Pedagogia Generale e Sociale PDF
Document Details
Uploaded by CatchyHorseChestnut4843
Tags
Summary
These notes cover general and social pedagogy, discussing the concept of education, formation, and the educational relationship. They explore the historical context and theoretical frameworks of pedagogy, highlighting key figures and ideas. The text also touches upon the practical application of these principles.
Full Transcript
PEDAGOGIA GENERALE E SOCIALE 25.09.2024 Bibliografia - Mari G., La relazione educativa. Nuova edizione riveduta e ampliata. Brescia: Morcelliana, 2019. PED GENERALE...
PEDAGOGIA GENERALE E SOCIALE 25.09.2024 Bibliografia - Mari G., La relazione educativa. Nuova edizione riveduta e ampliata. Brescia: Morcelliana, 2019. PED GENERALE o Focus su saggio introduttivo e antologia, non le schede didattiche - Porcarelli A., Istituzioni di pedagogia sociale e dei servizi alla persona. Roma: Studium, 2021. PED SOCIALE - Rousseau J.J., Emilio o dell'educazione. Roma: Studium, 2016. INTEGRALE + lavoro di gruppo Introduzione del corso Pedagogia significa “l’arte di guidare i fanciulli”, il pedagogo si prendeva cura dei bambini, metteva a disposizione il proprio tempo per i figli degli altri. La pedagogia generale è una scienza dell’educazione che si caratterizza in senso teorico-pratico e riflette sui fondamenti dell’agire educativo e le coordinate generali che possono assumere gli stili educativi di ciascuno. Si concentra su alcune linee guida per orientare l’azione educativa. Un educatore compie delle scelte per creare un gruppo, per esserci per gli altri à queste scelte sono pedagogiche (sono il segreto del buon educatore/insegnante). La pedagogia sociale è la scienza dell’educazione che riflette sulle condizioni sociali dell’educazione, le finalità e modalità dell’educazione sociale delle persone, ma anche e soprattutto sui compiti dei soggetti sociali che hanno una missione educativa. Sia che si tratti di soggetti che operano in contesti educativi formali, non formali ed informali. Questa pedagogia si riferisce alla capacità di capire il contesto in cui si opera (che è diverso), compiere scelte educative opportune ad esso, e alla capacità di interpretare bene il ruolo che si svolge all’interno delle organizzazioni che si rappresentano. Aiuta ad avere una doppia sensibilità al contesto in cui e per cui si lavora. La pedagogia nasce, a livello accademico, nel 1800 a partire da alcune domande che arrivano da molti anni prima. Vi è un albero genealogico della pedagogia, un esempio è Rousseau (che scrive l’Emilio a metà del 700 dunque non potrebbe essere considerato un pedagogista vero e proprio). Scrivere una breve definizione di: - Educazione: strumento attraverso il quale si apprendono nozioni di vita, abitudini e modi di stare assieme (metafora: ancora) - Formazione: strumento per acquisire conoscenze su di sé e sul mondo (metafora: viaggio) 30.09.2024 In che senso studiare la pedagogia? Studiare la pedagogia come disciplina, e studiarla come scienza presenta delle somiglianze e delle differenze. Con scienza s’intende un insieme ordinato e coordinato di leggi e teorie, atto ad interpretare e conoscere un aspetto della realtà umana e naturale, particolari fenomeni e avvenimenti, rilevarne l’origine e seguirne lo sviluppo. Con disciplina s’intende una scienza (o parte di essa, o un insieme di scienze), in quanto oggetto di insegnamento sistematico, con valore “formativo” per la mente professionale e la costruzione dell’identità culturale di una persona. La pedagogia, per gli educatori, formatori e insegnanti, si configura come una disciplina, che entra nel percorso formativo in vista della costruzione di una “cultura professionale” capace di abbracciare anche la dimensione educativa, ma anche 1 come scienza, in quanto richiama i costrutti fondamentali del vostro sapere professionale specifico (mente professionale, criticamente consapevole). Lombardo Radice afferma: “si può definire una disciplina come un interiore conformarsi dell’alunno alla legge che sente viva ed operosa nel maestro, o meglio: la formazione di una legge di vita, che si genera nella coscienza del maestro e dell’alunno, nell’atto della loro comunione che è l’educazione”. Ogni scienza che viene gestita all’università viene classificata all’interno di alcuni settori scientifico-disciplinari determinati dal ministero. L’oggetto della pedagogia è la relazione educativa, ma non tutte sono educative perciò è utile distinguerle. Una relazione è educativa quando spinge al miglioramento e spinge all’autonomia di una persona in ciò che la caratterizza, ovvero servirsi autonomamente della propria libertà. È un cammino che accompagna una persona fino alla maturità e, contrassegno di tale stato è la capacità di ragionare in modo critico e di volere ovvero scegliere liberamente. Altre relazioni non hanno questo focus, ad esempio all’ospedale (una relazione con il medico può essere più o meno empatica). Non ogni relazione è educativa (anche se possono esservi vari tipi di relazioni di «cura» o di aiuto). Quale caratteristica fondamentale ha la relazione educativa? Essenzialmente rende liberi, cioè capaci di compiere azioni compiutamente morali (prima idea pedagogica). “Educare significa guidare alla conquista della libertà. Per questa ragione la trattazione teoretica fa leva sulla convinzione che la relazione educativa - per essere tale - deve sempre connotarsi in forma morale. In altre parole, per educare non basta corrispondere ai bisogni primari né trasmettere competenze strumentali: la sfida è far maturare la moralità come espressione in atto della libertà”. L’educazione non è addestramento, si ha sempre una responsabilità di tipo educativo. Mano a mano che la persona diviene autonoma, sceglierà cosa apprendere e come. Tuttavia, i genitori e gli agenti educativi, hanno la responsabilità di insegnare valori e caratteristiche adeguate. Tra educazione e pedagogia L’educazione è una dimensione dell’esperienza umana, attraverso cui si transita come persone che crescono e si formano e consiste nell’aiuto che viene offerto in vista della conquista di una pienezza di umanità. Diviene fine di un agire intenzionale per coloro che operano in qualità di educatori (anche non professionisti). La pedagogia è una scienza dell’educazione che ha per oggetto l’educazione e la formazione in quanto tali e riflette sugli orizzonti di senso e i modelli che caratterizzano l’agire educativo. Si tratta di una scienza pratica (come l’etica) che poggia su una solida dimensione teorica (filosofica e scientifica) e orienta nell’uso di eventuali metodologie o “tecniche” à scienza pratica in senso aristotelico. Aristotele distingueva le scienze in: a. scienze teoretiche: rispondono alla domanda come stanno le cose? Attraverso criteri rigorosi (filosofia, astronomia, ecc.) b. scienze pratiche: aiutano a decidere cosa fare in una determinata situazione c. scienze tecniche: rappresentano il come si fanno le cose, ovvero sapere come governare l’azione per ricavare un prodotto Nell’agire educativo ci si trova sempre di fronte a situazioni diverse e difficili, perciò l’ostacolo sta nel decidere cosa fare, come farle e quali variabili tenere a mente (ovvero unire le tre scienze). Il cuore della pedagogia come scienza sta nella dimensione pratica (compiere delle scelte). Nell’albero genealogico della pedagogia si trovano dei grandi classici, ad esempio Aristotele, Platone, Dante. I classici hanno diverse caratteristiche: - Sono testi sempreverdi, hanno sempre qualcosa da dire di nuovo, in base alle varie letture; 2 - sono un riferimento culturale esplicito; - strutturano degli archetipi culturali ovvero immagini, idee, trame culturali che si sedimentano in modo implicito e giocano un ruolo condiviso; - si intrecciano fra di loro - ci interpellano in prima persona (Calvino afferma che ciascuno possiede il proprio, che lo rispecchia di più) Giovanni Gentile “Il buon libro è il viatico per la vita futura. I maestri ce lo leggono in modo da farcene sentire il gusto; e noi ce lo portiamo con noi dopo la scuola, fida compagnia, sempre meglio capita e sempre più amata” Le caratteristiche di un classico pedagogico sono: 1. Avere affrontato questioni educative in modo sistematico, assumendo un preciso punto di vista, 2. aver messo a punto un metodo di ricerca ed un linguaggio coerenti con la propria concezione del mondo e della vita, 3. avere determinato linee interpretative tali da costituire un punto di riferimento per diverse correnti o indirizzi, 4. avere espresso teorie e paradigmi innovativi che permangono nel tempo, 5. avere avuto incidenza sulle pratiche educative e sulle concezioni formative, 6. avere avuto incidenza sui formatori, ricercatori, pedagogisti. Consigli per leggere l’Emilio à strutturare una scheda di lettura in cui indicare: - contesto socio-culturale in cui si inserisce l’autore (grandi nodi storico-sociali, questioni culturalmente più dibattute) - struttura dell’opera e impianto espositivo (struttura narrativa, principali contenuti di ciascuno dei libri) - principali nodi pedagogici (premesse antropologiche, concezione dell’educazione, grandi strategie operative dichiarate) - attualità di alcune tematiche in ordine alla formazione dei formatori (indicazioni utili ai futuri maestri) 02.10.2024 L’albero genealogico della pedagogia “Paideia” si riferisce all’educare al buon cittadino. Nel testo «Paideia» (di Jaeger) si parla di «Omero educatore», alludendo alla Paideia (cultura in quanto principio di educazione) che è esplicita nell’Iliade e nell’Odissea: guerrieri implacabili in battaglia, coraggiosi di fronte al pericolo, capaci di atti nobili, volendo anche accorti e astuti. Nel testo si cerca di spiegare perché nei poemi omerici si tratti di educazione. Questi poemi venivano cantati per arrivare a tutti e perché servivano per creare una cultura condivisa all’interno del popolo, entravano nella memoria collettiva. In questa base culturale vi erano dei valori di tipo educativo: eroi implacabili in battaglia, capaci di atti nobili e leali nei confronti della patria e accorti, astuti à questi personaggi rappresentavano un ideale educativo, un esempio. Paideia indica una cultura condivisa in quanto principio educativo. Nella cultura greca si parla di alcune educazioni educative che lasciano una traccia profonda. Si parla del rapporto tra Achille e Fenice, il suo maestro à si parla di “Paideia cortese”. Il termine paideia si dispiega lungo tre assi semantici: 1. allevamento, educazione, istruzione; 2. letteratura o scienza (come oggetto di istruzione); 3. erudizione o dottrina (come esito del percorso). Perciò questo termine può comparire con questi tre significati; in senso pedagogico possiamo considerarla come la cultura in quanto principio di educazione, nel senso che ogni cultura delinea orizzonti di umanità desiderabili che sono il faro e la stella polare per quanti si occupano di educazione, istruzione, formazione. In questo senso, la cultura contiene regole, valori ma anche orizzonti di umanità. In ogni epoca e cultura vi è una paideia di riferimento. Ad oggi, tuttavia, gli orizzonti di umanità desiderabili di ciascuno non sono necessariamente gli stessi, ma un educatore non può non avere un orizzonte di 3 umanità come riferimento, non si può educare in nome del nulla à è necessario un riferimento a cui aspirare per educare. Perciò, come siamo chiamati ad agire in