Riassunto di Genetica Medica PDF

Summary

Questo documento fornisce un riassunto di genetica medica. Copre argomenti come le malattie genetiche, le diverse tipologie di ereditarietà (semplice, complessa e multifattoriale), descrivendo le malattie mendeliane, le malattie x-linked e le patologie cromosomiche. Include inoltre una panoramica delle cause delle principali malattie, come la sindrome da deficit di attenzione/iperattività (ADHD) e la sindrome di Down, e di altre problematiche di natura genetica.

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Genetica medica. si occupa dello studio e della diagnosi delle malattie genetiche; è importante fare diagnosi perché permette di valutare l’eventuale rischio riproduttivo per il paziente e la famiglia. Durante una consulenza, la domanda più frequente è nel momento del colloquio: “Che probabilità ho...

Genetica medica. si occupa dello studio e della diagnosi delle malattie genetiche; è importante fare diagnosi perché permette di valutare l’eventuale rischio riproduttivo per il paziente e la famiglia. Durante una consulenza, la domanda più frequente è nel momento del colloquio: “Che probabilità ho di avere un figlio affetto da …”; bisogna sapere come la malattia si eredita e qual è il gene interessato. I 4 livelli della genetica medica: Genetica classica → genetica mendeliana e citogenetica. o Studio dei cromosomi. o F = G → se fenotipo è dato dal genotipo, si parla di malattie mendeliane. Es: distrofia di Duchenne o albinismo => TRATTI SEMPLICI o F = A → se il fenotipo deriva dall’interazione con l’ambiente, parliamo di tratti complessi. Es: malattie “FENOCOPIE” (fenotipo indotto dall’ambiente che somiglia al fenotipo prodotto dalla mutazione). ▪ Sindrome feto alcolica: consumo cronico ed eccessivo di alcol; anomalie facciali tipiche, ritardo di crescita pre e postnatale, disfunzioni cardiache, malformazioni, ritardo mentale (malformazioni dell’ippocampo) e disturbi comportamentali. ▪ In diagnosi, sembravano sintomi di una malattia genetica, mentre invece era un problema di alcolismo della madre. ▪ Talidomide → le donne trattate con talidomide davano alla luce neonati con gravi alterazioni congenite dello sviluppo degli arti, ovvero amelia (assenza degli arti) o vari gradi di focomelia (riduzione delle ossa lunghe degli arti). o F = G + A → presenza di più geni + ambienti diversi = TRATTI COMPLESSI. Eredità multifattoriale → interazione fra geni e ambiente. Epigenetica → alterazioni nelle funzioni del DNA senza alterarne la struttura. Post genomica → profili dei geni espressi. Ognuno di noi ha un patrimonio genetico ereditato. Si introducono due concetti di base: Genotipo → la costituzione genetica di ogni individuo. Fenotipo → ciò che si vede; è un concetto molto più ampio, e rappresenta l‘insieme delle caratteristiche, fisiche, biochimiche e mentali di un individuo Tratti semplici → di ereditarietà mendeliana; il fenotipo è determinato direttamente dal gene, senza influenza ambientale. Sono tratti dicotomici (c’è/non c’è). Es: Distrofia di Duchenne, albinismo, Corea di Huntington. Autosomica dominante → l’allele mutato domina sull’allele sano; ogni individuo affetto ha un genitore affetto, non c’è salto generazionale (50%). Esempi: nanismo, corea di Huntington. Autosomica recessiva → l’allele sano domina sul mutato; servono 2 alleli mutati per avere un individuo malato. È completamente diverso quel che può pensare un genitore in questo caso (rispetto alle dominanti, dove il senso di colpa nasce principalmente dalla madre): v’è condivisione del senso di colpa. Patologie mendeliane = autosomiche dominanti o recessive, x-linked. Tratti complessi → patologie che derivano dall’interazione combinata fra geni e ambiente; non seguono le leggi di Mendel (es: tutti i disturbi mentali e i tumori) Malattie x-linked → nei maschi, la “x” può avere/non avere il gene mutato, mentre nelle donne, le probabilità che il gene “x” sia mutato è aumentano. Recessive → i maschi si ammalano, le femmine sono portartici sane, con la possibilità di mostrare tratti delle x-linked; infatti, un cromosoma x è attivo, l’altro è spento, in maniera casuale. Dominanti, i maschi muoiono per aborto spontaneo. Es: Duchenne, Martin-Bell. Patologie cromosomiche → alterazione nel numero e nella struttura; ci sono tante patologie: Aggiunta cromosoma → trisomia 21 o trisomia 13, Klinefelter (XXY). Manca 1 cromosoma → o Sindrome di Turner (45 X0 = manca la Y). o Sindrome di Cri du chat (delezione di un pezzo del cromosoma 5). o Azoospermia (delezione cromosoma y nei maschi). Traslocazione di pezzi di geni. Poliploidia (numero in più di cromosomi per coppia). Epigenetica e Alzheimer. La malattia d’Alzheimer → una delle più comuni forme di demenza, provoca una declino progressivo e globale delle capacità cognitive; si perde l’autonomia, non si riconoscono le persone che ci circondano. La malattia colpisce il 5% degli ultrasessantenni, e il 10% oltre gli 85 anni (in Italia 500k ammalati). Descritta per la prima volta nel 1906 per opera di Alois Alzheimer, neuropatologo. Inizio subdolo → ci si dimenticano alcune cose, per arrivare al punto in cui non si riconoscono nemmeno i familiari e si necessita di aiuto anche per le attività quotidiane più semplici. V’è neurodegenerazione, che porta alla progressiva riduzione della massa cerebrale, in aree quali: o Gangli della base → contenenti ACh, per memoria e apprendimento. o Ippocampo → per conservazione della memoria. o Corteccia cerebrale → elaborazione linguaggio e pensiero. La neurodegenerazione dipende dalla presenza di placche di amiloide e grovigli neurofibrillari: I primi sono depositi extracellulari di proteina beta amiloide, che poi porteranno a neurodegenerazione. I secondi sono degli intrecci intracellulari di neurofibrille formate dalla proteina TAU anomala. L’ipotesi della cascata amiloidea fu la principale nello studio del morbo, ma non è quella corretta: è stata scartata come causa dell’insorgenza, ed è stata identificata come più plausibile verso uno stadio avanzato della malattia. L’Alzheimer è un disturbo acquisito (con base organica) delle funzioni intellettive in precedenza acquisite: memoria (a breve e lungo termine) e almeno una tra pensiero astratto, capacità critica, linguaggio, orientamento spazio-temporale, con conservazione dello stato di coscienza vigile. La malattia inizia con l’indebolimento della memoria, in particolare per i fatti recenti. Poi le sensazioni si affievoliscono, l’attenzione è labile e alla lunga impossibile, la volontà è incerta e senza vigore, i movimenti sono lenti e imprecisi. I segni e i sintomi principali sono: o Alterazione delle diverse abilità cognitive. o Difficoltà nello svolgimento delle attività quotidiane. o Difficoltà nello svolgimento dell’attività lavorativa e ricreativa. Pittore William Utermohlen → aveva l’Alzheimer, e racconta la sua malattia tramite degli autoritratti; vediamo come il decorso lo ha portato, soprattutto spronato dalla moglie, a ritrarsi in maniera sempre più astratta e irreale → lo stato cognitivo degrada, la sua percezione visiva e spaziale non è più la stessa. Eziopatogenesi → ci sono dei fattori di rischio: Differenze di genere → il numero di donne affette da tale malattia è sempre stato superiore al numero degli uomini; molte patologie genetiche hanno diversa incidenza, tuttavia: o Le donne vivono mediamente più a lungo degli uomini. o Quindi, a parità di durata di vita e in assenza di altre cause di morte, il numero di uomini affetti da malattia di Alzheimer equivarrebbe al numero delle donne. Genetici => dipende dal tipo di AD: (1) Forma familiare a insorgenza precoce (5%) → unica forma trasmessa in modo mendeliano (se ne riconosce l’ereditarietà diretta fra genotipo e fenotipo, quindi l’alterazione di un gene provoca direttamente la malattia; autosomica dominante). Esordio prima dei 65 anni. Cause genetiche → mutazione dei geni AD3, AD1 e AD4, che, se mutati favoriscono la formazione delle placche e dei grovigli. (2) Forma familiare a insorgenza tardiva (20%) → dopo i 65 anni; è una patologia multigenica con diversi loci di suscettibilità; più casi in famiglia rispetto alla popolazione in generale. Aggregazione familiare = presenza maggiore, in determinate famiglie, di un numero di individui che presentano lo stesso tratto complesso rispetto alla popolazione generale. È clinicamente indistinguibile dalla sporadica non familiare. I rischi dei familiari nel caso di AD sporadico: o Parenti di primo grado