Summary

This document explores the concepts of trade marketing and channel management, focusing on the go-to-market strategy and analysis of the macro and micro environments. It emphasizes the importance of understanding customer needs, competing effectively, and designing the most suitable distribution channels for successful market penetration in the context of Italian business.

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TRADE MARKETING & CHANNEL ------------------------- **Il macroambiente** Una distinzione fondamentale per gli economisti quando di parla di scelte di canale (ovvero tutto ciò che consente a prodotto o servizio di arrivare al cliente finale che può essere B2B o B2C) è quella tra microambiente e mac...

TRADE MARKETING & CHANNEL ------------------------- **Il macroambiente** Una distinzione fondamentale per gli economisti quando di parla di scelte di canale (ovvero tutto ciò che consente a prodotto o servizio di arrivare al cliente finale che può essere B2B o B2C) è quella tra microambiente e macroambiente ***Microambiente*:** tutto ciò che è in controllo da parte dell'azienda e fa riferimento al cliente, alla concorrenza e all'impresa stessa. ***Macroambiente*:** ambiente politico, sociale, tecnologico ed economico. Tutti quegli elementi con i quali un'azienda si deve confrontare ma che non sono direttamente nel suo controllo. Fa riferimento ad elementi di contesto dentro cui un'azienda deve muoversi. Es. anche l'ambiente normativo: devo operare dentro norme e leggi definite da altri, su cui io ho impatto basso o nullo a seconda di un peso specifico. Se sono azienda grande lavoro in lobby per fare pressing per una determinata legge o evoluzione fiscale. Quando noi come azienda abbiamo necessità di far arrivare prodotto o servizio al cliente attiviamo un processo di **go** ***to*** ***market***, di accesso al mercato è tutto l'insieme di azioni o scelte che vengono poste in essere affinché prodotto o servizio arrivi al cliente (scelte di canali, prezzo, comunicazione, etc.). **Il processo di go to market nel processo generale di trust oriented marketing** Quando parliamo di go to market e di accessibilità di prodotti e servizi nel mercato ci sono due elementi che pesano molto: 1. [singoli clienti] comprensione delle esigenze, conquista della fiducia; 2. [concorrenza] essere percepiti come i migliori sul mercato. Distanza dai concorrenti. Il *go to market* è processo che considera il macroambiente come un elemento dato, mutevole, che consente di portare il prodotto e servizio nel microambiente e di renderlo vincente ed efficace. Nel microambiente devo guadagnare la fiducia del cliente differenziarmi dalla concorrenza e avere relazione solida con la distribuzione. Quanto più riesco a generare fiducia più relazione con il cliente sarà differente con competitors e tanto più genero valore economico e materiale nella relazione. **Il processo di marketing management** 1. **Analisi** **del** **macro** **e** **microambiente**: nel momento in cui un'azienda va nel mercato e propone prodotto la prima parte è analitica e analizza il micro e macroambiente. 2. **Strategia** **di** **marketing**: sulla base di questi due ambienti progetta il valore e definisce la value proposition (proposta di valor che io come brand faccio al mio cliente di riferimento) e sulla clientela con alto potenziale definisco chi io voglio essere nella mente del consumatore che mi deve scegliere. 3. **Comunicazione** **e** **Go** **to** **market**: dopo aver progettato la proposition lavoro sulla comunicazione, sul go to market è una fase che entra in campo nel momento in cui il prodotto o servizio è competitivo. 4. **Innovazione** **del** **valore**: dopo lavoro sull'innovazione della proposta di valore che ho definito a monte: con nuove versioni del prodotto, marketing esperienziale, etc. che ingaggino cliente e mi differenzino dalla concorrenza. 5. **Controllo** **e** **pianificazione** **del** **valore**: infine, analisi delle performance per monitorare ciò che ho fatto. Immagine che contiene testo, schermata, Carattere Descrizione generata automaticamente Se ciò è il processo canonico di marketing management il punto centrale è proprio il ***go to market***: una volta ideato il prodotto tale deve arrivare al cliente di riferimento. Per far ciò devo far sì che insights dell'ambiente siano base solida per attivare processi manageriali in ambito marketing: mi serve per generare proposta di valore e capire quali canali usare. A seconda dell'obiettivo mi focalizzare su elementi dell'ambiente diversi: es. se lancio nuovo prodotto mi focalizzo sul cliente e sulla concorrenza; distribuzione viene esaminata in maniera profonda quando devo capire come rendere prodotto accessibile. *Come funziona nello specifico il go to market?* ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, linea Descrizione generata automaticamente](media/image2.png) Ho la possibilità di definire una strategia di go to market, di channel design, disegnare la architettura di canale. Una volta deciso cosa c'è tra prodotto e cliente finale devo gestirlo e nella gestione il trade marketing è importante perché nasce come risposta dell'industria agli evoluti bisogni della distribuzione. Da sempre lavorano assieme ma cambia la relazione: prima industria vedeva distribuzione solo come logistica, non gli dava rilevanza. Man mano i retailers (es. Esselunga) si sono evoluti e ruolo di logistica gli stava stretto e hanno avuto necessità che erano soggetti in grado di influenzare la scelta del soggetto finale nello store. Il **trade** **marketing** nasce come volontà e capacità dell'industria di rispondere a bisogni della distribuzione. E come sempre c'è parte di controllo in cui misuro e monitoro. Il macroambiente è il punto di partenza. Definisce quello che è il contesto in cui ci si muove, più ampio e complesso su cui io non ho impatto diretto. È un ambiente sempre più articolato e dinamico. Devo analizzare tutte quelle variabili che possono impattare sull'azienda e ho 3 step: 1. Identifico le variabili o i fenomeni 2. La probabilità con cui fenomeno si può realizzare 3. Qual è l'impatto Es. tasso sui mutui probabilità che dal 1° gennaio tassi vengano alzati dell'80%. Impatto può essere alto, medio, basso. Pur lavorando nello stesso settore e con la stessa minaccia, l'impatto può essere molto diverso a seconda del mio business. Ciò mi consente di avere tracking per vedere cosa succede nel macroambiente e cosa devo monitorare. Quando definiamo l'ambiente esterno che l'azienda subisce ho quattro macrocategorie di variabili su cui ragionare: 1. **Dimensione olografico e geografica** (come è composto territorio e quali sono le caratteristiche demografiche della popolazione che stanno cambiando): es. natalità che sta cambiando va ad impattare sulle aziende. Come è strutturato territorio e popolazione impatta sul business. Fattori relativi alla struttura del territorio e all'articolazione e ai trend della popolazione, che incidono sui consumi e sul comportamento d'acquisto dei clienti. Formule commerciali che hanno unito soluzioni di entertainment -- creazione del one stop shopping dove compro sia beni che servizi di intrattenimento; 2. **Variabile economica**: trend che impattano sull'economia e sui player economici (es. inflazione, andamento dei tassi di interesse, etc.). Oggi eccesso della domanda rispetto all'offerta. Variabili economiche che guidano il comportamento dei clienti e degli attori del mercato; 3. **Scienza, tecnologia e innovazione** (es. evoluzione dell'intelligenza artificiale) 4. **Politica e normativa**: il fatto che ci sia al governo uno schieramento politico impatta sulle conseguenze dell'azienda. Variabili politiche e legislative che incidono sull'agire delle imprese e sul comportamento della domanda. Quando parliamo di macroambiente per le aziende che lavorano nel largo consumo son tanti gli elementi che vanno considerati. Se parliamo di territorio e demografia consideriamo che in Italia abbiamo molti paesini (densità della popolazione per l'apertura di nuovi punti vendita). **I cambiamenti ambientali vissuti dai distributori** 1. **Cambiamenti** **demografici**: evoluzione popolazione, aumento donne lavoratrici, pressione sul tempo → one-stop shopping, aggregati commerciali, entertainment, formule di prossimità; 2. **Economia**: riduzione dei consumi (2008-2009), riduzione dell'inflazione. Attualmente abbiamo aumento dei consumi e aumento dell'inflazione; 3. **Tecnologie**:\ ▪ informatiche → terminali Point of Sale (Pos-Scanner), Electronic Fund Transfer (EFT), Electronic Data Interchange (EDI), Radio Frequency Identification System (RFID);\ ▪ dell'informazione (rete digitale) → nuovi canali, minacce di nuovi concorrenti; 4. **Legislazione** e **regolamentazione**: dal '98 abolizione di tabelle merceologiche e licenze commerciali. Si manifesta tramite la tendenza ad una maggiore e minore liberalizzazione (es. inizi anni 2000 con Bersani in cui sono state abolite le tabelle merceologiche e c'è stata libertà di aprire punti vendita senza vincoli che c'erano prima. Ciò ha portato a superfici commerciali che vendevano prodotti che prima non vi erano. **[Analisi della concorrenza: il paradigma S-C-P ]** Modello che più di altri attiva riflessione su cosa voglia dire analizzare concorrenza e perché questa è importante. Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, design Descrizione generata automaticamente Modello che si basa su ipotesi molto forte: le performance di un'azienda sono impattate dai suoi comportamenti e questi derivano da come è strutturato il settore di appartenenza. Per analizzare la concorrenza il modello parte dell'analisi della struttura come è strutturato il settore di appartenenza? STRUTTURA: Il primo elemento è la **concentrazione** quanto sono pesanti i miei concorrenti all'interno di quel settore. Posso guardare sia al numero di concorrenti e alla somma della quota di mercato dei primi 4 players (C4). Es. se sono Colgate e lavoro nel mondo dentifrici prendo i primi 4 player del mercato. In situazione di bassa concentrazione potrei avere una quota di mercato anche inferiore al 20%. Altro elemento che impatta sull'analisi del macroambiente è il tema delle **barriere**: il settore è più o meno difeso a seconda che vi siano barriere all'ingresso più o meno elevate. Se nel mondo dentifrici oggi il trend è quello degli sbiancanti quella è barriera all'ingresso, rallenta soggetti nell'entrare in quel settore. **Differenziazione**: nel mio settore le aziende sono uguali o diverse tra loro rende il settore più o meno differenziato e appetibile. Queste caratteristiche impattano sulle condotte delle aziende, quindi sulle scelte. La struttura impatta sul marketing mix e la condotta impatta sulle performance che possono essere: - **Residuali** in termini di euro - **Market** **share** (quota di mercato), quanta parte del mercato io faccio mia - Elementi di **competitività** (quanto io sul mercato sono in grado di applicare costi efficienti) Manca la distribuzione! Le performance di Colgate possono essere impattate dalla distribuzione del prodotto. Ad un certo punto modello si evolve e viene inserita componente della distribuzione. C'è una dimensione orizzontale ma anche verticale di tale modello. Questo modello deve parlarsi con quello della distribuzione e quello della distribuzione impatta sulle performance. Il comportamento della distribuzione impatta sull'industria. ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, linea Descrizione generata automaticamente](media/image4.png) Il limite dell'evoluzione era il fatto che la freccia era unidirezionale e si ipotizzasse solo impatto della distribuzione sull'industria e non viceversa. Da qui nasce il modello delle 5 forze di Porter per ovviare a limite del modello precedente (o ***modello della concorrenza allargata***). All'interno della concorrenza io devo analizzare 5 grossi ambiti di indagine: 1. Concorrenza vera e propria 2. Fornitori 3. Clienti (sia finale che intermedio) 4. Potenziali entranti: tema delle barriere 5. Potenziali sostitutivi: devo capire cosa nella percezione del cliente è sostitutivo rispetto al mio prodotto Immagine che contiene testo, schermata, diagramma, Carattere Descrizione generata automaticamente Considero anche l'impatto dei fornitori sul contesto. **L'analisi della concorrenza** - \-  Analisi delle caratteristiche del settore (S-C-P) - \-  Analisi del settore allargato (5 forze) → confini del settore sempre meno definiti - \-  Analisi in profondità dei concorrenti diretti: **[Analisi degli attori del canale: la distribuzione]** Il tema della distribuzione è cardine nel percorso. **Il processo distributivo e il canale** - Insieme dei passaggi di natura materiale e immateriale che collegano la fase della produzione con quella del consumo. Percorso che i prodotti (beni fisici e immateriali o servizi) seguono per passare dalla sfera di disponibilità del produttore a quella del consumatore/utilizzatore/utente finale. Quando parliamo di ***canale*** o ***processo*** ***distributivo*** facciamo riferimento a tutti quei passaggi che consentono al prodotto e servizio di passare al cliente di riferimento. I passaggi possono essere di natura materiale (passaggio merce) o immateriale (cambia proprietà del prodotto). Parliamo oggettivamente del percorso che i prodotti o servizi fanno per essere acquistati. Il percorso che da produttore arriva a cliente finale può passare o meno dal distributore (canale diretto o indiretto) ma abbiamo dei passaggi fisici e degli step giuridici. Es. quando cliente va su Amazon ha diverse situazioni. Prima vendeva solo prodotti stoccati nel suo magazzino (venduto e spedito). Oppure possiamo vedere venduto da X e spedito da Amazon. Oppure venduto da X e spedito da X. Nel primo caso parliamo della dimensione tradizionale di Amazon. Negli altri due facciamo riferimento al market place. Amazon mette a disposizione la piattaforma a venditori terzi per vendere prodotti. Nel primo caso la proprietà è di Amazon dei prodotti e li vende. Nella situazione 2 il prodotto è fisicamente nel magazzino di Amazon ma la proprietà è del venditore X che decide di vendere su Amazon. Nel terzo caso il prodotto è totalmente gestito da venditore X che usa Amazon solo come vetrina per pubblicizzare prodotto ma proprietà del bene è in capo al venditore che si occupa della spedizione il possesso fisico e proprietà del prodotto possono avere gradienti diversi a second del canale scelto. A seconda di chi è proprietario della merce e del canale avrò diversi step distributivi. Il mix di dimensione fisica e giuridica è importante per le scelte distributive. **La distribuzione commerciale** Le imprese commerciali fungono da anello di congiunzione fra Produttori e Consumatori finali, colmando i gap esistenti. *Perché nasce la distribuzione?* I retailer e grossisti nascono quando imprese industriali hanno avuto bisogno di distribuire massivamente prodotti e questo era insostenibile dal pov economico. Nel momento in cui c'è fabbisogno i player commerciali sono punti di contatto tra industria e cliente finale. **L'impresa commerciale ha ruolo di rendere disponibile prodotto o servizio nei tempi e luoghi desiderati dal consumatore.** Un'industria potrebbe distribuire direttamente ma spesso non si allinea con aspettative del consumatore. Il ruolo del player commerciale si inserisce nell'unità di tempo, luogo e possesso della filiera. Faccio sì che player acquisti prodotto quando vuole, dove vuole e senza limiti. Accessibile sempre. **La distribuzione commerciale all'interno del canale distributivo** Le imprese commerciali possono essere distinte in aziende grossiste e aziende dettaglianti, in base ai soggetti con cui interagiscono:\ - **Grossisti** → acquistano da produttori e vendono a dettaglianti o altre imprese;\ - **Dettaglianti** → acquistano da produttori o da grossisti e vendono a consumatori finali\ (diversa lunghezza del canale distributivo) Quando parliamo di player commerciali abbiamo vari ruoli grossista (b2B) Retailer rende disponibile il prodotto al cliente (b2C) Per l'industria sarebbe troppo dispendioso andare in tanti piccoli punti vendita; quindi, ai lavora con grandi insegne nazionale, poi vendono a grossista che a loro volta vendono a retailer. Grossisti e dettaglianti vengono definiti **Intermediari** (o imprese) **Commerciali**: svolgono in modo specialistico attività di intermediazione commerciale (buy & sell).\ Aziende addette alla conservazione, al trasporto e all'assicurazione della merce, ecc. vengono definite *Ausiliari* *della* *Distribuzione*: operano nel settore del commercio agevolando gli scambi all'interno del canale ma a differenza degli intermediari commerciali non assumono la proprietà della merce e il rischio della sua commercializzazione. Il produttore vende a grossista, che vende a retailer che vende a consumatore. Quando c'è passaggio di proprietà parliamo di intermediario commerciale. Nella filiera ci possono essere soggetti che non acquisiscono proprietà del prodotto ma impattano sula lunghezza e complessità della filiera. Es. farmacia: Pfizer stocca prodotti con soggetto terzio che gestisce le scorte (DHL). La proprietà del prodotto è di Pfizer. Per il market place Amazon presta servizio di marketing a venditore terzo affinché questo possa vendere. [Mercati] [paralleli]: prodotti che vengono sviluppati per mercato estero ma che poi troviamo nel mercato italiano. Prodotti che vengono acquistati da retailers all'estero. Nel momento in cui un'impresa nella distribuzione si affaccia sul mercato le imprese commerciali si contraddistinguono per la dimensione logistica. Il ruolo del retailer è logistico e si basa sullo store: luogo in cui l'acquisizione da pare del retailer prende forma con una serie di scelte che lui può fare. Nel momento in cui si affaccia a mercato di riferimento può differenziarsi per alcune dimensioni. **Il settore commerciale: definizione e rilevanza** - Insieme delle imprese commerciali cioè delle imprese che svolgono come attività prevalente la compravendita di beni.\ → Il pdt delle imprese commerciali è dato dal punto vendita (pdv) Rilevanza legata a:\ ◼ fatturato generato (spesso \>\> imprese industriali)\ ◼ ruolo delle imprese commerciali *Come si è evoluto il retailing?* **Modernizzazione** nascita delle formule moderne:\ ▪ USA, prima metà '900: supermercato e department store;\ ▪ UK, prima metà '900: superstore;\ ▪ Germania, anni '60: discount;\ ▪ Francia, anni '70-'80: ipermercato e GDO;\ ▪ Italia:\ − contaminazione a partire dagli anni '90;\ − cooperazione e distribuzione organizzata (DO) vs. grande distribuzione (GD). Gli intermediari commerciali nascono dal bisogno di rendere disponibile il prodotto in maniera sostenibile. Da questa esigenza nascono supermercati (inizio '900) con due formule: supermercato stretto e department store. In Italia arrivano qualche anno dopo con Esselunga e si caratterizzava per la ricchezza di assortimento. Mette nello stesso posto tante categorie di prodotto e soddisfa vari bisogni. Nasce su un concetto "one stop shopping" faccio spesa in un solo punto vendita. Questo concetto si è esteso sempre più: prima era legato solo all'alimentazione e alla spesa quotidiana, poi si è cercato di aggiungere quanta più roba possibile. Dal concetto del supermercato si è poi esteso per arrivare al superstore e all'ipermercato. Il superstore ha lavorato sulle stesse categorie di prodotto ma con più assortimento e l'ipermercato ha aggiunto categorie di prodotto (elettronica + abbigliamento). All'inizio del '900 catene erano inesistenti e aziende hanno deciso di lavorare con due modelli diversi. GDO: - **GD** grande distribuzione, catene in cui proprietario è uno (es. Esselunga) - **DO** distribuzione organizzata, qui anche se il punto vendita ha la stessa insegna appartiene a proprietari differenti. Condividono alcune scelte per proporsi al mercato in maniera congruente (es. Conad). Il tema fondamentale che si è inserito è quello dei discount: negli anni '60 in Germania sono apparsi i primi discount. Era emersa esigenza di superfici che offrissero vantaggi dal pov economico. La formula iniziale era estremamene strong: erano punti vendita basic, primordiali, ma forte aggressività nell'esposizione dei prodotti per dare idea di convenienza. Hard discount in Italia non ha mai fatto breccia. Oggi il discount in Italia è un formato che riscuote successo. In questa evoluzione si sono susseguite diversi fenomeni. Il primo è stato il tema della **concentrazione**: aumento dimensione imprese commerciali aumenta il loro potere. Prima c'era grande **frammentazione**, poi nascono le catene che hanno acquisito ruolo importante. Se prendiamo i primi 3 player dei mercati europei in Uk c'è grande concentrazione. In questa evoluzione si sono inseriti i trend della **liberalizzazione** degli anni '90 e tutto ciò che ha riguardato l'**internazionalizzazione**. *Quando retailer sceglie di essere su un mercato su cosa lavora?* Quattro aree: 1. Posizionamento del brand in sé (**marketing d'insegna**): qual è la brand equity? Il valore di marca? E quanto associazioni devono essere diverse da quello dei concorrenti 2. **Marca commerciale**: la marca del distributore. Sono marche di proprietà del distributore e tutti i retailer ne hanno almeno una che può essere uguale all'insegna o marche di fantasia. 3. **Loyalty program**: ho programmi fedeltà che alimentano la frequenza di acquisto 4. **Orientamento all'innovazione**: quanto sono in grado di aumentare il valore che genero per il cliente (es. promozioni) **L'offerta: i servizi commerciali** Se è vero che il punto di partenza per il retailer è la dimensione logistica è anche vero che quando entriamo nel punto vendita ciascuno di noi acquista dei prodotti e un mix di servizi (commerciali) che vengono erogati dal retailer di cui possiamo essere consapevoli o inconsapevoli. Il prodotto è derivante dall'industria e i servizi commerciali fanno invece riferimento a quello che fa il player. ***Il servizio commerciale è un mix di attributi o servizi combinati in proporzioni diverse.*** I servizi che un retailer può erogare son diversi: eterogenei e il gradiente con cui si decide se erogare o meno servizio sono origine di due retailer sul mercato, arma con cui si posiziona e differenzia sul mercato. Il bene, la merce è qualcosa di estremamente sostituibile. Il prodotto non può essere il gradiente. Esselunga non si differenzia sul prodotto. Quello che è unico è il [legame] con il cliente e la fiducia sviluppata nel tempo. Quando accediamo ad un retailer ci son due livelli: - [Servizi centrali]: soddisfanno direttamente il bisogno (es. disponibilità del prodotto, il fatto che sia disponibile subito). Il servizio centrale spesso viene identificato come un **Key No Failure Factor** (fattore di non fallimento), qualcosa che io devo avere ma il fatto di averlo non genera soddisfazione. Se io vado da Esselunga e trovo la Nutella non è strano, il contrario sì. Il servizio centrale risponde sì al bisogno centrale, ma non genera soddisfazione. Quindi ho bisogno di altri servizi per guadagnare loyalty del cliente. - [Servizi periferici]: più o meno necessari, ma rappresentano forte differenziazione. Questi servizi si distinguono in: 1. *Servizi logistici* (base delle imprese commerciali) quei servizi che consentono al cliente finale di minimizzare il suo effort logistico, semplificano spostamenti. Il primo è la **prossimità**: se il punto vendita è più o meno vicino rappresenta un servizio logistico. La scelta della location per apertura del punto vendita è determinante. La possibilità di aprire in una determinata via impatta su quanto il punto vendita sarà vicino al cliente. Il secondo servizio è lo **stoccaggio**: è il servizio originario di cui parlavamo prima. Quando retailer stocca il prodotto, compra e lo mette nel magazzino vuol dire che io posso trovare quel prodotto lì quando voglio, non c'è bisogno che io faccia scorta perché lo troverò sempre in assortimento. Poi c'è **l'estensione di apertura**: segue la stessa logica della prossimità, ovvero se punto vendita è aperto più a lungo allora mi devo adattare di meno agli orari. Infine, abbiamo **ampiezza dell'assortimento**: si caratterizza per due dimensioni, ovvero ampiezza e profondità. L'ampiezza riguarda il numero di bisogni che andiamo a soddisfare. Assortimento ampio soddisfa molti bisogni e varie categorie di prodotto. La profondità mi dice quante alternative offro per ogni singola categoria. Il fatto di avere molte categorie di prodotto mi evita di dover andare in tanti punti vendita diversi. 