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This document provides a list of marketing terms and concepts in Italian, suitable for those who are learning about marketing or who wish to understand the terminology used.

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PAROLE CHIAVE MARKETING Fatturato = (volume) x (prezzo) Volume = quanto voglio vendere. Quando prodotto penso di poter vendere Valore = quanto voglio fatturare. Quanto fatturato penso di fare (prezzo + tempo) Margine = prezzo - costo Utile = quanto ci rimane in tasca Costo sostenuto (alto o ba...

PAROLE CHIAVE MARKETING Fatturato = (volume) x (prezzo) Volume = quanto voglio vendere. Quando prodotto penso di poter vendere Valore = quanto voglio fatturare. Quanto fatturato penso di fare (prezzo + tempo) Margine = prezzo - costo Utile = quanto ci rimane in tasca Costo sostenuto (alto o basso) = effettiva spesa che un’azienda ha affrontato per produrre un bene/ servizio/prodotto. È un dato oggettivo. Quanto si è speso per la realizzazione del bene/servizio [riguarda i clienti] Prezzo praticabile (alto o basso) = prezzo proponibile sul mercato che conto di fattori come domanda di mercato / concorrenza / valore percepito / margini di profitto. È variabile e strategico. Quanto si può chiedere al cliente [riguarda i clienti] Fedeli tiepidi = scelgo qualcuno ma se mi viene proposto qualcosa di più appetibile cambio Domanda latente = qualcosa che i consumatori non cercano direttamente ma potrebbero volere Insieme evocato = insieme delle alternative di scelta che il consumatore target ritiene potenzialmente interessanti per soddisfare il suo bisogno Retailer = (dettagliante) un’impresa che vende beni/servizi direttamente ai consumatori finali Prescrittori = soggetto che ha molte competenze, il suo ruolo è riconosciuto, e ha una capacità di persuasione nei confronti del consumatore (che si fida perché riconosce in lui una garanzia) Bundling = prendo più prodotti dal mio catalogo, li raggruppo e vendo un pacchetto. Mi faccio pagare il pacchetto. Il prezzo è superiore alla singola vendita dei prodotti Cross-selling = il consumatore vuole A, ma gli propongo A+B (vendita incrociata di prodotti) Commodity trap = un bene/servizio/prodotto diventa ampiamente disponibile/intercambiabile con altri perché indistinguibile (l’unica discriminante di scelta prezzo) Fornitori = ci danno la materia prima Co-branding = associo due marchi tra loro (Tiffany x supreme) Marketing mix = chiavi del posizionamento = 4P = Product (prodotto), place (canale), promotion (comunicazione), price (prezzo) Prodotti complementari = vendere ad un prezzo stracciato (o addirittura regalare) il prodotto principale per fare poi margine sui prodotti complementari (necessari per il prodotto principale) (ti vendo l’iPhone nuovo a 850 euro invece che a 1000 ma poi ti vendo a parte lo spinotto + il cavo a 100 + la cover a 50 + il vetro a 50 = guadagno 1050 euro) Linee con prezzi diversi = (di solito con brand diversi o “brand ombrello”, nell’ambito di una strategia di segmentazione differenziata). Do al mercato possibilità più alte o basse di prezzo. È bene giocare in modo saggio con i brand (Renault che sotto di lei ha Dacia, non lo dice per non sporcare il posizionamento strategico) Product placement = inserire prodotti all’interno di una narrazione o storia, facendo assumere al prodotto un ruolo che possa essere determinante ai fini della trama. I brand pagano per il placement e diventano una fonte interessante per chi lavora al film. Si realizza un accordo che, se gestito bene, diventa un ottimo modo di comunicazione —————— CANALI: La distribuzione prevede 2+2 modi di vendere un prodotto. Esistono il canale diretto e quello indiretto (che a sua volta di divide in Ind. breve o Ind. lungo) Canale diretto Prevede un’integrazione verticale della catena del valore. Io brand XY (nike, adidas) decido di curare il design e la comunicazione dei prodotti, ma anche la vendita nei negozi. Non ci sono quindi intermediari che vendono il mio prodotto, ma lo vendo direttamente io (casa produttrice). Sostengo dei costi che sono fondamentali anche per gestire la mia vendita diretta. La mia vendita può sfruttare: - Punti vendita - Porta a porta - Internet - Catalogo - Tv Pro = controllo totale sul marketing mix. Sappiamo tutto ciò che avviene e come avviene. Sono io quello che stabilisce i prezzi, ho pieno controllo sulla parte economica Contro = vado ad irrigidire finanziariamente l’azienda, devo tirare fuori soldi prima ancora di averli guadagnati Canale indiretto Può essere “breve” o “lungo”. Indiretto significa che entrano in gioco intermediari commerciali, che non producono prodotti ma li vendono. 