Psicologia della Salute - Appunti del Modulo 1 (2022-2023)

Summary

Questi appunti del modulo 1 di Psicologia della Salute coprono le origini della disciplina, i modelli teorici e la ricerca. Il documento traccia l'evoluzione storica del pensiero medico, dagli antichi egizi ad Ippocrate, fino ai modelli moderni.

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PSICOLOGIA DELLA SALUTE Modulo 1 “Le origini della Psicologia della Salute, i modelli teorici e la ricerca” Docente: Prof. Lorenzo CAMPEDELLI ________________________________________________________ Anno accademico 2022-2023 ...

PSICOLOGIA DELLA SALUTE Modulo 1 “Le origini della Psicologia della Salute, i modelli teorici e la ricerca” Docente: Prof. Lorenzo CAMPEDELLI ________________________________________________________ Anno accademico 2022-2023 INDICE PARTE I - LA STORIA DELLA PSICOLOGIA DELLA SALUTE: DALLE ORIGINI DEL SAPERE MEDICO AD OGGI........................................................................................................... 3 1. La origini del sapere medico: l’antichità............................................................................................. 3 1.1. Il Medioevo.................................................................................................................................... 4 1.2. Il Rinascimento.............................................................................................................................. 5 1.3. L’Illuminismo................................................................................................................................ 6 2. L’era contemporanea: il modello biomedico...................................................................................... 8 2.1. Il modello olistico.......................................................................................................................... 9 2.2. Il modello biopsicosociale........................................................................................................... 11 2.3. Il modello del benessere............................................................................................................... 12 3. L’approccio clinico della salute........................................................................................................ 12 4. La nascita della Psicologia della Salute............................................................................................ 17 PARTE II - LO STATO DI SALUTE.............................................................................................. 20 1. Lo stato di salute percepito............................................................................................................... 20 2. La qualità di vita legata alla salute.................................................................................................... 21 3. La salute funzionale.......................................................................................................................... 22 4. Emozioni e salute.............................................................................................................................. 23 PARTE III - LA RICERCA IN PSICOLOGIA SALUTE............................................................. 27 1. Il processo di ricerca: i metodi quantitativi....................................................................................... 27 2. La pianificazione della ricerca.......................................................................................................... 28 3. La definizione delle domande e delle ipotesi di ricerca.................................................................... 28 4. La costruzione del questionario........................................................................................................ 30 5. Validità ed affidabilità delle misure.................................................................................................. 31 6. Le varie tipologie di modelli di ricerca............................................................................................. 31 7. Il campionamento, l’analisi dei dati ed il rapporto di ricerca............................................................ 32 8. La ricerca in psicologia della salute: i metodi qualitativi.................................................................. 34 8.1. Cenni storici e questioni epistemologiche................................................................................... 34 9. Le principali correnti qualitative in psicolgia della salute................................................................ 37 10. Validità e possibili integrazioni........................................................................................................ 39 TAKE HOME MESSAGES............................................................................................................. 41 Bibliografia......................................................................................................................................... 43 2 PARTE I - LA STORIA DELLA PSICOLOGIA DELLA SALUTE: DALLE ORIGINI DEL SAPERE MEDICO AD OGGI. “Se c’è amore per l’uomo, ci sarà anche amore per la scienza” Ippocrate di Kos (460-370 a.C.) 1. La origini del sapere medico: l’antichità. Le origini di un sapere medico sistematizzato risalgono all’antico Egitto del 1600- 1500 a.C., precisamente sono da ritrovare in quattro papiri, il più antico dei quali (il papiro di Smith) contiene approfondite informazioni anatomiche, fisiologiche e patologiche che dimostrano le altrettanto approfondite conoscenze sulla chirurgia e sul trauma in possesso degli antichi egizi. Degli altri tre papiri giunti sino a noi, il più importante, il papiro di Ebers, è unico nel suo genere in quanto vi sono precise indicazioni riferite al muscolo cardiaco, di cui viene riconosciuta la centralità nel sistema cardiovascolare, ed alla farmacopea, dove sono fornite minuziose informazioni sulla posologia e somministrazione di oltre settecento medicamenti. Le conoscenze anatomico e fisiologiche degli egizi si perfezionarono grazie ai contatti con la cultura greca. L’apice fu raggiunto con la fondazione della Scuola Alessandrina, sotto la dinastia tolemaica, tra il V ed il IV secolo a.C. Fu proprio con la cultura classica che si abbandonò la convinzione che la malattia, così come la guarigione, fossero determinate dal volere degli Dei. Ippocrate di Kos ebbe ad affermare che l’indagine medica non doveva limitarsi alle singole manifestazioni morbose bensì estendersi fino ad abbracciare la persona in senso olistico, guardando non solo alle caratteristiche intrinseche di ciascun individuo ma volgendo l’attenzione anche all’ambiente in cui è inserito. Per primo Ippocrate intuì 3 come la malattia potesse interessare tutto l’organismo e come lo stesso possedesse capacità di recupero e di autocura. Sempre ad Ippocrate si riconosce il merito di avere posto le basi del modello diagnostico moderno, da svolgersi attraverso la raccolta anamnestica e fondato sulla formulazione di una diagnosi, di una prognosi e sull’importanza dell’auscultazione, palpazione ed ispezione del corpo del paziente. Secondo gli ippocratici, la malattia è da analizzare da un punto di vista dinamico, essendo un evento che attraversa delle fasi di evoluzione che possono essere previste in base ad alcuni parametri, come il tempo di esordio o al tipo di manifestazione sintomatica. La salute, invece, consisterebbe in una condizione di equilibrio degli umori e dei fluidi presenti nel corpo, che Ippocrate definì sangue, flegma, bile gialla e bile nera (provenienti rispettivamente dal cuore, dal cervello, dal fegato e dalla milza). Il successo della Scuola ippocratica è da ritrovare nell’avere attribuito centralità al paziente, inteso come individuo, assumendo, così, una prospettiva antitetica rispetto alla Scuola di Cnido che, invece, pose al centro dello studio e dell’esame la malattia. Le posizioni antitetiche delle due Scuole si ritrovano, a distanza di più di duemila anni, nello scontro tra il riduzionismo del modello biomedico e la prospettiva olistica del modello biopsicosociale. In epoca romana, il sapere medico venne divulgato dalle scuole di stato e la pratica medica esercitata negli ospedali o attraverso rapporti privati. Galeno, medico della corte imperiale, influenzato da Platone e Ippocrate, teorizzò che il corpo e le sue funzioni fossero regolati dallo pneuma (spirito vitale) ed affermò che chi si occupa di malattia e di salute deve eccellere anche in tre branche della filosofia: l’etica (il medico deve agire sempre per il bene del paziente e non per un suo tornaconto), la logica (l’indagine clinica permette una corretta interpretazione dei sintomi del paziente) e la fisica (basilare è la conoscenza del corpo umano come elemento del mondo naturale). 1.1. Il Medioevo. Il periodo che va dal V al XV secolo fu caratterizzato da forti contrasti sociali, politici e culturali e, se da un lato si assiste ad un rinnovato interesse per l’arte medica, 4 all’altro prevale un grave oscurantismo che poterà ad un arresto e, in alcuni casi, ad una vera e propria regressione rispetto alle conoscenze tramandate dai greci e dai romani. Le malattie e le sofferenze tornarono ad essere considerate come punizioni divine per i peccati commessi e l’accettazione era l’unica via per l’espiazione delle colpe, che avveniva attraverso, ad esempio, l’autoflagellazione, la preghiera, il digiuno, i pellegrinaggi. La medicina galenica veniva praticata all’interno dei conventi dei monaci e fu proprio grazie ai monaci ed alle monache amanuensi che furono tramandate le conoscenze contenute in antichi testi alle generazioni successive. La medicina, di fatto subì un periodo di grande stagnazione, soprattutto perché si intrise di superstizioni e false credenze. Di fatto l’agire medico doveva essere mosso da carità cristiana e non poteva andare contro la volontà divina. Nel VI secolo nacque la Schola Medica Salernitana, primo esempio di insegnamento medico istituzionalizzato ma ebbe vita breve perché osteggiata dalla Chiesa. Questo, però non impedì agli adepti di proseguire gli studi in altri luoghi e contesti, riuscendo a dare alla scienza medica una forte spinta laicizzante che permise alla chirurgia, branca dove maggiore era il ripudio della Chiesa, di assurgere a vero e proprio esercizio medico. Nel 1300 sorsero, quasi contemporaneamente, diverse facoltà di medicina in numerose sedi universitarie come Bologna, Padova, Napoli, Montpellier, Parigi, Oxford e Cambridge. L’impianto teorico della medicina accademica era caratterizzato dal ragionamento astratto e dalla abilità retorica, ben lontano dall’approccio empirico e fenomenologico proprio della medicina popolare. 