente proprietario a un altro soggetto pubblico o privato; b. espropriazione larvata o limiti espropriativi → limitazioni che non determinano la perdita del diritto ma sono tali da incidere sul godimento del bene tanto da renderlo inutilizzabile. La Corte costituzionale inoltre distingue tra: a. interventi di conformazione dei vari statuti proprietari → si riferiscono ad intere categorie di beni e sottopongono tutti i beni appartenenti alla categoria ad un particolare regime di godimento e/o disposizione. Queste disposizioni non rientrano nel concetto di espropriazione, bensì in quello di conformazione del contenuto del diritto di proprietà sui beni appartenenti a quella determinata categoria e, conseguentemente, non comportano indennizzo 6 b. interventi di espropriazione larvata → si riferiscono a singoli cespiti, restringendo i poteri del proprietario rispetto a quelli riconosciuti, in via generale, agli altri titolari di beni appartenenti a quella medesima categoria, oppure annullando o diminuendone in modo apprezzabile il valore di scambio. Queste disposizioni rientrano nel concetto di espropriazione e necessitano di indennizzo. Per quanto riguarda l’indennizzo, la Corte costituzionale ha escluso che esso debba necessariamente consistere in un integrale risarcimento del pregiudizio economico sofferto dall’espropriato, con la conseguenza che non è richiesto che l’indennizzo sia pari al valore (o di mercato) del bene, ma deve rappresentare un ristoro del pregiudizio. LA PROPRIETÀ DEI BENI CULTURALI I beni culturali sono cose, immobili e mobili, che presentano interesse artistico, storico, archeologico, etnoantropologico, archivistico, bibliografico... In particolare, onde garantire la protezione e la conservazione per i fini di pubblica fruizione, la legge impone al privato tutta una serie di vincoli sia quanto al potere di godimento, sia quanto al potere di disposizione. È altresì previsto che i beni culturali possano essere espropriati per causa di pubblica utilità, quando l’espropriazione risponda ad un importante interesse a migliorarne le condizioni di tutela ai fini della fruizione pubblica. LA PROPRIETÀ EDILIZIA Al proprietario di un’area interessata all’edificazione compete il c.d. ius aedificandi, diritto di costruire. L’attività di trasformazione urbanistica o edilizia del territorio può essere svolta solo nel rispetto delle previsioni degli strumenti urbanistici, dei regolamenti edilizi e della disciplina urbanistico- edilizia vigente. Per gli interventi di maggiore impatto è necessario il previo rilascio, da parte dell’Autorità comunale, del permesso per costruire, che comporta la corresponsione di un contributo commisurato all’incidenza degli oneri di urbanizzazione ed al costo di costruzione, destinato alla realizzazione delle indispensabili opere di urbanizzazione primaria (strade) e secondaria (scuole). Per gli interventi di minore impatto è sufficiente una comunicazione all’Amministrazione comunale. Accanto a strumenti di pianificazione ad iniziativa pubblica, la legge ne conosce altri che fanno invece ricorso a meccanismi di tipo privatistico, in particolare la convenzione di lottizzazione, con cui i proprietari delle aree interessate si assumono una serie di impegni nei confronti del Comune stesso. Al fine di evitare l’abusivismo edilizio, la legge fa ricorso (accanto a quelli amministrativi come la rimozione o demolizione dell’opera abusiva, la sanzione pecuniaria) anche a strumenti di tipo privatistico: - sanziona con nullità gli atti inter vivos, aventi ad oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti reali su terreni, ove agli atti stessi non sia collegato il certificato di destinazione urbanistica, rilasciato dall’autorità comunale, contenente le prescrizioni urbanistiche riguardanti l’area interessata; - sanziona con nullità gli atti aventi ad oggetto il trasferimento o la costituzione di diritti reali su edifici, la cui costruzione sia iniziata dopo il 17 marzo 1985, ove dagli atti stessi non risultino, per dichiarazione dell’alienante, gli estremi del permesso di costruire; 7 - vieta alle aziende erogatrici di servizi pubblici di somministrate le loro forniture per l’esecuzione di opere prive di permesso di costruire e sanzione con la nullità i relativi contratti, ove la richiesta dell’utente non sia corredata dall’indicazione degli estremi di detto permesso; - impone a chi abbia violato disposizione che regolamentano l’attività edilizia l’obbligo di risarcire i danni che i terzi ne abbiano sofferto, e gli consente di chiedere la riduzione di pristino, eliminazione delle opere abusive. LA PROPRIETÀ FONDIARIA In linea verticale, la proprietà fondiaria (= proprietà della terra o dei fondi) si estenderebbe all’infinito sia nel sottosuolo che nello spazio aereo soprastante. Peraltro, l’articolo 840 comma 2 c.c. dispone che il proprietario del suolo non può opporsi ad attività di terzi che si svolgano a tale profondità nel sottosuolo o a tale altezza nello spazio sovrastante, che egli non abbia interesse ad escludere. Da ciò si deduce che la proprietà del suolo si estende a quella sola parte del sottosuolo e del soprassuolo suscettibili di utilizzazione secondo un criterio di normalità. In senso orizzontale, ciascuna proprietà fondiaria si estende nell’ambito dei propri confini. Il proprietario ha la facoltà, da un lato, di cintare in qualsiasi momento il proprio fondo e, dall’altro, di impedirne l’accesso a chiunque. Le consuetudini consentono talora l’accesso ai fondi altrui (specie in zone di montagna) per passeggiare, raccogliere fiori o funghi, sciare, ecc. CONFINI I confini designano il limite spaziale della proprietà, fin dove l’esercizio del diritto si può spingere in ambito geografico e spaziale: - confine orizzontale → confini disegnati dalle proprietà vicine; - confine verticale → confine dato dalla convergenza con proprietà altrui. In mancanza di proprietà altrui, fin dove si spinge la proprietà in altezza e in profondità? La legge non da una risposta univoca, ma noi lo ricaviamo da due regole più specifiche: a. al di sotto del suolo → il proprietario non può opporsi all'attività di terzi che si svolga una tale profondità nel sottosuolo da non avere interesse ad impedirla. Il limite è dato dal normale utilizzo; b. al di sopra del suolo → limite è dato dal fatto che le attività si svolgono a una certa altitudine da non aver interesse ad impedirla. Anche in questo caso il limite è dato dal normale utilizzo. Una delle facoltà del proprietario è quello di cingere la propria proprietà. I diritti che la legge riconosce nell’accedere al fondo altrui: 1. per ragioni di caccia; 2. raccogliere l’animale sfuggito al proprio controllo; 3. manutenzione di beni comuni. RAPPORTI DI VICINATO Le singole proprietà immobiliari sono necessariamente destinate a convivere fianco a fianco. L’eventuale riconoscimento, in capo a ciascuno dei titolari, di un potere di godere del proprio fondo in modo pieno darebbe inevitabilmente luogo a conflitti tra i contrapposti interessi di cui gli stessi sono portatori. Proprio al fine di contemperare i contrapposti interessi dei proprietari di fondi contigui, il codice detta tutta una serie di regole in materia di: a. atti emulativi; b. immissioni; 8 c. distanze; d. muri; e. luci e vedute; f. acque. Tradizionalmente, dette regole venivano intese come volte ad imporre alla proprietà immobiliare limiti (legali) nell’interesse privato (cioè nell’interesse dei proprietari dei fondi contigui). ATTI EMULATIVI Art. 833 - Atti emulativi Il proprietario non puo' fare atti i quali non abbiano altro scopo che quello di nuocere o recare molestia ad altri. Gli atti emulativi rientrano nella sfera dell’abuso del diritto; l’esercizio della proprietà non può avvenire tramite atti emulativi, atto del proprietario che ha come unico scopo quello di recare molestia o nocumento ad altri. Gli atti emulativi non sono tollerati dall’ordinamento. Gli atti emulativi: a. sono facoltà del diritto di proprietà → apparentemente si può fare in quanto si tratta di esercizio della proprietà; b. hanno finalità emulativa → intesa come animus nocendi, il proprietario esercita il suo diritto con l’intenzione di nuocere ad altri. Molti ritengono che questo requisito non sia necessario, l’atto emulativo si qualifica come tale in base alla presenza del terzo requisito; c. mancanza di utilità per il proprietario; d. risultato emulativo → nocumento o molestia. La reazione contro gli atti emulativi sono: a. cessazione del comportamento emulativo con intervento del giudice; b. risarcimento del danno. IMMISSIONE Distinguiamo fra: a. immissione materiale → attività materiali di terzi sul fondo del proprietario, come scarico di rifiuti o smaltimento di liquami, a cui egli ha il diritto di opporsi; b. immissione immateriale → propagazione di un fattore disturbante causato dall’opera dell’uomo sul proprio fondo, ma che ha conseguenze anche su quello vicino. Il presupposto è proprio l’esistenza di due fondi vicini appartenenti a proprietari diversi. Vi è un elemento che crea molestia: odori, rumori, scuotimenti, o qualsiasi altro; la propagazione che crea fastidio nasce e si esaurisce sullo stesso fondo, ma va ad intaccare anche il fondo vicino. La legge non vieta qualsiasi tipo di immissione, occorre distinguere: 1. immissione al di sotto della normale tollerabilità → chi le subisce deve sopportare; non ha il diritto né di farla cessare, nè di vedersi riconosciuto un ristoro per il disagio eventualmente sofferto; 2. immissioni