La narrazione PDF
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Università degli Studi di Salerno
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The document analyzes the concept of narrative, its role in social life, and its relation to other concepts such as storytelling and narrative identity. It also discusses the historical context and different approaches to understanding narrative.
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La narrazione Gli individui nell’esercizio quotidiano della loro vita sono produttori di signi cati, di norme e valori emergenti dalle interazioni signi cative. Queste scaturiscono dallo sviluppo del pensiero e dai processi di mediazione s...
La narrazione Gli individui nell’esercizio quotidiano della loro vita sono produttori di signi cati, di norme e valori emergenti dalle interazioni signi cative. Queste scaturiscono dallo sviluppo del pensiero e dai processi di mediazione simbolica che permettono all’individuo l’attribuzione di signi cato che, non essendo de nitiva, subisce delle trasformazioni. Lo strumento principe per fare ciò è la narrazione, quell’attività che occupa un ruolo centrale nella vita sociale degli individui, assumendo anche la funzione di attualizzare il passato per costruire una prospettiva del futuro e rimodellare il mondo sociale presente. Chi si è occupato in maniera diretta o indiretta di narrazioni si è certamente imbattuto in Roland Barthes che ben chiarisce la peculiarità umana della narrazione e la sua universalità nell’essere portatrice di signi cato. Per il concetto di “narrazione”, si possono registrare molteplici de nizioni tanto da portare la Riessman ad affermare che “esiste un notevole disaccordo sulla de nizione precisa di narrazione”. Si concorda, con l’affermazione di Herman sul fatto che, qualsiasi de nizione, poiché implica un particolare orientamento, porta con sé un particolare insieme di accenti e serve un particolare insieme di interessi. Cioè, qualsiasi de nizione evidenzia alcune caratteristiche delle narrazioni individuali mentre ne oscura o addirittura cancella altre. Per tale motivo, si delineeranno alcuni elementi per evidenziare la differenza tra il concetto di “narrazione” e quello di “storytelling e di come il primo è riferito ai processi socioculturali che richiamano la memoria. Fino agli anni ’80 del secolo scorso non si registrava una particolare attenzione al concetto di narrazione, esso sarà enfatizzato in questo periodo tanto da parlare di narrative turn nell’ambito delle scienze umane e sociali. fi fi fi fi fi fi fi fi fi Il concetto di “narratività”. Si presenta con due accezioni: la prima, disegna la qualità “dell’essere della narrazione”, vale a dire l’insieme delle proprietà che caratterizzano le narrazioni e che le distinguono dalle non-narrative; e la seconda, invece, delinea l’insieme delle caratteristiche che rendono l’insieme delle caratteristiche che rendono le narrazioni più tipicamente narrative rispetto ad altre facendole diventare immediatamente identi cabili. La narrazione con le sue dimensioni si può ricondurre ad aspetti che sono strettamente correlati con la narrative identity (costruzione sociale dell’identità attraverso la narrazione) e con il relational setting (relazione tra istituzioni, narrazioni pubbliche e pratiche sociali). Questi concetti affermano che la narratività si giunge a conoscere, capire e dare senso al mondo sociale, ed è attraverso le narrazioni e la narratività che gli individui costruiscono le loro identità sociali. Negli studi sociologici, ma in generale negli studi delle scienze umane e sociali si distinguono ben tre termini che spesso sono considerati sinonimi in particolare i termini narrative e storytelling (Ryan, 2007). - Storytelling: l’azione o l’attività di raccontare storie o una storia - Narrative: un resoconto di una serie di eventi, fatti, ecc.., dato in ordine e con l’istituzione di connessione tra loro Account: dare conto Questi tre concetti fanno parte tutti della storia dell’umanità, ma solo la narrazione ha un ruolo centrale nella vita sociale degli individuali (singolo o in gruppo) e in relazione alla memoria e alla cultura. Nonostante la «narrazione» costituisca un processo importante per l'umanità non c'è accordo sulla de nizione. fi fi «C'è un notevole disaccordo sulla de nizione precisa di narrazione» (Riessman, 1993, 17) «Non c'è un'unica, migliore de nizione di narrazione. Piuttosto, ogni de nizione, poiché implica un particolare orientamento, porta con sé un