1.2. Il Rinascimento. I classici furono letteralmente bruciati da Paracelso (1493-1541), il quale creò una nuova scienza detta “iatrochimica” (chimica curativa) e “spagirica” (che separa e unisce): la malattia doveva essere combattuta grazie all’impiego di minerali e prodotti chimici che subiscono una scomposizione per poi essere utilizzati in forma pura o miscelati con altre sostanze derivate da animali o da vegetali. Paracelso intuì anche l’importanza della posologia, ossia il rapporto tra la quantità del farmaco somministrato e gli effetti benefici 5 o nocivi, considerando qualsiasi sostanza come potenzialmente velenosa. La quantità permetteva di rendere la sostanza un non veleno. Paracelso considerò il corpo umano come un sistema chimico, la cui salute è assicurata da un corretto bilanciamento di mercurio e zolfo, i due principi base dell’alchimia, oltre che del sale. Determinò una frattura col passato, sostenendo che la salute può essere ristabilita grazie ai medicinali di natura minerale e non organica. Il medico, inoltre, doveva avere un contatto diretto col malato e prendere le sembianze del cosiddetto medico-mago: il medico intriso di magia e misticismo ma, nel contempo, aperto alla ricerca ed alla sperimentazione non più limitata ai pochi eletti. Leonardo da Vinci, nel focalizzare l’attenzione sull’uomo e sulla realtà come è data dall’esperienza diretta, fu spinto a sezionare i cadaveri per meglio comprendere il funzionamento del corpo, dei muscoli, della circolazione sanguigna. Egli disegnò tavole anatomiche precise e particolareggiate, fornendo un grande supporto alle conoscenze mediche. Il Rinascimento fu anche l’epoca delle grandi epidemie, iniziate nel 1347 con la peste nera. Le epidemie portarono sempre di più l’interesse sulla salute pubblica. Nel Quattrocento nacquero i primi lazzaretti, dove gli appestati venivano isolati e curati. Con l’avvento della stampa si diede l’avvio alla diffusione ed alla possibilità di confronto dei contenuti dei testi antichi con quelli scritti in epoca moderna. Proliferarono dibattiti su aspetti teorici, sulle definizioni di malattia, di sintomo. Crebbe la necessità di una sistematizzazione del sapere medico. Diagnosi e prognosi iniziarono a basarsi sempre di più sulla visita del paziente, senza necessariamente osservazione diretta bensì attraverso l’esame del polso, il resoconto narrativo, le risposte date al medico, le congetture astronomiche. Al termine della visita, il medico redigeva i consilia, ovvero le indicazioni terapeutiche, il decorso previsto e gli esiti attesi della malattia, anticipando quello che più tardi verrà chiamata cartella clinica. 1.3. L’Illuminismo. Il benessere del Rinascimento lasciò lo spazio alle guerre, alle pestilenze, alle rivolte su basi sociali. L’Illuminismo vide l’affermarsi della fiducia nella ragione e nel potere 6 della scienza, della laicizzazione del sapere. L’invenzione del microscopio, la sperimentazione portarono un profondo sviluppo del sapere medico. Gli studi tassonomici di Linneo portarono alla classificazione delle malattie. La malattia divenne una condizione riconducibile ad una data categoria nosografica e, di conseguenza, l’attenzione si spostò dal soggetto malato agli aspetti patogeni a detrimento della relazione tra medico e paziente. La rivoluzione industriale causò un esodo di massa dalle campagne ai quartieri periferici delle città dove avevano sede le fabbriche. Le condizioni igieniche precarie, la densità di popolazione, l’alimentazione scarsa a poco varia, la povertà e la violenza portarono ad attenzionare sempre più la salute dei lavoratori. Alla figura del medico scienziato si affiancò quella del medico condotto. Gli ospedali iniziarono la trasformazione verso la loro concezione moderna, aprendo le porte solo ai malati e non anche ai disagiati come avveniva in passato. Per quanto concerne la malattia mentale, si assiste all’abbandono della visione del malato mentale come posseduto dal demonio o come detentore di poteri occulti, per arrivare al riconoscimento dell’origine naturale della malattia mentale e all’isolamento dei malati di mente in strutture deputate ad accogliere coloro che venivano considerati socialmente inaccettabili. La psicologia psichiatrica fu definita da Pinel una turba della ragione prodotta dalle pressioni e dagli istinti e, in quanto tale, rieducabile attraverso la cosiddetta pedagogia morale. Pinel fu nominato direttore della struttura ospedaliera dove Charcot condusse i suoi studi sulle malattie nervose, in particolare sull’isteria e sull’ipnosi, permettendo all’ospedale di avere visibilità e notorietà e di vantare studenti come Sigmund Freud. Numerose furono le figure che contribuirono allo sviluppo delle conoscenze mediche in questo periodo. Bernard, fisiologo francese, sostenitore della vivisezione, fu il primo a parlare di omeostasi tra ambiente interno e variazioni esterne. Pasteur, confutando la teoria della generazione spontanea dei batteri, intuì l’importanza dell’asepsi e del legame esistente tra batteri e malattie. Hahnemann fondò l’omeopatia partendo dal principio ippocratico similia similibus curantur, ritenendo che le malattie fossero dovute ad una perturbazione della forza vitale provocata da cause immateriali, spirituali, dinamiche. 7 Bisogna aspettare l’Ottocento per vedere un malato essere visitato ma la malattia viene scissa dall’individuo che ne diviene un semplice portatore. L’interesse del medico è volto esclusivamente allo stato morboso e non all’insieme dei fattori che hanno portato alla malattia, che ne determinano il decorso e l’esito. Si avverte l’esigenza di procedere ad una diagnosi differenziale, poiché gli stessi sintomi possono essere ricondotti a malattie diverse. Il Positivismo vede il progressivo affermarsi della cieca fiducia in ciò che è scientificamente fondato, rispondente, quindi, ai criteri di riproducibilità e verificabilità. Cartesio, con il suo determinismo, in base al quale è valido solo ciò che è verificabile attraverso una causalità lineare, e la sua visione dualistica (res cogitans e res extensa), offre una valida base teorica al futuro modello biomedico che si imporrà nel Novecento. 2. L’era contemporanea: il modello biomedico. Così come ebbe a precisare Engel, il modello biomedico abbraccia sia il riduzionismo, ovvero la prospettiva filosofica, dogmatica, in base alla quale i fenomeni complessi derivano, in definitiva, da un unico principio primario, sia il dualismo cartesiano mente-corpo, che separa il mentale dal somatico. Viene, pertanto, postulata la conseguente indipendenza della malattia dai processi psicologici e sociali ed al centro dell’intervento medico è posizionato il corpo. All’interno di questo modello, la psicologia ricopre il ruolo di occuparsi dei processi mentali astratti come i pensieri ed i sentimenti che possono essere influenzati dagli stati fisici ma che non hanno effetti sull’insorgenza o il decorso della malattia. Secondo il modello biomedico, la malattia dipende da una alterazione della norma di variabili biologiche misurabili o da una alterazione della struttura di organi e tessuti. Il medico si focalizza sulla malattia, sulle sue manifestazioni, attraverso l’esame del paziente. La salute viene definita in base all’assenza della malattia, come una condizione di integrità e di buona funzionalità. Il vantaggio apportato da questo modello si può ritrovare nell’aver evidenziato la malattia come un argomento cruciale di cui la società si deve occupare. 8 Il punto debole, che ha sentenziato il suo superamento, è stato l’essere eccessivamente aderente al tema della mortalità. Inoltre, i cambiamenti sociali, orientati sempre di più verso una prospettiva di prevenzione hanno condotto alla necessità di una rivisitazione del concetto di salute ed hanno contribuito alla messa in discussione del modello biomedico. 2.1. Il modello olistico. L’approccio olistico allarga l’orizzonte del modello biomedico con l’introduzione del concetto di salute positiva. L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha definito la salute come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non come semplice assenza di malattia o infermità. Il movimento olistico della salute ha preso piede alla fine degli anni Settanta, mettendo insieme teorie e pratiche eterogenee ma accomunate da idee e principi di base, come, ad esempio, l’idea che la salute sia una condizione di funzionamento positivo e non anche l’assenza di sintomatologia. Il modello olistico si staglia contro il dualismo cartesiano e vi contrappone il concetto di essere umano in termini di unità funzionante che va trattata come un insieme inscindibile. Un altro principio ispiratore del modello olistico è quello che afferma la responsabilità della promozione e del mantenimento della propria salute in capo all’individuo e non al sistema sanitario o alla società. Occorre, pertanto, educare le persone alla salute e permettere loro di intervenire sulle determinanti sociali ed ambientali della salute e limitare l’uso di trattamenti ad alto contenuto tecnologico. L’approccio olistico fu visto con diffidenza e scetticismo, soprattutto perché faceva riferimento ad indicatori soggettivi e qualitativi in aperto contrasto con gli indicatori oggettivi e quantitativi tradizionalmente utilizzati dal modello biomedico. E, comunque, i suoi sostenitori ed esponenti facevano scarso uso del metodo scientifico, unico ad essere considerato valido ed attendibile anche se con tutte le 9 limitazioni che porta con sé. Infatti, con la medicina evidence-based, l’intervento medico deve basarsi su una conoscenza oggettiva, affidabile, verificabile e condivisibile e non solo sulla propria esperienza. 10 2.2. Il modello biopsicosociale. Contemporaneamente al modello olistico, Engel propose il modello biopsicosociale, attingendo alla teoria generale dei sistemi di Von Bertalanffy che permetteva di passare da un modello lineare di causa ed effetto ad un modello circolare che vede la salute come la risultante di molteplici fattori biologici, psicologici e sociali che interagiscono tra loro. In questa prospettiva i concetti di salute e malattia trovano una spiegazione basata non più su singole cause, bensì sull’influenza reciproca di molteplici fattori che interagiscono a diversi livelli. Il nuovo paradigma dinamico, molto più complesso rispetto a quello lineare tradizionale, consente alla persona di cambiare ruolo: da quello passivo a quello attivo e centrale. Inoltre, secondo il modello biomedico, compito di ripristinare lo stato di salute è demandato esclusivamente al personale medico e paramedico, mentre secondo il modello biopsicosociale mantenere, promuovere e ripristinare la salute è una responsabilità collettiva, condivisa tra gruppi professionali, leader di comunità, famiglie e singoli individui. È proprio del modello biopsicosociale procedere all’approfondimento del livello psicologico, orientandosi verso la salute globale della persona nel suo ambiente con una enfasi maggiore sulla promozione della salute, intesa come realizzazione di sé, esplorazione del nuovo, più che sulla prevenzione della malattia, affrontandola con metodologie differenziate e personalizzate. Il valore storico del modello biopsicosociale, con tutti i suoi limiti applicativi, è stato quello di aver portato in evidenza la complessità della salute, dove le nuove dimensioni non si sono solo aggiunte a quella medico-biologica dominante ma si sono fatte strada forti dell’impalcatura della teoria generale dei sistemi. Come ebbe a sostenere Amenio, nel 1993, il ruolo del sociale, però, non deve essere considerato come ambiente esterno ma deve essere attenzionato sia per l’importanza che assume nel determinare le possibilità e le modalità con cui il soggetto cerca di far fronte alla malattia, alla sofferenza, allo stress ed ai problemi quotidiani, sia sul piano eziologico, ovvero nella produzione stessa dello stress, della patologia psichica e fisica, sia come bacino di risorse terapeutiche e preventive sotto forma di sistemi di sostegno sociale e di espressione di auto-aiuto. 