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Università Cattolica del Sacro Cuore

Alessio D'Alessio

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istologia cellule tessuti anatomia

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Questo documento, "ISTOLOGIA" del Prof. Alessio D'Alessio, esplora la struttura microscopica e le funzioni dei tessuti e degli organi nel corpo umano, trattando argomenti quali l'istofisiologia, l'istochimica e l'istogenesi. Il documento include una sezione dettagliata sul tessuto epiteliale e offre una panoramica completa dell'organizzazione dei tessuti nel contesto della biologia.

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ISTOLOGIA Prof. ALESSIO D’ALESSIO 1 8 Ottobre 2021 L’istologia è un ramo delle discipline biologiche che studia la struttura microscopica e ultramicroscopica dei tessuti e degli organi dal punto di vista morfologico e delle attività funzionali da essi esplicate. Esiste...

ISTOLOGIA Prof. ALESSIO D’ALESSIO 1 8 Ottobre 2021 L’istologia è un ramo delle discipline biologiche che studia la struttura microscopica e ultramicroscopica dei tessuti e degli organi dal punto di vista morfologico e delle attività funzionali da essi esplicate. Esiste una stretta correlazione tra morfologia e funzione. ISTOFISIOLOGIA: studia le ISTOCHIMICA: studia la ISTOGENESI: studia l’origine funzioni dei tessuti e delle composizione chimica delle dei tessuti (dai foglietti cellule strutture cellulari e tissutali; germinativi) e i processi di con lo scopo di ottenere da un rigenerazione dei tessuti tessuto il suo patrimonio (rigenerazione tramite le genetico cellule staminali). Esiste un ordine ben preciso che determina (e bisogna rispettare) la “costruzione” di un prodotto biologico (tessuto, organo). Alla base ci sono le cellule. La cellula è l’unità morfologica e funzionale di tutti gli organismi viventi i quali possono essere formati da un’unica cellula (organismi cellulari come l’ameba) o da un numero più elevato di cellule (organismi pluricellulari come l’uomo). Cellule simili tra loro (attenzione non uguali ma che svolgono funzioni simili) si organizzano, si specializzano per svolgere funzioni specifiche, cioè assumono determinate proprietà morfologiche e biochimiche, e formano un tessuto. Questa specializzazione morfologica e funzionale delle cellule prende il nome di “differenziamento” (il loro destino è deciso in fase embrionale); nonostante tutte le cellule abbiano delle caratteri strutturali e composizione chimica comune: tutte le cellule possiedono infatti un nucleo, delimitato da una membrana nucleare, nel quale sono contenuti cromosomi portatori dei caratteri ereditari, e da un circostante citoplasma, delimitato dalla membrana plasmatica, nel quale sono contenuti i vari organuli specializzati (mitocondri, lisosomi, RER, ecc.). Un organo è una associazione di due o più tessuti che entrano in relazione diretta tra loro (esistono quattro tessuti anche se i fenotipi cellulari sono circa duecento). L’associazione di più organi forma sistemi e apparati. Tra le cellule dei tessuti c’è un piccolo “spazio”, costituito dalla matrice extracellulare, che funge da separatore; le cellule infatti non sono quasi mai in contatto diretto tra loro. È inoltre la quantità di matrice extracellulare una delle caratteristiche che differenzia un tessuto da un altro. Quattro tipi di tessuto dal punto di vista fenotipico: connettivo; epiteliale; muscolare; si divide in tessuto muscolare scheletrico, cardiaco, liscio o viscerale. nervoso; questo “tessuto” non ha sotto classificazioni ma si differenzia a livello del SNC e SNP. 2 Il TESSUTO EPITELIALE Il tessuto epiteliale riveste la superficie esterna del corpo e delimita le cavità interne e i condotti corporei in comunicazione e non con l’esterno; costituisce anche la porzione secretoria (parenchima) delle ghiandole e i loro dotti. Quindi ricopre superfici esterne (cute) e interne (interno dello stomaco) del corpo; gran parte dei nostri organi sono esternamente e internamente rivestiti da epitelio. Esempio: la superficie più esterna dell’organo pelle si chiama epidermide È un tessuto contenente scarsa sostanza extracellulare prodotta dalle stesse cellule epiteliali e costituita da glicoproteine e proteoglicani; le cellule sono disposte in strati costituiti da cellule contigue in stretta adesione tra loro. Tutti gli epiteli presentano inoltre una membrana o lamina basale (modificazione della matrice extracellulare prodotta dagli epiteli stessi) che li separa da un tessuto connettivo sottostante (attenzione: non esiste nessun epitelio non associato a un connettivo). Il tessuto epiteliale non è vascolarizzato (non ha vasi sanguigni). L’assenza di vasi comporta anche l’assenza di terminazioni nervose; esistono però delle cellule specializzate, a ridosso del connettivo, dove arrivano delle sottili terminazioni nervose (sono queste che ci permettono di sentire dolore sulla pelle. Attenzione, non si tratta di funzione nervosa ma di funzione recettoriale). Le sostanze nutritive si diffondono dai vasi sanguigni dei sottostanti tessuti connettivi attraverso gli stretti spazi interstiziali (contengono liquidi interstiziali). Gli epiteli sono specializzati funzionalmente, in relazione alle loro diverse localizzazioni, così da poter distinguere in essi quattro categorie: (classificazione funzionale degli epiteli) 1. epiteli di rivestimento; epiteli che rivestono (esternamente o internamente) un organo 2. epiteli ghiandolari o secernenti; sono le ghiandole (esocrine o endocrine) 3. epiteli sensoriali; non sono veri e propri tessuti ma degli elementi cellulari, per lo più isolati, che svolgono funzioni recettoriali (esempio: cellule sensoriali dell’epidermide). Questi tessuti hanno diverse funzioni: di protezione (contro il deterioramento fisico e prevenzione della disidratazione nel caso delle cheratine e del muco), di assorbimento (funzione svolta dai microvilli che favoriscono l’aumento della superficie di scambio), di trasporto di superficie (funzione svolta dalle ciglia (mediano i trasporti) e di secrezione (capacità di produzione, sintesi e rilasciamento nell’ambiente extracellulare dei prodotti specifici). Classificazione degli epiteli di rivestimento avviene: - In base alla morfologia: sono pavimentosi (o squamosi), cubici (o isoprismatici), cilindrici (o batiprimastici; formati da cellule allungate). - In base al numero di strati: semplici (uno strato) o pluristratificati (o composti). Tipologie di epiteli di rivestimento semplici: squamoso (cellule piatte), cubico (cellule cubiche), cilindrico (cellule cilindriche) e pseudostratificato. - In base alla tipologia delle specializzazioni di superficie (microvilli e ciglia) Gli epiteli monostratificati o semplici, sono costituiti da un singolo strato di cellule e sono suddivisi, sulla base del loro aspetto morfologico in: - pavimentoso (o squamoso) semplice; - cubico semplice; - cilindrico semplice. 