Lezione 17 (16-11-2023) - Biologia Muscolare - PDF

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Università di Ferrara

2023

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biologia muscolare distrofina fisiologia muscolare contrazione muscolare

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Appunti della lezione di biologia muscolare del 16 novembre 2023. Viene spiegata l'importanza della distrofina e dei costameri nel funzionamento dei muscoli, il meccanismo della contrazione muscolare, i fattori regolatori come ATP e calcio, nonché il ruolo del reticolo sarcoplasmatico nel rilascio del calcio.

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Lezione 17, 16/11/2023 Ripresa della lezione precedente Nella scorsa lezione si è parlato della rilevanza dei sistemi proteici come la distrofina e i costameri. Se questi complessi non funzionano in modo corretto o sono alterati, si possono, infatti, avere diversi problemi a livello muscolare che...

Lezione 17, 16/11/2023 Ripresa della lezione precedente Nella scorsa lezione si è parlato della rilevanza dei sistemi proteici come la distrofina e i costameri. Se questi complessi non funzionano in modo corretto o sono alterati, si possono, infatti, avere diversi problemi a livello muscolare che sono caratterizzati da una degenerazione delle fibre muscolari, le quali presentano molti danni causati dalle sollecitazioni meccaniche a cui la cellula è sottoposta. La patologia più grave e nota è la distrofia di Duchenne che è legata a mutazioni nel gene della distrofina; queste riguardano il gene che è localizzato a livello del cromosoma X e quindi risulta più evidente nei maschi. Patologia che, nel caso in cui non vengano fatte indagini prenatali, si scopre solo quando il bambino inizierà a camminare ed avrà difficoltà motorie. La gravità della patologia dipende dal punto in cui la distrofina risulta essere mutata, in quale parte; gli aspetti genetici saranno approfonditi in corsi successivi. Il meccanismo della contrazione Fattori regolatori della contrazione muscolare Due sono i fattori fondamentali per la contrazione muscolare: ATP e calcio. L’ATP fornisce energia necessaria alla contrazione mentre il calcio, è quello ione che variando la sua concentrazione a livello cellulare determina l’attivazione del processo di contrazione. 1. Nel punto numero 1 si vede il muscolo a riposo, ciò può essere stabilito in quanto la testa della miosina non è agganciata all’actina, si ricorda infatti che per far scorrere i filamenti sottili di actina su quelli di miosina è necessario che ci sia un aggancio da parte della testa di miosina con l’actina. In questa condizione di riposo la miosina presenta, legati a sé, i prodotti che derivano dalla degradazione dell’ATP, nonché ADP e un gruppo fosfato; 2. La contrazione viene scatenata quando aumenta la concentrazione di calcio. Nel momento in cui si assiste ad un incremento nella concentrazione di calcio a livello citoplasmatico si assiste all’interazione della testa della miosina con il filamento di actina. Questa interazione determina due eventi fondamentali: il rilascio da parte della miosina di ADP e del gruppo fosfato e una modifica conformazionale della proteina per cui la testa della miosina si inclina verso il centro del sarcomero trascinando con sé il filamento sottile di actina; 3. Nel momento in cui l’ATP si va a legare alla testa della miosina si ha il distacco del filamento sottile di actina dalla testa della miosina, inoltre l’ATP, a questo punto, viene degradato e nella sua degradazione troviamo nuovamente ADP e gruppo fosfato legati alla testa della miosina. 1 Questo determina il ripiegamento della testa della miosina la quale tornerà dalla condizione inclinata alla condizione di riposo. La degradazione dell’ATP è possibile in quanto la testa della miosina ha attività ATPasica; quindi è in grado sia di utilizzare ATP sia di degradarla. Si tratta di un processo che avviene ciclicamente e che interessa tutte le teste del filamento spesso. L’importanza dell’ATP spiega la rigidità post mortem, il rigor mortis cioè la rigidità muscolare dopo la morte. Questa è dovuta al fatto che le cellule non producono più ATP e, non essendoci più ATP, la testa della miosina rimane agganciata al filamento sottile rimanendo quindi in uno stato di contrazione. Successivamente la rigidità