11 2.3. Il modello del benessere. Negli anni Ottanta, l’Organizzazione Mondiale della Sanità propone un orientamento centrato sulla promozione della salute, che trova nella Carta di Ottawa del 1986 una chiara indicazione. La salute diviene una risorsa per la vita quotidiana, abbandonando l’accezione di mera assenza di malattia e/o infermità. La salute si connota di dinamismo in un’ottica di processo e non di stato, ed attinge a termini nuovi come resilienza, ovvero la capacità di fare fronte efficacemente alle avversità o come ecologia, che rimanda alla stretta coesistenza interattiva tra gli esseri umani e gli altri esseri viventi. Il modello si sviluppa ulteriormente con lo studio dell’interazione tra gli ecosistemi ed il concetto di benessere umano che viene visto come un continuum multidimensionale, complesso, portatore di valori, dipendente dal contesto e dalla situazione. Gli ecosistemi possono favorire il benessere umano con i servizi che forniscono beni materiali, sostegno, arricchimento culturale. La promozione della salute, pertanto, non può prescindere da un intervento sui sistemi sociali, politici, economici ed ambientali. 3. L’approccio clinico della salute. A Partire dal 1955 Lagache sostenne la necessità di una psicologia medica, disciplina con un certo numero di argomenti vicini alla psicologia della salute, come verrà definita negli Usa negli anni 80. Essa doveva: - sostenere psicologicamente i pazienti affetti da malattie somatiche, analizzare gli effetti e le conseguenze del rapporto medico/malato/famiglia; - descrivere i tratti psicologici in base alle forme della malattia; - capire il peso dei valori e delle credenze dei gruppi e le loro influenze sugli esiti delle prescrizioni, le direttive sulle prevenzioni ecc. Lagache sostenne che l’attività del soggetto nel proprio mondo interiore ed esteriore non poteva essere ignorata. 12 La psicologia medica deve in effetti mettere in risalto l’interdipendenza tra organismo ed ambiente, da un punto di vista pratico, fin dalle sue origini, gli psicologi clinici investirono il campo della psicologia medica di Lagache, imponendo un approccio psicoanalitico e/o psicosomatico creando così confusione tra metodo clinico e teoria psicoanalitica, perciò questa disciplina si è estesa poi tra i medici. La psicologia della salute si sviluppa negli Usa negli anni 80, corrente fondata su metodi oggettivi e quantitativi di matrice cognitiva, in Italia e Francia sembra essere biologista. Secondo Matarazzo la psicologia della salute analizza i saperi fondamentali della psicologia applicati alla salute e alla malattia. Secondo Serafino: la psicologia della salute deve promuovere stili di vita sani, prevenire e curare le malattie, migliorare la presa in carico dei pazienti, come diceva già Lagache. Quindi, l’approccio clinico si riferisce ai metodi clinici, che possono essere utilizzati da tutte le sottodiscipline della psicologia, come ad esempio la psicologia clinica. La corrente quantitativa dominante da 30 anni asserisce che gli esperimenti in psicologia non differiscono da quelli delle scienze naturali, l’esistenza umana quindi è come un oggetto naturale, si passa da psicologia concreta ad oggettiva. Ma le scienze naturali non ammettono soggettività, è lontana da logiche soggettive e sociali perciò non si possono utilizzare gli stessi metodi e gli stessi strumenti utilizzati con gli oggetti naturali. Da qui scende la conclusione logica, sostenuta dagli autori della corrente qualitativa, che gli individui come le istituzioni e le culture, a seconda degli obiettivi, possono essere riportati a modelli qualitativi o quantitativi. Il modello cognitivo voleva scoprire i significati che l’essere umano crea a contatto col mondo per capirne i processi sottostanti, ma è stato sconvolto dalla predominanza concessa alla metafora della macchina pensante, dalla dipendenza della psicologia dalle rivendicazioni sociali, dalla tendenza a ridefinire l’uomo in funzione delle rivendicazioni sociali. Postulati trasversali nelle metodologie qualitative: 1) il primato della psicologia concreta del soggetto va esaminato sempre in una situazione. 2) linguaggio inteso come mediatore dell’esperienza umana. 13 3) L’analisi fenomenologica dell’esperienza umana, in un quadro sistemico, dove l’atto primeggia sull’oggetto. 4) Il rifiuto di ridurre lo spazio psicosociale ad un soggetto fuori dal contesto. 5) L’analisi del ruolo del ricercatore nel lavoro di ricerca. Postulati fondamentali del metodo clinico in psicologia: 1) il primato del legame con la pratica. 2) Il primato della relazione e della domanda, fenomeno intersoggettivo alla base. 3) L’attività come mediatore tra soggetto e società. 4) Il linguaggio e la simbolizzazione alla base. 5) L’analisi del ruolo del ricercatore nella costruzione della ricerca e dei suoi risultati. la norma non è necessariamente l’ideale: l’OMS definisce la salute come benessere psicologico e sociale, ma lo studio sulle teorie soggettive rileva che la salute non si riferisce solo alla definizione medica, molte persone non si ritengono in buona salute anche se lo sono fisiologicamente o viceversa. Quindi questo concetto dipende da norma, biologia e ambiente di espressione. –ruolo dell’intersoggettività nell’affermazione di salute o malattia: lo stato di malattia affligge il soggetto, che ne ricerca una spiegazione, una causa, esprime il suo bisogno di comunicare, bisogno distinguere l’essere malato dal bisogno di scambio intersoggettivo che ne risulta. Essere malato e sentirsi malato rimandano a due posizioni soggettive diverse, che possono avere in comune il concetto di sentirsi in buona salute. – partecipazione alla co-costruzione di un sistema di cure: il percorso di cura entra nella vita del malato, trasformando il loro rapporto col mondo, perciò ogni metodologia non può ignorare gli effetti dell’interdipendenza sociale e culturale. –attività creatrice di significati e ricostruzione dell’essere nel mondo del soggetto malato: l’autonomia espressa nella malattia cronica non risponde agli ideali razionali, logici, è tipica di un soggetto indebolito, poiché́ maggiormente cosciente dei meccanismi di equilibrio che lo muovono, essa risponde a modi di ristrutturazione corporeo-psicosociale che la psicologia della salute deve studiare. Lagache sosteneva che la psicologia della salute doveva mettere in rilievo l’interdipendenza dell’organismo e dell’ambiente rifiutando la dicotomia tra organismo e situazione, egli propone il concetto di campo psicologico. Per Merlau-Ponty questa nozione rinvia ai lavori di Koffka, che distingue l’ambiente circostante geografico (realtà effettive in cui il soggetto si muove) e ambiente circostante di comportamento (realtà nelle quali l’individuo crede di muoversi) quest’ultimo definisce il campo psicologico che corrisponde ad un rapporto di forze, tensioni, reazioni, la cui rappresentazione è la condotta umana. Non 14 vi è passività dell’organismo di fronte agli stimoli, al contrario è l’attività creatrice di formazione di senso attribuito al mondo esterno e interno. Il metodo fenomenologico discende da questo e descrive le strutture che caratterizzano il modo in cui gli oggetti si presentano al mondo.si deve andare oltre la semplice introspezione. Per questo, questo tipo di psicologia sembra la migliore opzione teorica che differenzia i postulati della psicologia classica da quelli dell’approccio clinico. In quest’ottica il termine concreto si riferisce allo studio del fenomeno vissuto, in relazione all’intenzionalità. La descrizione degli stati intenzionali, insieme a quella degli stili cognitivi della vita da malato sembra approfondire le conoscenze sulle credenze soggettive alla malattia. L’analisi della struttura dell’esperienza, della descrizione del vissuto, può farci accedere al senso tenendo sempre conto della pluralità e delle trasformazioni dell’attività riflessiva. Per l’approccio clinico e fenomenologico l’uomo è caratterizzato dall’essere nel mondo che ingloba corpo mente e inconscio, non esistono soggetti e oggetti divisi. Sulla descrizione del fenomeno, Husserl privilegiava l’atto a scapito della rappresentazione e della metallizzazione. Egli si riferiva all’esperienza di conferimento di senso, considerando che il senso del fenomeno risiede nell’atto di esperienza e non nell’oggetto percepito. Gli oggetti vengono percepiti dagli organi di senso e non sperimentati, mentre le sensazioni vengono provate. Le esperienze intenzionali possono essere considerate come atti della coscienza. Si deve descrivere il fenomeno cosi come si presenta, evitare la spiegazione, la costruzione e l’interpretazione, non si cerca causa- effetto, ogni fenomeno soggettivo deve essere considerato solo nel mondo in cui esiste. – intenzionalità della coscienza e creazione di significato: l’intenzionalità è l’orientamento della mente verso il suo oggetto, la coscienza è intenzionale, sempre orientata verso un oggetto, sempre intenzionale, l’atto di coscienza e l’oggetto di coscienza sono sempre legati. La fenomenologia dà alla coscienza il primato dell’essere, essa è aperta al mondo, strutturata e organizzata. –ricerca delle essenze e orizzontalizzazione delle prospettive: la fenomenologia rifiuta un approccio riduttivo, privilegiando lo studio del dramma umano. È necessario definire le invarianti (essenze) che sottendono l’insieme di esperienze di pensiero, sensazione etc. La comprensione che emerge da uno stesso oggetto, attraverso diverse angolature è l’orizzonte di questo oggetto. Il processo di orizzontalizzazione ingloba tutti i punti di vista percettivi che si aggiungono per dare profondità e senso all’esperienza. Non esiste un senso rigido e persistente, ma sempre una dinamica del campo psicologico. – ruolo del ricercatore e messa tra parentesi del giudizio: consiste nella sospensione del 15 giudizio, il ricercatore mette da parte i suoi a priori sul fenomeno, cosi come egli frena il suo giudizio e si astiene dal fare ricorso alle sue conoscenze preliminari sull’esistenza del fenomeno. Favorisce cosi il lavoro intuitivo. –limiti dell’introspezione e spiegazione riflessiva: l’introspezione rinvia alla percezione interiore, alla rilevazione del soggetto dello svolgimento del suo flusso interiore, dal punto di vista metodologico, la conoscenza del singolo vale quanto quella quantitativa. -soggetto dell’inconscio e/o soggetto della cultura? Da un punto di vista pratico questo approccio richiede un tempo di edificazione importante, ricercatori formati al colloquio, alla metodologia fenomenologica e all’analisi dei dati. Da un punto di vista epistemologico spesso si rischia di sfociare in una clinica della soggettività/interiorità piuttosto che quella di un soggetto esistente nel mondo. Questo discorso ha rappresentato un dibattito tra Freud e Binswanger nel 1907, quest’ultimo ci lascia una riflessione ancorata alla pratica e all’esperienza, una metodologia a confronto con la psicoanalisi. Egli riconosce a Freud di studiare l’uomo con oggettività, invece Freud critica Binswanger sui limiti della storicità e dell’ermeneutica. Il soggetto di Binswanger non si riduce né al soggetto dell’inconscio freudiano, né al soggetto della coscienza valutativa del cognitivismo, il suo è un soggetto essere di incontro dell’altro, di senso e di coscienza intenzionale, responsabile delle sue scelte di vita. L’homo cultura, contrapposto all’ homo natura di Freud, è essenza della comunità e della separazione e dell’isolamento. L’approccio clinico rifiuta le costruzioni fenomenologiche che esaltano il soggetto nel suo vissuto ineffabile, nella sua incomunicabilità innata. Nel campo della malattia cronica il soggetto non è soggetto a determinismo né conscio né inconscio, questo conferisce al soggetto l’impressione che una forza si è impossessata di lui, come il destino. Questi concetti possono essere analizzati dalla fenomenologia, pur tenendo conto degli insegnamenti della psicoanalisi. 