Malattie dell'apparato respiratorio - BPCO (PDF)
Document Details
Uploaded by DependableSynthesizer
2024
Alessia Panarello
Tags
Summary
Questo documento fornisce una panoramica sulle malattie dell'apparato respiratorio, con particolare attenzione alla Broncopneumopatia Cronica Ostruttiva (BPCO). Vengono discusse le differenze con la bronchite cronica, i fattori genetici e ambientali coinvolti, come l'esposizione al fumo di sigaretta, e la patogenesi dell'enfisema. Il documento spiega anche l'importanza dello stress ossidativo e l'eterogeneità dei fenotipi BPCO.
Full Transcript
Malattie dell’apparato respiratorio Malattie dell’apparato respiratorio BPCO Prof. Corrado Pelaia – 03/12/2024- Autore: Alessia Panarello BRONCOPNEUMOPATIA CRONIC...
Malattie dell’apparato respiratorio Malattie dell’apparato respiratorio BPCO Prof. Corrado Pelaia – 03/12/2024- Autore: Alessia Panarello BRONCOPNEUMOPATIA CRONICA OSTRUTTIVA (BPCO) Secondo le linee guida GOLD (ricordiamo che nell’asma avevamo le GINA), la broncopneumopatia cronica ostruttiva (BPCO – in inglese COPD) è una patologia eterogenea che interessa i polmoni ed è caratterizzata da sintomi respiratori cronici come dispnea, tosse ed espettorato. Questi sintomi sono dovuti ad anomalie che coinvolgono le vie aeree e/o gli alveoli polmonari. Tra le anomalie degli alveoli troviamo il cosiddetto enfisema, una condizione che causa una progressiva e persistente ostruzione del flusso aereo. Questa definizione delle linee guida GOLD 2024 pone l'accento su un elemento distintivo rispetto all’asma: mentre l’asma è caratterizzata da un’infiammazione delle vie aeree, nella BPCO si parla di anomalie strutturali che interessano non solo le vie aeree ma anche gli alveoli, con particolare riferimento all’enfisema. L’enfisema è definito come una distruzione dei setti interalveolari, che porta alla perdita dell’elasticità polmonare. Ma quali sono le cause dell’enfisema e della BPCO in generale? Questa patologia deriva da un’interazione complessa tra fattori genetici e ambientali. Tra i fattori ambientali, il più significativo è l’esposizione al fumo di sigaretta o al fumo di tabacco in generale. Altri elementi rilevanti includono l’inalazione di gas, particelle inquinanti presenti nell’aria, come quelle emesse dai motori di scarico, e persino il fumo del camino. Anche questi ultimi fattori possono contribuire allo sviluppo di enfisema e BPCO. Tra i fattori genetici, un ruolo importante è rivestito da mutazioni del gene SERPINA1, responsabili del deficit di alfa-1-antitripsina, una condizione che predispone allo sviluppo precoce di enfisema. Distinzione tra BPCO e bronchite cronica È fondamentale distinguere la BPCO dalla bronchite cronica, poiché le due condizioni presentano caratteristiche differenti. La bronchite cronica è definita come la presenza di tosse produttiva cronica ricorrente per almeno tre mesi all’anno e per almeno due anni consecutivi. Tuttavia, nella definizione di bronchite cronica non si fa riferimento a un’ostruzione delle vie aeree, né a parametri spirometrici alterati, né a distruzione dei setti alveolari. Si tratta piuttosto di una condizione clinica basata sulla presenza di tosse e produzione di espettorato. Va specificato che, sebbene la bronchite cronica possa essere presente in pazienti con BPCO, essa rappresenta una patologia distinta. Inoltre, la bronchite cronica può essere classificata in base alla tipologia di espettorato, distinguendosi in semplice, muco-purulenta o cronica ostruttiva: o Bronchite cronica semplice: tosse ed espettorazione mucosa senza ostruzione al flusso nelle vie aeree o Bronchite cronica ostruttiva: tosse ed espettorazione mucosa con persistente ostruzione al flusso nelle vie aeree o Bronchite cronica purulenta: tosse ed espettorazione mucopurulenta o purulenta Enfisema polmonare Un’ultima definizione rilevante è quella di enfisema polmonare, che consiste nella dilatazione permanente degli spazi aerei distali rispetto ai bronchioli terminali, accompagnata dalla distruzione dei setti alveolari. Questa alterazione comporta una riduzione dell’efficienza degli scambi gassosi e contribuisce alla progressione della BPCO. Malattie dell’apparato respiratorio L’enfisema può essere causato da diversi fattori ed è classificabile in due forme principali: 1. Enfisema panlobulare o Questa forma interessa uniformemente l’intero lobulo polmonare ed è tipica del deficit di alfa-1-antitripsina, una condizione genetica caratterizzata dalla mancanza di un enzima fondamentale per proteggere i tessuti polmonari dall’azione degli enzimi proteolitici. 