2. *Servizi informativi* **preselezione dell'assortimento**: se il servizio logistico punta a ridurre lo sforzo del cliente nell'acquisto, questi semplificano la pare di ricerca dell'info del percorso di acquisto. Cerco info per comparare informazioni. Il fatto che retailer costruisca assortimento è valore per il cliente di riferimento perché gli semplifica il percorso di riparazione. - [Altri servizi] **post-vendita**: riferimento alla assistenza, il customer care, possibilità per il cliente di trovare un punto di riferimento. *Piacevolezza* -- Pleasure (quanto siamo felici del tempo speso nel punto vendita) + stimolazione - *Arousal* (quanti messaggi il punto vendita ci invia)+ livello di controllo -- *Dominance* (PAD) (quanto percepisco che il punto vendita cerca di sopraffare la mia permanenza) emozioni che proviamo nel punto vendita: quanto è piacevole, quante emozioni riceviamo e quanto siamo in controllo. **Velocità di servizio:** la cassa impatta di più sulla velocità con la quale facciamo la spesa. **Comfort**: impatta tutto ciò che fa riferimento all'esposizione, alle luci, etc. ![Immagine che contiene testo, biglietto da visita, schermata, Carattere Descrizione generata automaticamente](media/image6.png) Estensione del core service: retailer cerca di utilizzare la forza della relazione con il cliente per arricchirla. Questa applica la convergenza intersettoriale: nel mondo retail entrano categorie di prodotto che prima facevano riferimento ad altre cose. Questo consente al retailer di rendere più ricca la relazione con il cliente e lo espone però ad una dinamica competitiva molto più estesa. I servizi logistici hanno tradizionalmente costituito la ragion d'essere delle imprese commerciali.\ Le altre tipologie di servizi hanno con il tempo assunto una crescente importanza:\ → **ESTENSIONE** **DEL** **CORE** **SERVICE** che ha determinato investimenti sempre maggiori in attività tradizionalmente non svolte dai retailer (es. servizi di ristorazione, creditizi, ricreativi, distribuzione di carburante, ecc.) **[Assortimento]**: tutti prodotti che il retailer decide di vendere al mercato. In quel trade off tra profondità e ampiezza possiamo avere diversi ambienti. Immagine che contiene testo, Carattere, schermata, linea Descrizione generata automaticamente Due dimensioni:\ **AMPIEZZA**: quantità di categorie merceologiche commercializzate;\ **PROFONDITA'**: espressione della varietà dell\'assortimento con riferimento a ciascuna categoria merceologica → numero di varianti all'interno della categoria![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere Descrizione generata automaticamente](media/image8.png) **Pdv plurispecializzati**: nel primo quadrante in alto a destra abbiamo realtà con alta profondità e alta ampiezza: tante categorie di prodotto con tante alternative per prodotto. Parliamo di realtà plurispecializzate. Es. Metro, Leroy Merlin, La Rinascente. Importante sia logistica sia informativa. **Pdv specializzati**: Ikea, MediaWorld focalizzati su un numero ridotto o unica categoria di prodotto. **Pdv despecializzati**: ipermercati, Amazon, Acqua e sapone, tante categorie di prodotto ma con poche alternative. **Pdv marginali di nicchia**: es. piccoli supermercati, vendevano massimo una o due marche per categoria merceologica. **La formazione dell'assortimento** 1. **Famiglie merceologiche e categorie**: decisione strategica che configura il tipo di offerta in termini di ampiezza; 2. **Tipologie di pdt per categoria:** definizione della struttura in termini di marche leader, follower, premium price, primi prezzi e marche commerciali; profondità e definisco le alternative che ho per categoria. 3. **Marche e referenze per ciascuna tipologia di pdt**: determinanti per il posizionamento del pdv e le politiche di acquisto/i rapporti con i fornitori; 4. **Allocazione spazio espositivo** in base a:\ ▪ spazio disponibile;\ ▪ redditività lorda e rotazione;\ ▪ frequenza di rifornimento desiderata Capisco su quanto quella categoria è segnaletica e su quanta marginalità ho. Do più spazio a brand con cui ho marginalità attuale. Tanto più prodotto è redditizio per me più cerco di avvantaggiarlo. Se un prodotto è mostrato con più facing vuol dire che la GDO spinge perché ci guadagna di più. Ogni mese ci sono nuovi prodotti per tutte le categorie (**manutenzione**). Assortimento va gestito spesso. Fa fatto un lavoro di fine tuning in termini di inserimento di nuove referenze e uscita delle referenze più obsolete. Logica in cui spazio espositivo è risorse limitata e non posso espanderlo all'infinito allora lo sostituisco o etc. **L'inserimento di nuovi prodotti in assortimento** La scelta di inserire o togliere referenze è valutare alcuni parametri: 1. Il margine (**condizioni economiche**) valutazione nel momento in cui azienda propone nuovo prodotto a Esselunga allora considero quanto riesco a vendere prodotto meno a quanto l'acquisto fratto il prezzo a cui lo riesco a vendere valutazione che retailer fa per vedere se inserire prodotto in assortimento. Se la categoria ha una marginalità lorda media del 10% decido che inserirò referenze con marginalità di almeno il 10%. Tutto ciò che non rispetta parametro non le inserisco. 2. **Premialità** industria mi dice che se inserisco il prodotto in assortimento ti do 100 k per inserirlo in tutti o punti vendita o se ne vendi almeno 5000 pezzi c'è sconto. Tecnicamente si parla di **listing fee** = c'è listino per ogni retailer per cui se si vuole entrare nel punto vendita con referenza c'è un prezzo da pagare. 3. **Dimensione logistica** se industria chiede di inserire prodotto devo considerare quanto riesci a garantirmi consegne frequenti e puntuali. Es. se prodotto ha share life ridotta (dura 5 min in scaffale) devo avere consegna giornaliera. Se non me lo puoi garantire è un problema. 4. **Politiche promozionali** es. questione dei contributi, etc. 5. **Potenziale di vendita** a quante persone posso vendere il nuovo prodotto? Quanto fatturato riesco a fare? io come retailer posso essere disposto a ridurre il margine finchè lo vendo a più consumatori 6. Quanto prodotto aggiunge **valore al consumatore** (es. Nutella Biscuits = brand così forte che pur se usato in un'altra categoria di prodotto per Esselunga sarebbe stato danno troppo forte non averlo in assortimento = valore altissimo) 7. **Caratteristiche del produttore**: relazione esistente fra il distributore e il produttore e risultati dei passati lanci; 8. **Elementi di natura competitiva**: attitudine dell'impresa commerciale verso il servizio al cliente e la presenza di marche commerciali. [Private label]: prodotti che retailer decide di produrre con una marca propria. È una scommessa per il retailer. Retailer decide di produrre nel proprio ecosistema. Ad oggi la private label è arrivata al 30%. Un prodotto su tre venduto dalla distribuzione è fatto dal distributore stesso. **La struttura dell'assortimento per marche** ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere Descrizione generata automaticamente](media/image10.png) La marca leader ha circa il 16% e un 50% sono marche followers ed altre. La marca leader e la private label sono il 42% del mercato. **La struttura dell'assortimento per scala prezzi** Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, design Descrizione generata automaticamente Cresce la polarizzazione nei centri di acquisto. Questa è scala prezzi del GDO. Dove 100 è il prezzo medio del GDO. Sotto abbiamo prodotti che costano meno e sopra di più. Se prendiamo le fasce più estreme e quelle che vanno sopra il 130 abbiamo circa 41 punti percentuali. La metà del mercato circa acquista o il primo prezzo o la marca premium e gli estremi aumentano sempre di più. Il mercato si polarizza sulla scala prezzi e si assottiglia la parte intermedia. Se la private label prima era solo primo prezzo oggi c'è potenziale anche nella parte alta. Quando mi avvicino alla private label faccio leva sul concetto di fiducia. Base teorica della private label: il fatto che retailer ha potenziale di brand extension più elevato di qualsiasi brand industriale e io riesco a fare questo solo se ho fiducia da parte del cliente. *La definizione dell'offerta: **il pricing commerciale*** **Il produttore cede il prodotto all'intermediario ad un prezzo definito di SELL-IN, mentre l'intermediario proporrà l'offerta al cliente finale ad un prezzo di SELL-OUT, che sarà determinato da lui stesso piuttosto che dal produttore;** La causa del principio di proprietà (= chi ottiene la proprietà del bene si assume anche il rischio commerciale e di fatto detiene il controllo totale sul bene + sulla definizione del prezzo; in Europa è vietato per il produttore imporre un prezzo di SELL-OUT al distributore, ma legalmente l'intermediario non può proporre l'offerta ad un SELL-OUT \< SELL IN, tranne in periodo di saldo). È importante conoscere il prezzo di SELL-OUT in quanto bisogna gestire la relazione con l'intermediario in modo da far sì che quest'ultimo sia in linea con il prezzo stabilito dal marketing (pSI ancora legalmente il pSO). Le imprese commerciali non ragionano come le altre imprese, normalmente l'azienda si concentra sul singolo prodotto, mentre in questo caso le strategie di prezzo sono definite in relazione all'intero assortimento (in quanto è quest'ultimo che determina la loro offerta). L'impresa commerciale lavora sull'IMMAGINE COMPLESSIVA e non prodotto per prodotto, di fatto anche l'obiettivo di margine è globale (basato sul paniere medio del cliente) e non specifico. Ciò comporta che la scelta di marginalità sulle singole referenze sia diversa da quella del produttore. **Il prezzo dei singoli prodotti è definito in maniera funzionale alla vendita del prodotto commerciale nel suo complesso** **l\'intero assortimento** Sono disposti a margine molto basso su certi prodotti (si avvicinano al prezzo di sell-in), perché la loro preoccupazione riguarda l'immagine complessiva; ci sono quindi diverse strategie di immagine Vi sono delle diverse strategie d'immagine del prodotto in base alla scelta tra: **IMMAGINE PREMIUM:** prezzo allineato a quello che vogliamo (il distributore farà quindi un prezzo elevato, coerente con quello che presenteremo noi al consumatore). **IMMAGINE DI CONVENIENZA**:\ I prodotti di marca pubblicizzati hanno un potere segnaletico maggiore ai fini della formazione delle percezioni di convenienza\ → prezzi minori → guerre di prezzo\ Prodotti a marca commerciale meno vincolanti perché più difficile confronto;\ Altri elementi diversi dal prezzo determinano tale immagine: affollamento, passaparola, livello di servizio offerto, atmosfera, strutture, stile, ecc. Tradizionalmente la private label nasce per penetrare la parte del primo prezzo: pricing aggressivo per dare immagine di convenienza con volontà da parte di retailer di sganciarsi dalla guerra di prezzo. C'è concorrenza e guerra di prezzo molto marcata sui brand industriali. Tendenzialmente la private label riduce la pressione sul prezzo. Io poi posso decidere in una logica evolutiva anche andare a monte in una parte più premium del mercato. Una volta chiarito posizionamento, proposition, assortimento e ambito commerciale resta la comunicazione. **La comunicazione** Ma retailer una volta che ha definito varie cose deve fare comunicazione a valle (sul cliente finale), sul personale di vendita, sui fornitori, e sui concorrenti. I concorrenti sono soggetti con cui competiamo ma possiamo anche farvi delle cose assieme. Pubblici principali:\ - **Domanda finale** → comunicazione esterna. Lavorare su elementi chiave del posizionamento.\ - **Personale di vendita** → comunicazione interna, indirizzata al personale di vendita. La parte esterna stessa può comunicare esternamente tramite il personale.\ - **Fornitori**: per svolgere le dovute contrattazioni e coordinare le reciproche funzioni, soprattutto in presenza di progetti di partnership; attività di acquisto in cui devono acquistare e dovranno avere linee guida di comunicazioni quando ci si trova in situazione di collaborazione.