questo contesto disomogeneo? «Il contenuto della paideia (cultura educativa) di una cultura o di un’epoca si configura dunque come il fine stesso a cui l’educazione mira, l’ideale di perfezione morale, culturale e di civiltà a cui ogni essere umano dovrebbe tendere. Si tratta, chiaramente, di un ideale che non può prendere forma se non all’interno di una determinata cultura, per tendere a realizzarsi nella vita associata della comunità (la pòlis) in cui ciascuno entra in contatto con i valori fondativi di tale comunità» (p. 33) Nel mondo greco vi altre due immagini del mondo educativo: 1. Ippocrate (padre della medicina) è famoso per il suo giuramento che, al di là del contenuto, manda un messaggio: “se vuoi fare il medico, ricordati che è una professione delicata poiché incontri le persone in un momento delicato e tu devi essere pronto e degno di assumerti questa responsabilità. Impegnati pubblicamente a prenderti questa responsabilità senza scappare”. Nel giuramento si sottolinea il valore formativo di una pratica di vita legata all’appartenenza ad una comunità (professionale), quella dei medici, in cui anche la trasmissione dell’arte è parte integrante del giuramento. Emerge la gratitudine doverosa verso colui che insegna la professione. È presente il valore dell’educazione 2. La scuola pitagorica (forse la prima scuola filosofica al mondo) nasce come “thiasos”, luogo di formazione di carattere religioso, aveva lo stile dei culti misterici e vi era un modo di lavorare che Pitagora aveva voluto. Chi entrava in questa scuola aveva il dovere di non divulgare le dottrine; per 6 anni si era uditore, solo dopo si poteva cominciare a porre domande. Perciò si presenta come una comunità di formazione con rigide regole gerarchiche, l’obbligo del silenzio e forti vincoli affettivi verso la comunità. L’uomo e la polis nel mondo greco: Platone e Aristotele Ad Atene, in particolare, vi erano degli intellettuali di punta in città, i Sofisti. Erano formatori di professione che si rivolgevano soprattutto ad aspiranti politici o avvocati in una prospettiva di tipo funzionalista. La prima cosa che insegnavano, era l’arte della retorica, ovvero l’arte che serviva per poter convincere gli altri ovvero l’arte del discorso persuasivo. Per i sofisti, quest’arte si traduceva nella capacità di essere in grado di rendere forte anche il discorso più debole. Un esempio moderno è il debate, in cui ci si divide in due fazioni che abbracciano completamente una tesi e un’antitesi. La paideia sofista è espressa completamente da Protagora (uomo è misura di tutte le cose) e Gorgia (nulla esiste, se qualcosa esistesse non sarebbe pensabile e, se lo fosse non sarebbe comunicabile). In questo modo non si riesce a costruire un progetto educativo per il bene della società perché si abbraccia esclusivamente la legge del più forte attraverso la forza. Platone e Aristotele muovono ai sofisti un’obiezione pedagogica e filosofica perciò immaginano paideie differenti. PLATONE ARISTOTELE Prende le distanze dalla Paideia sofistica (focus sulle skills, La Politica è una scienza pratica, che si fonda sulla naturale saper fare e know how), punta all’educazione della virtù socievolezza umana. Funzione della vita sociale è rendere (saper essere), in un gioco di specchi tra la città interiore e possibile una vita felice, ma gli uomini hanno prospettive la Polis. differenti sulla felicità. Il ruolo della amicizia politica. Principio antropologico: l’uomo e la polis hanno strutture Vi è un parallelismo tra le diverse costituzioni ed i parallele (tre parti dell’anima). Ma la realizzazione della corrispondenti paradigmi pedagogici impliciti. … «in giustizia politica è un compito quasi sovrumano, «nessuno nessun luogo ci sono cento nobili e buoni» fa spontaneamente ciò che è giusto». Per Platone l’uomo deve decidere chi vuole essere, le proprie virtù e che cittadino vuole essere. Questi capi saldi sono i punti nevralgici attorno ai quali si raccolgono le virtù (questo è passato negli anni, fino ad oggi). Sono state individuate le 4 virtù cardinali: 1. Giustizia a cui si lega l’onestà 2. Fortezza a cui si lega il coraggio (capacità di affrontare le difficoltà per fare ciò che è giusto e il bene) 3. Saggezza o prudenza, aiuta a capire cosa si deve far per essere all’altezza dei proprio compiti nelle situazioni concrete 4 4. Temperanza ovvero la capacità di moderare i desideri smodati per non esserne schiavi Platone nel parla nel mito della biga alata à per lui l’animo è formato da tre parti: a. L’auriga, colui che guida, la parte razionale b. Il cavallo bianco, docile ai comandi dell’auriga, è colui he rappresenta le passioni, come il coraggio c. Il cavallo nero, indocile e ribelle, trascinato dalle passioni più forti Nella Repubblica scrive un trattato educativo e un progetto di scuola per coloro che un giorno saranno degni di guidare la città, la polis à solo quando avranno acquisito le virtù. Aristotele era un allievo di Platone, della sua accademia. Lui è rimasto nella scuola fino alla sua morte, dopodiché aprì una scuola chiamata Liceo. Aristotele era uno straniero ad Atena, a differenza del maestro che era di origine nobile, e faceva lezione in un parco pubblica dedicato ad Apollo, chiamato liceum. Platone e Aristotele hanno pensieri differenti ma condividono alcuni aspetti, come la distanza dalle idee dei sofisti, entrambi credono che la filosofica sia l’ambito in cui interi gradi sull’animo umano e che il dibattito, la discussione non sono fine e sé stessi ma servono per trovare la verità. Aristotele scrive sull’etica e sulla morale e lo dedica al figlio, per sapere come educarlo. Nella politica afferma che l’uomo è socievole per natura e la polis ha la funzione di aiutare ad essere felice. Se si è membri della stessa comunità, ci si sente compresi nell’impresa di realizzare un bene comune. Nell’età ellenistica prendono forma le biblioteche, esse giocheranno un ruolo strategico importante. Con il tempo nascono altri scritti diversi da quelli contabili, si iniziano a scrivere le vicende narrate oralmente. Le biblioteche erano l’equivalente delle attuali università. Erano luoghi di cultura dove eran necessario che ci fossero le opere di grandi autori perché dovevano essere studiate da qualcuno. La cultura era organizzata nelle biblioteche e, in quella di Alessandria, fu organizzata un sette macroaree, corrispondenti alle arti del trivio (grammatica, dialettica, retorica) e del quadrivio (aritmetica, musica, geometria, astronomia). Il trivio rappresenta la forma della cultura, del pensiero, della persuasione, mentre nel quadrivio rappresenta ciò che è possibile apprendere. Durante il medioevo si mantiene questa organizzazione dei libri all’interno delle biblioteche e il trivio e il quadrivio diventeranno le discipline caratterizzanti il curriculum delle scuole di quel periodo. 07.10.2024 La cultura biblica tra racconti di fondazione e “pedagogia della salvezza” Nella Bibbia è presente un progetto educativo, sia nei Vangeli che nelle Parabole. Nel testo biblico vi sono due grandi categorie: 1. Racconti di fondazione Tutte le culture del mondo hanno delle narrazioni da considerare tali; a volte non sono facili da intercettare à diventano narrazioni di contenuto, hanno valenza storica e simbolica. Es.: gli Stati Uniti hanno come racconto la guerra d’indipendenza dall’Inghilterra; per la I Repubblica francese vi è la presa della Bastiglia; per l’Italia vi sono diversi momenti di unificazione che vengono visti diversamente in base ad invasore/invaso per l’impresa dei mille, per giustificare la grandezza del duce, si sono ripresi i miti della fondazione dell’impero romano. Anche la narrazione biblica fa parte dei racconti fondativi. Le vicende storiche e i testi sapienziali che riguardano il popolo di Israele sono tutti ricompresi nella grande dialettica di una alleanza (tra Dio e il suo popolo), che diviene chiave di lettura delle vicende di tale popolo e trama della «storia della salvezza». Il tema centrare è l’alleanza, la chiamata ad essere popolo delle persone di Israele. Il racconto è la chiamata di Abramo. Questa narrazione accomuna la fede ebraica, cristiana e islamica; l’espressione condivisa da tutti è “figlio di Abramo”, è il patrimonio narrativo condiviso. È un rapporto speciale con Dio, voluta dallo stesso tramite una chiamata per creare un’alleanza. 5 Tutto il racconto della storia della salvezza ha come chiave di lettura l’antinomia della fedeltà/infedeltà a quella alleanza à finché il popolo rimane fedele a Dio e all’alleanza e le vicende storiche prendono una piega positiva, quando il popolo si allontana da questa alleanza, le vicende vanno male. 2. La legge Sono i 10 comandamenti; i primi 5 libri della bibbia narrano la fondazione dell’alleanza, vengono chiamati Torah (ovvero legge) à racchiude il senso del rapporto, il dono per vivere meglio dentro all’alleanza. I comandamenti sono il dono e la base del patto sociale che regola i rapporti interni al popolo di Israele à legge religiosa e sociale. La legge che lega gli uomini a Dio e, di riflesso, le leggi che regolano i rapporti degli uomini tra di loro non vanno viste come un «peso», ma come un dono: garanzia di un’Alleanza a cui Dio rimane fedele, ma anche dell’esistenza e dell’unità di un popolo che non potrebbe fondarsi solo sui mutevoli e soggettivi interessi individuali. Si veda in particolare il valore pedagogico dell’imperativo Shema‘ Yis´ra’el (ascolta Israele), p. 48 (PS) à l’imperativo educativo collegato all’identità culturale, religiosa ed educativa di Israele = come la luce che guida il cammino. Ogni azione educativa è interna a questo rapporto, il senso è insegnare ai propri figli a vivere secondo queste leggi. Sempre all’interno dell’Antico Testamento vi anche i libri sapienziali che hanno una funzione educativo-formativa esplicita, a partire da alcune consapevolezze della saggezza popolare (si pensi ai Proverbi), o dalla riflessione sulla vanità di ciò che passa (Qohelet) per focalizzarsi sulla stabilità di ciò che resta. Molto interessante è la riflessione nel libro di Giobbe sul senso della sofferenza del giusto à “il signore offre e toglie ma sia lodato lo stesso il suo nome” secondo Giobbe [Goethe ripropone in Faust la parte iniziale, il prologo in cielo, del libro di Giobbe anche se scrive il suo ribaltamento spirituale]. Questi libri toccano i grandi temi della vita, la riflessione della vanità, la transitorietà à cerca la stabilità di ciò che resta. Sul piano pedagogico-sociale, virtù principale del sovrano è la sapienza, che «siede in trono accanto a Dio» e può consentire al re di regnare secondo giustizia e condurre il popolo sulle vie dell’alleanza. Il Nuovo Testamento riconduce la pedagogia biblica al centro e al cuore della figura di Gesù come salvatore dell’umanità, come messia e maestro. Metafora. Pensare ad un’esperienza di umana riconciliazione con una persona con cui si ha avuto un dissidio, cosa può accedere affinché possa esservi una riconciliazione autentica, bisogna che: 1. Chi ha tradito si renda conto del male compiuto volontariamente 2. Chi ha tradito deve stare male per ciò che ha fatto (riconoscersi come responsabili) 3. Chi ha tradito deve chiedere perdono sapendo che l’altro sarà libero di scegliere se perdonare o meno (il perdono, è un grande dono) 4. Mentre si chiede perdono si offre un amore più bello, perché quello che c’era prima non era sufficiente 5. Poi si attende dalla libertà dell’altro Può essere che uno dei due decida di far finta di niente, ma questo non porta ad una riconciliazione à conserva una ferita che prima o poi si riapre. Provare ad applicare questa metafora alla vita di Cristo: 1. Convertirsi al cristianesimo per riconoscere l’essere peccatori (riconoscere il male come tale) 2. Non cercare scuse (es.: Farisei che non si vedono peccatori) e sentire le proprie responsabilità nel peccato compiuto (seme di male presente in tutti gli uomini). 