2. Enfisema centrolobulare o In questa forma, l’enfisema coinvolge principalmente il centro del lobulo polmonare. È più frequentemente associato al fumo di sigaretta, una delle principali cause ambientali della BPCO. Dal punto di vista epidemiologico, l’enfisema e la BPCO in generale sono patologie in aumento progressivo. I casi sono più concentrati nei paesi industrializzati, come Europa, Stati Uniti, Cina e India, a causa dell’esposizione crescente agli inquinanti ambientali. L’incidenza è particolarmente elevata nella fascia d’età dai 60 anni in su (a differenza dell’asma che è tedenzialmente ad insorgenza giovanile), anche se in alcuni contesti, come in India, l’insorgenza tende a manifestarsi più tardivamente. La BPCO è una patologia associata a un aumento significativo della mortalità, superando spesso altre cause come il diabete o gli eventi cardiovascolari nelle fasce di popolazione più anziane. Questo evidenzia il notevole impatto sociale e sanitario della malattia. MECCANISMI PATOLOGICI DELLA BPCO Tra i principali fattori di rischio per lo sviluppo della BPCO troviamo: Fumo di sigaretta, il più rilevante. Inquinanti ambientali, inclusi gas e particelle tossiche. Infezioni respiratorie ricorrenti, soprattutto nell’infanzia. Condizioni avverse nella vita prenatale o neonatale, come il parto prematuro o malformazioni bronchiali. Bronchiti recidivanti durante l’età giovanile. Questi fattori contribuiscono a innescare processi patologici come lo stress ossidativo e una risposta infiammatoria prevalentemente neutrofila, che aggravano il danno polmonare. Sebbene BPCO e asma siano patologie distinte, possono verificarsi casi di sovrapposizione, nota come ACOS (Asthma-COPD Overlap Syndrome). Questo si verifica quando un paziente asmatico, esposto a fattori come il fumo di sigaretta, sviluppa caratteristiche tipiche della BPCO. È importante, tuttavia, considerare BPCO e asma come due condizioni separate, poiché presentano differenze sia nei meccanismi fisiopatologici sia nella gestione terapeutica. Tuttavia, nei pazienti con predisposizione infiammatoria preesistente, l’aggiunta di esposizioni nocive, come il fumo, agisce come un acceleratore del danno, aggravando il decorso clinico. L’asma e la BPCO, pur condividendo alcuni sintomi, hanno caratteristiche molto diverse. Nell’asma, l’infiammazione delle vie aeree è prevalentemente eosinofila, e il quadro ostruttivo è variabile, con miglioramenti Malattie dell’apparato respiratorio significativi dopo l’uso di broncodilatatori. Al contrario, nella BPCO l’infiammazione è di tipo neutrofilo e cronico, con attivazione di citochine come IL-17 e IL-8, e l’ostruzione è persistente e non reversibile. Un aspetto importante nella patogenesi della BPCO è lo squilibrio tra il sistema proteasi e il sistema antiproteasi. Un deficit di alfa-1-antitripsina, ad esempio, contribuisce al danno strutturale nei polmoni. Questo squilibrio, insieme allo stress ossidativo indotto da fattori esterni come il fumo di sigaretta, porta a diverse alterazioni patologiche, tra cui: Disfunzione endoteliale Rimodellamento vascolare Ipersecrezione di muco Queste alterazioni determinano le principali manifestazioni cliniche della BPCO. Negli alveoli normali, gli scambi gassosi avvengono in modo efficiente: l’ossigeno è trasportato ai tessuti e l’anidride carbonica è eliminata. Tuttavia, nella BPCO, la distruzione dei setti alveolari comporta una riduzione della superficie utile per gli scambi gassosi e, per la legge di Fick, della diffusività gassosa. Questa perdita di funzionalità si associa a: 1. Accumulo di muco, che ostruisce ulteriormente le vie aeree. 