viene persa nel momento in cui si attivano quei processi di degradazione interna legati alla morte: i lisosomi che si aprono e scoppiano portano alla fuoriuscita di enzimi degradativi che operano una degradazione che colpirà anche i filamenti proteici. Questo processo, siccome prevede l’intervento di enzimi, può avere una diversa durata e può variare anche a seconda dell’ambiente. Per esempio, in un ambiente rigido, molto freddo, gli enzimi lavorano più lentamente e quindi la rigidità muscolare può essere preservata più a lungo, mentre in un ambiente più caldo possono lavorare in maniera più rapida. Nella foto si può vedere la testa della miosina che effettua il movimento ciclicamente, andando ad agganciare e trascinare il legamento sottile, ogni ciclo da uno spostamento di circa 10 nm. Il ruolo del calcio Parlando del filamento sottile è stata descritta la sua composizione: è costituito da 2 filamenti avvolti da actina filamentosa (ogni pallina è costituita da una molecola di actina, in particolare è una catena proteica detta actina G per la sua forma globulare), associato a questi 2 filamenti ci sono altri 2 filamenti: uno di tropomiosina e uno di troponina (costituita da 3 molecole di troponina: troponina I, troponina C, troponina D). Guardando una schematizzazione del filamento spesso di miosina in sezione trasversale: si nota la testa della miosina che sporge dal filamento spesso ed il filamento di actina con i diversi componenti: actina, tropomiosina e troponina. In particolare, la tropomiosina si trova in una posizione vicina al sito dell’actina, proprio in mezzo tra la zona della proteina actina che è in grado di legare la testa della miosina e la testa della miosina stessa. Nella foto riportata a lato, non c’è interazione tra filamento sottile e spesso, quindi si è in una situazione di riposo che coincide al momento in cui, a livello del sarcoplasma, il valore della concentrazione citoplasmatica del calcio è inferiore a 10-7 M. 2 Quando la concentrazione di calcio diventa superiore al valore di 10-7 M, il calcio è in grado di legare la troponina. Questo ha come effetto uno spostamento della tropomiosina dalla sua posizione di riposo, a sua volta ciò rende libero il sito di legame presente sull’actina per la testa della miosina e quindi può avvenire l’interazione descritta precedentemente tra miosina e actina. Quando il calcio arriva, la testa della miosina è in grado di interagire, in quanto il sito di legame per la testa della miosina sul filamento di actina non è più bloccato dalla presenza della tropomiosina. RIEPILOGANDO: Il calcio quando aumenta di concentrazione a livello sarcoplasmatico lega la troponina, si assiste ad una modifica del complesso troponina-tropomiosina, per cui la tropomiosina si sposta dalla sua posizione di riposo e ciò rende possibile l’interazione actina – miosina. La concentrazione di calcio è bassa nella condizione di riposo, al contrario alle alte concentrazioni nel momento dell’interazione, la quale scatenerà la contrazione. Il calcio è fondamentale in tutte le diverse tipologie di muscolo con le dovute variabilità. Il reticolo sarcoplasmatico liscio Il reticolo endoplasmatico liscio è un organello molto sviluppato a livello delle fibre muscolari e si trova ad avvolgere, nel sarcoplasma, le miofibrille. È costituito da una serie di tuboli longitudinali che seguono la lunghezza delle miofibrille. Questi si allargano e convogliano in una zona più ampia detta cisterna terminale sia a destra che a sinistra ed anche in un’altra cisterna, non così ampia ma formata da una serie di tubuli che si allargano, chiamata cisterna trasversale. Nell’insieme questo va a costituire il reticolo sarcoplasmatico della fibra muscolare. Le cisterne terminali si trovano in corrispondenza della zona di giunzione tra la banda A e la banda I Nell’immagine si nota il sarcolemma ed anche un altro componente importante che prende parte alla funzione del reticolo sarcoplasmatico: il Tubolo T. Il reticolo sarcoplasmatico è indicato in grigio ed è costituito da una serie di tuboli longitudinali, che non permettono di vedere le miofibrille. 