1. Breve - Tra il produttore e il consumatore c’è la presenza di un solo livello commerciale, di una sola tipologia di distribuzione = al dettaglio (retailer) (negozi che hanno rapporto con il consumatore finale) - Ho due soluzioni: A. Vendo i prodotti tramite negozio al dettaglio, il distributore paga il sell-in e il consumatore il sell-out. Se mi avvalgo di questo definisco accordi contrattuali con il distributore In questo caso perdo il controllo sulle variabili del prezzo di marketing Uso la tecnica a civetta = vendo il prodotto principale a poco prezzo, poi spero di venderti altro (questa tecnica si basa sull’offrire alla propria clientela un prodotto di marca a prezzi estremamente bassi rispetto a quelli di listino) L’obiettivo per evitare che ciò accada è quello di fare in modo che l’azienda produttrice blindi il prodotto In generale, il problema della tecnica a civetta avviene soprattutto con le aziende piccole (a Nike non è utile come tecnica perché abbasserebbe il suo valore) B. Sfrutto il franchising. È un contratto di vendita in cui il negozio si impegna a vendere quel prodotto, ma solo attraverso quelle condizioni. Rimane ancora giuridicamente indipendente, quindi il canale è indiretto. Si vende solo il nostro prodotto. Questo contratto prevede due soggetti 1) Franchisor - Detto anche “affiliante”, è l’azienda (o il proprietario del marchio) che concede al franchisee il diritto di usare il suo brand e modello di business (punto più alto) - Il franchisor fornisce formazione, supporto continuo e materiali per aiutare il franchisee a gestire l’attività - Il franchisor è chi vende il diritto di operare sotto il proprio brand 2) Franchisee - È l’imprenditore/azienda che acquisisce il diritto di usare il marchio, il know- how e i sistemi operativi del franchisor in cambio di un investimento iniziale e/o royalty periodiche - Il franchisee gestisce l’attività in autonomia, seguendo però le linee guida del franchisor - Chi distribuisce il prodotto è un’azienda a sé stante, ma che si impegna in maniera contrattuale alle regole definite dal franchisor per la vendita dei prodotti. - Accetta le condizioni di vendita del franchisor - Il franchisee è chi compra il diritto di operare sotto un brand ArtSana (sotto di lei ha Prenatal e Chicco) pensa ai prodotti , li realizza e li mette sul mercato attraverso i franchisee (chicco…) Pro = alcuni brand (coca cola) se volessero fare una vendita diretta dovrebbero creare infiniti punti vendita in ogni paese. Ciò è impossibile per via dei costi assurdi. Ho bisogno di fare tanti volumi perché vendo un prodotto di mass market e lo faccio tramite la vendita al dettaglio, in questo modo tutti i costi sono sostenuti da altri negozi al dettaglio Contro = il fattore concorrenza è un contro dei canali indiretti, perché qualcuno potrebbe vendere meglio e molti più volumi rispetto a me 2. Lungo - Prevede un passaggio in più tra produttore e consumatore ossia il grossista. Lui lavora su partita iva e vende solo a distributori al dettaglio (come Metro), ma non direttamente al consumatore. - Questo canale rivede l’inserimento di due intermediari (per far arrivare i beni al pubblico) = grossista + dettagliante (o retailer) - Io posso anche solo vendere al grossista (esempio: anche gli importatori) - L’obiettivo finale di chi fa marketing è il margine complessivo = vendite totali - il costo di acquisto delle merci vendute - La perdita di controllo sul marketing è totale in questi casi - Azienda - distruttore - punto vendita - cliente finale —————— FATTORI CHE INFLUENZANO LA SCELTA DEI CANALI: 1. Caratteristiche del prodotto - Più esso è deperibile (con il conseguente rischio che la qualità si abbassi durante i vari spostamenti), più dovrei accorciare la distribuzione - Se è complesso (va spiegato e la vendita è attenta) anche qua devo accorciare la distribuzione (generalmente vendita diretta o indiretta breve sempre con la scelta di un retailer opportuno) - Più i prodotti valgono (e hanno valore di mercato importante), più posso permettermi una vendita diretta (e devo farla assolutamente) - Essa (la vendita diretta) diventa una chiave del valore e del posizionamento - A questo punto la v. d. diventa molto più sostenibile 2. Esigenze di controllo e posizionamento ricercato - Più il prodotto vuole andare alto a livello di strategie di prezzo (dal premium price alla scrematura), più la distribuzione deve essere corta - Esempio: Nike (sempre usato indiretto breve ma ultimamente sta togliendo di mezzo i retailer per avere una vendita diretta) 