di un caso con singola ricorrenza familiare → 15-30%. o 2,5/3 volte quello della popolazione 10%. o Il numero degli affetti in famiglia incrementa il rischio relativo anche se la grandezza del rischio non è chiara. o 35-45% rischio di sviluppare AD con 2 persone affette in famiglia (es: ambo i genitori). (3) Forma associata alla Sindrome di Down (1%) → presente in tutti i down dopo i 40 anni; aumentata espressione gene APP (precursore amiloide), posto sul cromosoma 21. (4) Forma sporadica (75%) → la più frequente, ed è senza storia familiare. Esordio imprevedibile. Ipotesi multifattoriale → età, predisposizione genetica (fra i geni più importanti c’è il gene ApoE), e agenti ambientali (traumi, virus). L’ApoE → lipoproteina per il metabolismo del colesterolo, trasporto e rilascio lipidi tra differenti cellule; implicata nella riparazione neuronale ed è presente in tre isoforme: o ε2 = fattore protettivo. o ε3 = non fa nulla. o ε4 = forma legata all’AD (presente con una frequenza pari al 13,7% nella popolazione generale, nelle persone affette da AD al 35,6%, mentre al 45,9% negli individui con storia familiare di demenza e con AD). Rischio → individuo giovane e asintomatico, con genotipo APOE ε4/ε4 → rischio del 30%. o Nelle donne 45% | negli uomini 25%. o La genetica dell’AD non si ferma all’ApoE, in quanto è un tratto complesso; infatti i geni maggiormente conosciuti sono tanti, e in cima c’è l’ApoE. Fattori ambientali => istruzione, traumi cranici, patologie vascolari, esposizione a metalli, solventi, pesticidi, fumo e alcool. Nuove tecnologie → studiano l’espressione dei geni analizzando il trascrittoma; si studiano tutti i geni attivi/spenti rispetto al controllo. Cosa si attiva/spegne in un paziente AD? C’è un problema → i geni interessati sono diversi da tessuto a tessuto. La difficoltà nello studio risiede nel fatto che le analisi sono effettuate postmortem, ma le informazioni che si ottengono danno la foto della parte finale della malattia: noi siamo interessati della foto della malattia all’inizio. Serve una terapia prima dello sviluppo della malattia → si cercano i biomarcatori non invasivi prognostici della malattia, ossia un qualcosa che mi dice subito se quella persona è a rischio di quella malattia o meno → questi sono i micro-array. Lo studio postmortem non è sufficiente. Modelli animali → si è cercato di condurre degli studi con topi; si studia ovviamente il trascrittoma. Si prende gli RNA, si marcano di rosso (AD) e verde (controllo), si ibridizzano (si mettono su un vetrino da microscopio con più di 30k sonde, ossia sequenze relative ai geni); se il gene è accesso, l’RNA si attacca alla sonda, se è spento non avviene niente. Queste sonde con RNA e geni poi si coloreranno dei rispettivi colori (per fluorescenza); nell’analisi Cluster: se vedo verde → il gene è acceso solo nel controllo | se vedo rosso → il gene è acceso solo nella malattia | se vedo giallo → il gene è acceso in entrambi. La conclusione dello studio afferma che alterazioni a livello della espressione genica sono evidenziabili in età precoce, in quanto il profilo di espressione in un modello animale giovane è simile a quello di età avanzata di un umano. Un’altra tecnologia che si basa sul sequenziamento del DNA → permette di determinare il preciso susseguirsi di basi del DNA; le “Next Generation Sequencing” sono tecnologie in grado di sequenziare a bassi costi ed alta velocità. Genoma umano in 10 giorni. Interazione gene-gene → è inutile studiare singoli geni e stimare la percentuale: bisogna puntare al rischio poligenico = si studiano più geni, vedere tutte le varianti, poi avere una soglia, oltre a quale avrò una malattia. Alcune varianti genetiche possono essere associate all'AD solo quando ci sono altre variazioni genetiche in loci vicini o lontani → effetto epistatico; le interazioni gene-gene possono complicare l'identificazione dei geni causali, poiché il campo si concentra sui classici effetti del singolo gene piuttosto che sulle interazioni. È interessante notare che il genotipo APOE ha la più forte associazione con il rischio di AD è stato associato all'età di esordio, prestazioni cognitive più scarse e lieve deterioramento cognitivo. Nonostante ciò, il genotipo APOE non è né necessario né sufficiente per la progressione dell'AD. L’ambiente, all’interno delle patologie complesse, è un fattore di rischio modificabile, ossia che può essere modificato; es: livello di istruzione, traumi cranici, patologie vascolari, solventi, pesticidi, fumo e alcool. Deterioramento cognitivo. Epigenetica → numerose evidenze in letteratura suggeriscono un coinvolgimento delle modificazioni epigenetiche alla base della neurodegenerazione nella AD; l’importanza di tali meccanismi risiede non solo nello sviluppo di AD sporadico, ma anche altri disturbi neurologici, come depressione, schizofrenia o autismo. I meccanismi epigenetici possono modulare l’espressione dei geni, e sono presenti in tutti quanti. Siccome l’Alzheimer riguarda l’invecchiamento, tutto parte dallo studio dei profili epigenetici legati all’invecchiamento fisiologico => si studia come cambia il profilo epigenetico relativo all’età. Per far questo sono stati costruiti gli orologi epigenetici → rappresenta come cambia il profilo epigenetico in base all’età. o Molti tra i vari meccanismi epigenetici si soffermano sulla metilazione = reazione del DNA che consiste nell’aggiunta di gruppi metilici (CH3), utili per “spegnerlo”. o Studiando il profilo di metilazione di individui per diverse età = hanno fatto l’orologio epigenetico → di età in età si analizza come cambia il profilo epigenetico dei soggetti. Si evidenzia la differenza fra invecchiamento cronologico e invecchiamento biologico → il primo è legato all’età (la data di nascita), mentre il secondo rappresenta quello che ci permette di capire quanto è vecchio il nostro organismo (= “perché un organismo è più vecchio di un altro, a prescindere dall’età cronologica”). Sono stati studiati 8000 campioni, analizzando differenti cellule e tessuti, sia sani che tumorali; questo perché (come nel trascrittoma) anche l’epigenoma è il tessuto specifico. Nello studio in questione (condotto da Steve Horvath e Kenneth Raj) è stato scoperto che il tessuto mammario femminile, anche se sano sembra essere più vecchio di altri tessuti umani (a pari età). o Questo spiega perché il tumore al seno è il più frequente. o l tessuto sano che circonda il seno è in media 12 anni più vecchio rispetto al resto del corpo. Sono stati fatti anche orologi epigenetici per comprendere l’Alzheimer: nel lavoro di Shireby, G. L. et al. si parla di “ricalibrare” l’orologio epigenetico, ossia il confronto fra malattia e orologio epigenetico specifico. o Nello studio della corteccia umana, hanno scoperto che nell’Alzheimer c’è un’accelerazione dell’età epigenetica, associata a dei geni relativi a funzionalità cognitive globali e deficit nella memoria episodica e di lavoro. o Con “accelerazione” s’intende che un orologio epigenetico non coincide con l’età cronologica di un soggetto. o I geni che sono accelerati sono quelli che correlano col carico di amiloide; in generale, quindi, tutti i marcatori della MA. Un’altra letteratura dimostra che è una disregolazione epigenetica che, oltre la metilazione, riguarda anche i micro RNA (meccanismo epigenetico nel quale questi piccoli RNA bloccano altri mRNA; l’eccessivo blocco porta all’alterazione dell’espressione genica). o Coinvolti nello sviluppo dell'AD per la regolazione della deposizione di Aβ, iperfosforilazione di Tau, disfunzione sinaptica, neuroinfiammazione e disfunzione autofagica. Il cervello non è semplice da studiare, e quindi si cerca di capire se i profili di genomica, trascrittomica ed epigenomica, modulati nel sangue di un paziente MA, siano lo specchio di quel che succede nel cervello → in poche parole si sta cercando di trovare dei biomarcatori epigenetici non invasivi. Questi faciliterebbero una diagnosi precoce della malattia. Lavori con l’IA → siccome ci sono tanti dati e tante variabili, e bisogna organizzare e comprendere le relazioni di TUTTI i fattori coinvolti nell’Alzheimer, si cercano algoritmi che dimostrino le differenze nel sangue di pazienti AM rispetto ai controlli. Ci sono gli studi sui gemelli monozigoti, dove hanno studiato gemelli in cui c’è discordanza di profili epigenetici: le differenze derivano dalla diversa interazione con l’ambiente. Anche nel sangue ci sono delle differenze di espressione e di epigenoma, le