3 Il tubolo T non è un componente del reticolo, ma è un’invaginazione tuboliforme della membrana plasmatica che va all’interno della cellula e che prende stretto contatto con le cisterne terminali. Questa regione costituita dal tubolo T e dalle 2 cisterne terminali, che si agganciano a questo è detta triade. Questa regione è fondamentale per la fase di rilascio del calcio, quindi quella che determina un incremento del calcio all’interno del citoplasma. In generale il reticolo sarcoplasmatico è importante per il calcio, perché concentra nel suo lume gli ioni calcio nei momenti di riposo della cellula; nel momento in cui, invece, viene scatena la contrazione, quindi la cellula si attiva, rilascia ioni calcio che andranno nel citoplasma aumentando la concentrazione. Gli elementi proteici che permettono al reticolo di accumulare e poi rilasciare calcio, sono le pompe per il calcio, quindi proteine che trasportano calcio contro gradiente. Trasportando il calcio contro gradiente hanno bisogno di energia, si tratta infatti di calcio ATPasi che consumano ATP per pompare nel lume del reticolo il calcio. Nel momento in cui invece il calcio deve essere rilasciato intervengono delle proteine canale. Nello schema si può notare la fibra muscolare, le miofibrille, il tubolo T, il reticolo sarcoplasmatico con le due cisterne terminali e quella intermedia ed anche la terminazione di un assone a contatto con la fibra muscolare, che contiene le vescicole con i neurotrasmettitori. Questo proprio a dimostrazione del fatto che, come si è detto, le fibre scheletriche si contraggono solo nel momento in cui ricevono uno stimolo di natura nervosa, quest’ultimo deriva dal sistema nervoso centrale in quanto stimoli guidati dalla volontà. La sinapsi neuromuscolare Quando uno stimolo nervoso arriva alla terminazione dell’assone, viene scatenato a livello del reticolo sarcoplasmatico lo stimolo per indurre l’apertura dei canali del calcio, i quali si concentrano in particolare nella zona delle triadi. Questa zona è una sinapsi tra una fibra nervosa e una muscolare che prende il nome di sinapsi neuromuscolare o giunzione neuromuscolare o placca motrice. La foto superiore è di microscopia elettronica a scansione, quella sottostante di microscopia ottica. Si può notare un assone e anche la terminazione assonica che si ramifica vicino all’organo bersaglio, in questo caso la cellula effettrice. L’assone è rivestito in genere da guaine mieliniche, che si interrompono in vicinanza 4 della fibra muscolare, dando spazio alle ramificazioni dell’assone. Osservando la foto si può notare come la porzione espansa dell’assone viene accolta in un’invaginazione a livello della membrana della fibra muscolare. Questa invaginazione è detta fessura sinaptica primaria, ma la membrana poi si ripiega ulteriormente andando a creare le fessure sinaptiche secondarie. All’interno dell’assone troviamo le strutture tipiche di un terminale presinaptico, quindi mitocondri e vescicole con neurotrasmettitori. Nella foto è riportata una sezione trasversale della giunzione, con la freccia in alto sono indicate le vescicole. Attivazione della contrazione muscolare 1) Quando la depolarizzazione, quindi lo stimolo elettrico che percorre l’assone, giunge a livello della terminazione nervosa ha come effetto, a livello della terminazione, di aprire dei canali per il calcio che dipendono dal voltaggio detti voltage opereted channel; 2) L’apertura di questi canali fa entrare calcio e questo scatena l’esocitosi del neurotrasmettitore. Nel muscolo scheletrico, il neurotrasmettitore che induce la contrazione è l’acetil colina; 3) L’acetilcolina lega il recettore per l'acetilcolina, che è presente a livello della membrana muscolare. Questa interazione determina l’apertura, a livello della membrana, di canali per il sodio, che si trova in condizione di riposo quindi più concentrato all’esterno rispetto che all’interno e quindi si ha un influsso di sodio; 4) L’influsso di sodio determina una depolarizzazione della membrana che inizia in corrispondenza della placca motrice per poi propagarsi lungo tutta la membrana comprese le invaginazioni costituite dal tubolo T; 5) Quando la depolarizzazione giunge nel tubolo T, incontra delle strutture specifiche presenti nel tubolo: il recettore diidropiridinico, sensibile al voltaggio; 5 6) Il recettore diidropiridinico è in contatto fisico con un’altra proteina che è presente sulla membrana del reticolo sarcoplasmatico: il recettore rianodinico; si tratta più che di un recettore di un canale che può essere chiuso o aperto; 7) Nel momento in cui il