Manuale di Pedagogia e Didattica PDF

Summary

Questo manuale esplora la pedagogia come scienza e come utopia. Analizza le diverse correnti di pensiero e le categorie chiave della pedagogia. Discute anche il rapporto tra pedagogia e scienza, presentando le prospettive di autori come Popper, Kuhn, Feyerabend e Bachelard.

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MANUALE DI PEDAGOGIA E DIDATTICA PARTE PRIMA: LA PEDAGOGIA I. LA PEDAGOGIA TRA SCIENZA E UTOPIA L'attuale sapere-discorso pedagogico è l'esito di una lunga storia di riflessione che si è sviluppata nei secoli con l'avvicendarsi e l'intrecciarsi d...

MANUALE DI PEDAGOGIA E DIDATTICA PARTE PRIMA: LA PEDAGOGIA I. LA PEDAGOGIA TRA SCIENZA E UTOPIA L'attuale sapere-discorso pedagogico è l'esito di una lunga storia di riflessione che si è sviluppata nei secoli con l'avvicendarsi e l'intrecciarsi di correnti di pensiero diverse. Le differenti concezioni della conoscenza, del mondo e della cultura dipendono da particolari modelli pedagogici, le. Molte rivoluzioni concettuali (scientifiche e artistiche) sono l'esito di e della loro reallizzazione rispetto a determinate dimensioni euristiche e critiche, divergenti e creative, del pensiero e dell'azione umana. Si può notare una evidente correlazione tra la riflessione sull'apparato teorico della pedagogia e la sua storia. Tale caratterizzazione deriva dal creativo e ricorsivo intreccio tra dimensione teorica e dimensione esperienziale che consente alla pedagogia di spostarsi dialetticamente e dinamicamente, tra un'istanza analitica e interpretativa (critico-riflessiva) e una progettuale e trasformativa (critico-emancipativa). Si tratta di un paradigma di sapere che è andato ridefinendosi nei medesimi anni in cui si dibatteva sull'idea di. Autori come Popper, Kuhn, Feyerabend, Bachelard, superando e sovvertendo i tradizionali approcci interpretativi, sostituivano a modelli di conoscenza univoci, esaustivi e totalizzanti, modelli ispirati dai caratteri della rizomaticità, parzialità, provvisorietà, storicità. Le categorie delineanti del profilo della pedagogia (pluralità e differenza, creatività e cambiamento) consentono di riconoscere e collegare dialetticamente tra loro dimensioni spesso disgiunte e contrapposte e quindi di interconnettere storia e utopia, logica e immaginazione, mito e scienza, natura e tecnica, individuo e contesto. 1. PEDAGOGIA E SCIENZA La funzione critica e riflessiva della pedagogia investe, le condizioni, i contesti e gli orientamenti regolativi oggetto del e dell' e anche il suo stesso apparato teoretico (la propria struttura concettuale, i propri linguaggi, i propri metodi). La pedagogia è pronta a ridescriversi continuamente, a stabilire un ulteriore approfondimento del proprio sapere in divenire, come complessa e in divenire è la , oggetto della sua riflessione. Non rinunciando ai valori emancipativi che qualificano ogni movimento morfogenetico e trasformativo. La pedagogia si muove tra ricerca di autonomia ed esigenza di interdisciplinarità. Essa, in altre parole, si configura come scienza di confine che interpreta il confine non come rigida barriera ma come margine, area di comune sconfinamento tra interno ed esterno, in cui costruire e condividere conoscenza. La ricerca di identità da parte della pedagogia è un processo aperto, naturalmente predisposto a lasciarsi da saperi extrapedagogici, ma reinterpretandoli alla luce dell'educabilità dell'umano, ossia la formazione come vita. La formazione può essere intesa come la del sapere pedagogico, raccordo tra istanze etiche relative all'acquisizione di valori e comportamenti, e istanze cognitive ed affettive, relative all'acquisizione di saperi e competenze. La pedagogia esprime la sua vocazione liberatrice, emancipatrice ed edificatrice di un'umanità libera. Si esplica in una duplice dimensione: -dar forma ai processi attraverso i quali le istituzioni formative si occupano di conservare e trasmettere