2. Riduzione del calibro delle vie aeree, causata dal rimodellamento bronchiale e dalla fibrosi cronica. Un altro elemento chiave è la perdita degli attachment alveolari, strutture che mantengono aperti i bronchi. Nella BPCO, questi attachment si rompono, causando il collasso dei bronchi e una riduzione dell’elasticità polmonare (aumento della compliance – si slarga senza ritorno elastico). Di conseguenza, il polmone diventa meno resistente e più suscettibile al collasso durante l’espirazione, peggiorando la ventilazione. Questo meccanismo è opposto a quello che si osserva nella fibrosi polmonare, dove il polmone è più rigido (maggiore elastanza) e si espande meno. Lo stress ossidativo gioca un ruolo fondamentale nella BPCO. È generato dall’attivazione di sistemi pro-ossidanti, come quelli indotti dal fumo di sigaretta, e contribuisce a: Danno ossidativo diretto ai tessuti polmonari. Infiammazione cronica, con il rilascio di citochine pro-infiammatorie. Distruzione dei setti alveolari (caratteristica dell’enfisema). Iperproduzione di muco (tipica della bronchite cronica). L’infiammazione nella BPCO è prevalentemente di tipo neutrofilo. Il fumo di sigaretta attiva l’epitelio bronchiale e stimola le cellule linfoidi innate di tipo 3 (ILC3 – ricordiamo che nell’asma avevamo le tipo 2), che rilasciano interleuchina-17 (IL-17 – rilasciata anche dai Th17). Questa, a sua volta, attiva i macrofagi, che producono: IL-1 beta IL-8, con un ruolo cruciale nella chemiotassi dei neutrofili. TNF-alfa, che amplifica l’infiammazione. Questo schema infiammatorio è diverso da quello dell’asma, dove predominano i linfociti Th2 e le citochine come IL-5. Nella BPCO, invece, sono coinvolti i linfociti Th17 e la IL- Malattie dell’apparato respiratorio 17, che promuove infiammazione cronica e danno tissutale, e la IL-8 con la sua azione chemiotattica. In particolar modo quello che avviene è l'attivazione della p39-MAPK che porta a produzione di NF-kB, con trasduzione genica pro-infiammatorio nel caso dell’enfisema. Tutto questo si traduce in stress ossidativo a carico dei polmoni e danno mitocondriale. Un altro elemento rilevante è rappresentato dai microRNA (miRNA), piccoli RNA non codificanti che regolano l’espressione genica. Nella BPCO, alcuni miRNA sono iperespressi o ipoespressi a causa dell’esposizione al fumo di sigaretta, contribuendo a: Peggioramento dell’infiammazione Progressione dell’enfisema Rimodellamento bronchiale e vascolare IL "GIOCO DELL'OCA" NELLA BPCO La BPCO può essere vista come il risultato di un percorso che inizia fin dalla nascita e si sviluppa attraverso diverse fasi della vita. Alla nascita, i principali fattori di rischio comprendono la predisposizione genetica, come il deficit di alfa-1-antitripsina, e le esposizioni prenatali, tra cui il fumo materno durante la gravidanza, che compromette il normale sviluppo polmonare del feto. Durante l’infanzia e l’adolescenza, il rischio aumenta in presenza di infezioni respiratorie ricorrenti o per l’esposizione a fumi industriali e inquinanti atmosferici. Infine, nell’età adulta, fattori come il fumo attivo e passivo, l’esposizione a pesticidi e inquinanti ambientali, e l’utilizzo di camini o stufe a legna contribuiscono ulteriormente allo sviluppo della malattia. FENOTIPI DELLA BPCO La BPCO è una patologia eterogenea che si manifesta principalmente in due fenotipi distinti, ciascuno con caratteristiche cliniche e funzionali specifiche. Il primo fenotipo è quello dell’enfisematoso, noto anche come "Pink Puffer" (uomo a sinistra). Questi pazienti presentano un aspetto magro e longilineo, con un colorito roseo. Dal punto di vista patologico, predominano l’enfisema panlobulare e la distruzione diffusa dei setti alveolari, che portano a una significativa riduzione della superficie di scambio gassoso. I sintomi principali includono una dispnea marcata, mentre la produzione di muco è minima o assente. A livello funzionale, si riscontra un aumento del volume residuo per l’intrappolamento d’aria e una marcata riduzione della capacità di diffusione alveolo-capillare del CO (DLCO), causata dalla perdita della superficie di scambio. Può avere come causa un deficit di alfa-1-antitripsina, una proteina prodotta dal fegato che inibisce l’azione distruttiva delle elastasi neutrofile a livello polmonare. In caso di deficit, l’eccessiva attività di queste proteasi porta alla distruzione dei setti alveolari e alla compromissione della funzione polmonare. I pazienti con deficit di alfa-1-antitripsina possono manifestare sia danno polmonare (enfisema) sia epatico (cirrosi). La diagnosi si basa