3. Chiedere perdono comporta una sofferenza à Gesù assume su di sé la sofferenza (croce) che ogni uomo dovrebbe provare per riaccostarsi al mistero del cammino. Gesù per primo dà l’esempio di comportamento. 4. Offrire un amore più bello à Gesù offre la totalità di sé come amore più bello ì, un’assoluta aderenza al disegno di Dio (vi è un uomo che sappia incarnare in sé l’esigenza dell’amore divino e lo sappia donare = Gesù come vero dio e vero uomo) 5. Dio ha perdonato l’umanità? Sì, attraverso la resurrezione è avvenuta la riconciliazione 6 Perciò il Vangelo (la buona notizia) si riassume nella frase dell’annuncio della resurrezione. La “storia della salvezza” come relazione educativa Perciò il mistero della salvezza è una storia di «riconciliazione» (tra Dio e gli uomini) che comporta un dono e una sofferenza (da parte di Gesù) e chiede a chi vuole beneficiare di questo dono di «convertirsi» (cambiare vita). Il proficuo incontro tra messaggio cristiano e pensiero greco porta ad un connubio culturalmente «nuovo» che ha importanti riflessi in campo pedagogico. L’incontro avviene ad Alessandria d’Egitto nel I secolo a.C. quando degli esperti traducono l’Antico Testamento in greco affinché il popolo greco potesse incontrare la cristianità. Tutte le scritture del Nuovo Testamento nascono in greco, perciò le scritture cristiane si usano categorie della cultura greca. I due misteri della fede cristiani sono la trinità e l’incarnazione (attraverso il segno della croce). Per parlare di questi misteri serve un dispositivo concettuale per spiegare la presenza di due nature nella stessa persona, che è l’idea di PERSONA “soggetto individuale di natura spirituale che racchiude in sé con dignità straordinaria, responsabile delle sue azioni, intelligenza” si applica agli essi umani, agli angeli e a Dio (trinità di persone) à nella convezione dell’Onu viene ripreso il concetto di persona. 08.10.2024 La persona è frutto specifico della cultura cristiana, nasce come dispositivo concettuale necessario per inserirsi nel dibattito teologico à segnale una speciale dignità e unicità che nella polis non ha tale statuto. L’idea che ogni singola persona è al centro dell’universo deriva dalla cultura biblica ed è stata ripresa nel rinascimento. Il luogo d’incontro tra la cultura cristiana e greca, è la scuola di Alessandria (biblioteca). Nasce un’idea dagli intellettuali cristiani-alessandrini: i cristiani raccolgono l’eredità dell’Antico Testamento ma d’altra parte c’è la grande filosofia greca in cui ci sono dei segni di un’apertura a qualcosa di più grande che, in qualche misura, vengono interpretati come segno premonitore della rivelazione cristiana. Platone, nel Fedone, non aveva una risposta significativa a questa domanda importante, ovvero “Qual è la fine dell’anima?”. Allora costruisce dei miti verosimili sull’immortalità dell’anima in cui parla di come potrebbe essere la vita dell’anima dopo la morte. Ma se l’anima continua ad esistere dopo la morte, significa che esiste ancor prima della nascitaà lui non sa come stanno le cose ma prova ad immaginarli. La liberazione che Platone sogna, è quello che ha portato Gesù. Perciò viene elaborata una riflessione in cui Gesù porta il compimento della liberazione, prima gli ebrei avevano l’Antico Testamento e i pagani avevano la filosofia. Perciò gli alessandrini sono convinti che non vi sia contrasto fra le riflessioni filosofiche dei pensatori greci e la rivelazione cristiana. All’interno di questa riflessione si colloca la figura di Clemente Alessandrino che scrive “Il Pedagogo” la cui riflessione verte sull’arte educativa di Gesù, sulle sue azioni e sulla sua figura come maestro à collegamento tra Grecia e cristianesimo. Si ricollegano gli interrogativi educativi greci con le riflessioni sulla figura di Gesù. Clemente Alessandrino presenta Gesù Maestro come il Pedagogo per eccellenza (RE, A. 92-93 e PS p. 55) e la tradizione cristiana – in seno al dibattito cristologico e trinitario – elabora una concezione di persona (RE, S, pp. 202-205) che rimane centrale fino ai nostri giorni. Molti altri autori scriveranno sulla figura del Maestro, ad esempio Sant’Agostino che aveva un figlio che muore giovane a cui dedica “De Magistro”, un testo sull’apprendimento e sull’insegnamento. Una pedagogia di comunità di ispirazione cristiana in età patristica e medievale In età cristiana prendono forma alcuni costrutti di pensiero che costituiscono una pedagogia di comunità, in più sensi: a. La chiesa considera sé stessa la comunità di credenti raccolti attorno alla figura di Gesù b. Prendono forma all’interno del mondo ecclesiale, diverse espressioni di vita comunitaria (monachesimo, ordini religiosi maschili e femminili, ordine benedettino [regola di san Benedetto è di tipo educativo, sociale, lavorativo: Hora et laborat]) 7 Agostino costituì una comunità di canonici regolari, scrisse una regola molto semplice per i preti della sua diocesi che volevano vivere con lui che afferma: - il sacerdote non deve dimenticare di abbeverarsi alla fonte della fede e mantenere una vita di preghiera (liturgia delle ore); - la comunità ha un luogo di confronto che è il capitulum ovvero il luogo in cui si stabilisce quello che è il programma della vita comunitaria ed eventualmente anche il luogo in cui si eleggono coloro che governano quella comunità (cariche che si rinnovano ciclicamente) - il servizio alla comunità: tutti quello che si fa è per la comunità più grande (la diocesi per Sant’Agostino, la comunità intera per domenicani e francescani) Con l’approvazione della regola vi era anche l’approvazione dell’ordine Verrà ripresa dai Francescani e dai Domenicani nel XII secolo perché, a differenza dei Benedettini, erano ordini religiosi di vita attiva perciò non stavano chiusi in convento ma andavano in giro a predicare. In questo contesto prendono forma anche le istituzioni scolastiche à le scuole prendono un ruolo in base a chi ha la governance. (es.: durante l’impero romano vi erano scuole di retorica, nel Medioevo vi erano strutture policentriche, nelle zone di campagna c’era il marchese che governava le leggi e le istituzioni). Essendo la società policentrica, istituisce scuole chi vuole e chi può, non lo stato à prendono forma scuole dove è possibile, vi sono tre tipologie di scuola: a. scuole monacali: a far scuola sono i monaci b. scuole cattedrali/sacerdotali: a far scuola sono i sacerdoti c. scuole palatine: deriva dal palazzo dove si istruivano coloro che si sarebbero dedicati alla pubblica amministrazione Le due figure più rivelati erano Agostino e Tommaso: à Agostino (IV-V secolo d.C.): scrive La città di Dio che contiene elementi di pedagogia sociale all’interno della filosofia della storia (culto cristiano manda in crisi la fede dell’impero romano durante il sacco di Roma). In questo libro si afferma che l’impero romano ha perso la propria identità morale e religiosa e interroga la possibilità di essere un bravo credente in uno stato laico à il cristiano è in cammino verso tre città: - la città di dio, ovvero la città celeste, ma anche la fonte dei valori (Vangelo), - la città terrena dove vi è la tirannia di tutte le peggiori qualità dell’uomo (egoismo, non-solidarietà) - la città degli uomini in cui si ritrovano coloro che non sono schiavi della città terrena e sono in cammino verso la città di dio “Mentre cerchiamo di costruire la Città di Dio, possiamo collaborare per rendere migliore la città degli uomini, perché non si configuri come una città terrena (dottrina dei 2 amori, p. 57). È possibile una concordia tra le due città nella giustizia.” à Tommaso (muore nel 1275 d.C.). Recupera le dottrine delle virtù di Aristotele e propone una riflessione sulla virtù della giustizia (dentro alla Summa Teologia) à mette in luce le parti e i passaggi che caratterizzano questa virtù. Riprende l’idea della politica come scienza morale, che mira alla realizzazione di un bene comune. In ottica pedagogica si possono rileggere tutte le riflessioni di Tommaso sulla virtù della giustizia, quali disposizioni da promuovere nei governanti come nei cittadini. Il Medioevo può essere considerato un laboratorio di pedagogia delle istituzioni culturali, che si sono rigenerate con grande creatività, fino al sorgere delle Università, che ne sono il frutto più tipico. Le università nascono come strutture autonome che accolgono tutti coloro che si dedicano agli studi. Il loro modello di riferimento sono le corporazioni delle arti e dei mestierià le corporazioni nascono nei comuni per avere maggiore perso politico. Lo studio è un’arte, un qualcosa che si apprende con impegno e dedizione come si apprendono gli altri mestieri. Saper cosa vuol dire studiare e di aiutare altri ad imparare a studiare diviene un’arte à si costituiscono delle corporazioni di docenti, le quali daranno vita alle università. A Parigi vi erano tre grandi scuole con grandissimi maestri che costituiscono delle corporazioni e creano degli statuti (come diventare maestro, cosa insegnare) dopo hanno dovuto cercare l’approvazione e li fanno approvare dal Papa Innocenzo III (era lontano e volevano poco controllo). Universitas studiorum ovvero la comunità che si occupa dello studio. Nasce per gli studi di teologia. 8 L’università di Bologna nasce come corporazione di studenti dove potevano studiare i figli dei ricchi imprenditori che governavano il mercato cittadino (Palazzo della Mercanzia in cui stabiliti i prezzi delle merci) à gli statuti dell’università nascono dalle famiglie mercantili. Nasce come università vocata agli studi di diritto. L’università di Padova nasce dai docenti che migrano in città spinti dalla presenza molto forte di una governance stretta e si focalizza sulle arti e poi si specializzerà in medicina à studenti e docenti creano corporazioni. Come si faceva lezione all’università? Innanzitutto non vi erano le tecnologie moderne, ma nemmeno la possibilità di avere i libri, si usavano pezzi di stoffa su cui prendere appunti. La prima forma di lectio era la lettura del testo di studio, successivamente il baceliere (coloro che avevano preso il primo grado di studio), nel primo pomeriggio si confronta sulla lezione del mattino con gli alunni. Se da una o più lezioni emergono degli interrogativi importanti, allora le lezioni si sospendono e si apre una disputa/confronto indetta dal maestro che è un evento importante a cui partecipano tutti. 