quali potrebbero essere utilizzate come biomarcatori. Ci si chiede quali possano essere i fattori ambientali che portano ad accelerare l’orologio biologico. Un tempo si pensava che l’orologio epigenetico fosse statico; questi studiano invece che non è così: o 1/3 di campione di gemelli (con età che vanno dai 3 ai 70 anni) → trovate differenze nell’epigenoma, che aumentarono a causa di variabili come età e ambiente non condiviso. o L’ambiente, quindi, cambia il nostro assetto epigenetico. Anche l’alimentazione è un elemento cardine che modifica il profilo epigenetico → c’è il ciclo del carbonio, che serve per ottenere i gruppi metilici; ma ci sono elementi, come la vitamina B12, B6, e il folate, che vengono introdotti con la dieta, e che se mancano (causa dieta squilibrata) non può essere prodotto CH3. Moltissimi elementi possono modificare l’attività della metiltransferasi, l’enzima che attacca i CH3. Ci sono dei fattori protettivi per l’Alzheimer, ma non annullano la malattia, ne riducono il rischio: Tutte le componenti ambientali hanno effetto sulla salute dell’individuo, ma è nei primi 1000 giorni di vita che questi sono veramente significativi → dal concepimento fino a 3 anni di età. Lo stile di vita dei genitori è ciò che più incide in questi 2 anni di vita: da come la madre “si prende cura” dell’embrione, alla nascita, e tutte le esperienze dell’individuo in questi primi 1000gg. Deve essere visto come “exposoma”, ossia tutto ciò a cui siamo esposti, e che può modificare il profilo epigenetico. Barker e colleghi → nel 1986 ha ipotizzato che questa esposizione è la causa delle patologie ad esordio tardivo, fra cui MA. o Si parla de “L’origine fetale delle malattie dell’adulto” (DOHAD, Developmental Origins of Health and Diseases). o Esistono quindi dei profili epigenetici sia nello spermatozoo, sia nell’ovocita. o Si parla appunto di effetti transgenerazionali. Effetti transgenerazionali → c’è un passaggio, da una generazione all’altra, del genoma che è stato intaccato dall’ambiente; quando si parla di questo effetto però? => quando una persona presenta il fenotipo della malattia anche senza essere mai stato esposto a fattori ambientali. Studi di questo tipo sono difficili da condurre sugli esseri umani, perché in primo luogo c’è da aspettare il ricambio generazionale (F0 → F1 → FX etc…), quindi v’è una difficoltà “temporale”, e in secondo luogo v’è il problema per cui se io voglio studiare l’impatto ambientale sul modello animale, confino tutto quanto ad una gabbia in laboratorio, con tutto ciò che concerne la vita delle cavie da laboratorio tenuta sott’occhio, mentre per un essere umano la faccenda si fa ovviamente più complicata. Ci sono studi che sottolineano come ci siano delle trasmissioni transgenerazionali anche rispetto all’Alzheimer; si può concludere dicendo che lo stato di salute di ognuno di noi è condizionato da ciò che non è modificabile, ossia il bagaglio genetico; tuttavia, anche le proprie esperienze di vita e quelle dei genitori hanno un peso importante (questi ultimi rappresentano dei fattori modificabili). Deterioramento cognitivo pt.2. Per comprendere quel che succede nel patologico dobbiamo capire quello che succede nell’invecchiamento fisiologico, e si parla di un processo di apoptosi, ossia una morte cellulare programmata: I neuroni, a partire dai 30 anni circa, cominciano a degenerare; ecco perché dai 30 ai 75 anni il cervello arriva a perdere fino al 10% del suo peso e fino al 20% del suo rifornimento di sangue. Non solo, ma con l’invecchiamento si osserva anche una riduzione delle sinapsi e la comparsa di alcune alterazioni della struttura cerebrale: le placche senili e i grovigli neurofibrillari. o Dalla 7°/8° decade di vita, e in maniera più accentuata dopo la 9°, si verifica un progressivo e graduale indebolimento di alcune funzioni mentali, come il declino della memoria, disturbo spesso accusato dalle persone anziane, anche in condizioni di normale efficienza funzionale. o L’invecchiamento si accompagna anche ad una riduzione nella velocità di elaborare le informazioni e ad una diminuita efficienza dell’intelligenza fluida (la capacità di risolvere nuovi problemi) risparmiando, invece, l’intelligenza cristallizzata (l’esperienza). Con l’avanzare dell’età è normale non ricordare un numero di telefono o il nome di una persona nota, e anche non avere più i riflessi pronti come in passato: sebbene questi effetti dell’età possano impensierire, tuttavia essi esprimono un processo naturale e sono compatibili con una vita autonoma e normale. È esperienza comune constatare che non tutti invecchiamo allo stesso modo. Mild Cognitive Impairment (MCI) → concetto che definisce la fase di transizione tra invecchiamento normale e demenza. o Si riferisce a una popolazione di soggetti anziani che non sono compromessi nel loro funzionamento quotidiano, ma che hanno un deficit cognitivo subclinico e isolato e sono potenzialmente a rischio di sviluppare la Malattia di Alzheimer. La cosa fondamentale è cercare di capire perché alcuni vanno verso la patologia e altri no, processo che rimane tuttora una zona grigia nella genetica. Fattori modificabili e non modificabili → la genetica rientra nei fattori non modificabili, e molti studi hanno evidenziato una forte associazione della depressione con la conversione da decadimento cognitivo lieve (MCI) alla malattia di Alzheimer (AD). La depressione può essere considerato un marker di AD predittivo, e può essere utilizzato per identificare i soggetti con MCI che hanno più probabilità di progredire in AD. Fattori di rischio modificabili → la prevenzione è un obiettivo difficile, ma non impossibile; il rischio di demenza di Alzheimer sembra possa essere ridotto da: Abitudini di vita e comportamenti alimentari corretti. Consumare una dieta ricca di frutta e vegetali. Avere un rapporto adeguato di vitamina E, vitamina C, vitamina B12 e folati. Svolgere una regolare attività fisica. Mantenere l’attività mentale e fisica. Controllare i disturbi sensoriali (vista, udito). Malattie cardiovascolari. Curare la depressione. Evitare l’abuso di alcol. Una prima ipotesi correla la scolarità col rallentato decadimento cognitivo → istruirsi aumenta il numero di sinapsi. L’altra ipotesi riconduce il livello di istruzione allo status socio-economico, di conseguenza ad uno stile di vita più sano e ad un accumulo minore di lesioni cerebrali → hp brain riserve – hp brain battering. La solitudine protettiva o no? → chi vive solo, specialmente in tarda età, potrebbe essere più dotato rispetto alle capacità cognitive poiché deve essere autonomo; altri risultati hanno riscontrato che la solitudine porta a meno stimoli, con riduzione delle funzioni cognitive, mentre la vita di coppia una maggior attività mentale indotta da dialogo e responsabilità. Il fumo: Associazione negativa tra fumo e AD → Hp: sostanze stimolanti i recettori nicotinici possono migliorare l’apprendimento e la memoria. Il fumo incrementa la generazione di radicali liberi con alto stress ossidativo che rientra nei fattori alla base della eziopatogenesi AD. Massa corporea → peso corporeo (alto-basso) è associato a AD e decadimento cognitivo. Un’alimentazione scorretta potrebbe causare un cattivo assorbimento dei lipidi che aumentano nel sangue dopo un pasto ricco di grassi. Alto livello di colesterolo correlato, per vie diverse, con il processamento APP con maggior produzione del peptide beta-amiloide. Dislipidemie portano ad un rischio maggiore di malattie vascolari associate ad elevato rischio di AD. Attività Fisica → corsa o danza; fitness aerobico incrementa il flusso di sangue nel cervello, con miglior ossigenazione; studi su modelli animali mostrano una riduzione sulla formazione di placche amiloidi. Dieta → alimenti quali pesce frutta e vegetali sono ricchi di: Antiossidanti = vitamine E, C e betacarotene, che proteggono dalla perossidazione lipidica indotta dalla proteina beta. Acidi grassi polinsaturi omega-3 → riducono i tassi sanguigni della proteina beta, gli effetti favorevoli su processi infiammatori funzioni vascolari e neuronali. La dieta mediterranea è infatti studiata come dieta protettiva. Attività intellettuale: Educazione cognitiva → fino a tempi relativamente recenti si riteneva che alla fine dell’età dello sviluppo il cervello diventasse una struttura rigida e immodificabile. Dati recenti ipotizzano che opportuni stimoli possono “rimodellare” il cervello creando nuovi circuiti grazie alla possibilità di stabilire nuove