3 L’epitelio pavimentoso semplice è costituito da un unico strato di cellule piatte, in stretto contatto l’una con l’altra. Presenta dei limiti cellulari evidenti in sezione trasversale: le cellule presentano forma poligonale con margini regolari, dentellati o ondulati. Questo tipo di epitelio è poco resistente (la loro caratteristica più importante è quella di mediare gli scambi gassosi). Si trovano in molti distretti: vasi sanguigni / linfatici (di tutte le dimensioni, dall’aorta al capillare) cavità sierose del corpo (pleure, pericardio, peritoneo) e a rivestire gli alveoli polmonari (ove assolve ad una funzione di scambio ematosico (ossigenazione). L’epitelio che riveste i vasi sanguigni prende il nome di endotelio. La differenza tra i vari tipi di vasi sanguigni non sta nell’endotelio*, che sarà sempre epitelio semplice pavimentoso, ma nello spessore della parete del vaso stesso). La parete vascolare, indipendentemente se si tratta di vene o di arterie, è costituita da tre strati, definiti tonache. Dal lume verso l’esterno si riconoscono i seguenti strati: - uno strato più interno definito tonaca intima; - uno strato intermedio definito tonaca media; - uno strato esterno definito tonaca avventizia. Curiosità: la superficie di tutti i vasi sanguigni equivale circa a quella di un campo di calcio. *Sono tre le caratteristiche principali dell’endotelio: trasporto (contiene infatti numerose vescicole che assicurano un intenso scambio con il plasma) , regolazione del flusso ematico e angiogenesi (produzione di nuovi vasi partendo da quelli già esistenti; a volte, questa produzione può essere patologica, come nel caso dei tumori). Inoltre, l’endotelio regola i processi infiammatori, il calibro dei vasi sanguigni, la risposta a determinati agenti patogeni (e di conseguenza l’attivazione dei leucociti). L’epitelio cubico semplice è formato da un singolo strato di cellule di forma cuboide. Ha un’azione protettiva limitata (più alta rispetto a quella dell’epitelio pavimentoso ma comunque limitata) e presenta caratteristiche di secrezione e assorbimento. È presente sulla superficie dell’ovaio dove costituisce l’epitelio ovarico, nei condotti escretori di molte ghiandole esocrine e nei bronchioli e nei dotti collettori del rene. L’epitelio cilindrico semplice è costituito da cellule di forma cilindrica che possono essere ciliate e non ciliate. L’epitelio cilindrico semplice ciliato è presente nella mucosa delle tube uterine o ovidutti e dei piccoli bronchi. Osservare la classica forma allungata delle cellule e il poco spazio presente tra di esse; si nota anche la presenza di ciglia che volgono tutte verso la stessa direzione. 4 Le numerose ciglia mobili che si trovano sulla superficie apicale di tali tessuti epiteliali, hanno il compito di spostare liquidi e materiale intrappolato nel muco. Esempio: nell’epitelio respiratorio le sostanze introdotte con l’inspirazione sono spostate dal movimento delle ciglia verso l’orofaringe per essere eliminate, oppure come nell’ovidutto per spostare l’ovocita. La CUTE La cute è un organo che ricopre la superficie del corpo ed è costituita da tre componenti: un epitelio (l’epidermide), un connettivo superficiale (derma) e un connettivo più profondo (ipoderma). NB: ricorda che derma (connettivo) ed epidermide (epitelio) sono separati dalla membrana basale. L’epidermide (strato più superficiale della cute) è un epitelio di rivestimento, pluristratificato pavimentoso cheratinizzato (o corneificato). Le cellule dei vari strati non sono tutte uguali morfologicamente: nell’epidermide lo strato profondo, che poggia sulla membrana basale, è composto da cellule cubiche o cilindriche; verso la superficie si osservano più strati di cellule di forma irregolare ed infine gli strati più superficiali di cellule appiattite (questo vale per tutti gli epiteli pluristratificati, non solo per l’epidermide). Per convenzione internazionale, per definire se un epitelio pluristratificato è pavimentoso, cubico o cilindrico, si considera la forma delle cellule appartenenti allo strato più superficiale. Nelle regioni dell’epidermide esposte all’aria, le cellule superficiali perdono i nuclei e si trasformano in squame cornee mediante un processo detto “corneificazione”. Questo processo non avviene in regioni umettate da liquidi come cornea, bocca, esofago e vagina; in questo caso il tessuto è detto non cheratinizzato o non corneificato. Nell’epidermide sono presenti cinque tipologie di strato e, partendo dalla porzione più basale (quindi più profonda), troviamo: - strato basale o germinativo, formato da cellule staminali a morfologia sferica o cubica; si occupano di ripopolare lo strato superficiale dell’epidermide. Le cellule più giovani e nuove si trovano in questa porzione; salendo le cellule sono sempre più vecchie = il ricambio cellulare procede dal basso verso l’alto e avviene continuamente (il rinnovamento detto “turnover” dell’epidermide nell’uomo richiede circa 6 settimane); - strato spinoso, è molto stratificato e spesso; le cellule che lo compongono sono definite cellule spinose, contengono dei prolungamenti extracellulari e sono collegate attraverso delle giunzioni cellulari; - strato granuloso, le cellule che lo compongono accumulano nel citoplasma cheratina; questa è una proteina prodotta dalle cellule dell’epidermide* e molto presente nei suoi strati superiori; 5 - strato lucido (esiste solo in alcune porzioni di cute; palmo della mano e pianta del piede), queste cellule accumulano una proteina (eleidina) capace di assorbire e riflettere i raggi della luce e di dare traslucenza al tessuto; - strato corneo, presenta le cellule morte e qui la cheratina forma una barriera idrofobica. *le cellule dell’epidermide sono definite cheratinociti Esistono delle cellule accessorie all’interno dell’epidermide, le più importanti sono: - le cellule di Langerhans, sono cellule mobili che rappresentano i macrofagi dell’epidermide. Se un agente patogeno attraversa i primi strati dell’epidermide, le cellule di