3. Configurazione o apparato della struttura distributiva - Scegliere un punto intelligente dove vendere il prodotto, specialmente in un contesto a te estraneo - Esempio: Ferrero (in India non ha aperto punti suoi perché gli indiani mangiano molto salato - sarebbe uno svantaggio. Ha deciso di vendere i suoi prodotti nelle farmacie - dove ci sono gli strumenti giusti per conservare i prodotti) 4. Esigenze e aspettative dei consumatori di riferimento - Più il consumatore è tecnico/competente/orientato al servizio, più la distribuzione deve essere corta e ravvicinata - Questo perché il cliente, essendo competente, vuole avere contatti con il venditore principale 5. Gamma dell’impresa (ampiezza e profondità della gamma) - Devo capire come sfruttare l’ampiezza (quante categorie diverse) e la profondità (quante varianti per categoria) della gamma - Esempio Apple (molto ampia: cuffie, pc, tablet, telefono, orologi, auricolari… // molto profonda: iPhone 10-16 pro/max… tablet 1,2, mini… AirPods generazione 7, 8, 9, 10..) - Esempio: Calzedonia (che contiene Tezenis e Intimissimi). Hanno puntato su vendite dirette e indirette brevi, con l’uso del franchising - Hanno dovuto ampliare la loro gamma di prodotti, ovviamente parallele, per riuscire a coprire i vari costi e fare in modo che il consumatore faccia cross-selling o selling-up - Così riesco a fare più massa critica e alzare lo scontrino medio 6. Scelte della concorrenza e affollamento dei canali - Se i canali distributivi sono molto affollati, potremmo fare scelte alternative per evitare di essere ignorati dai consumatori 7. Risorse finanziarie - Se abbiamo scarsa capacità di investimento, anche se abbiamo un ottimo prodotto, dobbiamo comunque affidarci a qualcun altro per fare la vendita, quindi useremo un canale indiretto —————— POLITICHE DISTRIBUTIVE, LA COPERTURA: 1. Massiva (o intensiva del mercato) - Essere presenti in maniera capillare sul mercato, sempre e ovunque, senza fare selezione - Si parla di prodotti ad acquisto ricorrente (Carpisa) 2. Selettiva - Più che avere a che fare con beni di largo consumo, abbiamo a che fare con “shopping good” (con prodotti ad acquisto più ragionato e problematico), quindi non così ricorrente - Si tratta di prodotti per il quale la distribuzione è un segnale di valore - Si fa una scelta selettiva in ciascuna area geografica di riferimento - Non si è presenti ovunque ma nemmeno si è di nicchia (Swatch) (già Lacoste è più selettiva) 3. Esclusiva - Presenza ridotta sul mercato, vogliamo dare il nostro prodotto a pochissimi punti vendita e la gestione è generalmente diretta - Si attua il demarketing, si fa una scrematura e si adotta una strategia di segmentazione focalizzata (Rolex che fa un accordo con MSC Crociere per andare alla ricerca di clienti soliti comprare nel lusso) —————— POLITICHE COMUNICATIVE: 1. Sfera cognitiva (del consumatore) - Generare notorietà di marca, cercare di entrare nella testa del consumatore e fargli sapere chi siamo 2. Sfera atteggiamenti (del consumatore) - Non basta che il consumatore sappia che ci siamo - Deve anche collegare al nostro brand dei particolari attributi e associazioni positive - Esempio: Coca Cola o Amazon (uno fa capire di essere anche parte della cultura italiana, l‘altro che alla base delle consegne c’è umanità) 3. Sfera comportamenti (del consumatore) - Generare un atto di acquisto - Fare fidelizzazione - Rendere disponibili a pagare il brand - Devo incidere sul comportamento d’acquisto in modo immediato - Devo proporre anche modalità d’acquisto particolari - Devo invogliare a pensare anche ai presunti benefici che uno ha se compra il mio prodotto —————— PREZZO: Prezzo = costo + ricarico Sell-in = quello che l’azienda paga al fornitore Sell-out = quello di cartellino, pagato dal consumatore finale —————— POLITICHE DI PREZZO: Quando dobbiamo lanciare un prodotto sul mercato, si combinano 3 variabili fondamentali: 1. Costi e obiettivi economico-finanziari - Dobbiamo capire qual è il livello pavimento dei costi (il livello sotto il quale non andare per non andare in perdita) (se il mio costo di fabbricazione è 5 il livello pavimento è 5/6 - sotto quella cifra vado in perdita) - Devo capire qual è il mio mark up (il margine che l’impresa vuole generare sul prodotto) (vendo poco a molto o vendo molto a poco) 2. La domanda - Al suo interno comprende: A. Il prezzo psicologico Faccio ricerche di mercato perché ho bisogno di vedere come il nostro target di riferimento colloca il prodotto Esiste una “fascia di tolleranza” del prezzo, all’interno del quale sappiamo di poter andare Il prezzo viene stabilito sulle preferenze