16 4. La nascita della Psicologia della Salute. Riassumendo, quindi, la crisi del riduzionismo biomedico, la diffusione degli orientamenti olistici-sistemici e lo sviluppo di modelli psicologici in grado di porre in essere interventi applicabili nell’ambito della salute hanno portato al riconoscimento, nel 1976, all’interno dell’American Psycologist Association (APA), di una nuova disciplina: la Psicologia della salute, definita come “l’insieme dei contributi specifici (scientifici, professionali, formativi) della disciplina psicologica mirati alla promozione ed al mantenimento della salute, alla prevenzione ed al trattamento della malattia ed alla identificazione dei correlati eziologici, diagnostici della salute, della malattia e delle disfunzioni ad essa associate”. Un decennio dopo, Matarazzo rielaborò la definizione di psicologia della salute in questi termini: “La psicologia della salute è l’insieme dei contributi educativi, scientifici e professionali specifici di tutte le discipline psicologiche in tutte le loro forme, ma focalizzati verso la promozione ed il mantenimento della salute, la prevenzione e la terapia della malattia, tramite l’identificazione dei correlati eziologici e diagnostici della salute, della malattia e delle disfunzioni correlate e l’analisi e il miglioramento dei sistemi di cura e dell’elaborazione delle politiche relative alla salute”. Nel 2004 l’APA procedette ad unificare gli obiettivi generali della psicologia della salute e della psicologia clinica in un obiettivo unico: “la pratica generale delle cure e dei servizi di cura riguardanti la salute, non limitata quindi alla psicoterapia, ma comprensiva anche di ogni tipo di intervento psicologico a favore della salute fisica o mentale”, sottolineando l’indipendenza dalla psichiatria e le potenzialità di collaborazione con la medicina. Nei rapporti con la psicologia clinica, il confronto può essere sintetizzato in tal modo: PSICOLOGIA CLINICA PSICOLOGIA DELLA SALUTE Fondamenti teorici Teoria dell’apprendimento sociale Teoria sistemica Teorie psicodinamiche Teoria dell’apprendimento sociale Teoria dell’attaccamento Psicologia della salute e comunità 17 Punti focali della terapia Distress psicologico Prevenzione della malattia Disturbi psichiatrici Management della comorbidità Miglioramento del funzion. adattivo Riduzione del dolore e dello stress Riduzione del rischio/autolesionismo Management della malattia cronica Popolazioni Pazienti psichiatrici ambulatoriali Pazienti cronici Pazienti psichiatrici ospedalizzati Pazienti a rischio Famiglie/coppie Pazienti con dolore cronico Bambini/adolescenti Comunità a rischio Approcci terapeutici attuali Psicoterapia Terapia cognitivo/comportamentale Terapie di gruppo Meditazione/mindfulness Terapia cognitivo/comportamentale Esercizio fisico Stress management Psicofisiologia applicata Exposure Therapy Written Expressive Therapy Sintetizzando, gli obiettivi principali della psicologia della salute sono: - la promozione ed il mantenimento della salute: - il miglioramento dei sistemi sanitari e delle politiche sanitarie; - la prevenzione e il trattamento delle malattie; - l’analisi delle cause di malattia, come i fattori di rischio e la vulnerabilità. Fondamentale risulta considerare l’interdipendenza tra l’individuo e l’ambiente secondo una prospettiva dinamica e processuale che permette di valutare come l’ambiente sociale e culturale influenzi la percezione di salute e malattia, le strategie comportamentali volte al raggiungimento del benessere e le strategie adattive nei confronti di distress presenti nell’ambito della salute. Si può affermare, quindi, che la psicologia della salute rappresenta la conferma della volontà di superare il modello biomedico che già nel 1948 era stato messo in crisi con la storica definizione della salute da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ovvero: “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l’assenza di 18 malattia o di infermità. Il possesso del massimo stato di salute che è capace di raggiungere costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano”. 19 PARTE II - LO STATO DI SALUTE. “La salute non è tutto. Ma senza salute tutto è niente” Arthur Schopenhauer 1. Lo stato di salute percepito. Sovente, in letteratura, vengono utilizzati come sinonimi “stato di salute percepito” e “qualità di vita legata alla salute”. Da ricerche, è emerso, invece, che, nel costrutto di qualità di vita sia di maggior rilievo il funzionamento mentale, mentre in quello dello stato di salute percepito sia più saliente il funzionamento fisico. Un altro costrutto utilizzato è quello rispondente alla salute funzionale o alla funzionalità, che viene usato in contrapposizione alla disabilità. La salute funzionale risponde ad una eterovalutazione, mentre lo stato di salute percepito riguarda un approccio autovalutativo. Negli anni, l’interesse si è spostato dagli indicatori oggettivi della salute verso quelli soggettivi. La ragione è da ricercare in due aspetti: il progressivo allungamento della durata della vita, con la maggiore esperienza del singolo sulle limitazioni causate dall’avanzare dell’età e la definizione di salute proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non più come mera assenza di malattia. Lo studio della salute si è, pertanto, spostato sugli aspetti soggettivi del funzionamento generale dell’individuo, con un approccio prettamente pragmatico. Si è assistito, quindi, ad un intreccio di piani diversi: - Piano biomedico: condizione di salute come assenza di malattia o disabilità; - Piano comportamentale: centrale è l’esperienza soggettiva della malattia; - Piano sociale: si esaminano le conseguenze della malattia e della salute sul funzionamento sociale dell’individuo e della società nel suo insieme. Attualmente, quando si parla di stato di salute percepito, ci si riferisce alle informazioni ed alle percezioni sulla propria condizione di salute riportate dagli individui, dando importanza agli esiti rilevanti per questi ultimi. 20 Entrano in gioco le esperienze di vita e le conoscenze che il singolo possiede sulle cause e sulle conseguenze della malattia. Si può affermare, quindi, che la possibilità di cogliere la percezione soggettiva dello stato di salute porta ad una migliore comprensione dell’impatto che la malattia (o specifiche malattie) hanno sulla vita quotidiana delle persone. 2. La qualità di vita legata alla salute. La qualità di vita legata alla salute (HRQoL: Health-Related Quality of Life) rappresenta tutti quegli aspetti della vita che subiscono una forte influenza da parte dei cambiamenti nel proprio stato di salute e che sono rilevanti per la persona. Anna Bowling, nel 2002, definì il costrutto della qualità di vita legata alla salute come: - l’insieme dei livelli di funzionamento fisico, psicologico e sociale; - l’impatto della condizione di salute sul funzionamento emotivo, fisico e sociale della persona ed i suoi stili di vita; - i livelli di soddisfazione del paziente per il trattamento, gli esiti delle cure, lo stato di salute e le prospettive future. Si tratta di un costrutto multidimensionale, che rispecchia la definizione della salute proposta dall’Organizzazione Mondiale della Sanità ed è congruente con il modello biopsicosociale. Numerosi sono gli studi dedicati alla qualità di vita legata alla salute. Ad esempio, nell’ambito dell’infertilità, emerge una forte compromissione della qualità di vita nelle donne che non è riscontrabile negli uomini e che appare profondamente influenzata dal desiderio di avere figli e ad una relazione poco soddisfacente col partner. Nell’ambito del diabete, alcuni interventi sembrano essere in grado di migliorare la qualità della vita, come ad esempio le terapie farmacologiche per il controllo glicemico e l’intervento educativo per migliorare la gestione della malattia. 21 Figura tratta da: Psicologia della salute, Bitti e Gremigni 3. La salute funzionale. La funzionalità è un elemento eterovalutato, solitamente da personale sanitario ed è posizionato al polo opposto della disabilità. Sono stati proposti diversi modelli per spiegare il funzionamento: l’ICIDH, International Classification of Impairments, Disabilities and Handicaps (1998) e l’ICF, International Classification of Functioning, Disability and Health dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (2002). Il funzionamento e la disabilità sono da considerare come il risultato dinamico di una complessa interazione tra le condizioni di salute dell’individuo ed i fattori di contesto (ambientale e personale). L’ICF, enfatizzando la funzionalità rispetto al tipo di malattia, è applicabile a tutte le persone, ivi comprese quelle in perfetta salute. L’aspetto significativo del modello è rappresentato dall’associazione tra lo stato dell’individuo e la sua partecipazione alla vita sociale, intesa come performance che una persona può realizzare nel contesto sociale. 22 Figura tratta da: Psicologia della salute, Bitti e Gremigni Con l’ICF si passa, quindi, da un concetto di disabilità prettamente medico a quello relativo alla difficoltà del funzionamento nei veri contesti ambientali e sociali. 4. Emozioni e salute. La letteratura fornisce numerose indicazioni sull’importanza della regolazione delle emozioni quale fattore preventivo in grado di modulare l’impatto sulla salute delle emozioni negative legate allo stato di malattia. Il ricorrere a strategie specifiche, più o meno adeguate, risente di tutti quei fattori interpersonali, come la rete ed il sostegno sociale e fattori intrapersonali, come gli stili cognitivi della persona. È doveroso, prima di affrontare l’importanza della regolazione emozionale, andare a definire l’emozione. Le emozioni sono esperienze soggettive accompagnate da modificazioni cognitive, fisiologiche, espressive e comportamentali intense, generalmente di breve durata. Rappresentano la componente soggettiva ed affettiva associata alla condotta dell’individuo. 