Langerhans captano la molecola estranea e fanno in modo che si scateni la risposta immunitaria, sono anche dette APC (Antigen Presenting Cell); - le cellule melanocitarie (anche dette melanociti); questi li troviamo nella porzione più profonda dell’epidermide e, grazie ai loro numerosi prolungamenti citoplasmatici, si inseriscono all’interno dello strato spinoso. Queste cellule sintetizzano melanina (un pigmento) che è la proteina responsabile del colore della pelle e la trasportano ai cheratinociti: eumelanina responsabile della carnagione scura e feomelanina responsabile della carnagione chiara. I melanociti non sfruttano la melanina ma la producono soltanto; la melanina, una volta prodotta, viene posizionata al di sopra del nucleo. I melanociti sono fortemente stimolati dai raggi ultravioletti e sono responsabili di numerose malattie come i melanomi; - i cheratinociti (epidermociti), proliferano a partire da gli strati più profondi e si spostano verso gli strati più superficiali; derivano dall’ectoderma e diventano cellula cornea; - le cellule di Merkel (i recettori sensoriali nell’epidermide) sono cellule posizionate strategicamente a livello basale dell’epidermide; ricevono gli stimoli sensoriali in particolare quelli pressori. La presenza di queste cellule permette alla cute di trasmettere sensazioni di dolore, freddo, calore e contatto al sistema nervoso centrale. EPITELI PARTICOLARI: - epitelio di transizione o polimorfo: è un epitelio pluristratificato composto da cellule cubiche o cilindriche; si trova nelle vie urinarie (vescica, uretere e parte superiore dell’uretra) nelle quali il numero di strati e la forma delle cellule variano a seconda dell’organo (quindi in base allo stato funzionale dell’organo che rivestono). Esempio: quando la vescica è vuota, contratta, l’epitelio è rilasciato per cui assomiglia ad un epitelio stratificato cubico, quando invece la vescica si distende, per accumulo di urina, le cellule si appiattiscono mentre quelle degli stati profondi scivolano le une tra le altre di modo che lo spessore dell’epitelio di riduca; - epitelio pseudo stratificato: questo tipo di epitelio è in realtà composto da un unico strato di cellule che poggiano tutte sulla membrana basale e i nuclei si trovano ad altezza diversa, dando l’impressione che si tratti di un epitelio a più strati. Può essere ciliato, nel caso delle mucose dell’apparato respiratorio, o non ciliato, nel caso dell’uretra maschile. ! Caratteristica peculiare dei tessuti epiteliali è inoltre l’ELEVATA CAPACITA’ DI RINNOVAMENTO: un importante processo omeostatico che si basa su un perfetto equilibrio tra elementi cellulari che devono essere rimpiazzati (in quanto invecchiati o che vanno incontro alla morte) e generazione di nuovi elementi cellulari. Tale processo è garantito dalla presenza di cellule staminali che, stimolate da specifici fattori di crescita, proliferano mediante una mitosi asimmetrica, portando alla formazione di due cellule figlie: una conserva le caratteristiche della cellula staminale, l’altra va incontro a un processo di differenziazione, rimpiazzando le cellule morte o invecchiate. 6 15 ottobre 2021 Un aspetto importante degli epiteli è il concetto di polarità. Molto spesso le cellule epiteliali possiedono una loro polarità morfologica e, conseguentemente, funzionale. Nell’ambito di un’ipotetica cellula epiteliale noi riusciamo a identificare, a livello della membrana plasmatica, tre domini (versanti cellulari) della cellula che contribuiscono a svolgere delle funzioni precise: - dominio apicale: che si affaccia sul lume o sull’ambiente esterno. Esso ha funzioni di secrezione o di assorbimento. Inoltre regola gli scambi di vario tipo con l’ambiente esterno o del viscere che riveste A livello del dominio apicale le strutture deputate a queste funzioni sono essenzialmente due: - i microvilli: sottili estroflessioni della membrana plasmatica della cellula, essi sono retti da strutture citoscheletriche contenenti actina. Essi hanno la funzione di aumentare la superficie assorbente della cellula; - le ciglia: estroflessioni molto più lunghe, costituite da una struttura citoscheletrica, detta assonema (costituita da microtubuli); hanno la funzione di facilitare l’uscita/spostamento di fluidi (tipiche del tratto respiratorio, importanti nei sistemi riproduttivi). - dominio laterale: permette alla cellula di interagire direttamente con la membrana basale; in questa regione sono presenti, infatti, le giunzioni cellulari (che servono a tenere insieme le cellule e permettono anche la comunicazione intercellulare). Queste giunzioni sono fondamentalmente tre e si possono classificare secondo tre gruppi funzionali: Giunzione occludente/stretta: Determina una chiusura/barriera chimica e fisica impermeabile tra le due cellule, questo porta quasi ad una fusione tra le due membrane plasmatiche e questo rende impossibile il passaggio da una cellula all’altra. Queste giunzioni solo che uniche che contribuiscono al mantenimento della polarità delle cellule, perché, fondendo le membrane, impediscono alle proteine di scendere a livello del dominio apicale. Inoltre, limitando il movimento di acqua ed altre molecole nello spazio intercellulare, esse mantengono l’isolamento fisico-chimico dei due compartimenti tissutali separati dall’epitelio. (Le troviamo per esempio nelle cellule epiteliali dei vasi sanguigni che arrivano al cervello perché è necessario che venga creata la barriera ematoencefalica, che separi ciò che circola nel sangue da ciò che circola nel tessuto nervoso) Giunzione aderente/ancoranti: le cellule sono sempre aderenti ma rimane un sottile spazio tra di esse, è presente un po’ di sostanza extracellulare, che permette il passaggio di molecole. La funzione è quindi quella di mantenere le due cellule ancorate e non a separarle. Questo tipo di giunzioni connettono il citoscheletro di una cellula con quello delle cellule confinanti, consentendo a gruppi di cellule di un epitelio di funzionare come una robusta unità strutturale. Si possono distinguere due tipi di giunzioni ancoranti: le zonule aderenti o giunzioni aderenti e i desmosomi (delle giunzioni circoscritte “a moneta”, che connettono i filamenti intermedi). 