connessioni tra di essi (sinaptogenesi). Questo continuo rimodellamento consente di ottimizzare le prestazioni del cervello con un processo attivo che prende il nome di riserva cognitiva. La longevità. Intesa come la ricerca di un vita lunga e prospera, è un desiderio umano profondo che si è manifestato attraverso le generazioni in molte culture del mondo; lo studio della longevità rappresenta uno dei temi di studio del ministero: L’obbiettivo è allungare la vita media e migliorare, attraverso vari interventi, la prospettiva di vita. La scienza vuol comprendere i meccanismi che governano la longevità: L’OMS ha dichiarato il concetto di “invecchiamento in buona salute” come una priorità globale per la società moderna La longevità umana è genetica o è stile di vita? → non si può pensare alla longevità connessa ad uno solo di questi due concetti, poiché profondamente collegata con entrambi. Modelli: studi dei centenari → l’aspettativa di vita, sia nei paesi sviluppati che in quelli in via di sviluppo, è in costante aumento: dal 1950 ad oggi abbiamo un aumento esponenziale del numero dei centenari, anche grazie all’influenza dei fattori ambientali. Questo sostanziale aumento è accompagnato dal conseguente invecchiamento della popolazione, che rappresenta una conquista umana notevole. Tuttavia, diviene anche sfida formidabile per le società occidentali, dato che l’invecchiamento è strettamente legato alla maggiore vulnerabilità a uno spettro di malattie, comprese le malattie cardiovascolari (CVD), il cancro, il diabete di tipo 2 e il morbo di Alzheimer (AD). Studi sulle zone blu → zone in cui c’è una concentrazione elevata di centenari, e le più studiate sono Sardegna, Grecia, California, Costa Rica e Giappone. Caratteristiche comuni: Isolamento geografico = la genetica rimbalza nello stesso territorio, in quanto ci sono pochi incroci. Stile di vita molto simile = i punti in comune riguardano una dieta molto ricca di legumi, poca carne, costante e moderata attività fisica, attività sociale e la famiglia. L’exposoma e le zone blu → fare attività fisica non significa seguire impegnativi allenamenti di fitness, ma semplicemente muoversi molto durante la giornata, prediligendo spostamenti a piedi, senza bisogno di ricercare una performance. Inoltre, è consigliabile mettere la famiglia e gli affetti al centro della propria vita, creando rapporti stretti tra suoi membri, che si prendono spontaneamente cura gli uni degli altri Limitare al minimo il consumo di carne, preferendo invece i legumi e godere dei rapporti sociali; tipico di villaggi e paesi dell’entroterra (abitudine di ritrovarsi per strada e chiacchierare). Studi sul genere dei centenari → le donne vivono più a lungo, tuttavia sono significativamente più inclini degli uomini ad avere disfunzioni fisiche e demenza, presentando un deterioramento cognitivo più grave e una peggiore qualità della vita. Un’analisi attenta ha mostrato che nei maschi centenari v’è maggiore salute e minore deterioramento cognitivo. Le donne vivono più a lungo perché hanno maggiore capacità di sopravvivenza, di adattarsi alle malattie e di rimodellamento; i maschi, invece, hanno una genetica e una predisposizione migliore, senza le quali non potrebbe arrivare oltre i 100 anni (superuomini, ossia se superi i 100 anni). Ricerca geni della longevità → non si può andare alla ricerca dei geni specifici della longevità, perché si tratta di un tratto complesso e multifattoriale. Per quanto riguarda l’aggregazione familiare, questa incide sulla longevità. Infatti, i fratelli di centenari che hanno superato la barriera dei 105 anni hanno 35 volte più probabilità di vivere fino a 100 anni rispetto alla media della popolazione. Per stabilire la presenza di una componente genetica in un carattere complesso si paragona la variazione del tratto in questione in gemelli monozigoti. La concordanza maggiore nei monozigoti ciò sia dovuto maggiormente a fattori genetici. L’ereditabilità (H2) è, in senso lato, l’aliquota della varianza totale di un tratto fenotipico attribuibile alla componente genetica: H2 vicino a 1 = il tratto è fondamentalmente genetico. H2 vicino a 0 = la componente genetica è assente. o L’ereditabilità è allo 0,23%, quindi con peso minore rispetto ai fattori ambientali; ma se si guarda ai centenari, questa percentuale aumenta. o La genetica che supera quella soglia di età ha un peso maggiore. Lo studio sui tratti complessi viene fatto utilizzando un controllo, e negli studi sui centenari la variante APOE 2 è maggiore nei centenari rispetto alla popolazione generale. Sono state verificate anche altre varianti che vanno ad incidere sulle capacità cognitive, che risultano preservate nei centenari rispetto alla popolazione generale; i geni implicati sono coinvolti nello stress ossidativo, nel metabolismo dei lipidi ecc. La prima ipotesi è che i centenari abbiamo un maggior numero di varianti di gene protettivi e la seconda mette in risalto l’inattivazione delle varianti di rischio: I telomeri → importanti per la protezione del cromosoma dagli enzimi di degradazione del DNA: si accorciano nel tempo e sono più brevi negli anziani. o Nei centenari, invece, sono più lunghe rispetto alle popolazioni generali. La lunghezza di partenza dei telomeri può essere considerata un biomarcatore per comprendere le basi genetiche della longevità. Alert → le evidenze attualmente disponibili non consentono di raccomandare l’adozione di una dieta che possa essere considerata “BZ specifica” al di fuori del contesto in cui è nata e si è evoluta nel tempo, tanto meno con il pretesto di favorire la longevità. La dieta delle zone blu è contestualizzata al loro stile di vita generale e non posso trasportare lo stesso stile alimentare altrove per favorire la longevità. Test genetici. Che probabilità ho di ammalarmi di una qualsivoglia malattia? I test genetici servono per rispondere a questa domanda. Sono un insieme di analisi a scopo clinico per evidenziare genotipi, mutazioni, fenotipi, o cariotipi correlati o meno a patologie ereditabili. Il percorso: consulenza pre-test (si fa anamnesi familiare, si spiega il test che si può fare, i possibili risultati che si possono ottenere) → test in laboratorio → consulenza post-test (si spiega il risultato). Si fanno i test per: Cariotipo = per sospetto di patologia di natura strutturale-cromosomica. Genotipo = si analizza la catena amminoacidica del DNA per ricercare cambiamenti nelle basi. Classificazione: (1) Diagnostici → sono una serie di test per confermare una diagnosi ed individuare portatori sani. Possono essere effettuati in periodo pre e post natale. La diagnosi prenatale è un complesso di indagini strumentali e di laboratorio finalizzate al monitoraggio dello stato di salute del concepito durante tutto l'arco della gravidanza e pertanto permette l'individuazione di definite patologie, siano esse su base ereditaria, infettiva, iatrogena o ambientale. o La caratteristica peculiare è che quando si entra in un percorso diagnostico prenatale devo valutare anche l’idea dell’aborto. o Spesso non ci si rende conto che questa diagnosi potrebbe portare ad una scelta del genere. Rischio di specie → ogni coppia ha il 3% di avere un figlio affetto da malattia genetica, a prescindere dalla storia familiare. La consulenza deve stabilire se una coppia ha un rischio uguale o superiore al rischio di specie. o Le indicazioni → per Gravidanze a rischio, per malattie monogeniche autosomiche dominanti, recessive o X-linked. o L’età materna avanzata (uguale o superiore a 35 anni), genitori con precedente figlio affetto da patologia cromosomica sono altri fattori che dovrebbero influenzare la scelta di questo tipo di test. Di fatti, c’è una relazione fra età materna e sindrome di Down vs tutte le patologie cromosomiche → proporzionalità diretta (incremento dai 50 anni in poi). o Relazione anche fra età paterna e patologie → evidenziata di recente, poco consolidata; aumentata suscettibilità a patologie geniche. Tecniche di diagnosi pre-natale: - Invasive → amniocentesi e villocentesi. o Amniocentesi = prelievo di liquido amniotico, quello presente intorno al feto; al suo interno ci sono cellule fetali. Il prelievo avviene tramite siringa, sotto monitoraggio ecografico. Si va a vedere se il feto ha ereditato la mutazione. Si effettua fra la 16°-19° settimana, e il rischio di aborto = 0,5-1%. o Villocentesi = si prelevano i villi coriali, la parte embrionale della placenta. Si può effettuare dopo la 10° settimana, con rischio di aborto del 2-3%. - Non invasive → ecografia, test sierologici, cellule fetali nel sangue periferico. o Prelievo di DNA libero nel sangue materno → si quantizzano i cromosomi, e le nuove tecnologie permettono di capire se si possiede un cromosoma in più (next gen sequencing), essendo ad alta sensibilità e specificità. Tecnica validata principalmente sul numero di cromosomi, anche viene usata anche per l’analisi dei geni. Consulenza pre-diagnosi → serve a illustrare alla coppia le possibili tecniche di diagnosi cui è possibile sottoporsi con i relativi rapporti rischio-beneficio; il principio alla base è una scelta consapevole basata su un'informazione chiara, completa ed aggiornata è l'indispensabile premessa alla diagnosi prenatale. Consulenza post-diagnosi → serve a illustrare alla coppia i risultati ottenuti, spiegando quali patologie potrebbe presentare il bambino alla nascita; la scelta finale (sull’interruzione o meno di gravidanza) è fortemente condizionata dal tipo di consulenza post-diagnosi ricevuta. Altra fase per fare diagnosi prenatale è la diagnosi pre-impianto, usata per: 1. Coppie infertili. 