09.10.24 Quand’è che cambierà la modalità di svolgere le lezioni e, dunque, cambierà anche l’idea della cultura? Quando arriverà la stampa, con la quale sarà possibile riprodurre i libri in grandi quantità e, quindi, questi potranno essere propri di ognuno e non solo del singolo sacerdote o maestro. Fino ad allora i libri erano molto grandi perché appunto durante la lezione il libro era solo uno e tutti dovevano riuscire a vedere le scritte e le immagini. In merito a quest’ultimo, spesso, erano dipinte a mano, e proprio per questo i libri dell’antichità vengono considerati anche come opere d’arte. Il momento della disputatio, come già anticipato, veniva istituito dal magister, il quale apriva il tema di discussione, formulando un interrogativo. A quel punto, la domanda veniva suddivisa dal bacelliere, in articula (letteralmente piccolo arto, poiché si pensava alla domanda come un corpo e, quindi, era utile suddividerla in arti, intesi come singoli elementi più semplici). Dopodiché per ogni articolo si definisce un ulteriore quesito e rispetto ad esso si identificano i pro e i contro, che devono essere argomentati, sulla base di conoscenze tratte da libri e pensieri di grani autori conosciuti. Fatto ciò, il tutto veniva ripreso dal maestro, il quale aveva il compito di dare una responsio magistrali, ovvero la conclusione e la risposta argomentata alla prima domanda principale. Alla luce della tesi sostenuta dal maestro, insieme al bacelliere veniva dato conto a come si poteva rispondere a tutti coloro che avevano argomentato in un modo o nell’altro, perché tutte le argomentazioni erano importanti e non dovevano essere perdute. Questa modalità di discussione ricorda una metodologia innovativa dei giorni nostri chiamata debate. Sul sito INDIRE è presente un documento in cui vengono offerte indicazioni utili alla realizzazione di un debate. Esso rappresenta un allenamento per la mente, che prende spunto dal dibattito tipicamente sofista. La differenza tra la disputatio e il debate è che il primo pone una domanda vera, la quale se non trova risposta risulta essere un problema, mentre il debate rappresenta perlopiù l’assunzione di una parte, un gioco di ruolo. L’educazione monastica e cavalleresca Il monachesimo gioca un ruolo importante nella conservazione e rigenerazione della cultura, ma è anche portatore di modelli educativi e formativi moto rilevanti, come pure la cultura cavalleresca. Entrambi si configurano come “scuole di vita”. La formazione dei monaci si basa in genere sul riferimento ad una “regola” (che è anche regola di vita per i singoli e le comunità) e su un rapporto di “paternità spirituale”, in cui vi è anche una vision “ministeriale” dell’autorità secondo quanto scrive il Vangelo (chi comanda sia come colui che serve). L’educazione cavalleresca si colloca in un’istituzione (sociale ed educativa) attiva fin dall’VIII secolo, nata per mitigare il modello militare barbarico (e la relativa Paideia), tramite un codice morale cristianamente ispirato, in cui si colloca il patto di fedeltà con il sovrano. Interessante il modello formativo che lega lo scudiere al cavaliere (una sorta di “apprendistato/mentoring”). 9 Il codice morale del cavaliere si fonda perlopiù sulle idee di lealtà, fedeltà e di difesa dei più deboli. Il cavaliere possiede sia delle competenze militari, dunque, rimane un guerriero addestrato secondo le idee militari, sia elementi pedagogici, i quali sono: Il patto di fedeltà (giuramento) con colui che ti nomina cavaliere, che ti rende tale perché ti riconosce degno Un codice di condotta morale, per il quale tu non sei un cavaliere che spadroneggia in giro con le armi, ma hai il compito di essere fedele al tuo padrone, di difendere la patria se vi è la necessita e di difendere i più deboli Svolgimento di un tirocinio / praticantato, realizzato grazie allo scudiero, cioè colui che aiutava il cavaliere a tenere le armi. Nel libro di testo è presente un testo in cui una madre, Dhouda, manda dei messaggi educativi al figlio cavaliere. Le “radici prossime” della pedagogia sociale tra Rinascimento e età moderna Ogni struttura sociale ha bisogno delle sue caratteristiche educative. Nelle corti rinascimentali, cioè nelle Signorie rinascimentali, vi era il bisogno di formatori che accompagnassero i signori nei loro ruoli. È interessante analizzare pedagogicamente alcune opere di questi formatori, quali Il Principe di Machiavelli, Il Cortegiano di Baldassarre Castiglione, Il Galateo di G. Dalla Casa. Queste contengono alcuni tentativi di rispondere alla domanda sociale di educazione. Interessante appare anche la testimonianza di Tommaso Moro, morto martire per non aver ceduto le pressioni del suo re, Enrico VIII, e autore di una topica, che si configura come una vera Paideia politica in un immaginario stato meritocratico. Con il Rinascimento si passa dalla società policentrica alla società monocentrica, dove tutto il onere essere accentrato in modo assolutistico nelle mani di un solo individuo. Sulla stessa linea possiamo leggere le grand utopie di Campanella (La città del sole) e di Bacone (La nuova atlantide) in cui ritroviamo: Una pandemia della vita sociale e politica Un’analisi dei mali del tempo presente Ipotesi di strumenti e progetti di tipo educativo, in cui si gioca un ruolo importante la nascente cultura scientifica Tra le righe di queste opere è possibile comprendere come si auspicava una salita al potere di personaggi illustri nelle scienze. Comenio, prima di tutto, ha un progetto culturale: la cultura deve essere universale. La cultura, e la scienza con essa, progredisce perché qualcuno si poneva delle domande e cercava delle risposte. Comenio aveva una visione completa della cultura, la quale ha un potere umanizzante per la società. Per questo motivo, Comenio ipotizza un curricolo formativo per le scuole del tempo. Tale pedagogista è anche uno dei primi che si può collegare all’idea che ha portato alla nascita ella stampa e, quindi, all’idea di poter mettere in mano dei libri a tutti. Questa idea però non fu realizzata al suo tempo. Come tutte le idee, infatti, prima di essere realizzate grazie un sostegno economico, devono essere pensate e consolidate come tali. La Pansofia di Comenio si presenta come una “risposta” al disordine delle consuetudini del tempo presente, attraverso una scuola che divenga officina di uomini. 10 Rousseau è il primo che possiamo definire con la parola pedagogista, in quanto discute sui modelli educativi. Fino ad ora, invece, abbiamo visto autori che hanno elaborato e proposto, in modo conscio o inconscio, un modello educativo. Rousseau, a differenza di altri, riflette su quello che l’educazione può e deve essere e quello che invece non può e non deve essere. Rousseau parla di educazione naturale, secondo cui formando l’uomo si forma anche il cittadino. Egli quando parla di educazione ha in mente il fanciullo nobile parigino. Parlando di educazione naturale, Rousseau ha l’intento di opporsi all’idea di educazione nobile, auspicando una certa libertà. L’educazione apparentemente «solitaria» di Emilio mira a promuovere virtù sociali (la generosità) e far acquisire consapevolezze come il senso della proprietà ed il valore del lavoro, oltre a rimuovere pregiudizi. Giunto alle soglie dell’età adulta egli deve essere preparato per le responsabilità che gli sono proprie. La soluzione scelta da Rousseau è quella di una rivisitazione pedagogica dell’esperienza del Grand Tour, inteso sia come viaggio distruzione, che come esperienza di iniziazione all’età adulta. Per Rousseau è centrale l’idea secondo cui c’è un tempo per ogni cosa, dal punto di vista educativo. L’Emilio è un romanzo pedagogico, non è un resoconto di un’esperienza pedagogica realizzata. Pestalozzi Delle cose di cui parla, Rousseau non ne ha realizzata neanche una, tuttavia ha ispirato con le su idee autori quali ad esempio Pestalozzi, che ha ripreso alcune sue idee. Egli non solo considera l’Emilio come suo modello pedagogico, ma anche ha la volontà di realizzarlo. Pestalozzi ha speso tutta la sua vita per l’educazione, e in particolare modo, per l’educazione delle persone più povere ed emarginate. Talora si indica Pestalozzi come «padre» della Pedagogia sociale, per il suo impegno profondo, specialmente nell’educazione popolare. L’educazione è naturale, perché «la vita educa» e le potenze di cui prendersi cura sono tutte le dimensioni dell’uomo (cuore, mente, mano). Primo ambiente educativo (su cui si modellano tutti gli altri) è la famiglia, paradigma dell’educazione naturale autentica, in cui maturano amore, fiducia e gratitudine (virtù morali), che stanno alla base dell’educazione morale e sono prime disposizioni per la stessa vita sociale. Importante è – come per Rousseau - il valore educativo del lavoro che deve incarnarsi nel contesto sociale in cui ci si prepara ad entrare (concretezza). 14.10.2024 Sguardo sintetico su alcuni costrutti pedagogico-sociali emersi agli albori dell’età moderna - Utopisti: attraverso la Fictio utopista delineano la paideia politica e una critica della società presente - Comenio: problema del mandato sociale della scuola, ne ripensa l’organizzazione - Rousseau: mentre critica i modelli educativi socialmente dominanti, propone di formare l’uomo per educare il cittadino - Pestalozzi: da un lato si misura concretamente con la sfida educativa. Era affascinato dalla lettura dell’Emilio di Rousseau e ha sempre voluto metterlo in pratica. Mentre l’Emilio di Rousseau non racconta esperienze reali ma esperienze frutto di immaginazione dell’educazione di un giovane nobile. Pestalozzi, invece, propone un’educazione popolare nella concretezza delle condizioni storiche e sociali in cui vivono le persone. Tra fine ‘700 e inizio ‘800 iniziano a prendere forma corsi di pedagogia all’università ed essa comincia a venir dichiarata come vera e propria scienza e disciplina. La pedagogia è la scienza che si occupa dell’agire educativo. Il prender forma della pedagogia sociale come disciplina nel XIX secolo 11 Nella prima metà del 1800, avviene un milieu culturale in cui gioca un ruolo fondamentale una nascente coscienza nazionale. Le università tedesche sono le prime ad accogliere la pedagogia come tale, con interessanti questioni sociali e politiche a cui si lega la necessità della pedagogia. La coscienza nazionale che inizia a sorgere (si pensi ai discorsi alla nazione tedesca di Fichte) è connessa ad un’azione politica concreta (nascita della confederazione germanica) e ad una “battaglia culturale” à Paideia culturale. In tale milieu collochiamo anche gli effetti sociali della seconda rivoluzione industriale e le considerazioni socio-educative corrispondenti Tra gli autori che raccolgono in modo più esplicito le istanze di natura educativa, ricordiamo: - Kolping, un sacerdote che promuove la formazione etico-sociale tra i giovani lavoratori - Ketteler, vescovo molto attento alla questione operaia, ma soprattutto energico nell’affermare il principio di sussidiarietà contro l’invadenza del centralismo della politica imperiale - Willmann, il quale riflette sulla formazione delle giovani generazioni e il mandato della scuola tra istanze di personalizzazione e vocazione sociale delle istituzioni (non necessariamente statali) L’espressione pedagogia sociale si deve a Karl Mager, che nel 1844 distingue in modo esplicito una pedagogia individuale da una pedagogia collettiva o sociale. Diesterweg ne declina il ruolo parlando dell’intenzione di «formare il cittadino maggiorenne, dotato di capacità critica, attraverso la pratica e l’autoattività». La scrittura del primo testo di pedagogia sociale viene attribuita a Paul Natorp, un filosofo neokantiano della scuola di Marburgo. Studioso di Platone, ritiene che l’uomo diventa tale solo all’interno della comunità e grazie alla comunità. La pedagogia sociale studia i rapporti concreti tra educazione (socialmente condizionata) e società (che