dei consumatori (essi decidono la posizione di mercato del prodotto) B. L’elasticità della domanda (nulla, positiva, negativa) Capire come reagisce il consumatore quando la mia impresa sposta (in alto o in basso) il prezzo. Possiamo avere 3 elasticità: 1) Nulla = i prodotti non sono sostituibili. Si verifica in pochi casi e riguarda quei prodotti che sono “l’unico tipo” presente sul mercato. Non essendoci concorrenza, il prezzo è irrilevante. Le variazioni di prezzo non incidono sulla scelta del consumatore 2) Negativa = i prodotti competono sul prezzo. Se alzo il prezzo il consumatore compra meno (+ prezzo - domanda). Se abbasso il pezzo può aumentare la domanda (- prezzo + domanda) 3) Positiva = riguarda i prodotti ad elevato valore. Sale il prezzo e sale la domanda (questo accade con i prodotti di qualità o quando aumento il mio status sociale). Se in questo caso abbasso il prezzo, rischio di vendere di meno. (devo stare attento a non svalutare il mio prodotto) Quindi, nelle ricerche di mercato, parto sempre dal prezzo psicologico, così capisco il minimo e il massimo. Poi mi vado a collocare dove ‘è il prezzo ideale che so che mi fa vendere di più. Mi regolo in base alla preferenza del consumatore. (Il minimo è 50 e il massimo è 100? In base alle ricerche di mercato cerco una cifra comoda per il mio consumatore (85?) e mi posiziono lì) 3. La concorrenza - Devo sempre guardare anche i miei competitor di gamma —————— STRATEGIE DI PREZZO: 1. Penetrazione - Prezzo aggressivo fatto per sconvolgere il mercato, spingendo gli altri ad uscire fuori dal mercato e andare in crisi (esempio Iliad 6 euro al mese). - Questo si fa quando sai che puoi competere. Ti propongo un prodotto che chiede il prezzo più basso in assoluto sul mercato - Il gap di prezzo rispetto agli altri deve essere rilevante, sono quello che costa meno - Abbiamo una domanda molto elastica, abbasso il prezzo e la domanda sale (non ha elasticità positiva, è negativa, prodotto basic con vantaggi competitivi di costo) 2. Parità - Sappiamo di non avere un valore più alto rispetto agli altri - Siamo percepiti come un prodotto simile al resto e quindi siamo nella media del mercato - Do una serie di offerte per farti credere che spendi meno - Non ho elementi di differenziazione forte sul prodotto (caffè Borbone) 3. Premium - Prezzo più alto della media, marca segnaletica, plus prodotto - Il posizionamento non è massivo, ma allo stesso tempo non fa scremature 4. Scrematura - Prezzo che fa demarketing, che allontana i consumatori che non voglio - Punto sulla nicchia - È difficile scremare su un prodotto di largo consumo, ma non è impossibile Posso giocare sui miei prodotti, che potrebbero farmi fare più valore con pochi volumi, quindi mi inserisco nel premium price —————— GESTIONE DEI PREZZI: 1. Nel tempo - Evoluzione in base al ciclo di vita - Man mano che il prodotto si consolida nel tempo, il prezzo sarà più basso, per effetto di un processo di familiarizzazione (ormai scontato e conosciuto) (l’importante è che non diventi banale) - Possiamo giocare per fare in modo che esso non scenda troppo (anche se scende il prezzo la marginalità può rimanere alta) 2. In un’ottica di gamma - Ragionare sugli incroci che ci possono essere tra i prezzi dei vari prodotti (unione prezzi, bundling = pacchetto di prodotti che vendo a un prezzo diverso - maggiore o minore - dalla somma dei singoli) - Posso creare un valore maggiore o minore - Se voglio fare bundling devo cercare sempre di creare elementi di specialità, ricreando la magia dell’acquisto —————— MERCATO: Di massa = tutti vogliono la stessa cosa. Meno complesso, non è negativo perché si investe più facilmente Segmentato = per B2C, per beni di largo consumo, qua l’investimento è complesso Personalizzato = per 1 to 1, per B2B, nel lusso e fascia alta —————— BUSINESS: B2B = imprese che producono per altre imprese B2C = imprese che producono per il consumatore finale (alto lusso) —————— ORIENTAMENTO: 1. Al prodotto - Aziende che vogliono realizzare il prodotto migliore sul mercato (Toyota), proporre qualcosa che non è mai stato prodotto. L’innovazione è ciò che stravolge (technology push) 2. Alla vendita - (differenziazione psicologica) differenziazione percepita dal consumatore, si va a manipolare il consumatore. Solo psicologica 3. Al marketing - NO prodotto standard, ci deve essere differenziazione sostanziale. Sa quando è il momento di fare innovazione 4. Alla produzione - Prodotto standard e prezzo basso —————— INNOVAZIONE: Radicale = prodotto completamente diverso da quello che c’era prima Incrementale = cambiano alcuni aspetti marginali del