Pedagogia della Comunicazione PDF
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Questo documento presenta concetti chiave di pedagogia della comunicazione, concentrandosi su media education, narrazione digitale e le sfide educative nella società contemporanea. Si analizzano i diversi approcci alla media education e come progettare progetti di digital storytelling, confrontando la pedagogia con le tecnologie digitali e come l'educazione si adatta alla società digitale.
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PEDAGOGIA DELLA COMUNICAZIONE Gli assi di studio: - pedagogia della comunicazione - educazione nella società post-moderna - media education (prendersi cura della comunicazione digitale) - narrazione digitale obiettivi del corso: - identificare le principali sfide formative della cultura della comun...
PEDAGOGIA DELLA COMUNICAZIONE Gli assi di studio: - pedagogia della comunicazione - educazione nella società post-moderna - media education (prendersi cura della comunicazione digitale) - narrazione digitale obiettivi del corso: - identificare le principali sfide formative della cultura della comunicazione - conoscere e analizzare criticamente i diversi approcci della media education - acquisire le principali nozioni della metodologia e del digital storytelling - progettare digital storytelling come video conoscere - cosa s’intende per pedagogia della comunicazione - Definire le responsabilità educative ed etiche dei comunicatori - Cos’è la media education + diversi approcci - Digital storytelling cos’è - Processi comunicativi alla luce della media education - Individuare sfide educative ed etiche del comunicatore Introduzione: La Pedagogia della comunicazione è costituita da 2 parti: 1) Pedagogia dell’inclusività = sostegno dei bisogni educativi speciali (di cui non ci occupiamo) 2) Tecnologie didattiche = viene declinato l’utilizzo delle tecnologie digitali per l’attivazione dei processi di apprendimento e di come qualsiasi cosa che riteniamo “conoscenza” possa essere modificata, aumentata, virtualizzata attraverso le tecnologie. Dunque decliniamo il settore della pedagogia a livello comunicativo + Media education - qual è la storia a livello comunicativo dell’innovazione e innovazione tecnologica, come siamo arrivati alla società post mediale, come l’uomo cambia all’arrivo della tecnologia. Un media oggi non è più uno strumento, ma è un ambiente. La società quindi è un intreccio di ambienti. Questa analisi della società e dei suoi ambienti la facciamo con la media education. + Narrazione digitale (digital storytelling) - usiamo lo storytelling per capire cos’è, tramite i lavori di Andrea Fontana, un metodo (corporate storytelling) e si analizzerà non solo dal punto di vita tecnico ma anche comunicativo. Sarà la parte sperimentale. Conoscere = sapere Abilità = saper fare Competenza = saper fare con una finalità strategica Esame: 30% Mappa concettuale 40% Digital storytelling 30% Esame finale orale Introduzione libro: Oggi la pedagogia si apre alla sfera dei contesti organizzativi perchè da un lato si vuole integrare la prospettiva delle scienze della comunicazione illuminando l’educazione al fine dello sviluppo umano, dall’altro si vuole sollecitare le scienze dell’educazione a tener conto dell’apprendimento non formale e informare e le loro nuove frontiere. Il web al giorno nostro è pieno di fake new per questo le persone devono essere pronte a fruirne in maniera valida ed efficace, capaci di valutare criticamente quanto proposto. Occorre riconoscere che nelle pratiche deduttive e correttive, se da una parte c’è chi vuole corrompere e sedurre, dall’altra deve esserci chi è pronto ad essere sedotto e corrotto ed i processi formativi stanno attrezzando le persone a questo affronto. Interessante è la teoria di Kahneman del pensiero lento e quello veloce: il pensiero lento è quello di tipo argomentativi, discorsivo, analitico e critico, legato alla parola e allo scritto; mentre quello veloce è di tipo intuitivo legato alle sensazioni. Le due tipologie cooperano fra loro. In questa sfera entrano in gioco delle finalità educative perchè in un mondo sempre più dominato dalle immagini, dalla frammentazione e dalla rapidità, c’è necessità di promuovere la capacità di riflettere, argomentare e discutere. Bisogna diventare capaci di pagare in termini di tempo e sforzo personale ciò che il pensiero lento richiede. La componente razionale discorsiva difficilmente riesce a comunicare prospettive esistenziali e se nei processi educativi il dialogo e la conversazione devono essere attivati, spesso si ha bisogno di forme di pedagogia narrativa, cosi anche in sfere più apre come quelle sociali e politiche, la ricostruzione narrativa diventa più presente e pervasiva. Il racconto non solo riesce ad agganciare l’attenzione e la partecipazione dell’ascoltatore, ma spesso lo invita a compiere un viaggio insieme all’interno di quanto devo, favorendo lo sviluppo di nuove prospettive di significato e di orientamenti decisionali. I testi narrativi allora diventano forme di seduzione che tramite l’unione di scienza e tecnica diventano storytelling. Anche a livello politico la narrazione è uno strumento fondamentale ma entra troppo spesso in campo il pensiero veloce e una partecipazione emotiva, ecco perchè oggi è sempre più necessario promuovere forme di pensiero lento, di capacità di analisi critica e di ricostruzione razionale. La ricostruzione narrativa è spesso accompagnata da una sollecitazione sistematica e da una guida attenta alla riflessione. Bisogna promuovere il dialogo interiore e ricostruire la propria identità personale e professionale. LEZIONE 1 = CAPITOLO 1: Cos’è la comunicazione? La comunicazione è un processo che usa degli strumenti. È un processo che serve per scambiare informazioni fra minimo due realtà. Schema della comunicazione: A B tramite “x” (mittente, destinatario, informazione, canale, feedback) Quand’è che la comunicazione è educativa? Ed in che senso e da che punto di vista la comunicazione può essere un oggetto di analisi e ricerca della pedagogia? 1. La comunicazione può essere educativa quando fa progredire l’uomo e la sua conoscenza, ogni volta che impariamo qualcosa (quando siamo destinatari) siamo soggetti alla comunicazione educativa, quando impariamo siamo dentro a processi comunicativi. 2. Ogni comunicazione è informativa, ma solo in alcuni casi assume una funzione di trasmissione consapevole di nuove conoscenze, o di modellamento (es. i bambini). I tipi di educazione: Educazione formale = scuola Educazione informale = corsi fuori dalla scuola Educazione non formale = esperienze della vita in cui attiviamo processo informativo In queste 3 esperienze viviamo delle comunicazioni educative. Dove c’è apprendimento, c’è comunicazione educativa. In che senso la comunicazione può essere oggetto della riflessione pedagogica? Ci sono due aspetti importanti sul come la comunicazione può essere riflessione pedagogia, la prima è la consapevolezza, la seconda è la responsabilità. Noi adulti che impariamo, siamo dentro ad una consapevolezza, poi la responsabilità, invece, è quando siamo i mittenti della comunicazione e abbiamo la responsabilità che il messaggio arrivi al ricevente. La responsabilità è la risposta che io do a ciò che succede, a livello comunicativo abbiamo la responsabilità che il messaggio che voglio mandare arrivi a B e che questo lo capisca. La pedagogia della comunicazione è quella pedagogia che: La pedagogia della comunicazione si riferisce allo studio e riflessione del legame fra educazione e comunicazione. Piu precisamente vuole analizzare i fenomeni comunicativi dal punto di vista educativo, puntando principalmente a capire i possibili effetti sulla persona. Poiché educazione e comunicazione sono strettamente legate, potremmo definire la pedagogia della comunicazione come lo studio sistematico dei processi comunicativi dal punto di vista educativo e diseducativo, ovvero come si utilizza la comunicazione, come la si abita in contesti in relazione, quali limiti e quali sfide comporta. - vuole analizzare i fenomeni comunicativi dal punto di vista educativo (processi educativi = processi di crescita di un individuo). Questo accade ogni volta che instauriamo una relazione con qualcuno, è interessante perché se analizzata a livello macro, oggi la pedagogia della comunicazione studia ad esempio gli effetti che hanno i social su alcuni atteggiamenti (es. livello di attenzione). - intreccia dimensione educativa, dimensione semiotica, dimensione antropologica filosofica e dimensione psicologica. - è lo studio tematico dei processi comunicativi dal punto di vista educativo e diseducativo, ovvero come si utilizza la comunicazione, come la si abita in contesti di relazione, quali limiti e quali sfide comporta Oggi ricevere una comunicazione significa avere un’esperienza allargata e diversa in cui entrambi i soggetti non rimangono inalterati. Siamo inseriti in un ambiente complesso in cui la comunicazione ne esprime lo stile e il movimento, la connessione fra individui è comunicativa nei contenuti e nelle relazioni. Comunicare implica una collaborazione e un impegno reciproco, più grande è questo impegno, tanto è profonda la comunicazione. Collaborare vuol dire sia lavorare insieme ma anche soffrire insieme. com. manipolatoria -> Ure Cos’è una comunicazione diseducativa? La comunicazione educativa è legata all’apprendimento, alla consapevolezza e alla responsabilità. I valori legati alla comunicazione diseducativi sono negativi, cambiano solo i valori delle comunicazioni che trasmettiamo. Se ad esempio facciamo una comunicazione manipolatoria, la possiamo ritenere comunicazione diseducativa, anche se le tecniche sono identiche a quella educativa, è sempre una questione di responsabilità. Comunicazione: Ricevere una comunicazione significa avere un’esperienza allargata e diversa. Si partecipa a ciò che qualcun altro ha pensato e sentito, e se ha modificato il suo atteggiamento , in modo più o meno profondo. Neanche colui che comunica ne rimane inalterato. Prima assioma della comunicazione: non si può non comunicare. La Comunicazione è una condizione essenziale dell’essere umano: mezzi, studenti, modi e società cambiano quindi cambia la comunicazione. Comunicazione e complessità: La complessità è una categoria chiave della nostra contemporaneità, la comunicazione ne esprime stile e movimento. Tale complessità è una categoria con cui rappresentiamo la realtà che è formata da processi o dimensioni che sono tra loro intrecciate, queste dimensioni non sono separabili. Ad esempio: oggi un processo comunicativo digitale non è separabile dai processi economici, sociali, politici, ecologici, ambientali… La connessione fra gli uomini, che è un legame densamente avvincente, è comunicativa nei contenuti e nelle relazioni. Riflessione pedagogica sulla comunicazione 1. La comunicazione implica sempre una collaborazione e impegno reciproco. Questo impegno reciproco, non è solo cognitivo ma è anche emotivo. 