alle giovani generazioni la conoscenza e la cultura; -formarsi ai processi auto-costruttivi tramite cui il singolo soggetto elabora e trasfigura tale cultura con l'apporto della propria individualità. La pedagogia definisce la propria identità articolandola in due direzioni: -dell'analisi del discorso pedagogico relativamente alle sue strutture formali, linguaggi e logiche; -della progettazione-realizzazione-verifica dei processi formativi all'interno di situazioni storiche, sociali e culturali concrete. Gli anni 50 e 60 del Novecento costituiscono la fase cruciale della ricerca decostruttiva e ricostruttiva della pedagogia, iniziando il processo di ricerca della propria autonomia scientifica e della ridefinizione dei propri rapporti con la filosofia e altre scienze. Con la filosofia, per l'acquisizione di una precisa identità critica in grado di influenzare l'oggetto della ricerca pedagogica. Con le altre scienze, in quanto importanti fonti a supporto dei dati e degli strumenti concettuali e operativi utili all'indagine pedagogica. La pedagogia, durante il processo di caratterizzazione della sua struttura, cerca nella scienza la possibilità di orientare la riformulazione del suo statuto teorico e di ridefinire il suo ruolo nel tessuto sociale. In tal modo la pedagogia incontra il dibattito neopositivista in Europa, la filosofia marxista (soprattutto dopo la pubblicazione in Italia, tra il 1948 e il 1951, dei Quaderni del carcere di Antonio Gramsci), nonché la nuova epistemologia con la sua critica al carattere della scienza. La corrente che sembrò cogliere le esigenze di rinnovamento della pedagogia fu l'empirismo. L'adesione al modello scientifico acquistava sempre maggiore credibilità dal momento in cui risultava più difficile rispondere alle nuove domande di formazione di una società in cambiamento. La pedagogia si serve del'empiricità dell'osservazione, della sperimentazione e della verifica, ancorando la ricerca alla concretezza dell'esperienza e della pluralità dei dati. L'adozione di un punto di vista si identifica con l'adesione al pragmatismo deweyano. Il pragmatismo di John Dewey (1859-1952) si offre come soluzione più funzionale alla realizzazione di una pedagogia sperimentale. La concezione deweyana della >. Fulcro di tale argomentazione è il concetto di esperienza. L'esperienza è sia terreno di incontro che di scontro tra organismo e ambiente, considerati in un rapporto di reciproco adattamento. L'individuo agisce attivamente sulla realtà per raggiungere degli obiettivi e, al contempo, sottostà all'azione di risposta che viene dalla realtà stessa. Nell'ambito di tali rapporti transattivi, l'intelligenza è un dell'esperienza e proiettata verso il futuro, protesa al cambiamento e all'intervento sulle cose. La natura dell'esperienza si intende soltanto se si osserva che essa include un elemento attivo e uno passivo particolarmente combinati. In senso attivo l'esperienza è un tentare, significato espresso dal tennine connesso 'esperimento'. In senso passivo essa è un sottostare. Quando sperimenti.amo qualcosa noi agiamo su di esso, facciamo qualcosa con esso, poi ne soffriamo le conseguenze e sottostiamo ad esse. Facciamo qualcosa all'oggetto o in compenso esso fa qualcosa a noi; questa è la combinazione particolare. Il nesso di queste due fasi dell'esperienza misura la fertilità o il valore dell'esperienza. La sola attività non costituisce esperienza. E dispersiva, centrifuga, dissipante. L'esperienza come tentativo implica un cambiamento, ma il cambiamento non è che una transizione senza significato a meno che non sia coscientemente connesso con l'ondata di ritorno delle conseguenze che ne defluiscono. Quando provo l'attività nel senso di sottoporci alle conseguenze di essa, quando il mutamento detenninato dall'azione si riflette in un mutamento apportato in noi, non si può più parlare di puro flusso, poiché esso si carica di significato e noi impariamo qualcosa. L'educazione