Geografia II - Risposte alle Domande PDF

Summary

Questo documento presenta una revisione di concetti e teoria della geografia, come "geografia culturale" e "riduzione", focalizzandosi su approcci culturali e ideologici a queste discipline.

Full Transcript

GEOGRAFIA II HUMBOLDT Alexander Von Humboldt è un geografo tedesco della prima metà dell’800. Considerato uno dei capostipiti della nascita della geografia moderna, la sua figura è associata al tipo di “scienziato viaggiatore” perché, a seguito dell’eredità del padre, ha avuto modo di viaggiare, sop...

GEOGRAFIA II HUMBOLDT Alexander Von Humboldt è un geografo tedesco della prima metà dell’800. Considerato uno dei capostipiti della nascita della geografia moderna, la sua figura è associata al tipo di “scienziato viaggiatore” perché, a seguito dell’eredità del padre, ha avuto modo di viaggiare, soprattutto nelle AMERICHE e conoscere realtà differenti. Per primo ha cercato, nella sua opera KOSMOS, di rappresentare la geografia del mondo in modo razionale, descrivendo gli usi e costumi dei popoli visitati. Egli usa approcci che si avvicinano all’illuminismo caratterizzato dalla razionalità ed aveva la seguente metodologia: 1. Scomposizione degli elementi descrivendone ciascuno (principio di riduzione); 2. Analisi dei loro rapporti e delle influenze reciproche (principio di casualità); 3. Attenzione verso il territorio nel suo insieme (principio di sintesi); 4. Le descrizioni fatte, si concentrano su elementi materiali (principio di evidenza). RITTER Il geografo Karl Ritter ha una visione diversa rispetto a Humboldt. Egli ha un modo non razionalista e premoderno di osservare la realtà, tenendo conto di una realtà non visibile. Ritter afferma che la conoscenza geografica non si ottiene scoprendo la realtà ma riconoscendola. Cerca di riconoscere, scoprire e descrivere le cose con la consapevolezza che ci sia una formazione culturale precedente; ogni cosa diventa un segno che ha un significato. IL SIGNIFICATO DI CULTURA La parola cultura deriva dal latino “cultus” (coltivato), di origine indoeuropea e, grazie ad un procedimento metaforico, il significato è stato esteso alle manifestazioni spirituali: la cultura sviluppa lo spirito elevandolo. Tale parola rientra in uso nel ‘700 ad indicare le qualità intellettuali e morali di un singolo e, nell’illuminismo, essa viene assunta come manifestazione di capacità raziocinanti. La cultura era considerata come manifestazione individuale ed entra per la prima volta nella geografia grazie a Ernst Kapp con l’introduzione del termine Kulturgeographie. Il primo a ritenere la cultura come manifestazione sociale è l’antropologo inglese Taylor nell’opera “Primitive Culture”, nella quale la cultura è l’insieme delle conoscenze, leggi, costumi, valori morali, dell’arte ed ogni atteggiamento che l’uomo acquisisce all’interno della società. Ratzel riprende nel 1875 il concetto di “geografia culturale”, questa disciplina nasce definitivamente soltanto nel 1931 nella “scuola di Berkeley”, fondata dal geografo americano Carl Sauer. DECOSTRUZIONISMO Il decostruzionismo è un indirizzo teorico formatosi negli anni ’80 del ‘900 a seguito della sfiducia provata verso lo strutturalismo per i risultati insoddisfacenti. Tale teoria parte attraverso il pensiero di Derrida e Barthes ed ha delineato modi di produrre conoscenza partendo non dall’oggetto (la realtà territoriale), ma dal testo o, meglio, dalla rappresentazione del reale che va esplorata per scoprire gli aspetti che vi sono nascosti. Per testo si intende sia quello scritto (cartine geografiche), sia qualsiasi tipo di descrizione, rappresentazione e narrazione. I geografi considerano quindi la rappresentazione della cultura come oggetto autonomo di ricerca ricercando le relazioni che il testo ha nel suo contesto culturale e sociale. Il testo a sua volta si manifesta attraverso una serie di segni. RESURREZIONE DELLA FENICE Tale espressione si