sopra la normale tollerabilità ma giustificate da esigenze della produzione → chi le subisce non ha il diritto di farle cessare ma può ottenere un indennizzo per il giudizio eventualmente sofferto; 3. immissioni sopra la normale tollerabilità non giustificate da esigenze della produzione → chi le subisce ha diritto che ne cessi la prosecuzione, o quanto meno che vengano adottate misure per far rientrare dette immissioni nei limiti della normale tollerabilità, e che gli venga riconosciuto il risarcimento del danno patrimoniale o non 9 patrimoniale, eventualmente sofferto in conseguenza della sofferta lesione del diritto al normale svolgimento della vita privata e familiare all’interno della propria casa di abitazione. L’azione reale volta all’accertamento dell'illegittimità delle immissioni e la condanna alla loro cessazione deve essere proposta nei confronti del proprietario del fondo dal quale provengono. L’azione risarcitoria va, invece, esercitata contro chi ha concretamente provocato il danno di cui viene richiesta la riparazione, salvo che il proprietario, con l'utilizzo dell’ordinaria diligenza si fosse potuto prefigurare che l’utilizzatore, con la propria attività, avrebbe certamente recato danno a terzi. La normale tollerabilità non coincide con i limiti variamente previsti da leggi o regolamenti a tutela di interessi di carattere generale, anche se si ritiene che la violazione di detti limiti comporti l’intollerabilità dell’immissione, anche nei rapporti di vicinato. Se hai violato la regola fatta per tutelare l’interesse pubblico, di conseguenza, hai violato anche l’interesse privato. La normale tollerabilità va valutata per caso, facendo riferimento a: a. comune apprezzamento sociale; b. condizione dei luoghi → destinazione concreta naturalistica o urbanistica, delle attività normalmente svolte nella zona, abitudini di chi vi opera, etc. Non rilevano invece le condizioni soggettive di chi utilizza il fondo di chi subisce le immissioni, e neanche l’attività da lui svolta. Se i fondi si trovano in area residenziale e la loro destinazione è agricola il limite di tollerabilità è diverso rispetto ad altri casi. gole dei regolamenti locali non sono violate, possono entrare in gioco le regole civilistiche: Esiste una particolare figura di immissione: immissione industriale. Si tratta di immissioni create nell’esercizio di un'attività economica. La regola di fondo è sempre la normale tollerabilità, però se si tratta di immissione industriale il giudice deve contemperare l’interesse della proprietà privata che subisce l’immissione e le esigenze della produzione. Il giudice potrebbe considerare l’immissione lecita anche nel caso di superamento della normale tollerabilità, se: a. non sia eliminabile attraverso l’adozione di accorgimenti tecnici non particolarmente onerosi → il giudice può comunque imporre a chi produce le immissioni di porre in essere misure tecniche che non richiedano eccessivo dispendio per limitare la propagazione. b. la cessazione dell’attività produttiva causerebbe alla collettività un danno più grave del sacrificio inflitto ai proprietari dei fondi vicini. Però, chi subisce l’immissione ha diritto a un indennizzo. Rilevante poi la priorità d’uso, cioè chi per primo ha iniziato ad esercitare la sua attività nel rispettivo fondo. Non si tratta di regole ferree, il caso viene sempre rimesso al libero apprezzamento del giudice. Ai fini della tollerabilità rileva il fatto che l’immissione sia tale da arrecare pregiudizio alla salute dei soggetti operanti sul fondo che la subisce, ovvero all’integrità dell’ambiente. 10 DISTANZE LEGALI Riguardano edifici fronteggianti che sono situati su terreni di proprietà diversa. Si tratta di una disciplina recessiva. Il Codice Civile impone una distanza tra edifici almeno di 3 metri, per una ragione di ordine pubblico, in quanto distanze minori inciderebbero sulla godibilità e vivibilità degli edifici. Leggi speciali e regolamenti locali prevedono regole diverse che prevalgono, per questo motivo si valuta caso per caso. Se l’immobile risulta a distanza inferiore, il vicino può agire per la rimozione dell’opera abusivamente realizzata, c.d tutela ripristinatoria, nonché per il risarcimento del danno sofferto, c.d. tutela risarcitoria. Anche l’azione volta al rispetto delle distanze legali costituisce un’azione reale, che va proposta nei confronti dell’attuale proprietario della costruzione illegittima e non nei confronti del suo autore materiale. L’azione risarcitoria, invece, può essere rivolta a chi materialmente ha costruito l’opera. L’articolo 873 c.c. fa salva l’ipotesi in cui gli strumenti urbanistici locali richiedano una distanza superiore ai tre metri previsti dal codice civile. In quest’ultimo caso: a. se la previsione degli strumenti urbanistici risulta destinata a disciplinare proprio le distanze tra costruzioni nei rapporti intersoggettivi di vicinato, la sua violazione legittima il vicino ad agire per la rimozione dell’opera abusivamente realizzata e per il risarcimento del danno sofferto → tutela RIPRISTINATORIA e RISARCITORIA; b. se la previsione degli strumenti urbanistici risulta invece dettata esclusivamente per la tutela di interessi generali, la sua violazione legittima il vicino ad agire solo per il risarcimento del danno, non per la riduzione in pristino → tutela RISARCITORIA. Il confinante che costruisce per primo finisce con il condizionare le scelte del vicino che successivamente voglia, a sua volta, costruire, c.d. principio di prevenzione. A chi edifica per primo è aperta una triplice alternativa: 1. il proprietario preveniente costruisce rispettando la distanza legale dal confine o almeno la sua metà; 2. il proprietario preveniente costruisce a ridosso del confine con il fondo vicino → non viola la proprietà altrui, però il vicino: a. o costruisce a distanza legale, ma si mangia una fetta del suo fondo, ed è costretto dalla solo prevenienza del vicino; b. oppure potrebbe costruire: - in aderenza → costruisce attaccato al muro; - in appoggio → si sfrutta il muro già costruito. C’è l’onere di chiedere la comunione forzosa del muro. 3. il proprietario preveniente non costruisce a ridosso del fondo, ma non rispetta almeno la metà della distanza legale → il vicino o: a. costruisce a distanza legale; b. costruisce in aderenza o in appoggio, occupando il terreno del vicino preveniente. In questa terza ipotesi in cui idealmente è consentito occupare una parte del terreno vicino vi è l’onere di interpello del proprietario preveniente, così facendo quest’ultimo può opporsi all’occupazione del suo lembo di terra. Se il preveniente non risponde entro il termine stabilito dalla legge di 10 giorni, legittima l’opera, allora il vicino può procedere. A titolo di indennità dovrà pagare il valore del suolo occupato. 11 MURI Nell’ambito di fondi vicini, i muri sono un tema oggetto di controversie perché si situano normalmente in zone di confine. I muri possono essere una parte di un edificio più ampio e complesso o una costruzione isolata con la funzione di delimitazione di un terreno. Dei muri, il Codice Civile si occupa con delle regole recessive: a. distanze → dipende se il muro sia parte o meno di un edificio più ampio. Se il muro è isolato ci sono delle regole che fanno scattare i limiti legali ai muri che sono più alti di 3 metri; b. comunione forzosa del muro → la proprietà di un bene può essere unica ed esclusivo ma rispetto a uno stesso bene ci possono essere più proprietari, detti comproprietari. Normalmente, la comproprietà, situazione di condivisione della titolarità dello stesso bene, ordinaria si misura in funzione di quote, che dà la misura dei diritti e dei doveri del comproprietario. La comunione forzosa può essere creata anche senza il consenso del proprietario originario, ma bisogna corrispondere un’indennità a chi subisce la comunione. Il Codice dice che data la presenza del muro sul confine di proprietà esclusiva di uno dei proprietari dei fondi confinanti, il proprietario che si trova il muro a confine può chiedere la comunione forzosa. Secondo l’interpretazione prevalente, si ritiene che in realtà il proprietario del fondo che costruisce il muro, ha l’obbligo di concedere la comunione se il vicino gliela chiede. Se si rifiuta di concedere la comunione, il vicino che ha il diritto di vedergli attribuita la comproprietà del muro, chiede al giudice che gli venga attribuita. Parliamo di diritto potestativo a esercizio giudiziale: con la manifestazione di volontà riesco a modificare l’altrui sfera giuridica → non è sufficiente, come nel recesso, manifestare la volontà della comunione, c’è la mediazione del giudice; c. presunzione di comproprietà → una regola in linea di principio fa presumere comuni i muri divisori, che fungono da divisione a proprietà diverse, ma si ammette prova contraria. Chi vuole dimostrare la proprietà esclusiva ha l'onere di prova; se il muro è comune, la comunione addossa diritti e doveri ai comproprietari. Si seguono con adattamenti le regole della comunione; d. manutenzione e ripristino del muro comune → la comproprietà oltre ai diritti della proprietà comporta anche dei doveri ai comproprietari: siccome il muro è comune, ogni comproprietario deve contribuire alla manutenzione e alla ricostituzione del muro in ragione della loro quota. Ad eccezione della spesa che origina da un fatto imputabile solo a uno dei comproprietari. Essere comproprietario, in particolare di un muro, può essere vantaggioso e svantaggioso allo stesso tempo: siccome