risente dell’educazione dei suoi membri). Dinamismi tra educazione società Platone affermava che in una società esistevano tre classi sociali o funzioni sociali: - funzione di governare - funzione di difendere - funzione di produrre esse corrispondono alle tre parti dell’anima umana (istinto per l’attività economica, volontà per l’attività governativa e ragione per l’attività educativa). Ne deriva una triplice pedagogia sociale: - Pedagogia sociale della famiglia: specialmente a supporto della vita domestica della classe operaia. - Pedagogia sociale della scuola: ha funzione educativa, per consentire una sottomissione cosciente all’ordine sociale (scuola unica, statale). - Pedagogia sociale degli ambienti di vita: libera autoeducazione nella vita in comune con gli adulti, per la moralizzazione di tutto il popolo Natorp, facendo eco a questo discorso di Platone, aggiunge alle tre classi sociali/macro funzioni sociali, tre pedagogie, ovvero tre modi di educare. Tra gli autori più interessanti nell’area culturale tedesca ricordiamo in particolare Georg Kerschensteiner, per cui l’educazione è un’incombenza sociale, fondata sulla naturale socievolezza umana. La formazione, però, non può essere percepita come un addestramento massificato, bensì come un’esperienza personale, spirituale e dotata di senso. Egli fu attivo nella promozione della scuola del lavoro, in quanto fattore di promozione sociale che favorisce lo sviluppo dell’autonomia individuale e realizza un bene comune della società. Secondo la sua idea, se prendo persone emarginate e insegno loro un mestiere, permetto loro di inserirsi nella società in modo attivo ed a non esserne esclusi. Alcune suggestioni sulle sfide educative del Novecento 12 In questo periodo acquista rilevanza il nesso tra uomo e tecnologia, con il rischio di un approccio di tipo “meccanicista” alla rappresentazione della persona umana e “tecnicista” all’educazione. Un altro grande tema che è oggetto di dibattito è quello dell’autorità educativa, a cui si oppongono diversi pensatori che operano nel periodo prossimo al ‘68 ma che viene ampiamente recuperato nell’ultimo scorcio del XX secolo. Molte sono le questioni socialmente e pedagogicamente rilevanti che caratterizzano il XX secolo e si configurano come potenziali sfide educative. Esse sono principalmente tre: 1. il personalismo: a fronte di alcune sciagure del XX secolo emerge l’istanza di rifare il Rinascimento riscoprendo la centralità della persona 2. le “scuole nuove” e l’attivismo: in un clima educativa basato sul puerocentrismo prende forma il fenomeno delle scuole nuove 3. la pedagogia degli oppressi: dal fiorire di opere caritative si passa ad un approccio che mira sempre di più ad incidere sulle strutture socio-educative per arrivare a superare la divisione tra oppressori e oppressi, per una loro liberazione attraverso la cultura 15.10.2024 L’attivismo di Dewey e di Freinet Dewey è stata un pedagogista, era a favore del puerocentrismo e dell’educazione democratica. È stato un sostenitore dell’attivismo pedagogico e della dimensione pragmatica del fare. Dewey ha una visione dell’uomo (uomo democratico), come fondamento euristico del suo pensiero pedagogico (e pedagogico-sociale). La democrazia è uno stile di vita, non solo una forma di governo, in cui ciascuno, per dare significato alla sua azione tiene conto del significato delle proprie azioni nei confronti degli altri. È un esempio di NON democrazia una situazione in cui le scelte non sono condivise, è una pseudo-democrazia una situazione in cui c’è una decisione da prendere attraverso il voto e la maggioranza vince. In questo caso ognuno pensa a sé stesso e non ci si mette d’accordo. Sono esempi di democrazia, invece, quelli in cui una comunità si autoregola, e quindi, si autogoverna. Postura mentale da avere nei confronti dell’intera società. Se si vuole realizzare questo ideale, come si devono educare i cittadini? Ogni pensatore, persona che si occupa di educazione, ha una propria idea di uomo, una propria paideia, una visione di come funzionano i dispositivi della conoscenza à Dewey si rifà al pragmatismo americano che rielabora in una declinazione che prende il nome di STRUMENTALISMO, in cui la conoscenza di “costruisce” in vista di obiettivi concreti e la stessa coscienza è frutto dell’analisi riflessiva dell’esperienza stressa, intersoggettivamente vagliata. Dewey è il padre dell’attivismo pedagogico; lui critica l’educazione tradizionale (trasmissiva e autoritaria), verso un paradigma pedagogico attivistico e democratico. Si tratta di una modalità educativa intrinsecamente coinvolgente (antiautoritaria = democratica), sia perché rappresenta il modo migliore per formare cittadini democratici, attivi. Lui si inserisce nel movimento per le scuole nuove che si configurano come continuità di apprendimento e palestre di democrazia. Dewey è attivista perché è democratico, perciò l’attivismo è l’unico modo per dare speranza al suo modello educativo di formazione di cittadini. Il percorso che porta alla conquista della conoscenza viene costruito assieme, non è il lavoro solitario di un insegnante trasmissivo che vuole educare sudditi obbedienti. Dewey fonderà una scuola presso l’università di Chicago e, successivamente, anche i suoi allievi fonderanno delle scuole nuove. Alcuni suoi libri sono “Esperienza ed educazione” (1938), “Democrazia ed educazione” (1916). L’insegnante deve essere ispiratore di percorsi che gli studenti scelgono e governano. Un insegnamento esclusivamente attivista richiede grosse difficoltà: essere sempre facilitatore, fare in modo che le persone facciano un percorso formativo. 13 Tuttavia, Dewey non è stato l’unico ad avere questa forma mentis. Tra la fine dell’Ottocento e i primi del Novecento, quasi tutti gli stati hanno avviato programmi di alfabetizzazione di massa, nasce così l’idea di avere le prime classi di scuola elementare, la quale inizia ad essere regolamentata da leggi, quali, ad esempio la Legge Casati in Italia. Il modello organizzativo di queste nascenti scuole di massa, per assolvere all’obbligo scolastico, era di tipo militare. Perciò si formano maestri e maestre e si richiamano i bambini in classe per alfabetizzarli. L’effetto collaterale è stato l’introduzione del modello organizzativo militare all’interno del modello pedagogico. Se questo modello scolastico non fosse stato imperativo e obbligatorio, sicuramente non tutti i bimbi avrebbero frequentato la scuola à generalmente si “imparava” di più nei campi a lavorare. Il movimento delle scuole nuove è costituito da altre persone che intercettano questo problema e cercano di elaborare delle proposte alternative. Un esempio sono i coniugi Freinet che si ispiravano al socialismo ed inaugurano l’esperimento di una scuola senza classi, laica, attiva, gestita in modo cooperativo, con molte attività laboratoriali e all’aperto, mettendo al centro il bambino (no insegnante detentore della conoscenza). La scuola era vista come un cantiere, in cui i bambini imparano come avrebbero fatto giocando. In una prospettiva socialista, la scuola ha il ruolo di un apostolo sociale, mirante a liberare dai condizionamenti della cultura capitalista. Anche l’Italia ha portato il suo contributo all’affermarsi dell’attivismo pedagogico, attraverso diverse esperienze come quelle delle sorelle Agazzi (utilizzo oggetti di uso comune con approccio induttivo), di Maria Montessori (medico che crea una scuola a livello del bambino, è un metodo attivo ma molto più guidato rispetto a Dewey e Freinet), Giuseppina Pizzigoni, Maria Boschetti Alberti, Marco Agosti, Ernesto e Anna Maria Codignola. Si tratta di un panorama ricco e variegato, in cui si possono cogliere diverse ispirazioni culturali. 1921 stilato un documento con i principi di Calais che sono i principi che devono seguire le scuole che si dichiarano Scuole Nuove. Dewey impianto pragmatista La “scuola serena” di Maria Boschetti Alberti La tipologia di scuola realizzata da Maria Boschetti Alberti nel Canton Ticino (la Scuola serena di Agno), può essere considerata un esempio di attivismo cristiano fondato sul riconoscimento della centralità della persona. La presa di distanze da un certo tipo di disciplina, per valorizzare al massimo la libertà degli allievi dipende dalla convinzione che solo così è possibile realizzare la «vera» disciplina, ovvero la: disciplina interiore. “Ogni persona è importante, ma ha i suoi ritmi, i suoi tempi e i suoi interessi, per cui, per usare le sue parole, «se mi dite, maestri carissimi, che ognuno dei vostri allievi deve imparare le medesime cognizioni, sono con voi; ma se mi dite che ognuno deve imparare al medesimo modo, vi rispondo che questo è assurdo, è contro natura, è inumano”. Possiamo parlare di un processo di personalizzazione e di ‘intelligenze multiple’ antelitteram. 16.10.24 L’umanesimo personalista Anni 30 del XX secolo si sono sviluppati i tre totalitarismi à dimenticanza e oblio del valore e dell’identità della persona. Si colloca in un momento storico particolare in cui si sente il bisogno di riscoprire il senso di dignità della persona umana. Non si vuole inventare qualcosa di nuovo ma riscoprire qualcosa che è stato già inventato. Il personalismo come movimento di pensiero, mirante a rilanciare – in termini concreti, sul piano culturale ed educativo – la centralità della persona come principio di rigenerazione della vita sociale e politica, in un tempo di crisi e di smarrimento. Alle origini dell’idea di persona vi è la cultura greca, il pensiero biblico e il dibattito teologico cristiano. La definizione classica di Boezio (rationalis naturae individua substantia = chiamo soggetto una sostanza individuale secondo le modalità proprie di natura spirituale) trova compimento in quella di Tommaso d’Aquino (subsistens in rationali natura = Colui che sussiste secondo le modalità di un essere di natura spirituale). Dicono circa la stessa cosa, ovvero tutto quello che si fa lo si fa portandosi dietro la propria natura spirituale. Nel dibattito teologico cristiano ci si rifà alla reincarnazione e alla trinità, 14 Tommaso D’Aquino afferma anche che la Persona è un nome che indica «dignità» (ciò che di più «degno» esiste nell’universo) à un essere spirituale che esiste individualmente è unico e irrepetibile, ogni persona umane per alcune caratteristiche metafisiche ha almeno tre attributi che sono da considerare: 1. ognuno è unico e irrepetibile 2. ognuno ha una dignità che ci compete per natura e non per gentil concessione di qualcuno. Nel preambolo della dichiarazione universale dei diritti dell’uomo (1948), si afferma che i diritti umani si fondano sul riconoscimento della dignità della persona umana e competono alla persona per natura. In quell’anno è stato necessario affermare ciò, a causa dei totalitarismi, e per un altro problema concreto relativo ai crimini nazisti (processo di Norimberga). I nazisti avevano una linea difensiva comune: i criminali avevano agito secondo la legge del loro paese e avevano eseguito degli ordini. Perciò, Il problema era come condannare qualcuno se ha agito secondo la legge, così, prende forma l’idea che, per condannare queste persone, dovevano infrangere delle leggi più alte di quelle degli stati relative alla persona. Delle persone per bene, non avrebbero dovuto agire contro la persona = condanna. A partire da ciò è stata istituita un’assemblea che ha redatto la dichiarazione dei