7 Giunzione comunicante/gap: sono dei veri e propri canali di membrana; sono caratterizzate da proteine di membrana dette connessine, in grado di controllare il passaggio diretto di piccole molecole, ioni e soluti. Una giunzione gap è rappresentata dall’assemblaggio ordinato di 12 proteine (connessione) che formano un canale circolare transmembrana, denominato connessione, che si appaia esattamente con un canale simile posto sulla cellula adiacente permettendo il passaggio di queste piccole molecole, ioni e soluti. Si trovano in tutti i tessuti fortemente eccitabili (muscoli). - dominio basale: direttamente a contatto con la membrana basale. Permette alla cellula di interagire con altre cellule e regola gli scambi con la membrana basale. A livello basale esistono delle giunzioni particolari (dette emidesmosomi). Queste giunzioni sono fondamentali perché conferiscono stabilità meccanica a tutto il tessuto. Concludendo: queste giunzioni sono presenti in un preciso ordine detto complesso giunzionale → inizia con una giunzione occludente e termina con una giunzione gap. Esiste un altro tipo di giunzioni fortemente dinamiche, che si creano e si distruggono continuamente; sono le giunzioni che permettono alla cellula di camminare. Si chiamano adesioni focali, perché interessano un punto della superficie della cellula. EPITELI GHIANDOLARI Le ghiandole sono organi specializzati nella elaborazione e secrezione di sostanze, quali enzimi o altre proteine, mucine, ormoni, lipidi ed elettroliti, che svolgono numerose funzioni biologiche. La secrezione consiste nel produrre sostanze destinate ad essere escrete dalla cellula per espletare una specifica attività funzionale. Nella ghiandola l’attività secernente è svolta dalle cellule che, nel caso delle ghiandole esocrine sono sempre epiteliali (epitelio ghiandolare o parenchima), mentre il tessuto connettivo interstiziale o stroma esercita una funzione meccanica di sostegno. Il parenchima ghiandolare è quella porzione della ghiandola che svolge la funzione secernente: è l’insieme degli adenomeri e dei dotti escretori. Lo stroma ghiandolare è quella porzione della ghiandola che serve come struttura di sostegno. 8 Nel caso delle ghiandole endocrine, invece, la funzione ghiandolare è esercitata anche da cellule non propriamente epiteliali: cellule di natura connettivale, cellule muscolari e neuroni. Le cellule sono in grado di rilasciare qualcosa attraverso modalità differenti, e questo è importante perché determina la funzione e l’effetto di questa sostanza sul “bersaglio”. Esistono diversi meccanismi di secrezione/segnalazione, i principali sono: - secrezione autocrina: modalità di secrezione che consente alla cellula di rilasciare qualcosa nell’ambiente extracellulare che poi servirà alla cellula stessa; - secrezione paracrina: una cellula effettrice che secerne e una cellula effettore che riceve il prodotto di secrezione. Avviene spesso nel contesto dello stesso tessuto o dello stesso organo. - secrezione endocrina: è presente una cellula che produce una molecola solubile che deve essere rilasciata, ma questo prodotto agisce spesso a notevole distanza. Le cellule possono avere dei meccanismi di secrezione costitutiva (producono e rilasciano continuamente) o regolata (producono e rilasciano sostanze solo quando c’è necessità o quando vengono stimolate). Esistono due tipologie di ghiandole: - ESOCRINE: sono costituite da dotti escretori e adenomeri; producono qualcosa che viene rilasciato all’esterno oppure in cavità che comunicano con l’esterno. Esse comunicano direttamente con l’esterno (es. le ghiandole sudoripare) e conservano sempre la loro connessione con l’epitelio superficiale di origine attraverso la presenza dei dotti escretori, all’interno dei quali viene rilasciato il prodotto che viene poi mandato a destinazione. La porzione secernente (adenomero) rimane collegata all’epitelio tramite il dotto escretore. Questo tipo di secrezione agisce a livello dell’organo stesso o al massimo di un organo adiacente. - ENDOCRINE: secernono all’interno, riversano i loro prodotti di secrezione (ormoni) direttamente nei vasi sanguigni. Queste ghiandole non mantengono la connessione con l’epitelio che le ha originate e non presentano un dotto escretore. La porzione secernente si separa dalla superficie, viene diffusamente vascolarizzata e il parenchima si organizza intorno ad una fitta rete di capillari in cui riverserà il prodotto di secrezione (l’ormone). Le ghiandole endocrine sono: l’ipofisi, la ghiandola pineale, le paratiroidi, la tiroide, l’ipotalamo, le ghiandole surrenali e le isole di Langerhans nel pancreas. Le ghiandole, sia esocrine che endocrine, hanno origine da epiteli di rivestimento. Dall’epitelio di rivestimento si forma un’invaginazione, ovvero un cordone solido di cellule epiteliali che prolifera ed invade il tessuto connettivo sottostante. Successivamente, nel caso delle ghiandole esocrine, le cellule poste più in profondità del cordone cellulare si differenziano in elementi secernenti formando l’adenomero, mentre la porzione di connessione con l’epitelio superficiale si trasforma in doto escretore che raccoglie il secreto e lo convoglia all’esterno. Nelle ghiandole endocrine, invece, le cellule epiteliali che connettono la ghiandola alla superficie, degenerano e scompaiono; per cui la ghiandola rimane isolata dall’epitelio di rivestimento e dà inizio ad una ricca proliferazione vascolare. 9 All’interno del nostro organismo esistono ghiandole molto “antiche” dal punto di vista evolutivo, sono le ghiandole unicellulari: ghiandole costituite da un singolo elemento epiteliale. Nel nostro organismo abbiamo solamente una ghiandola unicellulare, la ghiandola mucipara-caliciforme: È una ghiandola caliciforme che secerne mucina (sostanza protettiva e idratante composta da glicoproteine, glicosamminoglicani e acqua che insieme formano il muco), molto spesso sono presenti con cellule cigliate, sono cellule molto grandi e presentano un nucleo schiacciato. Nelle GHIANDOLE ESOCRINE, indipendentemente dalla complessità strutturale, è sempre possibile riconoscere due porzioni: - la porzione duttale: porzione di trasporto; - la parte secernente (adenomero). Il prodotto di secrezione viene rilasciato all’interno dell’adenomero, per poi raggiungere la superficie epiteliale. La complessità di queste ghiandole può variare; essa può essere: semplice: l’adenomero può avere diverse morfologie (tubulare, glomerulare, tubulare ramificata, acinosa). Può avere più unità secernenti connesse alla superficie dell’epitelio o direttamente o per mezzo di un dotto principale non ramificato. Le ghiandole semplici possono essere tubulari , glomerulari, acinose o alveolari in base alla struttura e alla forma