sul dosaggio sierico dell’alfa-1-antitripsina, associato a test genetici per identificare varianti deficitare come Z, S o Null. Se il paziente è sano avrà alleli MM, se portatore ad esempio MZ, se colpito dalla patologia ZZ. È fondamentale controllare anche la PCR per escludere falsi positivi dovuti a stati infiammatori (l’alfa-1-antitripsina è una proteina dell’infiammazione). Malattie dell’apparato respiratorio Il secondo fenotipo è quello del bronchitico cronico, o "Blue Bloater" (uomo a destra). Questi pazienti hanno un aspetto più robusto e sovrappeso, con un colorito tendenzialmente cianotico. La patologia predominante è la bronchite cronica, associata a enfisema centrolobulare e iperproduzione di muco, che causa ostruzione delle vie aeree di piccolo calibro. I sintomi principali comprendono tosse cronica ed espettorazione abbondante. Funzionalmente, si osserva un’iperinsufflazione meno marcata rispetto ai pazienti enfisematosi e una riduzione moderata della DLCO. È generalmente caratterizzato da obesità, frequente produzione di muco purulento e maggiore predisposizione a malattie cardiovascolari come ipertensione, diabete, scompenso cardiaco e stress ossidativo. Spesso questi pazienti possono sviluppare anche la sindrome delle apnee ostruttive del sonno (OSAS), definendo un quadro di "overlap syndrome" (BPCO + OSAS), che comporta un aumento della morbilità e richiede un approccio multidisciplinare. DIAGNOSTICA FUNZIONALE NELLA BPCO La diagnosi funzionale della BPCO si basa su test mirati a valutare la gravità dell’ostruzione e il grado di compromissione polmonare. La spirometria forzata è il test di base, evidenziando un pattern ostruttivo con FEV1/FVC (indice di Tiffeneau) inferiore al 70%, non reversibile dopo l’uso di broncodilatatori (test di reversibilità). Questo distingue la BPCO dall’asma, dove l’ostruzione è invece spesso reversibile. Un altro esame fondamentale è la misurazione del volume residuo, che risulta aumentato nei pazienti con BPCO per l’intrappolamento d’aria e l’iperinsufflazione polmonare. Nei pazienti enfisematosi, è importante anche valutare la DLCO, che risulta ridotta a causa della perdita della superficie di scambio gassoso. La diagnosi di BPCO si basa, quindi, su: 1. Spirometria forzata, che evidenzia un rapporto FEV1/FVC < 70%, indicativo di un pattern ostruttivo. 2. Test di reversibilità, per distinguere la BPCO dall’asma (non reversibile nella BPCO). 3. Valutazione della diffusione alveolo-capillare del CO (DLCO), utile nei casi con enfisema predominante. Sintomi e fattori di rischio La sintomatologia della BPCO include: - Dispnea persistente, aggravata dall’esercizio fisico; - Tosse cronica, spesso con espettorato; - Sibili ricorrenti; - Frequenti infezioni respiratorie. I fattori di rischio comprendono il fumo di sigaretta (attivo o passivo), l’inalazione di fumi, vapori o gas irritanti e, in alcuni casi, condizioni genetiche come il deficit di alfa-1-antitripsina. La gravità della BPCO si stratifica secondo i criteri GOLD, basati sul FEV1 post-broncodilatatore: - GOLD 1 (lieve): FEV1 ≥ 80% - GOLD 2 (moderata): 50% ≤ FEV1 < 80% - GOLD 3 (grave): 30% ≤ FEV1 < 50% - GOLD 4 (molto grave): FEV1 < 30% Nonostante la classificazione GOLD aiuti nella stratificazione della gravità, la scelta terapeutica si basa prevalentemente sulla sintomatologia e sul rischio di esacerbazioni, piuttosto che sulla sola funzione polmonare. APPROCCIO DIAGNOSTICO E GESTIONE DEL PAZIENTE CON RIACUTIZZAZIONE Dopo aver eseguito una spirometria per diagnosticare la BPCO, è essenziale completare il quadro clinico con: 1. RX torace: Malattie dell’apparato respiratorio o Può mostrare segni di enfisema (ipertrasparenza, perdita della trama broncovascolare, appiattimento degli emidiaframmi, aumento dello spazio retrosternale). o Consente di escludere polmonite, versamenti pleurici o altre complicanze. 2. TAC torace ad alta risoluzione (HRCT): o Documenta l’entità e il tipo di enfisema (panlobulare o centrolobulare). o Valuta la presenza di bronchiectasie o altre anomalie strutturali. 