riferisce al modello ciclico, di forte impronta simbolica, creato da Buttimer, con il quale vuole dare una visione dei cambiamenti di prospettiva geografica successi a partire dagli anni ’60. All’interno di questo modello gli anni ’60 la visione strutturalista fece rinascere la geogrqafia (come la fenice rinasce dalle proprie ceneri), portandola a produrre modelli quantitativi. Si possono constatare tali processi: - Anni ’60 come il “tempo della fenice”; - Anni ’70 come il “tempo di Faust” dove la ricerca geografica su base strutturalista e molto vasta e viene considerata il prodotto di un amore per il pragmatismo, pari a quello di Faust per l’azione; - Anni ’80 come il “tempo di Narciso” così come Narciso guardava il proprio riflesso nell’acqua, allo stesso modo per la geografia è il momento di autocontemplazione e ciò si riflette sull’utilità delle ricerche che condussero i geografi a trovare nuove strade facendo nascere la “nuova geografia culturale”. - INDIRIZZI STRUTTURALISTA, SEMIOTICO E SPIRITUALISTA - APPROCCIO STRUTTURALISTA: Tale approccio si sviluppa nell’ambito della geografia culturale tradizionale ed ha come fondatore Berkeley. La cultura viene vista come un filtro con il quale si focalizzano gli argomenti che fanno parte della geografia. Nella sua scuola vengono individuati quattro campi tematici che si concentrano sugli aspetti della cultura: - La distribuzione geografica e la diffusione nel territorio degli elementi culturali; - Le manifestazioni geografiche dell’ecologia culturale; - Le regioni culturali; - La specializzazione regionale delle culture. Queste tematiche assunsero una maggiore importanza a seguito dell’analisi sulla diffusione delle culture, della diversità biologica, diversità culturale ed elementi religiosi che facevano parte delle culture. - APPROCCIO SEMIOTICO: Tale approccio si sviluppa nell’ambito della nuova geografia culturale e prende come oggetto i simboli. La cultura viene vista come patrimonio di simboli e la semiotica diventa la base di riferimento per interpretare il territorio nella relazione tra soggetto, segno e significato. Questa prospettiva non è mai stata accolta con favore dai geografi francesi, tra cui Claval, ma ha trovato maggiore interesse tra i geografi anglosassoni. L’approccio semiotico si muove all’interno di una retorica non razionalistica ed è caratterizzato da una certa debolezza perché favorisce comprensione ed immaginazione alla spiegazione. - APPROCCIO SPIRITUALISTA: Movimento di pensiero formatosi nell’800, sulla base della filosofia di Socrate e di Platone. Si sviluppa nell’area della nuova geografia culturale. Il suo obiettivo è quello di riportare la realtà alla coscienza umana perché questa è la sede di tutti i valori. Tale indirizzo ha tre connotati: - è soggettivista, in quanto pone la coscienza umana al centro del mondo; - rivaluta la conoscenza non analitica; - delegittima il primato del Razionalismo nella costruzione della conoscenza. Con questa forma di pensiero le manifestazioni geografiche vengono indagate e rappresentate in termini di connotazioni impresse al territorio dalle manifestazioni più elevate dello spirito umano. In Italia tale indiritto ha avuto due linee di contributi: - quello di Giuliana Andreotti in geografia con Riscontri di geografia culturale; - quello di Luisa Bonesio in filosofia, dove è sorta la “geofilosofia”. Dette linee hanno in comune l’interesse per il paesaggio, il quale è valorizzato dalla percezione sensoriale e la ricerca del potenziale espressivo è compiuta richiamando testimonianze artistiche. Gli obiettivi dell’indirizzo spiritualista sono la ricerca e la rappresentazione della struttura estetica interna della realtà territoriale e perciò la geografia diventa sensibile alla rappresentazione artistica. L’ARC DE TRIOMPHE E LA GRANDE ARCHE, CON I LORO SIGNIFICATI Questi due archi sono visti, nella prospettiva della geografia culturale a indirizzo semiotico, come simboli