particolare insieme di enfasi e serve un particolare insieme di interessi. Cioè, ogni de nizione mette in evidenza certe caratteristiche delle narrazioni individuali mentre ne oscura o addirittura cancella altre» (Herman et al., 2012, 5) «la narrazione è una struttura di signi cato che organizza eventi e azioni umane in un tutto, attribuendo così un signi cato alle azioni e agli eventi individuali in base al loro effetto sul tutto. Pertanto, le narrazioni devono essere differenziate dalle cronache, che elencano semplicemente gli eventi in base alla loro posizione su una linea temporale. La narrazione fornisce un resoconto simbolizzato delle azioni che include una dimensione temporale- (Polkinghorne, 1988, p. 18). I nuovi approcci (narrative turn) de niscono la narrazione e la narratività, come concetti dell’epistemologia sociale e dell’ontologia sociale. Questa ulteriore distinzione permette di comprendere che non tutto ciò che è detto o scritto è narrazione. È attraverso la narratività che si giunge a conoscere, capire e dare senso al mondo sociale. Narrazioni + narratività: identità sociali L’elemento chiave all’interno nelle narrazioni è la presenza degli eventi, che sono ordinati lungo la dimensione temporale. La narrazione è un processo attraverso cui si narra. E attraverso questo riusciamo a capire di più qual è il senso del mondo, cercando di trovare le connessioni tra di diversi eventi, quindi far capire di più la situazione che si sta vivendo. fi fi fi fi fi fi fi La narrazione va ad incidere su alcuni elementi che ricordano la memoria collettiva. La narrazione permette il mantenimento vivido della memoria ma ponendolo in una forma di attualizzazione futuristica. È solo la narrazione che può riattualizzare il passato in una prospettiva futura perché conserva la memoria delle azioni nel tempo (Pocecco, Gualda, Mangone, 2023), permettendo a queste ultime di diventare modelli da imitare e/o da superare. Mediante questa dialettica oggettivazione/soggettivazione la memoria intersoggettiva si trasforma e si articola con la dimensione e con lo spazio sociale, all'interno del quale può svolgere sia la funzione di "conservazione" del passato ma anche di fonte di "cambiamento" socioculturale e sociopolitico dato il suo essere matrice signi cante. In quest'ottica Ricœeur (2003) sostiene che la ripresentazione del passato è caratterizzata dal duplice processo di guardare all'indietro (appunto al passato) ma anche di rivedere, ovvero come evidenzia Augé «la memoria può interrogare la speranza - (1998, trad. it., 2000, p. 22). Si introduce, quindi, l’aspetto della non linearità del tempo, perché passato e presente si in uenzano a vicenda in un gioco di temporalità in cui in entrambi sono linfa per plasmare il futuro. La narrazione ci porta al linguaggio che, da una parte è il mezzo fondamentale per la modi ca delle opinioni, e dall'altra diventa lo strumento con il quale manifestare l'armoniosità o la distanza con/dagli altri. Non a caso è la cultura che de nisce il linguaggio come codice attraverso cui la comunicazione (e, quindi, la narrazione) ha luogo e lo riempie di signi cati simbolici. fi fl fi fi fi Il linguaggio è talmente importante come strumento e nella vita degli individui che, nell’ambito etnometologico, è considerato uno dei problemi fondamentali della sociologia, in quanto la “competenza linguistica” non può essere solo lasciata all’apprendimento o al fatto meccanico dell’utilizzo delle corde vocali e delle orecchie. Nello svolgere alcune ricerche che non riguardavano lo studio di linguaggi differenti, ma lo studio di situazioni comunicative differenti, Cicourel appurò che esistevano elementi comuni (universali) che non erano linguistici. Secondo Schwartz e Jacobs (1979) questi si possono sintetizzare nel modo seguente: - Molteplici fonti di informazione (suoni,segni,ecc.), vengono utilizzati selettivamente sulla base della necessità di comprendere ed essere compresi. - I signi cati non sono ottenuti solo ed esclusivamente dai suoni mediante ‘’un codice’’. Ciò che è compreso è sempre di più di ciò che è stato pronunciato perché la situazione permette un continuo andirivieni tra ciò che è detto e ciò che è inteso. - parlare e ascoltare sono quasi sempre condizioni di improvvisazione (in senso ampio). Quando parliamo di linguaggio riparliamo di politically correct. I cambiamenti lessicali spesso si traducono nel semplice esercizio di retorica del linguaggio politically correct incapace di andare a fondo nella stessa realtà