L'Italiano Scritto USI, Regole E Dubbi riassunto PDF

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Università degli Studi di Messina

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linguaggio italiano grammatica italiana comunicazione scritta

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Questo documento riassume le regole e i dubbi su l'italiano scritto, focalizzandosi sulla tecnica di trasmissione linguistica e sulla distinzione tra testo orale e scritto nell'ambito dei corsi di laurea universitari.

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lOMoARcPSD|36924465 L’ Italiano Scritto USI, Regole E Dubbi riassunto Tecnica di trasmissione linguistica (Università degli Studi di Messina) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo....

lOMoARcPSD|36924465 L’ Italiano Scritto USI, Regole E Dubbi riassunto Tecnica di trasmissione linguistica (Università degli Studi di Messina) Scansiona per aprire su Studocu Studocu non è sponsorizzato o supportato da nessuna università o ateneo. Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 L’ITALIANO SCRITTO: USI, REGOLE E DUBBI CAPITOLO 1: SCRITTURA E TIPI DI TESTO 1- Che cos’è un testo? Possiamo definire “testo” qualsiasi meccanismo compiuto e dotato di scopo, ma noi ci concentreremo su due tipi di testo: quelli costituiti da materiale verbale e quelli scritti. Possiamo considerarli come reti i cui nodi sono tenuti insieme da corrispondenze e legami linguistici. Il testo scritto è però più simile ad un flusso lineare piuttosto che ad una rete: esso, infatti, ha un inizio ed una fine. La linearità dei testi scritti e la reticolarità di tutti gli altri testi convivono in un’organizzazione complessa: la linearità è superficiale; la reticolarità si pone su due livelli: coesione (sul quale si realizza come corrispondenza tra le due parti) e coerenza (sul quale si realizza come relazione semantica, logica e concettuale tra le parti del testo). Entrano in gioco anche altri principi costitutivi come l’intenzionalità e l’accettabilità. Queste però hanno a che fare con l’atteggiamento degli attori della comunicazione, ovvero lo scrivente-emittente e il lettore- ricevente. Essi devono collaborare per far sì che la comunicazione vada in porto. L’emittente esercita l’intenzionalità quando immagina il suo testo tenendo in mente chi sarà il suo lettore. Il ricevente esercita l’accettabilità quando si predispone all’accoglimento del testo: crearsi delle aspettative è una tappa fondamentale del processo perché solo in questo modo il ricevente può colmare alcune lacune (volontarie o involontarie) lasciate dall’emittente. Nello scritto, elementi di intenzionalità sono organizzazione visiva, scrittura chiara e giusto apporto tra spazi pieni e spazi vuoti. Il testo accresce la sua ragione di esistere man mano che accresce l’informatività, cioè l’originalità e l’imprevedibilità delle opinioni, informazioni, notizie e nozioni che esso contiene. Il grado di informazione non è assoluto, ma dipende dalle conoscenze pregresse del ricevente e dal suo interesse per l’argomento trattato. L’ipertestualità riguarda la natura reticolare del testo, che rispecchia l’analoga natura del mondo. La natura può essere vista come una rete di testi strettamente legati e che non possono esistere gli uni senza gli altri. Il richiamo tra i testi può essere esplicito (sotto forma di citazione, commento, parafrasi, riassunto, recensione, spiegazione) ma l’emittente, anche se non avesse intenzione di richiamare altri testi, non potrebbe comunque cancellare dalla sua mente tutti i testi che ha visto, udito, letto e prodotto precedentemente e che inevitabilmente lo influenzano nel produrre i nuovi. I testi, quindi trasmigrano da un’opera all’altra, da un codice all’altro, nel tempo e nello spazio. L’appropriatezza in alcuni casi è strettamente collegata alla coerenza. Il lessico, la sintassi e l’organizzazione delle informazioni devono essere adattati alla funzione del testo che si sta producendo 2- Testo e contesto A volte, nonostante la frase sia completa e ben formata, c’è qualcosa che impedisce la comprensione totale della frase. Ricostruire il contesto nel cotesto- cioè nello scritto- è un’operazione lunga e faticosa: la descrizione di una sequenza, ad esempio, durerebbe molto di meno rispetto al tempo impiegato dallo scrittore per ricostruirla e anche meno di quanto ha impiegato il lettore a leggerla. La forma verbale è ipertrofica rispetto alla realtà perché la lingua scritta comporta un’organizzazione lineare delle informazioni. La rappresentazione, infatti deve essere costruita aggiungendo elementi uno dopo l’altro. Nella realtà però molti aspetti del testo possono essere comunicati contemporaneamente dato che la realtà è multimediale e immediata. Il contesto del parlato è la realtà, quindi il parlato usa la dessi spaziale, temporale e personale per completare il senso del testo. Il parlato inoltre è arricchito da espressioni emotive come le pause, il tono di voce, la mimica del volto, i gesti ed i movimenti del corpo. Esiste infine una dimensione a metà tra contesto e cotesto: il paratesto. Esso aggiunge informazioni di contorno come l’indicazione del tipo, del genere, (articolo di Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 giornale, romanzo, etc..) il responsabile della sua costruzione, quello della sua pubblicazione, la data di pubblicazione etc. Non tutte le informazioni paratestuali sono strettamente verbali: linee di demarcazione, colori e grandezze diversi nei caratteri, immagini, miniature etc.. Dopo avere letto il