importanti nella narrazione di Parigi e della Francia. L’Arc de Triomph (l’Arco di Trionfo) può essere considerato un segno urbano di modernità perché conduce a significati certi di potenza, di solidità politica e sociale, di orgoglio nazionale della Francia. La Grande Arche (la Grande Arca) è un segno urbano di post-modernità perché è un simbolo ambiguo che comprende diversi significati all’interno di una retorica non razionalista. Esso fa riflettere sul passato ed indica un futuro incerto che si può solo immaginare. CAMPI DI STUDIO I campi di studio nella geografia culturale su base semiotica rientrano su tre campi tematici: 1. Relazioni con la natura: l’individuo è visto come l’homo ecologicus e l’attenzione è rivolta ai simboli attribuiti alle realtà fisiche e biologiche naturali, cercando di rappresentare il senso che la natura acquista per l’esistenza umana. 2. Relazioni con la società: l’individuo è visto come l’homo socialis, costruttore di simboli con i quali rappresenta i contesti sociali e ai quali attribuisce dei valori. 3. Relazioni con la trascendenza: l’individuo è visto come l’homo religiosus, a come si comporta di fronte alla trascendenza insieme ai simboli con cui la connota e i suoi valori. SEGNO E SIMBOLO / DIFFERENZA FRA IL SEGNO DI DE SAUSSURE E PIERCE Il segno è concepito in modo diverso da De Saussure e da Pierce. In Francia c’è De Saussure che, con la fondazione della semiologia, considera il segno nel campo della linguistica e propone una visione diadica del segno che risulta dall’associazione di un significante, ossia la forma assoluta del segno, con un significato, costituito dal concetto rappresentato dal segno. Negli USA c’è Charles Sanders Pierce che, con la fondazione della semiotica, ha una prospettiva più filosofica. Egli considera il segno come risultato dell’interazione di tre elementi: l’oggetto cui il segno si riferisce; il representamen, costituito dalla forma del segno; l’interpretante, ossia il senso assunto dal segno. Il representamen può essere inteso come un “segno-significante”, mentre l’interpretante è un “segno-significato”, ma allo stesso tempo anche un “segno-significante”, in quanto induce a sua volta altri significati, dando via ad un processo infinito di produzione di significati detto semiosi. Il simbolo è un tipo di segno (segno è qualcosa che, in relazione a un soggetto, rappresenta un oggetto) che non ha alcuna somiglianza con il significato ma ha una forma del tutto arbitraria o convenzionale, per cui la relazione tra i due non è intuibile ma deve essere appresa, non è univoca ma plurivoca. Un simbolo può condurre ad una pluralità di significati. NATURA E CULTURA Natura e cultura entrano a contatto nella geografia culturale su base semiotica perché essa ha come oggetto la connotazione simbolica di luoghi e spazi della natura e identifica la cultura con il patrimonio di simboli che l’uomo crea e successivamente proietta nei luoghi e spazi geografici, rivestendoli di significati e di valori. INTERPRETAZIONE DELLA NATURA SECONDO MYTHOS E LOGOS Nella civiltà occidentale, il rapporto con la natura è stato connotato da due categorie di simboli: mythos e logos. - Mythos: i simboli prodotti su questo piano non sono speculativi e si ritrovano nelle leggende, nei miti, nell’arte, nella religione; portano ad una conoscenza affidata alla creatività e immaginazione con l’esaltazione della spiritualità ed estetica. Le radici della visione affondano nell’età arcaica della storia greca e nei racconti di Omero, ricchi di rappresentazioni simboliche della natura. - Logos: sono simboli creati attraverso la speculazione che si annidano principalmente in ambito filosofico a partire da Eraclito. Con le sue riflessioni prendono forma tre filiere di pensiero sulla natura: 1) La prima intende la natura come principio di vita; 2) La seconda la considera come l’ordine e la necessità che governano la realtà; 3) La terza vede la natura come