\ - **Concorrenti**: per attuare strategie o comportamenti comuni nei confronti di soggetti esterni ai \"confini\" tradizionali del settore, come: fornitori, potenziali concorrenti, amministrazione pubblica, concorrenti che attuano comportamenti \"scorretti", ecc. **La comunicazione esterna** - **Pubblicità** - **Promozioni** il mondo del retailing ha spesso usato le promozioni negli anni. - - - **Punto vendita**: atmosfera, layout delle attrezzature, layout merceologico, display, promozioni, personale, insegne esterne, cartellonistica, volantini, radio, televisione a circuito chiuso, etc. **Il punto di vendita è vicino al cliente finale, per questo può attrarre il 100% della sua attenzione** - **Assortimento e marca commerciale** - **Direct marketing**: newsletter e numero verde, iniziative collegate alle fidelity card; - **Volantini (flyer)** - **Relazioni esterne** *A cosa serve la comunicazione?* Ad aumentare il drive to store, traffico nel punto vendita. Uso la comunicazione per far aumentare il numero clienti del mio punto vendita e la loro frequenza di ingresso. Il tema delle promozioni brucia tanto denaro. In Italia circa il 22-23% in GDO è in promozione (1 prodotto su 4). **L'innovazione** lmpossibilità di ottenere una copertura brevettuale e di mantenere «riservato» il contenuto innovativo del prodotto distributivo.\ - Nei processi inter-organizzativi: Indicod-ECR\ - Nelle strutture e nei processi organizzativi\ - Nei processi di approvvigionamento\ - Nel formato distributivo\ - Nella politica di marketing\ - Nella gestione delle relazioni con la clientela **La marca commerciale** ***Private*** ***Label*** prodotto che, anziché col nome o col marchio del fabbricante, viene proposto al consumatore con un marchio o nome di proprietà di un distributore commerciale che ne garantisce direttamente il livello qualitativo\ DIVERSE TIPOLOGIE che riflettono diverse strategie e politiche dei distributori! *Marca* *commerciale* = cambiamento tra aziende produttive e imprese distributive I distributori diventano dei concorrenti per le marche produttive\ Imprese di distribuzione hanno il solo costo di produzione vs marca produttrice quando paga marca di sell- in paga: costi di produzione + tutta una serie di costi (marketing). Può essere del punto vendita, dei servizi commerciali ma anche di ciò che non vediamo come clienti (back office). Nel momento in cui retailer decide di innovare ha due dimensioni: 1. Efficienza 2. Differenziazione Se mettiamo le dimensioni su un grafico e mettiamo il valore verticale e convenienza orizzontale vediamo nel mercato come un mix tra valore dato al cliente e convenienza. In realtà, i punti vendita (vedo grafico) segnati hanno apporto di valore al cliente abbastanza simili perché quello che il cliente riceve è un rapporto tra benefici e costi, il valore è [benefici / costi]. Nel primo caso ho alti benefici e bassi costi, nel secondo l'opposto. Nel primo caso parliamo di tipi di punti vendita simil boutique. Nel secondo caso supermercato. Nel terzo caso discount. Questi soggetti alla fine il valore che generano per il cliente è simile. *Quando retailer riesce ad innovare?* O quando offre stessi benefici aumentando la convenienza; o quando offre più benefici a parità di convenienza. A parità di prezzo offro più benefici o a parità di benefici abbasso il prezzo. Su questa dimensione si gioca la capacità di innovare. Se retailer fa passo in avanti riesce a isolare tutto il resto. Le tipologie e classificazioni sono diverse. La prima riguarda la *CONSUMER PROPOSITION*: - **Generic private label**: obiettivo è essere l'alternativa più conveniente. Alternativa indifferenziata, con packaging poco curato e brand name generico o identificata come primo prezzo la più economica/conveniente. Questa era la base di assortimento dei discount quando si svilupparono alle origini; all'ingresso dei discount i distributori svilupparono i propri marchi generici (dal prezzo ridotto); - **Copycat brand**: imitazioni dei prodotti industriali con stesso livello qualitativo ma prezzo più basso; - **Premium store brand:** obiettivo = differenziazione\ ▪ Premium-lite store brand migliore e più conveniente; la mia leva qui è il prezzo.\ ▪ Premium-price store brand il meglio che puoi acquistare, non parla di prezzi. - **Value innovator:** miglior rapporto performance-prezzo → qualità allineata ai brand leader ma rimosse le caratteristiche di prodotto e di immagine, conseguendo risparmi di costi per proporre il prodotto a un prezzo competitivo. Brand che offre il miglior rapporto performance prezzo allineandosi alle performance dei leader ma rimuovendo caratteristiche superflue. Mentre il copycat è la copia del prodotto, qui il prodotto offre stesse performance ma eliminando le cose superflue. La seconda classificazione: - **Private label generica con prodotto unbranded** (difficile da vedere, forse in gastronomie) vantaggio di prezzo; - **Private label generica (prodotti bandiera):** simili ai generici ma con miglior rapporto qualità-prezzo, con riconoscibilità del brand; - **Marchi di fantasia non riconoscibili:** marche che non permettono l'identificazione del distributore (es. Smart di Esselunga); - **Marchi di fantasia riconoscibili** - **Marchi insegna**: estremamente visibile sul prodotto (es. linea Esselunga); - **Marchi insegna per tipologia di segmento (marchi ombrello)** Si mette a confronto il numero di brand retailer e il numero di brand delle imprese di distribuzione. Es. Walmart ha sistema di private labels create da loro di 169 marche. Complesso gestire la private label nei retailer che investono in queste dimensioni che gli permette di differenziarsi e sfuggire alla competizione. ![Immagine che contiene testo, schermata, diagramma, design Descrizione generata automaticamente](media/image12.png) **I loyalty program** Le carte fedeltà rappresentano un elemento del retail mix per potenziare fedeltà del cliente. Ma nel farlo dobbiamo fare attenzione a misurare due cose: - Il riacquisto - La fiducia Spesso un cliente fedele è incitato come tale solo se acquista da me con una buona frequenza. Ma un cliente che riacquista è sempre fedele? NO, spesso non ho alternative. Un cliente che riacquista ma non si fida è un cliente che appena possibile mi tradirà. I programmi loyalty devono alimentare sia riacquisto che componente di fiducia. Catalogo premi: accumulo punti e poi li riscuoto con premio o sconto. Amazon crea abbonamento per cui se sottoscrivi ad abbonamento annuale hai determinati premi e privilegi. Componente che ha alterato logiche di loyalty: per la prima volta per avere loyalty program bisogna pagare Amazon Prime - Consegna gratuita in 1 giorno per gli iscritti ad Amazon Prime (la maggior parte dei CAP italiani è attualmente servita); - Offerte lampo → accesso alle offerte con 30 minuti di anticipo; BuyVIP → accesso alle offerte dalle h22.00 del giorno precedente; - Novità: Prime Foto → Amazon Cloud Drive, piattaforma accessibile da qualsiasi dispositivo. Oggi sempre di più si lavora sul cercare di dare accesso al cliente a servizi esclusivi. 10/01/2025 **Il comportamento dell'acquirente** **[L'analisi della domanda ]** Il consumatore se acquista prodotto si rivolge a rivenditore commerciale e quando acquistiamo prodotto acquistiamo combinazione di prodotto e di servizio. Due servizi commerciali: - In senso stretto (logistica) - Aggiuntivi, che non sono essenziali ma integrano attività finanziarie, etc. nelle aziende ***Consumatore*** → analisi del processo decisionale riferito alla scelta del prodotto o del singolo brand;\ ***Acquirente*** → analisi della scelta dei servizi commerciali e del punto di vendita. Indaghiamo entrambi gli aspetti per avere panoramica completa sulla domanda. **Scelta del prodotto vs scelta del pdv** Conoscere bene il consumatore o acquirente ci fa disegnare strategie che possono essere efficaci e raggiungerlo per bene. Dobbiamo capire perché e cosa fa ed è quello che facciamo con il consumer behaviour perché individui fanno determinate scelte, che scelte fanno. Etc. [Interrelazioni tra i due processi di scelta]:\ - il bisogno di servizi commerciali «derivato» da quello relativo al bene (tranne acquisti d'impulso). Gli acquisti di impulso sono quelli non programmati e che facciamo istintivamente (es. prodotti vicino alle casse).\ - la scelta del pdv (assortimento) condiziona l'insieme evocato → alternative di marche tra cui scegliere. L'insieme evocato è quell'insieme di prodotti nella mente dell'individuo tra cui sceglie quando deve scegliere che prodotto acquistare.\ - la soddisfazione post-acquisto relativa al pdt influenza la soddisfazione relativa al pdv;\ - la fedeltà a pdv e pdt influenza il comportamento di scelta di entrambi. ***Quando l'individuo ottiene soddisfazione dal prodotto questa influenzerà anche quella relativa al punto di vendita e viceversa.*** **Il processo di acquisto** Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, linea Descrizione generata automaticamente I primi 3 step riguardano il ***sistema*** ***cognitivo*** dell'acquirente. L'ultimo step riguarda la ***dimensione*** ***comportamentale***, ovvero traduciamo l'acquisto in azione e comportamento. Il sistema cognitivo è un processo nella mente dell'individuo prima del processo di acquisto e che porterà ad azione che si traduce in comportamento. *Cosa vuol dire store loyalty?* Fedeltà al punto vendita consumatore va frequentemente presso un punto di vendita. È la motivazione per cui acquista sempre nel nostro pdv. Esiste una azione comportamentale che si concretizza in acquisto ripetuto ma tuttavia da pov attitudinale e cognitivo quella motivazione non è sostenuta da motivazioni forti. Quindi due aspetti di *store loyalty*: - Cognitivo - Comportamentale Se è vero che non esiste solo aspetto comportamentale e scelte degli individui, cosa spinge individui a fare acquisti? Come valutano alternative? Dobbiamo analizzare anche l'aspetto cognitivo! **Coinvolgimento psicologico e scelta del pdv** **Processo di acquisto e coinvolgimento** ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, numero Descrizione generata automaticamente](media/image14.png) Individui diverse hanno caratteristiche diverse ma possiamo tracciare elementi in comune che ci fanno capire il perché di queste scelte. Essere coinvolti psicologicamente nel processo di acquisto vuol dire avere un alto livello di interesse verso acquisto del prodotto ma lo colleghiamo anche al rischio. Al variare del coinvolgimento psicologico varia anche il sistema cognitivo dell'acquirente. Generalmente in un basso coinvolgimento l'individuo preferisce sperimentare personalmente il bene per poi trarre le sue conclusioni. Quindi salta alcune fasi come la raccolta delle info perché gli importa solo la sperimentazione empirica del prodotto stesso (questa mi dà informazioni). In alto coinvolgimento psicologico il processo si basa su processo intenzionale con raccolta delle informazioni. Il punto di partenza è lo stesso. E la fine è la medesima. Cosa cambia? la scelta del punto di vendita. La differenza rilevante è la mancanza della raccolta delle informazioni. È un processo per cui io intenzionalmente prendo info che mi aiuteranno a prendere decisioni. Lo step successivo (due) è il bisogno dei servizi commerciali nel basso coinvolgimento. Nell'alto coinvolgimento dove ricerchiamo info, segue la scelta della marca: si sceglie brand e poi il pdv che ha quel brand. Dall'altra parte prima scegliamo pdv e poi la marca (contrario). Se quel processo presuppone alto coinvolgimento questi prima raccoglieranno info per poi scegliere prodotto e pdv che ha quel prodotto. Ma se per i nostri individui si tratta di processo ad alto coinvolgimento, questi prima sceglieranno pdv e poi brand acquistato. Nel basso coinvolgimento il pdv ha ruolo fondamentale. *Bisogno e desiderio?