recettore DHP sente la depolarizzazione che è giunta al tubolo T cambia la sua conformazione e, siccome è a contatto con il recettore rianodinico, apre il canale. A questo punto il calcio, che era concentrato nel lume del reticolo sarcoplasmatico viene rilasciato. Il calcio andrà a legare la troponina, spostare la tropomiosina e quindi favorire l’interazione che andrà a provocare la contrazione stessa. Patologie della placca motrice Sono molte le patologie legate alla placca motrice. Un esempio è la patologia di LEMS, una patologia autoimmune, in cui l’individuo produce degli anticorpi che sono contro i canali per il calcio a livello del terminale assonico. Non si ha quindi l’ingresso del calcio a livello dell’assone e quindi non viene rilasciato il neurotrasmettitore e ciò comporta la non attivazione di tutto il processo. Altra patologia sono gli avvelenamenti batterici. La tossina botulinica attacca le proteine SNARE, le quali favoriscono il processo di esocitosi, che in questo caso viene alterato, ne consegue debolezza muscolare, difficoltà nel movimento fino ad arrivare a paralisi dei muscoli respiratori e quindi alla morte. La Miastemia gravis, è un’altra patologia autoimmune; in questo caso non funziona il recettore per l'acetilcolina, che viene bloccato da un anticorpo non rendendolo più in grado di interagire con l'acetilcolina. Questa patologia interessa prevalentemente i muscoli a livello della testa e in alcuni casi poco gravi rimane a livello oculare, in altri casi ancora si estende a diversi muscoli del collo e della faccia. 6 Il differenziamento delle fibre muscolari Come le fibre nervose, non tutte le fibre muscolari sono uguali, esiste una prima grossa categoria tra - Fibre veloci o bianche: si chiamano così perché hanno una contrazione che avviene rapidamente ma breve. Le troviamo nel muscolo gran dorsale, nei tricipiti che hanno una contrazione più veloce ma che non deve essere, necessariamente, sostenuta nel tempo - Fibre lente o rosse hanno una contrazione più lenta ma che può essere più sostenuta nel tempo. Le troviamo nei muscoli della postura, per esempio, che devono mantenere la contrazione per lungo tempo ma non hanno bisogno di esercitare una forza molto rapida Alla base di questo comportamento ci sono variazioni nella tipologia di fibre e nei componenti che partecipano alla contrazione. Le fibre veloci, poiché devono contrarsi rapidamente, utilizzano un ATP prodotto in maniera molto veloce attraverso il processo della glicolisi anaerobia; poiché la contrazione dura poco l’ATP è necessaria in tempi rapidi ma non in elevatissima quantità. Per avere un’efficiente attivazione di ATP anaerobia, le cellule devono essere ricche di glucosio che tengono al loro interno attraverso depositi di glicogeno; poiché queste cellule utilizzano la glicolisi anaerobia non hanno necessità di un’elevata quantità di mitocondri. Al contrario le fibre lente hanno bisogno di molto ATP prodotto più lentamente durante la respirazione cellulare, per questo,sono ricche di mitocondri e hanno bisogno di un deposito di ossigeno che si accumula all’interno delle fibre grazie ad una proteina in grado di legare l’ossigeno, la mioglobina. Un’altra differenza tra le due tipologie riguarda le forme di miosina che svolgono l’attività ATPasica; in linea con il comportamento della cellula nel caso delle fibre veloci si ha un’attività ATPasica più veloce, al contrario nelle fibre lente l’attività ATPasica è più lenta. Le forme di miosina che intervengono nel processo di contrazione sono isoforme proteiche, cioè si tratta di due proteine che svolgono la stessa funzione ma con delle differenze a seconda di dove si trovano. In questa sezione istologia di immunoistochimica è stato utilizzato un anticorpo che evidenzia più scure le fibre bianche e più chiare le fibre rosse, in quanto si tratta di un anticorpo selettivo per la miosina con una certa attività ATPasica, in questo caso riconosce le fibre veloci e non quelle lente. In genere i muscoli hanno una composizione mista, è difficile trovare un muscolo con un solo tipo di fibre. La capacità riparativa dei muscoli La capacità riparativa del muscolo dipende da alcuni elementi cellulari che sono delle cellule allungate non differenziate e prive di miofibrille dette cellule satellite, che rappresentano una sorta di riserva di elementi 7 staminali