prodotto per mantenerlo sempre interessante —————— VALORI AGGIUNTI: 1. Uscire dal mucchio 2. Sintonizzarsi con il mercato 3. Guidare ed educare il consumatore 4. Combattere la banalizzazione 5. Tradurre le minacce in opportunità 6. Rispondere ad attacchi competitivi o trasformazioni di mercato 7. Alimentare il valore di marca 8. Entrare il massimo valore da un brand forte —————— AMBIENTE: Macroambiente = insieme di fattori che riguardano tutti - Società - Ambiente - Economia - Politica-normativa - Ricerca scientifica Microambiente = cambiamenti che riguardano le singole imprese - Fornitori - Prescrittori - Concorrenti (diretti, indiretti, potenziali) —————— CONCORRENZA: 1. Diretta - Imprese che offrono la stessa categoria di prodotto (Samsung e IPhone) 2. Indiretta - Imprese che offrono una categoria diversa ma che sia una valida alternativa 3. Potenziale - Imprese che non ci fanno concorrenza oggi ma potrebbero farcela domani. Difficile da individuare (Trenitalia, Ferrari) —————— MARKETING: Marketing sequenziale = top-down Marketing circolare = bottom-up Marketing privato (for profit / no profit / B2B / B2C / trade) Marketing dei servizi Marketing delle trasformazioni —————— SEGMENTAZIONE: 1. Descrittiva - A fronte di determinate caratteristiche che descrivono il soggetto, ci sono determinate richieste dal consumatore all’impresa - Analizzo un segmento e faccio ipotesi in base a ciò che vedo (genere, età) - MOLTO CREATIVA e libera, lascia spazio alla domanda latente Variabili: - Genere - Età - Nuclei familiari - Stili di vita - Caratteristiche fisiche 2. Comportamentale - Creo dei segmenti in cui rientrano XY numero di consumatori e li vado a raggruppare in base a ciò che cercano - Segmentazione sul comportamento di acquisto - Domanda ESPLICITA. Poca creatività Variabili: - Frequenza/intensità d’uso - Occasioni d’uso - Modalità d’uso - Stadio del processo d’acquisto - Finalità d’acquisto - Difficoltà dei clienti - Marginalità dei clienti 3. Creativa - Dobbiamo individuare opportunità che gli altri non hanno visto - La segmentazione deve essere un lavoro creativo basato su dati solidi di mercato 4. Indifferenziata (di contro-segmentazione) - L’impresa pensa a un prodotto che vada bene per tutti (nutella/Gardaland) e porta avanti una strategia indifferenziata - Ritengono di fare un prodotto BARICENTRICO, che metta tutti d’accordo 5. Differenziata - Creo prodotti per ciascun segmento di persone - Orientata al servizio (Leolandia) - Ciascun target, ciascuna esperienza 6. Concentrata - Individuare un segmento primario su cui costruire un prodotto, sapendo che a priori quel prodotto potrà interessare anche ad altri - Punto su A e mi concentro su di lui sapendo che attirerò anche B (DriveGum, Birra diabetica) [non si fa demarketing] 7. Focalizzata - Concentrasi su un segmento ed escludere gli altri - Si pratica demarketing - Devo rendere il prodotto il più raro possibile - Fare pochi esemplari e non farli più una volta finiti (Chanel) - Raro = simbolico. Alzo il prezzo e non faccio campagne massive —————— POSIZIONAMENTO: Chiavi del p. = 4P = product, place, promotion, price 1. P. Ideale libero - È uno spazio di possibilità. Superficie ampia, più è rilevante il segmento, più è corposo quello spazio di mercato e valore. Libero perché vuoto, non c’è nessuno 2. P. chiaro/verticale/appuntito - Tutti sanno bene in maniera esplicita cosa fa quel brand (onlyfans) 3. P. disperso - Non si sa con precisione cosa faccia quel brand sul mercato. - Non è necessariamente un problema, perché può essere la naturale conseguenza del fatto che quel brand intercetta un target ampio, dove il consumatore cerca le cose - Un brand non è visto allo stesso modo da tutto il suo target di riferimento, non c’è una caratterizzazione univoca del brand sul target, che magari in altri brand c’è Errori: - P. Assente = il brand c’è sul mercato ma non lo sa nessuno. Non buca la soglia dell’attenzione e non è nell’insieme evocato - P. Insufficiente = la gente sa che ci sono ma non rientro nell’insieme evocato. Non risulto unico, sono rilevante solo in base alla convenienza (se costo poco) - P. Confuso = diamo idee contrastanti al consumatore. Problemi di identità del brand (Tiffany - alta moda - che collabora con Supreme - average) - P. Poco credibile = il consumatore capisce ma non ti crede (mc Donald con Gualtiero Marchese e il panino gourmet) - P. Scivoloso = p. che ti fa diventare forte su una fetta di mercato, ma che ti preclude altre possibilità, in quanto vieni etichettato dal consumatore per quello che tu già sei nella tua forma “originale ed iniziale”. Il mercato non accetta