* [Bisogno] = stato di carenza, insoddisfazione (es. ho sete e devo bere) [Desiderio] = è la forma che diamo alla risposta per quel bisogno *Obiettivo*: distribuire prodotti affinché siano presenti nel pdv e rafforzare il brand stesso. Necessaria collab tra marca del produttore e distributore per sostenere il processo. Una volta prese le info per le decisioni e deciso il prodotto, deve recarsi nel pdv che ha quel prodotto. Il processo a basso coinvolgimento psicologico fa sì che scelta del pdv precede quello della marca da acquistare. Marca leader che ruolo ha nel basso coinvolgimento psicologico? ci permette di settare un parametro, vediamo marca che conosciamo meglio. Se nel pdv la marca leader non c'è nella nostra mente (basso coinvolgimento) il valore del servizio commerciale è più basso. E quindi consumatore se non c'è marca leader sceglierà tra le marche disponibili. *Cos'è la soddisfazione?* Differenza tra aspettative attese -- benefici = positiva se benefici sono maggiori e aspettative inferiori, viceversa è negativa. Esempio di prodotti a basso coinvolgimento: fazzoletti, carta igienica, etc. Qui guardiamo alle abitudini, prezzo, materiali, etc. Esempio prodotti ad alto coinvolgimento: guardo a prezzo, funzioni e durabilità, l'occasione d'uso e aspetti finanziari Esser coinvolti nella categoria di prodotto vuol dire avere un alto coinvolgimento psicologico. **Le variabili che influenzano il coinvolgimento** Ci sono fattori che ci permettono di aumentare o ridurre il coinvolgimento degli individui. 1. **La rilevanza della categoria**: dipende da elementi soggettivi (valenze funzionali e sociopsicologiche e valore emotivo che gli individui danno alla categoria); 2. **Il rischio percepito** (legato all'eventuale esito legato alla scelta presa):\ ◼ [rischio funzionale] performance inadeguata;\ ◼ [rischio fisico] minacce per l'incolumità o la salute del consumatore;\ ◼ [rischio economico-finanziario] conseguenze negative sul piano patrimoniale e/o reddituale;\ ◼ [rischio psico-sociale] possibile impatto negativo del pdt sull'autostima dell'individuo e/o sulla considerazione sociale. 3. **La visibilità sociale dei processi di acquisto e di consumo**: aumenta il rischio psico-psicologico percepito; 4. **Il contesto di utilizzo (occasione d'uso):** Se noi comprendiamo il rischio possiamo agire sulla riduzione del rischio. Il coinvolgimento se opportunamente gestito può supportare processi di differenziazione del prodotto. **1° step cognitivo del processo d'acquisto: le motivazioni di acquisto** La ricerca inerente alle motivazioni d'acquisto si è concentrata su due principali obiettivi manageriali:\ a) definire il contenuto e la natura delle motivazioni che determinano la decisione d'acquisto classificazione delle motivazioni, dare loro una categorizzazione;\ b) segmentare la domanda classificazione degli acquirenti in base alle varie motivazioni di acquisto, caratterizzati da esigenze differenziate. Segmentiamo la domanda ampia ed eterogenea in gruppi omogenei (elementi che li accumunano) ed eterogenei tra di loro. La suddivisione degli individui può avvenire su base descrittiva. Le variabili forti sono quelle comportamentali: perché fanno delle scelte e come acquistano determinati prodotti. La motivazione alla base della suddivisione ci permette di andare incontro più efficacemente agli individui. a. **La classificazione delle motivazioni di acquisto** 1. **Bisogno di identificazione**: essere riconosciuti a livello individuale, assumere un determinato status o ruolo sociale ed essere identificati con un particolare life style. Esempio: orologio tipo Rolex o se uso shampoo solido entro nella categoria di sostenibilità. 2. **Bisogno di affiliazione**: combattere la solitudine, ricerca di contatti sociali, fare parte della clientela di un punto di vendita esclusivo, condividere i propri interessi con altri o appartenere a una comunità. Esempio: abbonamento in palestra o comprare Apple vuol dire sentirsi parte di una comunità. 3. **Bisogno di affermazione**: mercanteggiare, acquisire uno stato di superiorità rispetto al personale di vendita ed essere in grado di ottimizzare la scelta. Esempio: ciò che spinge all'acquisto è affermarsi, sentire soddisfazione nel mercanteggiare. 4. **Bisogno di rinvenire nuovi stimoli:** uscire dalla monotonia e dalla routine della vita di ogni giorno, mettersi al corrente delle mode, rinvenire nei pdv nuovi stimoli sensoriali e inoltre svolgere attività fisica. b. **La classificazione delle motivazioni per la segmentazione della domanda** Orientamento allo shopping come fattore in grado di modellare il comportamento dell'acquirente → 2 gruppi opposti di acquirenti:\ **Acquirente funzionale**: considera l'acquisto in una prospettiva esclusivamente funzionale. Non trova magari particolarmente interessante l'acquisto di un determinato prodotto.\ **Acquirente ricreativo**: vive il processo di acquisto come esperienza coinvolgente grazie alla quale soddisfare una serie di bisogni di ordine psicologico e sociale. **2° step cognitivo del processo d'acquisto: La ricerca delle informazioni** Nella fase di raccolta delle informazioni forte interrelazione tra scelta del prodotto e scelta del servizio commerciale. Cercano di raccogliere info e capiscono le caratteristiche per poter poi fare una scelta. → 2 tipologie di modelli di ricerca delle informazioni:\ a) ***Modelli di matrice economica***: b\) ***Modelli di marketing***: ricerca delle modalità seguite dagli acquirenti per reperire le informazioni. [a) I modelli economici ] Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, linea Descrizione generata automaticamente Il concetto di costo dell'informazione è essenziale: per il tempo che spenso, per lo sforzo cognitivo e un costo effettivamente monetario (non è detto che tutte le info siano gratuite ed esiste incertezza). **Teoria della ricerca ottimale**: consumatori non operano con info perfette e quindi ricercano qualcosa di ottimale. Quello che fa individuo è valutare costi/benefici. Si fermerà quando l'aggiunta di una nuova fonte di informazione avrà un valore inferiore al costo ottenuto per la stessa fonte informativa, cioè finché vantaggi aggiuntivi non saranno pari al costo aggiuntivo. Quando il costo supera il vantaggio ottenibile dalla nuova fonte di info l'individuo si ferma. 1. *Fixed* *Sample* *Size*: numero ottimale è determinato a priori es. dobbiamo acquistare elettrodomestico e a priori determiniamo in quali store andare. 2. *Sequential* *search*: valutazione dopo l'atto di ricerca; due tipologie quella selettiva e non selettiva. Nella non selettiva valuta le fonti di info in ordine randomico. Invece, nel primo caso il consumatore ha criterio decisionale specifico che usa quando ha raccolto un determinato numero di fonti di informazione. Esempio: capiamo che l'alternativa è quella prescelta nel punto di vendita B dopo che ho selezionato i 3 store; nella ricerca selettiva guardo vari store online e capisco che dopo aver raccolto info posso valutare alternative. Quindi ordine casuale vuol dire visito punto 1 (ho abbastanza info? No allora vado nel 2 e così via) 3. *Simultaneous* *Stopping* *Routing* *Models*: considera sia il fatto di fermarsi nella scelta che scegliere il percorso ottimale. Esempio: pianifico viaggio e cerco simultaneamente info sui voli, alloggi, etc. le valuto da pov logistico, di costo, etc. e mi fermo quando scelte raccolte hanno efficienza generale rispetto al viaggio. a. [I modelli di marketing ] ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, design Descrizione generata automaticamente](media/image16.png) Generalmente la shopping experience è multiprodotto, nel mentre che siamo in uno store acquisiamo info anche su alti prodotti. Acquirente acquisisce info informali anche su altri prodotti che non sono il motivo per cui sta facendo shopping *browsing behaviour* Buona parte di raccolta delle info avviene in maniera creativa, magari non le uso lì ma in un momento successivo. ***Ricerca*** ***preacquisto***: individuo fa ricerca prima dell'acquisto. È molto coinvolto. Si ha maggiore decisione di acquisto e si è magari soddisfatti del buon acquisto. **Ricerca** ***continua***: coinvolgimento è diverso, raccoglie info informali e spesso influenzate dal mercato. Qui si parla anche di acquisti di impulso perché non abbiamo raccolto info prima a riguardo. Il momento di ricerca di informazioni non avviene solo prima dell'acquisto. **3° step cognitivo del processo d'acquisto: La valutazione delle alternative** I criteri cui l'acquirente ricorre nella valutazione delle alternative possono essere ricondotti a:\ ◼ caratteristiche dell'area commerciale;\ ◼ caratteristiche del punto di vendita;\ ◼ variabili personali. → 2 tipologie di modelli di valutazione:\ a) modelli economici: assunto di perfetta razionalità dell'acquirente;\ b) modelli multi-attributo: ipotesi che l'acquirente, attraverso la scelta di un pdv, ricerchi la soddisfazione di un articolato insieme di bisogni. Quando sceglie un punto di vendita l'acquirente cerca di soddisfare un insieme articolato di bisogni. a. [I modelli economici] - **Teoria del central place**: l'acquirente sceglie sempre il pdv più vicino (nearest-center hypothesis); - **Modelli razionali o di efficienza**: l'acquirente seleziona quel pdv che gli consente di minimizzare tutti i costi connessi all'approvvigionamento → focus sugli sforzi dello shopping; - **Modelli gravitazionali**: scelta del pdv come trade-off fra due variabili: b. [I modelli multi-attributo] Valutazione delle singole caratteristiche del pdv e determinazione di una struttura di preferenza - [Strategie] [non] [valutative] [o] [dominant] [calculus]: regola decisionale semplice (es. pdv più vicino) per evitare un processo valutativo; - [Strategie] [valutative]: richiede l'organizzazione delle informazioni relative alle singole alternative →\ ▪ **Top-down processing**: valutazioni globali\ ▪ **Bottom-up processing**: valutazioni basate sugli attributi specifici **Le valutazioni bottom-up** - **Modelli** **compensativi** **o** **processi** **per** **punti** **vendita**: valutazione simultanea da parte dell'acquirente di tutti gli attributi determinanti → valutazioni negative compensate da valutazioni positive:\ ▪ Modello di atteggiamento multi-attributo: somma della valutazione degli attributi del pdv ognuno moltiplicato per l'importanza assegnata a ciascun attributo. Esempio: attributi che valuti per negozio vino sono internazionalità, ambiente, orari, servizio ma per noi queste non hanno tutte la stessa importanza. Alcuni pdv sono più forti in un attributo altri in un altro. Attributi positivi compenseranno quelli negativi.\ ▪ Modello del punto vendita ideale: tanto più un negozio si avvicina all'ideale, tanto maggiore è la probabilità di essere scelto. - **Modelli** **non** **compensativi** **o** **processi** **per** **attributi**: l'acquirente individua uno specifico attributo e confronta ciascuna alternativa disponibile sulla base di tale attributo → una valutazione sfavorevole su una variabile influenza negativamente la valutazione globale:\ ▪ Modello congiuntivo: scelta delle insegne che contemporaneamente presentano i diversi attributi a livelli superiori a quella soglia;\ ▪ Modello disgiuntivo: scelta dei pdv che presentano una o più caratteristiche con punteggi superiori a certi livelli, senza curarsi degli altri attributi;\ ▪ Modello lessicografico: attributi classificati in ordine di importanza → confronto pdv sulla base dell'attributo dal peso più elevato. **[Ultimo step: l'analisi del comportamento in-store]** Ruolo del punto vendita nell'influenzare il comportamento. I punti di vendita sono continue fonti di stimolo ed esperienze e psicologicamente dovrebbe coinvolgere l'individuo. 