2. Coppie portatrici di malattie genetiche ad alto rischio di trasmissibilità. 3. Chi è portatore di anomalie nel numero/nella forma dei cromosomi. 4. Coppie in cui la donna ha età ≥ 38 anni. 5. Ripetuti fallimenti di impianti (+3 cicli). 6. Abortività ricorrente. 7. Mosaicismo cromosomico (cariotipo alterato a causa di linee cellulari a mosaico a carico dei cromosomi sessuali). L’esame viene effettuato su cellule prelevate al 5°-6° giorno di coltura in vitro (allo stadio di blastocisti). Si effettua una fecondazione in vitro di gameti, l’embrione si divide, prelevo delle cellule, cerco l’embrione sano, e impianto. Vantaggio → non fa ricorso all’aborto terapeutico qualora il feto sia affetto da patologia genetica. Svantaggi → costo elevato, bassa resa, supplemento ormonale. Aborto: la decisione → a seconda dell’età gestionale: Aborto embrionale = entro le prime 7 settimane. Aborto fetale = dall’ottava settimana. Aborto tardivo = dopo le 21 settimane di gestazione. In Italia c’è una legge dal 1978 che tutela la maternità; permette l’interruzione volontaria di gravidanza, ma non per il controllo delle nascite. Ciò significa che Lo Stato garantisce il diritto alla procreazione cosciente e responsabile, riconosce il valore sociale della maternità e tutela la vita umana dal suo inizio. L'interruzione volontaria della gravidanza non è mezzo per il controllo delle nascite. La 194 consente alla donna di poter ricorrere alla IVG in una struttura pubblica (ospedale o poliambulatorio convenzionato con la Regione di appartenenza), nei primi 90 giorni di gestazione. o tra il quarto e quinto mese è possibile ricorrere alla IVG solo per motivi di natura terapeutica. Articolo 2 → consultori e della loro funzione in relazione alla materia della legge, indicando il dovere che hanno della donna in stato di gravidanza: o Informarla sui diritti garantitigli dalla legge e sui servizi di cui può usufruire; o Informarla sui diritti delle gestanti in materia laborale. o Suggerire agli enti locali soluzioni a maternità che creino problemi; o Contribuire a far superare le cause che possono portare all'interruzione della gravidanza. Nei primi novanta giorni di gravidanza il ricorso alla IVG è permesso alla donna: o Circostanze per le quali la prosecuzione della gravidanza, il parto o la maternità comporterebbero un serio pericolo per la sua salute fisica o psichica, in relazione o al suo stato di salute, o alle sue condizioni economiche, o sociali o familiari, o alle circostanze in cui è avvenuto il concepimento, o a previsioni di anomalie o malformazioni del concepito. o Le minori e le donne interdette devono ricevere l'autorizzazione del tutore o del tribunale dei minori per poter effettuare la IVG. Considerazioni e risvolti psicologici → quando il risultato dei test genetici, anziché essere rassicurante, porta alla coppia l’informazione che il feto non è sano, essendo affetto da una qualche patologia genetica, la notizia è vissuta come uno shock. La prima cosa che in quel momento accade nella percezione della coppia, soprattutto della donna, relativamente alla situazione, è che il loro figlio “immaginario” non c’è più. Pertanto, quando viene comunicata la notizia della diagnosi di una patologia genetica, la coppia, nei fatti, perde un figlio. Ora, per la coppia, si tratta di vedere cosa fare con l’altro figlio, quello “reale”, il feto affetto. Nel dubbio, spesso si decide di ricorrere all’aborto terapeutico, anche in presenza di condizioni che in realtà si sarebbero manifestate con fenotipi lievi o di non particolare gravità. Test genetici: pre-sintomatici o preclinici → identificano una mutazione che porta inevitabilmente alla comparsa di una malattia nel corso della vita; possono essere effettuati in epoca pre o post-natale. Numerose malattie genetiche, soprattutto quelle di tipo autosomico dominante, possono non essere presenti alla nascita ma comparire più tardivamente. Se il gene responsabile è stato mappato o clonato diventa possibile stabilire se un soggetto asintomatico abbia o meno ereditato l'allele mutato e quindi possa sviluppare in futuro la malattia. o Spesso la disponibilità di un test genetico non si accompagna ad una migliore capacità di gestione clinica; tuttavia, anche in questi casi la disponibilità potrebbe essere di aiuto per l'individuo a rischio. o Infatti i risultati potrebbero fornire informazioni utili nell'effettuare scelte su alcuni importanti aspetti della vita (famiglia, la scelta di maternità/paternità, lavoro etc…). Esempio di test pre-clinico => la Corea di Huntington. Malattia neurodegenerativa, una delle più temute e devastanti per la sua ineluttabilità, per la gravità dei sintomi, per la totale mancanza di cure e per la tragicità del suo epilogo. Discriminata ed innominabile, definita dalla gente comune, nell'800, come "that disorder". È stata fin dall'inizio oggetto di discriminazione e stigma sociale. Malattia con connotati poco chiari, dove gli elementi caratterizzanti erano il movimento involontario come una danza incontrollabile (per cui il nome “corea” dal greco) ed il disturbo mentale. Alterazioni encefaliche nella Corea di Huntington → degenerazione neuronale a causa di un accumulo nei neuroni di materiale granulare e filamentoso (NII, neuronal intranuclear inclusion); negli stadi terminali, perdita del 25% della massa encefalica. Incidenza → 5-10/100'000 nella popolazione caucasica; è emersa anche una proiezione per il futuro: è verosimile attendersi un aumento di un ulteriore 17% di malati - entro il 2030, per via dell’allungamento della vita media nella popolazione italiana. Insorgenza → tardiva (35-44 anni), precoce (primi 20 anni di vita, 10%), molto tardiva (+70). Sopravvivenza → 15-18 anni. Segni clinici: Esordio: irritabilità, depressione, disturbi dell’umore. Disturbi della coordinazione motoria → lievi e sporadiche ipercinesie (corea), rallentamento dei movimenti (bradicinesia) o contratture muscolari persistenti (distonia). Disartria verbale = alterazione capacità articolare linguaggio, associata a difficoltà di deglutizione. o Come si trasmette → autosomica dominante (50%); mutazione gene IT-15. Basi molecolari: Gene: IT-15 (4p16). Proteina: Huntingtina. Meccanismo di mutazione: o Espansione della tripletta CAG → valore normale 15-35 | tra 36-39 = alleli patologici a penetranza variabile | oltre 39 = patologia sicura. o Maggiore l’espansione, minore età d’esordio. o L’espansione patologica delle triplette CAG non impedisce la trascrizione e traduzione del gene, ma la produzione di huntingtina con numero maggiore di glutammine, che tendono ad aggregarsi e a formare precipitati citotossici (ruolo non ancora chiarito). o Legata principalmente alla trasmissione dell’allele paterno (aumento triplette). Test genetico HD → diagnosi basata su sintomi clinici e segni che si manifestano nei figli di una persona affetta, ed è confermata dai test molecolari. La diagnosi pre-sintomatica consiste in un test genetico: Per persone “a rischio”, ossia quando uno o più membri della famiglia hanno manifestato la presenza della malattia. I figli di affetti si trovano in una situazione particolarmente delicata: o I genitori si sono ammalati in età adulta, e i figli hanno potuto in genere assistere a tutto il percorso devastante della malattia. o I figli sanno che il loro rischio di ammalarsi è del 50%, e vivono con