3. Analisi emogasanalitica (EGA): o Utile per valutare l’insufficienza respiratoria (tipo I: ipossiemica; tipo II: ipossiemica + ipercapnica). o Permette di monitorare il compenso acido-base e l’efficacia della terapia. Enfisematoso --- Bronchitico cronico Riacutizzazioni della BPCO Le riacutizzazioni rappresentano un aggravamento acuto e transitorio della sintomatologia respiratoria, spesso causato da infezioni (virali o batteriche) o esposizioni ambientali. Manifestazioni tipiche: Peggioramento della dispnea Aumento del volume e della purulenza dell’espettorato Possibile desaturazione dell'ossigeno Diagnosi differenziale della riacutizzazione È fondamentale escludere altre cause: 1. Polmonite: infiltrati all'RX torace 2. Embolia polmonare: aumento del D-dimero e, se necessario, angio-TAC 3. Scompenso cardiaco: ecocardiografia e dosaggio del BNP/proBNP 4. Infarto miocardico: ECG e troponina 5. Versamento pleurico: confermato con RX o ecografia toracica Fondamentale è l’emogasanalisi per capire quanto è l’insufficienza respiratoria. Importante valutare le comorbilità perché più ne ha e maggiore è il rischio che finisca in ospedale. Gestione della riacutizzazione La terapia si basa sulla gravità del quadro clinico: 1. Ossigenoterapia controllata: o Obiettivo: saturazione tra 88%-92% per evitare ipercapnia in pazienti con ipoventilazione cronica. 2. Ventilazione non invasiva (NIV): o Indicata in caso di insufficienza respiratoria tipo II (acidosi respiratoria con pH < 7,35). 3. Broncodilatatori: o Beta2-agonisti a breve durata d’azione (salbutamolo) e anticolinergici (ipratropio). 4. Corticosteroidi sistemici: o Prednisone 30-40 mg/die per 5-7 giorni, utili per ridurre l’infiammazione bronchiale. 5. Antibiotici (se sospetta infezione batterica): Malattie dell’apparato respiratorio oIndicati in caso di espettorato purulento o segni di infezione sistemica. Scelta basata sui patogeni più comuni: Haemophilus influenzae, Streptococcus pneumoniae, Moraxella catarrhalis. Farmaci da evitare 1. Betabloccanti non selettivi: o Possono peggiorare il broncospasmo. Se necessari, utilizzare beta1-selettivi (es. bisoprololo). 2. Bicarbonato di sodio: o Controindicato per l'acidosi respiratoria compensata; può aggravare l'acidosi intracellulare. Caso clinico Un paziente di 68 anni, fumatore, presenta dispnea acuta e peggioramento dell’espettorato. EGA mostra ipossiemia (PaO2 48 mmHg), ipercapnia (PaCO2 53 mmHg) e acidosi respiratoria (pH 7,28). Il paziente presenta quindi insufficienza respiratoria di tipo con acidosi respiratoria. Terapia: Inserire NIV per migliorare gli scambi gassosi. Somministrare broncodilatatori inalatori e corticosteroidi. Se presente espettorato purulento, avviare terapia antibiotica. Non bisogna somministrare bicarbonato in quanto andrebbe a causare un danno cellulare legato ad ingresso di CO2 nelle cellule con acidosi cellulare. Ha senso nella chetoacidosi (acidosi metabolica) È fondamentale non somministrare antagonisti beta 1 non selettivi, come il propranololo, poiché andrebbe in parte a legarsi anche con i recettori beta 2, inducendo vasocostrizione anziché dilatazione. Terapia della BPCO Quando si ha davanti un paziente con una riacutizzazione della BPCO, la prima cosa da fare è valutare la gravità del quadro clinico. Un segno comune è l’aumento della dispnea, spesso accompagnato da un'espettorazione più abbondante e purulenta. Questo potrebbe indicare un’infezione batterica, ma è importante confermare il sospetto con ulteriori esami. Si osservano spesso alterazioni nei gas ematici, come ipossiemia e ipercapnia, che ci aiutano a capire quanto sia compromesso il paziente. Una volta stabilito che ci troviamo di fronte a una riacutizzazione, si passa a gestire il paziente in modo mirato. L’ossigenoterapia è un pilastro fondamentale, ma deve essere somministrata con cautela: l’obiettivo è mantenere una saturazione tra il 90% e il 92%, evitando l’ipossiemia senza indurre ipercapnia. In molti casi si aggiungono broncodilatatori a breve durata d'azione, come i beta-agonisti o gli anticolinergici, per migliorare rapidamente il flusso d'aria. Il cortisone sistemico è un altro trattamento chiave. Un ciclo di cinque giorni è generalmente sufficiente e non richiede un progressivo scalaggio. In presenza di segni di infezione batterica, come il peggioramento della qualità dell'espettorato o febbre, si Malattie dell’apparato respiratorio introducono antibiotici mirati, soprattutto se ci sono segni di