3 condizioni dei gruppi sociali 2. Collaborare significa non solo lavorare insieme ma anche soffrire insieme. La collaborazione nella comunicazione può implicare anche una fatica da parte di tutti coloro che ne sono coinvolti. La relazione educativa passa in base a come si sta trasformando il mittente della comunicazione., oggi l’informazione non è più proprietaria di un solo gruppo di persone e anche le figure di educatori perdono di autorevolezza (autorevolezza vs autorità). L’informazione che arriva di più è quella che mi parla sia alla parte cognitiva che a quella emotiva (intelligenza emotiva) Ogni comunicazione che si occupa di educazione ha a che fare con la forma che rappresenta quel messaggio, si parla quindi di parte simbolica (cioè il significato che quella comunicazione ha). La rappresentazione del messaggio è la forma di comunicazione che essa ha e svolge un ruolo di simbolo. Nei simboli le persone si riconoscono. Il destinatario dà valore non tanto al messaggio in sé ma a cosa rappresenta il messaggio. 3. Più si vuole comunicare in profondità (significati, sentimenti, valori) più si richiede una forma adeguata di rappresentazione 4. La competenza comunicativa è una conquista, come arte e come tecnica. Quella che si attua nella scuola nasce dall’esercizio ma c’è bisogno anche dell’esperienza. Occorre arricchirle di riflessione critica, di contributi conoscitivi, concettuali e operativi, tecnologici e morali. La sfida della cultura della comunicazione è formativa, non solo nel senso di educazione ai media digitali ma piuttosto di una formazione alla responsabilità nella gestione della propria vita con essi. Tutto queste componenti legate alla comunicazione educativa, diventano sempre più complessi con l’arrivo dei media digitali perché essi permettono la comunicazione multidirezionale e multicanale: i processi comunicativi sono diventati esponenziali dal punto di vista numerico. La cultura della comunicazione è intuitiva, usa messaggi brevi, semplici, chiari che fanno appello alle emozioni o meglio alla persona come totalità. Però la cultura della comunicazione si basa molto sull’immagine in quanto apparenza, tende ad ignorare la dimensione interiore della persona. La competenza comunicativa è un’arte e nasce dalla pratica e dall’esercizio, arricchita da riflessione critica. Dato che la comunicazione è una dimensione fondamentale della persona in continua maturazione e sviluppo, ci chiediamo in quale misura sia possibile identificare i mezzi di comunicazione come strumenti che possono favorire o preclude il suo sviluppo e la sua maturazione. Una comunicazione educativa per essere tale è riassumibile in 4 caratteristiche, se una di queste non è soddisfatta, allora non è una comunicazione educativa. (es.Un telegiornale non è comunicazione, è informazione, se manca il feedback non è comunicazione.): - comunicazione deve essere intenzionale (ha intenzione di comunicare info da A a B) - Intenzionalità è diretta da un fine educativo generale (deve apprendere) - Questi processi permettono ad A e B di attivare un’attività mentale di elaborazione complessa, quindi sia A che B si attivano per intreccio di informazioni - La comunicazione per essere educativa deve avere dei feedback (interazioni retroattive) La comunicazione educativa per alcuni progetti è un asset strategico usata per creare dialogo e community. >> Nell’incontro tra comunicazione e uomo, il contenuto ha lasciato spazio alla traccia del contenitore, davanti a ciò un incontro fecondo è quello fra comunicazione e formazione e viceversa fra formazione e comunicazione. dialgoo come condizione fondamentale etica per la comunicazione Il dialogo è una chiave fondamentale perché la comunicazione è trasmissione di informazioni e conversazione. Il contesto della conversazione ha una parte dialogica nella quale in significato non genera dalla enunciazione linguistica dell’emittente ma dalla sistematica cooperazione interpretativa, dalla interazione fra emittente e ricevente Nella comunicazione il role-taking è la “prospettiva-per-l’altro” cioè mettersi nei panni dell’altro per identificare la prospettiva in cui si riceve il messaggio. Tanti contenuti sono educativi e si inseriscono dentro a microtemi di sensibilità legata quindi a temi caldi dell’opinione pubblica (es. fast fashion, temi politici etc). Ci sono le comunicazioni educative per eccellenza che sono ad esempio i tutorial, cioè video o spiegazioni che ti insegnano a fare qualcosa Comunicazione educativa legata ad azioni quotidiane (es. ripetizioni) La comunicazione educativa è molto utilizzata nel mondo del digitale perché permette alle persone di sentirsi parte di un processo di apprendimento, quindi il digitale è uno spazio dove posso imparare e questo è interessante perché per le giovani generazioni il web è un luogo dove imparare. Vedremo i 3 spazi educativi: 1) genitori/famiglia, 2) scuola, 3) spazio digitale La comunicazione educativa oltre ad essere un asset di comunicazione strategico, è una forma attraverso cui l’essere umano impara essendo coinvolto in un’elaborazione complessa, quindi impara insieme con gli altri, non è più una forma individuale ma collettiva in cui c’è una comunità in cui più persone imparano quell’informazione La pedagogia comunicazione studia tutti questi processi. ☆ RIASSUMIAMO La comunicazione è educativa quando: 1. Atto comunicativo è intenzionale 2. Intenzionalità è diretta a fine educativo generale o ad un apprendimento specifico 3. Comporta un’attività di elaborazione mentale complessa 4. Si basa su interazioni retroattive (feedback) L’approccio pedagogico rivela alcune dimensioni essenziali dell’uomo: - Dimensione espressiva interiore: bisogno di narrarsi ed esserci Pellerey -> se ho un pensiero, senza un i nterlocutore il pensiero non persiste. - Dimensione etica: necessità di avere delle regole e valori L’ambito più comune della pedagogia della comunicazione è la media education. Bisogna chiedersi in quale misura si possono identificare i mezzi di comunicazione come strumenti che possono favorire o precludere lo sviluppo e maturazione della comunicazione. I media sono parte della comunicazione e delle relazioni. Teniamo conto che: - la svolta tecnologica ha cambiato la comunicazione di massa - C’è un nuovo rapporto tra finzione e realtà, attualità e virtualità e in generale l’esistenza di tutte le nuove forme contemporanee partecipare e produtrre nei media in generale MEDIA E DIGITAL LITERACY Media literacy = capacità di accedere, analizzare, valutare e produrre messaggi in tutti i formati della comunicazione mediale; è una combinazione di risorse culturali e comunicative relative alla rappresentazione, al linguaggio, ai processi produttivi e alla fruizione che garantiscono autonomia critica nella fruizione dei media vecchi e nuovi. Digital literacy = centrale nel digital divide, nella prospettiva della media educazione e nel dibattito accademico e politico sulla cittadinanza digitale e la sicurezza online per i minori. Ci sono 3 tipi di competenze digitali: cittadinanza digitale per i new media -> sottocategoria 1) operational skills - usare hardware e software 2) Information skills - cercare, selezionare e valutare credibilità dell’info nei media digitali 3) Strategic skills - usare info trovare online Oggi si va oltre l’alfabetizzazione funzionale (acquisizione di abilità), verso un approccio critico e riflessivo multi-literacies. Infatti questi nuovi media rappresentano un limitato aspetto di una più ampia tendenza all’individualizzazione, all’auto sorveglianza e all’auto promozione. Proprio per questo c’è una netta distinzione fra digital literacy e media literacy che sta nella dimensione sociale di cui partecipazione e coinvolgimento civico stanno al suo interno. La media education entra in scena quando gli strumenti e le strategie di intervento digitale diventano essenziali per migliorare gli ambienti educativi. La digital literacy si intreccia inoltre con il dibattito sui nativi digitali, secondo alcuni le nuove generazioni saranno le prime in cui i figli saranno meno colti dei propri genitori, cioè soffriranno di una perdita di sapere e di conoscenza per la tecnologia perché non avranno il bisogno di catturarlo. Questo aspetto tratta della trasformazione della cultura. Per altri però nelle generazioni digitali non ci saranno analfabeti di ritorno mentre in quella dei genitori si, inoltre nelle generazioni digitali anche chi non ha una biblioteca può avere accesso alla cultura, per i genitori no. Infatti oggi la gente si documenta, cerca e discute. Da un lato abbiamo la pagina di carta, dall’altro la pagina web: la prima invita al silenzio e alla concentrazione, la seconda alla connessione e deconcentrazione, è quest’ultima che se si andasse a perdere la pagina di carta porterebbe alla fine di quel campo di concentrazione che è stata l’alta cultura occidentale. Il web ha una funzione superficialmente democratizzante ma è sottilmente classista perché accresce il divario fra chi è cresciuto in casa con i libri e chi non. Con la tecnica bisogna cerca di tenere insieme il meglio della carta e il meglio del web. LINK: paradgima della scritura: - stampato -> concentrazione - pagina web -> decocentrazione Oltre all’approccio sociale e ai fenomeni comunicativi Ci troviamo in un dialogo fra due parti: linguistica, semiotica e filosofia del linguaggio da una parte e ontologia e etica dall’altra. ontologia e etica parte esistenziale A | La riflessione di Mariano Ure (filosofo) Ci sono 3 obiettivi di ricerca interconnessi fra loro: 1) specificare la dimensione esistenziale della comunicazione 2) Analizzare la comunicazione nelle sue due dimensioni esistenziali (linguistica e ontologia) contro il tentativo di ridurla a un solo livello 3) Elaborare una filosofia della comunicazione dalla quale deriva un’etica capace di rispondere in maniera soddisfacente alla domanda “perché bisogna comunicare bene?” Il punto di partenza è che gli esiti della filosofia del linguaggio e dell’ontologia non si escludano a vicenda m trovano motivi di dialogo favorendo uno scambio arricchente di prospettive. Cosi si tratta di esplicitare i vincoli esistenti fra due dimensioni della comunicazione: 1. Originaria o esistenziale - l’uomo è rapporto originario con l’essere e con la verità, e come coincidenza di auto relazione ed etero relazione 2. Derivata o espressiva - interscambio di informazione attraverso il linguaggio concettuale La ricerca deve indagare: - come e se il comunicare bene può affermarsi in quanto risultato ideale verso il quale ogni processo comunicativo dovrebbe tendere - In che misura i processi comunicativi conducono concretamente verso il comunicare bene Si richiama inoltre il rapporto fra approccio scientifico e approccio ermeneutico: Il primo è rappresentato dalla linguistica in cui la priorità viene data alla dinamica della conversazione, il secondo da la priorità al dialogo esistenziale. La conversazione in questo senso fa emergere molte difficoltà e fallimenti, il dialogo esistenziale gli da senso e valore. La domanda etica acquista rilevanza perché comunicare è sempre un rischio perché il detto può essere malinteso e generare maggiore distanza tra i parlanti oppure nascondere una volontà di manipolazione. Gli esiti inoltre sono imprevedibili. B | Habermas e Apel Per loro esistono dei principi che costituiscono i presupposti per ottenere un’intesa linguistica Habermas > “etica del discorso” = processo che garantisce un’argomentazione imparziale e