è comune e ha bisogno di manutenzione ricostituisco il muro anche sia per la parte del vicino che per la mia parte e chiedo la giusta metà delle spese; lo stesso meccanismo può essere visto anche come una passività, a me del muro non interessa più di tanto, il vicino è uno che ha velleità a fare dei muri bellissimi chiedendo a me metà della spesa. La legge a questo proposito prevede una regola che risponde alla logica dell’abbandono liberatorio: uno dei comproprietari non può più contribuire alla spesa e dunque abbandona la comproprietà, rinunciano il vicino si libera. Cosa accade se rinuncio alla comproprietà per sottrarmi alle spese e poi riprendo il diritto reale? Oggi è possibile rinunciare al diritto di proprietà? Alla volte la proprietà è solo un peso. 12 e. godimento → ciascuno dei comunisti godono del bene tutti e in egual misura senza turbare l’eguale diritto degli altri di godimento del muro. Alcune di queste norme rischiano di toccare la validità degli atti privati. Nella compravendita immobiliare, una di queste regole, dice al notaio che per atto pubblico conclude il contratto assistendo il privato, bisogna menzionare a uno a uno tutti i provvedimenti che sono stati dati per edificare l’edificio, risalendo a una certa data; se ci si dimentica di uno, c’è il rischio che l’atto sia nullo. La legge richiede, a pena di nullità, all’alienante tutti i titoli abilitativi. ACQUE L’acqua per sua natura ha la tendenza naturale a scorrere. In ragione di regole che appartengono ad altre scienze positive, fisiche, normalmente queste defluiscono dal fondo superiore a quello inferiore. La regola di base è che p.es. un fondo che sta a valle non può impedire lo scolo delle acque, che si accumulerebbe sul fondo superiore, ma il proprietario superiore non deve aggravare lo scolo. LUCI E VEDUTE Le luci e vedute sono aperture del muro adiacente al fondo confinante. a. vedute → consentono, in condizioni di comodità e sicurezza, di: 1. guardare nel fondo del vicino senza l’ausilio di mezzi meccanici; 2. sporgere il capo su di esso per vedere di fronte e lateralmente. b. luci → aperture che consentono il passaggio di aria e luce, senza consentire l’affaccio sul fondo vicino; 1. regolari → dotata di inferriata idonea a garantire la sicurezza del vicino o munita di grata in metallo a maglie strette per evitare che oggetti possano essere gettati sul fondo contiguo; 2. irregolari → non rispetta queste caratteristiche. Il vicino può chiederne la regolarizzazione. MODI DI ACQUISTO DELLA PROPRIETÀ Il tema si iscrive nel tema più generale dell’acquisto dei diritti. Le regole generali in materia distinguono: a. modi di acquisto a titolo derivativo → vicenda giuridica che presuppone un dante causa, che trasferisce un diritto, trasferimento dello stesso diritto o di un diritto più ampio rispetto a quello in capo al dante causa, …. alienazione costitutiva. Si può parlare del trasferimento o successione del diritto. Fonti del trasferimento del diritto: 1. contratto; 2. successione per causa di morte. b. modi di acquisto a titolo originario → non c’è un soggetto che trasferisce il diritto, che viene acquistato ex novo, sulla base di fattispecie complessa. Più potente, in quanto uno nell’acquisto originario, non subisce i limiti e le compressioni che subiva il dante causa. Nei conflitti prevale sempre l’acquisto a titolo originario. La proprietà si può acquistare sia a titolo derivativo che a titolo originario. I modi di acquisto a titolo originario sono: 13 1. occupazione 2. invenzione 3. accessione Modi di acquisto basati sul possesso in senso tecnico: 1. usucapione; 2. il possesso vale titolo. OCCUPAZIONE L’occupazione è un modo di acquisto a titolo originario, basato su l'impossessamento, con l’intenzione di acquisire in via permanente e definitiva, di un bene che non è in proprietà di alcuno, c.d res nullius, o sono abbandonate dall’avente diritto con l’intenzione di disfarsene tramite derelizione, c.d res derelictae. La fattispecie viene qualificata come acquisto a titolo originario in quanto non è possibile individuare il dante causa. La regola vale solo per i beni mobili, in quanto i beni immobili che non sono di proprietà di alcuno sono di proprietà dello Stato. Eccezionalmente, possono acquistarsi per occupazione, anche se non sono nè res nullius nè res derelictae: a. mammiferi e uccelli parte della fauna selvatica → parte del patrimonio indisponibile dello Stato, vengono acquistati da chi li abbia abbattuti nell’ambito dell’attività venatoria; b. sciami d’api e animali mansuefatti sfuggiti al proprietario → chi li ritrova ne acquista la titolarità se non reclamati tempestivamente dal proprietario; c. conigli, pesci e colombi passati ad altra conigliera, peschiera o colombaia; d. frutti spontanei → tartufi, funghi, etc. Ci vuole l’animus occupandi? Bisogna avere l’intenzione soggettiva di diventare proprietario? Si tratta di un argomento discusso. Se si dicesse che conta la volontà, all’atto dell’apprensione si potrebbe riconoscere un valore negoziale, ma se non conta la volontà è un mero atto giuridico. Si tratta di capacità; se fosse negoziale, la fattispecie non sarebbe conclusa da un incapace; se fosse mero atto giuridico, la capacità non conta. INVENZIONE Si tratta dell’acquisto di proprietà di una cosa mobile con apprezzabile valore economico o un presumibile valore di affezione. L’invenzione è l’atto del ritrovamento. L’invenzione è un modo di acquisto della proprietà a titolo originario basato sul ritrovamento di una cosa involontariamente smarrita, che non è considerata res nullius, in quanto il proprietario ignora il luogo in cui si trova. La fattispecie è più complessa in quanto è generatrice di obblighi e solo eventualmente può portare all’acquisto della proprietà. Il ritrovatore è obbligato per legge a restituire il bene ritrovato al proprietario se lo conosce, altrimenti al sindaco o all’autorità preposta. Nell’ultimo caso, il sindaco deve custodire il bene e rendere pubblico il ritrovamento. ➔ il bene viene restituito → non si perfeziona la fattispecie di acquisto della proprietà. Al ritrovatore spetta un premio proporzionale al valore della cosa smarrita oppure, se non ha un valore commerciale, un premio nella misura fissata dal giudice. ➔ il bene non è reclamato dal proprietario entro un certo termine → il bene è di proprietà del ritrovatore. La fattispecie acquisitiva non è automatica. 14 Vicino a questa figura viene inserita anche la figura del tesoro. Il tesoro è una cosa mobile e di pregio, sottratta o nascosta, di cui nessuno può provare d'essere proprietario. Il tesoro è di proprietà del proprietario del fondo in cui viene ritrovato. Se ad averlo ritrovato è un terzo, la proprietà spetta metà al proprietario del fondo e metà al ritrovatore. Il ritrovamento di beni culturali di interesse storico ed artistico attribuisce la proprietà allo Stato, sono di proprietà collettiva. ACCESSIONE L’accessione è un modo di acquisto della proprietà basato sull’incorporazione o congiunzione materiale, per opera dell’uomo od anche per evento naturale, di due beni che sono originariamente in proprietà di soggetti diversi. Il proprietario della cosa principale acquista la proprietà delle cose che vengono in essa incorporate. Occorre distinguere: a. accessione di mobile ad immobile; b. accessione di immobile ad immobile; c. accessione di mobile a mobile. ACCESSIONE MOBILE AD IMMOBILE L’accessione di mobile ad immobile importa che qualunque piantagione, costruzione od opera esistente sopra o sotto il suolo appartiene al proprietario di questo. Il proprietario del suolo acquista la proprietà di quanto nello stesso suolo venga da chiunque incorporato ex lege, senza bisogno di una dichiarazione di volontà. Superficies solo cedit. Il suolo è sempre considerato cosa principale, quand’anche le cose incorporate dovessero avere un valore di mercato superiore. L’acquisto è definitivo. Se i due beni si possono staccare, la proprietà del bene accessorio non ritorna al proprietario originario. Il legislatore si è reso conto che l’incorporazione del bene mobile al bene immobile può avvenire almeno in tre modi: 1. il proprietario del fondo incorpora beni materiali di un soggetto terzo → sul fondo costruisce casa con mattoni di un terzo. Il terzo, proprietario dei materiali, che se li è visti sottrarre ha diritto di rivendicare. Nel momento in cui viene a conoscenza dell’incorporazione, ha 6 mesi di tempo per reclamare quei beni, nel caso in cui questi si possano scorporare, senza grave pregiudizio per l’opera o perimento della piantagione. Se il terzo non rivendica i beni o i beni sono inseparabili, rimangono in proprietà del proprietario del fondo che paga a favore del terzo un indennizzo. L’accessione scatta al passare dei 6 mesi o se i beni non sono scorporabili. 