23 Hanno una funzione adattiva perché sono risposte immediate alle sollecitazioni ambientali. Le emozioni sono specificate da particolari configurazioni ed espressioni facciali, vocali, gestuali. Complessivamente, la capacità di regolare le emozioni è considerata un costrutto multidimensionale, caratterizzato da consapevolezza, comprensione e accettazione delle emozioni, da attivazione motoria in risposta a uno stimolo positivo o negativo, dal ricorso a strategie flessibili e funzionali e dalle capacità di gestire i vissuti negativi piuttosto che sopprimerli (Gratz, Roemer, 2004). Dunque, regolare le emozioni consiste nel dirigere attivamente i cambiamenti che insorgono a livello fisiologico e comportamentale in risposta a stimoli interni o esterni, variando intenzionalmente le espressioni facciali, vocali, posturali e motorie e pianificando l’azione in funzione del raggiungimento di un obiettivo, del rispetto delle regole di esibizione e dell’adattamento al contesto psicosociale. Cosa si intende per controllo e regolazione dell’emozione? Si può affermare che essi rappresentino quell’insieme di strategie adottate dall’individuo per fare corrispondere l’esperienza interna e la sua manifestazione esterna alle situazioni sociali e alle norme socioculturali. Gross, nel 2007, ha proposto di distinguere i processi di regolazione delle emozioni in base ad un criterio temporale relativo allo sviluppo del processo emozionale e ne ha evidenziato alcuni aspetti fondamentali: - la regolazione emozionale può riguardare emozioni positive ed emozioni negative; - l’adeguatezza delle diverse forme di regolazione è definita anche da elementi contestuali e non è determinabile a priori; - i fattori coinvolti si collocano a livello individuale e a livello sociale e sono strettamente interrelati; - i processi di regolazione possono essere collocati lungo un continuum che si sviluppa tra due poli, processi consci e processi inconsci. Secondo Gross, l’individuo è in grado di mettere in atto una regolazione preventiva che riguarda la fase della elaborazione dello stimolo: la scelta ricade sull’evitamento di una determinata situazione o sull’affrontarla. Nella fase successiva, l’individuo interviene sulle diverse componenti della risposta stessa, come quella cognitiva, fisiologica, comportamentale, motivazionale e soggettiva. 24 L’ultima fase riguarda gli aspetti simbolici dell’esperienza emotiva ed il bisogno di essere rievocata nel tempo, perché essa non si esaurisce nell’immediatezza ma rivive e si ripresenta in una dimensione diacronica. La comunicazione simbolica dell’emozione risulta essere, pertanto, una ulteriore forma di regolazione del processo emozionale stesso. Alla luce di quanto evidenziato, Gross individua cinque costellazioni di processi di regolazione emozionale: 1. la selezione della situazione → processo focalizzato sull’antecedente; 2. la modificazione della situazione → processo focalizzato sull’antecedente; 3. lo spostamento dell’attenzione → processo attentivo; 4. la riformulazione cognitiva dei significati (reappraisal) → processo focalizzato sull’appraisal; 5. la modulazione di una o più componenti della risposta emotiva → processo che agisce sulla risposta. A questi cinque processi si aggiunge la possibilità che l’individuo regoli l’esperienza emozionale in un tempo differito, attraverso la comunicazione simbolica. Ciò avviene dopo che si è pensato all’emozione e sull’emozione. Si deve, pertanto distinguere l’espressione dalla comunicazione delle emozioni: la prima è immediata e spontanea, non verbale e concomitante con l’esperienza emozionale, la seconda è verbale, intenzionale, simbolica e successiva all’esperienza emozionale. Si tratta del cosiddetto social sharing che evidenzia come le conseguenze sociali delle emozioni si propaghino trascendendo il livello individuale e favorendo l’integrazione sociale. La condivisione sociale porta l’individuo a riattivare l’esperienza negativa ma, nel contempo, favorisce l’empatia, l’intimità ed i comportamenti reciproci di attaccamento, la costruzione di significati e la competenza. Clark e Finkel, nel 2004, hanno analizzato gli effetti dell’espressione delle emozioni in contesti interpersonali sul benessere. Perché, se è vero che gli studi hanno esaminato gli effetti della soppressione contro l’espressione emozionale sulla base di parametri fisiologici, come la pressione sanguigna, la conduttanza cutanea ed il funzionamento del sistema immunitario, è ancor più vero che i suddetti studi non hanno preso in considerazione la sfera relazionale. Tali studi hanno messo in evidenza i costi della soppressione ma il risultato non sarebbe stato tale se fossero stati presi in considerazione, secondo gli autori, il beneficio o la compensazione che, talvolta, susseguono alla soppressione dell’emozione in contesti sociali. 25 Per sostenere tale ipotesi, Clark e Finkel, hanno riportato dati attraverso i quali si dimostra che: - gli individui esprimono più frequentemente le emozioni in contesti dove ritengono che sia presente attenzione al proprio benessere; - l’espressione delle emozioni produce benefici sociali, fisiologici e cognitivi nei suddetti contesti; - la soppressione dell’esternazione delle emozioni in contesti dove non è presente questa attenzione al benessere produce costi bilanciati dai benefici sociali, laddove, quindi, la comunicazione emotiva risulterebbe fuori luogo 26 PARTE III - LA RICERCA IN PSICOLOGIA SALUTE. “L’uomo passa la prima metà della sua vita a rovinarsi la salute e la seconda metà alla ricerca di guarire.” Leonardo Da Vinci 1. Il processo di ricerca: i metodi quantitativi. Una volta scelto un argomento di ricerca, bisogna esaminare il modo in cui è stato trattato; è indispensabile una rassegna della letteratura esistente, per fare il punto sullo stato attuale delle conoscenze. Secondo Mitchell e Jolley, partire da un'idea di ricerca anteriore è più semplice che partire da zero, perché in questo modo è più facile conseguire i risultati che convalidano le ipotesi. Per informarsi adeguatamente sull'argomento della ricerca, sono molto utili le ricerche in biblioteca: procedendo per argomento, parola chiave, autore, rivista o per anno di pubblicazione e usando gli abstract che riassumono l'informazione di una vasta gamma di opere si può ottenere l'informazione necessaria. Inoltre sarebbe opportuno conoscere quali sono i periodici che si riferiscono al settore preso in esame (ad es. per la psicologia della salute, i principali giornali sono Health Psychology o Psychology and Health). Attraverso la rassegna critica della letteratura esistente, si possono raccogliere informazioni relative al quadro teorico, alle domande della ricerca, alle argomentazioni e le correnti di pensiero, ai partecipanti, ai processi utilizzati, alle variabili, al tipo di analisi effettuata e ai principali risultati ottenuti. Una volta ottenute queste informazioni, bisogna considerare le limitazioni e i suggerimenti in vista di ulteriori studi e confrontare tutti gli studi esaminati, dandone una rilettura in chiave critica. A questo punto, si possono definire le proprie domande di ricerca, creando uno studio che possa sopperire alle debolezze delle ricerche già presenti in letteratura. 27 2. La pianificazione della ricerca. Nella pianificazione di un progetto di ricerca, bisogna tener conto del suo valore e dell'utilità, ma anche della sua realizzabilità dal punto di vista sia etico che pratico. Il piano di lavoro prevede quattro fasi: -prima fase: oggetto e condizioni della ricerca; -seconda fase: il modo in cui verrà condotto lo studio, le procedure previste; -terza fase: la natura del campionamento; -quarta fase: inquadrare l'evidenza a cui si vuole arrivare, ossia il tipo di analisi che permette di verificare l'ipotesi. La tipologia dei soggetti, le loro caratteristiche, la loro disponibilità e il numero di partecipanti di cui abbiamo bisogno, sono alcuni degli aspetti pratici della ricerca, soprattutto per l'analisi statistica. Il campione dovrebbe essere abbastanza ampio, perché alcuni partecipanti potrebbero abbandonare lo studio prima della fine; è importante assicurare loro totale confidenzialità e anonimato dei risultati; è necessario che il benessere degli individui sia considerato primario; infine, i partecipanti dovranno essere informati degli obiettivi dello studio e delle procedure da seguire. Prima di iniziare lo studio, è consigliato eseguire un'indagine pilota per verificare le definizioni operazionali delle variabili, esaminare l'affidabilità delle misure e valutare la pertinenza dei metodi scelti. Infine, è necessario farsi un'idea precisa del tempo che occorrerà per portare a termine la ricerca, tenendo conto di tutte le fasi. 3. La definizione delle domande e delle ipotesi di ricerca. Le domande devono essere molto specifiche e chiaramente redatte. In psicologia della salute esistono due tipi fondamentali di domande di ricerca: le domande descrittive (es. Quali sono gli atteggiamenti delle persone per proteggere la propria salute?) e le domande predittive (es. Che interpretazione danno i pazienti colpiti da un infarto dei loro segni di guarigione?). Un'ipotesi è un enunciato che deve essere specifico, verificabile e quantificabile e deve far riferimento alle differenze fra le variabili o alle loro associazioni. Bisogna specificare se 28 l'ipotesi è a una coda (monodirezionale), o a due code (bidirezionale). L'ipotesi nulla indica che non vi sarà né differenza né associazione, mentre l'ipotesi alternativa è il contrario, perciò è quella che va verificata. La variabile è qualcosa che varia, che può assumere valori diversi, è quello che si andrà a misurare e che quindi deve essere definito per lo scopo della ricerca. Per misurare le variabili, è necessario ricorrere a definizioni operazionali dei concetti compresi nella ricerca (definizione operazionale: modo di definire come il concetto sarà misurato per la finalità dello studio), incluse le informazioni riguardo la scala di valutazione, l'ampiezza e il significato dei punteggi. Esistono due tipi di variabili: le variabili dipendenti (VD) e le variabili indipendenti (VI). La VD è la misura adottata dal ricercatore per esplorare l'effetto di della VI, ovvero il ricercatore predice che il valore della VD dipende dalla VI. La VI può anche essere una caratteristica particolare dei partecipanti e quindi non può essere manipolata (es. status professionale). Un'altra distinzione è tra variabili moderatrici e mediatrici. Le variabili moderatrici intensificano, affievoliscono o invertono il rapporto tra altre due variabili, non modificano l'effetto, ma lo modulano (es. nel rapporto fra lo stress chirurgico e la velocità di guarigione, il sesso può essere una variabile moderatrice). In psico della salute possono essere considerate variabili moderatrici il sesso o la classe sociale. Una variabile mediatrice è il meccanismo mentale o biologico per mezzo del quale uno stimolo provoca una risposta, ovvero uno stimolo può avere un effetto modificando innanzitutto alcune variabili mediatrici nel partecipante, con un conseguente cambiamento nel suo comportamento (es. il coping può essere mediatore nella convalescenza, nel senso che se lo stress è legato al peggioramento della malattia, il coping può essere mediatore di questo effetto). Una volta che una variabile è stata definita, bisogna scegliere il livello di misurazione da usare. Il miglior sistema di classificazione conosciuto è quello di Stevens che identifica quattro livelli di misurazione: - NOMINALE (o categorico) si riferisce alle differenze qualitative fra categorie e le condizioni necessarie sono quelle di mutua esclusività ed esaustività. - ORDINALE si riferisce alle scale di misura dotate di scarti la cui dimensione non è conosciuta in modo certo, le categorie sono classificate in termini di criterio che va dal più elevato al meno elevato 29 - A INTERVALLO rappresentano il livello più elevato di misurazione, è simile a una scala ordinaria con la distinzione chiave dell'ipotesi di equidistanza dei numeri sulla scala di misura. Non comporta lo zero assoluto - A RAPPORTO differisce da quella a intervallo solo perché́̀ comporta uno zero assoluto a partire dal quale si comincia a contare. 