per il muscolo e si attivano in particolari condizioni di necessità: quando devono essere sostituite delle fibre o devono essere riparati dei danni. Queste cellule si trovano appena fuori dal sarcolemma della fibra muscolare. Se abbiamo una fibra muscolare danneggiata si assiste ad un’attivazione delle cellule satellite che iniziano a proliferare per andare ad aumentare di numero, questi elementi cellulari poi si possono fondere con la fibra muscolare danneggiata andando a ricostituire gli elementi danneggiati, oppure possono fondersi tra di loro e risintetizzare le fibrille nonché i sarcomeri, le miofibrille, in generale tutto l’apparato contrattile costituendo così nuove fibre. Il processo è molto complesso, nonostante ciò, avviene in maniera molto comune senza eccessivi danni. L’unità motoria Si può vedere schematizzato un assone che con le sue ramificazioni prende contatto con diverse fibre muscolari. Se si immagina che questo assone sia stato attivato le fibre andranno a contrarsi in maniera sincrona in quanto ricevono lo stimolo dallo stesso assone, che si depolarizza alla stessa velocità. L’insieme di queste fibre va a costituire un’unità motoria, quindi l’insieme delle fibre che vengono innervate da unico motoneurone e che quindi si contraggono in maniera contemporanea. In base alla tipologia di muscolo e al movimento che uno specifico muscolo deve svolgere, le fibre che costituiscono le unità motorie possono essere poche o tante. Per esempio i muscoli della postura che devono effettuare movimenti grossolani presentano delle unità motorie con molte fibre perché non c’è bisogno di un controllo specifico della contrazione di piccoli gruppi di cellule. Al contrario nei muscoli oculari, nei muscoli della mano dove si devono svolgere movimenti più precisi si utilizzano delle unità motorie con un minor numero di fibre in modo che ci sia una regolazione nervosa più fine nell’attività globale del muscolo. L’organizzazione dei muscoli Come già visto con i nervi, anche nei muscoli, c’è del tessuto connettivo, abbinato alle terminazioni nervose e alle fibre muscolari. - Il tessuto connettivo che circonda l’intero muscolo è chiamato epimisio; - il perimisio è il connettivo che avvolge gruppetti di fibre muscolari; - l’endomisio è un sottile strato di connettivo lasso o addirittura reticolare che avvolge ogni singola fibra. 8 Le funzioni del connettivo sono diverse: funzione meccanica, funzione di sostegno, di protezione, di vascolarizzazione perché i muscoli non decorrono dentro ai vasi ma sempre nel tessuto connettivo e infine è sede di passaggio delle terminazioni nervose necessarie all’innervazione del muscolo stesso. Tessuto muscolare striato cardiaco La parete del cuore La parete del cuore è costituita da 3 parti: miocardio, epicardio ed endocardio. Tra queste la parte muscolare è quella che nella foto risulta più spessa, nonché il miocardio. A destra una sezione istologica a basso ingrandimento in cui si possono vedere i tre strati: epicardio, miocardio ed endocardio. Le cellule muscolari cardiache Dall’ingrandimento maggiore della sezione riportata sotto, possono essere individuati dei nuclei e quindi possono essere individuate le cellule muscolari cardiache. Le cellule muscolari cardiache o miocardiociti sono, rispetto alle cellule muscolari scheletriche, più piccole, hanno un diametro di circa 15 micron e una lunghezza di circa 80 micron. Per la loro grandezza necessitano di un solo nucleo che è posizionato centralmente, a differenza di quelle scheletriche, in cui il nucleo si trova sotto il sarcolemma. Una caratteristica delle cellule muscolari cardiache è la presenza tra una cellula e l’altra di giunzioni specializzate che corrispondono nella microscopia ottica alle zone più intensamente colorate che si interpongono tra una fibra e quella adiacente. Queste zone sono chiamate dischi intercalari o strie scalariformi. In questa sede si trovano delle giunzioni di ancoraggio quindi zonule adherens o desmosomi e delle giunzioni comunicanti o gap junction; queste ultime sono fondamentali nel regolare e sincronizzare l’attività del battito 9 cardiaco mentre le prime servono a mantenere la stretta adesione tra una cellula e l’altra durante la contrazione del muscolo. Nella seguente foto si possono vedere i dischi intercalari e le fibre. Si tratta di un muscolo striato perché