di vederti su cose diverse, quello è il tuo spazio e rimani lì Basi del posizionamento (elementi su cui focalizzarci per fare leva sul mercato e fare differenza rispetto agli altri) - Particolarità degli attributi (colore, packaging, testimonial, forma) - Benefici intrinseci (Geox - scarpa che respira) - Occasioni d’uso (andare oltre allo scopo comune (yogurt a colazione) per educare il cliente al consumo (Yomo goloso = yogurt dolce ma salutare come dessert a fine pasto)) - Funzioni d’uso (primaria e secondaria - con la secondaria posso portare vantaggio alla primaria. Smeg che realizza la linea prodotti anni ‘50 così sia usi l’elettrodomestico, sia lo esponi come arredo) - Convenienza (Eurospin la spesa intelligente = ti dico che spendi poco e mangi bene) - Identificazione con la categoria di prodotto (lavorare per mantenere solido il mio posizionamento “conservativo” - crema spalmabile = Nutella / acqua frizzante = Ferrarelle) - Prendere di mira un competitor (scegliere un avversario e fargli la guerra sul posizionamento - sky vs Mediaset premium) - Risorse invisibili (marcare la differenza su qualcosa che il consumatore non può vedere - controllo qualità/tecnologia usata) - Luogo di provenienza (tecnica del “made in…”. Enfatizzare il luogo di provenienza del prodotto/brand anche se non c’è il legame = ichnusa anima sarda (di natura olandese) / raffò Puglia (titolare giapponese)) —————— MAPPE DI POSIZIONAMENTO: M. di p. = Rappresentazione grafica su due dimensioni dei dati che raccolgo. Mostra la posizione di un’azione da nel suo segmento di mercato. Scelgo quelle dimensioni che per il consumatore sono particolarmente importanti e catalogo il brand sul mercato in base a quelle dimensioni. È uno strumento per individuare la posizione di un business e dei suoi prodotti nel mercato, a seconda dei criteri o caratteristiche determinanti per l’esperienza dei clienti. Una volta in possesso dei dati appositamente disposti sul grafico, si procede con l’analisi delle distanze tra i vari prodotti per elaborare un’adeguata strategia di posizionamento. Aiuta a capire quanto bene abbiamo lavorato sul marketing mix. Questo aiuta ad identificare i punti di forza e di debolezza dei concorrenti e fa emergere le differenze tra la propria attività e le altre del segmento di mercato. Caratteristiche: - Definizione campione (faccio un sondaggio su un campione di consumatori che sia rappresentativo di tutto il mercato per capire cosa cercano) - Individuazione delle caratteristiche (influenzano la valutazione rispetto alla classe di prodotti) - Rilevazione dei giudizi - Analisi fattoriale (per ridurre le variabili a un numero minore) - Costruzione di mappe (che traspongono i fattori di cui sopra in uno spazio a 2 o più dimensioni) Le dimensioni omogenee discriminanti - capacità di risposta (sempre presenti, esaustivi, affidabili) - Prezzi (caro, a buon mercato) - Digitalizzazione (tutto in app, poter parlare con un operatore) - Forza del brand (notorietà, passaparola, reputazione) —————— STRATEGIE DI POSIZIONAMENTO: 1. Conservativa - Mantenimento - Continuo a investire sul brand per cementare la mia posizione - Sono forte sul mercato e continuo a investire per confermare ancora di più la mia posizione forte - Copro bene il mio segmento di riferimento, devo consolidarmi dagli attacchi dei competitor (esempio: Illy caffè) 2. Riposizionamento - Si vuole cambiare - Vogliamo essere altro sul mercato rispetto a quello che eravamo - Riposizionarsi sia verso l’alto m anche verso il basso - Le aziende orientate al marketing tendono ad andare verso l’alto - Più il brand è lontano dal punto di approdo dove vorrebbe andare, più è rilevante il cambiamento che vogliamo fare, più il riposizionamento è difficile e rischioso (Dacia e Swarovski) 3. Affiancamento - Strategia che viene fatta anche per combattere la banalizzazione - NON si abbandona nulla - Occupo ulteriori posizioni, soprattutto i segmenti liberi - Il brand forte lancia un nuovo prodotto che NON sostituisce quello principale, ma aggiunge ulteriore forza alla propria marca (mentadent protect plus // knorr) 4. Spostamento delle preferenze del consumatore - Opposto al riposizionamento - Il mio prodotto così com’è può funzionare - Il mercato non mi ha capito. Devo rieducare il consumatore a ragionare in modo diverso - Il suo ragionamento ora mi penalizza, ma posso educarlo - Solitamente si riesce a vincere con una buona comunicazione (Swiffer) 5. Stravolgimento delle basi del posizionamento - Differisce totalmente rispetto a tutte le altre - C’è una modifica delle basi di posizionamento - Bisogna valutare tutta la