titolo di un articolo di giornale, continuiamo a non avere le idee ben chiare su cosa si sta parlando. Per questo è necessario leggere l’articolo completo. Una volta letto, molte domande rimaste in sospeso trovano risposta. Succede però che vengono tralasciate tante informazioni necessarie per la sua piena comprensione. Notiamo anzi che c’è una proporzione diretta tra le informazioni date e quelle tralasciate: più informazioni sonno offerte, più informazioni sono taciute. Il lettore, quindi è chiamato ad utilizzare l’inferenza, cioè un fenomeno legato alla necessità che l’emittente e il ricevente condividano sin dal principio una base di conoscenze. A volte succede che il giornalista presuma che il lettore sia informato sull’antefatto degli eventi al centro dell’articolo, al punto che li dà per noti. Questo metodo di procedere è tipico della cronaca giornalistica che propone aggiornamenti rapidi sugli stessi argomenti, quindi confida nella memoria dei lettori. Un’inferenza può essere agevolata con un rimando intertestuale: nei testi online, per esempio, il rimando ad una fonte può essere fatto facilmente inserendo un link che collega il testo alla pagina in cui l’informazione presupposta è stata introdotta esplicitamente. Un esempio di inferenza è dato dall’articolo presente sul libro: richiama l’aggettivo senza ulteriori spiegazioni, oppure viene definito ( il che implica delle conoscenze sul personaggi). Se non ricorressimo alle inferenze, i testi si allungherebbero all’infinito. L’equilibrio tra detto e non detto è difficile da mantenere nello scritto, perché l’emittente deve supporre che il ricevente sa già e non dire né troppo né troppo poco. Nel parlato invece la conoscenza condivisa può essere negoziata. Se, da lettori, non abbiamo nella nostra memoria tutto il materiale per riempire le lacune abbiamo due alternative: - Ci accontentiamo della parziale comprensione che abbiamo raggiunto - Continuiamo a cercare altre informazioni- inevitabilmente, le altre informazioni che troveremo saranno fornite a patto di lasciare altri buchi e così via. 3- L’ipertesto e i testi multimediali Foto, disegni, grafici, video, icone/emoji sono sempre più integrati con i segni verbali nei testi che produciamo grazie all’ambiente comunicativo di internet. Dal momento che la stragrande maggioranza delle comunicazioni odierne avviene su internet, l’integrazione tra verbale e iconico ha oggi un impatto molto forte sulla natura della scrittura, paragonabile ad una mutazione genetica. La comunicazione iconica, infatti, risulta meno faticosa, più veloce di quella scritta. Tuttavia le immagini non sono adatte ad esprimere tutti i tipi di contenuto: lo scritto è ancora essenziale per costruire dibattiti non estemporanei su qualsiasi tema. Altra innovazione portata da internet è il link, cioè la possibilità di instaurare un collegamento non lineare tra testi diversi, che diventano l’uno cotesto dell’altro. In questo modo, ogni testo che ingloba altri testi diventa un ipertesto. C’è, infine, una terza caratteristica di internet che influenza la natura stessa dello scritto: l’interattività. Tradizionalmente, infatti, lo scritto è monologico e pianificato dall’inizio alla fine: internet ha invece reso possibile “negoziare lo scritto” 4- Una suddivisione tipologica È utile distinguere alcune categorie di testi. Questa definizione è però imperfetta perché difficilmente nella realtà esistono testi completamente narrativi o completamente informativi. Al contrario, i testi reali contengono aspetti di più categorie, delimitandosi come testi scritti. Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 -TESTI NARRATIVI cioè i testi letterari scritti in prosa o poetici: romanzi, novelle, fiabe, poemi, biografie, cronache. Esistono anche i testi narrativi prettamente parlati (come i racconti dei cantastorie o gli aneddoti), testi narrativi multimediali (film, canzoni, storie a fumetti) e testi narrativi non verbali (come gli atti dei processi). È anche possibile che le medesime storie cambino codice, passando dal parlato allo scritto (tipo le barzellette), dallo scritto al parlato (come le fiabe raccontate dai genitori ai figli) o dallo scritto al multimediale (come le trasposizioni cinematografiche). Ciò che accomuna tutti questi testi è il fatto che si basano sulla narrazione, cioè sulla sistemazione in sequenza di eventi legati tra loro da un filo logico (coerenza) e grammaticale (coesione). Gli eventi narrati possono essere inventati o reali (biografia, ricostruzione storiografica, articolo di cronaca). Un testo prettamente narrativo si riconosce perché riporta degli eventi collegandoli tra loro con nessi logici e grammaticali (i nessi logici tipici della narrazione sono quello temporale “quando” e quello di causa-effetto “perciò”). -I TESTI DESCRITTIVI: i testi completamente descrittivi sono rari; spesso le descrizioni sono parti di testi con altri scopi. Esse possono figurare come pause in una narrazione, come ampliamenti di un manuale d’uso (testo informativo) come glosse esplicative di un testo di legge (testo regolativo) o sono parti integranti di pubblicità (e altri testi argomentativi). Testi con funzione ampliamente descrittiva sono i dépliantes e le brochures turistiche. In un testo narrativo la descrizione è necessaria per descrivere appunto le caratteristiche interne ed esterne degli oggetti (la descrizione è necessaria alla narrazione perché ricostruisce nel cotesto il contesto degli eventi). -I TESTI ARGOMENTATIVI: sono usati per convincere il ricevente ad accettare ed eventualmente fare