2. incorporazione per mano di un soggetto terzo con materiali propri → costruisco con l’illusione di diventare proprietario della cosa, costruita su un fondo che non è mio. Il legislatore prevede che il proprietario del fondo possa richiedere la rimozione dell’opera, a meno che non si tratti di beni inseparabili e se vi sia stata la tolleranza del proprietario, che sapeva e non ha impedito; 15 3. opera compiuta da un terzo, diverso dal proprietario del suolo, con materiali di un terzo ancora → vi sono tre soggetti: proprietario del suolo, proprietario dei materiali incorporati e chi incorpora. Le eccezioni a superficies solo cedit sono due: 1. istituzione del diritto di superficie → l’edificio edificato è di proprietà di colui che l’ha edificato e non del proprietario del fondo; 2. accessione invertita → è il suolo a cedere a quanto in esso impiantato. Si verifica quando, nella realizzazione di una costruzione, il proprietario confinante invade il fondo vicino, facendo sì che l'edificio si estenda su entrambi i terreni. Se - la parte realizzata sul suolo altrui non ha una propria autonomia funzionale; - autore dell’opera l’ha fatto in buona fede, nel ragionevole convincimento di edificare sul proprio suolo; - proprietario del fondo non fa opposizione entro 3 mesi dal giorno in cui la costruzione ha avuto inizio; il proprietario sconfinante può chiedere al giudice, tramite sentenza costitutiva, di trasferirgli la proprietà del suolo occupato a fronte del pagamento di una somma pari al doppio del valore della superficie occupata. ACCESSIONE MOBILE A MOBILE a. unione o commistione → cose mobili, appartenenti a proprietari diversi, vengono unite o mescolate in modo da formare un insieme inseparabile, pur senza dar luogo a una cosa nuova. L’insieme risultante è di proprietà comune in proporzione del valore delle cose originariamente spettanti a ciascuno. Se: - una delle cose è da considerarsi principale o ha un valore molto superiore, il suo proprietario acquista la proprietà del tutto; - le cose mobili risultano separabili senza notevole deterioramento, i singoli beni continuano ad appartenere al loro proprietario originario. b. specificazione → l’elemento di congiuntura materiale non c’è, in quanto si basa sulla trasformazione ad opera dell’uomo di un bene altrui. Il risultato è che il bene originario, una volta trasformato, ha una nuova identità sul piano economico sociale. La proprietà del bene nuovo appartiene a colui che ha messo in campo l’opera dell’uomo. In questo nuovo colui che acquista la proprietà del bene nuovo deve pagare il prezzo del materiale. Se il valore della materia è molto superiore rispetto a quello del bene creato, prevale la proprietà della materia. I casi vanno distinti, in quanto un'ipotesi di questo genere non potrebbe avvenire se è presente un rapporto contrattuale. ACCESSIONE IMMOBILE - IMMOBILE Abbiamo le due ipotesi : a. alluvione → incremento successivo e impercettibile di un fondo rivierasco per effetto dell’opera dell’acqua corrente. Questi terreni appartengono al proprietario del fondo incrementato; b. avulsione → distacco di una porzione di terreno consistente e riconoscibile che si sposta da un fondo all’altro per effetto dell’acqua corrente. Detti terreni appartengono al proprietario del fondo incrementato, che è tenuto a pagare un’indennità nei limiti del maggior valore recato al suo fondo dall’avulsione. 16 Per più recenti modifiche legislative diverse rispetto a quelle elencate, vanno a vantaggio dello Stato: 1. terreno abbandonato dall’acqua corrente; 2. alveo abbandonato; 3. isola nata dal fiume. PERDITA O ESTINZIONE DELLA PROPRIETÀ Estinzione del diritto di proprietà implica la perdita del diritto ma questo viene meno senza che nessun altro lo acquisti. La perdita in senso ampio può avvenire anche tramite un fenomeno traslativo. L’estinzione può avvenire per: a. acquisto originario da parte di terzi → ad esempio usucapione; b. atto di disposizione da parte del proprietario → determina trasferimento a favore di terzo, che acquista proprietà a titolo derivativo; c. abbandono o derelizione → atto del proprietario che abbandona la res mobile, di modico valore, lasciato in un luogo aperto al pubblico; l’effetto è la perdita della proprietà che determina l’estinzione del diritto e di conseguenza la res diventa nullius ed è suscettibile all’occupazione di terzi; d. abbandono liberatorio → rinuncio alla proprietà sul bene per liberarmi delle spese; e. atto abdicativo negoziale → atto unilaterale che ha valore di rinuncia al diritto soggettivo. AZIONI A TUTELA DELLA PROPRIETÀ Le azioni a tutela della proprietà sono dette anche azioni petitorie reali, in quanto spettano al titolare di un diritto reale. Si distinguono da quelle possessorie, a tutela del possesso, ma anche da quelle personali, che si esercitano in sede giudiziale per tutelarsi nel contesto di un rapporto obbligatorio. Le azioni reali hanno in comune la causa petendi, ragione per cui si chiede tutela, vale a dire la lesione di un diritto reale; Le azioni reali sono: AZIONE DI RIVENDICAZIONE Principale azione a tutela della proprietà. L’azione di rivendicazione è l’azione con la quale il proprietario leso chiede la restituzione del suo bene illegittimamente detenuto o posseduto da terzi. Il fine è di ottenere l’accertamento del diritto di proprietà sul bene e la condanna di chi lo possiede o lo detiene alla sua restituzione. Perciò, il legittimato attivo a richiedere l’azione è il legittimo proprietario della cosa, mentre il legittimato passivamente è colui che, avendo il possesso o la detenzione della cosa, ha la facultas restituendi. Il detentore può richiedere di essere estromesso dal giudizio, indicando il soggetto in nome del quale egli detiene la cosa. Sufficiente che il convenuto possieda o detenga la cosa nel momento della domanda giudiziale; se successivamente ha cessato, per fatto proprio, di possedere o detenere la cosa, l’azione può essere legittimamente proseguita nei suoi confronti. Il convenuto sarà obbligato a recuperare la cosa per l’attore a proprie spese, oppure, in mancanza, a corrispondergli il valore, oltre che a dovergli in ogni caso risarcire il danno. Il legislatore dichiara l’azione di rivendicazione imprescrittibile, in quanto il non uso è una manifestazione dell’ampiezza di poteri che spettano al proprietario. L’azione, però, dovrà 17 essere rigettata se il convenuto dimostra di aver acquistato la proprietà della cosa per usucapione. Da questa regola possiamo intuire l’imprescrittibilità della proprietà. La proprietà non viene mai meno. L’attore ha l’onere di dimostrare il suo diritto di proprietà e fornire i fatti/atti che lo affermino, specie se la controparte contesta il diritto. In caso di: a. acquisto a titolo originario → prova del titolo; b. acquisto a titolo derivativo → attore deve dare prova del suo titolo di acquisto, ma anche del titolo di acquisto dei precedenti titolari, fino ad arrivare ad un acquisto a titolo originario. Chiamata probatio diabolica per la sua difficoltà, se non impossibilità, ad essere reperita; Per i beni immobili tutto ciò è agevolato dalla trascrizione immobiliare, nel registro pubblico riesco a ricostruire tutti i passati passaggi di proprietà fino ad arrivare a un acquisto a titolo originario. In proposito, occorre fare una distinzione fra: a. beni mobili → sufficiente la prova dell’acquisto della proprietà tramite la regola posesso vale titolo. Seppur avesse acquistato la cosa da chi non ne era legittimamente il proprietario, ne ha acquistato la proprietà, avendo a suo tempo ricevuto la cosa in buona fede ed in base a un titolo idoneo a trasferire la proprietà; b. beni immobili → l'acquirente a titolo derivativo può dimostrare di aver maturato un acquisto a titolo originario tramite usucapione. L’usucapione ordinario di un bene immobile è di 20 anni; se anche il bene non fosse stato acquistato con contratto, si è maturato il tempo necessario per acquistare la proprietà del bene. Secondo le regole generali, il proprietario deve dimostrare la sua proprietà, ma nel farlo non basta produrre un documento che attesti il titolo derivativo, ma: a. dimostrazione di acquisto a titolo originario; b. risalire nella catena degli acquisti, sino a individuare acquisto a titolo originario; c. dimostrare che pur avendo acquistato a titolo derivativo, ha maturato i presupposti per un acquisto a titolo originario; La netta differenza tra l’azione reale di rivendicazione e la mera azione di restituzione si basa sul fatto che quest’ultima è un’azione personale, chi la esercita fa sorgere l’obbligo di restituzione ma non si professa proprietario, bensì creditore di una certa prestazione. L’agevolazione è data dal fatto che essendo un’azione personale, che non si fonda sulla violazione del diritto di proprietà, basta dimostrare l’esistenza del titolo che ha generato l'obbligo e ha fatto sorgere il diritto di pretendere la prestazione a favore del creditore. AZIONE NEGATORIA Azione esercitata dal proprietario per accertare l'insussistenza di diritti reali vantati da terzi sulla cosa in sua proprietà. Si tratta di azione di accertamento di libertà del bene, vale a dire non vi sono diritti concorrenti sulla cosa. Si ha eventuale condanna a cessare molestie e turbative che si stanno illegittimamente ponendo in essere. Secondo un diffuso pensiero il carico probatorio dell'attore è minore, non vi è la probatio diabolica. La prova richiesta all’attore è minore dato che si tratta di azione di accertamento di libertà del bene. Non si deve passare attraverso la verifica dell’effettivo diritto di proprietà sul bene, ma è sufficiente la dimostrazione di un valido titolo di acquisto. 