presenta la tipica striatura trasversale lungo l’asse longitudinale, tipica delle fibre scheletriche. Nel caso in cui troviamo la striatura, l’apparato contrattile è il medesimo che troviamo nelle fibre scheletriche, quindi si hanno i filamenti spessi, i filamenti sottili e i sarcomeri. In questo schema è evidenziata la forma delle cellule cardiache muscolari, difficile da vedere in microscopia. I miocardiociti hanno solitamente un lato unico che poi si biforca per prendere contatto con le cellule adiacenti. Se si confrontano le sezioni trasversali delle fibre muscolari scheletriche (sinistra in basso) con quelle delle fibre muscolari cardiache (destra), si può notare che: Le fibre muscolari scheletriche, allo stesso ingrandimento, sono più grandi; Nelle sezioni trasversali delle fibre muscolari cardiache non è visibile il nucleo, essendo al centro (aspetto più tipico e caratteristico, ci sono sempre delle eccezioni). Si nota la zona del disco intercalare, si possono individuare moltissimi mitocondri, che spesso sono più numerosi rispetto alle fibre scheletriche e sono spesso allineati in lunghissime fibre all’interno della cellula. Sono distinguibili anche i sarcomeri, a differenza delle miofibrille, che non sono facilmente individuabili l’una rispetto all’altra perché la massa delle proteine è tendenzialmente più uniforme e tende a non fare sempre delle miofibrille distinguibili. Fibre muscolari cardiache viste in una sezione longitudinale. 10 Sezione di un disco intercalare anche detto stria scalariforme, poiché, se osservato al microscopio, assomiglia ad una scala, non è lineare. Nella sezione i desmosomi sono facilmente riconoscibili dalla loro placca densa sul lato citoplasmatico. Le gap junction si trovano nelle zone strettamente adese grazie alla presenza dei connessoni. La regione del disco è formata da tratti longitudinali e zone trasversali, che creano proprio come effetto finale quello di una scala. Nelle zone di adesione trasversale si trovano le zonule adherens mentre nel tratto longitudinale le giunzioni gap. Il reticolo sarcoplasmatico Per quanto riguarda il reticolo sarcoplasmatico, nella fibra muscolare cardiaca ci sono dei tuboli longitudinali, senza però delle zone tanto espanse come le cisterne, ma semplicemente i tuboli arrivati a ridosso del tubolo T si allargano leggermente, senza convogliare in un’unica cisterna. Questa zona è detta diade. La contrazione del muscolo cardiaco La contrazione avviene in maniera analoga al tessuto muscolare scheletrico, tramite lo scorrimento dei filamenti sottili su quelli spessi, anche se, anche nel muscolo cardiaco esistono delle forme di actina e miosina specifiche per il muscolo cardiaco. La contrazione è successiva alla depolarizzazione, che non deriva tanto da uno stimolo nervoso, che nel caso di questo muscolo ha più un ruolo regolatore, quanto invece dal muscolo stesso, che ha la capacità di autocontrarsi. Nel senso che ci sono gruppi di elementi cellulari che costituiscono il tessuto di conduzione: il nodo seno atriale,il nodo atrio ventricolare, il fascio di His e rete (o fibre) del Purkinje. Si tratta di gruppi di cellule muscolari che hanno la proprietà specifica di depolarizzare in maniera spontanea indipendentemente che siano stimolate o meno dal sistema nervoso. Questi elementi iniziano a depolarizzarsi in corrispondenza del nodo senoatriale, dove inizierà la contrazione a livello degli atri e poi progressivamente a livello del nodo atrio ventricolare passerà a tutti gli altri elementi. Questi elementi cellulari si depolarizzano ciclicamente e in modo spontaneo; tuttavia, non rappresentano tutta la totalità del miocardio, ma solo il cosiddetto miocardio specializzato o di conduzione, mentre gli altri elementi cellulari, si attivano a seguito del passaggio di ioni tra le cellule che depolarizzano spontaneamente e le cellule del miocardio comune. 