ha l'obiettivo di sollecitare l'individuo ad acquisire un atteggiamento scientifico. Tutto questo definendo l'educazione sotto il profilo “democratico”, contrassegnata da un duplice compito: -fornire a tutti gli strumenti per fronteggiare e gestire i bisogni, le esigenze e i progetti di una società dinamica; -educare a un pensiero capace di realizzare una società più giusta, problematico, critico e creativo, disponibile al confronto, allo scambio e al dialogo. Negli anni del dopoguerra Lamberto Borghi, ispirato dalle idee deweyane, scrive che la scuola è il luogo. All'interno di questo percorso di ricerca e di riorganizzazione scientifica, si realizza il passaggio dalla pedagogia alle cosiddette scienze dell'educazione. Promotore di questa transizione è Gaston Mialaret. Egli propone un modello empirico pluralista e antidogmatico: pedagogia intesa come di discipline diverse che consentono di approfondire i problemi educativi attraverso un approccio interdisciplinare. All'interno di tale orientamento si muove Aldo Visalberghi. Nel suo modello di enciclopedia pedagogica divide: settore psicologico, settore sociologico, settore metodologico-didattico e settore dei contenuti culturali. Si tratta di un diviso in quattro aree, nell'ambito del quale emerge la funzione centrale di coordinamento della pedagogia. Karl Popper (1902-1994) considera la scienza e tesa a raggiungere le verità. Ogni verità scientifica è parziale e transitoria in quanto arriverà una verità nuova a correggerla e a. Punto di partenza della teorizzazione di Popper è la constatazione della insufficienza del metodo induttivo delle. Il carattere empirico di una proposizione è legato all'esperienza, ma il ragionamento su cui si basa la scienza induttiva non è valido. La generalizzazione di una teoria non dipende né dal numero delle osservazioni effettuate, né dalla eliminazione delle teorie false, poiché per Popper una proposizione è scientifica solo quando può essere dall'esperienza. Popper propone il metodo della falsificazione. Dalla proposizione universale verrà dedotta una proposizione singolare che verrà sottoposta all'esperienza. Se l'esperienza conferma la proposizione dedotta, vorrà dire che l'ipotesi è stata rafforzata (ma non ); se l'esperienza non conferma la proposizione dedotta, vorrà dire che la proposizione universale risulterà. Il criterio in base al quale una teoria scientifica può essere preferita ad un'altra è la sua maggiore o minore corrispondenza ai fatti; la scienza si può accontentare della. Per Popper «la teoria precede sempre l'osservazione». Per ogni problema esistono infinite logiche soluzioni e il metodo scientifico risulta efficace se riesce a moltiplicare le ipotesi usando l'immaginazione e «azzardando» nuove idee, da sottoporre alla «falsificazione». La scienza dal punto di vista teorico è legata alle condizioni storiche e sociali rispetto alle quali ogni teoria risulta determinata, quindi essa non può essere decontestualizzata dal suo periodo storico. Oltre che «fondare» e «spiegare», diventa importante «descrivere» e «interpretare». L'oggetto del dibattito è sempre «l'epistemologia», l'obiettivo è quello di problematizzarne una lettura che confermi l'integrazione tra scienza e teoreticità in direzione di pluralità e complessità. L'epistemologia, in quanto «teoria della conoscenza», studia il legame tra teoria scientifica e cultura, società; pertanto si intreccia con la storia e la sociologia della scienza, la psicologia dei processi cognitivi e la biologia della conoscenza, la linguistica e la psicoanalisi, l'antropologia e l'etnologia. Viene approfondito il ruolo che il linguaggio svolge nella costituzione e nella trasformazione della scienza. Stephen Toulmin (1922-2009): Quando si sviluppa una teoria, si dà un proprio uso a tutti i tipi di locuzione che nella vita ordinaria sono privi di significato. Molti termini familiari acquistano nuovi significati, e viene coniata una molteplicità