18 L’azione negatoria è imprescrittibile. L’azione, però, dovrà essere rigettata se il convenuto dimostra di aver acquistato la proprietà della cosa per usucapione. AZIONE DI REGOLAMENTO DEI CONFINI Il proprietario di un fondo chiede l’esatto accertamento giudiziale dei confini del proprio fondo rispetto a quello del vicino. Non viene contestata il diritto di proprietà sul fondo dei due soggetti, è solo incerto dove passa il confine. La proprietà viene toccata indirettamente: in base all’accertamento giudiziale posso vincere o perdere una fetta di fondo. Si ritiene che il carico probatorio è minore in quanto a essere contestata non è la proprietà ma un elemento secondario, vale a dire il confine. Le mappe catastali sono rappresentazioni grafiche di beni immobili che hanno funzione di censimento, soprattutto a fini fiscali. Sembra essere una piccola anagrafe degli immobili, quindi se c’è un dubbio si potrebbe andare a leggere le mappe catastali, che contengono anche informazioni descrittive rispetto al fondo. Le mappe però hanno valore sussidiario, possono essere utilizzate solo in mancanza di un diverso mezzo per dimostrare dove passa il confine. APPOSIZIONE DI TERMINI Il proprietario di un fondo, che confina con altri, mira a costituire o ricostituire i segni divisori dei fondi, i quali possono mancare fin dall’origine o sono venuti a mancare nel tempo, con il concorso di spesa del proprietario del fondo vicino. Il carico probatorio è minore in quanto non si contesta la proprietà e neanche dove passa concretamente il confine, semplicemente quest’ultimo non è segnalato. AZIONE DI MERO ACCERTAMENTO DELLA PROPRIETÀ Si tratta di uno strumento generale di tutela delle posizioni soggettive. Il proprietario può chiedere una sentenza di mero accertamento, un provvedimento che attesti che la cosa sia di sua proprietà. Il proprietario potrebbe avere anche il possesso del bene. Ci sono casi in cui ha a disposizione queste azioni ma si potrebbero aggiungere anche le azioni possessorie. DIRITTI REALI DI GODIMENTO SU COSA ALTRUI Insistono su un bene in proprietà di un altro soggetto. USUFRUTTO L’usufrutto è il diritto temporaneo di godere di una cosa e di farne propri i frutti, nei limiti della destinazione economica della cosa stessa. Notiamo un fenomeno di compressione del contenuto del diritto: a. attributo della temporaneità → non perpetuo come la proprietà; b. facoltà specifiche: godimento della cosa e percezione dei frutti → non a contenuto generale come la proprietà; c. cosa non può essere distrutta arbitrariamente dall’usufruttuario → bisogna rispettare la destinazione economica, espressa dal proprietario che ha concesso la cosa in usufrutto. Questi limiti nascono dal fatto che l’usufrutto è un diritto essenzialmente a termine: il bene deve essere restituito a termine, esattamente com’è stato dato all’usufruttuario. 19 All’usufruttuario non è concesso disporre del bene, solo il proprietario può farlo. L’usufrutto per regola generale si può cedere, c.d. diritto cedibile, salvo che il titolo non preveda diversamente. Il termine massimo è stabilito dalla legge distinguendo a seconda di chi è il beneficiario; a. se è una persona fisica l’usufrutto non può durare più della vita dell’usufruttuario, con la morte il diritto si estingue; b. se è una persona giuridica, come un ente, la durata massima è di 30 anni. Nell’uno e nell’altro caso, il titolo potrebbe prevedere diversamente MA deve attenersi al termine massimo. Tramite il meccanismo delle cessioni si potrebbe rendere perpetuo l’usufrutto, perché cedendo si aggiorna il termine biologico del beneficiario, allora la legge prevede che in caso di cessione il termine rimane quello originario, non muta: il diritto si cede ad altre persone fisiche ma il termine massimo rimane ancorato alla vita del primo usufruttuario. L’usufrutto per sua natura non è trasmissibile per causa di morte, salvo che non vi sia stata cessione e il nuovo usufruttuario muoia prima dell’usufruttuario originario, in quel caso verrà trasmesso agli eredi, ma in caso di morte di quest’ultimo, il diritto si estingue. Quando parliamo di termine incontriamo due figure problematiche: a. usufrutto congiuntivo: Usufrutto attribuito contemporaneamente a più persone con clausola di accrescimento. Alla morte di uno dei beneficiari, il diritto degli altri si amplia in proporzione alla parte di chi è passato a miglior vita; b. usufrutto successivo: Nell'attribuzione c’è un ordine successivo; per usufrutto successivo si intende quello attribuito a più soggetti in via successiva alla morte dell’usufruttuario precedente, se l’usufruttuario attuale muore il diritto di lui si accresce all’altro successivo. Non si hanno 2 usufruttuari contemporaneamente, ne ho uno con attribuzione del diritto ad altri in ordine successivo. La spiegazione di questi limiti è data dal fatto che se si potesse fare un usufrutto successivo senza limitazione, andrebbe a contrastare la regola del termine massimo. L’usufrutto successivo è espressamente vietato se costituito per testamento o in forza di donazione. Ma siccome l’usufrutto successivo non è vietato in generale, se uso un contratto, vi è un divieto? Qualcuno sostiene che non si può, altri invece che al di fuori dei casi in cui è espressamente vietato, si può fare. Siccome la legge lo vieta solo in campi particolari, al di fuori è consentito. Si è distinto tra: - usufrutto successivo proprio → quando l’usufruttuario che tu scegli, non è ancora esistente al momento dell’atto, ad esempio nipote e nipote del nipote, etc.; - usufrutto successivo improprio → se i beneficiari dell’usufrutto che si designano già esistono, non si sta rendendo l’usufrutto eterno infatti la durata massima garantita è la vita del più longevo di tutti. Modi di costituzione: a. usufrutto legale → riconosciuto ai genitori esercenti la responsabilità genitoriale nei confronti dei figli minori su tutti i loro beni. Altra ipotesi era quella dell’usufrutto uxorio, figura che viene in rilievo in sede di successione mortis causa. Al coniuge superstite viene attribuita una quota dei beni del 20 coniuge defunto in usufrutto. La riforma del diritto di famiglia del 1975 ha eliminato questa figura, prevedendo che al coniuge superstite venga attribuita la piena proprietà sulla quota spettante. b. usufrutto volontario a titolo derivativo → contratto o testamento. Gli atti inter vivos che costituiscono il diritto di usufrutto su beni immobili richiedono la forma scritta ad substantiam e sono soggetti a trascrizione. Del pari, sono soggetti a trascrizione l’accettazione dell’eredità e l’acquisto del legato che importino l’acquisto dell’usufrutto su beni immobili; c. usufrutto acquistato a titolo originario → usucapione; d. usufrutto costituito per provvedimento del giudice → in relazione alla necessità della prole, il giudice può costituire a favore di uno dei coniugi, l’usufrutto su parte dei beni spettanti all’altro coniuge a seguito della divisione dei cespiti già in comunione legale. Oggetto dell’usufrutto deve essere: a. beni mobili o immobili; b. bene corporale; c. bene inconsumabile → siccome è a termine, quando viene a meno, il bene deve essere restituito, e se fosse consumabile questo non sarebbe possibile, perchè se il bene viene utilizzato perde la sua individualità e non potrebbe più essere restituito. *QUASI USUFRUTTO Si può costituire usufrutto su beni consumabili, che è quasi usufrutto. C’è attribuzione di proprietà piena, ma a scadenza il beneficiario deve ritornare altrettanto bene in termini di quantità e qualità. Il beneficiario ha la facoltà di consumare il bene. Diritti dell’usufruttuario: a. potere di godimento sul bene, che implica: 1. facoltà di trarre dalla cosa tutte le utilità che il bene può offrire, con il limite di rispettare la destinazione economica; 2. possesso della cosa; 3. all’usufruttuario spettano i frutti naturali separati durante l’usufrutto e i frutti civili maturati giorno per giorno fino al termine dell’usufrutto. b. potere di disposizione del diritto di usufrutto → la cessione non può danneggiare il nudo proprietario, prolungando la compressione del suo diritto, infatti l’usufrutto si estinguerà egualmente nel termine stabilito nell’atto di costituzione, o, in mancanza, con la morte dell’originario primo usufruttuario; c. potere di disposizione del godimento del bene → l’usufruttuario può concedere l’oggetto dell’usufrutto in comodato o in locazione. Nell’ultimo caso, le locazioni concluse dall’usufruttuario dovrebbero estinguersi quando si estingue l'usufrutto. Tuttavia, il legislatore ha consentito che le locazioni in corso al momento della cessazione dell’usufrutto possano proseguire per la durata stabilita, ma a condizione che la locazione e la sua durata risultino da un atto pubblico o da scrittura privata con data certa anteriore, e per non oltre 5 anni dalla cessazione dell’usufrutto; d. facoltà di apportare miglioramenti alla cosa e di eseguire addizioni. L’esercizio del diritto porta a dei doveri a carico dell’usufruttuario, giustificati dalla dovuta restituzione del bene a termine: a. divieto di distruggere la cosa o di cambiarne la destinazione economica; 21 b. usare la diligenza del buon padre di famiglia nel godimento della cosa; c. obblighi conservativi: 1. adoperarsi per garantire la sussistenza della cosa al termine dell’usufrutto; 2. redigere inventario → atto di accertamento ufficiale dello stato o della condizione del bene concesso in usufrutto, fatto da un notaio o cancelliere; 3. dare idonea garanzia → deve assicurare al proprietario la restituzione del bene. L'usufruttuario può migliorare il bene o compiere delle addizioni; se al termine ci sono miglioramenti, costui ha diritto a un’indennità pari alla minor spesa tra lo speso e il migliorato. Le addizioni se sono separabili senza danno per la cosa possono essere rimosse dall’usufruttuario, salvo che il proprietario le voglia tenere, ma allora paga un’indennità; A capo dell’usufruttuario troviamo le spese e gli oneri relativi alla custodia, all’amministrazione, alla manutenzione