11 La depolarizzazione della membrana del miocardio comune è garantita dalle giunzioni comunicanti. Nel momento in cui la membrana della fibra muscolare cardiaca si depolarizza, si assiste anche ad un ingresso di calcio; a differenza di quanto accadeva nelle fibre muscolari scheletriche in cui, dall’interazione dell’acetil colina con il recettore, si aprivano i canali sodio, non entrava, quindi, dall’esterno lo ione calcio, che veniva, invece, mobilizzato solo dal reticolo sarcoplasmatico. Nel caso del muscolo cardiaco a contribuire alla depolarizzazione e alla variazione di calcio a livello del citoplasma della cellula entrano in gioco dei canali per il calcio a livello della membrana e il calcio che entra a livello citoplasmatico determina anche un ulteriore rilascio di calcio dal reticolo sarcoplasmatico. Accoppiamento, eccitazione e contrazione del muscolo cardiaco Riprendendo il processo visto in precedenza: nel muscolo scheletrico in corrispondenza del tubolo T c’è il recettore diidropiridinico, e associato al reticolo sarcoplasmatico si ha il recettore rianodinico. Mentre a livello del muscolo cardiaco, durante la depolarizzazione, attraverso dei canali presenti sul sarcolemma, si ha un ingresso di sodio e di ioni calcio. Questi ioni possono o entrare, perché la cellula si sta autoeccitando nel caso del nodo seno atriale, oppure perché questi ioni derivano dalle cellule attive tramite le giunzioni comunicanti. Questo ha come effetto la depolarizzazione della membrana, che favorisce l’ingresso e l’apertura dei recettori diidropiridinici, che sono nel muscolo cardiaco dei canali per il calcio. Quindi c’è un iniziale depolarizzazione che ne favorisce una successiva proprio aprendo questi canali per il calcio. Il calcio che entra andrà a mobilizzare nuovo calcio dal reticolo sarcoplasmatico, in modo da aumentare la concentrazione di calcio nel sarcoplasma e quindi stimolare la contrazione. Il ritorno a riposo Una volta che la contrazione è avvenuta, si torna a riposo attraverso il recupero di calcio a livello del reticolo sarcoplasmatico tramite una proteina che pompa all’interno del reticolo il calcio, chiamata SERCA (smooth endoplasmic reticulum calcium ATPase). A livello di membrana gli ioni che avevano variato la loro distribuzione vengono riportati dalle proteine alle concentrazioni iniziali sui due lati della membrana. 12 Confronto tra i recettori delle fibre scheletriche e di quelle cardiache nel muscolo scheletrico c’è un contatto fisico diretto tra il recettore diidropiridinico del tubolo T e il recettore rianodinico della membrana del reticolo sarcoplasmatico; nel caso del muscolo cardiaco questi recettori non sono in contatto diretto, il recettore diidropiridinico è infatti un canale, non una proteina come nel caso della cellula muscolare scheletrica. Quando la membrana tende a depolarizzarsi, il recettore canale calcio si apre, favorendo l’ingresso all’interno della cellula di calcio. Questo ione calcio va a legare il recettore rianodinico portandolo da uno stato chiuso ad uno stato di apertura. Il calcio, a questo punto, esce anche dal reticolo sarcoplasmatico e si dirige nel citoplasma. Quindi la differenza fondamentale è nelle due proteine diidropiridiniche: nel caso della cellula muscolare scheletrica, questa cambiava conformazione e apriva il canale, mentre, nel caso della cellula muscolare cardiaca è di per sé un canale, che fa entrare calcio ed è proprio questo ione calcio è quello che determina l’apertura del recettore rianodinico sulla membrana. Tutte queste variazioni nel meccanismo sono anche responsabili delle variazioni elettriche che si riscontrano a livello del cuore. Innervazione a livello del muscolo cardiaco L’innervazione del muscolo cardiaco ha la funzione principale di modulare il battito, accelerandolo o rallentandolo. In questo caso c’è una differenza enorme tra il muscolo cardiaco e quello scheletrico, infatti se quest’ultimo si contrae soltanto nel momento in cui è raggiunto da una terminazione nervosa, quello cardiaco non necessariamente. I neurotrasmettitori fondamentali sono l’adrenalina e l’acetilcolina. L’adrenalina è quello che eccita, invece l’acetilcolina, diversamente dal muscolo scheletrico, inibisce la contrazione. La diversa funzionalità dell’acetil colina è data dalla presenza di un diverso recettore nel muscolo scheletrico rispetto al muscolo cardiaco. Nel muscolo scheletrico il recettore che determina un’attivazione del processo di contrazione è un recettore nicotinico che apre il canale sodio, mentre nel muscolo cardiaco il recettore è detto muscarinico che inibisce l’ingresso di calcio. L’adrenalina andrà a favorire la depolarizzazione e l’ingresso di ione calcio; l’acetilcolina andrà, al contrario, ad inibirla. 