diritti dell’uomo. 3. In forza di questa dignità, si deve un rispetto assoluto a tutte le persone Il capostipite del funzionalismo è stato Mounier, autore del personalismo francese con “Il manifesto in favore del personalismo” in cui afferma: “Il conosci te stesso è la prima grande rivoluzione personalista che si conosca: essa tuttavia poteva suscitare ben poca eco in mezzo alle resistenze dell’ambiente. [...] Il cristianesimo, in mezzo a queste incertezze, porta d’improvviso una nozione decisiva della persona [...] l’individuo umano non è il confluire di diverse partecipazioni ad alcune realtà generali [...], ma un tutto indissociabile, la cui unità sovrasta la molteplicità, perché affonda le sue radici nell’assoluto”. Nella visione cristiana, la persona è immagine e somiglianza di Dio, perciò se non si tratta una persona come tale, non si rispettano i diritti umani ma è anche un sacrilegio. Secondo lui, Bisogna rifare il rinascimento, ovvero bisogna riprendere delle idee sulla centralità della persona che hanno avuto effetto dirompente in quel periodo storico. Maritain (muore nel 1978) è un autore, collega di Mounier, che è stato incaricato negli anni ’40 di redigere la Dichiarazione universale dei diritti dell’uomo. Era inizialmente un intellettuale marxista, ha avuto un percorso spirituale, si è avvicinato allo spiritualismo, si è convertito e ha abbracciato il pensiero di Tommaso D’Aquino. La moglie Raissa è stata coautrice di un’opera del marito, intitolata “Poesie d’amore”. La donna era una letterata di origine ebraica che si è convertita al cristianesimo. Quando i nazisti hanno invaso la Francia, si sono trasferiti negli Stati Uniti dove vivevano facendo conferenze. Maritain fece conferenze anche in Italia a metà degli anni ’70. - Centralità della persona - Solidarietà e amore verso gli altri e sé stessi - Esistere in modo imminente - Persona come essere spirituale che lo porta ad agire bene, a fare bene Questo testo è un itinerario maieutico alla scoperta dell’idea di persona: “Un centro, in certo modo inesauribile, di esistenza, di bontà e di azione, capace di dare e di darsi, - e capace di ricevere non solo questo o quel dono fatto da un altro, ma un altro sé stesso come dono, un altro sé stesso come donantesi. Eccoci introdotti dalla considerazione della legge propria dell’amore nel problema metafisico della persona. L’amore non va a qualità, né a nature e ad essenze, ma a persone. (…) Per potere darsi, bisogna prima esistere, e non solo come un suono che passa nell’aria o un’idea che mi passa nella mente, ma come una realtà che sussiste e che esercita da se stessa l’esistenza; e non bisogna solamente esistere come le altre cose, bisogna esistere in modo eminente, possedendoci noi stessi, tenendoci noi stessi in mano e disponendo di noi stessi, vale a dire che bisogna esistere di un’esistenza spirituale, capace di afferrarsi essa stessa per mezzo dell’intelligenza e della libertà di sovraesistere in conoscenza e in amore” Secondo Maritain, in filosofia, il progresso avviene per approfondimento, senza negare le cose comprese in precedenza. L’amore non è tale se non è libertà, sarebbe falsità. Per poter agire come soggetti liberi, bisogna agire in un centro modo, le foglie, i girasoli, non sono libere perché si muovono a causa del vento e non sono liberi perché si volgono sempre verso il sole. Se una persona dimostra il proprio bene, vuol dire che è sincero e agisce in modo speciale. Perciò, per vivere l’amore 15 è necessario esistere come esseri ce dispongono di sé stessi, si conoscono e che possiedono il proprio essere, tanto da poterlo donare liberamente à ci si può donare solo se ci si possiede. Maritain scrive “L’educazione al bivio” Il personalismo pedagogico italiano Preso atto di questa consapevolezza che arriva dalla filosofia (centralità della persona), in educazione qual è l’idea forte che governa il personalismo? Sono soprattutto tre: 1. L’educazione è diversa dall’addestramento: le piante si coltivano, gli animali si addestrano, le persone si educano. La differenza è che l’addestramento mira ad una performance specifica (es.: galoppare, cani guida) 2. L’educazione della persona mira al suo sviluppo integrale, quando si educa ci si prende cura di tutta la globalità della persona (intelligenza, volontà ed emozioni) 3. Si trattano tutti come persone e si rispettano come tali, con dignità In Italia vi sono uomini come La Pira, Gonnella, Nosengo che si ritrovano per portare il contributo del personalismo cristiano alla Costituzione della nascente repubblica (Codice di Camaldoli). Nosengo elabora anche una riflessione pedagogica, molto attenta al ruolo educativo della scuola, e alla formazione sociale e civile dei giovani. Hanno scritto dei principi politici e perché, supponendo che l’Italia sarebbe stata una democrazia con un’assemblea costituente, avrebbero avuto gli stessi principi di dignità e di valore della persona. Sulla scia di tale clima culturale si colloca l’opera di Aldo Agazzi, che – oltre a riflessioni sul ruolo della scuola l’educazione civica – porta un contributo specifico alla riflessione sistematica sulla pedagogia come scienza autonoma e nel campo della pedagogia sociale. cui compete innanzitutto di «verificare se ancora e come una società abbia e conservi per sé stessa, intrinsecamente, dei compiti educativi, e, in caso affermativo, di reperire e formulare degli orientamenti direttivi ed operativi validi a cui essa possa riferirsi perché tali compiti possano adempiersi di fatto e correttamente» Il contributo di Gino Corallo alla PS si configura da un lato come una riflessione sul «proprium» dell’educazione, come processo a termine che mira a «formare nell’educando degli abiti ordinati di vita morale, assicurandogli un possesso quanto più possibile largo e ricco di libertà e l’uso retto e spedito di essa», dall’altro lato discute e critica il sociologismo latente di alcuni autori (Natorp, Dewey, ecc.), riaffermando i capisaldi del personalismo comunitario: società di persone, libere e autonome, il cui fine spirituale trascende i limiti della stessa società. La “pedagogia degli oppressi” L’attenzione agli ultimi ha una valenza pedagogica in vista della rigenerazione sociale, anche in merito aòòe modalità in cui promuove una loro presa di coscienza, virtualmente trasformativa della realtà esistente. È una pedagogia che mette al centro l’attenzione degli ultimi come chiave di lettura della sua identità Paulo Freire, coinvolto in una massiccia azione di educazione popolare, elaborò significative consapevolezze pedagogiche che si radicano nel personalismo di Mounier (per la considerazione della dignità delle persone) e nel marxismo come strumento di analisi della condizione degli oppressi. Fulcro della sua pedagogia è che la coscientizzazione degli oppressi non avvenga in termini «paternalistici», ma abbia una sua anima pedagogica, nell’ottica di una educazione liberatrice, di tipo simmetrico e fondata sul metodo dialogico. Opponendosi ad una educazione di tipo «depositario», mette in luce le prerogative di una pedagogia dialogica. Educazione che rende gli ultimi e gli oppressi dei protagonisti, altrimenti si riprodurranno gli schemi di una società oppressiva anche attraverso l’educazione. 21.10.24 L’educazione depositaria - tendenza alla conquista - dividere per dominare 16 - manipolazione - invasione culturale l’educazione dialogica: - Collaborazione con il «tu» mediante il quale si costruisce - Unire per liberare (creare comunità tra gli oppressi) - Organizzazione (le persone sono consapevoli della propria unità) - Sintesi culturale (elaborata autonomamente dal popolo) La cifra della pedagogia di Ivan Illich (critico nei confronti di varie forme di colonizzazione culturale) è quella della convivialità vista come alternativa ai modelli tipici della società capitalistica e alla dittatura del consumismo. È noto per la proposta provocatoria della descolarizzazione, contro la discriminazione basata sui titoli di studio. Don Lorenzo Milani Don Milani realizzò prima una scuola popolare per gli operai di Calenzano, poi – trasferito a Barbiana – realizzò in quella sperduta parrocchia dell’Appennino un’esperienza unica nel suo genere. Convinto sostenitore del valore della cultura e della necessità di una alfabetizzazione, ad essa collega la stessa azione pastorale. Severa è l’analisi dei limiti di una scuola «selettiva» che di fatto risulta ingiusta nei confronti dei figli di chi proviene dalle classi più disagiate, a cui oppone una ricetta semplice: 1) non bocciare, 2) a quelli che sembrano cretini dargli la scuola a pieno tempo, 3) agli svogliati basta dargli uno scopo. Le metodologie (come la peer education) si comprendono entro questa «anima pedagogica». 23.10.24 Alcune “idee forti” della Pedagogia Generale «Solo l’essere umano educa ed è educato: sotto questo profilo, l’educazione non può essere subordinata a competenze specifiche acquisite per via di studi. È altrettanto vero, però, che c’è differenza tra l’esercizio di una disposizione pratica e la consapevolezza critica corrispondente: in questo senso, è indispensabile riconoscere l’esistenza di una cultura educativa – frutto di studi specifici – la quale veicola competenze che non scaturiscono dalla pura e semplice messa in pratica dell’attitudine a educare tipica della persona. Su questo terreno si mette a fuoco l’«oggetto» dell’educazione inteso come l’elemento tipico della fenomenologia umana che richiede un coerente accostamento conoscitivo» L’educazione è una caratteristica propria dell’uomo! ® L’educazione è una “costante fenomenologica” dell’umano; in quanto ogni persona umana è stata e deve essere educata, e ogni persona umana è abilitata ad educare. Il fondamento “metafisico” profondo consiste nel fatto che le persone umane sono “esseri educabili”. ® In secondo luogo, tutti coloro che educano hanno una cultura dell’educazione. Non è un imperativo, ma un dato di realtà. Essa dipende anche dall’ambiente in cui si è cresciuti. La cultura dell’educazione di ognuno si fonda su una psicologia implicita e una pedagogia implicita. ® Ogni persona umana è “abilitata” ad educare. ® Il compito è quello di passare dalla “pedagogia implicita” alla pedagogia come scienza precisa, sistemica. Questa pedagogia è parte integrante del sapere professionale di educatori, insegnanti, formatori e tutti coloro che svolgono professioni educativo-formative. Epistemologia: il modo in cui una scienza conquista con rigore le proprie conoscenze e certezze. È specifica per ogni scienza. Un termine con tre ambiti di significato Il termine educazione può essere inteso in tre modi differenti, a partire dalla sua etimologia: 17 ® Educare = coltivare, “far crescere” prendersi cura, ma anche “condurre”, guidare lungo un cammino con dei punti di riferimento, un percorso svolto in modo intenzionale, svolto e orientato da chi ha maggiore maturità ® Educere = “tirare fuori”, portare a sviluppo le potenzialità interiori (uniche e irrepetibili) dell’educando, in modo che possa mettere a frutto i propri talenti. In questo senso l’educatore ha un approccio “maieutico”, agisce come catalizzatore delle migliori energie dell’educando, stimolando empowerment e – se del caso – resilienza. ® Edere = “generare”, con riferimento al fatto che l’educatore è un “genitore simbolico”, che si coinvolge fino in fondo, è empatico (non distaccato). Si pone il problema (che possiamo approfondire a parte) dell’equilibrio tra “prossimità e distanza” nella relazione educativa. L’educazione sembra avere due anime, quella caratterizzata dal tirar fuori e quella caratterizzata dal guidare. Se ci fosse un’educazione senza educere ci sarebbe un’educazione modellante, viceversa se non ci fosse la dimensione dell’educare e solo quella dell’educere non si saprebbe dove guidare ciò che si tira furi da una persona. Allora, appare necessario che ci sia un equilibrio tra i due aspetti. Esse rappresentano anche due posture mentali, due atteggiamenti propri dell’educatore, le quali pongono un problema educativo à di fronte ad una persona a me affidata, in qualità di educatore, quanto devo tirar fuori? Quanto devo guidare? 