ordinaria della cosa e, quindi, alle riparazioni ordinarie, alle imposte, ai canoni, alle rendite fondiarie e agli altri pesi che gravano sul reddito. Sono, invece, a carico del nudo proprietario le riparazioni straordinarie, che superano i limiti della conservazione della cosa e delle sue utilità per la durata della vita umana. L’estinzione dell’usufrutto si verifica per: a. scadenza del termine o morte dell’usufruttuario; b. rinuncia; c. prescrizione per non uso ventennale; d. consolidazione o confusione → nella stessa persona si riunisce sia la titolarità del diritto reale minore che la nuda proprietà; e. abuso dell’usufruttuario → di fronte a degli abusi dell’usufruttuario, il nudo proprietario chiede l’intervento del giudice affinché estingua il diritto. La legge dice che il giudice di volta in volta valuta la gravità, e non dispone estinzione se ritiene che altre misure, più tenui, siano sufficienti; f. totale perimento del bene oggetto dell’usufrutto → ci sono delle eccezioni: - perimento parziale → non determina estinzione dell’usufrutto; - surrogazione reale → sostituzione del bene, il diritto si conserva trasferendosi su un altro bene. In certi casi il bene oggetto è assicurato, se perisce, l’assicurazione paga l’indennità. Per effetto del principio dell’elasticità del dominio, l’estinzione dell’usufrutto importa l’automatica riespansione della nuda proprietà in proprietà piena. USO L’uso è il diritto di usare la cosa e di farne propri i frutti, nei limiti dei bisogni propri e della propria famiglia. Lo si concepisce come un usufrutto minore. Il limite del bisogno è legato alla percezione dei frutti. Il titolare del diritto di uso è l’usuario. ABITAZIONE Diritto di abitare una casa, immobile con finalità abitativa, nei limiti dei bisogni propri e della propria famiglia. Il limite del bisogno riguarda la facoltà principale. Il titolare del diritto di abitazione è l'abitatore. La famiglia rispetto alla quale apprezziamo la composizione del diritto comprende: - famiglia ristretta → figli e coniuge; 22 - collaboratori domestici conviventi. Può avere come oggetto soltanto un immobile con finalità abitativa. La regola conclusiva dell’uso e dell’abitazione rinvia alle norme dell’usufrutto, nei limiti nella compatibilità e a meno che per i primi due siano previste norme più specifiche. Dati i limiti del bisogno proprio e della propria famiglia viene concepito come diritto legato alla persona. Questa è un'addizione descrittiva, si tratta comunque di diritto reale, ma la figura del titolare è rilevante perché rispetto a lui si apprezza l’entità del limite del diritto. Questo giustifica una delle fondamentali regole in materie di uso e abitazione. Una regola comune ad entrambe le figure: a. non sono diritti cedibili; b. non si possono concedere in locazione. Si è discusso sull'imperatività di questa regola: convenzionalmente si può derogare il divieto? Il titolo costitutivo, ad esempio il contratto, può derogare? Qualcuno, data la somiglianza con l’usufrutto, nel quale si può cedere se il titolo non prevede diversamente, sostiene l’applicazione della regola contraria: non si può cedere ma il titolo può prevedere diversamente. Sono entrambi diritti essenzialmente a termine. Prevediamo che questi diritti siano diritti legali, spettano per espressa previsione di legge a qualcuno. La legge prevede per il coniuge superstite un legato: diritto di abitare della casa in cui abitavano insieme e uso delle cose che la arredano. Sono uno la figura minore dell’altra. DIRITTO DI SUPERFICIE Il diritto di superficie è un diritto reale di godimento su cosa altrui. L’oggetto è particolare in quanto si guarda a un fondo, un bene immobile. Conosce due declinazioni: a. concessione ad aedificandum → si tratta del diritto di costruire sopra o sotto il fondo altrui, un’opera di cui il superficiario acquista a titolo originario la proprietà, c.d proprietà superficiaria, separata da quella del suolo, la quale rimane invece al concedente. Io ho un diritto di superficie, ho diritto ad edificare e la norma dice che io sono proprietario di quanto ho costruito. Si sostiene si tratti di una deroga al principio dell’accessione; il proprietario non può acquistare a titolo originario, ma la casa è acquistata a titolo originario da chi l’ha edificata. b. piena proprietà superficiaria → proprietà separata di una costruzione già esistente, di cui un soggetto diverso dal proprietario diviene titolare, mentre la nuda proprietà del suolo rimane al concedente. Importante distinguere i due casi in quanto: - se la costruzione ancora non esiste → si ha un diritto reale su cosa altrui, con la conseguenza che la concessione ad aedificandum si estingue se il titolare non costruisce per vent’anni; - se la costruzione esiste → si ha una proprietà della costruzione, separata da quella del suolo, pertanto non è concepibile l’estinzione per non uso. 23 La superficie può essere: a. perpetua; b. a termine → a scadenza la proprietà della costruzione passa gratuitamente, salvo patto contrario, al proprietario del suolo. I modi di acquisto della superficie sono: a. contratto → contratto costitutivo, così come quello che lo modifica o lo estingue, richiede forma scritta ad substantiam ed è soggetto a trascrizione; b. testamento; c. usucapione → implica il possesso del bene, in quanto si diventa proprietari dopo aver posseduto per un certo periodo. Si può possedere una casa senza possedere anche il terreno? Si, è quasi per qualcuno un’impossibilità logica di usare solo il sopra e non usare anche le potenzialità che ci sono sotto. Dipende dai casi MA idealmente si può usucapire, purché vengano realizzate, attraverso l’esecuzione della costruzione, opere visibili di attuazione del diritto. Il superficiario ha la libera disponibilità della costruzione che è di sua proprietà; può alienare, costituire sulla stessa diritti reali, concederla in godimento a terzi, etc. In ragione della natura proprietaria del diritto di superficie, il superficiario è legittimato ad esperire le azioni a tutela della proprietà superficiaria. L’estinzione della superficie è: a. prescrizione per non uso ventennale → se si tratta di concessione ad aedificandum; b. scadenza del termine → se è a tempo determinato. I diritti reali di godimento gravanti sul suolo si estendono alla costruzione, mentre quelli eventualmente costituiti dal superficiario si estinguono, ad eccezione della servitù costituita a favore della costruzione ; c. confusione; d. rinuncia. Per cause di estinzione diverse dalla scadenza del termine, i diritti reali di godimento eventualmente costituiti, rispettivamente, dal superficiario e dal nudo proprietario, continuano a gravare separatamente sui beni già oggetto dei diritti di ciascuno. Salva diversa pattuizione, il perimento della costruzione non determina l’estinzione del diritto; il superficiario è libero di ricostruire poi. Con l’estinzione del diritto di superficie, il diritto del nudo proprietario si estende alla costruzione eretta dal superficiario. SERVITÙ La servitù prediale è il peso imposto su un fondo, c.d fondo servente, per l’utilità di un altro fondo, c.d fondo dominante, in proprietà di un soggetto diverso. L’elemento passivo è il peso; chi beneficia della servitù ha il diritto di godere del fondo altrui per l’utilità del fondo proprio. La servitù è particolare perché è caratterizzata dalla dualità dell’oggetto: sono richiesti due immobili, su uno è posto il peso a vantaggio dell’altro. Si chiama rapporto di predialità/ di servizio: relazione tra i due fondi, per cui il fondo dominante si avvantaggia della limitazione che subisce quello servente. Vi è la distinzione tra: 24 a. servitù tipiche → contenuto è previsto e regolamentato dal Codice Civile. Esempi sono la servitù di passaggio, servitù di presa d’acqua, servitù di acquedotto e servitù di elettrodotto; b. servitù atipiche → atipicità ha un significato più debole di quanto si possa pensare. La definizione ci dice che la servitù è un peso sul fondo, ma non ci dice in modo ferreo in cosa consiste. Ferma la rigida griglia di base in quanto se non risponde alla definizione di base non è servitù, si ha libertà nella definizione del contenuto. L’ambulatorietà della servitù prevede che l’alienazione del fondo dominante comporta anche il trasferimento delle servitù attive ad esso inerenti, anche se nulla venga previsto al riguardo nell’atto di cessione; così come l’alienazione del fondo servente comporta che le servitù passive continuano a gravare sullo stesso, sempre che risulti trascritto il relativo titolo originario di costituzione. La servitù irregolare non costituisce servitù prediale, in quanto si tratta di un diritto personale, infatti il servizio è prestato a favore di una persona e non del fondo. I principi fondamentali in tema di servitù sono i seguenti: a. necessaria dualità dell’oggetto; b. riconducibilità dei fondi a proprietà separate; c. vicinitas, fondi vicini che in una concezione moderna delle cose non significa continuità materiale, non per forza attaccati. La vicintas si valuta in base all’utilitas; d. presenza dell’utilitas; e. l’imposizione della servitù non può mai imporre obblighi positivi a carico del titolare del fondo servente, ma soltanto un dovere negativo di non facere o di pati → spese per le opere necessarie alla conservazione della servitù sono di regola a carico del proprietario del fondo dominante, mentre il proprietario del fondo servente non è tenuto a compiere atti volti a rendere possibile l’esercizio della servitù