propria un’opinione o una posizione ideologica oppure, ancora, a comprare o meno un’azione. Rientrano in questa categoria i saggi e gli articoli scientifici, tesi e tesine, articoli giornalistici di commento, recensioni, dimostrazioni, arringhe legali, discorsi politici e pubblicità. Nella vita di tutti i giorni ricorriamo a questo tipo di testo quando dobbiamo discolparci da qualche accusa, quando dobbiamo proclamare una convinzione politica o quando produciamo delle argomentazioni. I testi argomentativi sono tanti: per questo è opportuno dividerli in base a dei criteri quindi, ad esempio, in base al ricevente. L’argomentazione generalmente si organizza in un determinato ordine tematico: 1)premessa, 2)ipotesi, 3)argomenti, 4)antitesi, 5)confutazione dell’ipotesi 6)tesi e 7)conclusione. Può mancare l’antitesi o ci possono essere più antitesi, ci può essere un solo argomento o più argomenti, può mancare la premessa e/o la conclusione: spesso se manca l’antitesi, l’ipotesi e la tesi coincidono quasi perfettamente (il ragionamento in questi casi è “circolare”) -TESTI INFORMATIVI: chiamati anche “espositivi”, realizzano la funzione di trasmettere in modo oggettivo un sapere a un ricevente che si presuppone sia privo. Infatti se un testo trasmettesse solo informazioni note al ricevente, infrangerebbe il principio di informatività. Lo stesso principio sarebbe infranto anche nel senso opposto, quindi anche da un testo che contiene solo informazioni non note: esso sarebbe impossibile da interpretare per il ricevente. Le informazioni devono piuttosto seguire l’ordine dal dato al nuovo in modo che il secondo sia interpretabile sulla base del primo e, una volta divenuto noto, a sua volta divenga la base su cui interpretare il nuovo successivo. Per questo motivo è importante che un testo informativo rispetti un ordine sequenziale nella disposizione delle informazioni. Le informazioni, quando vengono introdotte, sono spesso accompagnate da una spiegazione che usa nessi logici quali causa-effetto (i connettivi “dunque, quindi, infatti”), quello accumulativo (a+b+c), quello amplificativo (realizzato da proposizioni relative e comparative) e quello esplicativo (a cioè b). proprio per questo motivo vengono chiamanti ESPOSITIVI- ESPLICATIVI. Rientra in questo tipo gran parte dei testi che gravita intorno alla vita scolastica e universitaria (manuali di studio, articoli scientifici, esercizi, appunti e note) e alcuni testi composti dai docenti e studenti (relazioni etc). Completano il gruppo molti articoli giornalistici di cronaca, elenchi di dati, insegne e cartelli (come quelli che si trovano in autostrada). -TESTI REGOLATIVI: detti anche prescrittivi, istruzionali o direttivi, prevedono l’imposizione di un punto di vista o di un comportamento. Questi testi sono caratterizzati da alcuni modi o tempi verbali (imperativo, Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 congiuntivo esortativo, indicativo presente e futuro, infinito). Una sottocategoria molto larga di questo tipo comprende testi che stabiliscono le regole di funzionamento e comportamento di un’istituzione o di una rete sociale (i testi normativi). CAPITOLO 2: VARIETA’ E STILI 1- La lingua non è monolitica: i registri d’uso Un carattere comune ogni lingua è il cambiamento, la fluidità, il non essere mai uguale a sé stessa eppure sempre riconoscibile. Ogni lingua cambia nel tempo e nello spazio (lo aveva capito Dante già nel 300). distinguiamo però almeno 5 parametri di variabilità: diacronica= nel tempo es: l’italiano antico del 300 diatopica= nello spazio es: l’italiano di una regione diafasica= nella situazione comunicativa es: l’italiano formale e informale diastratica= nel livello socioculturale es: l’italiano colto e l’italiano popolare diamesica= nel canale di trasmissione usato es: l’italiano scritto, quello parlato, quello usato col cellulare etc… Eccessivamente generiche e poco utili, sebbene molto frequenti, sono etichette quali linguaggio giornalistico o lingua di internet dato che si incontrano molte varietà diverse. Un articolo sportivo ed uno di gossip avranno due linguaggi diversi. Allo stesso modo, una mail di lavoro e un blog personale. Per questo è più opportuno usare il plurale di queste etichette (i linguaggi giornalistici ho le lingue di internet). sarebbe comodo dire che tutte queste varietà condividono le stesse regole grammaticali e lo stesso lessico, ma non è così. Avremmo frasi che andranno bene in un contesto informale e non in una formale e così via. 2- Scritto e parlato Anche questa è una divisione che non va intesa in modo rigido. Deve essere intesa incrociando più parametri di variazione: quello diamesico e quello diafasico. In realtà la differenza tra scritto e parlato attraversa tutti gli altri parametri di diffusione ma si ha la tendenza ad identificare il parlato con l'informalità e lo scritto con la formalità ma nulla vieta il contrario: è che solitamente si assegnano ad un testo scritto tratti propri dello stile formale mentre il parlato quelli dello stile informale.  