sociale che descrive e senza trasformare il modo con cui gli individui si rapportano agli altri o alle cose. Ovviamente, non è chiaro se le variazioni lessicali che caratterizzano il modo di indicare determinati argomenti, categorie o problemi sociali siano ascrivibili a un reale cambiamento di atteggiamento (o di opinione) da parte degli individui, o genericamente a una "moda". fi Da dove nasce? Nell'accezione moderna il concetto viene fatto risalire al linguaggio marxista-leninista perché durante la Rivoluzione russa del 1917 fu utilizzato per indicare ciò che era "in linea" e, quindi, corretto con le visioni e gli ideali del partito comunista. A partire dagli anni '60 negli Stati Uniti il politicamente corretto si relaziona direttamente alle lotte dei movimenti sociali delle minoranze che denunciavano discriminazioni e rivendicavano diritti civili, riprendendo l'accezione utilizzata dai partiti comunisti (sopra menzionati) di allineamento corretto a ciò che stabilisce il vertice del partito. Secondo Geoffrey Hughes (2010) il linguaggio politicamente corretto si riferisce a un tipo di linguaggio che in modo più o meno consapevole è utilizzato da un gruppo sociale che lo ritiene adeguato e in grado di ri ettere le proprie convinzioni, valori, ideali. In tal senso quindi ciò che non è considerato come "politicamente corretto" è censurato dallo stesso gruppo sociale sulla base dei termini considerati offensivi. In un’ottica strettamente linguistica, l’utilizzo di un linguaggio politicamente corretto vorrebbe tendere all’inclusività, e quindi all’eliminazione di qualsiasi forma di esclusione di gruppi o minoranze attraverso il linguaggio. È pertanto il linguaggio che plasma il modo in cui vediamo la realtà e come agiamo in essa, rivelando e diffondendo anche i nostri pregiudizi. Il mantra del politicamente corretto si associa quindi a ciò che socialmente culturalmente stabilito come corretto in quel determinato momento, appoggiandosi nell'attuazione a uno speech code (codice di condotta) che rimanda alle visioni orwelliane sulla relazione tra linguaggio, pensiero e realtà. Orwell, infatti, de niva il newspeak come uno strumento linguistico in grado di manipolare la realtà per ri ettere una visione politicamente indotta eliminando ogni forza evocativa del linguaggio stesso per ottenere una trasformazione della visione del mondo e della società. fi fl fl - I sostenitori ritengono che si tratti di uno strumento per limitare l'esclusione sociale di determinati gruppi e minoranze e per bloccare (soprattutto nell'era delle piattaforme e dei social network) le tendenze di hate speech. - I critici del politically correct sostengono che l'imposizione di limiti linguistici tende a contrarre il dibattito e il confronto nello spazio pubblico perché incide sulla libertà di espressione attraverso una sorta di autocensura Come evidenzia Umberto Eco (2021) se la concezione del politicamente corretto è ispirata in sé da un senso di rispetto per tutti e di opposizione a qualsiasi forma di discriminazione, tuttavia, ha condotto a delle forme di esagerazione estreme, perché nella meticolosa volontà di eliminare qualsiasi forma di linguaggio non inclusivo si dirige verso eccessi accusatori che scon nano in un fondamentalismo che assume una sola versione come veritiera, rinnegando tutte le altre. C'è una stretta relazione tra cultura e linguaggio, perché il linguaggio è il ri esso della cultura e della società in cui si esprime nelle attuali società. L'eufemismo è diventato il principale strumento per esprimersi in modo politicamente corretto, in effetti l'utilizzo di un linguaggio funzionale ermetico e politicamente corretto pieno di eufemismi pensati per non offendere o optare la sensibilità spinge i più critici a parlare di una vera e propria in posizione di espressioni ornamentali per nascondere la realtà ovvero di una forma di censura di parole e immagini che richiama di nuovo la previsione orwelliana di mascherare la realtà quando qualcosa infastidisce. Stabilire uno speech code politically correct ormai è una prassi anche nei sistemi democratici più solidi e secondo i più critici ciò sembra muovere le società proprio in questa dimensione orwelliana. fl fi Si pensa per esempio alle questioni relative al nuovo genere grammaticale politicamente corretto per evitare "sessismo linguistico" (Gheno, 2019): dalla profusione di proposte da parte di organismi e istituzioni per evitare discriminazioni, alle questioni stilistiche come l'utilizzo della "®" o della