4. La costruzione del questionario. Il questionario è lo strumento più usato nella ricerca per raccogliere le informazioni. La costruzione del questionario comprende due procedure importanti: la pianificazione e il pilotaggio. Nella fase di pianificazione, bisogna identificare i punti chiave e stabilire una lista di tipologie di domande, seguendo gli obiettivi dello studio. Nella fase di pilotaggio, è importante discutere con esperti del settore per accertare la validità degli argomenti e delle domande nel campo di applicazione. Successivamente una bozza del questionario deve essere testata su un piccolo gruppo di individui e infine deve essere sviluppato e validato su un campione selezionato dalla popolazione target. Deve essere facile da capire, attraente ma allo stesso tempo funzionale, bisogna considerare il contesto delle informazioni, le istruzioni, la lunghezza, il tipo di domande e l'ordine. Ci sono fattori che possono mettere in discussione l'utilità del questionario: la natura dei soggetti, il luogo di compilazione, il tempo, l'argomento, il questionario stesso. I vantaggi invece sono: la grande quantità di dati che è possibile raccogliere, la facile organizzazione, l'anonimato e la possibilità di velocizzare l'analisi dei dati con l'uso di una trama codificata. Il principale inconveniente è dato dal fatto che i soggetti potrebbero trovare troppo restrittive le opzioni di risposta, oppure pensare di rispondere come conviene socialmente. Le informazioni fornite da un questionario possono essere: fatti (età, sesso, nazionalità, etc.), quindi esatte e oneste relative all'ambiente e alla demografia, e opinioni (atteggiamenti, sentimenti, credenze...). Normalmente, gli strumenti di ricerca usati in psico della salute, sono strumenti standardizzati che servono ad ottenere dati relativi ad un argomento particolare; ad esempio, in un punteggio individuale, una misura standardizzata è una misura della sua prestazione paragonata ad un gruppo di individui interrogati in precedenza. Il Measures in Health Psychology: A User's Portfolio è uno strumento prezioso in psicologia della salute. Per usare 30 uno strumento standard bisogna tener conto di diversi aspetti: la descrizione generale della misura, la modalità di somministrazione, lo status psicometrico dello strumento e la traduzione e l'adeguatezza a un contesto diverso. 5. Validità ed affidabilità delle misure. È fondamentale conoscere il grado di affidabilità e validità delle misure. La validità si riferisce al grado con cui lo strumento o la procedura misura ciò che si prefigge di misurare. L'affidabilità si riferisce alla coerenza o alla stabilità della misura da un uso a un altro. L'affidabilità è una condizione necessaria alla validità, nel senso che le misure valide sono affidabili; tuttavia, non garantisce la validità, nel senso che non sempre le misure affidabili sono valide. Per valutare l'affidabilità di una misura, si può utilizzare il test-retest, che consiste nell'applicare la stessa misura allo stesso gruppo in momenti diversi e produce un coefficiente di fedeltà che varia da +1 a -1. Un altro metodo di valutazione dell'affidabilità è lo split-half, con cui il test viene diviso in due parti (pari e dispari) e gli elementi delle due serie vengono correlati per produrre un coefficiente che va da 0 a 1 (alfa di Cronbach). Uno strumento è considerato valido se, dopo essere stato ripetutamente testato, sono ottenuti dei risultati consistenti, nelle popolazioni o nei gruppi ai quali era destinato. Questa è la validità interna, a cui si contrappone la validità esterna, che riguarda la generalizzazione delle conclusioni. Esistono altre forme di validità: di facciata (in riferimento alla valutazione soggettiva relativa alla pertinenza delle domande e al loro contenuto), di contenuto (quanto la misura contiene le dimensioni pertinenti a ciò che si vuole misurare), di criterio (correlazione della misura con un altro criterio di misura che viene accettato come valido), di costrutto (quanto lo strumento ha rapporti attesi con altre misure considerate teoricamente simili) ed ecologica (quanto riflette equivalenze nella vita reale). 6. Le varie tipologie di modelli di ricerca. Un aspetto importante della ricerca è la scelta del disegno dello studio. I due disegni di base sono quelli fra i soggetti ed entro i soggetti. Nel primo caso gli individui vengono 31 ripartiti a caso nelle diverse condizioni (gruppo sperimentale e di controllo), poi si confrontano i risultati fra i gruppi (gruppi indipendenti). Il disegno entro i gruppi è chiamato anche disegno a misure ripetute, perché ciascun partecipante è valutato più di una volta. In questo tipo di disegno bisogna considerare: l'effetto dell'ordine, gli effetti della pratica e gli effetti della fatica. Uno studio che comporta delle variabili misurate sia tra i soggetti che entro i soggetti è definito disegno misto. Se un disegno comporta più di una VI, viene definito disegno fattoriale. Il confronto fra campioni di diverse culture è chiamato studio interculturale. I sondaggi sono metodi non sperimentali i cui dati vengono raccolti in una forma standardizzata; ci sono i sondaggi descrittivi (correlazionali) e analitici. I sondaggi descrittivi (studi trasversali) sono ottenuti da un campione di popolazione target in un momento preciso e vengono utilizzati per stimare alcuni parametri della popolazione, testare delle ipotesi e formulare delle ipotesi sulle cause e gli effetti possibili fra le variabili. Numerosi sondaggi sono retrospettivi. I sondaggi analitici (studi prospettici) esaminano gli eventi in momenti differenti. Un altro tipo di sondaggio è conosciuto come studio di coorte, il cui tratto principale è quello di includere una caratteristica in comune (ad es. persone nate nello stesso anno) e possono essere: trasversali e retrospettivi, longitudinali e retrospettivi o longitudinali e prospettivi. 7. Il campionamento, l’analisi dei dati ed il rapporto di ricerca. Un campione è una porzione della popolazione target. Esistono due tipi di tecniche di campionamento, a seconda che il campione sia casuale o meno: - il “campionamento a valanga”, in cui il ricercatore chiede ad un gruppo iniziale, con delle cure mediche specifiche, di reclutarne altri che conoscono e si trovano nella loro stessa situazione; è poco probabile che questo campione sia rappresentativo, ma è molto utile quando gli argomenti di ricerca sono delicati e rari; - il “campionamento per quote”, in cui il ricercatore identifica dei sottogruppi con delle caratteristiche particolari che, considerate nel loro insieme, sarebbero rappresentative della popolazione, quindi seleziona in ogni sottogruppo un certo numero di persone (una quota) con le caratteristiche importanti per lo studio. 32 A volte è difficile reclutare un campione con queste tecniche, perciò può succedere che i ricercatori includano nello studio tutti gli individui di uno stesso ospedale colpiti dalla stessa malattia (campionamento di comodo, o opportunistico). L'ampiezza del campione è molto importante e bisogna tener conto: della concezione dello studio (trasversale o longitudinale), del livello di significatività e del tipo di ipotesi (a una o due code). L'approccio statistico che permette di determinare l'ampiezza del campione è il calcolo della potenza (potenza statistica: misura della probabilità che lo studio produca risultati statisticamente significativi per una differenza fra gruppi di una data grandezza). Si tratta del potere del test di rivelare un effetto, quando ne esiste uno, e dipende dalla grandezza del campione, dal livello di significatività e dall'ampiezza della differenza. La dimensione del campione è importante al fine di ridurre due tipi d'errore: - di tipo I, che consiste nel rigettare l'ipotesi nulla, quando in realtà è vera (rischio minore) - di tipo II, che consiste nell'accettare l'ipotesi nulla quando in realtà è falsa (rischio maggiore). L'analisi è guidata dalle domande della ricerca e prevede diverse tappe: - smistare dei dati per determinare il tipo di distribuzione delle variabili - scegliere del test statistico corretto (parametrico o non parametrico) - definire se l'analisi riguarda le differenze o le associazioni fra variabili, calcolare il numero delle variabili e identificare VI e VD. Ci sono due tipi di analisi statistica: descrittiva e per induzione. La prima descrive le variabili in termini di misura di tendenza centrale (es. media, deviazione standard). La seconda procede per induzioni partendo da un campione della popolazione target. Il processo della ricerca termina nel momento in cui vengono redatte le conclusioni. Nel rapporto di ricerca, il ricercatore deve scrivere in terza persona e al passato. La struttura deve comprendere: titolo, riassunto, introduzione, risultati, discussione/conclusione, riferimenti ed appendici. Il titolo deve essere semplice, corto e contenere una breve dichiarazione relativa al rapporto fra le variabili. Il riassunto descrive in poche righe la ricerca. L'introduzione spiega lo scopo della ricerca. La sezione sulla metodologia descrive il modo in cui è stata condotta la ricerca in termini di concezione, procedura, partecipanti e misure. La sezione dei risultati deve essere il più chiara possibile per permettere al lettore di coglierne il senso. Infine, la discussione, discute ed analizza i risultati in riferimento alle teorie e alle domande che hanno fornito il contesto all'indagine. 