TRATTI TIPICI DEL PARLATO - È acquisito come lingua madre fin dai primi mesi di vita - È legato al contesto extralinguistico ed è caratterizzato da numerosi deittici (questo, quello, io, tu, oggi, domani…) - Gli interlocutori sono presenti nel tempo e nello spazio - Si può manifestare subito il proprio feedback - Aiuta a creare e mantenere relazioni sociali - Sfrutta l'instaurazione ed il mantenimento del contatto - Confida molto nella cooperazione dell'interlocutore - La programmazione avviene strada facendo: a man mano che si parla, si pensa cosa si sta dicendo e cosa si sta per dire - Usa parole generiche e brevi, più verbi che nomi - Confida molto nel linguaggio non verbale del corpo: gesti, espressioni facciali, modo di camminare - La gestione del tempo è eterodiretta: gli altri ci indicano quando il nostro turno per parlare - Verba volant. il parlato cambia più in fretta dello scritto Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 - È perlopiù impiegato in contesti informali e non ufficiali  TRATTI TIPICI DELLO SCRITTO - È appreso a scuola - È distaccato dal contesto extralinguistico ed è caratterizzato da riferimenti al passato e alla distanza - Gli interlocutori sono lontani nel tempo e nello spazio - Il feedback è fortemente inibito - È incentrato più sul tema e i contenuti trattati piuttosto che sull’ instaurazione di relazioni sociali - Conta più il prodotto finale che il processo comunicativo - Confida poco nella cooperazione del lettore - È perlopiù programmato - Utilizza lessici specialistici, parole specifiche, lunghe e difficili - Può confidare in comportamenti non verbali del linguaggio: foto, filmati, tabelle, grafici, ecc… - La gestione del tempo è autodiretta: l'autore sceglie quanto scrivere, il lettore quanto leggere - Scripta manent. Ciò che viene scritto e stabile e duraturo - È perlopiù impiegato in contesti formali e ufficiali Le Forme di comunicazione online spesso abbattono le frontiere tra scritto e parlato, dal momento che accorciano le distanze tra interlocutori. È Per questo che molti tratti della lingua informale e scarsamente progettata vengono oggi a caratterizzare alcuni tipi di scrittura: quella delle chat, dei blog o dei social. Infine fenomeni come l'interazione tra interlocutori online e la costante manipolazione delle pagine web mettono in discussione certi tratti un tempo esclusivi della scrittura, quali la stabilità e la monologicità, ovvero la scarsa cooperazione tra chi scrive e chi legge. La struttura dialogica influenza fortemente la progettazione del parlato: il messaggio non ha una direzione univoca dall'inizio alla fine, ma l’emittente diviene ricevente e quando ritorna ad essere mittente devi pianificare il discorso sulla base di quello che ha appena appreso. Tale processo può essere più o meno netto, a seconda della situazione in cui si svolge il dialogo. Quindi nel parlato lo svolgimento si negozia; nello scritto, invece, l’emittente programma tutto lo svolgimento del discorso. Parlare è un’attività che si fa (almeno) in due: è necessaria la cooperazione tra chi deve impegnarsi per farsi capire e chi deve sforzarsi di capire, tra il principio di intenzionalità e quello di accettabilità. Il filosofo del linguaggio Herbert Paul Grice, negli anni 70 del 900, osservo che, affinché un atto comunicativo vada in porto, è necessario il “principio di cooperazione” basato su quattro massime: -massima di quantità = dai l’esatta quantità di informazioni richieste -massima di qualità = dì solo ciò che credi sia vero -massima di relazione = dì cose che hanno rilevanza -massima di modo = sii chiaro Spesso Però il parlato spontaneo infrange queste massime. Basti pensare a tutte le volte in cui non si attende il proprio turno per prendere la parola e ci si sovrappone ad altri parlanti. La comunicazione scritta, invece, è tenuta a rispettare ancora di più le massime di Grice, essendo meno collaborativa di quella parlata. Le forme tipiche del parlato penetrano nello scritto innanzitutto quando sono inquadrate in un disegno di imitazione esplicita del parlato stesso. Questo può essere racchiuso in un discorso diretto o trovarsi nel discorso indiretto libero. Le forme del parlato nel discorso diretto sono piuttosto stereotipate e riconoscibili, tanto che producono un effetto di parlato-scritto, cioè di un testo strutturato come scritto ma che dà l' impressione di parlato. Queste forme sono le interiezioni, le espressioni fàtiche di vario tipo, gli allocutivi Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 (tu, lei, i vocativi) la sovradistensione della sintassi marcata, la deissi spaziale, temporale e personale. La punteggiatura intonativa concorre a questo scopo ma si tratta , ovviamente, di una riproduzione limitativa e convenzionale, che trascura tratti come l’ inflessione della voce, l'espressione del volto e altri componenti paralinguistici. L’ imitazione del parlato viene usato per vivacizzare o drammatizzare il discorso. Il testo però rimane scritto, e quindi non vi sono disfluenze di nessun tipo e mancano anche riferimenti alla situazione enunciativa. In testi poco o mediamente vincolati, il parlato-scritto rappresenta una valida riserva di forme utili a rendere un testo accattivante. L'ho scritto possiede comunque strumenti suoi per vivacizzare; sono strumenti compositivi e retorici, ma ricorrere troppo spesso all’ imitazione del parlato rischia di dimostrare inesperienza o ingenuità da parte dello scrivente. Il discorso indiretto libero può essere interpretato come una violazione del rapporto reciproco tra i piani del reale e della narrazione, o, In altre parole, tra il piano mimetico e quello diegetico, che avviene quando si intersecano elementi e costrutti che riguardano i due diversi centri deittici ( il centro deittico è il punto su cui convergono le coordinate personali e spazio- temporale). Un genere letterario che si fonda sulla riproduzione del parlato, in particolare sul dialogo, è il testo teatrale. Gli scritti teatrali, cinematografici e televisivi sono costruiti per essere detti come se non fosse scritti, sia nella forma del testo