da parte del proprietario del fondo dominante, salvo patto contrario. Nel caso in cui, invece, sia tenuto, in forza del titolo, ad una prestazione positiva, si hanno due distinti rapporti giuridici: 1. rapporto reale di servitù; 2. rapporto obbligatorio propter rem. L’eventuale obbligo positivo è funzionale soltanto a facilitare l’esercizio della servitù. La costituzione delle servitù può avvenire tramite: a. attuazione di obbligo di legge, c.d servitù coattive; Si tratta di una servitù costituita tramite provvedimento autoritativo del giudice o dell’autorità amministrativa. La legge si preoccupa del pregiudizio che una determinata situazione del fondo può arrecare, ad esempio nel caso di fondo intercluso senza accesso a via pubblica, alla possibilità di utilizzo dell’immobile ed attribuisce al suo proprietario il diritto potestativo, a necessario esercizio giudiziario, di ottenere l’imposizione di una servitù sul fondo altrui. Chi ha ottenuto coattivamente la servitù deve pagare un'indennità stabilita dal giudice e commisurata al danno sofferto di chi subisce il peso della servitù. In questo caso, per costituire concretamente la servitù occorre: I. contratto, nel quale si sottolinea che la servitù è coattiva seppur costituita tramite contratto, nella misura in cui quest’ultimo si configuri come adempimento a un obbligo legale; 25 II. sentenza costitutiva del giudice, che farà nascere la servitù e determina l’indennità dovuta. Finché il pagamento non avviene, il proprietario del fondo servente può opporsi all’esercizio della servitù. Il venir meno dei presupposti che hanno giustificato la costituzione della servitù coattiva, ne legittima la richiesta di estinzione, quand’anche sia stata costituita convenzionalmente. Anche per l’estinzione è richiesta sentenza costitutiva del giudice. Le figure tipiche di servitù coattiva sono: - acquedotto coattivo; - elettrodotto coattivo; - gasdotto coattivo; - scarico coattivo; - passaggio coattivo → accesso di un fondo alla via pubblica è fondamentale per il suo utilizzo. Il diritto alla servitù di passaggio sussiste sia nel caso di interclusione assoluta, per cui il fondo no ha nè può avere accesso alla via pubblica; sia nell’ipotesi in cui il proprietario non possa procurarsi l’uscita senza eccessivo dispendio e disagio; e sia nel caso di interclusione relativa, in cui il livello della strada è molto più alto rispetto a quella del fondo. Nel caso di fondo non intercluso vi sono due eccezioni in cui è ammessa la costituzione di servitù coattive: 1. bisogno ai fini del conveniente uso del fondo di ampliare l’accesso esistente per il transito dei veicoli anche a trazione meccanica → il conveniente uso va valutato in base alla concreta possibilità di uno sfruttamento più intenso del fondo o di una sua migliore utilizzazione e, inoltre, va valutato il serio proposito del proprietario di attuare tale più intenso sfruttamento; 2. il passaggio esistente non è adatto o è insufficiente ai bisogni del fondo e non può essere ampliato → la costituzione della servitù è subordinata al fatto che risponda alle esigenze dell’agricoltura e dell’industria, della produzione cioè, oppure a esigenze di accessibilità al fondo dominante da parte di qualsiasi portatore di handicap o persona con ridotta capacità motoria, o per garantire la tutela di esigenze abitative. b. volontà dell’uomo, c.d servitù volontarie → testamento e contratto, sia per servitù apparenti che non apparenti; c. usucapione → solo per servitù apparenti, in quanto si basa sul possesso, non posso acquisire una servitù in cui non vi sia niente da possedere; d. destinazione del padre di famiglia → solo per servitù apparenti. Il modo costitutivo è singolare e specifico per le servitù. Si tratta di una fattispecie complessa. Legato al compimento di atti dispositivi come l’alienazione o una divisione di uno o più fondi di proprietà unica, salvo che il titolo non preveda diversamente. Rispetto a questi fondi c’è una situazione di fatto, corrispondente al contenuto di una servitù, che non c’è in quanto appartengono allo stesso proprietario. Su un fondo è costruita una casa, sull’altro un pozzo da cui si attinge l’acqua. Ci sono due opere tali per cui uno dei due fondi serve l’altro. Nell’istante in cui si aliena la parte di fatto servente, la costituzione della servitù avviene in modo automatico. Si distingue tra: 26 a. servitù tipiche e servitù atipiche; b. servitù apparenti e non apparenti → si basano e risultano da opere visibili e permanenti; c. servitù continue e discontinue → permanenza delle opere strumentali; esercizio della servitù dipende da un atto del suo titolare; d. servitù attive e negative → prevedono esercizio attivo della servitù; impone al titolare del fondo servente di non fare qualcosa; e. servitù volontarie e coattive. L’esercizio della servitù è regolata dal titolo, contratto, testamento o sentenza del giudice, e in mancanza dalla legge. Il diritto comprende tutto ciò che è necessario per usarne, vale a dire anche le facoltà accessorie indispensabili per l’esercizio della servitù. Si chiama modo o modalità di esercizio il come la servitù può essere esercitata. Nel caso di servitù apparente: - modo previsto dal titolo → non si può usucapire modo diverso, perché solo il diritto è usucapibile; - modo non determinato → usucapione ammissibile. Modi di estinzione, legati a cause comune per i diritti reali minori: a. rinuncia; b. scadenza del termine, se a tempo; c. confusione o consolidazione → la servitù ha senso fino a quando c’è la dualità dei fondi, appartenenti a soggetti diversi; d. prescrizione estintiva per non uso ventennale → l’individuazione del dies a quo, da quando il termine inizia a decorrere, è il momento da cui il diritto può essere esercitato; - servitù discontinua → termine decorre dall’ultimo atto di esercizio; - servitù continue e negative → prescrizione non decorre se non quando si sia verificato un fatto contrario all’esercizio della servitù. L’interruzione della prescrizione è data dalla proposizione della domanda giudiziale volta all’accertamento del diritto di servitù, c.d. azione confessoria. La sospensione invece è determinata dall’impossibilità di fatto di usare la servitù o dalla cessione dell’utilità. A tutela della servitù troviamo l’azione confessoria, in forza della quale, di fronte a una contestazione dell’esistenza o consistenza della servitù, chi se ne afferma titolare chiede una pronuncia giudiziale di accertamento del suo diritto. Nell’ipotesi in cui la contestazione si sia trasformata in impedimenti o turbative all’esercizio del diritto, anche una pronuncia di condanna alla loro cessazione ed alla rimessione delle cose in pristino, oltre che al risarcimento del danno. L’attore deve provare l’esistenza della servitù. ENFITEUSI L’enfiteusi attribuisce al beneficiario, enfiteuta, una generale facoltà di godimento e disposizione di un bene immobile, salvo l’obbligo di migliorare il bene e di corrispondere un canone periodico al nudo proprietario. 27 A differenza dell’usufruttuario, l’enfiteuta può anche mutare la destinazione economica del fondo, purché non lo deteriori. Inoltre ha la facoltà di disporre liberamente del fondo, sia con atti inter vivos che mortis causa, così come può costituire su di esso diritti reali limitati. Il potere di godimento che si suole attribuire all’enfiteuta si suol denominare dominio utile; al nudo proprietario spetta invece il dominio diretto, che in concreto si traduce soltanto del diritto al canone periodico. Perciò, alcuni giungono ad affermare che, dal punto di vista giuridico, l’enfiteuta si dovrebbe ritenere “vero” proprietario del fondo, mentre il diritto del concedente si configurerebbe come un diritto reale al canone. L’enfiteusi può essere perpetua o a tempo; in quest’ultimo caso non può avere durata inferiore a 20 anni. Modalità di acquisto: a. contratto; b. testamento; c. usucapione. Modalità estintive: a. affrancazione → all’enfiteuta è riconosciuta la facoltà di ottenere la piena proprietà del fondo tramite l’affrancazione, pagando in una soluzione unica una somma di denaro stabilita in base ai criteri legali. b. devoluzione del fondo → strumento di tutela a favore del concedente. Si vuole liberare il bene dal diritto enfiteusi, in ragione della volontà del concedente di liberarsi dall'enfiteuta che si è reso inadempiente. COMUNIONE E CONDOMINIO COMUNIONE Un diritto soggettivo può appartenere a più persone, le quali sono tutte contitolari del medesimo diritto, il quale rimane identico a se stesso, nonostante faccia capo a più soggetti diversi che lo condividono. Il fenomeno della contitolarità, qualora abbia per oggetto un diritto reale prende il nome di comunione pro indiviso o comproprietà, se trattasi della contitolarità del diritto dominicale, etc. Il diritto dei contitolari investe l’intero bene, seppure il relativo esercizio trovi necessariamente limite nell’esistenza dell'eguale diritto degli altri compartecipi. A ciascuno di essi spetta una quota ideale sull’intero bene espresso in percentuale. La quota è fondamentale perché designa la misura della partecipazione, dei diritti e delle obbligazioni gravanti sul contitolare. L’oggetto del diritto è la quota, non una porzione del bene. Si tratta di una situazione particolare che fa capo alla proprietà plurima parziaria, sono proprietari per quota ma gli interessi di ciascuno vanno contemperati con quelli degli altri. La quota si dice essere disponibile, in quanto ciascun contitolare può disporne e cederla in godimento ad altri. Vi sono tuttavia casi di comunione senza quote, ove il bene appartiene unitariamente al gruppo di contitolari. 