libera da pregiudizi. Bontà morale = efficacia quindi sarà buona quella comunicazione che si sviluppa come gara argomentativa in cui i concorrenti collaborano per mettersi d’accordo e finisce con una risoluzione del conflitto 4 regole dell’etica del discorso: 1. Nessuno escluso da partecipazione 2. Tutti uguali opportunità 3. Si dice ciò che si pensa 4. Comunicazione libera da coazioni interne ed esterne Apel > “regolazione della prassi”: il pensiero comunicativo è l’elemento comune di ogni particolare realtà di vita Bisogna ipotizzare l’esistenza a priori della comunicazione come garanzia dell’autenticità di qualsiasi espressione o comprensione linguistica. Senza gli altri anche il mio pensiero non avrebbe senso. Questa relazionalità comunicativa permea non solo ogni pensiero ma anche ogni azione umana. Attraverso la riflessione sulle condizioni è possibile fissare le norme della reciprocità comunicativa ,mediante una fondazione ultima dei principi dell’etica. Fondare la comunicazione consensuale significa manifestare una fiducia nella capacità del pensiero umano. Ogni discorso è legato a forme di razionalità strategica! Spesso però i consensi non sono espressione reale dei bisogni e delle pretese dell’intera umanità: si rischia di divenire ideologico. Dove c’è uomo c’è comunicazione: ciò non trasforma la comunicazione automaticamente in buona comunicazione. La comunicazione ha sempre un impatto a livello conoscitivo, affettivo, comportamentale dell’uomo. C | Pellerey Riprende il tema dell’incontro educativo e dell’educazione della domanda basata sull’esperienza Dialogo = rapporto tra maestro e allievo, educatore e educando Propone: a. Differenza fra formazione in prima persona, in seconda persona e in terza persona. Quella in seconda persona assume la responsabilità della reciprocità in prima persona: ciascuno è un IO che si rivolge a un TU (io=educando e educatore) in terza persona: nel processo educativo (tu=educando e educatore) In seconda persona: relazione reciproca non simmetrica: c’è compartecipazione, ne deriva un noi b. “Pedagogia narrativa” > ripensare alla conversazione educativa nei contesti di vita quotidiana e rintracciare la dimensione narrativa della comunicazione interpersonale c. Tema della comunità come contesto sociale e culturale della conversazione educativa, per cui la dimensione interpersonale non è sufficiente ma occorre tener conto delle dimensioni organizzative e istituzionali -> dimensione comunitaria comunità educativa = spazio culturale e vitale nel quale si sviluppa una conversazione educativa che si protrae nel tempo e i cui interlocutori rimangono stabili e si coinvolgono in rapporti interpersonali diretti Platone -> si ricerca attraverso il dialogo per arrivare al bene e al bello La comunità educativa ideale è quella nella quale si ricerca insieme mediante il dialogo quali siano le verità e si giunge a cogliere bello e bene Le communito sono luogo di iniziazione alle pratiche umane, prima si seguono i modelli e poi si diventa autonomi McKaint Comunità umana = traguardo dell’educazione farci diventare autonomi partendo dai modelli Comunità in pratica = realtà viva di apprendimento fra pari, luogo di promozione e sviluppo delle competenze (Wenger) l’ambiente comunitario assume un ruolo fertilizzante in grado di supportare un sistema efficace di relazioni e conversazioni. La comunità in pratica si basa su: 1. Impegno reciproco 2. Impresa comune 3. Repertorio comune Bisogna coltivare le comunità in pratica favorendo livelli di partecipazione, sviluppando spazi di comunità pubblici e privati, concentrandosi su valori condivisi combinando esperienze sociali varie d. Modelli di pratica educativa Roitry educatore progetta, realizza, valuta le proprie azioni facendo riferimento a un modello o metodo educativo già esistente modello = analogia tra una situazione, un fenomeno e qualcosa di costruito modellizzazione = processo che individua gli elementi e le relazioni salienti di una data situazione e li rappresenta in maniera adeguata x affrontare al meglio un problema Bertin dice che un modello educativo è uno schema concettuale con cui possono essere connessi e ordinati diversi aspetti della vita educativa in rapporto ad un principio teleologico che ne assicuri coerenza e organicità. I modelli di pratica fanno riferimento a 3 piani logici differenti: 1. Assiologico = convinzioni generali 2. Scientifico = convinzioni che derivano dalla psicologia o sociologia 3. Fraseologico = convinzioni che derivano dal metodo PRASSEOLOGICO Il dialogo educativo non è un’interazione tranquilla ma richiede un’adeguata analisi delle situazioni educative. La riflessione pedagogica si sviluppa quando si decide di non mettere tra parentesi ma di attraversare le situazioni. L’educatore ha 3 strade possibili: 1. Lassista: decide di lasciare andare l’educando che vada x la sua strada 2. Autoritaria: obbliga educando 3. Critico ermeneutica: tenta di accompagnare l’educando D | Comunicazione autentica e ruolo educatore >> Levinas a. Comunicare è un incontro, non una sopraffazione b. L’ambiente mediatico non può fare a meno delle relazioni interpersonali c. Una comunicazione per essere autentica deve assumere una responsabilità educativa, essa è tale solo tra esseri liberi Bisogna dunque… Cap 2 libro Oggi ci sono varie sfide che bisogna affrontare nel campo delle discipline educative e della comunicazione, sopratutto rispetto alla comunicazione digitale perchè i cambiamenti avvengono in modo più veloce e vengono modificate quotidianamente le pratiche educative dell’uomo, così nasce un nuovo uomo che impara a delegare ai decide determinate azioni sia di tipo funzionale e strumentale ma anche relazionale. Infatti oggi i device fungono da filtro delle relazioni e da mezzo di profilazione per gli interessi ad personam. La memoria dell’uomo viene oggi sostituita in parte da quella dei device. Il concetto di gratuità della rete ovviamente è finzione: tramite l’utilizzo dei social paghiamo con dati (datificazione). I nostri dati vengono ceduti alla rete tramite il nostro tempo passato sulle piattaforme. La pedagogia ha il compito di donare consapevolezza critica e investire nel miglioramento delle pratiche sia a livello economico che valoriale-etico. La rete è padrona: controlla e crea consenso. Le app hanno successo se gli utenti sono disponibili a condividere dati e tempo così da creare tracciabilità e profanazione. Web = accesso e produzione di sapere collettivo e condiviso Bolla = enclave virtuale composta da notizie, interessi conformi al profilo utente in base alle nostre esperienze online —> da un lato velocizza e facilita, dall’altra rinchiude l’utente La rivoluzione digitale si può ritenere una rivoluzione dolce (come quella della scrittura e della macchina da scrivere) (quelle forti sono tipo la rivoluzione industriale). Anche se si definisce dolce, è una rivoluzione che modifica il mondo e infatti i contenuti e i media diventano estensione di noi, del nostro corpo e della nostra mente. Viviamo immersi in uno spazio pieno di immagini, aprile, flussi di informazioni, contatti in cui gli strumenti della comunicazione oltre a diventare sempre piu potenti si stanno trasformando come estensioni corporee. Questo avviene in un contesto chiamato Infosfera cioè uno spazio di contatti e relazioni simultanee in cui tutto gli attori della comunicazione si possono definire prosumer. La rivoluzione elettrica di cui parlava McLuhan è avvenuta: l’impiego tecnologico dell’elettricità ha esteso il nostro sistema nervoso centrale in un abbraccio globale che abolisce spazio e tempo. Noi siamo nodi multipli di una fitta rete. Un nodo è un canale di emissione e di ricezione, un commutatore aperto, dotato della pura possibilità di cortocircuito, che assorbe e ridistribuisce. Questa rivoluzione ci apre a dei concetti: la sfida fra reale e virtuale, la trasparenza, la responsabilità e il sapere. Colonialismo digitale - il destino digitale in cui ci troviamo va compreso e riconosciuto prima di adattarlo alla quotidianità (le videocamere hanno colonizzato i telefoni). Ogni nuovo medium ci cambia, modellano non solo i contenuti che gli strumenti trasmettono ma lo stesso processo di pensare, sentire ed essere. La parola scritta ha cambiato il pensiero perchè ha dato dato alla carta il compito di ricordare (memoria). La parola inoltre permette di fissare le informazioni in un luogo esterno al nostro corpo. Oggi con il digitale i bit e i cloud hanno sostituito le parole e la carta, nasce un nuovo modo di pensare, una nuova testa con molte funzioni sono costituite dai deve elettronici. Le informazioni oggi diventano accessibili a tutti in modo gratuito. De Kerckove definisce questa un’intelligenza pertinente cioè la capacità di ognuno di sapere le cose quando servono aumenta, diventa una comunicazione ipertestuale con sempre più oggetti di sempre maggiore pertinenza. Le nuove tecnologie esternalizzano il sapere. Il sapere odierno è: - Oggettivato - Disponibile - Diffuso - Gratuito Perchè è accessibile in qualsiasi momento, in qualsiasi luogo. Gli oggetti oggi hanno un’identità elettronica e delle etichette digitali per l’internet per cui esso viene monitorato in base ai suoi dati di funzionamento. Oggi tutti possono creare e condividere informazioni, si passa dell’età delle informazioni all’età della comunicazione, in cui viviamo in un flusso continuo di informazioni. È l’algoritmo a scegliere l’ordine delle informazioni e le monitora, si passa da una condizione di consumo ad una di creatività perchè i mezzi di comunicazione digitale sono: simmetrici, hanno una logica sperimentale (grande flusso) e hanno un basso costo, Tutti gli utenti subiscono una dieta mediale per cui usciamo formattati infatti i media ci danno dei limiti a causa dei flussi di informazioni che incrociamo, infatti l’obiettivo di queste piattaforme è l’uso continuo che possiamo farne. Ovviamente ognuno di noi vive il proprio flusso, per questo viviamo in una bolla in cui ognuno di noi si crea una propria visione frammentata della realtà. Per quello dobbiamo innzitutto comprendere il linguaggio del web, e successivamente iniziare a selezionare le informazioni. Noi siamo utenti sempre connessi, distraibili, stimolati continuamente, condivisori e produttori contemporaneamente. Technium = sistema complesso e allargato globale, interconnesso di tecnologie intorno a noi Esso va oltre ai software ma include anche cultura, istituzioni, creazioni intellettuali..questo concetto ci aiuta a capire il carattere evolutivo del sistema che si autorafforza e diventa autonomo. I big data si possono paragonare all’inconscio collettivo globale digitale in cui ogni signolo inidividuo può accedere alle infomraisoni che sono rese accessibili a chiunque. Bisogna possedere i mezzi tecnici per poter accedere a queste informazioni e che siano uguali per tutti così da eliminare le disuguaglianze. Il digitale ci porta ad un’esposizione del sé: è un’esposizione continua per cui però nessuno ha il controllo della propria presenza online. Nasce cosi una nuova identità frammentata, a-corporale, in continuo mutamento. Tramite l’esposizione de sé viene visualizzata l’intimità e condiziona i nostri comportamenti a livello sociale e quindi anche la nostra reputazione