di nuovi termini che devono servire ai fini della teoria Attraverso il linguaggio si esprime l'adozione di un diverso punto di vista sulla realtà, grazie al quale è possibile operare nuove letture, ipotesi, inferenze. Thomas Kuhn (1922-1996) approfondisce il rapporto tra continuità e discontinuità nel procedere della scienza. La sua analisi si contrappone all'idea che la scienza progredisca, che si avvicini alla verità, quando in realtà non segue un processo lineare ma alterna periodi di stasi a improvvise crisi e trasformazioni. La transizione da un paradigma in crisi ad uno nuovo [...] è tutt'altro che un processo cumulativo [...]. È piuttosto una ricostruzione del campo su nuove basi, una ricostruzione che modifica alcune delle più elementari generalizzazioni teoriche del campo. [... ] Ogni rivoluzione scientifica ha trasformato l'immaginazione scientifica in un modo che dovremo descrivere in ultima istanza come una trasformazione del mondo entro il quale veniva fatto il lavoro scientifico Il mutamento di paradigma dipende dagli scienziati, anche appartenenti a campi diversi, che ne aderiscono: è una questione di. Neppure il criterio di di Popper è valido nella lotta fra paradigmi. Paul Feyerabend (1924-1994) vuole sottolineare l'incommensurabilità delle teorie scientifiche. La scienza è governata da un a cui tutti possono partecipare. Le strategie adottate dagli scienziati sono molteplici e varie, assurde e contraddittorie, però capaci di rivelarsi produttive in alcune circostanze. In tale prospettiva: uno scienziato che desideri massimizzare il contenuto empirico delle sue opinioni [... ] deve adottare una metodologia pluralistica. Egli deve mettere a confronto idee con altre idee anziché con l' e deve cercare di migliorare anziché rifiutare le opinioni che in questo contrasto hanno avuto la peggio. [...] La conoscenza così concepita non è una serie di teorie in sé coerenti che convergono verso una concezione ideale, non è un approccio ideale, non è un approccio graduale alla verità. E piuttosto un oceano, sempre crescente, di alternative reaprocamente incompatibili (e forse anche incommensurabili): ogni singola teoria, ogni favola, ogni mito che fanno parte di questa collezione costringono le altre a una maggiore articolazione, e tutte contribuiscono, attraverso questo processo di competizione, allo sviluppo della nostra coscienza. Gaston Bachelard (1884-1962) sostiene che gli ostacoli più insidiosi per la scienza derivino dal nostro inconscio (abitudini, ideologie, istinti, passioni) che inducono la scienza in errore. Bachelard studia la psicoanalisi per liberare lo dalle limitazioni impostegli dallo. Egli studia il mondo dell'attività fantastica (reverie) nei sogni e nei prodotti dell'arte e della poesia, giungendo a un esito imprevisto. Scienza e reverie sono mondi opposti da separare; tuttavia la reverie deve avere un suo spazio di manifestazione. Da Popper in poi, si allarga e si approfondisce l'influenza di fattori di natura legati all'intuizione sulla scienza. Nei momenti cruciali della nascita di una teoria () operano intuizioni, suggestioni, immagini, tecniche e procedimenti tradizionalmente esclusi dalla pratica ufficiale della scienza. Gerald Holton sottolinea il ruolo centrale giocato dai fattori pulsionali, inconsci e sociali. E soprattutto attraverso il che è possibile rompere con quanto è già codificato, per far emergere nuove acquisizioni teoriche. Mary Hesse, sottolinea che il lavoro scientifico sia debitore alle potenzialità interpretative del pensiero metaforico che consente di abbattere barriere, di ribaltare schemi e di costruire, attraverso la forma delle immagini, associazioni inedite e impreviste, nuove teorie o interpretazioni della realtà. Gli anni 70 del Novecento segnano l'inizio della revisione dei modelli pedagogici ispirati all'empirismo. In ambito più strettamente filosofico, nuovi percorsi di riflessione si legano alla riconsiderazione della