categoria sulla base di un attributo a cui nessuno aveva pensato prima - Si introduce un elemento di valutazione completamente nuovo e ci si muove sulla base della domanda latente - Si introduce una chiave di posizionamento nuova - Abbiamo così vantaggi competitivi di tempo, perché siamo i primi a mettere sul mercato determinate caratteristiche (pneumatici Michelin, Danacol, Valfrutta, Levi’s e Daygum) —————— CLIENTI/CONSUMATORI: 1. Passivo = facile da conquistare e fidelizzare. Costo sostenuto basso e prezzo praticabile alto. 2. Orientato al servizio = molto esigente e elettivo, sa quello che vuole. Se riusciamo a soddisfarlo ci premia. Questo aumenta il valore dell’azienda. Costo sostenuto alto e prezzo praticabile alto. 3. Orientato all’affare = vuole risparmiare. Costo sostenuto basso e prezzo praticabile basso. 4. Aggressivo = vuole sconti ma vuole roba di qualità. Costo sostenuto alto e prezzo praticato basso. 5. Apostolo = soddisfazione alta e fedeltà alta. Dobbiamo coltivare la sua fedeltà. 6. Ostaggio = soddisfazione bassa ma fedeltà alta. Siamo l’unica soluzione quindi resta con noi ma se trova di meglio ci abbandona 7. Terrorista = soddisfazione bassa e fedeltà bassa. Consumatore arrabbiato per colpa nostra, lo abbiamo reso scontento. 8. Mercenario = soddisfazione alta ma fedeltà bassa. Consumatori che sperimentano e vogliono provare nuove cose. I clienti mercenari non per forza abbassano il valore. Possono diventare anche apostoli. 9. Indipendente = vuole spendere poco, non gli interessa della marca —————— CANNIBALIZZAZIONE: Il mio prodotto nuovo può mangiare quelli vecchi del mio mercato. Introduco un prodotto B ce può rovinare la vendita del mio prodotto A. È un fenomeno in virtù del quale l’introduzione sul mercato di un nuovo prodotto invece di aggiungere, può togliere qualcosa all’impresa, soprattutto quando questo fenomeno non è voluto ma è subito. Causa 1 = accade con le piccole aziende che pensano che inserendo tanti prodotti si arrivi a tanta ricchezza. La convinzione “più varianti di prodotto = più quota di mercato” non sempre è efficace. La prima causa di cannibalizzazione è la tendenza quindi delle aziende a pensare che avere più prodotti equivalga ad aver più soldi. Causa 2 = sbilanciamento promozionale/commerciale sul nuovo prodotto. Questo succede in maniera innaturale e sempre con le imprese piccole. Non considero il catalogo totale ma sposto tutto lo sforzo commerciale e comunicativo su un solo prodotto. L’attenzione del consumatore quindi finisce sul nuovo prodotto e ignora tutti gli altri. Causa 3 = errore di posizionamento. Si voleva andare a colpire quello che era il posizionamento ideale libero tramite l’affiancamento. Tuttavia se il prodotto che lanciamo non è abbastanza distintivo e specifico per il segmento di “consumatori sensoriali”, il rischio è che il prodotto vada a colpire un consumatore curioso “target per brand XY”, ma non va a colpire il mio consumatore sensoriale. Il mio prodotto non viene considerato sensoriale quindi non attecchisce sul mio consumatore, ma ruba le vendite al consumatore “target per brand Y”. Si tratta dunque di un posizionamento di un nuovo prodotto non distintivo con un cliente che già coprivo bene. Non ho lavorato abbastanza per rendere unico il mio prodotto e, dal momento che non viene colto come unico, il mio prodotto non si sposta verso il posizionamento ideale libero ma ruba le vendite a un altro prodotto Cannibalizzazione come strategia = 1. Si vuole rispondere alle mosse dei competitor - Può essere quindi adottata consapevolmente (Tim e Vodafone) - Si creano sottobrand low cost consapevoli che quei sottobrand avrebbero rubato delle entrate alle compagnie 2. Si vogliono prevenire le mosse dei competitor - Ragionamento del “lo faccio prima degli altri” (iPad mini che cannibalizza le vendite degli ipad classici) - Lo so, ma lo faccio lo stesso prima degli altri per blindare la quota di mercato su un nuovo prodotto 3. Si vuole offrire maggior opportunità/soluzioni ampie al consumatore - Si fa questo per arrivare a una maggior fidelizzazione e per combattere la banalizzazione - Aggiungo varianti che offrono al consumatore più possibilità di scelta e blindo la mia quota di mercato Posso accettare la cannibalizzazione in modo attivo, perché ne ho analizzato i fattori esterni di mercato (Philip Morris che crea Iqos). Porta avanti una strategia duale perché se che L’elettronico “mangerà” mercato al tabacco, ma ne è consapevole. Prevengo i rischi dettati dall’evoluzione del mercato. La cannibalizzazione non per forza è negativa, può essere dannosa ma anche molto profittevole. L’introduzione