a livello digitale. Bisogna educare alle potenzialità di questo destino tecnologico a partire dalle implicazioni valoriali e pedagogiche. Il sapere sta cambiando, è mediato anche se accessibile a tutti sempre e ovunque, ci sono sempre dei limiti. Siamo immersi nei cambiamenti del digitale e stiamo vivendo una trasformazione. Siamo comunicatori e intermediari: maliamo il sapere e chi ne usufruisce. Social design = organizzare le informazioni per il benessere della società, assumersi la responsabilità come comunicatori di contribuire al benessere sociale della comunità prendendosi cura della e nella rivoluzione digitale a partire dalla fase di progettazione Il social designer ha come obiettivo non solo il guadagno economico ma anche il benessere della società (ad esempio il basso impatto ambientale) e l’etica. Il social designer cerca soluzione ai problemi etici anche in fase di progettazione, egli è colui che lascia un segno. Il design significa sia progettazione sia dissimulazione della realtà. Progettare intenzionalità etica. Il social designer è colui che per professione può definire e costruire nuove architetture della comunicazione basate sui processi relazionali, educativi, etici e autentici al di là di ogni proposta tecno-culturale in atto. Socius = coli che unisce un’impresa comune DE+SIGN = fare qualcosa, distinguerla con un segno, darle un significato, definire il suo rapporto con altre cose, con i proprietari, con i clienti o con gli dei. —> affrontare ogni processo di design come flusso di intenzionalità etiche La sfida del social design è allargare l’orizzonte rispetto all’orientamento esclusivo verso la produzione e la vendita del prodotto, a partire dalla fase stessa di progettazione. Includere con una visione del mondo più ampia, universale, che tenga conto non solo del mercato e delle sue dinamiche ma anche della situazione globale in cui ci troviamo come umanità.Quindi si richiede l’aggiunta dei VALORI a sistema. Parliamo infatti di “capitalismo etico” cioè un capitalismo consapevole, ecosostenibile, etico e sociale. Ogni designer dovrebbe essere in grado di contestualizzare e globalizzare ogni progetto ponendosi la questione della responsabilità etica e sociale. Le progettazione etica richiede competenze tecniche ed etiche. Il designer competente deve tenere conto di: 1. Risorse personali e ambientali 2. realizzare attività mirate 3. Produrre risultati validi e soddisfacenti Quindi deve realizzare VALORE in un contesto di rapidi cambiamenti. Questo ci obbliga a ripensare i luoghi di apprendimento x lo sviluppo di una cittadinanza consapevole e delle seguenti sfide educative: - i media usano NUOVI LINGUAGGI della comunicazione - I media hanno un IMPATTO, bisogna valutarlo - Bisogna riconoscere la POTENZA del WEB - Bisogna favorire ITINERARI FORMATIVI ed ETICI approcci educativi L’idea è di proporre un approccio educativo basato su framework che tiene conto di 4 dimensioni strutturali della comunicazione: 1. Informativa/informazionale - riguarda il sapere e la sua accessibilità e ci fa ripensare alla trasmissione delle conoscenze. Bisogna riorganizzare le informazioni tramite delle mappe di navigazione creando degli ambienti virtuali che mettono insieme e fanno partecipare utenti finalizzati alla realizzazione di un obiettivo. I device mobili sono il pinte tra il mondo del formale e dell’informale. Bisogna considerare la cultura partecipativa in cui gli approcci formativi vanno ripensati in ottica di unione fra processi formali ed informali basti su problemi reali e sul contatto mediato. 2. Relazionale - riguarda l’esposizione del se e del confine pubblico-privati. Inconscio digitale x cui tutti abbiamo accesso alla nostra parte interna sulla rete e però non siamo più i soli proprietari dei nostri pensieri. Dobbiamo essere in grado di costruirci una nostra identità e coscienza digitale imparando ad accedere ai propri dati in maniera autonoma e collettiva per affrontare una lettura critica dei fenomeni comunicativi con attenzione alla sfera formativa e alluso della multimedialità. Le competenze da sviluppare sono legate alla partecipazione (digital literacy) a livello procedurale e strategico, nonché attitudini etiche appropriate ai vari contesti. + educazione a pensiero critico 3. Esplorativa - si parte dalla comunicazione mediata e dalla virtualizzazione della nostra identità sulla rete che si accompagna alla normalità di esperire la realtà e il mondo con immagini virtuali e l’intelligenza collettiva diffusa che ci trasforma. Dobbiamo riappropriarci della logica nella rivoluzione digitale Riappropriarsi del linguaggio = praticare un linguaggio trasparente e autentico a tutti i livelli e quindi progettare processi comunicativi ancorando il virtuale al reale e favorendo il coinvolgimento dei cittadini alla partecipazione su un progetto comune - percorsi di cittadinanza consapevole 4. Partecipativa - vede la rete come dispositivi che sta rivoluzionando le forme di coinvolgimento e partecipazione degli utenti con la stessa velocità con cui ha trasformato i modi di relazionarci online e di conseguenza nella vita reale Sentirsi parte di qualcosa con un mi piace x facilità sociale. La cittadinanza digitale crea comunità reali (mediapolis con principi di trasparenza e condivisione simmetrica - social street da interesse comune a fiducia oppure forum la cura) -> media + web education che prevede: - educazione a identità digitale in infosserà - accesso ai propri dati in modo collettivo - passaggio da passività a creazione creativa e responsabile dei media - creazione di processi di condivisione - creazione di ambienti per l’innovazione sociale Comunicare online può… 1. Ridefinire il concetto che si tratta 2. Riappropriarsi del proprio ruolo 3. Riflettere su e con la rete 4. Rinegoziare il significato del tema che si tratta 5. Tema = esperienza condivisa 6. Processi educativi e partecipativi 7. Benessere e supporto reciproco LEZIONE 2 - 4.03.2024 CAPITOLO 5 Quando parliamo di narrazione usiamo diverse parole: narrazione, racconto, storia…quando ci introduciamo all’interno della disciplina dobbiamo differenziare il significato di questi concetti, c’è un’ulteriore complessità tematica dovuta dalla lingua. Una delle caratteristiche che caratterizza la nostra specie è la capacità di raccontarci delle storie, questa definizione viene dato da Godshall che definisce l’essere umano come Homo Ficuts, la narrazione è per gli esseri umani come l’acqua per i pesci 73.000 anni Pittogramma in Francia: anche qui interessante l’interpretazione che ne possiamo dare. Quale funzione ha in un mondo che è assolutamente di sopravvivenza per la nostra specie? LA funzione è che i nostri antenati discettavano scene di vita quotidiana per comunicare ai simili delle strategie di - curare la nascita di un ambiente condiviso - Prendersi cura della narrazione - Prendersi cura dell’educazione - Prendersi cura della democrazia >> Danilo Dolci La comunicazione vera esiste solo nella relazione, è bidirezionale e si evolve attraverso adattamento creativo tra persone Il dialogo deve fondarsi su domande legittime dove non ci sia una risposta preconfezionata ma in cui sia possibile declinarsi secondo i canoni di una maieutica reciproca fra le parti. —> metodo maieutica recirpoco: esso non limita le relazioni sociali dirette ma favorisce il dialogo interculturale promuovendo e valorizzando la diversità e le differenze con rispetto e fiducia maieutica = processo orizzontale per il quale si discute bisogni ed esigenze reali x trovare percorso che porti a risoluzione comune. Per questo studioso non esiste la comunicazione di massa perchè è solo passaggio unidirezionale di informazioni senza partecipazione. Solo il rapporto non violento riesce a comunicare Egli propone 3 metafore per rappresentare un apprendimento creativo: - connessioni chiarificatrici - sguardi partecipanti - divergenze creative Attraverso delle tecniche quindi si può dirottare la tendenza del mondo. Per lui la conoscenza avviene grazie all’esperienza e alla sua condivisione, presuppone reciprocità della comunicazione per questo prima dobbiamo sperimentarci su noi stessi. LEZIONE 2 - 4.03.2024 CAPITOLO 5 Quando parliamo di narrazione usiamo diverse parole: narrazione, racconto, storia…quando ci introduciamo all’interno della disciplina dobbiamo differenziare il significato di questi concetti, c’è un’ulteriore complessità tematica dovuta dalla lingua. Una delle caratteristiche che caratterizza la nostra specie è la capacità di raccontarci delle storie, questa definizione viene dato da Godshall che definisce l’essere umano come Homo Ficuts, la narrazione è per gli esseri umani come l’acqua per i pesci 73.000 anni Pittogramma in Francia: anche qui interessante l’interpretazione che ne possiamo dare. Quale funzione ha in un mondo che è assolutamente di sopravvivenza per la nostra specie? LA funzione è che i nostri antenati discettavano scene di vita quotidiana per comunicare ai simili delle strategie di sopravvivenza, quindi come sopravvivere in un habitat ostile I nostri antenati usavano i pittogrammi per spiegare e raccontare come vivere, cioè come cacciare, dove trovare il cibo e così via… usiamo da sempre delle strategie narrative per sopravvivere. La narrazione ci aiuta a comunicare fra noi e serve per fornirci delle informazioni, guardiamo la narrazione in relazione alla storia dell’essere umano e alla nostra evoluzione. Enigma della narrazione “Come si spiega l’ascesa dell’uomo?” Yuval Noah Harari, TEDGlobalLondon La prima realtà che noi consideriamo è quella fisica, però parallelamente viviamo anche in un’altra realtà, una realtà duale, fatta delle narrazioni in cui noi abitiamo: Sono frutto della nostra immaginazione, che noi abbiamo costruito, e queste narrazioni anche se sembrano poco importanti sono quelle che ci orientano, ci guidano, e danno senso alla realtà quotidiana. Possono essere di natura: politica, religiosa ecc possono trasmettere dei valori, sono frutto cioè di quella che viene chiamata FICTION, intendendo per finzione non qualcosa di non vero, ma UNA COSTRUZIONE DELLA REALTA. C’è un numero che si chiama numero di Danbar che ha un valore ipotetico rispetto alla quantità di persone che ognuno di noi può conoscere a livello individuale, è un numero medio statistico, si dice che una persona nella propria vita conosce veramente un gruppo di 150 persone, poi però conviviamo con un numero molto più grande di persone, creiamo delle narrazioni collettive in cui le persone credono (stratagemma per convivere anche se si hanno idee diverse), ad esempio la legge (legislazione) come il codice stradale consente alle persone di farle convivere in uno spazio in movimento. Il codice stradale viene scritto e letto, chi non rispetta il codice ha delle penalità e addirittura per farci rispettare le regole hanno messo un sistema di gamification (patente a punti). Questa è una narrazione che ha un nome particolare nella nostra società ed è una narrazione giuridica. Un altro esempio: in inglese le società e le imprese sono delle finzioni giuridiche, in quel caso si basa su una costruzione di una realtà creata dai soci di quell’impresa, non è una realtà. Un altro esempio: documentario, è un racconto narrativo per lo più realistico