33 8. La ricerca in psicologia della salute: i metodi qualitativi. Da una quindicina d'anni si può osservare uno sviluppo dei metodi qualitativi, che, a differenza dei metodi quantitativi, si focalizzano su ricerche contestualizzate attraverso lo studio di casi particolari, l'analisi del discorso, l'osservazione naturale e la descrizione dei dati. Distinzione tra il termine metodo e metodologia: il termine metodologia rinvia ai legami fra la teoria della realtà sociale ed il metodo usato da uno studio per rendere conto di un aspetto della realtà, il termine metodo rinvia alle tecniche di raccolta e analisi dei dati. 8.1. Cenni storici e questioni epistemologiche. Nel XIX secolo, Dilthey, propose la distinzione tra la ricerca “esplicativa”, specifica delle scienze della natura e la ricerca “comprensiva”, più compatibile con la ricerca delle scienze dello spirito. Nelle scienze dell'uomo capire significa rifiutare la ricerca di formule e di leggi universali e cercare di cogliere la soggettività. Dilthey introdusse il concetto di “esperienza vissuta”, che insiste sull'intreccio tra condizioni interne ed esterne dell'esistenza umana. A partire dall'inizio del XX secolo, comprese tutte le discipline, si possono distinguere almeno 4 grandi periodi della ricerca qualitativa. Durante il primo periodo, i metodi comprensivi qualitativi sono legati dapprima alla sociologia con la scuola di Chicago e attirarono l'attenzione sull'importanza del contesto sociale in cui si collocano gli individui. Anche in psicologia si assiste ad un loro uso (es. Wundt), ma la loro visibilità sparì rapidamente. La loro tradizione è, tuttavia, proseguita attraverso le pratiche e le varie correnti della psicologia fenomenologica e umanista degli anni '40-'50. Il secondo periodo riguarda la fine degli anni '60, quando, negli USA, Garfinkel, Goffman e Cicourel, criticarono fortemente il metodo sperimentale e quantitativo per lo studio dei fatti sociali umani, dando vita alla corrente etnometodologica, l'interazionismo simbolico e il paradigma costruttivista. Negli anni '70 gli approcci qualitativi ritornarono in Europa, e dalla fine degli anni '70, inizi '80, si svilupparono abbondantemente i modelli 34 teorici, gli oggetti studiati e le metodologie proposte. Negli anni '90 un certo numero di ricercatori cognitivisti si interessarono agli approcci contestualizzati ed estesero i loro studi ai sistemi aperti. Per studiare questi oggetti, soggettività, significazione e co-costruzione del senso, l'approccio qualitativo sembra essere particolarmente adatto. Solo negli ultimi quindici anni c'è stato un reale interesse degli autori psicologi nei confronti di un metodo di ricerca qualitativa, con una rimessa in discussione delle teorie e degli approcci sociologici, estesa rapidamente ai lavori qualitativi della psicologia clinica e sociale. Le aspettative e gli obiettivi della ricerca qualitativa si differenziano in funzione dei settori di intervento, per cui non è possibile opporre un “paradigma qualitativo” ad uno “quantitativo”; ma si può rendere conto delle due grandi posizioni della ricerca attuale nelle scienze sociali e umane seguendo tre grandi criteri (Guba e Lincoln): i presupposti ontologici, che interrogano la natura della realtà ed il modo in cui le cose funzionano, la posizione epistemologica, che si interessa alla relazione fra il soggetto e il ricercatore, e le scelte metodologiche che determinano l'interesse del ricercatore ed il modo in cui egli troverà quello che pensa possa essere scoperto. Concretamente, anziché opporsi, le ricerche possono essere collocate in un lungo continuum, in funzione dei loro oggetti. A grandi linee, l'insieme dei lavori può essere classificato in uno dei due grandi sistemi incompetizione: l'asse positivista e oggettivista e l'asse concreto e costruzionista. Caratteristiche dell'approccio positivista ed oggettivista dominante: all'interno di questo approccio è necessario distinguere le correnti positiviste classiche e le correnti post- positiviste apparse negli ultimi vent'anni. Dal punto di vista ontologico, hanno lo stesso presupposto: nelle scienze umane esiste una realtà osservabile al di fuori dell'osservatore e può essere studiata per estrarre delle leggi causali e predittive. Dal punto di vista epistemologico, il positivismo mantiene il dualismo tra soggetto e ricercatore, afferma l'obiettività possibile del ricercatore e mira a edificare delle strategie per neutralizzare la sua influenza; il post-positivismo abbandona la posizione dualista, l'obiettività è garantita e i risultati replicabili sono “sicuramente veri”, ma l'obiettivo della scienza è quello di sottometterli alla falsificazione piuttosto che replicarli. Dal punto di vista della scelta dei metodi, nel positivismo il metodo rimane sperimentale, quindi quantitativo; nel post-positivismo si assiste ad una maggiore flessibilità delle posizioni, con la possibilità di usare approcci multipli, sia qualitativi che quantitativi, 35 e vengono introdotte delle ricerche dette “quasi sperimentali”, svolte però sul campo e non in laboratorio. Quali sono le caratteristiche dell'approccio concreto e/o costruzionista emergente? Si possono dividere i lavori in due grandi correnti: quelle concrete e situate culturalmente (neomarxiste, femministe, materialismo dialettico, ecc.) e quelle maggiormente costruzioniste e discorsive, che si focalizzano sulla co-costruzione del mondo. Dal punto di vista ontologico, nelle correnti concrete e situate culturalmente, la realtà esiste in quanto condivisa, ma è sempre in movimento e formata dall'attività degli attori socio-psicologici e può essere cristallizzata solo a posteriori nella riflessione dialogica per estrarre strutture considerate reali per ragioni pratiche; nelle correnti costruzioniste e discorsive, la realtà in sé non esiste (nel mondo umano, da distinguere da quello degli oggetti), ma esistono insiemi co-costruiti di realtà multiple e in movimento, quindi rientra nel campo della costruzione mentale, sociale e collocata nell'esperienza locale. Dal punto di vista epistemologico, in entrambe le correnti, la realtà è formata da transazioni che implicano la soggettività e la cultura, perciò l'oggetto di ricerca e il ricercatore sono sempre considerati in interazione; nelle correnti concrete, i risultati vengono considerati mediatizzati attraverso i valori portati dall'oggetto della ricerca, dal ricercatore, dal soggetto e dalla cultura; nelle correnti costruzioniste, i risultati sono una creazione emergente del dispositivo di ricerca attraverso l'interazione tra soggetto e ricercatore. Dal punto di vista dei metodi, entrambe le correnti privilegiano quasi sempre la produzione discorsiva, alla quale può aggiungersi l'osservazione partecipante e non; nelle correnti concrete, si usano principalmente metodi dialogici e dialettici; nelle correnti costruzioniste i metodi sono ermeneutici e/o dialettici. In entrambe le correnti, i valori danno forma alla ricerca dall'inizio alla fine. Per quanto riguarda la psicologia della salute, il modello biopsicosociale classico, che mira ad una valutazione oggettiva e domina da una trentina d'anni, da una decina d'anni è stato criticato non tanto per quello che afferma di essere, ma per le pratiche di ricerca che vi si riferiscono e che sembrano essere più simili al modello biomedico che a quello psicosociale. In questo modello, troppo spesso l'ambiente è considerato solo come variabile da aggiungere e non da articolare. L'approccio riduzionista, che si dedica sempre più alle interazioni tra psicologia e SNC, sembra sempre più incapace di rispondere ai quesiti della psicologia della salute. La corrente detta classica in psicologia della salute, ha il merito di aver attirato l'attenzione sul ruolo degli elementi “moderatori”, ma mostra i suoi limiti nel 36 momento in cui si svuota l'analisi individuale che passa dal percepito al vissuto e il significato della malattia nell'essere umano. Perciò la psicologia della salute dovrebbe tener conto sia degli insegnamenti della seconda rivoluzione cognitiva che di quelli di un approccio concreto e qualitativo in psicologia. 9. Le principali correnti qualitative in psicologia della salute. Si possono distinguere tre grandi orientamenti pertinenti per la psicologia della salute, ognuno dei quali introduce gruppi di metodi specifici (senza che gli uni escludano gli altri): - l'attenzione particolare accordata ai dati orali raccolti in situazione concreta e quotidiana; i metodi mettono in evidenza il ruolo delle interazioni verbali nel dialogo (approcci etnometodologici ed analisi del discorso): - il rifiuto di ridurre lo spazio temporale umano ad un soggetto fuori contesto e storicizzazione; i metodi devono permettere la raccolta dei dati capaci di spiegare i processi in gioco nella co-costruzione sperimentale (interazionismo simbolico); - l'interesse per lo studio concreto dei casi singoli studiati nel loro contesto naturale; i metodi devono essere adattati per esplicitare il senso del vissuto delle esperienze umane (approcci fenomenologici). Tutti gli approcci qualitativi si interessano al discorso e al modo in cui il soggetto esprime il suo mondo in parole, ma l'analisi del discorso in senso stretto si riallaccia allo studio dei legami tra l'espressione sociale del linguaggio ed il potere, inteso come capacità di persuasione dell'altro che si manifesta nelle relazioni sociali. Si possono presentare due tipi di analisi, da sole o combinate: una microanalisi per lo studio delle negoziazioni di potere nelle conversazioni ed una macroanalisi per l'analisi del discorso in quanto sistema che struttura la società attraverso il linguaggio. Dal punto di vista della costruzione delle realtà sociali in psicologia, si tratta di analizzare i repertori interpretativi di ogni partecipante e i discorsi che egli produce per costruire versioni particolari della realtà. Per i ricercatori di questa corrente, ogni tentativo di analisi e comprensione di una situazione deve passare attraverso la considerazione del fatto che l'attività e il contesto influiscono, non solo sul nostro pensiero sociale e sulla sua espressione verbale, ma soprattutto sugli aspetti concreti della nostra esistenza. 37 Interazionismo simbolico: etnometodi, polisemia del linguaggio e forma culturale. Questi approcci si focalizzano principalmente sul significato sociale dei simboli quotidiani, comportamenti e altri riti in cui azioni e parole implicite sono scambiate fra i partecipanti all'interazione. Secondo l'interazionismo simbolico, l'oggetto principale delle scienze sociali dovrebbe essere lo studio delle credenze e del senso che i soggetti danno agli eventi e l'etnometodologia sembra essere la corrente sociologica più adatta a questo scopo. Gli etnometodi si focalizzano sui saperi pratici legati all'azione utilizzati quotidianamente dagli autori sociali, tramite l'osservazione partecipante e l'analisi delle interazioni. La psicologia qualitativa vede il postulato del discorso come parte di una catena significante a più livelli; quindi, il senso appare come “emergenza-creativa” tramite opposizioni linguistiche lungo la catena semantica (es. malattia implica salute, grande implica piccolo, ecc.), ma anche tramite accostamento di un insieme di immagini metaforiche culturalmente significative (la connotazione proveniente da “grande” rinvia ad una gerarchia, ad un livello raggiunto, ecc.). Quindi il senso non è fisso ma sempre ambiguo e proviene dalle parole utilizzate e dal contesto in cui si utilizzano, che include l'intenzione e le conoscenze del soggetto parlante. Questa corrente afferma che bisogna interrogarsi sulle parole che vengono usate nella psicologia della salute, per mostrare che la relazione tra fattori biologici, psicologici e sociale è in continua tensione dialettica, fra “essere” un corpo e “avere” un corpo. Analisi fenomenologiche: dall'esperienza percepita all'esperienza vissuta I diversi approcci fenomenologici si basano sul rifiuto dell'illusione oggettivante, secondo la quale esisterebbe un'unica “vera” percezione del mondo. Il percepito, il vissuto sperimentale ed empatico sono esaminati in parti uguali. Si tratta di interrogazioni cliniche sul vissuto (e non solo percepito) degli individui nella vita quotidiana, in situazione e in sviluppo. L'approccio fenomenologico si interessa all'elaborazione dell'esperienza cosciente. L'obiettivo non è ottenere una “verità rivelata” esterna al soggetto, dato che questa, percepita e vissuta, si trova in movimento dinamico incessantemente ricostruito attraverso i discorsi e gli atti. Alcuni autori di questa corrente qualitativa mettono in evidenza una fenomenologia della trasformazione del corpo, del tempo e dello spazio, ovvero cercano di capire come cambia la percezione del mondo nel passaggio dalla salute alla malattia grave. 