schwa "a" (Gheno, 2022), o ancora di "X" o di "/" come genere neutrale. Le posizioni più critiche evidenziano il rischio di censura- autocensura e di limitazione della libertà di espressione verso cui si può scivolare l'imposizione i codici linguistici ritenuti politicamente corretti e che si considerano come l'unica posizione valida e accettata. Imporsi senza argomentare e senza confrontarsi con altre visioni e posizioni alle quali si reagisce con la tecnica ormai consolidata di cancellare ciò che non è ritenuto allineato e quindi eliminare uno dei pilastri della democrazia che appunto il dialogo e il rispetto di tutte le parti. Il rischio è quindi di entrare in una sfera grigia dove ciò che importa è smascherare il nemico e annientarlo provocando quindi una brusca inversione dagli intenti di maggiore uguaglianza e di rispetto al predominio del senso di risentimento vittimismo vendicativo. Quando si vanno a interpretare queste pratiche inquisitorie il fatto è che se esse si applicano in contesti culturali differenti e come ha ben chiarito Hall questi hanno un peso e un ruolo nella comunicazione. Ciò porta a distinguerli in culture ad alto contesto tipica dei paesi dell'area asiatica e i paesi europei dell'area mediterranea cioè quelle in cui la maggior parte delle informazioni trasmesse non sono esplicitamente nel messaggio e quindi af date alla comunicazione verbale ma risiedono negli elementi non manifestati come gestualità simboli e rituali prendendo il signi cato implicito all'interno del contesto; e culture a basso contesto cioè quelle in cui la comunicazione verbale e preponderante ed è molto chiara e diretta quindi il contesto non veicola signi cati aggiuntivi fi fi fi poiché tutto è già esplicitato nelle informazioni fornite in modo che non ci sia margine di ambiguità. Alla luce di questa ultima esplicitazione è necessario adattare non solo linguaggio ma anche le attività politiche e sociali in modo tale che se non diventino offensive per determinare categorie tenendo conto della sua citata differenza di contesti anche se questa pratica in molte occasioni va verso due ripe ovvero: la prima è una sorta di discriminazione positiva, ovvero il riconoscimento di particolari privilegi alle minoranze e di altrettante handicap sociali per la maggioranza, la seconda è riferita a quelle pratiche che sembrano essere il prodotto di una sorta di inquisizione medievale in cui l'inquisito non è più chi o coloro che si pongono in aperto contrasto con la dottrina e i dogmi della Chiesa cattolica ma chi o coloro che vanno contro le idee egemoniche e che vorrebbero essere appunto egemoniche. Tra queste pratiche troviamo senz'altro la censura e, o il revisionismo. Dalla censura al revisionismo, pratiche di inquisizione Esempi recenti che assumono la forma della censura o del revisionismo toccano i più svariati ambiti del sistema sociale e culturale: dalla storia alla letteratura, dal cinema alle opere d’arti e, persino, ai cartoni animati e alle favole. Nessuno di questi ambiti, è immune dall’aver subito o subire ancora l’esercizio della pratica della cancellazione o del revisionismo, in realtà su ognuno di questi ambiti si è abbattuto o potrebbe abbattersi una pratica inquisitoria che è chiaramente espressa nell’incipit del libro, Fahrenheit: Era una gioia appicciare il fuoco. Era una gioia speciale veder le cose divorate, vederle annerite, diverse. Con la punta di rame del tubo fra le mani, con quel grosso pitone che sputava il suo cherosene vene co sul mondo, il sangue gli fi martellava contro le tempie, e le sue mani diventavano le mani di non sai che direttore d'orchestra che suonasse tutte le sinfonie ammeggianti, incendiare, per far cadere tutti i cenci e le rovine carbonizzate della storia (Bradbury, 1953, trad. it., 1989, p. 3) Questo libro si inserisce nel lone fantascienti co insieme ad altri due romanzi classici, Brave New World di Huxley e 1984 di Orwell , il titolo si riferisce alla temperatura a cui la carta prende fuoco (fahrenheit è l’unità di misura della temperatura utilizzata negli USA) e descrive una società del futuro in cui una dittature totalitaria impedisce la lettura e anche il solo possesso dei libri, che sono considerati uno strumento pericoloso per il libero pensiero e pertanto devono essere bruciati. Il mantra del politically correct è quindi, bruciare, cancellare, eliminare, riscrivere. In altre parole, e in sintesi, si censura e si revisiona tutto ciò che appare offensivo nei confronti delle più svariate minoranze. Queste