2 aree principali: a. Store atmosphere b. In-store marketing a. ***Store*** ***atmosphere*** I flussi di traffico: *[tracking]* (tracciare punti in cui si affollano maggiormente gli individui) circolazione, punti di attrazione, punti di congestione e aree poco trafficate;\ L'atmosfera del punto vendita\ L'affollamento del punto vendita:\ ▪ Strategie per fronteggiare l'eccessivo affollamento;\ ▪ Livello di insoddisfazione Lo store è ambiente esperienziale che fa aumentare il numero di acquisti di impulso quindi conoscere aree trafficate è rilevante perché capisco che le casse sono aree più trafficate (non solo) e quindi sono in grado di capire dove incentivare questi acquisti. b. ***In***-***store*** ***marketing*** Reazioni all'utilizzo del retailing mix: \- **Display**: un utilizzo speculativo dei display genera, nel lungo periodo, effetti non positivi sull'immagine del punto vendita;\ - **Spazio espositivo**: si valuta il *facing* la quantità di spazio visibile concessa ad ogni prodotto. All'aumentare dello spazio destinato ad un prodotto le vendite crescono ad un tasso decrescente, fino al raggiungimento di un limite superiore → disomogeneità tra le categorie;\ - **Assortimento**: reazione alle rotture di stock → riduzione della spesa e relativa modifica delle preferenze;\ - **Promozioni** → 2 effetti:\ ▪ sostituzione delle marche (brand switching) e sostituzione dei punti vendita (store switching);\ ▪ incentivo all'acquisto di prodotti complementari non in promozione;\ - **Prezzo:** la maggioranza degli acquirenti possiede soltanto un'idea approssimativa del prezzo effettivamente pagato. **[Attraction e compromise effect ]** Scarsa conoscenza della categoria di prodotti da parte dei clienti: → 2 possibili effetti:\ - **Attraction**: se a un set composto da due alternative (A e B) significativamente differenti fra loro, si aggiunge una nuova alternativa (C) -- simile a uno dei due prodotti offerti (B), ma di valore inferiore -- si determina un accrescimento della quota di clienti che preferisce il prodotto simile a quello appena introdotto (B). Esempio: computer A e computer B aggiungiamo prodotto C simile ai due ma che ha valore inferiore. Si lavora sulla profondità dell'assortimento, il che permette di concedere un servizio informativo al cliente. I distributori vogliono più profondità per dare maggiore scelta, ma soprattutto per condizionare la scelta dei clienti;\ - **Compromise**: i consumatori in situazioni di incertezza tendono ad assumere delle scelte di «compromesso» tra due estremi, per minimizzare i rischi connessi alla scelta del prodotto.\ scala prezzo in cui c'è un minimo di prezzo e un massimo: se abbiamo 3 prodotti A-B-C quello che vende di più è il prodotto che si posizione nel mezzo (giusto compromesso) -- strategia quindi: aumentare scala prezzo o diminuirla in base a che prodotto voglio vendere. i consumatori in situazioni di incertezza tendono ad assumere delle scelte di «compromesso» tra due estremi, per minimizzare i rischi connessi alla scelta del prodotto. Immagine che contiene testo, Carattere, schermata, calligrafia Descrizione generata automaticamente ![Immagine che contiene testo, Carattere, ricevuta, calligrafia Il contenuto generato dall\'IA potrebbe non essere corretto.](media/image18.png) **[Le relazioni distributive ]** ***Canale***: passaggio da distributore di servizio ad acquirente. Sono le relazioni diadiche che si instaurano fra diversi membri dei canali che si interfacciano. Ogni relazione ha un mittente e un destinatario. Sono relazioni a due players!!\ Sono multi-faced = caratterizzate da notevoli sfaccettature e contenuti che vanno oltre la solo dimensione del prezzo, logistica, ma è mix di tanti elementi che rendono la relazione tra mittente e destinatario complessa e articolata 2 dimensioni:\ - **Contenuto**: economico vs. sociale. Ragione per la quale industria e distributore parla e si relaziona economico (massimizzare margine) o sociale (traggo valore nel parlare nella relazione anche per altri valori non solo economici);\ - **Processo**: [competitivo] (relazione in cui sappiamo che il valore del prodotto è 10 e quello che cerchiamo di fare è ripartirci il 10 tra due soggetti = una fetta dell'industria e una della distribuzione. Le dimensioni della torta sono fisse. Così non creiamo nuovo valore ma ce lo stiamo solo dividendo. Siamo in situazione di pie sharing (cambia solo dimensione della fetta). vs. [collaborativo] (cerchiamo di far crescere assieme il business di riferimento). In questo caso industria e distribuzione non ragionano su come ripartirsi la torta, ma su come fare in modo che la torta aumenti di dimensione. Il risultato qui è avere anche una fetta con stessa percentuale ma di una torta più grande. Tecnicamente si parla di pie expansion. La logica cooperativa non sostituisce la competitiva, anzi oggi sempre più si parla di coopetition ragioniamo insieme su come far crescere la torta e poi ragioniamo sul margine. **La multidimensionalità delle relazioni distributive** Immagine che contiene testo, schermata, Carattere Descrizione generata automaticamente Sull'asse verticale abbiamo il contenuto e sull'orizzontale il processo. Quando incrociamo le dimensioni vediamo: 1. **Economic** **Competition** (tradizionale): punto di partenza di tutte le relazioni di canale e distributive. Industria e distribuzione iniziano a lavorare assieme da un ragionamento e una relazione di questo tipo: è contenuto economico a guidare quel valore. Il tema è di prezzo, margine dove vince chi ha più potere di mercato. Situazione di pie sharing. Qui fanno riferimento tutte quelle teorie come Funzionalismo, Istituzionalismo, etc. in cui ruolo che viene attribuito al retailer è un ruolo distributivo. In questa situazione siamo alla fase primordiale delle relazioni di canale. 2. **Economic** **Collaboration**: si aggiunge una dimensione più collaborativa. Lavorando così si prede tempo nel negoziare ma nessuno fa crescere mercato nella prima dimensione. La relazione resta economica ma assume sembianze di maggiore collaborazione. Quando aziende esplorano questi due ambiti passano a... 3. **Social** **Competition**: quando interazione tra due soggetti genera valore per il contenuto stesso della relazione. Si parla di una concorrenza sociale e ciò che la guida è il potere di mercato: quanto io sono disposto a sottomettermi per il semplice fatto di avere una determinata relazione 4. **Social** **collaboration**: abbiamo una relazione che si basa sul contenuto sociale con approccio collaborativo (es. partnership). I soggetti si fidano tra loro e sulla base di ciò generano nuovo valore. **L'evoluzione degli studi delle relazioni distributive** ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, numero Descrizione generata automaticamente](media/image20.png) Commodity: retailer dà prodotti e ha solo una funziona logistica, nulla di più. Verso anni '60 si va incontro a logica istituzionalista. Ma tra anni '70 e anni '80 esaurito il potenziale della tipologia di relazione ed essendo entrato in una determinata dimensione c'è bisogno di dimensione più collaborativa. Nascono teorie comportamentaliste e negli anni '90 si attiva il tema della partnership. Immagine che contiene testo, schermata, Carattere Descrizione generata automaticamente![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere Descrizione generata automaticamente](media/image22.png) **Gli step evolutivi delle relazioni di canale** Immagine che contiene testo, schermata, design Descrizione generata automaticamente Industria e distribuzione iniziano a lavorare insieme con una situazione di stra potere nei confronti dell'industria. Le grandi multinazionali impongono prodotti sul mercato e costruiscono adv. Il tema fondamentale per questi soggetti è che prodotto sia presente nei vari pdv. ***Obiettivo*** dell'industria: creare valore per il cliente finale. Il retailer non è cliente ma solo un soggetto logistico. In questa fase l'azienda deve capire come arrivare al mercato finale. Quando retailer acquisisce quota di mercato sviluppa dei veri bisogni e si afferma come cliente intermedio per industria e alterego del cliente finale. Industria capisce che deve creare valore anche per cliente intermedio. Qui nasce il **trade** **marketing** io industria soddisfo bisogno per retailer. Se nel primo step mi occupo dell'architettura dei canali, nel secondo devo cercare di evitare conflitti e gestire relazioni. Nel terzi step (anni '90) industria e distribuzione capiscono che c'è anche opportunità di co creare valore: non solo generare valore per cliente finale e intermedio, ma creare valore CON cliente intermedio. **Le decisioni di architettura di canale** 1. Approccio distributivo; 2. Articolazione della struttura dei canali: organizzazione della loro dimensione orizzontale e verticale; 3. Tipologia di integrazione del canale; 4. Gestione della relazione con il trade. **La definizione dell'approccio distributivo** Scelta dell'estensione della rete: \- **Vendita** **selettiva**: l'azienda seleziona, sulla base di alcuni criteri, i rivenditori (soprattutto i dettaglianti) → forma particolare: vendita in *esclusiva* = l'azienda affida l'intermediazione di un prodotto in esclusiva a un distributore per una determinata zona (solitamente accordi bilaterali). Metto paletti e limitazioni alla distribuzione del mio prodotto. \- **Vendita** **estensiva**: l'azienda cerca di collocare il proprio prodotto presso tutti i possibili rivenditori che ne fanno richiesta, senza particolari scelte e limitazioni. Il mio prodotto deve essere disponibile in tutti i touchpoints che ne fanno richiesta senza particolari vincolo. **L'estensione distributiva** ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, design Descrizione generata automaticamente](media/image24.png) **Le caratteristiche del bene** *[La classificazione in yellow, orange, red di Aspinwall (1962)]* - *Red* *goods*: prodotti caratterizzati da un tasso di riacquisto elevato. Qui abbiamo tutti i beni di largo consumo. - *Orange* *goods*: con tutte le caratteristiche sui valori medi; esempio vino che a volte segue distribuzione selettiva a volte estensiva a base alle caratteristiche del prodotto (bottiglia da 5 euro alla GDO, quella da 50 in enoteca); - *Yellow* *goods*: connotati da una bassa frequenza d'acquisto (es. auto, gioielli) distribuzione selettiva, bene è talmente importante che scelgo questa Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, design Descrizione generata automaticamente Il sistema permette di chiarire quanta percentuale della distribuzione rendere massificata o diretta a seconda di quanto il bene tenda a essere red o yellow. Un altro modo di classificare i beni si basa sulle tre tipologie di goods, in questo caso si propone una **distinzione (più evoluta) basata sul processo di acquisto del cliente:** *[La classificazione congiunta di merci e servizi ]* ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, numero Descrizione generata automaticamente](media/image26.png) Mette insieme le caratteristiche del prodotto (verticale) e dei servizi (orizzontale). Nell'incrociare queste due dimensioni vediamo come la dimensione convenience vediamo che è acquisto legato solo al soddisfacimento del bisogno. Nel momento in cui parliamo di shopping good è prodotto che ha ricerca più importante. **Convenience** **good** **con** **stores** cliente tende ad acquistare la marca disponibile nel pdv più vicino. Il consumatore è razionale. **Convenience** **good** **in** **shopping** **store** cliente è indifferente alla marca del prodotto ma più basato sulle caratteristiche (es. sale o zucchero). In questo caso il ruolo funzionale dato dl cliente al bene è dato tramite il cherry picking. **Convenience** **good** **con** **specialty** fedeltà nei confronti del pdv Shopping good (beni per i quali si ricerca info con maggiore coinvolgimento). Se prima bastava la prima pasta che vediamo qui prima valuto le alternative. Specialty good: ho marca preferita e scelgo pdv più comodo sul fatto che la marca lì sia disponibile. Io ho brand loyalty elevata, ho già scelto quel prodotto. *[La classificazione in search, experience e credence goods]* Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, numero Descrizione generata automaticamente ***Credence***: prodotti per i quali io non riesco a valutarli nemmeno dopo l'acquisto. Esempio: le assicurazioni perché già nel compararle prima faccio fatica, ma l'acquisto e spesso non la utilizzo. ***Experience***: prodotti che io posso valutare solo nel momento in cui consumo. Es. prodotti per la cura personale. ***Search***: tutti quei beni che hanno bisogno di una grandissima parte di ricerca di informazione. Tutti quelli per cui io raccolgo molte info prima di acquistarli. Es. pc **Il coinvolgimento del consumatore** *[La classificazione low-high involvment ]* ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, design Descrizione generata automaticamente](media/image28.png) **Coinvolgimento**: quanto quel prodotto al di là delle caratteristiche specifiche è