replicazione batterica significativa. Nei casi più gravi, in cui il paziente presenta acidosi respiratoria scompensata, si considera la ventilazione non invasiva (NIV). Questa strategia è particolarmente indicata quando il pH scende sotto 7,35 o ci sono segni di grande fatica respiratoria e dispnea grave. La NIV aiuta a ridurre l'ipercapnia e a migliorare la ventilazione senza dover ricorrere immediatamente all'intubazione. Tuttavia, se nonostante tutti questi interventi il paziente non migliora, si deve passare alla ventilazione meccanica invasiva. Questo accade, ad esempio, in caso di instabilità emodinamica, confusione o coma, o se si rilevano aspirazione di secrezioni e ipossiemia persistente. Una volta superata la fase acuta, l’attenzione si sposta sulla prevenzione di ulteriori riacutizzazioni. È fondamentale ottimizzare la terapia domiciliare del paziente, che spesso comprende broncodilatatori a lunga durata d'azione, steroidi inalatori se indicati e, nei casi più avanzati, ossigenoterapia domiciliare. L’obiettivo è ridurre il rischio di ulteriori episodi, perché ogni riacutizzazione rappresenta un pericolo per la prognosi del paziente. Nel management di un paziente con una riacutizzazione della BPCO, è fondamentale prima di tutto valutare la gravità della situazione. In caso di episodi meno gravi, si può iniziare con il trattamento di supporto, come l’ossigenoterapia, aggiungendo anche broncodilatatori a breve durata d'azione, come quelli utilizzati per trattamenti di seduta, in modo da ottenere una risposta rapida e migliorare la ventilazione. Un altro intervento utile in questi casi è l’impiego di cortisone sistemico, che viene somministrato per un periodo di 5 giorni senza la necessità di un ridotto scalaggio, visto che può avere effetti rapidi ed efficaci. Se il paziente presenta segni di infezione batterica, come un’espettorazione purulenta o febbre, l'antibiotico è indicato per trattare la possibile causa infettiva. Per i pazienti con acidosi respiratoria, una delle prime indicazioni è l'uso della ventilazione non invasiva (NIV), che è utile in particolare quando il pH scende sotto 7,35, quando la dispnea è grave, o se si osservano alterazioni dello stato mentale o segni di affaticamento muscolare. La NIV aiuta a migliorare la ventilazione, riducendo l’ipercapnia senza dover ricorrere immediatamente all’intubazione. Se nonostante il trattamento con NIV il paziente continua a deteriorarsi, si passa alla ventilazione invasiva, come l'intubazione, che è necessaria in caso di insufficienza respiratoria grave, coma, aspirazione di secrezioni o instabilità emodinamica. In queste situazioni, la ventilazione invasiva diventa fondamentale per garantire un supporto respiratorio adeguato. Un altro aspetto importante della gestione riguarda i pazienti con un volume residuo polmonare elevato, come quelli con un’iperinsufflazione, in cui si deve fare attenzione alla peep intrinseca (pressione positiva intrinseca), che è la resistenza che l’aria incontra durante l’espirazione. In questi casi, è necessario regolare i parametri della ventilazione meccanica per far fronte a questa resistenza, aumentando la PEEP (pressione positiva di fine espirazione anche detta EPAP) per Malattie dell’apparato respiratorio facilitare l'espulsione dell’aria. L'ecografia del diaframma è un altro strumento utile in questi pazienti. In pazienti con BPCO grave, il diaframma può essere schiacciato dall'iperinsufflazione e quindi non essere in grado di eseguire una buona escursione. Migliorando l'insufflazione polmonare, si dovrebbe osservare una ripresa della funzione del diaframma. Trattamento domiciliare Una volta superata la fase acuta, il paziente deve essere monitorato anche nella fase di dimissione. È essenziale ottimizzare il trattamento domiciliare per prevenire nuove riacutizzazioni, che sono particolarmente rischiose nei pazienti con scarsa attenzione polmonare, come quelli con disfunzioni respiratorie o una predisposizione all'insufficienza respiratoria. Una terapia domiciliare mirata a migliorare il controllo della BPCO, che includa broncodilatatori, corticosteroidi inalatori, e in alcuni casi ossigenoterapia, è cruciale per ridurre il rischio di nuove crisi. Questo approccio è fondamentale per migliorare la qualità