29.10.24 Una tematica dalle radici lontane – Platone “Lo mostra pure il sistema di governare i fanciulli: non si permette loro di essere liberi finché non abbiamo organizzato entro di essi, come in uno stato, una costituzione e, coltivando la loro parte migliore con la migliore nostra, non abbiamo insediato nel fanciullo al nostro posto un guardiano* e governatore simile a noi. Allora soltanto possiamo lasciarlo libero.” Dotare il bambino di una coscienza per farlo agire in modo responsabile Ci sono delle idee principali che emergono, perché il testo indica il tipo di azione e di responsabilità che ha l’insegnante: 1. C’è una linea di demarcazione che Platone coglie rispetto a quello che è il compito essenziale dell’azione educativa: il fatto di consentire all’essere umano di esercitare in modo responsabile la propria libertà. Uno nasce totalmente incapace di intendere e di volere e agire in modo responsabile, ma la acquisisce nel tempo grazie all’azione educativa. Questa linea di demarcazione è quella che segna il fine dell’agire educativo in quanto tale. Questo agire mira che l’essere umano sia in grado di esercitare la sua libertà. C ‘è un tempo in cui a guidare la nostra vita sono gli altri, e successivamente siamo noi a prendere le redini del percorso. 2. Platone nella Repubblica ha un occhio di riguardo anche sulla vita sociale. ogni essere umano ha bisogno di una costituzione interiore, come uno stato ha bisogno di regole e leggi per governare il popolo. Si deve aiutare a costruire la città interiore perché è lo specchio di come una persona abiterà la città esteriore. Per essere un buon cittadino devi essere di sana e robusta costituzione. 3. Come faccio ad agire dentro alla costituzione interiore di un altro? Per aiutare la persona a conquistare la capacità di usare la propria libertà si deve coltivare la parte migliore di noi stessi e dell’altro. Una persona saprà esercitare la sua libertà quando dentro di sé avrà preso forma un auriga saggio in grado di governare i cavalli interiori della sua anima. Il *guardiano non è un gendarme cattivo e crudele, è l’auriga dell’anima ovvero il custode interiore che l’insegnante deve avere già creato dentro di sé à per fare ciò ci si deve rendere degni di questo compito La circolarità della relazione educativa L’educazione ha un carattere dinamico e l’educatore deve percepirsi come una guida che guida lungo il cammino che porta ad una meta alta e degna, importante. L’insegnante fa da guida nella misura in cui si fa da modello ed esempio. La guida non può guidare nessuno se non lo coinvolge, lo aggancia e non parte dalle persone che gli sono affidate, perciò l’educere (tirare fuori le potenzialità, talenti) è condizione essenziale per essere una guida efficace. Per questo motivo, l’educazione è sempre personalizzata, non può essere standardizzata. 18 Si tratta di una relazione trasformativa che, avendo a che fare con l’acquisizione della capacità di servirsi responsabilmente della propria libertà si configura come un evento morale à ha a che fare con la capacità della persona di dirigere sé stessa. Cosa vuol dire essere liberi? Esistono tre tipi di libertà: 1. La libertà di esercitare delle scelte 2. La libertà dalla costrizione (che si rivendica) 3. La libertà per Il cucciolo d’uomo nasce libero per natura, ma non ancora capace di servirsi della propria libertà, è libero di liberarsi grazie all’educazione. Alcune metafore suggestive illustrate nel libro: ® Non vasi da riempire ma fuochi da accendere ® Attivare l’organismo interiore dell’educando (come il medico) à prendersi cura della persona dal pdv educativo la si attiva nell’organismo interiore ® l’eroe morale (Eracle al bivio) ENKRATEIA: Il potere che viene da dentro (en-krateia), ovvero la libertà interiore, che è la condizione per ogni altro tipo di libertà: la virtù che libera dal vizio e che permette di trattare ogni persona come «fine» (e mai come mezzo), il che è condizione della libertà civile e politica … «Non si è liberi perché si sceglie, ma si sceglie perché si è liberi. La libertà che si ricollega all’educazione è questa, si sceglie perché si è liberi à aiuta a capire se c’è qualcosa di cui sta diventando schiavo. L’educatore aiuta a rendere libero e non schiavo di qualcosa. L’uso della metafora in ambito educativo Cosa sono le metafore? Sono figure retoriche per cui si attribuisce a un vocabolo un significato diverso da quello convenzionale, in base a un rapporto di similitudine, che può essere colto in modo intuitivo. Hanno dei vantaggi nell’uso educativo: ® consentono di attivare libere associazioni di idee, emozioni, modi di pensare e di sentire, anche senza passare da razionalizzazioni troppo pedanti ® facilitano l’accesso ai sentimenti profondi, alle convinzioni più radicate, alla dimensione dell’identità narrativa della persona Sull’identità narrativa alcuni autori hanno riflettuto molto, tra questi Bruner e Paul Ricoeur. L’identità narrativa di ognuno si fonda sulla propria storia personale di cui si è autori e protagonisti. In essa ci sono dei momenti che non lasciano il segno e altri invece che rappresentano uno snodo. L’autorità educativa Nell’autorità educativa rientrano tutte le persone che svolgono un ruolo attivo all’interno del processo di educazione. L’uomo è essere mirabile capace di meravigliarsi … ed è la sua libertà ciò che lo rende capace di fare cose meravigliose. Tale libertà matura grazie alla relazione educativa (che comporta una certa autorità). Auctoritas da «augere» = “aumentare – far crescere”, solo chi sperimenta l’autorità riesce a crescere, per molteplici ragioni: - ha una «guida» che indica un cammino, - pone dei «limiti» che aiutano a superare il narcisismo infantile e maturare la propria «enkrateia» (libertà interiore), - li rafforza con l’esempio (li pone anche a se stesso), - evitando in ogni modo di umiliare o danneggiare la dignità della persona educabile. L’autorità educativa è un’autorità che mira a dissolversi: «egli deve crescere, io invece diminuire» (Gv 3, 30); «non fu sì forte il padre» (Iliade, VI, 635). Essa non «se-duce» (condurre a sé), ma «e-duce» (tira fuori il meglio della persona, la porta a svilupparsi) … dopo di che ha finito il suo compito. L’asimmetria educativa è necessaria, ma non si traduce in una differenza di dignità, bensì di funzione (e responsabilità) 19 30.10.24 Il tratto affettivo dominante della relazione educativa non è quello dell’eros (tendenza all’appropriazione, che in una relazione asimmetrica comporta un «assoggettamento» del più debole), ma è quello dell’agape, che si colloca nell’orizzonte del dono. “Non si educa per colmare i propri vuoti affettivi! Si educa per donare amore in quanto si ha maturità sufficiente per offrirlo gratuitamente”. È una delle condizioni di un corretto esercizio dell’autorità educativa. L’educatore si configura come un soggetto che esercita una pluralità di funzioni, che possono essere ben riassunte da quattro immagini/ruoli: - il maestro (magister, da “magis”), nel senso che ha consolidato una maturità che può aiutare l’educando a crescere (e padroneggia anche ciò che gli insegna), con il fine di rendersi «inutile»; - il ministro (minister, da “minus”), che si mette al suo livello, ma non per lasciarvelo, bensì per spronarlo a partire da dove effettivamente si trova; - la guida (paidagogòs, colui che guida il fanciullo), perché conduce verso uno stile di vita che possa essere «degno» della persona che cresce (la “vita buona”); - il maieuta (in senso socratico), che aiuta a sviluppare le potenzialità interiori e a scoprirne di nuove. La relazione educativa come cura Il tema viene posto soprattutto per sgombrare il campo da alcune incomprensioni distorsive nell’uso di questo termine. La “cura educativa” non va intesa in senso “medico”, come se la giovinezza fosse una malattia e l’educatore dovesse attuare dei «protocolli di cura» (magari ben codificati, come quelli medici). Si prende le distanze anche dall’accezione (oggi diffusissima e ormai “usurata”) di cura in senso heideggeriano (che si colloca in un orizzonte di tipo sostanzialmente nichilista, di un “essere per la morte”). La “cura” in senso educativo corrisponde al “to care” e non al “to cure” inglesi, cioè al prendersi cura e non al curare. L’essere umano occupa una posizione «media» nell’universo e di fatto decide di sé stesso (per il bene o per il male), l’educatore è una guida attenta che aiuta ogni persona a “ritornare in sé stesso”, ovvero a prendersi cura di sé (in senso socratico: conosci te stesso e prenditi cura di te stesso), cioè della propria interiorità, attraverso l’intelligenza e la virtù. Profilo epistemologico della pedagogia generale e sociale Il dibattito sull’identità della pedagogia sociale è ampio e articolato, confrontano diverse prospettive, che possiamo ricondurre a due linee interpretative fondamentali. - È una pedagogia liquida per una società liquida = un’area di riflessione “incerta per definizione” - La “social pedagogy” come disciplina: l’ambito di formazione dei “social workers” con quattro aree di interesse: o Le condizioni che determinano l’organizzazione del lavoro sociale o l’azione professionale dei «social workers», anche in senso riflessivo, o l’analisi delle condizioni di vita degli utenti dei servizi sociali, o la struttura socio-economica in cui si opera - alla ricerca di un “baricentro” per muoversi nella liquidità à è la prospettiva dell’approccio personalista Oggetto formale della pedagogia sociale Una definizione «classica» di Aldo Agazzi: “La pedagogia sociale è - per un verso -, cioè, una pedagogia dell’ambiente sociale e storico-culturale, delle sue influenze e condizionamenti, delle sue problematiche, fondata in una sociologia e in prospettiva di socialità educativa e pedagogica, e ̶ per altro verso - una pedagogia intesa a definire i compiti educativi di una società ed i modi di soddisfarvi” 20 05.11.24 La “società educatrice” Quali sono i compiti della società verso l’educazione? Verso l’educazione dell’uomo e di sé stessa? Un conto è infatti considerare un individuo e porsi i problemi della sua educazione alla società e perciò alla socialità, per farne un essere sociale membro cosciente e responsabile della società stessa, e altro problema è quello di stabilire ciò che la società, come tale, deve di educazione all’individuo, sia per educare in lui l’uomo, un soggetto umano, sia per educare, negli uomini, sé medesima. Nascono qui quei problemi più rigorosamente definibili di “pedagogia sociale”, nel senso preciso di stabilire quali siano le coscienze, le consapevolezze, i compiti, le capacità ed i metodi necessari e più opportuni da porsi in atto da una società in