che ha una funzione educativa, anche un film lo è ma è una rappresentazione parziale della realtà raccontata come fiction. Questa relax frutto dell’immaginazione ha varie funzioni, ad esempio quella di convivere o collaborare in gruppi sociali molto ampi, per questo lo chiamiamo paradigma narrativo, è un paradigma perchè è un assioma che è alla base della nostra vita La cosa interessante è che la maggior parte di noi lo da per scontato, crediamo che ciò che facciamo non è il frutto del nostro pensiero ma è un pensiero condiviso, il diritto umano alla vita ad esempio la maggior parte di noi lo da per scontato ma in realtà è un principio che si è inventato l’uomo per evitare le stragi. Anche i programmi giuridici sono il frutto di un’immaginazione che una persona inventa intorno ad un gruppo, è immaginazione, non è realtà. Anche la brand identity o I valori di un marchio sono il frutto di un immaginario narrativo che qualche esperto di marketing crea a tavolino per permettere alle persone di vivere quel determinato habitat narrativo, la persona non compra più quel prodotto perchè è funzionale ma perchè si riconosce in quel prodotto. Le persone vivono una realtà legata alla finzione. I prodotti definiscono una parte della mia identità e quindi una parte della mia narrazione. CHi si occupa di adv e marketing crea mondi narrativi. Barthes dice che il racconto è una delle grandi categorie della conoscenza che utilizziamo per comprendere e ordinare il mondo. Non c’è popolo, cultura, comunità che non abbia costruito la propria identità su delle narrazioni condivise. -I giochi di immedesimazione che fin da bambini ci accompagnano nella sperimentazione del facciamo finta che fanno parte di quell’antica e potente tecnologia di realtà virtuale che è la finzione narrativa la quale, espressa con qualunque mezzo, ci consente di simulare i grandi e piccoli dilemmi della vita. L’isola che non c’è “ Gli esseri umani sono creature dell’Isola che non c’è. L’isola che non c’è è la nostra nicchia evolu va, il nostro habitat speciale. Siamo a ra dall’Isola che non c’è perché, tu o sommato, è qualcosa di posi vo per noi”. I bambini non hanno la capacità di discernere ciò che è realtà effettiva e realtà immaginativa Se fin da bambini siamo abituati a vivere in contesti narrativi, vuol dire che queste storie hanno alla base delle tecniche (storytelling) che sono in grado di farci stare bene, di farci immedesimare e di coinvolgerci emotivamente, sono in grado di fare come le fiabe riescono a coinvolgere i bambini. Quello che dobbiamo fare noi è capire come funzionano queste tecniche e raccontare dei racconti che secondo Vogler ci fanno sentire di aver vissuto un’esperienza soddisfacente. “ I buoni racconti ci fanno sen re di aver avuto un’esperienza soddisfacente e completa: abbiamo pianto, riso o fa o entrambe le cose. Alla fine della storia sia ha la sensazione di aver imparato qualcosa sulla vita o su noi stessi” (vogler C.) Le storie ci aiutano a imparare qualcosa sulla vita o su noi stessi Vogler ha scritto un testo che è “il viaggio dell’eroe” e ha preso 50 anni dei film di hollywood, le ha catalogate e ha visto che centinaia di film raccontavano la stessa storia con le stesse tecniche La capacità che noi abbiamo in maniera innata di convivere con le stesse persone della nostra specie e le caratteristiche che abbiamo per portare avanti la vita su questo pianeta, dipendono dalla nostra capacità di credere a storie e di raccontare storie. Bruner è il primo che ha un’intuizione fondata che mostra in maniera semplice ma efficace quanto il nostro pensiero funzioni secondo due macromodelli: 1) Pensiero narrativo - è il pensiero che attraverso la nostra capacità di raccontare e percepire storie, ci permette di mettere ordine nelle esperienze che facciamo nella nostra vita, ci permette di ordinare l'esperienza 2) Pensiero paradigmatico - è il pensiero razionale che ci permette di fare i conti matematici, di fare ordine nell’esperienza e lo chiama paradigmatico perchè ci da l’occasione di definire le cose in maniera specifica Damasio conferma che le emozioni sono biologicamente necessarie per poter effettuare scelte efficaci nella vita quotidiana. Scelte che devono essere comunicate ad altri con una sufficiente garanzia che siano percepite come tali: esse prendono così la forma di un racconto emozionalmente coinvolgente. Essere bravi storyteller significa probabilmente essere anche persone capaci di farsi capire meglio dagli altri. -Il vantaggio di ascoltare storie sta quindi nella possibilità di vivere esperienze surrogate. Alcuni ricercatori sostengono che dal punto di vista fisiologico la presenza nel nostro cervello dei cosiddetti neuroni specchio aiuta a rivivere emozionalmente e cognitivamente un’esperienza vissuta o semplicemente raccontata NARRAZIONE COME COSTRUZIONE DI SENSO COSA VUOL DIRE DARE ORDINE? Tra le esperienze che ho fatto ci sono alcune che sono più rilevanti di altre. Chi è che da importanza alle esperienze che facciamo? Il PENSIERO NARRATIVO. “... forma di organizzazione dell’ esperienza. Serve a costruire il mondo, per caratterizzarne il flusso, per suddividere gli eventi al suo interno... Se non fossimo in grado di operare tale strutturazione ci perderemmo nel buio di esperienze caotiche...Questa strutturazione è sociale, finalizzata alla condivisione del ricordo nell’ambito di una cultura, piuttosto che semplicemente ad assicurare un immagazzinamento individuale” (Bruner, 1992) Queste narrazioni sono legate alla propria sfera personale e culturale, è una questione di credenza, una narrazione diventa collettiva quando più persone ci credono, viceversa è personale se solo tu ci credi. Da ricordo individuale può diventare memoria collettiva. La strutturazione sociale cioè la creazione di credenze collettive deriva dal numero di persone che sono legate a quel contesto e in cui si ritrovano e credono. Narrazione = è una pratica sociale e culturale potente che stabilizza e rinnova la vita sociale perchè permette la continua negoziazione dei significati. Quando parlo di significato parlo di dare senso alla realtà, cioè di dare senso a ciò che ci succede. La nostra vita reale è sempre intrecciata al senso che noi diamo alla vita che da significato a quell’esperienza. La narrazione è anche cultuale perchè ogni cultura ha i propri valori per cui lo stesso fatto per una cultura può avere un significato, per un’altra può averne un altro. Riassumendo: - le storie e le narrazioni fanno parte della nostra vita quotidiana - Le storie sono sia storie individuali della mia vita e contemporaneamente collettive - Il gruppo sociale può essere micro o macro - La maniera con cui funzioniamo cognitivamente (come pensiamo) si basa sulle narrazioni perché si basa sul pensiero cognitivo (Bruner) - Le narrazioni si basano e si instaurano nella nostra memoria autobiografica, l’esperienza diventa un pensiero narrativo quindi c’è un prima e un dopo. Diamo valore a ciò che in quel momento e per il resto della nostra vita rimane significativa = pensiero narrativo. È un funzionamento mentale e cognitivo che si associa a delle emozioni, perché ciò che accade ha sempre un impatto a livello emotivo. - Le narrazioni individuali e collettive fondano e determinano la nostra percezione del mondo, cioè noi interpretiamo alla realtà in base a ciò che noi crediamo e ciò che noi crediamo è frutto di una narrazione. La concezione dei diritti umani ad esempio diventa il modo con cui interpreto il mondo e sarà la narrazione di fondo dell’interpretazione della realtà, basata su un credo frutto di una narrazione. Ciò che io credo determina la percezione del mondo. (Es. penso che Biden possa essere un buon leader politico o no? Sono due narrazioni alternative) - Ogni narrazione, soprattutto quelle collettive e condivise, favoriscono l’identificazione in alcuni valori. Ogni storia ha alla base la trasmissione di un valore, il valore è un principio orientativo della nostra vita, se credo nell’amicizia, quel valore orienta il mondo in cui io mi comporto. Imparo e veicolo quel valore attraverso delle esperienze e narrazioni che faccio che considero importanti. Sono tutti dei principi a cui veniamo educati tramite la narrazione. (Ad esempio qual è il valore che viene trasmesso con Cenerentola? Gentilezza, umiltà, famiglia, coppia..) da bambini noi facciamo un’esperienza immersiva e alla fine della narrazione troviamo il morale della favola, cioè il valore contenuto in quella storiella che ha funzione educativa. Ad esempio Cappuccetto rosso/la divina commedia/i promessi sposi, possiamo dire, che sono delle narrazioni che fondano la società occidentale. Ci sono delle narrazioni che una collettività/gruppo sociale condividono e su quella narrazione si basano i valori di quella società. Per le diverse culture ci sono storie fondative diverse. Cosmogonia = fondazione del mondo. Le storie collettive che ci vengono trasmesse fin da quando siamo bambini diventano un’espressione culturale e una narrazione culturale dei valori che diffondono. Un modo per capire la cultura di un gruppo sociale è andare a vedere le storie collettive e andare a vedere le fiabe di riferimento di quel gruppo, quali sono i film fondativi di quel gruppo sociale. Lo storytelling è l’arte di saper raccontare in maniera efficace, ha caratteristica di universalità e la metodologia della narrazione viene applicata a svariate dicipline Lo storytelling crea un immaginario emotivo che ci coinvolge emotivamente e ci fa provare delle emozioni. Uno degli ingredienti narrativi più importanti è la caratteristica transnarrativa cioè la capacità di far vivere un viaggio alle persone che ci ascoltano, in cui tramite questa esperienza ci dimentichiamo della realtà oggettiva e crediamo a ciò che ci viene raccontato Lo storytelling permette di immedesimarsi con il protagonista, è un’esperienza immersiva. Essa diventa memorabile cioè diventa parte della nostra memoria. Poi una narrazione rende semplice ciò che è difficile, le narrazioni solitamente semplificano questioni di vita reale, parlano di esseri umani e dei loro intrecci, semplificando la realtà e rendendola attraente. Le narrazioni simulano la realtà. Es. Realtà simulata per poi pilotare gli aeroplani, stessa cosa avviene con qualunque simulatore di realtà, e non sono altro che realtà. Le fiabe oggi servono ad addestrare i bambini alla realtà. Paradigma narrativo: Il punto di vista che noi prendiamo in considerazione è narrativo, quando noi proviamo a definire l’essere umano, intendendo come la nostra specie vivente Lo chiamiamo paradigma narrativo perché è un principio che è alla base della nostra vita, la maggior parte di noi lo dà per scontato Ancor prima di pensare alla narrazione come strumento narrativo, dobbiamo pensarla come il nostro habitat naturale LE NARRAZIONI COLLETTIVE Le narrazioni collettive ci permettono di adattarci all’ambiente e quindi di sopravvivere -Se noi siamo abituati fin da bambini ad abitare le nostre storie che ci vengono raccontate, queste storie hanno alla base delle tecniche che hanno la capacità di catturare la nostra attenzione, sono in grado di coinvolgerci emotivamente, sono in grado di fare come le fiabe riescano a coinvolgere i bambini, il meccanismo è identico -Quello che