dell’adenomero. - Tubulare semplice: le cellule ghiandolari secernenti si dispongono a circoscrivere una struttura tubulare rettilinea nel cui lume riversano il secreto: non esiste separazione tra porzione secernente. - Ghiandola tubulare a gomitolo o Glomerulare: la struttura ghiandolare ha forma di tubulo; l’estremità distale del tubulo è avvolta a gomitolo e costituisce la porzione o unità secernente; la restante parte, rettilinea, costituisce il dotto escretore. - Ghiandole Acinose o Alveolari semplici: l’adenomero ha la forma di una piccola sfera. Quando l’adenomero non è unico, ma presenta ramificazioni, la ghiandola è definita composta. Composta: la porzione duttale risulta ramificata. Il dotto escretore principale si ramifica ripetutamente in condotti di calibro progressivamente decrescente che terminano poi con l’adenomero. Ciascuna ramificazione è provvista alla sua estremità di una porzione secernente. Le ghiandole composte sono classificabili, a seconda della forma degli adenomeri, in tubulari, acinose e tubulo-acinose o tubulo-alveolari: 10 - Tubulare composta: gli adenomeri posti all’estremità selle singole ramificazioni del dotto escretore hanno forma tubulare - Ghiandole acinose o alveolari composte: gli adenomeri hanno forma grossolanamente sferica; un esempio è la ghiandola mammaria che è spesso definita come ghiandola otricolare composta - Ghiandole tubulo-acinose o tubulo-alveolari composte: sono le più comuni e sono costituite sia da unità secernenti tubulari, sia da adenomeri di forma alveolare In base alle modalità con cui le cellule che le compongo emettono il secreto, le ghiandole esocrine possono essere classificate in: - Merocrina: (la più comune) le cellule rilasciano i loro prodotti attraverso la formazione di vescicole secretorie. Il prodotto di secrezione che verrà riversato all’esterno mediante esocitosi, è contenuto in un granulo di secrezione, mentre la cellula rimane integra. - Apocrina: le cellule rilasciano i loro prodotti di secrezione insieme ad una piccola componente di porzione apicale; gli elementi da secernere inizialmente sono liberi all’interno del citoplasma della cellula, poi però vengono portate nella porzione apicale, la membrana plasmatica si chiude intorno al prodotto e così una piccola parte di membrana che viene poi ricostruita. (esempio ghiandola mammaria: rilascia gocciole lipidiche; ghiandole sudoripare delle ascelle e dell’inguine) - Olocrina: il prodotto di secrezione è la stessa cellula e viene “secreta” nel lume dell’adenomero. L’intera cellula, dopo aver accumulato il prodotto di sintesi, viene eliminata, costituendo essa stessa il secreto. Risulta poi che le ghiandole devono avere una riserva di cellule staminali indifferenziate che proliferano e si differenziano sostituendo quelle che sono eliminate (si occupano di ripopolare gli adenomeri). Un esempio sono le ghiandole sebacee della cute. Esiste anche una differenza sul tipo di prodotto secreto dalle ghiandole esocrine: - Secrezione sierosa: secrezione di elementi di natura proteica; proteine ad attività enzimatica (es. enzimi digestivi); - Secrezione mucosa: secrezione di elementi di natura lipidica; soluzione concentrata di glicoproteine viscose trasparenti, definito muco (es. muco = acqua + mucina); - Secrezione mista: all’interno dello stesso acino saranno presenti sia cellule a secrezione sierosa sia cellule a produzione mucosa (es. ghiandola salivare minore). A livello di molte ghiandole esocrine sono presenti cellule mioepiteliali che avvolgono l’adenomero e, contraendosi, strizzano l’adenomero (es. ghiandola salivare maggiore parotide). 11 Le GHIANDOLE ENDOCRINE, come le esocrine, hanno origine dall’epitelio superficiale come cordoni di cellule che proliferano e invadono il tessuto connettivo sottostante. La connessione con l’epitelio d’origine scompare e il parenchima (la componente funzionale) si organizza intorno a una fitta rete di capillari in cui riverserà il prodotto di secrezione dell’ormone. Non presentano il dotto escretore e i prodotti di secrezione sono chiamati ormoni. Il sistema endocrino permette l’integrazione funzionale tra gli organi e tra i tessuti diversi tramite il rilascio di molecole segnale in grado di diffondersi nello spazio extracellulare o nel torrente circolatorio per raggiungere cellule bersaglio che si trovano vicine o a distanze notevoli dalla sorgente del segnale. Inoltre il sistema endocrino regola un’innumerevole quantità di meccanismi omeostatici nell’organismo (controllo dell’attività di neuroni e muscoli per specifiche funzioni, di muscoli viscerali e di ghiandole esocrine durante la digestione). Le modalità di comunicazione del Sistema Endocrino sono analoghe a quelle del Sistema Nervoso: la molecola segnale rilasciata (neuro-trasmettitore o ormone) lega il relativo recettore espresso dalla cellula bersaglio, avviando così segnali intracellulari che ne regolano il comportamento. Gli ormoni sono molecole biologicamente attive che agiscono su specifiche cellule bersaglio a concentrazioni bassissime. Possono essere rilasciati nel torrente circolatorio, utilizzando così il sangue come mezzo di trasporto per raggiungere le cellule bersaglio, oppure possono diffondere nel tessuto connettivo circostante. Dal punto di vista funzionale gli ormoni, si possono classificare in: endocrini, neuroendocrini, paracrini e autocrini. Esistono ghiandole miste ovvero sia ghiandole endocrine sia ghiandole esocrine (es. isole di Langerhans e cellule di Leydig). 12 È possibile inquadrare le ghiandole endocrine secondo una determinata organizzazione strutturale: - possono presentarsi come ammassi cellulari (es. ipofisi, paratiroidi, pancreas); - alcune presentano un’organizzazione ben precisa, sono le ghiandole follicolari (es. tiroide); - elementi ghiandolari dispersi negli spazi interstiziali di un organo; - cellule endocrine presenti come gruppi ben delimitati, dispersi nel contesto di una ghiandola esocrina (es. isole di Langerhans). PANCREAS È una ghiandola mista, a secrezione sia endocrina che esocrina, la quale produce enzimi digestivi e ormoni. Le due componenti si possono ben distinguere: - pancreas esocrino: Componente del pancreas che produce elementi che contribuiscono alla digestione, rilasciando enzimi digestivi. Il dotto principale che termina con dotti interlobulari che terminano a loro volta con acini di secrezione. Tutto il prodotto di secrezione viene condotto in un dotto principale e poi viene mandato all’interno dell’intestino. Gli