tradizione del connessa ai temi della. Friedrich Nietzsche (1844-1900) dimostra che la verità è sempre prospettica, in divenire, incompleta, e che non si danno fatti bruti se non all'interno di certi contesti interpretativi. Contro il positivismo, che si ferma ai fenomeni: , direi: no, proprio i fatti non ci sono, bensì solo interpretazioni. Noi non possiamo constatare alcun fatto ; è forse un'assurdità volere una cosa del genere. , dite voi: ma già questa è una interpretazione, il non è niente di dato, è solo qualcosa di aggiunto con l'immaginazione, qualcosa di appiccicato dopo. - E infine necessario mettere ancora l'interpretazione dietro l'interpretazione! Già questo è invenzione, ipotesi. In quanto la parola abbia senso, il mondo è conoscibile; ma esso è interpretabile in modi diversi, non ha dietro di sé un senso, ma innumerevoli sensi.. Sono i nostri bisogni che interpretano il mondo: i nostri istinti e i loro pro e contro. Ogni istinto è una specie di sete di dominio, ciascuno ha la sua prospettiva, che esso vorrebbe imporre come norma a tutti gli istinti. In Francia, Foucault, Derrida, Deleuze, Baudrillard, Lyotard e Lévy, recuperano il pensiero di Marx e Freud, portando l'analisi del rapporto tra potere e sapere sulla sfera del razionale (la politica) e sfera del desiderio (la soggettività). Questi autori indagano i processi di controllo e di a cui il desiderio è sottoposto, i meccanismi che regolano il sistema simbolico in cui il soggetto vive immerso ovvero la post-modernità in cui la pluralizzazione del sapere e della società non permettono un'unificazione. Il sapere scientifico - scrive Jean-François Lyotard (1924-1998) - non è tutto il sapere, è sempre stato accanto, in competizione, in conflitto con un altro tipo di sapere, che noi definiamo per semplicità narrativo Negli anni 70 del Novecento le crisi del soggetto (crisi della società capitalistica e del singolo) e le crisi di razionalità delineno l'urgenza di dare spazio a un'idea nuova di ragione. Nel 1979 viene pubblicato in Italia La crisi della ragione. Il modello di ragione in crisi è quello della ragione classica, i cui paradigmi erano concepiti come e come. La riflessione razionale compie un'azione di chiarificazione completamente distaccata dalla singolarità, volta a riconoscere gli schemi razionali (assoluti e invarianti) che codificano la realtà. Tale potere (compito) è frutto di un pregiudizio classico, ossia l'ideale di completezza e di assolutezza che non c'è. La mette in discussione l'idea che la conoscenza i fenomeni naturali solo attraverso schemi logici e necessitanti. Emerge un nuovo modello di razionalità: La condotta intellettuale nei termini dello stile costruttivista, del ricorso all'azione, della conformità allo scopo abolisce quella distanza che la tradizione classica aveva posto tra il sapere e le attività degli uomini, e rimette la razionalità in una nuova forma, a contatto con le pratiche della condotta intellettuale umana. La dissoluzione delle forme gerarchiche e dell'ordine assoluto delle verità, propri della razionalità classica, passa per questo riavvicinamento del sapere da un piano alto e sublime a quello delle attività intellettuali degli uomini che sono specificate dalle effettive procedure e dalle circostanze in cui le forme del sapere sono praticate, costruite e vissute. I processi intellettuali umani sono connessi alla pratica, agli esperimenti, agli errori, assolutamente «sensibili al contesto>>, al contorno delle cose e dell'esperienza, dei fattori intuitivi, psicologici che ne garantiscono la libertà e l'apertura. Si ricerca una razionalità che abbracci la molteplicità e le differenze del sapere, guardando la crisi come la nascita di una razionalità plurale. Le riflessioni pedagogiche raccolgono le critiche che il dibattito filosofico andava indirizzando al modello delle scienze empiriche e le riversano sull'inadeguatezza dell'empirismo a rispondere alle esigenze della