che con l'integrazione di indicazioni riguardo alle cadenze, ritmi, e mimica che devono accompagnare il testo scritto. Quando i fenomeni che dovrebbero essere usati solo nel parlato vengono inconsapevolmente inseriti nello scritto, l'effetto che si ottiene è di un testo confuso ed esitante, ai limiti dell' accettabilità. Quando parliamo, cambiamo spesso progetto sintattico: un fenomeno che non si addice alla struttura dello scritto. Nel parlato, a causa della limitatezza della memoria del parlante, il controllo che quest'ultimo a sul discorso ricade su un piccolo pezzo alla volta. nello scritto, al contrario, ci si aspetta che l’emittente mantenga il controllo sulla univocità della coesione dall'inizio alla fine del discorso, perché questo non è legato alla sua memoria: può essere pianificato e poi corretto prima di essere trasmesso. 3- Lo stile brillante Alcuni tipi di testo scritto amano combinare combina tratti dello scritto colto con elementi dello scritto mimetico e del parlato informale. Ne deriva uno stile definito spesso brillante, che caratterizza taluni testi giornalistici. Lo stile brillante è un'arma a doppio taglio: se da un lato si lascia apprezzare per la coltissima capacità di saper “giocare” con la lingua in tutti i suoi registri, dall'altro “la ricerca di effetti retorici e stilistici può trasformarsi in un facile strumento di spettacolarizzazione”. Senza contare che il far leva più sulla forma che sui contenuti può escludere dalla piena comprensione della notizia una fascia consistente dei lettori meno avvisati culturalmente. 4- Un esempio di parlato a confronto con lo scritto ES… Il confronto fra i due brani consente di rilevare profonde differenze. In primo luogo, spicca la maggior lunghezza dal resoconto parlato rispetto a quello scritto. Sappiamo che per natura lo scritto è più sintetico in quanto privo di incertezze, ripetizioni, autocorrezioni, riformulazioni tipiche della comunicazione non progettata (cioè quella parlata). Di tali fenomeni che “allungano il brodo” del parlato rispetto allo scritto sono eh, eeh, vediamo, umh, aspetta, allora, praticamente, no, così ecc… La sintassi scritta è più coesa e ben strutturata di quella parlata. Ciò che lo scritto esprime in forma legata, nel parlato viene spesso espresso in forma giustapposta. Nello scritto, inoltre, sentiamo l'esigenza di rendere espliciti quei rapporti logico- semantici che nel parlato possono rimanere impliciti o, ancora, il parlato sembra preferire il discorso diretto rispetto a quella indiretto, preferito invece nello scritto. Per ordinare gerarchicamente le informazioni, è chiaro che lo scritto faccia più spesso del parlato ricorso a taluni costrutti subordinativi (soprattutto impliciti). ES… Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 Infine, il lessico è naturalmente più generico nel parlato (e non privo di inflessi regionali. Ad esempio, il verbo FARE che sostituisce più specifici verbi di dire- dire, chiedere, domandare, ecc…) rispetto allo scritto. 5- Un confronto tra tipi diversi di scritto: argomentativo (formale) e narrativo (informale) INDICE DI LEGGIBILITA’ DI GULPEASE: È un calcolo che mettendo in relazione la lunghezza delle frasi con quella delle parole, stabilisce il grado di fruibilità di un testo. È basato su una formula che mette in relazione la lunghezza delle parole con la lunghezza dei periodi di un testo. La formula è: 89+300x(numero delle frasi)-10x(numero delle lettere):numero delle parole Il risultato va da 0 (leggibilità minima) a 100 (leggibilità massima) SINTASSI NOMINALE: La sintassi di un brano è nominale quando ci sono pochi verbi; la sintassi verbale quando ce ne sono molti. La lingua scritta tende ad essere più povera di verbi e più incline ai costrutti nominali rispetto a quella parlata, che ha un numero decisamente più elevato di verbi. È un insieme di strutture linguistiche costruite senza fare uso di verbi di modo finito. La sintassi nominale consente di condensare l’informazione, espandendo un nucleo proposizionale mediante l’aggiunta di sintagmi laddove invece la sintassi verbale risulta più dispersa. La sintassi nominale è il terreno privilegiato dell’italiano giornalistico e di gran parte dei testi scientifici. Un perfetto controllo della coesione è necessario per la buona formazione dei (solitamente) lunghi brani di sintassi nominale. Un brano a base verbale segue molto più da vicino l’ordine temporale diretto degli eventi. La sintassi nominale permette di condensare in un solo sintagma quanto potrebbe essere espresso in un’intera proposizione e in una sola proposizione quanto potrebbe essere espresso con più di una. I brani a sintassi nominale tendono ad essere più brevi di quelli a sintassi verbale. CAPITOLO 3: COSTRUIRE E ORGANIZZARE LE INFORMAZIONI: SINTASSI, COESIONE E COERENZA Comunicare significa condividere informazioni con qualcuno, entrare in contatto con un’altra persona. Se si comunica con le parole e non ci si vuole limitare alla mera funzione di contatto, ogni discorso dovrà contenere almeno un’informazione nuova, qualcosa che mandi avanti la comunicazione senza farla arenare su cose che già si sanno. Quando gli enunciati contengono più d’informazione, solitamente sono disposte a sinistra le informazioni note e a destra le informazioni nuove. In questo modo, il testo procede coerentemente e senza intralci, portando a condivisione sempre nuove conoscenze agganciandole a conoscenze generali e date. Naturalmente, il processo non è sempre così regolare e lineare e possono esserci anche anticipazioni o inversioni nell’ordine