pratiche trovano le loro radici nell’antichità, e ogni volta che sono state adottate tendevano a distruggere ciò che c’era per creare qualcosa di nuovo o per impedirne la nascita lasciando immodi cato lo status quo. Alcuni esempi di queste pratiche: Durante l’epoca precolombiana il guerriero e sacerdote azteca fece bruciare i codici dei popoli scon tti per poter creare il nuovo impero Azteca; il Concilio di Nicea, che de nì la verità della fede e automaticamente anche ciò che non era vero; nell’epoca medievale, l’Inquisizione si concentra sulle opere con aspetti teologici per attaccare tutto ciò che considerava come eresia e superstizione tanto che nel 1515 la Chiesa cattolica promulgò l’Indice dei libri proibiti, una lista che raccoglieva le opere considerate dannose per la fede cristiana. fi fi fi fi fi fi L’arte non è stato un ambito immune da queste pratiche, infatti: - Francisco de Goya - La Maya desnuda (Museo del Prado, Madrid) - Berlino - 10 maggior 1933 di Bundesarchiy, - Gustave Courbet – l’origine del mondo Altri esempi nel mondo della musica come nel caso della canzone A Day in the Life dei Beatles che fu censurata dalla BBC per presunte allusioni alla droga, così come God Save the Queen dei Sex Pistols perché offensiva nei confronti della corona britannica. Gli album Erotica di Madonna e Chinese Democracy dei Guns N’Roses sono stati vietati in Malesia e in Cina rispettivamente per i contenuti sessuali e per le allusioni di carattere politico. Altre forme di revisionismo, sono i cartoni animati della Disney che sono stati rieditati cambiando una serie di nomi ai personaggi o dialoghi. Se queste pratiche inquisitorie negli Stati Uniti hanno portato ben 44 stati a presentare progetti di legge relativi all’eliminazione di testi ritenuti offensivi perché trattano di razzismo e di sessismo, e in altri 14 stati queste misure sono già entrate in vigore, in Italia non siamo da meno. Nell’ottobre del 2020, infatti, è stata presentata in Parlamento una proposta di legge per eliminare le costanti degli stereotipi sessisti nei libri di testo dalle scuole elementari. La normalizzazione porta a delle derive di carattere negativo. Comunicazione, informazione, platformizzazione La società contemporanea non può fare a meno di sistemi di comunicazione che assolvano alle principali funzioni di trasmissione della cultura e di trasferimento delle informazioni, anche in considerazione del fatto che le forme d’interazione tra individui all’interno della stessa non assumono una logica lineare, piuttosto esse assumono aspetti di ambiguità. Il più delle volte le interazioni assumono una doppia valenza: da una parte: scambio d’informazione, dall’altra, azione simbolica sull’altro. La comunicazione è, dunque, un’interazione sociale in quanto è attraverso l’atto comunicativo che gli individui portano il pensiero all’esterno della propria mente e così facendo si aprono al dialogo con gli altri. Ed è sempre attraverso la comunicazione che si realizza la ri essività. La facile fruizione di molti nuovi mezzi di comunicazione ha consentito di attribuire ali processi comunicativi una forte penetrazione nei confronti dell'esperienza soggettiva quotidiana e delle immagini del mondo che gli individui possiedono e si costruiscono. Al contempo, però, il fatto che spesso i mezzi di comunicazione rappresentano l’unica fonte di informazione per gli individui determina una situazione di dipendenza soprattutto in merito alle idee e alle immagini che possono costruirsi della realtà, poiché, in questa situazione di pseudo-subordinazione, gli individui hanno un potere ridotto di selezione delle informazioni rispetto al potere esercitato dai media stessi. Ciò ha portato ad affermare negli ultimi decenni la tendenza a orientarsi prevalentemente a ricercare gli effetti a livello di costruzione delle rappresentazioni della realtà che gli eventi comunicativi contribuiscono a costruire e a veicolare. La comunicazione è, quindi, a fondamento della conoscenza che consente agli individui di comprendere ciò che li circonda con lo scopo di costruire la propria identità e progettare il proprio percorso di vita. Ovviamente, le forme di comunicazione non sono sempre state le stesse nella storia dell’umanità e la loro trasformazione ha cambiato anche i mezzi e le forme delle interazioni: fl Oralità (Interazione face to face) - Scrittura (Interazione mediata) - Elettronica (Quasi-interazione) Queste trasformazioni non hanno solo modi cato le forme e i modi del comunicare, ma