28 Quanto alla disciplina si è soliti distinguere tra: a. comunione ordinaria → regolata dagli art. 1100 - 1116, che possono essere derogati dal titolo, sicché le regole legali trovano applicazione solo in mancanza di una diversa disciplina negoziale; b. comunione speciale → figure autonomamente previste e regolate dalla legge, tra cui principali troviamo: condominio, comunione ereditaria e comunione legale fra coniugi. La comunione si distingue, in base alla costituzione, in: a. volontaria → costituzione o modificazione dipende dalla volontà dei soggetti; si può costituire la comunione al momento dell’acquisto di un bene in proprietà esclusiva dell’alienante oppure aderire a una comunione già costituita; b. incidentale → scaturisce senza un atto dei futuri contitolari diretto alla sua costituzione, manca l’elemento volontario al momento costitutivo. La comunione ereditaria è uno degli esempi; c. forzosa → scaturisce dall’esercizio di un diritto potestativo ad esercizio giudiziale, come la comunione forzosa del muro. Regole principali: a. fonti della disciplina: Da cos’è regolata la comunione? 1. regolamento: negozio regolamentare con il quale i contitolari gestiscono e amministrano la cosa in comune, eventualmente approvato dai contitolari. Importante nel condominio. Ha un duplice limite: - non può pregiudicare i diritti del singolo contitolare → la maggioranza non può mettere all’angolo uno; - non può derogare alle norme di legge inderogabili. 2. legge: regole del Codice Civile, salvo che non vi sia un regolamento che deroghi a queste, a patto che non siano inderogabili. b. potere di godimento: Ciascuno dei contitolari può servirsi della cosa in comune a patto che venga tutelato l’interesse degli altri compartecipi: - non si può alterare la destinazione del bene in comunione; - non si può impedire agli altri contitolari di utilizzare il bene. L’utilizzo che ogni comproprietario fa della cosa non deve essere necessariamente proporzionato alla quota. Talvolta, le parti possono derogare alla regola legale dell’uso promiscuo concordando una divisione del godimento del bene comune nello spazio e/o nel tempo; così come è possibile l’uso indiretto. Al fine di un migliore godimento del bene, al singolo contitolare è concesso apportare alla cosa comune le modificazioni che ritiene necessarie, sempre nei due limiti esposti prima. Ciascuno dei contitolari ha diritto di percepire i frutti della cosa in proporzione alla propria quota, pur dovendo partecipare in analoga proporzione alle spese per la loro produzione, al pagamento delle imposte, etc. c. potere di disposizione della quota: Ciascun comproprietario può disporre della propria quota. Non può, invece, disporre né della quota altrui, né dell'intero. 29 d. quota: - presunzione di parità della quota → in presenza di più contitolari, le quote si presumono uguali, salvo che il titolo non preveda diversamente; - proporzionalità → diritti e doveri riferibili a ogni singolo compartecipe sono eguagliati alla proporzione della partecipazione. La legge è perentoria nel dire che ciascun contitolare ha diritto come singolo di godere della cosa nel rispetto dell’eguale diritto che spetta agli altri; - spese → le spese gravano su ciascun comproprietario in proporzione all’entità della rispettiva quota. Vi è la possibilità di liberarsi delle spese con abbandono liberatorio e rinuncia del diritto, che verrà a ripartirsi proporzionalmente tra gli altri partecipanti; e. amministrazione della cosa comune: Tutti i contitolari hanno diritto di partecipare all’amministrazione della cosa comune. Non è richiesto, però, per l’adozione delle deliberazioni il consenso di tutti, la legge prevede che sia sufficiente la maggioranza, c.d principio di maggioranza, che si calcola con riferimento al valore delle rispettive quote. L’atto collettivo in cui figura la decisione presa dai contitolari viene imputato al gruppo, diversamente dall’atto collegiale, il cui esito è imputato all’ente. La decisione vincola anche i dissenzienti. Per gli atti di a. ordinaria amministrazione → maggioranza semplice; b. innovazioni e straordinaria amministrazione → maggioranza qualificata; c. atti di alienazione, di costituzione sul bene di diritti reali e di instaurazione di locazione superiore a 9 anni → unanimità. Ci sono procedure per impugnare le decisioni prese dai contitolari, in caso di dissenso o assenza, per procedere poi all’annullamento. Il termine è di 30 giorni dalla delibera. Per gli assenti il termine decorre dal giorno in cui è stata loro comunicata la deliberazione. L'autorità giudiziaria decide con un'unica sentenza sulle opposizioni proposte Nell’ipotesi in cui non vengano presi i provvedimenti necessari per l’amministrazione della cosa comune, così come nell’ipotesi in cui la decisione adottata non venga eseguita, ciascun compartecipe può ricorrere all’autorità giudiziaria perchè emetta i provvedimenti opportuni, eventualmente anche nominando un amministratore giudiziario. Nell’ipotesi in cui non vengano deliberati gli interventi necessari alla conservazione della cosa comune, il singolo può addirittura provvedervi direttamente, dopo aver interpellato gli altri, con diritto al rimborso delle spese sostenute. La giurisprudenza ritiene che ciascun contitolare possa singolarmente compiere atti di amministrazione del bene comune, nei limiti in cui ricorrano i presupposti della gestione di affari. Con il consenso di tanti comproprietari le cui quote rappresentino più della metà del valore complessivo della cosa comune, può essere formato un regolamento per l’ordinaria amministrazione ed il miglior godimento della cosa comune. L’amministrazione della cosa può essere delegata ad uno o più soggetti, scelti anche tra i non comproprietari. Entra in gioco la divisione, disciplinata sia in generale e sia in particolare in materia di comunione ereditaria. La divisione è l’atto di ripartizione della cosa comune che supera lo stato giuridico di comunione, che viene a meno in quanto la cosa è stata divisa fra i 30 contitolari, che diventato condividenti. Sostituisce alla quota ideale una porzione materiale in proprietà esclusiva. Il principio di base, sulla base funzionale, è che all’apporzionamento rispondono principi di proporzionalità rispetto all’entità della quota. Immaginando che l’atto sia volontario e convenzionale, la divisione può avere declinazioni diverse; a. divisione con conguaglio → il bene in divisione è funzionalmente o materialmente indivisibile. Invece di dare una porzione materiale a ogni singolo comunista in proporzione alla quota, si da tutto a uno che paga un conguaglio agli altri; b. atti equiparati alla divisione → la legge riconosce una serie di atti che tecnicamente non sono divisione, ma portano allo stesso risultato, perciò si applicano alcune delle stesse regole. In linea di principio c’è una sorta di diritto che si colora di potestatività di ogni comunista a chiedere ed ottenere la divisione, perché la comunione è una situazione complessa, nessuno deve rimanere imprigionato, infatti vi è libera disposizione della quota. Se gli altri non vogliono la divisione, scatta la potestatività, si può chiedere la divisione giudiziaria. Esiste, quindi, anche la divisione giudiziaria. Dato il diritto potestativo che spetta a ciascun comunista, esiste anche il patto di non divisione, i contitolari si obbligano a rimanere in comunione e non chiedere la divisione per un certo periodo. Il patto può valere fino a un massimo di 10 anni. Il divieto convenzionale può essere superato nella misura in cui il giudice ritiene che vi siano gravi motivi per ricorrere alla divisione. In certi casi, come il giudice può superare per gravi motivi il divieto convenzionale, può anche ritardare la divisione. La divisione di recente è tornata di moda in ragione di interventi giurisprudenziali. In via ordinaria i gradi di giudizio sono tanti, quando vi sono orientamenti contrastanti fra le stesse sezioni della Cassazione non vi è orientamento unico, c’è confusione, e intervengono le Sezioni Unite. Sulla natura della divisione sono proprio intervenute le Sezioni Unite, in merito alla sua natura. Per lungo tempo si è detto che la divisione avesse natura dichiarativa, contrario di costitutivo, non muta niente della realtà giuridica. Si accerta definitivamente dell’entità della quota, che diventa proprietà esclusiva. Non si vuole ammettere la sua natura costitutiva perché a ogni movimento giuridico corrisponde una tassa, ed essendo la divisione molto comune nella successione per morte di causa, oltre che pagare le tasse su quanto ricevuto in eredità, si sarebbe dovuta pagare anche la tassa sulla divisione, ma nel passato tutti sti soldi non c’erano. Le Sezioni Unite hanno sostenuto la natura costitutiva della divisione, ma i notai non sono d’accordo in quanto si avrebbero problemi a livello di imposte. Ciascuno dei contitolari ha la facoltà di chiedere in qualsiasi momento ed anche contro la volontà degli altri, lo scioglimento della comunione, salva la facoltà dell’autorità giudiziaria di stabilire una congrua dilazione, che non può superare i 5 anni. Lo scioglimento non è consentito solo se la comunione ha ad oggetto beni che, se divisi, cesserebbero di servire all’uso cui sono destinati. CONDOMINIO Il condominio è una situazione di comproprietà speciale su un edificio, composto da una pluralità di unità singole in propriet?