della vita e ridurre la mortalità nei pazienti con BPCO grave. La BPCO, con il suo circolo vizioso, può portare a un progressivo peggioramento della funzionalità polmonare e della qualità della vita del paziente. La riacutizzazione, infatti, determina un ulteriore danno ai polmoni, riducendo la capacità respiratoria e causando un aumento della dispnea. Questo, a sua volta, porta a una riduzione dell’attività fisica, che contribuisce a un peggioramento delle condizioni generali e a un isolamento sociale e psicologico, portando a depressione e altre complicazioni. Il ciclo si ripete, aumentando il rischio di nuove riacutizzazioni e di mortalità. Pertanto, l’obiettivo del trattamento è quello di prevenire queste riacutizzazioni, ridurre i sintomi e migliorare la qualità della vita. Approcci terapeutici Gli approcci terapeutici per la gestione della BPCO si dividono in farmacologici e non farmacologici. o Tra gli approcci farmacologici, troviamo i farmaci broncodilatatori (sia a breve che a lunga durata d'azione), i corticosteroidi inalatori (ICS) e, nei casi selezionati, i farmaci anti-infiammatori o macrolidi. o Gli approcci non farmacologici includono la sospensione del fumo (fondamentale per fermare il circolo vizioso), l'ossigenoterapia, la ventilazione non invasiva (NIV) e la riabilitazione polmonare. Quest'ultima si è rivelata particolarmente efficace nel ridurre la mortalità e migliorare la sopravvivenza del paziente con BPCO, poiché aiuta a migliorare la capacità polmonare e a ridurre la fatica muscolare. La riabilitazione, quindi, è uno degli strumenti più utili per gestire la BPCO. Inoltre, per evitare il peggioramento delle condizioni, la gestione farmacologica deve essere individualizzata in base alla gravità dei sintomi e alla frequenza delle riacutizzazioni. Malattie dell’apparato respiratorio A partire dal “grafico” che porta sulle ordinate il grado della sintomatologia e sulle ascisse il numero delle riacutizzazioni, sono state individuate diverse terapie farmacologiche divise in A, B e un terzo tipo detto E costituito dall’unione dei precedenti tipi C e D. Ad esempio, nel gruppo A (pazienti con pochi sintomi e poche riacutizzazioni), è indicato l’uso di broncodilatatori a lunga durata d'azione (LAMA). Nel gruppo B (pazienti con sintomi e poche riacutizzazioni), si consiglia la combinazione di LAMA e LABA (duplice terapia). Per i pazienti con sintomi severi e frequenti riacutizzazioni, può essere necessario aggiungere un ICS, specialmente se vi è una componente infiammatoria, come quella da eosinofili, che può essere trattata con i corticosteroidi. In questi casi, l’associazione tra LABA e ICS è fondamentale. Comorbilità La gestione delle riacutizzazioni deve anche tenere conto delle comorbilità, poiché i pazienti con BPCO hanno una maggiore incidenza di malattie cardiovascolari, come lo scompenso cardiaco, la fibrillazione atriale e l’ipertensione polmonare. Il trattamento non deve limitarsi ai polmoni, ma deve considerare l’intero stato di salute del paziente, in particolare il sistema cardiovascolare. Follow-up La scelta della terapia per la BPCO deve essere personalizzata e va rivalutata regolarmente, anche nel follow-up, per ottimizzare i trattamenti. La terapia di base include broncodilatatori a lunga durata d'azione (LAMA) o la combinazione di LAMA e LABA. Tuttavia, in base ai sintomi e alla frequenza delle riacutizzazioni, il trattamento può essere modificato. Ad esempio, se il paziente ha un elevato numero di eosinofili (oltre 300), si può aggiungere un corticosteroide inalatorio (ICS), mentre se i sintomi peggiorano o si verificano ulteriori riacutizzazioni, la terapia va adattata, utilizzando combinazioni di broncodilatatori e corticosteroidi, oppure incrementando la terapia. Da notare che la triplice terapia è uguale a quella dell’asma severa, ma l’aggiunta dei farmaci è invertita (nell’asma si partiva dall’ICS, si aggiungeva il LABA e poi il LAMA; nella BPCO si usa prima il LAMA, a cui si aggiunge poi il LABA e infine se necessario l’ICS) La gestione delle riacutizzazioni è cruciale, e i corticosteroidi sistemici possono essere utili, ma bisogna valutare attentamente i rischi, soprattutto nei pazienti con infezioni o predisposizione a polmoniti. Nei pazienti che sono ex