quanto tale, per poter assolvere ai propri impegni educativi. È cioè il problema della società in quanto educatrice. In rapporto con la pedagogia generale In sintesi, potremmo proporre, quanto al rapporto tra PG e PS, di rilevare una coincidenza a livello di oggetto e metodo, che ne fanno una scienza unica virtualmente distinguibile solo per lo specifico ambito di interesse della PS (i compiti e le responsabilità di una società educatrice), che comunque fa parte del più ampio oggetto materiale della PG. La PS può essere considerata come una disciplina effettivamente distinta, perché riguarda lo stesso oggetto della PG da un’angolatura specifica che, come tale, può utilmente entrare nei curricoli formativi delle diverse figure professionali, portando un contributo alla costruzione della loro forma mentis. E le altre scienze dell’educazione Alla PS (scrive Agazzi) “corroborata dai risultati delle varie “scienze ausiliarie dell’educazione”, deriva fondamentalmente il compito di rendere pedagogica, ossia educativa, l’opera ordinata alla società e agli individui in quanto sociali, e l’opera della società e degli istituti sociali e politici in ordine alle persone e a sé stessi”. La sociologia dell’educazione à Si configura come una disciplina dell’area sociologica, che analizza con un approccio empirico-descrittivo e teorico-interpretativo una categoria di fenomeni (quelli educativi) considerati come componenti della struttura sociale e variabili funzionali delle sue dinamiche. Nella SE prevale l’intento descrittivo, anche mirante a far emergere le variabili nascoste, non senza la possibilità di indicare una dimensione utopica basata su una determinata teoria sociale, mentre nella PS – che pure può valersi di strumenti di analisi (anche sociologici) prevale la dimensione pratico- trasformativa (a partire dall’attribuzione delle responsabilità specifiche in tal senso). L’antropologia culturale à Si configura come una disciplina che interpreta, con una molteplicità di strumenti scientifici (anche di natura qualitativa) le modalità con cui si configurano e si sviluppano le dinamiche culturali che caratterizzano i diversi gruppi di persone, nei diversi tempi e luoghi. Per quanto riguarda le dinamiche culturali legate ai processi educativi vi è uno spazio di interesse comune (e di intersezione tra le due discipline), tanto che potremmo dire che la PS ha bisogno di una sensibilità antropologica (e viceversa). Il contributo specifico della PS emerge nelle modalità con cui le dinamiche in 21 atto vengono messe in connessione (in prospettiva pratico-operativa) con orizzonti di senso e prospettive di sviluppo. Un campo in cui tale incontro è molto significativo è quello dell’educazione interculturale. La psicologia sociale à Si configura come una disciplina che studia il modo con cui le esperienze psicologiche sono interconnesse con l’ambiente sociale, considerato come un insieme di prodotti mentali, una rete consolidata di relazioni psichiche, per mezzo della quale la nuova persona viene plasmata fino a raggiungere la maturità. Si collega certamente alla Psicologia dello sviluppo e comprende – tra l’altro - la Psicologia dell’educazione, la Psicologia dell’apprendimento, la Psicologia della scuola e la Psicologia del lavoro (che sono connesse alle questioni di natura pedagogica). Anche i diversi approcci psicologici hanno una prospettiva teorico-pratica (e non meramente descrittiva), ma si può dire che tale prospettiva sia più spostata verso la dimensione tecnica, rispetto a quella partica (nel senso aristotelico). In altri termini, la specificità della PS (rispetto alla Psicologia sociale, della scuola, dell’apprendimento, ecc.) è riconoscibile proprio nel preciso impegno critico-valutativo che l’una assume a differenza dell’altra, rispetto alle finalità e alla possibilità di giudizio conseguente sulla validità e non solo sull’efficacia, dell’adozione di determinate procedure operative. La filosofia dell’educazione à Si configura come una disciplina che studia le ragioni e il senso dell’agire educativo alla luce di un’antropologia e un’etica e che può avere una sua autonomia (in ambito filosofico), ma anche essere considerata parte della Pedagogia Generale, in quanto ne costituisce il necessario sostrato teoretico, strutturalmente incluso in essa. 06.11.24 La struttura epistemica della pedagogia sociale Si configura come una Scienza pratica (nel senso aristotelico), che affonda le proprie radici in una dimensione teoretica e si apre al contributo delle tecniche. Si tratta di un sapere per agire, o meglio per decidere come è meglio agire (in senso educativo). Ciò che caratterizza il “proprium” della PS (in rapporto alla PG) è l’identificazione dei compiti di tutti i soggetti (individui o enti) che abbiano o possano assumere delle responsabilità educative, il che – specialmente nel contesto odierno – aggiunge notevole complessità. La struttura dinamica della pedagogia sociale e generale come scienza pratica. La questione dei paradigmi pedagogici di riferimento L’analisi delle condizioni (e di eventuali condizionamenti) sociali dell’educazione, l’identificazione dei compiti dei soggetti aventi responsabilità educative, ma anche la progettazione (a cura di tali soggetti e tenendo conto delle condizioni di cui sopra) di eventuali interventi nell’ambito dell’educazione sociale e civica, sono totalmente interni ad un “pensare pedagogico”, che può dispiegarsi con diverse modalità e corrispondere a diversi paradigmi. L’approccio personalista, che si ispira al personalismo comunitario di cui si è parlato nella parte storica, tiene conto della naturale socievolezza umana (Aristotele) e dell’intrinseca socialità del rapporto educativo. Esso si distacca tanto dall’individualismo come dal collettivismo, riconoscendo – per la persona umana – una destinazione che va oltre i soli fini della vita sociale. 22 Il problema della coerenza tra i “corpi educanti” (Agazzi) Alla PS spetta il compito di identificare le condizioni di possibilità dell’educazione in un tempo di pluralismo, venendo a mancare la spontanea convergenza tra le agenzie educative. La criteriologia proposta da Agazzi ha tre punti di riferimento: - Maieutica della persona (attivazione della persona nello sviluppo inventivo della propria personalità) - Socializzazione (progressivo inserimento nei gruppi sociali di cui la persona fa parte) - Civilizzazione (incontro dinamico della persona con l’eredità socio-culturale elaborata dalle generazioni che l’hanno preceduta). Sul versante dell’educazione alla socialità, la prospettiva personalista considera come proprio fine quello di favorire la socializzazione, ma anche quello di far sì che ciascuno assuma le proprie responsabilità personali (in scienza e coscienza, intelligenza e libertà). Al meccanismo dell’interazione tra persona e società […], bisogna adunque sostituire come fine dell’educazione in senso sociale la reciprocità […] come apertura verso l’altro, che perciò diventa un socio. Il termine esatto dello scambio non è pertanto la società, astrattamente […] considerata, ma le persone concrete: la società nasce e si costituisce per mezzo di questo scambio, non gli preesiste, né può porsi alla pari (o addirittura al di sopra) della persona come termine della relazione. […] Il principio che la socialità rappresenta uno scambio tra persone, ne definisce le basi etiche, e pone quindi l’esigenza che a queste basi si riconduca ogni istituzione in cui si sono storicamente incarnati i valori sociali interpersonali. […] L’educazione al senso sociale come apertura di reciprocità, mira pertanto a rendere l’educando cosciente, e rispettoso, delle implicazioni sociali di tutte le implicazioni sociali di tutte le sue azioni, e a far sì che egli operi proponendosi direttamente i più degni fini sociali. La socialità, come fatto, implica l’inevitabile contatto con le persone. La socialità come educazione mira a rendere questo contatto rispettoso dei limiti propri […] e altrui. Saltare paragrafo 7 (metodi di ricerca) Come impostare un percorso sui grandi temi della PS? a. Approccio per temi: In un tempo di grande complessità, puntare su alcune delle «sfide urgenti» (sulla base delle competenze e della sensibilità dell’autore, o del contesto in cui opera). Alcuni esempi: educazione alla cittadinanza, marginalità, bullismo, educazione ambientale, ecc. b. Approccio per soggetti: Si basa su un forte ancoraggio alla visione epistemologica per cui la PS è prima di tutto scienza che studia l’agire dei soggetti nella cui missione vi siano responsabilità educative. Alcuni esempi: scuola, famiglia, territorio, reti sociali, volontariato, … ma anche i soggetti internazionali che mirano a «orientare» le politiche educative Politiche internazionali: i soggetti - UNESCO United Nations Educational, Scientific and Cultural Organization) Organizzazione ONU per l’Educazione, la Scienza e la Cultura - OCSE (OECD) (Organisation for Economic Cooperation and Development) Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico - UE (EU) unione europea Finalità dell’UNESCO Il clima dell’immediato dopoguerra associato all’esperienza della “Società delle Nazioni” ha portato alla nascita di istituzioni internazionali più autorevoli ed efficienti al fine di garantire una pace più duratura. In questo si può leggere il valore “strategico” della cultura e dell’educazione. Tra le finalità dell’UNESCO, ad esempio, vi è proprio la volontà di promuovere la pace attraverso la cultura (vedi Costituzione UNESCO, 1946), sullo sfondo della Dichiarazione ONU del 1948 con il “diritto all’educazione e alla cultura”. Tale intento si raggiunge Tutelando i beni culturali (patrimonio dell’Umanità) Promuovendo l’accesso ai beni di cultura attraverso l’educazione e la formazione. A partire dal 1972 (Rapporto Faure) si iniziano a pubblicare rapporti sull’educazione, in cui si trova sia una parte analitico- descrittiva (riguardante la situazione dell’istruzione e della formazione nelle varie aree del pianeta), sia una parte 23 pedagogico-propositiva (utopia politico-educativa: la società educante). Di particolare importanza risulta essere il Rapporto Delors del 1966 dove si afferma la frase celebre “Nell’educazione un tesoro”, centrato sulla sfida dell’apprendimento permanente che ruota attorno ai quattro pilastri dell’educazione. «Di fronte alle molte sfide che ci riserva il futuro, l’educazione ci appare come un mezzo prezioso e indispensabile che potrà consentirci di raggiungere i nostri ideali di pace, libertà e giustizia sociale. Nel concludere i suoi lavori, la Commissione si dichiara convinta che l’educazione dovrà svolgere un ruolo fondamentale nello sviluppo personale e sociale. La Commissione non vede l’educazione come un rimedio miracoloso o una formula magica che possa aprire la porta verso un mondo in cui tutti gli ideali diventeranno realtà, ma come uno dei mezzi principali a disposizione per promuovere una forma più profonda e più armoniosa dello sviluppo umano, e quindi per ridurre la povertà, l’esclusione, l’ignoranza, l’oppressione e la guerra» (J. Delors, Nell’educazione un tesoro, 1996) «Il mondo sta cambiando e anche l’educazione deve cambiare. Ovunque, le società stanno attraversando una fase di profonda trasformazione e questo richiede nuove forme di educazione per promuovere le competenze di cui le società e le economie hanno bisogno, oggi e domani. Ciò significa andare