bisogna fare è capire quali sono queste tecniche e raccontare dei racconti che secondo Vogler, ci hanno fatto fare un’esperienza soddisfacente -Le storie sono quelle che alla fine ci fanno imparare qualcosa sulla vita e su noi stessi -Vogler ha scritto un testo “il viaggio dell'eroe", ha appreso le tecniche delle sceneggiature di Hollywood le ha categorizzate e ha scoperto che tantissime storie raccontavano la stessa cosa, in maniera diversa NARRARE = Il narrare è una pratica sociale e culturale potente che stabilizza e rinnova la vita sociale perché permette la continua negoziazione dei significati". (Bruner) Quindi lo storytelling: - non convince ma coinvolge - Permette di immedesimarsi con il protagonista - È memorabile - Rende semplice ciò che è difficile - Coinvolge i sensi, non la ragione - Veicola un messaggio IL POTERE DELLA NARRAZIONE TRA FINZIONE E REALTÀ La funzione evoluzionista suggerisce che le storie siano simulazioni di vita reale che aiutano le persone a sviluppare competenze sociali ed emotive, come confermato da studi neuronali. Le storie consentono di sperimentare emozioni complesse in uno spazio sicuro di apprendimento sociale. Il formato di base delle storie coinvolge protagonisti che affrontano sfide per raggiungere uno scopo, e gli ascoltatori seguono le loro vicende per scoprire l'esito. Le storie influenzano la nostra percezione del mondo, creando immaginari che si insediano nella memoria autobiografica. DESIGN DELLA NARRAZIONE L’evoluzione degli strumenti di comunicazione nel corso della storia ha determinato una continua modifica delle strutture e dei modelli comunicativi. Il design narrativo ha subito una profonda trasformazione a partire dalla diffusione del web e dei social media PARADIGMA DELL’ORALITÀ Nel mondo esistono 3000 idiomi, ma solo 78 hanno una letteratura e una componente scritta. La parola detta ha un potere attivo, trasformandosi in azione e coinvolgendo una comunità nell'ascolto. Il sapere orale utilizza formule e cliché per la memorizzazione e la divulgazione. Chi ascolta attiva principalmente l'orecchio e impara a parlare e ascoltare. Il mondo dell'oralità si riflette nei social media e nel digital storytelling. -I tre stadi di apprendimento sono: 1. Osservare ed ascoltare; 2. Sperimentare quanto imparato; 3. Realizzare la propria performance davanti ad un pubblico, cioè mostrare alla collettività quanto si è imparato. PARADIGMA DELLA SCRITTURA -La scrittura che noi diamo per scontata e che ha permeato e modellato il mondo in maniera potentissima è un artifizio e un’invenzione: dobbiamo andare a scuola per impararla e il suo apprendimento è un’iniziazione vera e propria. Come l’oralità ha il potere di far vivere la parola attraverso di noi, la scrittura ha il potere di ripetizione. -I sensi che più vengono attivati sono la vista attraverso l’occhio e il tatto attraverso la mano; non c’è più udito, e la parola parlata è assente DIGITAL STORYTELLING nasce agli inizi degli anni ‘90 in California, integrando le tradizionali tecniche di narrazione orale con le tecnologie multimediali di allora. Il prodotto digitale che ne esce può essere composto da vide, fotografie, musica, testo che si integrano tra loro sfruttando l’enorme potenzialità dei nuovi media e il web per condividerlo e farlo conoscere. -Da allora si è evoluto in diverse forme e le sue applicazioni sono le più svariate sfruttando la potenzialità di sviluppare racconti interattivi in maniera partecipata con altri utenti grazie al cosidetto web 2.0. Sasson suggerisce di passare dal termine digital storytelling a quello di web storytelling nel campo della comunicazione aziendale definendolo come l’arte e la pratica di sviluppare contenuti per la comunicazione di marca online che abbiano profondità simbolica, valore narrativo e quindi capacità di appellarsi all’immaginario delle persone. IL PROCESSO NARRATIVO: I 7 ELEMENTI DEL PROCESSO NARRATIVO PRESENTI IN OGNI NARRAZIONE (petucco e de rossi) 1. Sequenzialità narrativa è il fil rouge che il narratore dà alla storia secondo il suo punto di vista; 2. Le particolarità sono gli elementi peculiari che caratterizzano quella storia specifica; 3. l’intenzionalità narrativa permette al fruitore di immedesimarsi e partecipare emotivamente alla storia; 4. La verosimiglianza definisce radicalmente una narrazione perchè i mondi che in essa sono elaborati vanno oltre la concezione di vero e falso ma si muovono sul crinale appunto della verosimiglianza; 5. La componibilità narrativa insieme delle varie parti della narrazione che si intrinseca con l’interpretazione del fruitore della storia; 6. La referenzialità narrativa → coerenza interna che gli eventi stessi devono avere, rispondendo alle regole di verosimiglianza interne alla narrazione stessa; 7. L’appartenenza ad un genere che integra la fabula e l’intreccio in ogni narrazione. LEZIONE 3 | DOCUMENTO STRATEGICO - SINOSSI - STORYTELLING (=sceneggiatura) >>> STORY (narrazione) Le fasi del lavoro: - l’analisi delle risorse umane e tecnologiche disponibili (documento strategico) - la scelta di un titolo accompagnata da una breve sinossi della narrazione - la scelta del genere e la stesura della sceneggiatura attraverso uno storyboard visuale - il montaggio finale delle immagini insieme alla musica e i suoni (storyboard finale) Sinossi: Storia = personaggio + situazione difficile/problema + tentativo di superamento In ogni narrazione che noi frequentiamo c’è progettata secondo le caratteristiche già viste (capacità di coinvolgimento emotivo, la possibilità di far passare un messaggio, l’opportunità di far si che all’interno del messaggi ci siano valori fondati, possibilità che la storia passi da essere individuale o collettiva, la satira può diventare memorabile - non è solo una memoria del singolo ma è sociale, quindi quella storia può contribuire a dare significato ad una realtà e alla sua interpretazione: caratteristiche del pensiero narrativo). Ci sono delle tecniche/strategie che ci permettono di fare questo. Il modello più utilizzato è: STORIA = personaggio (=soggetto) + situazione difficile/problema + tentativo di superamento. La narrazione che ne esce quindi è il tentativo di superare la sfida, questa è la base narrativa del 99% delle storie che noi frequentiamo. Nocciolo della questione narrativa. Se non abbiamo questo scheletro qui non parliamo di narrazione ma di altro tipo di racconto. Sia se la storia finisca bene (commedia) o che finisce male (tragedia), c’è sempre un problema da superare. CREAZIONE DELLA PARABOLA NARRATIVA 1) descrizione del contesto dell’azione “normalità” - incipit della storia 2) La seconda tappa è l’introduzione del conflitto in cui si intende la domanda drammatica che da il la alla storia. Es. x Cappuccetto rosso è la missione che la mamma da alla bambina 3) Il terzo step è “gli eventi si complicano”: include tutta una serie di sfide e difficoltà che possono durare 20 pagine, 45 minuti, 900 pagine, molti libri…in cui la nostra eroina/eroe sfida una serie di problematiche 4) Il quarto step Climax = momento di alta tensione in cui i personaggi sono alla sfida finale, in termini simbolici viene definita “iniziazione”; cioè se l’eroe supera quella sfida, si trasforma, riceve un premio ecc Inizio della parabola discendente, indipendentemente da qual è il risultato 5) scioglimento del conflitto-problema (es. cacciatore salva nonna e bambina) 6) risoluzione della storia (es. e vissero tutti felici e contenti) IL VIAGGIO DELL’EROE - Schema di Campbell Ha 4 quadranti, inizia da sinistra, scende, arriva alla prova centrale, risale Abbiamo quindi 4 atti. Le tappe rispetto allo schema che usiamo possono essere 12 o 17 L’eroe parte e la prima tappa è “richiamo all’avventura”, il nostro personaggio prima vive una vita ordinaria e poi è chiamato a intraprendere un viaggio che va oltre alla sua quotidianità. il primo step davanti l’avventura è il rifiuto, dopo il rifiuto c’è l’incontro con il mentore/saggio. Poi abbiamo il varco della soglia in cui il nostro soggetto parte da un luogo ordinario e passa in uno straordinario, ci si trova a dover superare delle prove/sfide. Queste sfide sono un allenamento per avvicinarsi alla prova centrale (che abbiamo chiamato climax). Superata la prova centrale, il nostro eroe riceve un premio, che può essere un elisir, un superpotere, una capacità in più…il nodo fondamentale è che tramite questo premio l’eroe ne esce trasformato, non è più quello di prima e non può più tornare indietro alla vita di prima. Torna cosi alla normalità totalmente trasformato, questa trasformazione viene chiamata resurrezione. La resurrezione arriva alla penultima tappa che è il ritorno a casa con l’elisir/premio per ritornare al mondo ordinario. Vogler analizza 50 anni dei film di hollywood e li analizza attraverso questo schema, dimostra in modo evidente che questo è lo schema di scrittura delle sceneggiature. Frequentando il modello narrativo occidentale hollywoodiano, noi introiettiamo questo schema. TRANCE NARRATIVA (Vogler) Come si crea il coinvolgimento emotivo? È la semplice applicazione di un modello, il modello è identico alla parabola narrativa, lo schema viene chiamato transnarrativa, il viaggio emotivo che facciamo come spettatori quando guardiamo spot. CI sono delle tappe rispetto all’intensità dell’emozione. 1) Contatto - es. inizio a vedere lo spot e nei primi 5/6 secondi capisco dove sono, è un contatto esponenziale, è l’incipit di un libro (capisco se quel libro può diventare il libro che leggerò) 2) Familiarità - ciò che sto guardando mi diventa familiare, cioè qualcosa è piacevole e voglio vedere cosa succede dopo, se la storia non mi cattura tra contatto e familiarità, cambio storia 3) Immersione - la storia emotivamente mi ha catturato, mi sono immerso, quello che mi stanno raccontando mi interessa e lo ritengo qualcosa di valore. 