manifestazione attraverso cui lo spirito si presenta al mondo visibile. Nel pensiero moderno si aggiunge anche una terza concezione della natura quale insieme degli oggetti sensibili percepiti sia attraverso l’arte e l’intuizione, che attraverso la ricerca scientifica. LA MONTAGNA / IL FIUME La geografia culturale ad indirizzo semiotico, per quanto riguarda una delle sue regioni tematiche, ovvero quella del rapporto con la natura, esplora i quadri che offerti dalla natura, come la montagna, i fiumi, il mare, cercando di individuare i simboli che l’uomo vi ha attribuito ed i loro significati. Il fiume= l’indagine geoculturale sul fiume è ampia in quanto i simboli ad esso attribuiti variano notevolmente e possono essere riferiti a due milieu distinti: un milieu premoderno, in cui il mythos porta ad una comprensione della natura, ed un milieu moderno, in cui il logos vuole spiegare la natura. Nelle rappresentazioni premoderne, per esempio, il Nilo diventa il simbolo per rappresentare il ciclo della morte e della resurrezione; l’esistenza umana era quindi rispecchiata nell’andamento ciclico della natura. Dalla figura del cerchio nel contesto greco ed egizio, si passa alla linea retta nella civiltà romana; questa rappresentazione lineare diventa simbolo di progresso e di potere. Nella cultura ebraica e cattolica la rappresentazione è un irraggiamento a partire dal centro, che rappresenta la creazione che deriva da un’unica fonte. Nel milieu moderno, invece, la spiegazione diventa la base per la trasformazione della natura. Nel contesto occidentale troviamo altri tipi di ciclo: il ciclo dell’acqua ed il ciclo climatico. L’idea del ciclo unisce quindi logos e mythos, in quanto porta con sé una carica simbolica che è in sintonia anche con altre culture (come quella indiana nella sua rappresentazione del Gange). Altri motivi ricorrenti sono la confluenza del fiume nell’oceano, la risalita lungo il fiume e la traversata del fiume, tutti dotati di particolari significati. La montagna= anche la montagna è stata rivestita di simboli premoderni prima, e moderni in seguito. Nella tradizione antica, la montagna ha una forte carica simbolica: - il monte Moria, ad esempio, ha due valori simbolici: è innanzitutto il luogo che congiunge la terra al cielo, ma rappresenta anche il tempio di Dio, in quanto vi si consuma il sacrificio di Isacco. Questo simbolismo si può trovare anche nell’antichità greca, dove l’Olimpo è la sede degli dèi; - monte Sinai, rimanendo nella tradizione cristiana ci sono molte altre rappresentazioni simboliche della montagna, come quella del monte Sinai, luogo dell’incontro tra Dio e umanità ma anche simbolo dei limiti della nostra conoscenza; - monte Ventoux in Provenza, si ricopre successivamente di altri simboli, dati dall’emergere del dissidio tra il mondo cristiano e quello laico. Nella modernità poi la montagna diventa teatro di due filiere di simboli: quelli concepiti dalla scienza da una parte e quelli di natura estetica ed etica dall’altra. SOCIETA’-STRUTTURA E SOCIETA’-SIMBOLI La società-struttura è la rappresentazione convenzionale della società, tesa a fornire spiegazioni e a una rappresentazione su piccola scala. Considera la società per i suoi aspetti oggettivi come le strutture sociali, l’ampiezza del territorio … Si dedica agli spazi piuttosto che ai luoghi ed ottiene risultati oggettivi perché basati su dati quantitativi. Si parla di discorso geografico “duro” perché va a creare una rappresentazione geografica in piccola scala in base a dati e nozioni. La società-simbolo è la rappresentazione a base semiotica della società, che mette in rilievo l’individuo e la sua condizione esistenziale, esplorando i simboli dei luoghi e le condizioni esistenziali ad essi connesse e mirando alla comprensione. Produce un discorso geografico morbido, associato a una rappresentazione geografica in grande scala perché essa si dedica a territori di piccole dimensioni. CITTA’ SIMBOLO Una città-simbolo è una città che nel suo insieme è un segno o un complesso di segni che rimandano al trascendente, tra cui rientrano città sacre come Medina o città che si connotano soprattutto in base a valori religiosi per motivi storici, come Gerusalemme. BRASILIA (SIMBOLO E SIGNIFICATO DEL SUO DISEGNO URBANO) La città di Brasilia fornisce un ottimo esempio di “complicazione simbolica”, ossia di trasformazione dei simboli sulla trascendenza attribuiti a un determinato luogo. Il segno a cui era ispirato l’assetto planimetrico della città, insito nella pianta urbana, è quello di un aereo o un uccello che dispiega le sue ali sull’altopiano. Eco e Racine sono d’accordo nell’individuare questa figura e nell’attribuire questo progetto all’adesione dell’architetto al Razionalismo urbanistico; lo schema ortogonale della pianta doveva adattarsi razionalmente ai bisogni della popolazione. Il significato del segno conduceva, secondo Eco, a ideali democratici, secondo Racine al superamento del passato coloniale. Questo simbolismo si è rivelato velleitario, dato il fallimento funzionale e politico del progetto urbano, basato su Razionalismo e Socialismo. Il segno, in origine monosemico e dal significato laico, è poi stato visto negli anni successivi, in termini polisemici; Tauxe ritrova per esempio nella pianta, il simbolo della croce cristiana e del geroglifico egizio. Inoltre, nella pianta a croce si può vedere il simbolo del luogo centrale sacro, asse del mondo da cui si diramano quattro direttrici. Il significato originariamente laico si è quindi rivestito di connotazioni religiose e la città stessa è diventata un centro delle culture alternative. CITTA’-SIMBOLO POLISEMICHE E MONOSEMICHE Le città, e città-simbolo, sono dette monosemiche se i loro simboli conducono a una stessa religione, polisemiche se sono dotate di simboli che rinviano a vari contesti dideistici. Un esempio di città-simbolo monosemica è la Mecca, che, insieme a Medina è la città-simbolo dell’islamismo. Questa funzione è dovuta a due circostanze: vi è nato Maometto e qui ha iniziato la sua missione di predicazione. La Mecca, mèta di annuali pellegrinaggi, è il luogo dove si realizza il rapporto con il trascendente e permanente punto geografico di riferimento per i fedeli. Le città-simbolo polisemiche, invece, presentano una pluralità di rapporti, tanti quanti le religioni presenti, tra esistenza umana e trascendenza. L’esempio più importante è sicuramente Gerusalemme, poiché i suoi simboli conducono alle tre religioni monoteiste: Ebraismo (i più antichi: Muro del Pianto), Cristianesimo (Basilica del Santo Sepolcro) ed Islamismo (Cupola della Roccia). ARCHITETTURA GRECA E ROMANA NEI TEMPLI + DIFFERENZA TEMPIO GRECO E ROMANO Il tempio greco e romano si differenziano nei valori simbolici connaturali alla loro struttura architettonica. Il tempio greco era costruito per creare una separazione tra sacerdoti e fedeli: l’interno era accessibile solo ai sacerdoti, il perimetro era costruito affinché i fedeli potessero porgere le loro offerte dall’esterno. Al contrario, la basilica romana riflette nella sua struttura lo spirito di comunità solidale cristiano: la sua funzione originaria era quella di luogo di mercato, destinato ad un’ampia comunicazione. ETEROTOPIA, UTOPIA E NON LUOGO L’eterotopia è uno spazio reale che si differenzia dagli spazi reali “ufficiali” perché il suo senso sociale, i simboli da cui è connotato e i loro significati non corrispondono a quelli del contesto di appartenenza. Ha due caratteristiche principali: favorisce visioni “altre” del mondo ed è uno spazio ordinato, meticoloso. Tutte le culture e le società hanno eterotopie, ad esempio: - luoghi sacri/riservati/interdetti per persone che si trovano in uno stato di crisi in relazione alla società in cui si trovano; - spazi per adolescenti, partorienti; - carcere, case di riposo, cliniche psichiatriche dove trovano collocazione persone