anche l’organizzazione sociale e le vite quotidiane degli individui che si strutturano in maniera differente anche all’interno dello stesso sistema sociale. Nella realtà dei fatti le piattaforme hanno una responsabilità sociale e non possono essere studiate separatamente tra loro, né tanto meno separatamente rispetto ai sistemi culturali e politici di una società. Ogni piattaforma costituisce un’infrastruttura globale della rete che attraverso il digitale mette in relazione utenti, corporation e istituzioni pubbliche, generando un ecosistema complesso in cui logiche economiche, dinamiche politiche nella realtà fattuale dei corpi sono in interazione continua. Le piattaforme, dunque, si sono trasformate nell’architettura infrastrutturale che determina e guida la governance dei mercati e delle società, de niscono la geopolitica degli ecosistemi a supremazia delle Big Five cinesi e delle Big Five nordamericane, condizionano lo spazio pubblico e la prevalenza degli interessi commerciali su quelli sociali e incidono sul bene comune. I meccanismi su cui si basano le piattaforme, plasmano i modelli economici e tecnologici ma anche le azioni degli utenti/consumatori e soprattutto si stanno trasformando nei principali gatekeeper di dati e nei fornitori di infrastrutture che interessano sempre più spesso settori pubblici essenziali come l’educazione e la sanità, con il rischio di sottrarre funzioni sostanziali agli Stati. Questo scenario porta alla creazione di un nuovo ecosistema tanto da de nire anche una nuova prospettiva che è quella della media ecology che offre un’ulteriore chiave di lettura dei processi socioculturali perché non si limita a una visione centrata sul medium (mezzo) ma tiene conto delle relazioni tra aspetti micro e fi fi fi macro della vita sociale che sono interconnessi grazie ai media digitali. Ciò rappresenta una base introduttiva utile per la comprensione dell’attuale informational age (era dell’informazione). L’inarrestabile accelerazione della produzione tecnologica e la velocità di diffusione delle informazioni hanno imposto alle scienze sociali di misurarsi criticamente sul dibattito concettuale tra determinismo tecnologico e sistematizzazioni della “nozione di nuovo”. L’istituzionalizzazione, concetto inteso qui come quello de nito da Berger e Luckmann, della comunicazione mediatica sottolinea il consolidamento dei mezzi di comunicazione come un’istituzione sociale con un forte potere di diffusione di informazioni e di creazione di rappresentazioni simboliche. Questa istituzionalizzazione ha favorito, un rinnovato interesse intorno alle ri essioni di McLuhan e Powers che già a partire dagli anni Sessanta del secolo scorso utilizzarono il concetto di “global village” per riferirsi all’interconnessione planetaria e alla visione di coscienza globale condivisa, anticipando tra l’altro l’imminente preminenza del software. Sempre a McLuhan si deve la lungimiranza del famoso motto “il medium è il messaggio” ovvero il predominio di un mezzo in un determinato contesto socioculturale che riesce a modi care il modo in cui pensiamo, in cui interpretiamo la realtà sociale e le stesse forme di organizzazione sociale. Alla radicale trasformazione storica, culturale e sociologica del “dispositivo di comunicazione” rappresentato dalla information age, si oppone invece Webster che non riconosce nella logica a rete la capacità di produrre mutamenti sostanziali nelle dinamiche socioculturali, politiche ed economiche. Infatti, lui non ritiene la logica a rete come l’attore del cambiamento sociale perché l’organizzazione del sociale e di tutte le sue dimensioni è ancora basata sulla “gattopardiana meccanica del capitalismo”. fl fi fi Secondo la separazione di Castells, tra modello di produzione e del modello di sviluppo, il modello di produzione non può continuare ad essere capitalista, mentre quello di sviluppo si lega all’informazionalismo, e a determinare il cambiamento è la tecnologia dell’informazione che produce una nuova tecnocrazia nella gura del “lavoratore dell’informazione”. Per Webster questa categorizzazione continua ad essere troppo generale e non innovativa. Bell cerca di riassumere questa frattura concettuale. La de nizione, quindi, di information age come qualcosa di “nuovo” è opportuna ai ni della comprensione della rottura temporale rispetto al passato, perché la intellectual technology allarga no a sfumare la categoria concettuale di spazio, e contrae fortemente quella temporale, fondendole nella realtà virtuale. Due