di un nuovo prodotto: - Aggiunge acquisti in più di clienti “in portafoglio” (che già mi sceglievano prima, fidelizzati) per occasioni diverse - Attrae clienti dei competitor diretti e indiretti = lancio un prodotto che riesce a togliere clienti ai miei competitor - Attrae switcher-clienti mercenari = fanno da passaparola tramite le recensioni - Attrae non consumatori di quella categoria (gente che non ha mai comprato quel tipo di prodotto perché non gli piace ma il mio prodotto è l’unico “meno peggio” / “decente” —————— CICLO DI VITA DI UN PRODOTTO: Ogni prodotto attraversa quattro fasi tipiche sul mercato: 1. Introduzione - è la fase iniziale ed è la più rischiosa - Non è detto che il prodotto (o il brand in genere) sopravviva - Se l’impresa è già molto nota è più facile che i suoi prodotto abbiano successo (se è poco nota è difficile) - È definita come “fase di scommessa” - È un’area in cui so che devo investire e spingere sul prodotto - La fase di introduzione può durare molto (se un brand è emergente) ma anche poco (se è una major) 2. Sviluppo - Capisco che quota di mercato posso raggiungere - È la fase in cui vado ad investire per consolidarmi - È una fase di spinta - Voglio far crescere i miei volumi di vendita - Inizio a lanciare alternative di prodotto 3. Maturità - Il prodotto è entrato nel mercato - È la fase più tranquilla - Non c’è nessuno che non conosce il mio prodotto - Il prodotto è entrato stabilmente tra il set di alternative del settore - In questa fase molti costi li ho ammortizzati - Il prodotto si vende da sol (nutella) - Qua si può fare “restyling” - Qua si può fare l’affiancamento (prodotto B che si accosta al prodotto A) - In questa fase continuo a fare investimenti di “consolidamento” 4. Declino - A lungo andare il prodotto potrebbe non funzionare più (diventa meno appetibile) - Ne devo introdurre uno nuovo che lo vada a sostituire - È una fase in cui devo aver già progettato in precedenza il prodotto - Ci sono però casi di “remarketing”, che fanno rinascere il prodotto —————— REMARKETING: Il remarketing si può realizzare in due modi: 1. Recupero il dna del prodotto, ma lo propongo con caratteristiche completamente nuove (Panda, che si è rinnovata e modernizzata) 2. Stravolgo le basi del posizionamento, insegno al consumatore che il prodotto si può leggere in chiave completamente diversa (tipo Danacol che aggiunge il fattore curativo) Da non confondere con il “restyling” —————— RESTYLING: Si fa nella fase di maturità del ciclo di vita di un prodotto. Consiste nel fare degli interventi (innovazioni incrementali) per diversificare il prodotto rispetto a quello che era prima. Gli cambio vestito in maniera superficiale, solo per allungare la fase della maturità. È una fase in cui vendo maggiormente i prodotto. Si parla anche di profondità = propongo il prodotto in nuove versioni marginali (fingo più sottile, Oreo più spesso), ma alla fine rimane lo stesso prodotto —————— INTERNET REVOLUTION: Grazie al web oggi abbiamo molte più possibilità di comprare prezzi di vari prodotti dei vari marchi, quindi il consumatore ha più potere. Nuovi intermediari e nuovi player iniziano ad avere in mano il mercato (Booking VS air b&b/hotel) Con internet si assiste al fenomeno del dynamic pricing = andamento della domanda. In base all’algoritmo varia il prezzo (aumenta se c’è richiesta o si abbassa se c’è poca richiesta) I prezzi si possono adeguare a quello che fanno i competitor più diretti oppure variare in base al momento della giornata. È importante anche la modalità di connessione se guardo da pc, tablet o telefono) —————— COMMUNICATION MIX: Insieme degli strumenti di comunicazione che possiamo usare per parlare al consumatore, per incidere sulla sfera cognitiva emotiva e comportamentale. Più budget abbiamo, più possiamo fare un modello di comunicazione preciso che apporti beneficio alla nostra azienda. Due fattori importanti: 1. Creatività - Non perdere occasioni per parlare al consumatore in maniera creativa e laterale 2. Packaging - Si tratta di un importante veicolo di comunicazione (appagante), perché sono in grado di catturare l’attenzione del consumatore —————— STRUMENTI: Associare prodotti e brand di settori molto diversi tra loro (fare co-branding), per arrivare all‘obiettivo. La comunicazione creativa non sta solo nello sfruttare meme o fare campagne che facciano ridere, ma anche cercare strade laterali vantaggiose. Ci sono vari tipi di strumenti: 1. Pubblicità 2. Stampa 3. Pubblicità interattiva (qr code) che e 4. Radio 5. Tv 6. Web (i banner) ——————

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