degli elementi. Qualunque testo ben costruito funziona così: dal dato al nuovo. Altrimenti chi parla o scrive rischia di presupporre conoscenze da parte dell’interlocutore che quest’ultimo non ha. Possono nascere così fraintendimenti da parte di chi legge o ascolta. Il problema è tanto più grave nella scrittura, dal momento che nel parlato faccia a faccia è sempre possibile chiedere chiarimenti a chi sta parlando. I linguisti chiamano la parte data TEMA o TOPIC, la parte nuova REMA o FOCUS. Il tema è ciò di cui si sta parlando nell’enunciato, ciò che è presupposto. Il rema è ciò che si dice di nuovo sul tema. Spesso il tema è il soggetto dell’enunciato ma altre volte può essere un complemento di tempo o di luogo o di altro ancora. Molti enunciati sono costituiti da un solo sintagma o addirittura da una sola parola che sarà quindi un rema. Il tema è infatti opzionale mentre il rema è indispensabile affinché esista un enunciato. Tema e rema non vanno intesi in modo assoluto ma sempre in relazione al contesto. Soltanto in relazione al contesto comunicativo, infatti è possibile stabilire se un’informazione è già stata fornita oppure no. A volte nel parlato l’intonazione è più importante dell’ordine delle parole per far capire chiaramente il contrasto tra dato e nuovo. Grazie all’intonazione, al ritmo e al volume della voce è facile, nel parlato, far capire la differenza tra dato e nuovo; nello scritto è un po’ più difficile e ci si affida di solito a strumenti sintattici, Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 quali l’ordine dei costituenti (o sintagmi) dell’enunciato oppure, a volte, la punteggiatura. Nelle domande con un pronome (che, chi, ecc…), l’ordine naturale delle informazioni è invertito rispetto agli enunciati affermativi. ES: chi di voi sa che fine ha fatto Giorgio? La parte che non conosco, a sinistra, è se qualcuno sappia mentre pongo come presupposto, a destra, che Giorgio non dia notizie di sé da molto tempo. Supponendo che qualcuno lo abbia incontrato, sono comunque possibili varie risposte come: a) l’ho incontrato in pizzeria, Giorgio dislocazione a destra b) Giorgio, l’ho incontrato ieri in pizzeria dislocazione a sinistra Entrambi questi costrutti servono a segnalare meglio la posizione del dato che, nella dislocazione a sinistra si trova a sinistra del nuovo, nella dislocazione a destra si trova a destra del nuovo. Facendo l’analisi logica, risulta però un pronome di troppo (lo e Giorgio): per questa struttura pleonastica, le dislocazioni sono state per secoli respinte dalle grammatiche oppure considerate esempi dell’italiano informale. In realtà, soprattutto le dislocazioni a sinistra, sono frequenti nello scritto e, in particolar modo, nei testi giornalistici/informativi, per la loro capacità di mettere in primo piano il tema. Anche a me mi è una dislocazione (e un pleonasmo). Valgono quindi le stesse regole. La sua funzione principale è di collocare in primo piano il punto di vista della persona a cui piace o no qualcosa. Se l’aggancio sintattico tra tema e rema manca, i linguisti non parlano di dislocazione a sinistra ma di tema sospeso o, tradizionalmente, anacoluto. I titoli dei giornali ne sono pieni, isolando così a sinistra della frase l’autore di un’azione, chi ha rilasciato una dichiarazione, molto spesso il luogo in cui è accaduto qualcosa o l’ambito entro cui la notizia si colloca. In altre parole, almeno una delle 5W viene isolata in prima posizione per agganciare l’attenzione del lettore. ES: Governo, nuovo giro di consultazioni: Fico versa la richiesta di proroga Napoli arrestato immigrato del Gambia. Stava progettando un attentato. Altro costrutto marcato molto usato nell’italiano scritto e parlato è la frase scissa. Consiste in due proposizioni al posto di una, la seconda delle quali è una subordinata pseudorelativa introdotta da che. La prima parte della frase scissa ha la funzione di sottolineare il rema/nuovo dell’enunciato, mentre la seconda parte (quella introdotta da che) emargina il dato alla periferia destra dell’enunciato, come un’aggiunta superflua. Anche questa è molto usata negli articoli di giornale. ES: È Mauro che ho incontrato alla stazione Un costrutto analogo è la frase pseudoscissa che, oltre al verbo essere e al che, è caratterizzata da un pronome dimostrativo. La sua funzione principale è quella di introdurre una specificazione su quanto anticipato. ES: Quello che hai visto è Mario. 2- Coesione: la rete di richiami nel testo Ogni testo funziona come una serie di rimandi in avanti e all’indietro. Un testo scritto bene riesce a dosare due esigenze opposte: da un lato la condensazione delle informazioni, dall’altro la chiarezza e la comprensibilità. Un’altra caratteristica dei testi ben costruiti consiste nel saper separare i piani del discorso, distinguendo le informazioni più importanti da quelle di sfondo, le cause dagli effetti, il prima dal dopo. Consiste insomma nel rispetto dei rapporti logici tra le varie informazioni del testo. Anafora: ripetizione di qualcosa già enunciato nel testo. Catafora: anticipazione di qualcosa che verrà chiarito in seguito Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 INCAPSULAMENTO ANAFORICO È un particolare tipo di anafora molto caro ai giornalisti. È realizzato mediante pronome clitico (cioè una particella pronominale atona – lo, la, ci, ne, ecc…), detto in questo caso incapsulatore, perché in grado di inglobare, pronomizzandoli, molti elementi, anche più frasi, anziché più frasi o solo una parola. Il medesimo effetto si può ottenere anche senza pronome clinico