grande ansia. o Avvicinandosi all’età in cui potrebbero comparire i primi sintomi, l’angoscia aumenta progressivamente, ed ogni minimo segno di incoordinazione motoria, sbalzo di umore, vertigine può essere immaginata come primo segno. o In sede di consulenza, viene spiegato che esiste un test che potrebbe dare loro una risposta sicura rispetto all’eredità o meno del gene malattia. In caso di gravidanza (se uno dei genitori è affetto o se è "a rischio" di aver ereditato la malattia ed averla a sua volta trasmessa al figlio). Conseguenze psicologiche per i figli a rischio → nel caso di persone a rischio, i figli degli affetti vengono a trovarsi in una situazione particolarmente delicata: i genitori si sono ammalati in età adulta, e i figli hanno potuto in genere assistere a tutto il percorso devastante della malattia; i figli sanno che il loro rischio di ammalarsi è del 50%, e vivono con grande ansia questa situazione. Avvicinandosi all’età in cui potrebbero comparire i primi sintomi della malattia, la loro angoscia aumenta progressivamente, ed ogni minimo segno di incoordinazione motoria, ogni sbalzo di umore, ogni vertigine può essere immaginata come il primo segno della malattia che sta per sopraggiungere. In sede di consulenza, viene spiegato a questi figli che esiste un test che potrebbe dare loro una risposa sicura rispetto all’avere ereditato o meno il gene della malattia, e quindi svilupparla o meno. Questa situazione pone in primo luogo il dilemma se sottoporsi o meno al test. In secondo luogo, pone il problema della gestione dei pazienti in cui sfortunatamente il test abbia confermato la presenza della mutazione. Iter diagnosi presintomatica → i test preclinici identificano una mutazione che porta inevitabilmente alla comparsa di una malattia nel corso della vita prima che i segni clinici siano evidenti. La somministrazione del test preclinico prevede anche in questo caso: Consulenza pre-test: vengono fornite delle informazioni chiare e dettagliate riguardante l’ereditarietà del 50%, la correlazione tra genotipo e fenotipo e sul decorso della patologia. o Il test potrebbe svelare delle informazioni sui disconoscimenti di maternità e paternità. Test molecolare. Consulenza post-test: la risposta va comunicata direttamente all’interessato (no mail o per telefono); c’è rispetto assoluto della privacy dell’interessato (come già comunicata precedentemente nella consulenza pre-test) e si sta a stretto contatto con il paziente la settimana dopo aver dato la risposta per valutarne le reazioni emotive ed eventuali rischi psicologici. Il test è raccomandato dai 18 anni dalle società scientifiche, poiché la decisione riguardo il test può essere presa in autonomia. Per i minorenni, è consigliata una consulenza esplicativa. Quando viene iniziato l’iter, la consulenza a cui si viene sottoposti è multidisciplinare. Prevede la presenza di genetista, psicologo e neurologo. Vengono effettuati 4 incontri prima della diagnosi, in modo da dare il tempo di assimilare le informazioni pre-test. I consulenti devono essere facilmente contattabili. Il ruolo dello psicologo nella assistenza al paziente con Corea di Huntington: Prima della diagnosi. Valutare se il soggetto sia idoneo ad essere sottoposto al test e quali conseguenze potrebbe comportare tale test sulla sua psiche. Test solo quando si hanno concrete evidenze che il paziente è pronto ad essere sottoposto all’analisi e che un esito negativo del test non porterebbe a conseguenze drammatiche Nell'attesa di prendere la decisione se fare o non fare il test: Chiusura totale = non vogliono parlarne, reagiscono con fastidio ad accenni fatti da altri, mostrano rancore verso i membri della famiglia che cercano di sollevare l'argomento. Parlare in continuazione = ponendosi mille domande, facendo congetture di ogni genere sulla possibilità di averla ereditata, su eventuali sintomi. Dubbio di poter avere ereditato = rancore verso il familiare che potrebbe avergliela trasmessa, oppure nei confronti di coloro che, avendo già effettuato il test, sono risultati negativi. Nella consulenza post test: Ruolo attivo nella comunicazione dell'esito del test. Valutazione delle possibili risposte emotive alla conoscenza della sua nuova condizione. Nella terapia: Supporto psicologico al malato e alla sua famiglia. I disturbi motori e la progressiva incapacità di essere socialmente attivi portano le persone malate all'isolamento, mentre nei figli la paura può determinare gravi sindromi depressive. Risvolti psicologici nei genitori di figli con HD → diventare genitore è, nella maggior parte dei casi, una decisione consapevole, qualcosa che cerchiamo deliberatamente. Quando raggiungiamo la genitorialità, assumiamo naturalmente il ruolo genitoriale, cioè accettiamo le responsabilità che ne derivano e ci impegniamo a soddisfare le aspettative che la società e noi stessi riponiamo in noi. Gli studi parlano di RUOLO ATIPICO dei genitori di figli con HD per descrivere il cambiamento che intercorre nella vita di queste persone al momento della diagnosi. Questo è ciò che accade nel caso dei bambini affetti da malattie rare. Definiamo “malattie rare” quelle malattie che colpiscono un numero limitato di persone rispetto alla popolazione generale e vengono sollevate questioni specifiche in relazione alla loro rarità. Nel contesto europeo, una malattia è classificata come “rara” quando colpisce 1 persona su 2000. Una malattia può essere rara in una regione, ma comune in un'altra. Ad oggi sono state identificate più di 6000 malattie rare. Le responsabilità di un genitore/caregiver di un bambino malato cronico possono essere così riassunte: 1. Gestire la malattia, che include vigilanza, monitoraggio di segni e sintomi, assistenza pratica, processo decisionale e risoluzione dei problemi. 2. Individuare, accedere e coordinare le risorse, che significa sviluppare relazioni con le istituzioni e il personale medico. 3. Mantenimento dell’unità familiare, che consiste nell’integrare la gestione della malattia nel contesto delle attività familiari quotidiane. 4. Mantenersi, che consiste nel prendersi cura della propria salute fisica, emotiva e spirituale. I cambiamenti toccano ogni aspetto della vita quotidiana del bambino e della sua famiglia, compresa la situazione economica. Molti genitori scelgono di non lavorare più per dedicarsi ai propri figli. Altra problematica psicologica = paradosso del non carrer → senso di colpa di chi non ha ereditato la mutazione e ha avuto un risultato negativo al test (esempio: un fratello del figlio malato della coppia). Il suicidio e HD → il suicidio è la terza causa principale di decesso, con il 7,3% degli affetti da malattia di Huntington che si toglie la vita, mentre almeno il 27% di tentare di farlo. Non è chiaro fino a che punto i pensieri suicidi siano influenzati da sintomi psichiatrici oppure dal desiderio dei malati di evitare le fasi successive della malattia. Tasso di suicidio → 4/8 volte maggiore. I periodi critici del suicidio sono fondamentalmente due: o Durante l’esecuzione dei test genetici- prima di ricevere il risultato. o L'inizio della malattia quando l’autonomia inizia a diminuire. Si può cercare di predire il suicidio? Ci sono sicuramente dei fattori di rischio, individuabili durante il colloquio con i pazienti: sintomi depressivi, di disperazione, ansia, stress emotivo. La scelta sul test genetico: fare o non fare il test? La scelta difficile è quando non ci sono terapia risolutive o strategie di prevenzione. In questi casi, le motivazioni che conducono verso la scelta riguardano fondamentalmente un controllo dell’incertezza. Per incertezza intendiamo la probabilità del 50% di aver ereditato la mutazione. Non avere la sicurezza sulla propria prospettiva futura potrebbe alterare il senso di controllo individuale più del pericolo reale di sviluppare HD, andando ad aumentare il senso di infelicità e stress. Ragioni plausibili per cui fare il test: Le motivazioni per non fare il test Per programmare il futuro. possono essere riassunte, invece, nella Vita familiare. paura di non saper affrontare la realtà. Lavoro. Conseguenze psicologiche di un risultato positivo al test → il 40% delle persone intervistate hanno percepito una discriminazione sociale nei vari campi della loro vita; esistono delle linee guida riguardanti i limiti e i ruoli che devono essere rispettati dalle figure professionali che accompagnano i pazienti in questo percorso. Rimane importante il bisogno di far arrivare un individuo