fumatori o che hanno frequenti riacutizzazioni, l’uso di corticosteroidi sistemici è più giustificato, mentre per i pazienti con una storia di infezioni batteriche frequenti, i corticosteroidi potrebbero essere controindicati, in quanto aumentano il rischio di infezioni polmonari (essendo di fatto immunosoppressori). Studi e ricerche sul trattamento farmacologico La gestione della BPCO si è evoluta considerevolmente negli ultimi anni, soprattutto con l’introduzione della triplice terapia e di trattamenti biologici mirati. La triplice terapia si è rivelata efficace nel ridurre le riacutizzazioni e nel migliorare la funzione polmonare, specialmente nei pazienti con alti livelli di eosinofili (oltre 300). È stato dimostrato che questa combinazione terapeutica può anche ridurre la mortalità nei pazienti con BPCO grave, come evidenziato dallo studio IMPACT, che ha utilizzato fluticasone e vilanterolo, e dallo studio Malattie dell’apparato respiratorio ETHOS, che ha impiegato budesonide e formoterolo. In questi studi, l’aggiunta di un ICS alla combinazione di LAMA e LABA ha portato a un miglioramento significativo delle condizioni respiratorie, riducendo le riacutizzazioni e migliorando la qualità della vita del paziente. Un altro aspetto importante riguarda l’uso di dispositivi inalatori. I dispositivi usati nella terapia inalatoria sono progettati per raggiungere anche le aree periferiche dei polmoni, ossia quelle più distali e difficili da trattare. Questi dispositivi permettono una distribuzione più omogenea del farmaco nelle vie respiratorie, inclusi i bronchi periferici, che sono fondamentali per una ventilazione adeguata del polmone. Questo miglioramento nella distribuzione dei farmaci può quindi migliorare l’efficacia del trattamento, in particolare nei pazienti con un coinvolgimento polmonare più grave. Passando ai trattamenti biologici, attualmente l’unico farmaco biologico approvato per la BPCO è il dupilumab, un anticorpo monoclonale che blocca il recettore dell’interleuchina 4 (IL-4) e dell’interleuchina 13 (IL-13). Questo trattamento è stato approvato solo per i pazienti con BPCO che presentano alti livelli di eosinofili nel sangue (superiori a 300 cellule per microlitro). Il dupilumab agisce riducendo l’infiammazione causata da queste citochine, che sono coinvolte nell’attivazione delle risposte immunitarie e infiammatorie nel polmone. Studi clinici hanno dimostrato che dupilumab è in grado di ridurre le riacutizzazioni e migliorare la funzione respiratoria in pazienti con alti livelli di eosinofili, ma non è efficace nei pazienti con eosinofili bassi, poiché il suo meccanismo d’azione è focalizzato su una specifica forma di infiammazione. Inoltre, è in fase di studio un altro biologico, l’itepekimab, che mira a bloccare l'interleuchina 33 (IL-33), una citochina coinvolta nella risposta infiammatoria e nella patogenesi della BPCO. L’inibizione di IL-33 potrebbe essere utile per i pazienti con esposizione a fattori ambientali come il fumo di sigaretta o inquinamento, che danneggiano l’epitelio delle vie respiratorie e favoriscono la produzione di mediatori infiammatori. Tuttavia, al momento l’inibizione di IL-33 non è ancora stata approvata, e sono in corso studi per valutarne l'efficacia. Terapia non farmacologica Infine, in alcuni casi selezionati, si ricorre alla chirurgia di riduzione del volume polmonare (LVR, lung volume reduction surgery). Questa chirurgia è indicata nei pazienti con BPCO avanzata, in particolare quando un segmento del polmone non contribuisce più significativamente alla ventilazione. La chirurgia prevede l'inserimento di valvole bronchiali che bloccano l’ingresso dell’aria nelle zone polmonari danneggiate, indirizzando l’aria verso le aree sane del polmone. Le valvole vengono inserite tramite un intervento endoscopico, e il loro obiettivo è ridurre il volume del polmone non funzionante, migliorando così la ventilazione nelle aree polmonari che sono ancora efficienti. È fondamentale, prima di procedere con questo trattamento, essere sicuri che il segmento polmonare che verrà escluso non contribuisca più in modo significativo alla respirazione. Questo intervento può risultare utile per i pazienti che non rispondono ai farmaci e presentano gravi difficoltà respiratorie.