rilevante per il cliente. Se ho [basso] coinvolgimento parliamo tipicamente di experience goods, prodotti con valore medio ridotto che posso valutare dopo acquisto in maniera semplice. Importante se ho basso coinvolgimento avere una distribuzione estensiva: se prodotto non è ingaggiante cliente non è disposto a fare strada per comprare il prodotto. [Alto] coinvolgimento: ricerca info più importante e ricerca che si esplica anche nella sostituibilità di fare più strada per un determinato prodotto. Distribuzione selettiva: prodotti solo in determinati pdv e aree. Il coinvolgimento dipende dal concetto di rischio io sono più o meno coinvolto nel prodotto a seconda del rischio che percepisco nell'acquistare o meno il prodotto. - Rischio *economico*: dipende dal prezzo, dal budget, dalla propensione - Rischio *funzionale*: percepisco un prodotto complesso e rischioso dal pov dell'utilizzo quando lo conosco poco o ho un know how limitato; - Rischio *fisico*: prodotto mi crea danni fisici - Rischio *psico*-*sociale*: visibilità del prodotto e modo in cui io mi sento **[L'architettura dei canali distributivi ]** Canale diretto vs. indiretto\ → per canale indiretto: A. **dimensione** **verticale**:\ ▪ numero di stadi (quanti passaggi nel mezzo) → canale breve vs. lungo\ ▪ integrazione contrattuale (vincoli che impongo da produttore a soggetto esterno) B. **dimensione** **orizzontale**:\ ▪ sbocchi distributivi\ ▪ intermediari commerciali per sbocco 2\. **Mono**-**canale** vs. **multicanale** (a parità di canale) Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, linea Descrizione generata automaticamente *Canale* *diretto* tra industria e cliente non ci sono intermediari e soggetti in mezzo. Cliente si rivolge ad impresa per acquistare il prodotto. Pochi casi di canale diretto puro. Chi se lo può permettere? Beni rischiosi, complessi e che hanno prezzo mediamente alto perché è dispendioso per l'azienda avere canale diretto. *Canale* *indiretto* ho soggetto che si frappone tra produttore e cliente. Intermediario può essere grossista o dettagliante o entrambi. Nello scegliere devo considerare alcune variabili: **Variabili** **di** **mercato**: comportamento del mercato, geografia del mercato, dimensione del mercato, densità del mercato;\ **Variabili** **di** **prodotto**: ingombro, reperibilità, valore unitario, contenuto tecnico, grado di novità;\ **Variabili** **di** **impresa**: dimensioni, capacità finanziarie, esperienza manageriale, obiettivi e strategie;\ **Variabili** **relative** **agli** **intermediari** **commerciali**: disponibilità, costo, servizi;\ **Variabili** **ambientali**: ambiente economico, ambiente socio- culturale, ambiente tecnologico, ambiente giuridico-legale, ambiente competitivo;\ **Variabili** **comportamentali**: potere, conflitto, comunicazione [Il canale diretto ] Svantaggi: Richiede elevati costi fissi Maggiori investimenti e rischi Vantaggi:\ - Controllo dei mercati di sbocco → penetrazione stabile nel tempo;\ - Gestione diretta di immagine e posizionamento → brand image & brand equity;\ - Accumulazione di conoscenza dall'osservazione diretta dei comportamenti. [Il canale indiretto: dimensione verticale ] Il canale può essere breve o lungo: **breve** se c'è solo retailer; quindi, un solo canale di intermediazione; **lungo** se c'è anche il grossista. Il canale diretto è più costoso x l'industria dell'indiretto perché il retailer ha un peso maggiore. Più il canale si allunga è difficile per la marca gestire le variabili di marketing. ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, diagramma Descrizione generata automaticamente](media/image30.png) Le variabili che differenziano i 3 tipi di canale sono i costi/rischi economici e dall'altro lato il controllo di mercato: controllo del mercato: alto nel diretto e assente in quello lungo (breve è situazione intermedia) La relazione tra rischi economici e grado di controllo del mercato Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, design Descrizione generata automaticamente [Il canale indiretto: dimensione verticale ] - **Integrazione** **proprietaria**: impresa industriale controlla direttamente la funzione di intermediazione; - **Integrazione** **contrattuale**: accordi di distribuzione in esclusiva o contratti di franchising; **Arm's** **lenght**:\ ▪ canale controllato (sbilanciamento potere es. Pirelli controlla i gommisti)\ ▪ canale individualistico (bilanciamento potere es. Barilla ed Esselunga) Il canale indiretto ha vantaggio economico (è più sostenibile e gestibile) ma il livello di controllo che io ho è più basso perché questi soggetti sono aziende diverse rispetto al produttore che sono indipendenti e se il produttore può dire alle persone del pdv cosa fare e cosa farlo, in questo caso può suggerirlo ma non imporlo (es. Barilla negozia con Esselunga ma alla fine è Esselunga che decide). Vi è esigenza per il canale indiretto di limitare questo rischio di basso controllo perché obiettivo delle industrie è di fare in modo che quello che viene pensato a livello inziale venga veicolato nel modo corretto a livello finale. Bisogna pensare a modalità che riducano il rischio di scarso controllo dove il livello di controllo del canale indiretto non sarà mai quello del canale diretto ma mitigo il rischio. Ho due modalità: - **Integrazione proprietaria**: io azienda come Luxottica mi accorgo che per essere in un mercato il retail indipendente non mi basta e lo acquisto. Trasformo il canale indiretto corto in una sorta di diretto. Es. Luxottica che acquista Sunglass e si rivolge poi a consumatore. Opzione molto dispendiosa - **Integrazione contrattuale**: creo contratti che mitighino il rischio visto prima che orientino e impongano dei vincoli al retailer. Il contratto tipico è quello di *franchising*: retailer indipendente decide di entrare all'interno di Benetton. Questa adesione ha vantaggi e vincoli: imprenditore come vantaggio non deve investire in comunicazione (usa insegna Benetton). Vincoli nel pdv non posso fare quello che voglio ma devo usare determinati scaffali, promo, etc. Il contratto di franchising viene inquadrato con una fee di ingresso e poi riconosco a Benetton un valore percentuale sul fatturato (tra 3-5%). Quando attivo un meccanismo come questi due posso decidere che retailer che c'è al di sotto della filiera sia soggetto totalmente libero o bloccato e quindi agisca a distanza di braccio (**arm lenght**). Se il retailer è molto vicino e sotto la distanza del braccio riesco ad influenzarlo se no no. Io posso avere un potere bilanciato o sbilanciato: questo ultimo lo ho se relazione è a distanza minore della lunghezza del braccio e viceversa. Tipica caratteristica: se si applicano al retailer condizioni di mercato o no. Se Luxottica a Sunglass vendo a 10 e a retailer vendo a 20 uso il mio potere per avvantaggiare un socio rispetto ad un altro non si potrebbe fare. Dovrei fare in modo di rendere i miei canali tutti alla stessa condizione. Il franchising mitiga le criticità del canale diretto pur restando una forma indiretta di integrazione. 14/01 **[Il canale indiretto: dimensione orizzontale ]** Ho diversi player che entrano nel mercato per una differente proposition per il cliente e si differenziano per ciò. Nella dimensione orizzontale troviamo lo sbocco distributivo: a parità di stadio nel canale, quali sono gli intermediari e formati distributivi per i vari stadi? **Sbocchi distributivi** *In che modo mi avvicino a questo concetti di sbocchi?* Sbocco distributivo: tipologia di intermediario e formato distributivo per i vari stadi Criteri per la selezione degli sbocchi:\ - Tipo di servizio commerciale richiesto dal cliente;\ - Abitudini di shopping del cliente: complementarità;\ - Tipo e natura del prodotto commercializzato;\ - Profilo della struttura distributiva presente nel mercato Stringhe di acquisto: prodotti acquistati comunemente assieme e stanno assieme nel carrello Stringhe di consumo: prodotti consumati assieme o in successione questo vuol dire lavorare sulla complementarità dell'acquisto e alcuni sbocchi possono andargli incontro meglio di altri **Mono vs Multicanalità** *Quali canali?* Diversi tipi di conflitti nei canali: - Tra canali di distribuzione verticale (dettaglianti vs dettaglianti) - Tra stadi di distribuzione orizzontale (grossista vs dettagliante) Ho conflitti perché le aziende cercano di avere più sbocchi e più canali. Se ho complessità di business le aziende cercano di andare sul mercato con quante più opzioni possibile. Cerco di avere tanti canali e avere molti sbocchi. A parità di canale cerco di avere quante più alternative possibile e ciò aumenta i rischi di posizionamento della marca. In questo mix devo cercare di evitare, ridurre o gestire i conflitti tra i vari canali e gestione del conflitto rappresenta momento di estrema difficoltà nella gestione del canale. Necessità di gestire la sovrapposizione tra le differenti tipologie di canali e/o mercati e potenziali conflitti fra intermediari e fra questi e l'impresa industriale. Gli approcci di marketing prevalenti - **Politica** **push**: si predispongono le condizioni perché siano i rivenditori a consigliare il prodotto alla clientela; io azienda spingo prodotto tramite canali e questi devono vendere il mio prodotto. L'industria cerca di riempire i magazzini dei distributori con i propri prodotti così che retailer sia spinto a venderli. Io lavoro sul grossista affinché questi soggetti scarichino a valle lo stock che hanno. - **Politica** **pull**: si punta sul convincimento dei consumatori in modo che siano questi a recarsi dal dettagliante per richiedere il prodotto. Cerca di lavorare direttamente sul cliente finale tramite l'adv. Io industria investo in comunicazione tv per sollecitare bisogno del cliente e faccio in modo che dopo lo spot il cliente vada in pdv per acquistare il mio prodotto. Non si basa sul coinvolgimento del retailer ma punta direttamente al mercato finale - **Prodotto** **twin**: oggi sempre più spesso è necessario combinare le politiche e lavorare sui canali con approccio push ma anche dimensione pull. Il mix dà origine a due aree distinte nell'azienda: politca pull area di comunicazione e adv nell'azienda. E tutto ci che fa riferimento al push area commerciale e del trade marketing. ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, diagramma Descrizione generata automaticamente](media/image32.png) Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, design Descrizione generata automaticamente **MULTICANALITÀ** I FENOMENI CHE FAVORISCONO LO SVILUPPO DELLA MULTICANALITÀ DISTRIBUTIVA La multicanalità moltiplica le occasioni di contatto con la domanda. Io voglio che quante più persone acquistino il mio prodotto e servizio e quindi cerco di essere presente ovunque. Opportunità per le imprese → +: \- opportunità di vendita \- capillarità distributiva: voglio che il mio brand sia presente anche nel piccolo comune e non solo nelle grandi città e ciò impatta nelle scelte di multicanalità; \- awareness dell'azienda: il fatto di essere presente in molti canali dà opportunità di avvicinarsi e quindi cliente percepisce che brand è presente e ti assiste; \- intimacy con il cliente... però... I vettori che hanno favorito la multicanalità: \- **Il** **contesto** **legislativo** → liberalizzazione dei canali ed evoluzione normativa che va verso abbattimento dei confini \- **Le** **imprese** **industriali** → distribuzione estensiva e ricerca di nuovi sbocchi (+ sbocchi vuol dire + opportunità di vendita) \- **La** **distribuzione** → nuovi format distributivi \- **La** **domanda** → varietà di esigenze e opportunità di segmentazione \- **La** **tecnologia** → pervasività dei canali virtuali: potenziale informativo e a-spazialità. Prima ci si informava andando al negozio, ora le informazioni su un prodotto possiamo ricercarle sull'e-commerce e successivamente andiamo al negozio ad acquistarlo (oppure sul sito). Ora il punto vendita (e-commerce) **a-spazialità (no location e no vincoli di spazio)**, perchè si trova dappertutto; inoltre non ha più limiti di capacità espositiva. Una seconda caratteristica è la **pervasività =\>** c'è una concorrenza tra tutti i canali online di una determinata categoria, con tutti quelli fisici (della stessa). **[Dark side (svantaggi) della multicanalità]** Quando non è adeguatamente gestita può creare: \- conflitti orizzontali e verticali nei canali distributivi; \- riduzione delle performance competitive; essere molto presente nei canali porta alcuni partner a decidere di non trattare più il mio prodotto perché non lo reputo più coerente con il mio assortimento. \- depauperamento delle relazioni con il trade; \- riduzione del patrimonio di fiducia dell'azienda. **LE** **DIVERSE** **TIPOLOGIE** **DI** **MULTICANALITÀ** I tre elementi alla base della multicanalità: 1\. *Mercati* chiarire l'ambito in cui si opera dato che le problematiche della multicanalità avvengono solo nell'ambito dello stesso mercato; 2\. *Canali* Gestione del canale lungo e della relazione con l'ingrosso. I canali sono distinti per lunghezza e sbocco, ed entrambe le dimensioni vanno gestite in ottica multicanale. 