alla decisione più adatta per lui, in quanto contestualizzata alla storia di vita personale. Counseling e psicologo → è inevitabile che i soggetti da sottoporre al test vadano selezionati con cura, dopo una attenta valutazione da parte dello psicologo. Essere psicologi di per sé non rappresenta elemento sufficiente per poter gestire le problematiche. Lo psicologo che entri a far parte di un team di consulenza genetica deve necessariamente conoscere alla perfezione i meccanismi della trasmissione delle patologie genetiche, e nello specifico il significato di una diagnosi preclinica asintomatica. Test predittivo di suscettibilità genetica → individuano genotipi predisponenti ad un aumentato rischio di sviluppare una specifica patologia se esposti a fattori ambientali o ad altri fattori genetici scatenanti. Alcuni test consentono l'individuazione di genotipi che non sono di per sè stessi causa di malattia, ma comportano un aumento del rischio a sviluppare una determinata patologia in seguito all'esposizione a fattori ambientali favorenti, o alla presenza di altri fattori genetici scatenanti. Questi test vanno utilizzati in caso di tratti complessi, non mendeliani, altrimenti sarebbe necessario trovare la mutazione per sapere che la malattia verrà manifestata. Esempi di tratti complessi = ipertensione, diabete, ictus, tumori familiari, come la poliposi familiare o il carcinoma familiare della mammella e dell'ovaio. I tumori. Il cancro è una malattia determinata da una crescita cellulare anomala. Tumori ereditari → sono circa il 5-10%. Il soggetto eredita una mutazione germinale e subisce una seconda mutazione a livello somatico. Trasmette la predisposizione al cancro. Tumori non ereditari → il soggetto subisce due mutazioni entrambe a livello somatico. Non trasmette la predisposizione al cancro = SPORADICI. Carcinoma della mammella. Incidenza: o Popolazione generale = 1:10-1:20. o Entro i 50 anni = 1:50. Geni coinvolti: o BRCA1 (17q12). o BRCA2 (13q12). o Agiscono entrambi come oncosoppressori e come riparatori allo stesso tempo. Per capire se si tratta di una forma familiare o sporadica, analizzo delle variabili durante la consulenza: Aggregazione familiare, quindi se ci sono stati più casi nella famiglia senza salto generazionale. Insorgenza precoce. Tumore alla mammella è bilaterale, quindi spesso associato con tumore all’ovaio. Infine si raccolgono i dati e si usa un algoritmo che crea uno score per il rischio di tumore familiare. In base al rischio trovato, viene effettuato o meno il test genetico. Quando si cerca di capire se il tumore è ereditario, bisogna guardare anche le linee genetiche maschili, in quanto si potrebbe manifestare tumore alla prostata. Possibili profilassi nei portatori di mutazioni di BRCA1 o BRCA2: Aumentata sorveglianza (mammografia, ecografia). Mastectomia: o Scelta dal 32% delle donne a rischio. o Riduce il rischio di cancro mammario del 90%. Ooforectomia: o Scelta dal 70% delle donne a rischio. o Riduce il rischio di cancro ovarico del 90% I test genetici per le mutazioni responsabili di tumori ereditari: Chi dovrebbe sottoporsi?: o Soggetti già affetti con elevata aggregazione familiare. o Collaterali ancora sani di pazienti affetti già diagnosticati come portatori di mutazione. Quando dovrebbe essere svolto il test? → solo dopo opportuna consulenza. A che serve sottoporsi al test? o A escludere la presenza di una aumentata suscettibilità. o Ad organizzare le possibili forme di profilassi nei portatori di mutazioni. La problematica psicologica nei tumori ereditari: Sulla base della familiarità della malattia, alcuni individui sanno di avere un aumentato rischio di sviluppare un tumore. Sono disponibili test genetici per individuare chi tra i familiari ha ereditato i geni di predisposizione. Una volta effettuato il test, il paziente si trova ad affrontare una condizione particolarmente delicata: ancora sano, sa di avere un rischio molto alto di ammalarsi nel corso della sua vita. Conseguenti problematiche psicologiche: 1. Senso di colpa per la possibilità di trasmettere la mutazione ai figli. 2. Preoccupazione di sviluppare un tumore (o un secondo tumore; per pazienti già affetti). 3. Preoccupazione per il rischio dei propri figli di sviluppare un tumore. 4. Preoccupazione per una possibile discriminazione assicurativa. 5. In alcuni casi questa scoperta viene associata ad una maggiore possibilità di gestire la profilassi verso la malattia ed il rischio di trasmissione della stessa ai figli. Altri risvolti psicologici → ad esempio, alle donne in cui viene scoperta una mutazione una certa percentuale accoglie con sollievo la comunicazione della presenza della stessa mutazione: infatti questa scoperta viene associata ad una maggiore possibilità di gestire la profilassi verso la malattia ed il rischio di trasmissione della stessa ai figli. Test di screening. Permettono di identificare precocemente genotipi associati ad una malattia, o ad essa predisponenti, allo scopo di curare, prevenire, e ridurne l’insorgenza o la gravità. Si identificano i portatori di malattie autosomico recessive eterozigoti nella popolazione; le indagini sono finalizzate alla prevenzione della nascita di omozigoti, per ridurne l'incidenza. Fenilchetonuria (PKU) = malattia a trasmissione autosomico-recessiva; negli individui malati entrambe le copie del gene che codifica per la fenilalanina idrosillasi sono alterate. Il gene mutato → PAH, localizzato sul braccio lungo del cromosoma 12. Causa → alterazioni genetiche che provocano la carenza dell'enzima fenilalanina idrossilasi, per il metabolismo della fenilalanina, amminoacido presente nelle cellule di tutti gli esseri viventi. o Quando l’enzima non funziona correttamente, la fenilalanina non viene trasformata in tirosina e si accumula nei tessuti, provocando danni all’organismo. Conseguenze → le più gravi si hanno sullo sviluppo del SNC: ritardo mentale + manifestazioni neurologiche come ipercinesia o epilessia. Decorso → alla nascita non è evidente alcuna anomalia; i bambini non trattati non riescono a raggiungere le prime fasi dello sviluppo ed evidenziano alterazioni della funzione cerebrale. Trattamento → si può prevenire con un’alimentazione corretta, limitando l’assunzione di fenilalanina, prevenendo così i danni, in particolare sul SNC, dall'accumulo dell’amminoacido. Test genetici Alzheimer. Distinzione dei test per le varie forme di AD: (1) Test per forma mendeliana → analisi mutazione geni PSN1, APP, PSN2. In primis c’è la consulenza, per capire se mi trovo davanti ad una forma sporadica, tardiva etc.. Se capisco che è AD familiare, faccio il test in cui analizzo i geni PSN1, APP, PSN2. In pazienti asintomatici ha valore diagnostico (solo se già individuata la mutazione); in caso contrario ha un valore predittivo. Nel 40% dei casi, la storia familiare potrebbe risultare negativa (non trovo persone affette senza salto di generazione), per le seguenti ragioni: o Morte precoce di un genitore. o Impossibilità di rilevare la malattia nei membri della famiglia. o Mutazione de novo (rara). (2) Test AD forma tardiva → ApoE principale gene candidato; le associazioni scientifiche non raccomandano routine con questo tipo di test: in quanto questo deve avere chiaro valore predittivo, ossia la sua correlazione con la variante in questione e l’associazione con la malattia deve essere chiaro. Quale è il valore predittivo del test ApoE nell’AD? → la presenza di un allele ε4 non è necessaria per sviluppare AD; almeno il 35-50% di persone con AD non sono portatori di un allele ε4. Mutazioni in APP, PSN1, PSN2 sono deterministiche: individui che presentano queste mutazioni presenteranno la malattia, a meno che non muoiano prima. L’associazione tra gli alleli ApoE è influenzata dall’origine etnica → sebbene la frequenza dell’AD sia relativamente simile nella maggior parte delle popolazioni, la frequenza degli alleli ApoE varia significativamente in diversi gruppi etnici. L’allele ε4 non appare essere elevato in pazienti AD Svedesi. Frequenza ε4 → più alta in individui di origine africana (ma senza incremento dell’incidenza di AD). Valore diagnostico → genotipo APOE ε4/ε4 = 97%; l’assenza dell’APOE non esclude la presenza di AD. Fare o non fare il test? → Alcuni studi hanno rilevato che conoscere il genotipo ApoE non porta ad un significativo rischio psicologico a breve termine. In ogni trial i partecipanti vengono informati in merito al test ed al valore dei risultati del test predittivo; fondamentale il