con un comportamento deviato rispetto alla norma stabilita dalla cultura. L’accesso a questi spazi è regolato da diversi meccanismi come l’appartenenza ad un determinato gruppo sociale o all’adesione di particolari religioni. L’eterotopia si distingue dall’utopia che è invece uno spazio iperreale, immaginario. I non luoghi sono spazi creati nelle società avanzate per effetto dell’eccesso di tempo, cioè i fenomeni di accelerazione da cui è coinvolta la vita sociale; di spazio, con la creazione di siti del tutto particolari; di ego, individualità che caratterizza l’uomo del nostro tempo. Tali spazi creano un allungamento del tempo che diventa esperienza esistenziale. I non luoghi non sono identitari (l’uomo tende a restare anonimo), non sono relazionali (è un luogo di assembramento) e non sono storici (non hanno una loro storia) ma, sono legati al viaggio, al trasporto ed al movimento. Spazi come mezzi di trasporto, centri commerciali, aeroporti, zone di transito in cui milioni di persone si incrociano senza entrare in relazione. IPERLUOGHI E IPERSPAZI: POSTMODERNITA’ La condizione postmoderna si verifica quando dei simboli ci conducono verso luoghi e spazi iperreali, creati dalla nostra immaginazione, nei quali possiamo costruire le nostre visioni del presente e del futuro. I simboli che generano questi luoghi instaurano un rapporto plurivoco e ambiguo con il significato, in un rapporto non deterministico che è condizione fondamentale della postmodernità. I luoghi e gli spazi a cui si approda tramite una sibologia plurivoca, sono detti iperluoghi e iperspazi. Un esempio di iperluogo è il Bonaventura Hotel di Los Angeles, realizzato da John Portman, che può essere definito come un mondo di simulacra, ossia di veli che riproducendo le immagini delle cose, creano percezioni e sogni. Tutto l’edificio è costruito infatti, in modo da produrre siboli che ci conducono verso iperluoghi, fino a fare perdere addirittura il senso della posizione. PAESAGGIO E SIMBOLO I simboli presenti nel paesaggio generano delle emozioni che, a loro volta, servono a percepire, individuare e rappresentare i simboli stessi da cui il paesaggio è contraddistinto, approdando infine ai loro significati. I simboli del paesaggio non formano un sistema, ma un insieme non strutturato che, tuttavia, può essere radunato dal soggetto rivelando interamente l’energia generatrice di emozioni del paesaggio, che ci porta a una comprensione del mondo di cui ci sentiamo parte. OLISMO (🡪 NON RAZIONALISMO) L’olismo è una teoria che ha una prospettiva molto ampia della realtà e vede l’organismo sociale e biologico più di una semplice somma di componenti e delle sue relazioni tra questi. Tale visione ha una certa sintonia con l’approccio non razionale della geografia culturale. Considera l’oggetto come un elemento immerso in una realtà più grande e ricca di connessioni e relazioni. Considera il paesaggio come un tutt’uno dotato di una sua identità culturale senza perdere la considerazione del contesto più ampio in cui è inserito. PAESAGGIO, PAESAGGIO CULTURALE La storia della geografia è contrassegnata dalla distinzione tra paesaggio culturale, concepito in termini post-strutturalisti e altri tipi di paesaggio, concepiti in termini strutturalisti. Questa distinzione nasce nell’800 con l’introduzione dei termini Naturlandschaft e Kulturlandschaft, ed è ancora dibattuta nelle seconda metà del ‘900, in cui emergono due posizioni. - Secondo Toschi il paesaggio culturale costituisce un tipo di paesaggio geografico e può essere inteso come un paesaggio ricco di impronte culturali o, come il complesso delle impronte culturali di uno spazio o luogo. - Andreotti, invece, sostiene la posizione per cui il paesaggio culturale è una categoria a sé e non un tipo di paesaggio geografico, in quanto quest’ultimo è una “apparenza visuale”, mentre il paesaggio culturale è una “apparenza visuale integrata”, poiché la rappresentazione del paesaggio