ma usando un altro incapsulatore, come per esempio di tutto. ES: “Respira da solo ma la prognosi è riservata. Lo ha dichiarato il chirurgo dell’ospedale. INCAPSULAMENTO CATAFORICO Anch’esso molto in voga nei giornali. Si chiama “ellissi cataforica del rema” ed è il contrario dell’incapsulamento anaforico. Qui si punta sull’effetto sorpresa e sulla suspense, ritardando il più possibile l’elemento saliente dell’articolo. Il medesimo effetto di attesa è ottenuto anche senza il clitico, bensì come termini generici quali indagine, notizia, fatto… ES: Brembate di sopra. È senza dubbio l’indagine più difficile degli ultimi anni. Oggi si riparte da zero. Carabinieri, poliziotti e pm non mollano mai, e nemmeno questa è retorica. Un'altra tecnica di incapsulamento anaforico del tema è l’anadiplosi (cioè ripresa, all'inizio dell’enunciato successivo, dell'ultima informazione data nell’enunciato precedente), realizzata mediante il termine generico cosa seguita dal pronome relativo che. ES: Sergio e Dolores si amavano molto ma non si erano promessi nulla. Cosa che teneva Sergio distratto. Un’altra espressione con la quale si è classificato i fenomeni qui commentati è l’appendice grammaticalizzata. Analogo ma più pesante è meno comune è il costrutto la qual cosa ES: Scuote lievemente il corpo. Non sembra avercela con me, quasi mi ignora – la qual cosa riconduce nel mistero la sua comparsa Questo e altri costrutti simili con il relativo seguito direttamente dal nome vengono definiti nella retorica tradizionale coniuctio relativa. ES: Venne un uomo insieme ai suoi compagni; il quale uomo era molto stanco Anche altri termini generici possono fungere da incapsulatori in analoghi costrutti. L’anadiplosi vera e propria consiste in realtà nella ripetizione del medesimo termine precedentemente espresso. ES: Lessi una notizia sul giornale, una notizia che poteva interessare solo i miei genitori Nell’appendice grammaticalizzata si annoverano anche i casi di ripresa di un termine virgola che viene seguito, anziché da una relativa, da una forma lessicale di funzione analoga alla relativa, vale a dire un aggettivo o un participio. Il mantenimento della coesione di un testo è dovuto al fenomeno della coreferenza, che riguarda l'insieme di tutte le forme che si riferiscono a un medesimo elemento del testo, detto anche referente. Il referente è detto anche testa, in quanto controlla l'accordo ed i fenomeni di reggenza di tutti gli altri elementi che ad esso si riferiscono. L’ insieme della testa e di tutti gli elementi ad esso riferiti (detti coreferenti) costituisce una catena forica. Sono detti forici tutti gli elementi del testo che rimandano a un altro elemento nominato altrove, anaforici sei il referente e già stato enunciato, cataforici se lo anticipano. Visto che siamo consapevoli della capacità dei verbi italiani di funzionare anche senza il soggetto espresso, spesso il sintagma sarà sottointeso (fenomeno detto anafora zero). Il senso del cotesto consente di mantenere la catena forica anche a distanza di molte frasi. Nei testi lunghi le cose si complicano a mano a mano che vengono introdotte nuove teste che governano altre catene foriche. A meno che il senso non renda inequivocabile il riconoscimento della coreferenza, è bene ribadire il coreferente con un sinonimo, un termine iponimo (cioè più specifico) o uno iperonimo (cioè più generale), che più o meno lo sostituisca. Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 L'insieme di relazioni di coreferenza sembra ovvio ma produce dai fraintendimenti. Soprattutto nella composizione scritta, di solito perché non si rilegge attentamente il proprio lavoro e anche perché chi scrive dà troppe volte per scontato che il lettore sappia esattamente che cosa ha in testa l'autore. 3- Segnali del discorso, proposizioni, congiunzioni e avverbi Un testo è coeso grazie al corretto uso dei legamenti sintattici e logico-semantici tra le sue varie componenti. I connettivi sono quelle parole che servono a congiungere porzioni di testo (congiunzioni, locuzioni congiuntive, avverbi, preposizioni): e, o, perché, come, dove, quando, tanto da, per, ecc… Oltre ai connettivi, un testo si giova anche di altre forme coesive (oltre ai pronomi e alle desinenze di accordo) detti segnali discorsivi. Mentre i connettivi di solito riguardano la sintassi, i segnali discorsivi riguardano invece la testualità, vale a dire la connessione tra porzioni di testo semanticamente autonome, e la pragmatica, vale a dire gli atti linguistici. Tipici segnali discorsivi sono: in primo luogo, insomma, concludendo, da una parte… dall'altra. Sono segnali discorsivi tutte quelle forme che aiutano il lettore ad orientarsi tra le diverse zone del testo, rendendogli evidente che cosa viene prima e che cosa viene dopo, che cosa è più o meno importante, ecc… uno stesso termine può fungere, secondo il contesto, sia da connettivo (oppure avverbio modificatore del verbo) sia da segnale discorsivo. È il caso di praticamente, il cui significato letterale di “in pratica” slitta frequentemente verso quello (frasale) di “quasi” e ha quindi la funzione di attenuare (o sottolineare, a seconda dei casi) l’intero enunciato e non soltanto il verbo. 