rinforzo della consulenza tramite materiale cartaceo. Risultati dimostrano che le informazioni avute inerenti al rischio danno un effetto maggiore sulla percezione del rischio. Persone alle quali è stato dato lo stesso valore del rischio, ma solo un gruppo ha fatto il genotipo, le donne ε4 negative percepivano il rischio minore, con riduzione dell’ansia tale da portare a concludere che un genotipo negativo potrebbe essere sinonimo di un falso senso di rassicurazione. Problematiche → Per nessun motivo i risultati di un test genetico devono essere divulgati senza la espressa volontà dei pazienti e dei loro familiari. Richiesta dei dati genetici da parte di: Compagnie di assicurazioni, Datori di lavoro, Banche. Rischio dei familiari nei casi di AD sporadico → parenti di primo grado di un caso con singola ricorrenza familiare di AD hanno un rischio di sviluppare AD nella vita del 15-30%, rischio 2,5 volte quello della popolazione 10%. Il numero degli affetti in famiglia incrementa il rischio relativo anche se la grandezza del rischio non è chiara. Test Genetici/AD: conclusioni → la forma familiare precoce usa il test PSN1, PSN2, APP con chiara storia familiare e con adeguato iter diagnostico. Un test predittivo dell’APOE nell’ambito dell’AD ad esordio tardivo (sporadico/familiare) non trova un consenso internazionale. Una accurata consulenza genetica è essenziale per far comprendere il rischio relativo ed il valore predittivo di questo tipo di test, ma principalmente per stimare il rischio empirico individuale di sviluppare AD. Basi genetiche dell’autismo. L’autismo è un complesso disturbo del comportamento con esordio prima dei 3 anni; definito tale in riferimento alla propensione dei bambini di vivere in un mondo proprio (Kanner, 1943). Incidenza → 1-15 su 10.000 nati | Rapporto M:F = 4:1. Clinicamente caratterizzato da (1) anomalie della interazione sociale, (2) disturbi della comunicazione, (3) comportamenti e interessi ripetitivi e stereotipati. L’autismo classico NON presenta ritardo mentale. Il comportamento autistico → ci sono 3 segni distintivi: (1) Le anomalie della interazione sociale: Assenza di contatti → evitamento dello sguardo e tendenza ad isolarsi. Uso dei giocattoli come oggetti senza immaginazione o imitazione. Uso delle altre persone come “oggetti”. (2) I disturbi della comunicazione: Assenza di comunicazione reciproca → né verbale, né gestuale, ma mediante espressione facciale. Linguaggio stereotipato → ecolalia (ripetizione della stessa parola), inversione dei pronomi, inflessioni e intonazioni inusuali. (3) I comportamenti e interessi ripetitivi e stereotipati: Movimenti ripetitivi, a volte condotti per ore → movimenti delle dita, sfogliare le pagine di un libro. Elaborazione di precisi rituali per → ordinare eventi, uso di parole precise, disposizione di oggetti. Possono manifestarsi crisi di nervi se queste disposizioni non vengono rispettate. Altri sintomi possibili: Iper- o ipo-sensibilità ai contatti o ai suoni. Comportamenti stereotipati riguardo al cibo. Alterazioni del ritmo sonno-veglia. Comportamenti aggressivi e/o autolesionistici. Assenza di senso del pericolo. Strumenti diagnostici: CARS (Childhood Autism Rating Scale). ABC (Autism Behavior Checklist). GARS (Gilliam Autism Rating Scale). CHAT (Checklist for Autism in Toddlers). Classificazione → problema DSM-IV al DSM-V. Autismo Idiopatico, ossia che non ci sono cause che possano giustificarne l’insorgenza (90-95%): Autismo “essenziale” (70%) → assenza di anomalie fisiche. Autismo “complesso” (30%) → associazione con dismorfismi, microcefalia, alterazioni encefaliche. Autismo secondario, ossia presente in individui con altri problemi all’origine (5-10%): Associazione con anomalie cromosomiche. Associazione con malattie monogeniche → Martin Bell, sclerosi tuberosa, sindrome di Rett, sindrome di Joubert. Cause ambientali → esposizione in utero a virus (rosolia), acido valproico, talidomide, mercurio. Prognosi → alcuni mostrano miglioramenti, altri permangono disabili a vita; segni prognostici sfavorevoli: Basso IQ (50-70% dei casi). Malformazioni cerebrali. Dismorfismi (25% dei casi). Microcefalia (5-15% dei casi). Rischio di ricorrenza: Autismo primario: o 4% rischio di secondo figlio con autismo conclamato (7% M, 1% F). o 4-6% rischio di figlio con forme lievi di autismo (deficit di linguaggio, disordini del comportamento sociale, problemi psichici). o famiglie con due o più figli affetti rischio fino al 35%. o Rischio di ricorrenza di autismo complesso: 1%. Autismo secondario → dipende dalla causa originaria di autismo. Ipotesi origine autismo: Ipotesi psicologica: o Forma di difesa adottata dal bambino verso un mondo percepito come ostile. o Teoria della madre frigorifero → il bambino diventa autistico in presenza di una madre che non dimostra affetto; teoria non accreditata. Ipotesi neurobiologica: o Presenza di anomalie a livello della amigdala, dell’ippocampo e dei corpi mammillari. o Alterazioni della produzione di serotonina e di altri neurotrasmettitori. L’evoluzione del concetto di autismo. Nel 1943 Leo Kanner, psichiatra austriaco, diagnosticò per primo un nuovo disturbo che fu poi indicato come “Sindrome di Kanner” o “Autismo”. È una malattia che ha meno di 100 anni, rispetto a molte altre (es: schizofrenia, depressione) hanno origini più antiche: com’è possibile che nessuno si sia accorto dell’esistenza dell’autismo? o Probabilmente molto rara prima, e in aumento negli ultimi tempi. L'autismo è un disturbo del neurosviluppo caratterizzato da compromissione dell'interazione sociale, deficit comunicazione verbale e non verbale, e ristrettezza d'interessi e comportamenti ripetitivi. Nel passaggio dal DSM-IV al DSM-V v’è un passaggio: dal concetto di autismo come singola malattia con tre segni, ad una serie di malattie aventi in comune compromissione dell'interazione sociale e deficit comunicazione, con varie alterazioni del livello di espressione del linguaggio (si parla di “spettro autistico”). Autismo: origini e cure. Cause → predisposizione genetica, ma non è stato individuato ancora un unico gene responsabile. o Variabili ambientali => età genitoriale avanzata, malattie materne nei primi 6 mesi di gravidanza, esposizione a farmaci e tossici ambientali durante la gravidanza. Falsi miti → inadeguate relazioni nell’ambiente familiare (madre frigorifero) e vaccino trivalente (morbillo-parotite-rosolia). o Un problema complesso non può avere risposte semplici, né tantomeno semplicistiche. Origini → l’autismo ha una forte componente genetica: gli studi sui gemelli hanno dimostrato una concordanza del disturbo del 70–90%. o La teoria modulare ci dice che c’è una interazione gene-ambiente che si sviluppa grazie a dei meccanismi epigenetici, e quindi è l’ambiente che modifica l’attività dei geni. o L’approccio “tutto o nulla” non funziona. o Studi fMRI → in soggetti autistici ci sono delle zone del cervello che funzionano male, e dunque sono stati i geni lì presenti ad aver subito una disregolazione genetica, la quale non parte dalla nascita, motivo per cui la disfunzione si esplica gradualmente nel corso della vita. o Di base, i maccanismi epigenetici prenatali possono essere: ▪ Disfunzioni placentari. ▪ Metabolismo materno. ▪ Nutrizione materna. ▪ Stress ossidativo. ▪ Esposizione a sostanze tossiche. ▪ Infezioni virali. Stress, ansia, malnutrizione, depressione → metilazione DNA → modificazione degli istoni → microRNA → disregolazione epigenetica dei geni relativi all’asse HPA. In questa disregolazione, la genetica della madre e del nascituro si uniscono durante il periodo pre-natale, portando poi ad alterazioni nello sviluppo del cervello e del comportamento. Ci sono due sistemi nervosi nel nostro organismo: il sistema nervoso centrale e il sistema nervoso enterico; quest’ultimo è regolato principalmente dalla flora batterica individuale, e nell’autismo si pensa ci siano dei problemi che partono dall’intestino (a livello microbiotico) e che successivamente si spostano al cervello. Il funzionamento di base è top-down: dal cervello all’apparato gastro-intestinale. Nel caso dell’autismo il funzionamento è bottom-up: la disregolazione in questione porta all’invio di segnali al cervello, a causa di sofferenze neuro-endocrine. o Trapianto di microbiota fecale → prelievo di feci da un donatore sano, e trapianto nell’individuo di interesse; tecnica usata per ovviare alle problematiche gastro-intestinali.

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