enzimi amilasi contribuiscono alla digestione dei carboidrati, la proteasi quella delle proteine e, infine, la lipasi quella dei grassi. - pancreas endocrino: La porzione endocrina del pancreas rappresenta circa il 2% del volume del pancreas umano, ed è formata da gruppi di cellule organizzate in “isole”, le isole di Langerhans, diffuse nel parenchima esocrino. Nelle isole sono presenti tre popolazioni di cellule endocrine, che secernono ormoni differenti: le cellule α, le cellule β le cellule γ e le cellule δ. Tutti gli ormoni secreti dalle cellule endocrine del pancreas regolano funzioni metaboliche sia sistemiche ( regolano il livello ematico del glucosio, insulina e glucagone) sia a livello paracrino (somatostatina La componente endocrina del pancreas produce ormoni che rilascia nel sangue. Questa parte del pancreas appare come un ammasso di cellule poco organizzate; queste cellule possono essere di 4 tipi: 1. Cellule α: secernono il glucagone; questo ha a che fare con il metabolismo degli zuccheri, e si attiva principalmente nell’intervallo dei pasti; 2. Cellule β: secernono l’insulina; anche quest’ultima ha a che fare con il metabolismo degli zuccheri ma, al contrario del glucagone, si attiva in risposta all’aumento dei livelli ematici di glucosio; (queste sono le cellule coinvolte nel diabete); 3. Cellule γ (gamma): secernono la somatostatina; ormone che regola la secrezione di insulina e glucagone; 4. Cellule δ: secernono il peptide pancreatico; ormone che regola la produzione dei succhi pancreatici. 13 TIROIDE: La tiroide è una ghiandola endocrina bilobata localizzata alla base del collo, davanti alla laringe e all’estremità superiore della trachea. Si compone di un lobo destro e di un lobo sinistro; questi due lobi sono collegati a livello dei poli inferiori da un istmo che passa a ponte sulla parte inferiore della laringe. La sua struttura è follicolare: all’interno della tiroide sono presenti circa 4 milioni di vescicole delimitate da un epitelio semplice cubico che accumulano ormoni che vengono poi gradualmente rilasciati nel momento di bisogno. Istologicamente un follicolo è delimitato da cellule follicolari secernenti (cellule che producono la tetraiodotiroinina (T4) e la triiodiotiroinina (T4)). Associate (ma non fanno parte del follicolo) ci sono le cellule C che producono l’ormone calcitonina e che agiscono direttamente sul tessuto osseo. 14 22 ottobre 2021 TESSUTI CONNETTIVI I tessuti connettivi sono una famiglia di tessuti che condividono delle caratteristiche comuni, tra cui: la derivazione (cioè l’origine del tessuto) e la struttura di base. Una caratteristica fondamentale che li contraddistingue dagli altri tessuti è la vascolarizzazione, a differenza degli epiteli (che sono avascolari), l’innervazione e la notevole distanza tra le cellule, queste infatti sono separate dalla matrice extracellulare e non si toccano l’una con l’altra. Seppure differenziati tra loro, i tessuti connettivi hanno per la maggior parte origine mesenchimale (in piccola parte, i mastociti derivano dal midollo osseo); il mesenchima è il tessuto connettivo embrionale nel quale sono presenti cellule fortemente indifferenziate che vengono riprogrammate per farle diventare cellule differenziate, per esempio in ambito muscolare, nervoso ecc. Un’ulteriore caratteristica, è la natura (cioè la composizione) della matrice extracellulare: lo spazio presente tra le cellule, nel contesto dei vari tessuti connettivi, si organizza in modi specifici. ESEMPIO: nel caso del sangue la matrice è liquida, nelle ossa la matrice è calcificata. LA MATRICE EXTRACELULARE (ECM) è una componente fondamentale; se non fosse ben deposta, potrebbero insorgere dei seri problemi a livello del funzionamento di quel determinato tessuto o organo. La funzione principale dei tessuti connettivi è infatti quella di connettere, se dunque la matrice è mal disposta, sarà compromessa la diffusione di sostanze al suo interno. Tutte le componenti, vengono prodotte all’interno della matrice stessa; nei diversi tessuti connettivi ci sono cioè delle cellule specializzate i cui prodotti sono fattori proteici che serviranno a costruirla; tra queste cellule “operaie” troviamo: fibroblasti, condroblasti, osteoblasti. Tutto ciò che avviene a livello della matrice, va a determinare la costituzione di “microambienti”, costituiti da proteine, fattori fibrosi e molecole inorganiche che insieme costituiscono una struttura tridimensionale che ha il compito di mantenere la forma di un tessuto e di mediare tutte le possibili combinazioni di interazioni (tra cellule e fattori solubili). La matrice ha due componenti fondamentali: - componente fibrosa (di natura proteica) - componente detta sostanza fondamentale Per quanto riguarda la funzione della matrice extracellulare, si possono identificare ruoli strutturali (forma, dimensioni, capacità del tessuto di modificarsi se sollecitato da forze meccaniche) e quindi sostegno meccanico per le cellule e per il tessuto, e ruoli biologici (integrazione dei segnali intra ed extra cellulari). La matrice è quindi una componente di cui i tessuti e gli organi non possono fare a meno. Dal punto di vista chimico, a livello della sostanza fondamentale, ci troviamo delle molecole tra cui proteoglicani, glicosamminoglicani (o GAG) e glicoproteine multiadesive, che conferiscono alle matrici flessibilità, estensibilità, resistenza e porosità. Quello che succede nell’invecchiamento fisiologico dei nostri tessuti è a livello delle matrici: basta confrontare la pelle del volto di un bambino con quello di una persona anziana. I due organi sono diversi; questo dipende da un fattore fisiologico, cioè dalla lunghezza di queste molecole che tende a diminuire. 