38 10. Validità e possibili integrazioni. La ricerca qualitativa ha diversi limiti: - la mancanza di riproducibilità della maggioranza dei lavori, dovuta alla focalizzazione sull'esperienza concreta dei soggetti; - la debolezza della generalizzazione delle ipotesi qualitative, dovuta alla grande contestualizzazione delle ricerche; - la limitazione alla descrizione comprensiva, che evita qualunque ricerca esplicativa che produca conoscenze generali. Allo stesso modo, anche validità e fedeltà sono a rischio; per questo motivo, un certo numero di lavori ricorre al criterio di “credibilità”, che risponde alle critiche metodologiche relative alla validità interna. Però questo criterio è oggetto di indicatori variabili a seconda degli autori, tra cui 5 si ritrovano più frequentemente nei lavori che riguardano la validità della ricerca qualitativa: - l'impegno prolungato nella ricerca, che permette di giustificare una conoscenza approfondita del campo e del materiale raccolto; - la triangolazione, che presuppone che le informazioni siano ottenute da diverse fonti e addirittura con diversi metodi; - il controllo dei pari, che permette un'analisi delle pratiche e un'analisi incrociata del materiale; - l'analisi dei casi negativi, ovvero prendere in esame anche i fatti che contraddicono le ipotesi di lavoro; - il confronto con i soggetti della ricerca (meno frequente), che richiede una restituzione dei risultati ai soggetti che hanno preso parte allo studio. All'interno degli approcci qualitativi, la questione della validità della ricerca non è risolta, ma ci sono ancora diverse modalità di controllo in via di formalizzazione. Quindi sembra che ci sia in ballo una possibile integrazione dei due approcci, qualitativo e quantitativo, o almeno un'articolazione tra loro. Per Ponterotto e Grieger, si tratta di una differenza basata su fondamenti filosofici, piuttosto che pratici; le due visioni non saranno mai sovrapponibili ed è proprio lo scarto tra queste due grandi correnti metodologiche che non permette a ciascuno dei due gruppi di ammettere la visione del mondo altrui. Perché la loro articolazione sia effettivamente integrativa, l'approccio qualitativo deve essere integrato dall'inizio alla fine della ricerca, 39 così come i risultati devono rendere conto del vissuto del soggetto e del peso delle costrizioni interattive nei suoi aspetti concreti. La psicologia della salute, riguardo quest'integrazione, sembra uno dei settori più fecondo, in quanto la necessità di articolare i dati oggettivi con quelli soggettivi è particolarmente importante, perché la psicologia dell'uomo non può avanzare nelle proprie conoscenze senza prendere in considerazione il legame corporeo-psicosociale. 40 TAKE HOME MESSAGES ✓ Nel 1976, all’interno dell’American Psycologist Association (APA), prese forma una nuova disciplina: la Psicologia della salute, definita come “l’insieme dei contributi specifici (scientifici, professionali, formativi) della disciplina psicologica mirati alla promozione ed al mantenimento della salute, alla prevenzione ed al trattamento della malattia ed alla identificazione dei correlati eziologici, diagnostici della salute, della malattia e delle disfunzioni ad essa associate”. ✓ Un decennio dopo, Matarazzo rielaborò la definizione di psicologia della salute in questi termini: “La psicologia della salute è l’insieme dei contributi educativi, scientifici e professionali specifici di tutte le discipline psicologiche in tutte le loro forme, ma focalizzati verso la promozione ed il mantenimento della salute, la pevenzione e la terapia della malattia, tramite l’identificazione dei correlati eziologici e diagnostici della salute, della malattia e delle disfunzioni correlate e l’analisi e il miglioramento dei sistemi di cura e dell’elaborazione delle politiche relative alla salute”. ✓ Nel 2004 l’APA procedette ad unificare gli obiettivi generali della psicologia della salute e della psicologia clinica in un obiettivo unico: “la pratica generale delle cure e dei servizi di cura riguardanti la salute, non limitata quindi alla psicoterapia, ma comprensiva anche di ogni tipo di intervento psicologico a favore della salute fisica o mentale”, sottolinando l’indipendenza dalla psichiatria e le potenzialità di collaborazione con la medicina. ✓ La psicologia della salute rappresenta la conferma della volontà di superare il modello biomedico che già nel 1948 era stato messo in crisi con la storica definizione della salute da parte dell’Organizzazione Mondiale della Sanità, ovvero: “uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale e non semplicemente l’assesnza di malattia o di infermità. Il possesso del massimo stato di salute che è capace di raggiungere costituisce uno dei diritti fondamentali di ogni essere umano”. ✓ Engel propose il modello biopsicosociale, attingendo alla teoria generale dei sistemi di Von Bertalanffy che peremetteva di passare da un modello lineare di causa ed 41 effetto ad un modello circolare che vede la salute come la risultante di molteplici fattori biologici, psicologici e sociali che interagiscono tra loro. ✓ Il funzionamento e la disabilità sono da considerare come il risultato dinamico di una complessa interazione tra le condizioni di salute dell’individuo ed i fattori di contesto (ambientale e personale). ✓ Alcune ricrche hanno messo in evidenza che gli individui esprimono più frequentemente le emozioni in contesti dove ritengono che sia presente attenzione al proprio benessere; l’espressione delle emozioni produce benefici sociali, fisiologici e cognitivi nei suddetti contesti; la soppressione dell’esternazione delle emozioni in contesti dove non è presente questa attenzione al benessere produce costi bilanaciati dai benefici sociali, laddove, quindi, la comunicazione emotiva risulterebbe fuori luogo. ✓ In psicologia della salute esistono due tipi fondamentali di domande di ricerca: le domande descrittive (ad esempio: quali sono gli atteggiamenti delle persone per proteggere la propria salute?) e le domande predittive (ad esempio: che interpretazione danno i pazienti colpiti da un infarto dei loro segni di guarigione?). 42 Bibliografia - Fisher N.G. (2006), Trattato di psicologia della salute, Borla, Roma; - Ricci Bitti P.E. e Gremigni P. (2020), Psicologia della salute, Carocci editore, Roma; - Ripamonti C. A. (2015), Manuale di Psicologia della salute, Il Mulino, Bologna; - Zani B. e Cicognani E. (2000), Psicologia della salute, Il Mulino, Bologna. 43 PSICOLOGIA DELLA SALUTE Modulo 2 “I comportamenti di salute, promozione della salute e educazione alla salute: modelli e teorie” Docente: Prof. Lorenzo CAMPEDELLI ________________________________________________________ Anno accademico 2022-2023 1 INDICE PARTE I - I COMPORTAMENTI DI SALUTE E LA RAPPRESENTAZIONE DELLA MALATTIA NELLA PROSPETTIVA INDIVIDUALE E SOCIALE............................................................................. 3 1. Cosa si intende per comportamento di salute............................................................................................ 3 2. Modelli teorici sul comportamento di salute individuale.......................................................................... 4 2.1. Il Modello delle credenze sulla salute (HBM e EHBM)................................................................. 4 2.2. La Teoria della motivazione a proteggersi (PMT e OPMT)............................................................ 5 2.3. Il Modello del processo parallelo esteso (EPPM)............................................................................ 7 2.4. Il Modello dell’informazione, della motivazione e delle abilità comportamentali (IMB).............. 8 2.5. La Teoria dell’azione ragionata (TRA)........................................................................................... 9 2.6. La Teoria dell’azione pianificata (TPB)........................................................................................ 10 2.7. L’Approccio al processo dell’azione salutare (HAPA)................................................................. 11 2.8. La Teoria del controllo dell’azione (ACT).................................................................................... 12 2.9. Il Modello transteorico degli stadi di cambiamento (TTM).......................................................... 12 2.10. Il processo di adozione delle precauzioni (PAP)........................................................................... 14 2.11. Il cambiamento dei comportamenti multipli di salute (MHBC).................................................... 15 3. La rappresentazione della malattia nella prospettiva individuale............................................................ 16 3.1. Il Modello dell’autoregolazione (SRM)........................................................................................ 17 4. Modello teorico di comportamento di salute a livello sociale................................................................. 18 PARTE II - PROMOZIONE DELLA SALUTE E EDUCAZIONE ALLA SALUTE............................ 20 1. La promozione della salute...................................................................................................................... 20 2. Il modello ecologico................................................................................................................................ 22 3. L’educazione alla salute........................................................................................................................... 24 4. I principali modelli di educazione alla salute.......................................................................................... 25 4.1. La progettazione di interventi educativi: il modello della Ricerca-Azione................................... 26 4.2. Un approccio integrato: il modello PROCEDE-PROCEED......................................................... 26 TAKE HOME MESSAGES......................................................................................................................... 31 Bibliografia..................................................................................................................................................... 32 2 PARTE I - I COMPORTAMENTI DI SALUTE E LA RAPPRESENTAZIONE DELLA MALATTIA NELLA PROSPETTIVA INDIVIDUALE E SOCIALE. “Prima di guarire qualcuno chiedigli se è disposto a rinunciare alle cose che lo hanno fatto ammalare” Ippocrate di Kos (460-370 a.C.) 1. Cosa si intende per comportamento di salute. La definizione maggiormente esaustiva di comportamento di salute è stata fornita da Matarazzo nel 1984, identificandolo con quell’insieme di pratiche positive o negative attuate dall’individuo come parte di un più ampio stile di vita o approccio comportamentale generale alla protezione della propria salute. Da ciò ne è scaturita una prima distinzione in: - Comportamenti a rischio per la salute (health risk behaviors): possono aumentare, in virtù della loro frequenza e/o intensità, il rischio di insorgenza di patologie ed avere, pertanto, un effetto negativo sullo stato di salute. - Comportamenti protettivi per la salute (health protective behaviors): hanno effetti positivi e protettivi, quindi, desiderabili sulla prevenzione delle malattie ed il mantenimento della salute. Maerks et al., nel 2011, fornirono una definizione più ampia di comportamento di salute, in ragione della complessità caratterizzante la salute: il comportamento di salute è rappresentato dall’insieme dei fattori cognitivi,

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