tipi di informazione secondo Lash: la prima, che risente dell’in uenza delle teorie post- industriali, quindi da intendersi come discursive knowledge e non come pratical knowledge; il secondo, può essere de nito come disinformation a cui la base, secondo Lash, si colloca la doppia necessità di circolazione libera e globale del capitale ma anche di regolarizzazione razionale del mercato, e pertanto in quest’ottica il valore culturale dell’informazione afferma se stesso sulla base del rapporto variabile, immediato e confuso con gli oggetti e con le loro rappresentazioni. Gli ecosistemi digitali e il cyberspazio offrono agli utenti un’ampia gamma di informazioni e di notizie, e in uenzano tanto la modalità di produzione quanto la forma di consumo delle stesse, perché, alterando le caratteristiche della tradizionale dimensione spazio- temporale, generarono un nuovo sistema comunicativo basato sulla crossmedialità o ipermediazione, che si riferisce all’uso di mezzi di comunicazione di varia natura che integrano piani comunicativi e linguaggi differenti ( lmico, comico, testuale, sonoro). L’immediatezza è riferita all’immediatezza della notizia, ovvero alla risposta (immediata) che i media tentano di offrire ai vari pubblici, fi fi fl fi fi fi fl fi veicolata in modo da consentire, a chi comunica, di entrare in diretto contatto con l’opinione pubblica. Quali conseguenze? Le illimitate possibilità offerte dalla rete, tuttavia, sembrano trasformarsi in panopticon che limita sia la libertà di espressione sia la libertà di informazione considerati gli intensi ussi di disinformazione, in tal modo si creano forme di sorveglianza che virano verso un vero e proprio controllo e manipolazione delle correnti di opinione. L’information disorder, per esempio, è un fenomeno ampio, che racchiude informazioni e notizie dal contenuto fuorviante (misleading content), ma anche discorsi di odio(hate speech), errori e disinformazione involontaria da parte di giornalisti e mezzi di comunicazione ( misinformation) e, a causa dei labili con ni concettuali, spesso si sovrappone e si utilizza come sinonimo di fake news, ovvero contenuti informativi fraudolenti. L'hate speech che ingloba tutti i tipi di espressioni che incitano, promuovono, diffondono o giusti cano la violenza, l'odio o la discriminazione nel confronti di una persona o di un gruppo di persone (Recommendation CM/Rec(2022) 16). Differenza fake news e notizie false (Meneses): la principale differenza risiede nell’intenzionalità dell’autore della notizia e, pertanto, è corretto l’utilizzo dell’espressione notizie false per riferirsi a errori giornalistici che possono essere il risultato di incompetenza, irresponsabilità e super cialità, mentre le fake news sono da intendere come vere e proprie informazioni fake e ingannevoli create in modo intenzionale. L'Information Society Project della Yale Law School e il Floyd Abrams Institute for Freedom of Expression durante il workshop svoltosi il 7 marzo 2017 ha rappresentato il pericolo della diffusione del fenomeno nonostante non ci sia convergenza su di una de nizione unica del concetto di fake news. fi fi fi fl fi Il fenomeno fake produce una delegittimazione delle voci autorevoli, delle istituzioni competenti e del concetto di dati oggettivi. Creazione e diffusione delle fake news Le fake news tendono a coprire quelli che sono gli oggetti fondamentali con altre che sono meno rilevanti. Come si creano? Click baiting: È una modalità di creazione che è caratterizzata dall’unione della notizia fake con titoli e foto a effetto con l'obiettivo di incentivare l’utente/consumatore al like, commento e alla condivisione, ovvero a una serie di azioni che permettono alla piattaforma di aumentare i propri guadagni attraverso gli annunci online, ma anche di inserire cookies di pro lazione o addirittura malware e di perfezionare gli algoritmi. Astrotur ng: È una modalità che si fonda sulla diffusione e riproduzione di una precisa notizia-fake su numerosi canali (per esemplo, i gruppi) con lo scopo di mostrarla come una notizia di tendenza e come il principale oggetto di Interesse e di discussione. Questa modalità produce importanti effetti relativi all'aumento della disinformazione e della manipolazione dell'opinione pubblica perché creata, per nalità essenzialmente commerciali o propagandistiche. L'aumento della disinformazione attraverso la diffusione delle fake news rappresenta uno dei punti centrali del ruolo che hanno i social media nella creazione e intensi cazione