15 Per quanto riguarda la componente fibrillare della matrice extracellulare, sono facilmente riscontrabili diversi tipi di strutture sovra molecolari filamentose responsabili dell’elasticità e della resistenza alla tensione. Le seguenti sono immagini di microscopia elettronica, raffiguranti (Figura 1) dei globuli rossi nel momento del coagulo (quanto vengono richiamati i trombociti) e quindi nel momento in cui le fibre si rendono evidenti. Figura 1 Invece nei tessuti connettivi normali (Figura 2), si trova questo reticolo (spesso costituito da una combinazione di tutte e tre le fibre che si intrecciano tra di loro) le cui componenti fibrose servono a conferire all’organo resistenza sia alla trazione che alla tensione e ad indirizzare il flusso delle cellule nel contesto tissutale (come per le cellule immunitarie negli organi linfatici secondari). Figura 2 (microfotografia di un tessuto connettivo) Esistono tre tipi principali di fibre connettivali: si può avere una diversa organizzazione di queste. - fibre collagene - fibre reticolari - fibre elastiche In realtà sono due perché le fibre collagene e le fibre reticolari, hanno alla base della loro composizione la stessa proteina (proteina collagene); la differenza tra queste due fibre è essenzialmente il modo di organizzarsi. Le fibre elastiche invece, si basano sul coinvolgimento di una proteina diversa dal collagene (elastina). Dunque le proteine fondamentali sono due: il collagene; che entra a far parte della sintesi delle fibre collagene e l’elastina che invece fa parte della sintesi delle fibre elastiche. Il collagene è una delle proteine dei tessuti connettivi più importanti: è una struttura costruita a partire dalla sintesi di un singolo filamento proteico (attività di sintesi che si svolge nei fibroblasti, all’interno delle cellule). Di questi filamenti si vengono a formare diversi tipi di catene, dette procollagene e generalmente costituite da tre filamenti proteici (catena polipeptidiche α avvolte a elica). Il procollagene deve essere portato esternamente alle cellule e per farlo le sfilacciature del procollagene devono essere tagliate; quando poi questa molecola di nuova formazione, che si chiama tropocollagene, viene spedita nell’ambiente extracellulare, si può unire a tante molecole dello stesso tipo a formare una cosiddetta fibrilla. 16 A partire dal procollagene e dal tropocollagene, le strutture formate sono piuttosto resistenti; questo grazie all’intreccio (a mo’ di treccia) di tre filamenti. Inoltre le fibrille si organizzano a loro volta legandosi tra di loro, formando una fibra sempre più resistente. Per rendersi conto della resistenza delle fibre di collagene, possiamo confrontare a parità di spessore (calibro), una fibra di collagene con una di acciaio: quella di collagene tiene di più. Queste fibre sono quindi molto resistenti a livello meccanico, ma meno a livello di flessibilità. CURIOSITA’: Il 30% del nostro corpo è costituito da fibre di collagene. La differenza tra le fibre di collagene e le fibre reticolari, sta nella forma: si può avere un gene che codifica per una proteina, questa può subire delle piccole modificazioni dando origine a delle varianti (es. collagene di tipo I, collagene di tipo II ecc.), che sebbene rimangano collagene, subiscono delle modifiche per quanto riguarda la resistenza, la capacità idrofobica o acida. Nelle fibre reticolari sono identificabili queste modificazioni: queste sono infatti sempre costituite da collagene ma con un’isoforma diversa. (sono stati identificati più di 30 tipi di collagene) Quindi queste modificazioni impediscono alle fibre reticolari di formare dei grossi fasci, ma al contrario formare fasci più sottili. C’è un vantaggio: queste fibre sono meno resistenti alla trazione però sono più malleabili. Troviamo queste fibre in tutti quei tessuti che devono modificare le loro dimensioni: negli organi linfatici. Nel linfonodo per esempio, a seguito del contatto con l’antigene, i linfociti cominciano a proliferare e i noduli linfatici diventano più grandi; il linfonodo contiene numerosi noduli linfatici al suo interno, di conseguenza questo aumenterà di dimensione. Nelle fibre elastiche troviamo una particolare proteina detta elastina. Queste fibre sono decisamente più sottili; gli organi e i tessuti contenenti queste fibre sono elastici e possono quindi modificare la loro estensione e tornare immediatamente alla loro forma originale. Tra questi: i vasi sanguigni, il polmone, la pelle, la vescica. Nell’aorta per esempio, quando il cuore pompa il sangue, le pareti si dilatano e poi ritornano nella condizione iniziale. Questo perché tra le cellule muscolari ci sono molte fibre elastiche. (in figura, lo spaccato di un’aorta) Ma anche nelle regioni più profonde dell’albero polmonare, aumentano le fibre elastiche; intorno agli alveoli non c’è infatti muscolatura. Per svolgere il tipo di movimento che compiono gli alveoli, se al posto delle fibre elastiche ci fosse un muscolo, risulterebbe esserci un elevato consumo di energia. Inoltre, contrazione muscolare, sebbene rapida, richiede un tempo che non è compatibile con la contrazione di una fibra elastica. 17 Esistono delle patologie genetiche, a carico dei geni che codificano per il collagene (quindi delle mutazioni genetiche), che portano alla formazione di collageni non funzionanti. Questo può scaturire in patologie devastanti. Il collagene è presente in grandi quantità nel corpo umano (ossa, cartilagini ecc.), si possono quindi avere delle condizioni che portano problemi a livello vascolare, muscolare, cutaneo. Per fare un esempio di queste patologie: la sindrome di Helers-Danlos (EDS); questa è appunto una patologia a carico del mal funzionamento delle fibre collagene. Questi soggetti hanno problemi diffusi dalle articolazioni, alle ossa e ai muscoli. Oltre alla componente fibrosa, la matrice extracellulare ha una componente cellulare: ogni tipo di tessuto avrà delle cellule che condividono una funzione comune. Queste cellule avranno una forma, delle dimensioni e dei nomi diversi ma fondamentalmente producono tutte delle fibre (componenti della matrice). Ci saranno poi delle cellule con una funzione specifica nel contesto tessutale: in un osso per esempio, avremmo gli osteociti. Molte di queste cellule rintracciabili nei connettivi, hanno un’origine comune, cioè derivano dalla cellula capostipite mesenchimale. Prendendo due esempi opposti tra loro: un linfocita (piccola e sferica, di 7micron), confrontato con un osteocita (grande, con prolungamenti e di 20 micron), difficilmente si riuscirebbe a pensare che derivano dalla stessa cellula; in realtà sono entrambe di derivazione mesenchimale. Tra le cellule più comuni dei tessuti connettivi: 1. I fibroblasti, sono cellule che fisiologicamente producono componenti della matrice, quindi nel contesto dei vari tessuti si possono chiamare in modo diverso (osteoblasti, condroblasto, odontoblasto). Sono le cellule più numerose e possono essere definite “presidenti” o “fisse”, perché nascono, crescono, si riproducono e muoiono nel contesto dello stesso tessuto connettivo. Esistono in due diversi stati funzionali: fibroblasto e fibrocito. La maggior parte dei nostri fibroblasti si trovano nello stato di fibrocito: cioè in una condizione di riposo, che però può essere riattivato in seguito ad un danno tissutale. Il danno ovviamente deve essere riparato; i fibrociti verranno dunque risvegliati da uno stato di quiescenza, per indurli a riprendere le loro attività metaboliche e quindi cominciare a riprodurre componente della matrice. Sono quindi cellule che nei nostri connettivi sono responsabili dei meccanismi di riparazione delle ferite; la cicatrice non è altro che il risultato della deposizione di componenti della matrice a opera dei fibroblasti un po’ esagerata (perché le cellule deputano il danno molto più grave di quello che è realmente). 