pedagogia. L'impianto epistemologico delle scienze fisico-naturali viene considerato insufficiente rispetto al discorso pedagogico. Esso, essendo metodologico, non tollera la possibilità del confronto e dell'integrazione con altri paradigmi epistemologici, di conseguenza non è idoneo all'indagine pedagogica. D'altra parte il paradigma scientifico ha liberato la pedagogia dalle antiche dipendenze da modelli filosofico-retorici. La critica è rivolta alle ossia all'adozione acritica e rigida di ipotesi e procedure tipiche dell'impianto epistemologico delle scienze fisiche. Un contributo in merito viene da quelle correnti (la psicoanalisi postfreudiana, il neomarxismo, il personalismo laico e religioso, la fenomenologia, l'ermeneutica) che puntano i riflettori sulla soggettività individuale, sul carattere parziale dell'esperienza conoscitiva e della ricerca scientifica. La centralità della persona viene esplicitamente affermata: su un piano ontologico e metafisico, su un piano intersoggettivo, sul piano storico-concreto della realtà. La pedagogia non abbandona il progetto empirico-sperimentale ma lo affina e lo integra con altri modelli. 2. PEDAGOGIA E UTOPIA L'utopia rappresenta la dimensione costitutiva del discorso pedagogico. La pedagogia dispiega la propria natura di scienza, al contempo, critica e progettuale, ha un duplice valore: -produce un'analisi del presente sottolineando le contraddizioni della realtà esistente. -prefigura possibili percorsi di trasformazione dell'esistente, proiettandoli in luoghi e mondi nuovi. Gli anni 70 del Novecento attribuirono all'utopia il compito del rinnovamento sociale e civile. Fra gli slogan, >. Essa consente di cogliere le contraddizioni che permeano la vita e prova a risolverle sul piano concreto della storia. La risoluzione è trasformare la realtà in direzione razionale e libertaria, problematica e antidogmatica. A fronte della crisi economica, sociale e culturale che investe la civiltà occidentale la riflessione critica di Bertin trova nuovi, più radicali orientamenti. Egli riconosce nel drammatico della contemporaneità l'elemento costitutivo dell'esperienza esistenziale del singolo e della collettività. La funzione demonica della ragione: essa può tradurre il senso tragico e violento della crisi in >, l'insieme delle possibilità cambia in relazione all'evolversi spazio-temporale della storia. Viene meno la visione meccanicistica e finalistica dei processi naturali. Scrive in proposito Paul C.W. Davies: Ci siamo allontanati molto dall'immagine di Laplace di una macchina cosmica, in cui il futuro è già fissato in anticipo. Il caos ci dimostra che il futuro è realmente e fondamentalmente aperto. Il caos restituisce una genuina spontaneità alla natura, permettendo all'universo di generare cose che sono totalmente inaspettate e nuove. Le leggi sono più simili alle regole di un gioco, che offrono ai sistemi l'insieme di possibilità di azione in cui i giocatori realizzeranno le proprie mosse. Sintetizza con molta efficacia Edgard Morin: Esiste un gran gioco cosmogenesico del disordine, dell'ordine e dell'organizzazione. I pezzi del gioco sono gli elementi materiali, le regole del gioco sono i vincoli iniziali e princìpi di interazione. Questo gioco è all'inizio ristretto ad alcuni tipi di particelle operative, singolari, che tramite le interazioni/incontri, possibilità combinatorie e costruttive produrranno novantadue specie di atomi (la tavola di Mendeleev), un numero di molecole quasi illimitato che, combinandosi, permetteranno il gioco quasi illimitato delle possibilità della vita. Le leggi, che la tradizione delle scienze classiche concepiva, si rivelano ritagliate sulla parzialità di un' che è effettuata >, mettendo in discussione l'assolutezza della verità scientifica e della ragione assiomatica: la ragione deve mettersi alla prova e per quanto possibile rafforzarsi nel confronto con l'irrazionale, la moltitudine dei processi interattivi, la