13 Anche in questo caso è sempre il calcio che viene coinvolto, l'acetilcolina andrà ad inibire l’ingresso di calcio mentre l’adrenalina lo favorisce, in maniera tale da inibire o accentuare la contrazione. Le cellule staminali cardiache Il cuore NON può essere rigenerato, se non in maniera estremamente limitata. Sono stati identificati elementi staminali a livello del cuore, ma se sono presenti danni particolarmente estesi, come può essere l’infarto del miocardio, non si ha una sostituzione delle cellule danneggiate con nuove cellule. Le zone che sono state danneggiate a livello del muscolo cardiaco vengono sostituite da connettivo, un tessuto cicatriziale che colma il vuoto che però non ha attività contrattile. Le cellule staminali sono state utilizzate in diversi trial clinici per verificare se potevano dare un qualche riscontro positivo o colmare il tessuto danneggiato, se iniettate a livello del cuore. I risultati sono stati estremamente variabili e quindi non si è arrivati ad una conclusione certa, sembra però che gli elementi staminali siano in grado di rilasciare delle molecole che potrebbero favorire o rallentare il processo degenerativo. Tessuto muscolare liscio Il tessuto muscolare liscio si trova nelle pareti degli organi che hanno la capacità di contrarsi, quindi in organi appartenenti all’apparato digerente, alle vie respiratorie, alle vie urinarie o nella parete dei vasi sanguigni e nei dotti escretori delle ghiandole. Si vede schematizzata la parete dell’intestino, dove si può notare in profondità uno strato diverso che è proprio il tessuto muscolare. Si nota in questa sezione trasversale di un’arteria uno strato di tessuto muscolare liscio. La proprietà generica, dal punto di vista della capacità contrattile del tessuto muscolare liscio, è che si tratta di un tessuto che si contrae più lentamente ma può sostenere più a lungo nel tempo la contrazione rispetto a quello scheletrico. Viene definito liscio, perché le fibre sono cellule che non presentano la striatura trasversale. Si tratta di cellule a forma di fuso quindi con estremità più ristrette e una porzione centrale più allargata. 14 La loro lunghezza è variabile dai 20 ai 500 micron; comunque, si tratta di una dimensione che richiede un unico nucleo, che è posto centralmente alla cellula. Questi elementi cellulari sono spesso uniti in gruppetti o fascetti di fibre muscolari dove le cellule non sono perfettamente allineate, ma sono sfalsate le une rispetto alle altre. In questa sezione istologica longitudinale si può notare il fatto che sono sfalsate perché i nuclei non sono allineati e ordinati. Sono fibre muscolari lisce con i nuclei allungati e allineati in genere secondo l’asse longitudinale della cellula. Tra le cellule c’è un leggero strato di connettivo molto lasso o di tipo molecolare. Queste cellule si possono distinguere da altri elementi cellulari come i fibroblasti per la loro grandezza più elevata rispetto a questi ultimi. Inoltre, sono cellule che rispetto ad altri tipi cellulari hanno un citoplasma molto colorato, in quanto hanno al loro intero l’intero apparato contrattile, quindi filamenti di actina e miosina. In questa immagine, nella sezione trasversale (in alto) si vedono le cellule con il nucleo al centro, questo non sempre è visibile. Sotto si vede la sezione longitudinale. Nell’immagine di destra si possono osservare: una sezione trasversale del tessuto muscolare scheletrico (sx) e una sezione trasversale del tessuto muscolare liscio (dx). Si notano le diverse dimensioni e le diverse colorazioni, che però sono date dal fatto che si tratta di due preparati completamente diversi. Spesso il muscolo liscio si trova nella parete degli organi e quindi si trova a costituire strati che hanno andamenti molto diversi: un andamento circolare e un andamento longitudinale (andamenti tipici nella parete dell’intestino). 15 I filamenti contrattili sono organizzati in maniera diversa rispetto al muscolo striato, in quanto non c’è la striatura trasversale; tuttavia, bisogna ricordare che alla base della contrazione anche di queste cellule c’è sempre un’interazione actina – miosina dove il calcio svolge il ruolo fondamentale di favorire la contrazione. Anche in questi elementi, inoltre, si ha uno scorrimento dei filamenti di actina e miosina, che però sono organizzati diversamente rispetto al tessuto muscolare striato. 16

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