18 2. Anche gli adipociti sono delle cellule connettivali e derivano dal mesenchima. Non sempre gli adipociti costituiranno un tessuto adiposo vero e proprio; alcune di queste cellule isolate o gruppi di adipociti si possono anche trovare nel contesto di altri organi; durante l’invecchiamento fisiologico dei nostri tessuti, in alcuni organi aumenta la quantità di cellule adipose. Nel midollo osseo per esempio, durante l’invecchiamento, aumenta la quantità di midollo giallo (midollo ricco di adipociti). Questo è un tessuto che serve per regolare molte delle attività metaboliche (produzione e mantenimento del calore). 3. I macrofagi sono delle cellule di grandi dimensioni, hanno il ruolo di andare alla ricerca di agenti estranei per poi fagocitarli e portarli ai linfociti. Sono quindi cellule ampiamente presenti nelle zone di infiammazione. Queste cellule hanno nome differente in base al tipo di tessuto su cui operano e sono raggruppati nella famiglia dei fagociti mononucleati: - Cellula di Kupffer (fegato) - Macrofago alveolare o “dust-cells” (polmoni): eliminano microparticelle provenienti dall’inquinamento dell’ambiente in cui si vive - Osteoclasto (osso) - Cellula di Langerhans (epidermide) 4. I mastociti (dal tedesco letteralmente “grande cellula”), derivano direttamente del midollo osseo (non dal mesenchima come le altre) !. Vengono attivate al momento di un’infezione o infiammazione e producono una serie di tessuti solubili: istamina (induce permeabilità vascolare allentando le giunzioni tra le cellule epiteliali) ed eparina (è un anticoagulante, quindi fluidifica il sangue). Questo permette di facilitare il passaggio di cellule. In caso di shock anafilattico, tutti i mastociti contemporaneamente all’interno dell’organismo si degradano. 5. Le plasmacellule si occupano della produzione di anticorpi e sono piuttosto rare nei tessuti connettivi in condizioni normali; il loro numero aumenta nel corso di processi infiammatori cronici o in seguito alla penetrazione di batteri e proteine estranee. Rappresentano una forma differenziata di linfocito B. Sono cellule molto voluminose  Per quanto riguarda l’organizzazione specifica, nei tessuti connettivi possiamo trovare: i propriamente detti (non specializzato), liquidi e di sostegno (liquidi e di sostegno rientrano tra quei tessuti connettivi specializzati). TIPI DI TESSUTO CONNETTIVO non specializzato: - i PROPRIAMENTE DETTI (TCPD): sono tutti quei tessuti che non hanno una funzione specifica o specializzata; svolgono una funzione di coesione. A loro volta si suddividono in propriamente detti lassi e densi. Si trovano in tutti quegli organi sottoposti a stress meccanici (sotto ai tessuti epiteliali, in piccoli vasi, tra le cellule muscolari e fibre nervose, a livello del derma, nello stroma di molte ghiandole). La sua composizione strutturale prevede fibre e cellule in quantità proporzionali. 19 Il TCPD esiste sotto due forme: una densa, la cui caratterista è quella di avere una grande quantità di fibre orientate parallelamente tra loro, se regolare (si può trovare nel tendine); nel caso in cui sia irregolare, le fibre sono disposte in modo disordinato. La differenza sta nella direzionalità della resistenza: il TCPD denso regolare offre una resistenza unidirezionale, le fibre del TCPD denso irregolare, offrono invece una resistenza da più angolazioni (fibre presenti nel derma). Il TCPD esiste anche sotto una forma lassa o areolare: costituisce le tonache che accompagnano la cute (formando il tessuto connettivo sottocutaneo) e le mucose degli organi cavi comunicanti con l’esterno (apparato digerente, respiratorio, vie urinali, vie genitali ecc.). E’ inoltre una sostanza amorfa relaticamente più abbondante rispetto alle fibre e uan componente cellular5e ben rappresentata in tutti i suoi tipi (fibroblasti, leucociti, macrofagi, mastociti, adipociti). - Il TESSUTO ADIPOSO (TA): i tessuti adiposi appartengono alla famiglia dei propriamente detti, sono quindi anche loro tessuti non specializzati. Hanno funzioni diverse: di copertura (superficiale), di rivestimento (nelle parti più interne del corpo, come per esempio nella cavità addominale) e di infiltrazione (nel tessuto muscolare). Sul totale del tessuto adiposo del corpo umano, il 50% è di copertura, il 45% riveste le cavità interne e il 5% è grasso di infiltrazione del tessuto muscolare. Anche nel caso dei tessuti adiposi si possono individuare delle sottocategorie relativamente alla tipologia di cellula dell’adipocita. Per quanto riguarda invece i tessuti connettivi specializzati, che svolgono quindi una funzione specifica, troviamo: - Il SANGUE: è un tessuto connettivo specializzato nella funzione di trasporto (di cellule, di sostanze nutritive e di ossigeno). È costituito da matrice, da una componente cellulare e da una fibrosa costituita da fibrina (presente solo in seguito a coagulazione, formando il tappo piastrinico). In questo caso la matrice è molto diversa perché è liquida ed è detta plasma (il suo 90% è composto da acqua). Nel corso della vita, varia la fluidità del sangue (invecchiando aumenta la densità): il feto è composto dal 100% di acqua, mentre nei soggetti anziani il sangue è meno fluido, con una componente di acqua nel corpo del 50%. Osservando un campione di sangue, in presenza di un anticoagulante, questo si stratifica in 3 zone: la componente più pesante e densa, cioè la componente rossa (ricca di globuli rossi, cioè emoglobina), la componente più leggera (il plasma) e il “buffy coat”, cioè una sottile banda che si viene a depositare tra i globuli rossi e la matrice extracellulare liquida (nel quale si depositano tutte le cellule della serie bianca del sangue: i leucociti). Solitamente il rapporto tra queste tre componenti 20 rimane costante, rispettivamente: 45%, 55% e

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