4) Identificazione - è talmente tanto di valore che mi identifico (climax), l’ascoltatore s’identifica con gli elementi narrativi ed è il momento in cui si è totalmente dentro la narrazione ma è anche l’attimo in cui la narrazione è all’interno del nostro sé. È un’attivazione emozionale massima. dopo essermi identificato dal punto di vista emotivo ho sospeso il piano di realtà, non mi interessa se è vero o falso, sono dentro al trans. Trans = trasporto emotivo 5) Emersione - quando la storia finisce e l’ascoltatore ritorna nel mondo reale 6) Distanziazione - l’ascoltatore si allontana dalla storia ma dentro di lui sta avvenendo un cambiamento percettivo 7) Trasformazione - la narrazione ha lasciato delle tracce nell’ascoltatore determinando dei piccoli o grandi cambiamenti interni grazie a dinamiche psicologiche profonde Cosa evitare: 1. Sovraccarico cognitivo d’informazioni 2. Storia generica e superficiale 3. Frammentazione delle informazioni I 7 ELEMENTI DI BASE DEL DIGITAL STORYTELLING: - punto di vista: le storie dovrebbero essere personali e autentiche - Raccontare qualcosa che ne valga la pena - Un contenuto emozionalmente valido perchè sia coinvolgente - La vostra voce. La propria voce è un elemento importante, molti studenti vogliono usare solo immagini e musica, ma l’effetto non è lo stesso - Il potere della colonna sonore, che anticipa quello che succederà - Economica. Ogni ingrediente deve essere usato quanto basta per dare loro la possibilità di interagire tra loro. Le persone di solito non si rendono conto che le cose da dire possono essere dette con poche immagini, poco testo e poca musica. Lascciare parlare l’implicito le metafore - Ritmo. Il ritmo è il segreto della narrazione insieme alla vitalità. Le buone storie respirano LEZIONE 4 | CORPORATE STORYTELLING - Noi usiamo la parola storytelling perché non è sinonimo di narrazione la parola storytelling è composta da due parole specifiche: Story = racconto + telling = narrazione >>>“la narrazione di un racconto” Lo storytelling è una vera e propria scienza volta all’analisi e alla costruzione di storie e di relazioni, capace di coinvolgere attivamente un pubblico pronto ad ascoltare e propenso a far parte dell’universo narrativo che gli viene proposto - La storia è un evento che accade mentre il racconto è un racconto di un evento storico: un racconto storico è reale, mentre una storia può essere vera o inventata - La narrazione è il modo in cui io racconto quell’evento - L’obiettivo che hanno le aziende nell’utilizzare lo storytelling è quello di creare dei legami emotivi con il proprio target Storytelling di impresa = raccontare l’opera, il sogno, l’ideale che una persona si impegna a svolgere o ad essere nella propria vita professionale, da sola o in team 1. Raccontare storie di un singolo e delle sue opere 2. Narrare un’organizzazione, le sue attività, persone che la compongono 3. Narrare un’azienda e quindi raccontare marchi, brand, servizi, prodotti -Il corporate storytelling ha il compito di creare un legame narrativo inventando qualcosa che non esiste nella realtà ma diventa parte dell’immaginario collettivo di un italiano media, persona -La memoria emozionale è che quella ci ci ritorna in mente in quanto ci è stata suscitata da un video o qualcosa che abbiamo visto -Il corporate storytelling attraverso la creazione della memoria emozionale va a creare un legame, e questo lo si può fare ad esempio con la sigla -Il legame narrativa ha la capacità di semplificare e di rendere memorabile il messaggio LE 5 COMPONENTI DEL CORPORATE STORYTELLING: 1. Leggere la realtà organizzativa, sociale ed economica che circonda l’azienda nella logica di previsione e interpretazione dei fenomeni, vuole trasmettere la propria identità.Componente strategica 2. Lavorare sul senso d’identità dell’impresa.Componente valoriale e identitaria 3. Capire e guidare i consumi, in un mercato in cui i consumi delle persone sono delle vere e proprie narrazioni identitarie. Componente identitaria 4. Espandere la rete di relazioni commerciali, organizzative, personali dell’impresa con la finalità di creare una comunità narrativa riconosciuta. Componente sociale 5. Creare una capitale narrativo dell’impresa in cui la comunità si riconosca in un orizzonte di senso condiviso basato non solo sul valore economico ma soprattutto su quello simbolico. Componente simbolica. STORYTELLING SKILLS: 1. Strategia narrativa - definire obiettivo della comunicazione - elaborare messaggio da comunicare - analisi della comunità di persone a cui rivolgere il messaggio (target) 2. Scrittura del racconto -> sinossi creazione di una parabola narrativa coinvolgente in cui la creatività e le capacità di scrittura narrativa sono competenze fondamentali affinché una storia possa stabilire un legame profondo con coloro che vi entrano in contatto 3. Immaginario visivo del racconto -> Storyboard Creazione dell’immaginario visivo del racconto attraverso cui attivare un coinvolgimento emotivo con il fruitore della storia amplificandone le sensazioni e i senti 4. Design dei media in cui il racconto dovrà diffondersi -> video Scegliere i canali di comunicazione e i portali attraverso cui le persone fruiranno di questa narrazione METODOLOGIA DEL DIGITAL STORYTELLING Utilizzo di strumenti digitali per creare storie multimediali dal forte impatto emotivo da raccontare, condividere, preservare. Le storie digitali basano il loro potenziale espressivo sulla commistione di fotografie, filmati, musica e la voce stessa delle persone, miscela che permette di rendere e narrare in modo visivo esperienze, situazione e riflessioni Piano di comunicazione - definire obiettivi - Target - Con quale finalità - Cosa comunico —> definire obiettivi, capire mex da comunicare, sapere a chi ti rivolgi - Come e con quali strumenti - Quando (tempi) CAPITOLO 2 | PRENDERSI CURA DELLA COMUNICAZIONE NELLA RIVOLUZIONE DIGITALE La pedagogia della comunicazione si adatta alle sfide moderne dell'educazione, specialmente nell'era digitale. Le nuove tecnologie stanno cambiando le pratiche quotidiane, comprese quelle educative, e alcuni studiosi credono che ci sia un'evoluzione verso un nuovo tipo di essere umano. Un esempio è l'aumento della capacità cognitiva grazie all'accesso immediato a conoscenze condivise online. -Il concetto di gratuità della rete, che si basa principalmente sull’accettazione della condivisione dei propri dati a partire dai comportamenti assunti sul web (economia dei big data), pone inoltre degli interrogativi radicali riguardanti la libertà dell’individuo, la privacy, la trasparenza e l’accesso a questi dati da parte di corporation esclusive che detengono gli strumenti adeguati per trasformare i dati in informazioni e quindi in business economici CHE COS’È LA RIVOLUZIONE DIGITALE? Internet è una delle tappe della rivoluzione digitale; Facebook, Cellulare diventa smartphone (2008), Realtà virtuale (2010), libro “The game” che parla di rivoluzione digitale (2017), intelligenza artificiale è ultima tappa Tutto parte dal mondo del gioco. La rivoluzione digitale nasce nella logica di utilizzare lo stesso hardware, e lì poterci inserire numerosi stop. Questo cambiamento è un cambiamento radicale e ha una velocità altissima PASSAGGI STORICI 1. Introduzione del computer, l’idea che tutti potessero avere dei computer sulla propria scrivania, però senza internet. Il computer veniva concepito come una macchina evoluta della macchina da scrivere 2.La digitalizzazione, trasformò qualcosa che ha un piano fisico in qualcosa che ha un piano digitale. Con questa fase viene digitalizzato tutto quello che noi conosciamo come mondo dell'intrattenimento, la prima cosa che viene digitalizzata sono i giochi, poi la musica, i film. 3. digitalizzazione con l’introduzione di internet, nel commercio. (In 40 anni ci siamo adatti ad un'infrastruttura che è internet che è diventata indispensabile) (La differenza tra web è internet è importante, perché il web è la piattaforma che usa internet per la sua fruizione. Internet diventa accessibile a tutti quando viene creato il web. Il web nasce con i primi modem, collegare la rete internet di casa con i propri dispositivi, 42 anni fa) 4. l’introduzione dello smartphone, condizione per l’innovazione che noi chiamiamo social network 5. il primo social network di massa è Facebook, cambia la maniera con cui noi entriamo in comunicazione, relazione con gli altri. Cambia la comunicazione inter relazionale 6.Introduzione del digitale nel mondo della politica 7. Intelligenza artificiale - Questi passaggi si dicono evoluzioni dure, in quanto hanno bisogno di un arco temporale ampio, ma che hanno cambiato la nostra vita - Il sistema di comunicazione digitale è spesso descritto come "dolce" perché rappresenta un'evoluzione che ha cambiato rapidamente la vita umana senza generare guerre o caos. Immaginare la vita senza il web oggi evidenzia quanto sia diventato centrale nelle nostre vite. Tuttavia, questa descrizione non deve far trascurare le sfide e le implicazioni sociali, come la sicurezza dei dati e la privacy, che richiedono attenzione e gestione adeguata. - Tutti i dati che noi prima archiviamo in forma fisica si trasformano in forma digitale, quindi assistiamo alla datificazione, nascono tanti database. I dati digitalizzati dal punto di vista tecnico significa che si trasformano da informazioni a big data. I big data è un dato grezzo con all’interno tantissime informazioni e diventa raffinano quando si utilizza gli algoritmi -L’economia degli algoritmi è l’idea che noi raccogliamo dati da qualsiasi fonte e questi dati attraverso un’innovazione algoritmica, diventano informazioni utili da utilizzare. Il passo successivo allo stato che stiamo vivendo è che la possibilità di algorizzare i dati è data a noi con Chat Gpt -Quello che stiamo vivendo è una parte contemporanea di qualcosa che è iniziato l’altro ieri, noi siamo immersi in questi cambiamenti INTERNET COME LUOGO DI INTERCONNESSIONI ELETTRONICHE - società in cui viviamo = società basata sull'informazione, chi controlla le informazioni, controlla un pezzo della società. Chi produce le informazioni? Noi come cittadini singoli attraverso delle piattaforme aziendali come Google, che profila le mie ricerche - Le attività online eseguite attraverso i media digitali s’intersecano alle attività offline creano un ambiente in veloce cambiamento che chiama in causa il valore della responsabilità sia a livello individuale che collettivo - La rivoluzione elettrica abolisce lo spazio e il tempo, lo spazio perché noi riusciamo a comunicare a distanza e il tempo perché noi possiamo farlo in tempo reale McLuhan >>> È il primo che parla di rivoluzione digitale. Lui parla di villaggio globale. Serres >>> che descrive il mondo che viviamo oggi, lui scrisse un testo “Non è un mondo per vecchi”, Serres definisce la rivoluzione digitale come una rivoluzione dolce, tra le quali appartengono anche quella della scrittura e della stampa. Il mondo digitale sta sconvolgendo l’umanità in modo radicale e profondo in tutte le sfere antropologiche dell’essere. Luciano Floridi parla della rivoluzione digitale come la quarta rivoluzione industriale, lui afferma che il mondo in cui viviamo, caratterizzato dal web, internet è definito come infosfera (realtà ibrida, tra reale e digital), noi viviamo in una spazio di contatti di relazioni simultanee, in cui tutti siamo produttori e consumatori di informazioni, che attraverso l’interazione si trasformano le relazioni, l’economia, la comunicazione, l’ambiente, le istituzioni e tantissimi ambiti di vita come li abbiamo conosciuti fino ad ora. L’infosfera è uno spazio di contatti e di relazioni simultanee in cui tutti gli attori (utenti) sono allo stesso tempo sia consumatori che produttori di contenuti (prosumer) e che attraverso la loro interazione stanno trasformando le relazioni, l’economia, la comunicazione, l’ambiente, le istituzioni e tantissimi ambiti di vita come li abbiamo conosciuti finora. Come lo colonizziamo questo spazio ibrido? Attraverso la rete internet, che ci permette di diventare degli svincoli, cioè di produttori e consumatori di informazioni che trasferiscono informazioni, quindi da un punto di vista antropologico, è come se fossimo dei nodi all’interno di una rete, produciamo degli input elettrici che trasmettono delle informazioni. Ciò crea un continente in maniera simultanea che noi stiamo abitando. La maggior parte delle persone che abitano in questo spazio sono produttori e consumatori di informazioni, inconsapevoli, perché considera gli strumenti digitali sono come degli strumenti, ma in realtà sono degli ambienti. In questi ambienti noi parliamo lingue