3\. *Sbocchi* Differenziazione dei servizi commerciali. Bisogna porsi la domanda; quanti sbocchi si utilizzano all\'interno dello stesso canale? **Le tipologie di multicanalità** ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere, Pagina Web Descrizione generata automaticamente](media/image34.png) 1. Pochi canali e pochi sbocchi (ambito automotive e lusso) monosbocco e monocanale è situazione difficile da raggiungere oggi perché vuol dire limitare molto le proprie opportunità. (es. Hermes con monocanalità). 2. Un solo canale ma più sbocchi distributivi (impresa multisbocco) es. ambito lusso e cosmetica. 3. Più canali ma stessa tipologia di sbocco esempio i franchising perché alcuni pdv sono di prroprietà, su altri ho canale diretto ma quello che cliente vive è esattamente la stessa cosa. 4. Impresa multisbocco e multicanale il mondo dell'elettronica di consumo (televisore lo troviamo in Mediaworld, sito, ebay, etc. e ogni touchpoint è molto diverso. Es: L'oréal à canale breve, andava su più sbocchi (vende a grande distribuzione, saloni di bellezza, farmacie attraverso vichy, profumerie con marchi lusso) = azienda mono canale ma multi-sbocco (va in tanti sbocchi con marche diverse) Es: Lee- multicanale: vende attraverso boutique raggiunta da propria rete di vendita, grossista o specialista di vendita del canale Multi-sbocco -- multicanale: computer venduti a diversi sbocchi portati da agenti, sia da grossisti o da flagship store (Apple store) **IL** **CONFLITTO** **DERIVANTE** **DALLA** **MULTICANALITÀ** Quando mettiamo assieme dei canali diversi delle ripercussioni e conseguenze le abbiamo. **[La natura del conflitto]** **CONFLITTO** =\> uno stato derivante da una situazione in cui un componente del canale percepisce che il comportamento di un altro soggetto è tale da impedirgli di conseguire i propri obiettivi o, comunque, di svolgere in maniera efficiente il proprio ruolo nell'ambito del sistema distributivo. Controparte come ostacolo/minaccia Conflitto e performance: relazione inversa: all'aumentare del conflitto nei canali diminuisce la performance. Un livello fisiologico di conflitto è importante averlo nelle relazioni di canale. Le ricerche dimostrano come un livello di conflitto moderato sprona i soggetti a lavorare meglio. Quando il conflitto è troppo le parti coinvolti tendono ad abbandonare la relazione. *Conflitto* *funzionale*: ha impatto positivo sulle performance, le aumenta; *Conflitto* *disfunzionale*: quando superiamo il picco e non consente miglioramenti [Le cause del conflitto:] Immagine che contiene testo, schermata, diagramma, linea Descrizione generata automaticamente 1. Non ci sono obiettivi convergenti (**divergenza** di obiettivi) quando c'è negoziazione molto forte, c'è conflitto sugli obiettivi. Obiettivo di massimizzare margine è opposto a quello del retailer di massimizzare il suo. Da qui nasce conflitto perché entrambe le parti si vogliono dividere la torta su dimensioni fisse e non guardano margine. 2. C'è aspettative verso ruolo che devo avere (**divergenza** nelle aspettative di ruolo) io Barilla mi aspetto che Esselunga faccia quello che dico io. Esselunga vuol essere soggetto specializzato ad altissima qualità quando controparte vuole uscire da ruolo assegnato inevitabilmente nasce conflitto. 3. **Divergenza** nelle percezioni se industria presenta nuovo prodotto percepisce che possa essere buono ma Esselunga non lo valuta come tale, la percezione è molto diversa. Tutti questi elementi alimentano il conflitto che si ripercuote sulla performance. LE PRINCIPALI MODALITÀ PER GESTIRE LE SOVRAPPOSIZIONI FRA CANALI DISTRIBUTIVI **La** **differenziazione** Come faccio a gestire il conflitto? La parola chiave è DIFFERENZIAZIONE, per evitare il freeriding (es. provo scarpe in fisico e le acquisto online) vado quindi a **differenziare il prodotto,** ad esempio, se compro abbonamento Vodafone (in negozio) lo pago di più ma ottengo anche dei servizi aggiuntivi; se lo compro online invece lo pagherò meno ma non avrò le chiamate illimitate piuttosto che la connessione ad internet. **Differenziare (in questo caso di prodotto)** **proporre un'offerta in linea su tutti i canali ma con caratteristiche diverse tra un canale e l'altro in termini di Brand, livello di servizio, estetica, modelli, ecc** Il rischio di *[free-riding]*: quando il medesimo prodotto è presente sia in sbocchi specializzati, che forniscono informazioni, che in formule distributive despecializzate, che praticano prezzi più convenienti. ![Immagine che contiene testo, schermata, diagramma, linea Descrizione generata automaticamente](media/image36.png) Come limito conflitto? Differenziando, faccio sì che. Prodotti non siano comparabili tra vari canali e vari sbocchi. Posso lavorare sul **brand**: es. Mulino Bianco decide di produrre n prodotti e di farli tutti con un doppio brand e ad alcuni retailer do Mulino Bianco e ad altri Mulino Rosso. Così che non sono comparabili perché sono due brand distinti. Posso lavorare sul **contenuto**: es. grammatura dei prodotti. Spesso in Esselunga ci sono formati di prodotti che non si trovano da nessuna altra pasta (es. pacco da 750 gr). Packaging speciali in termini di grammatura. Lavoro **sull'estetica** del packaging: diversi per i vari soggetti. Colore, collection, stampa, etc. Lavoro sulla **profondità** **dell'assortimento**: non do tutti i prodotti a tutti i canali. Magari massimo assortimento a Esselunga a pam do solo una parte. Questo riduce il conflitto perché il fatto di avere pdv maggiore ha valore per il cliente differente. Lavoro sul **servizio**: come supporto la vendita? Il tema delle persone del pdv. **La differenziazione del servizio commerciale** Immagine che contiene testo, schermata, design Descrizione generata automaticamente Tema dell'e-commerce: ha esagerato moltissime relazioni di canale. Il livello di controllo che marca esercita sull'ecommerce è differente. Il cliente potrebbe trovare in un determinato canale un prodotto Samsung a 280 euro. Quando MediaWorld vede che su eBay la tv a 280 scoppia casino nella filiera per chi vende il prodotto sul mercato al mio prezzo di costo. Il grossista decide che il margine è giusto magari. Il grossista magari decide che ne vuole 250 e abbassa prezzo perché ha bisogno di cassa. PSD (Piccola superficie despecializzata) (alimentare) PSS (piccola superficie specializzata) (piccolo negozio di elettrodomestici) GSD (grande superficie despecializzata) (supermecato) GSS (grande superficie specializzata) (ecommerce) **Le azioni per gestire la multicanalità** ![Immagine che contiene testo, schermata, Carattere Descrizione generata automaticamente](media/image38.png) Io posso differenziare due cose: prodotto o servizio. Da un pov tecnico e di contenuto o quello che ci sta attorno. Incrociando le due dimensioni: 1. Differenziazione di canale/servizio o del prodotto situazioni in cui il servizio è poco differenziato e il prodotto anche. Non è che gestisca la multicanalità e il rischio. Esempio: acqua 2. Differenziare il prodotto fra i canali esempio i vini. Molti vini li vediamo uguali tra Esselunga ed enoteca. Si riforniscono da due entità differente ma il servizio sarà molti differente. 3. Differenziare i canali e il servizio esempio i biscotti 4. Consolidare le differenze nel binomio merce-servizio commerciale es. abbigliamento, posso avere special collection in alcuni pdv e non in altri. **DAL** **CONFLITTO** **ALLA** **COOPETITION** **FRA** **CANALI** **DISTRIBUTIVI** ***La* *coopetition*** Se quello che interessa all'industria è il margine percentuale e quello che interessa a retailer anche, non ho spazio per lavorare su cooperazione, ma se ho obiettivi convergenti sì. Modello **ASP** delle Aree strategiche di partnership: mappo tutti gli obiettivi del retailer e tutti gli obiettivi del produttore. Gli obietti del retailer possono essere aumentare le vendite, la market share, la marginalità, la penetrazione sul target over 65 per esempio. Dall'altra parte come obiettivi del produttore posso avere quello di aumentare vendite, la market share, il margine, la brand awarness. Ci sono alcune aree sulle quali non ci può essere convergenza. Dove ci può essere convergenza? se io produttore voglio aumentare vendute ciò non è in contrasto con l'aumento delle vendite del retailer. Immagine che contiene testo, lavagna, calligrafia Descrizione generata automaticamente Il fatto che retailer voglia aumentare la market share confligge con vendite del produttore? No Mentre il margine è lo stesso ripartito tra due soggetti, la market share del prod. è diversa da quella del retailer. Quando decido di lavorare sulla multicanalità la competition e differenziazione mi aiutano a mitigare il rischio. Rendere il prodotto accessibile e presente su tutti i canali ha impatto sul brand. Prodotto con prezzi diversi sul mercato impatta sul mercato di riferimento che percepisce come prezzo da tenere a mente quello più alto. Cannibalizzazione del brand è rischio tipico della multicanalità che può portare a deterioramento del valore della marca. Differenziare sbocchi, prodotti e condizioni di riferimento è importante per gestire il conflitto, ma non annullarlo. Da multicanalità interpretata secondo una visione competitiva e conflittuale a **CREAZIONE** **DI** **VALORE** attraverso una multi-point strategy, in una prospettiva di differenziazione dell'offerta → collaborazione implicita. - Necessità di integrazione con gli elementi che hanno permesso di costruire nel tempo la brand & channel equity. L'integrazione per non depauperare la brand equity Minimizzare il rischio di diretta cannibalizzazione dei canali e dell'insorgere di conflitti: \- selezionare nuovi sbocchi nettamente differenziati sul piano dei servizi commerciali; \- differenziare i brand o i formati di prodotto ove si verifichi una sovrapposizione nel servizio commerciale; \- garantire le medesime condizioni di contesto che hanno determinato la brand equity esistente **La gestione delle relazioni di canale** [Il canale come sistema sociale ] - Necessità di considerare nello studio dei canali non solo la dimensione economica includere anche quella sociale - Canale come sistema sociale organizzato regalato dagli stessi principi che determinano il funzionamento di un'organizzazione; - Estensione dei principi delle discipline socio-organizzative al canale; - Imprese come parti costituenti il sistema inter-organizzativo rappresentato dal canale. [Il comportamentismo ] Focus sui comportamenti appartenenti al canale distributivo, mossi anche da istanze di tipo sociale Paradigma di riferimento: teorie socio-organizzative Due elementi che impattano: - Conflitto - Potere La gestione di questi due è elemento cruciale di tutte le relazioni interpersonali ed economiche con necessità di coordinamento che combini la dimensione competitiva e quella collaborativa. Teorie per le quali il comportamento di un soggetto impatta sulle scelte e sui comportamenti di una controparte sulla base non solo di criteri economici ma anche specifiche distanze sociali. Qui abbiamo necessità di capire chi, come e quando esercita potere e subisce quel potere. Il ***potere*** è la capacità che azienda, industria o distribuzione ha nell'influenzare i comportamenti di un terzo

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