diventa una rappresentazione della proiezione del soggetto sul paesaggio, a cui vengono attribuiti simboli e significati. LE RAGIONI DEL PAESAGGIO CULTURALE Il paesaggio culturale si distingue dal paesaggio geografico per la rappresentazione, che appartiene non a un livello strutturalista ma ad un’atmosfera post-strutturalista ed è quindi incompatibile col pensiero cartesiano con cui si rappresenta il paesaggio geografico. Il paesaggio culturale predilige il soggetto alla realtà esterna, in quanto è il modo di proiettarsi del soggetto nella realtà, che non viene spiegata ma compresa. Il discorso è dominato dal mythos ed il simbolo diventa sorgente della rappresentazione, la quale mette in evidenza le armonie che la cultura crea tra esistenza, natura, società e trascendenza. L’oggetto primario della rappresentazione non è più lo spazio, ma il luogo in cui si cerca la personalità culturale. CULTURA E CIVILTA’ Queste due parole vennero messe a confronto nel momento in cui nell’epoca moderna si impose la parola “civiltà”, nata nella forma di “civilisation” in ambiente francese. Questa parola ebbe un notevole ruolo nella metanarrazione del processo garantito dalla scienza e dalla ragione, e venne presto ad affiancare il preeseistente termine “cultura”. La differenza tra queste parole è data da tre posizioni diverse: 1. La prima va fatta risalire a Kant, che riferiva la cultura ai comportamenti individuali e la civiltà all’ambito sociale; 2. La seconda posizione intende invece la civiltà come il complesso di azioni esercitate in ambito sociale per migliorare e innalzare spiritualmente e materialmente; 3. La terza posizione infine ha matrice marxiana, in quanto fa ricadere la cultura nella sovrastruttura (le manifestazioni intellettuali) e la civiltà nell’infrastruttura (gli oggetti materiali). Un’altra posizione è quella di Spengler, il quale sostiene che la civilizzazione sia lo stadio finale della cultura (in quanto civiltà), in un’idea ciclica di una cultura in continuo divenire. GLOBALIZZAZIONE E DIVERSITA’ Tomlinson distingue tra villaggio globale e vicinato globale: la prima espressione indica la rete di relazioni a scala globale generatesi con il diffondersi dei mezzi di comunicazione e informazione, la seconda indica l’emergere di un contesto globale prima di tutto politico, ma anche sociale. Questo ha ricadute culturali, in quanto la globalizzazione non è soltanto un aumento degli scambi materiali e di relazioni, ma anche e soprattutto un’intensificazione di scambi culturali, di simboli e significati. Essa ha causato profonde trasformazioni nei modi di trasmissione della cultura: la trasmigrazione di simboli e significati è diventata virtuale ed avviene in tempi molto più rapidi. Tutte queste rappresentazioni hanno luoghi certi di partenza e luoghi potenziali di arrivo e, portano a un’interazione tra i simboli consolidati e quelli importati in un certo luogo o spazio. La globalizzazione poi ha la sua radice in un processo di modernizzazione iniziato con l’Illuminismo, cosicché i nuovi simboli importati sono nella loro essenza ancorati all’idea di fede nel progresso e nella razionalità. Sta poi alle comunità accettare o meno il messaggio di modernità, ed essere quindi occidentalizzate oppure no, creandosi in questo modo una divaricazione del mondo che divide le singole comunità dall’interno e che dà luogo anche a delle eterotopie, a spazi interstiziali tra aree modernizzate e non modernizzate, in cui emergono manifestazioni culturali nuove. In base a questa visione si può penare al mondo come soggetto ad un processo di uniformizzazione, ma da questo scenario si allontana Hannerz, il quale reputa che all’interno di questo rapporto centri-periferia, generato dalla globalizzazione, stiano sorgendo spazi “creoli” con culture dinamiche che uniscono le loro antiche radici culturali con innesti nuovi, facendo nascere nuove forme di diversità

Use Quizgecko on...
Browser
Browser