multifattorialità, la prospettiva probabilistica e soprattutto l'irriducibile originalità della singolarità e della particolarità. In tal modo la ragione scientifica e filosofica sceglie come procedura per risolvere il suo conflitto e la sua contraddizione il suo rigoroso metodo razionale, critico e autocritico. Ha scritto Habermas: Solo un supplemento di illuminismo - docta spes - può combattere le devastazioni prodotte dall'illuminismo. Non divinizzo la ragione, ma solo con l'aiuto della ragione possiamo fare chiarezza sui suoi limiti. Argomenta Morin,. Habermas a offrire l'immagine di una ragione aperta a logiche molteplici e differenti, che si pone come mediazione degli aspetti antinomici con cui il pensiero tende a categorizzare, leggere e interpretare la realtà. Tutto ciò prendendo una direzione alternativa all'Illuminismo. Diversamente, il , come lo identifica Jean Petitot, è proposto come orizzonte sia filosofico, sia scientifico-culturale-etico. Il rischio è la perdita catastrofica del reale. Su tale questione interviene la proposta di un , ossia di una prospettiva tesa a ricollocare in un diverso equilibrio realismo e costruzionismo. Scrive Maurizio Ferraris: >: la cultura è la natura stessa divenuta capace di ; dall'altro, la > umana e sulla ha sollecitato ulteriori riflessioni sul ragionamento del senso comune, sul ragionamento analogico e sui ragionamenti inesatto, plausibile, approssimato. Le macchine alla von Neumann non esauriscono in alcun modo l'intero spettro di azione del pensiero umano. La mente umana è immersa in un mondo caratterizzato dall'incertezza, dalla fluttuazione delle informazioni, e quasi mai può isolarsi completamente nelle forme del pensiero puro. Riserve e critiche all'impostazione dominante del rapporto fra intelligenza umana e intelligenza artificiale vengono avanzate dal filone neurofisiologico, tradizionalmente tagliato fuori dalla ricerca sui fenomeni cognitivi superiori, e quello delle scienze cognitive. Si studiano i rapporti tra basi neuronali e fenomeni cognitivi e si dà conferma all'ipotesi di Henry Head e Kurt Goldstein, della capacità di categorizzazione insita nel cervello. Viene avanzata, in tal senso, una terza, feconda e problematica analogia: quella mente-cervello. Essa si contrappone all'analogia cervello-computer, dove il pensiero è frutto dell'esecuzione delle stesse regole formali del computer. Ogni approccio funzionalista al rapporto fra cervello, mente e computer entra in crisi. Il cervello dell'uomo funziona in virtù di caratteristiche costitutive dell'essere umano - come l'esperienza e la permanente evolutività. Nasce così, nell'agosto del 1979, la scienza cognitiva che ha per oggetto specifico di investiga-zione il livello della , ovvero dei simboli, degli schemi, delle immagini e delle idee: Optando per il livello della rappresentazione lo scienziato cognitivo sostiene che certi modi tradizionali di spiegare il pensiero umano sono inadeguati. Il neuroscienziato può decidere di parlare nei termini di cellule nervose, lo storico o l'antropologo nei termini di influenze culturali; lo scienziato cognitivo fonda la sua disciplina sull'assunto che, a fini scientifici, l'attività cognitiva umana debba essere descritta nei termini di simboli, di schemi, di immagini, di idee e di altre forme di rappresentazione mentale. Non si tratta più, come nell'IA, solo di simulare i processi cognitivi dell'uomo ma, anche, di interrogarsi e studiare i processi cognitivi dell'uomo in modo da individuarne e riprodurne artificialmente l'. Solo un approccio interdisciplinare, infatti può favorire una riconsiderazione più generale e complessa del problema irrisolto del rapporto intelligenza umana-intelligenza artificiale. La scienza cognitiva, come peraltro la pedagogia, si propone, pertanto, come spazio teorico di incontro/incrocio di più discipline: aperto (verso i fenomeni elementari) e al contempo

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