4- Reggenza e accordo Per reggenza si intende il rapporto di un verbo, di un nome, di un aggettivo o di un avverbio e un altro elemento (bravo a scuola, fine settimana, prima di tutto, andare a letto). Un fenomeno di reggenza tipico di molte varietà regionali (ma considerato errato in italiano) è il cosiddetto oggetto preposizionale, consistente nel costruire un complemento oggetto con la preposizione a. Il fenomeno è tipico del parlato centro-meridionale e penetra anche nello scritto scarsamente sorvegliato. Va però rilevato che l'oggetto preposizionale risale talora anche nello scritto mediamente formale. L'oggetto preposizionale in questi casi è dovuto a esigenze pragmatiche: la forma preposizionale, infatti, consente di focalizzare e mettere in rilievo l'oggetto. Con altri verbi di opinione la forma preposizionale è l'unica possibile (sembrare, parere, piacere, ecc…). È dunque probabile che questi costrutti con a esercit no una certa pressione su quelli senza. Come comportarsi di fronte a costrutti quali a me sorprende o a me preoccupa? Nulla di strano se vengono usati con lo scopo di imitare il parlato (quindi in testi che vanno dall’ intervista al romanzo) o in testi non rigidamente formali. Saranno senz'altro da evitare in testi più formali (saggi, tesi, leggi, lettere ufficiali, curriculum, domande di assunzioni, ecc…). Esistono anche altri errori di reggenza. Ad esempio, talora si tende a sovrestendere l'uso della preposizione a nei costrutti di verbo+preposizione+infinito. ES:Vorrei tentare ad esprimere Il re fu riconoscente con Archimede Essi esordiscono nel dire Anche le cosiddette preposizioni improprie (vale a dire avverbi usati con funzione di preposizione) e le locuzioni preposizionali (più parole con valore di preposizione) danno spesso filo da torcere agli scriventi inesperti per via della presenza o della mancanza di una preposizione propria dopo un altro elemento avverbiale o nominale. Altri comuni casi problematici sono:  Davanti a  Riguardo a qualcosa  Dietro a Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465  Fuori di  Dentro a  In cima a  Nell’intento di  Per mezzo di  In modo da  Al punto da Sopra e sotto sono costruite preferibilmente senza preposizioni, possibili ma meno formali anche con a, mentre vogliono di se seguiti da pronome personale o nelle locuzioni al di sopra, al di sotto. La coesione di un testo si realizza anche mediante il rispetto delle regole dell’accordo:  un sostantivo deve concordare in genere e numero con l’aggettivo che gli si riferisce  un verbo deve concordare nel numero con il soggetto La concordanza si verifica quando a governare l'accordo con un'espressione che indica una collettività (es: l’insieme degli eventi, un paio di amici, ecc…) non è il singolare della testa dell’espressione stessa (es: insieme, un paio) ma il plurale del suo senso complessivo. Molte grammatiche ormai ammettono anche il plurale e il fenomeno è molto diffuso nei giornali. Un altro caso di concordanza verbale anomala riguarda i soggetti multipli. Sebbene la norma preveda oggi il verbo al plurale virgola non è infrequente il singolare (ben accetto nell’italiano antico). ES: La serenitò, la pace, e la convivenza sarà ben lontana A volte quello che sembra un secondo soggetto è in realtà un termine che specifica il primo, per cui il verbo al singolare è corretto. Un errore di accordo abbastanza comune è rappresentato dai casi in cui non è un termine espresso nel testo a governare la concordanza, bensì un termine non enunciato ma legato al primo da un rapporto di iperonimia o di sintonia (es: L’italiano è sempre più studiata da non nativi nel mondo). Altre volte il referente che fa scattare l’accordo è nominato nel testo ma non è quello giusto (es: La donna era considerata una creatura divina, un angelo mandata da Dio). La casistica dell’accordo del participio passato è abbastanza complessa. Il participio passato dei verbi passivi e pronominali è accordato sempre con il soggetto (es: Le strade non vengono lavate da settembre). I participi dei verbi intransitivi, se hanno come ausiliare essere si accordano con il soggetto; se l'ausiliare è avere, il participio è invariabile (cioè sempre soltanto maschile singolare ). Quando i participi reggono un oggetto il participio di solito invariabile (es: Hanno letto i giornali e ne hanno discusso anche a scuola), a meno che il participio non abbia come oggetto i pronomi atoni lo, la, gli, le, con i quali l'accordo è obbligatorio (es: Le ho cacciate fuori di casa). L'accordo del participio passato è oscillante anche con essere e con i verbi copulativi. Talora si accorda con il soggetto, talora con il nome del predicato o con il complemento predicativo (es: Molte scene sono ambientate in quella che è considerata un vero e proprio tempio per i pugili). Anche con i verbi pronominali con complemento oggetto, il participio si può concordare con il soggetto o con l'oggetto. 5- Coerenza Per essere coerente logicamente, un testo deve presentare le informazioni secondo i loro reciproci rapporti di causalità, temporalità, opposizione e similarità, condizione, concessività, ecc… L'incoerenza è spesso determinata dalla scelta di un connettivo sbagliato o di una parola inappropriata. Alla base della Scaricato da lanna Ran ([email protected]) lOMoARcPSD|36924465 comprensione (e della buona stesura) di un testo, c'è anche e soprattutto un’estesa conoscenza lessicale (oltre a quella di un buon numero di informazioni extralinguistiche). La coerenza e la coesione si corrispondono direttamente, perché ciascuno dei rapporti logici viene realizzato nel corpo del testo attraverso un connettivo. Connettivi diversi possono esprimere più o meno lo stesso rapporto, possono cioè essere approssimativamente sinonimi (“infatti” potrebbe essere sostituito da “quindi, perciò, per questo, per tanto”). Scaricato da lanna Ran ([email protected])

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