delle camere d'eco (eco chambers) alimentate dai bias di conferma, che creano un ambiente in cui si trovano solo le informazioni che ri ettono e rafforzano le proprie opinioni. Questa tendenza favorisce il rafforzamento delle proprie convinzioni creando disinformazione e riducendo la possibilità e capacità di ri ettere e discutere su punti di vista diversi. fl fi fi fi fi fl Allo stesso modo in cui operano le cosiddette eco chambers, l'unione tra social media/fake news/ disinformazione passa anche attraverso le bolle di ltraggio ( lter bubbles), cioè, il tracciamento attraverso gli algoritmi delle preferenze degli utenti e la proposta continua di contenuti simili no a raggiungere lo scopo di mostrare principalmente contenuti che si consumeranno. In quest'ultima ottica, secondo Gili e Maddalena, le «fake news costituiscono la principale manifestazione della post-verità» (2018, p. 3), da intendersi come la circostanza in cui gli individui fanno appello prevalentemente alle proprie convinzioni e sentimenti piuttosto che ai fatti nella loro realtà oggettiva. Piuttosto la digitalizzazione ha determinato un’ulteriore dif coltà nello stabilire i con ni tra informazione e comunicazione. Tutto ciò ci spinge ad affermare che la forte interdipendenza tra società e tecnologia ha favorito la creazione di nuove forme di interazione, partecipazione e collettività, tuttavia, la ri essione su questa forma di potenza assunta dalle piattaforme digitali non può tralasciare la consapevolezza che questi mezzi non sono “neutrali”. Ci ritroviamo con una serie di problematiche. Non possiamo più negare che l’utilizzo dei social media non vada ad in uenzare l’opinione pubblica. Il mondo si trova oggi di fronte alla s da di riuscire a governare società sempre più dati cate e digitalizzate e all’interno delle quali si registra la presenza quasi egemonica delle piattaforme. L’utilizzo polisemantico della parola piattaforma esprime in modo evidente la complessità di questo fenomeno sociopolitico, socioculturale e socioeconomico. È innegabile il ruolo giocato dalle nuove tecnologie digitali e della comunicazione per la nascita e lo sviluppo di forme di attivismo. Gli ecosistemi digitali e le piattaforme in tal senso hanno permesso una maggiore partecipazione e coinvolgimento sociale, ovvero fi fi fi fi fi fi fl fl fi hanno rafforzato la cosiddetta e-democracy per la quale si contrappongono varie visioni teoriche (Dahlberg (2011). Altra serie di dimensioni e ambiti su cui bisogna ragionare: - L’e-democracy riguarda l’aggregazione di istanze nei processi rappresentativi- decisionali, per esempio petizioni, iniziative civiche e processi istituzionali come il voto elettronico. - Gli ecosistemi digitali come uno strumento utile per l’empowerment delle minoranze e per la creazione di una sfera pubblica critica e cosciente all’interno di sistemi sociopolitici caratterizzati da una strutturale dinamica di esclusione e di antagonismo. - La rete come contropotere di democratizzazione sociale, utile nella conquista una egemonia alternativa al capitalismo per promuovere forme differenti di condivisione e di beni comuni digitali. La platformizzazione rende oggi i processi informativi uidi, senza ltro, omogeneizzanti, caratterizzati dalla massiva sovraesposizione e diffusione di informazioni e di fake news, dall'impossibilità di riconoscere l'autorevolezza e l'af dabilità delle notizie. Tutto ciò rende dif cile l'orientamento degli individui rispetto a un determinato argomento dando origine al fenomeno che ha preso il nome di "information epidemic o infodemic" [informazione epidemica o infodemia]. L'infodemia, facendo leva sulla disinformazione e sulla concentrazione dell'attenzione su un blocco confezionato di fake news e di "obiettivi" da cancellare, ha come obiettivo principale l'in uenza dell'opinione pubblica orientandola verso sentimenti e azioni utili al proprio scopo (per esempio, generare panico, modi care l'opinione su una determinata situazione o candidato, ecc.). Queste tattiche erodono evidentemente la democrazia, spogliandola del suo signi cato e trasformandola in semplice demagogia basata sulla costruzione ad hoc di "bolle" di opinione ideologizzate e polarizzate. fi fl fi fi fi fi fl La forte in uenza delle piattaforme e dei social media sui processi socioculturali e sui processi decisionali collettivi induce a parlare di “disrupting democracy” (Sorensen, 2020) per sottolineare il ruolo oscuro che gli ecosistemi digitali possono svolgere nei sistemi democratici. fl