diverse, perchè utilizziamo diversi linguaggi, come quello scritto orale e grafico, i meme, abbiamo inglobate all’interno delle infrastutture che utilizziamo dei nuovi alfabeti. Cambia anche la modalità di introiezione delle informazioni perchè sono mediate da schermi: vengono attivati dei processi che non creano una testa diversa dal punto di vista del funzionamento, ma creano delle esperienze che creano delle diverse forme di apprendimento, sviluppano diversi tipi di intelligenza rispetto ad altre. Non c’è un cambiamento fisico, ma come noi processiamo informazioni Viviamo immersi in un ambiente pieno di immagini, parole, flussi di informazioni, contatti in cui gli strumenti della comunicazione oltre a diventare sempre più potenti si stanno trasformando in estensioni del nostro corpo, dei nostri sensi e della nostra mente. Noi introiettiamo le informazioni con la dieta mediale Dieta mediale = l’insieme delle pratiche di consumo legate ai media, che per quantità e qualità del consumo stesso incidono fortemente non solo sulla formazione dell’opinione pubblica, ma anche sulle modalità delle relazioni interpersonali, sul ritmo impresso al tempo, perfino sulla qualità della vita delle persone.La differenza tra le nuove generazioni, la fa la dieta mediale. Essere nativi digitali non vuol dire saperne di più, dipende tutto dalla dieta mediale. PLATFORM SOCIETY Fidler >>> afferma che oggi per descrivere la società in cui viviamo possiamo utilizzare il termine platform society, ovvero una sistema di piattaforme online che stanno convergendo con le istituzioni, e le pratiche stanno strutturando sul piano organizzativo le società democratiche COLONIALISMO DIGITALE Ci suggerisce in che modo il destino digitale in cui ci troviamo va innanzitutto capito e riconosciuto prima di adattarlo e farlo proprio nelle nostre attività quotidiane. Analizzando questi processi di innovazione tecnologica non possiamo non riconoscere l’intuizione di McLuhan, che aveva compreso come ogni nuovo medium ci cambia, modellando non solo i contenuti che gli strumenti trasmettono ma lo stesso processo del pensare, del sentire e di essere. SOCIAL DESIGN - L’introduzione della tecnologia ha introdotto un nuovo paradigma e modello di pensiero e discorso. De Kerckhove >>> La mente organica ha delegato all’esterno l’archiviazione di dati e informazioni che sono accessibili a chiunque e ovunque in maniera gratuita permettendo alla mente fisica di sviluppare altre forme di intelligenza. Egli la definisce connettiva e “ipertinente” o mente impertinente. È la capacità creativa innata in ciascuno ma che trova nelle nuove generazioni uno spazio inedito dove svilupparsi; È “la capacità di conoscere le cose velocemente, quando servono; un pensiero che condivide la conoscenza globale di Internet attraverso uno schermo, ma anche un’intelligenza che in comunicazione ipertestuale con sempre più oggetti di sempre maggiore pertinenza”. - Tutte quelle piattaforme dopo la rivoluzione digitale assumono delle caratteristiche,: 1.Oggettivato - le informazioni hanno assunto un supporto fisico che dalle tavole di argilla è arrivato ai libri per spostarsi ora nel mondo virtuale del cloud, rendendolo accessibile a chiunque e in qualsiasi luogo 2.Disponibile 3.Diffuso 4.Gratuito Kevin Kelly >>> chiama Technium, sistema complessivo allargato, globale, fortemente interconnesso di tecnologia che si anima intorno a noi. Esso va oltre l’hardware e le macchine, per includere l’arte, la cultura, le istituzioni sociali e le creazioni intellettuali di ogni genere INCONSCIO COLLETTIVO DIGITALE I big Data caratterizzano la nostra realtà - trasforma le informazioni di ogni singolo individuo rendendole accessibili a chiunque. - Tutto quello che si sa su di noi e che noi non sappiamo influenza la nostra vita creando una identità che non risiede più nel corpo trasformandosi in una identità pubblica esposta ai condizionamenti della rete. - Questi dati influenzeranno la vita futura di ciascuno, permettendo ad alcuni di accedere a questi servizi mentre ad altri di venirne esclusi per mancanza di risorse. ESPOSIZIONE DEL SE La neutralità del mondo digitale è un'illusione. L'uso dei social media espone la nostra vita privata, influenzando sia il nostro comportamento online che offline. Questa esposizione, spesso inconsapevole, plasma la nostra identità pubblica, trasformando l'intimità in una dimensione frammentaria e virtualizzata. È essenziale riconoscere i rischi e educare sulle potenzialità di questo scenario tecnologico, partendo dalle implicazioni pedagogiche e valoriali. Vilém Flusser >>> “la sfida pedagogica che oggigiorno abbiamo nel mondo della comunicazione e non solo “trovare un modo per avvicinarci a una soluzione dei problemi etici in fase di progettazione (design)”. DESIGN = deriva dal latino signum, che vuol dire segno. DESIGNER = colui che lascia un segno. Nella lingua inglese il termine sia un sostantivo che un verbo. Come sostantivo significa “intenzione”, “proposito”, “piano”, ma anche “astuzia” e “insidia”. prevede troppo spesso la figura di un creatore, un artista, un maker comunicativo che si fa portatore solo di valori come l’usabilità, l’economicità, l’estetica dimenticando il contesto in cui opera e le sue conseguenze. TO DESIGN = “architettare qualcosa”, “progettare”, “ideare”, “simulare”, “agire in modo strategico”. SOCIALE = socius che significa “alleato”, “compagno”, “colui che segue, che accompagna”, “colui che si unisce in un’impresa comune”. COMUNICATORE = assume quindi il ruolo di progettare e co-costruire con il territorio, prendendosi in carico la comunità che da semplice target di riferimento si trasforma in alleato. SOCIAL DESIGNER = “colui che per professione può definire e costruire nuove architetture della comunicazione basate sui processi relazionali, educativi, etici ed autentici al di là di ogni proposta tecno-culturale in atto” - “De + sign” significa “fare qualcosa, distinguerla con un segno, darle un significato, definire il suo rapporto con altre cose, con i proprietari, con i clienti o con gli dei” (Verganti - “Design-Driven Innovation”). PROGETTAZIONE = derivante dal latino pro-jacere, cioè gettare in avanti. - Le tecniche stiano diventando sempre più sofisticate e raffinate nell’obiettivo classico di vendere i prodotti e servizi in maniera più efficace ed efficiente. -La sfida del social design invece è quella di allargare l’orizzonte rispetto all’orientamento esclusivo verso la produzione e la vendita del prodotto, a partire dalla fase stessa di progettazione. Includere cioè una visione del mondo più ampia, universale, che tenga conto non solo del mercato e delle sue dinamiche ma della situazione globale in cui ci troviamo come umanità. PRENDERSI CURA NELLA COMUNICAZIONE DIGITALE E BUONE PRATICHE - L’idea è di proporre un approccio educativo alla comunicazione basandosi su un framework che tiene conto delle 4 DIMENSIONI STRUTTURALI dei processi comunicativi: 1. Informativa/informazionale: Questa dimensione riguarda il sapere e la sua accessibilità. L'approccio educativo si concentra sull'educazione ai media e sulla comprensione dei processi e delle dinamiche della comunicazione. 2. Relazionale: Questa dimensione si focalizza sull'esposizione di sé e sul confine tra spazio pubblico e privato. Include concetti come la coscienza digitale e l'accesso alla nostra parte interna sulla rete. L'educazione in questo ambito si concentra sulla consapevolezza dei rischi legati all'esposizione online e sul mantenimento di confini sani tra pubblico e privato. Si basa sulla “coscienza digitale” di De Kerkchove: tutti abbiano accesso alla nostra parte interna sulla rete e di come non siamo più gli unici proprietari dei nostri pensieri. 3. Esplorativa: Questa dimensione si basa sul concetto di comunicazione mediata e sull'esplorazione della realtà attraverso media digitali. L'educazione si propone di attivare percorsi di cittadinanza consapevole, incoraggiando una partecipazione attiva nella creazione di una cultura e società autentica e trasparente. Realizzata da Rivoltella. 4. Partecipativa: La rete ha cambiato l’aspetto di coinvolgimento, partecipazione e relazione prima online e poi offline. Si può lavorare nella cultura della consapevolezza e del discernimento recuperando il concetto di cittadinanza e cittadinanza digitale, La responsabilità è divisa per tutti i partecipanti della società. Qui la sfida educativa di costruire una mediapolis: All’interno di quella che Silverstone definisce Mediapolis, lo spazio pubblico reale simbolico in cui gli autori e i fruitori di comunicazione si prendono il loro pezzo di responsabilità nella creazione di una cultura e società più autentica e trasparente. L'educazione mira a promuovere una nuova etica che consideri la libertà in un contesto aumentato, attraverso la costruzione delle identità digitali, l'accesso collettivo ai dati, l'uso responsabile dei media e la promozione di ambienti favorevoli all'innovazione sociale e digitale. Questo significa un lavoro di Media e Web Education che prevede, tra gli altri i seguenti compiti: - Un’educazione dei cittadini alla costruzione della proprie identità digitale all’interno dell’infosfera; - L’accedere ai propri dati in maniera collettiva; - Il passaggio da un utilizzo passivo ad un utilizzo creativo e responsabile dei media; -La creazione di processi di condivisione invece che di colonizzazione; - La creazione di ambienti favorevoli all’innovazione sociale oltre che digitale. BUONE PRATICHE DI CURA DIGITALE Recuperando il concetto di social designer e le quattro dimensioni strutturali dei processi comunicativi andiamo ad analizzare alcune buone pratiche di cura nel web che ci possono aiutare ad indagarne le componenti e fare un’astrazione concettuale a partire dall’operatività. 1.Social Street, un’esperienza di comunità tra reale e virtuale Tra i vari esempi riguardanti il rapporto tra new media e pratiche sociali è molto interessante il caso italiano delle Social Street sia dal punto di vista metodologico sia da quello strettamente antropologico. L’idea si sviluppa a partire da Settembre 2013 a Bologna in via Fondazza, luogo di residenza di Federico Bastiani che, spinto dal desiderio di conoscere i propri vicini di casa, crea un gruppo su Facebook chiamandolo Residenti in via Fondazza - Bologna. 2. La cura Nel video di TEDMed 2013 Salvatore racconta la sua storia e si capisce subito che un’esperienza complessa, come la malattia tumorale di cui ha sofferto, può diventare progetto di comunicazione e di cura. L’esperienza individuale e privata di questa coppia di giovani che si trova di fronte alla malattia di uno dei due viene trasformata dai protagonisti stessi in un progetto open source di partecipazione collettiva in cui la ricerca della salute e del benessere diventano un processo di cocostruzione comune. Da questa situazione e con il desiderio di essere coinvolti attivamente nel processo di cura, Salvatore e la moglie Orietta decidono di uscire dall’ospedale e pubblicare online la cartella clinica di Salvatore, aprendo una discussione pubblica tra esseri umani e non solo tra pazienti e dottori. La cartella clinica gli viene consegnata in un formato digitale inaccessibile che lui trasforma in semplici jpeg e html affinchè tutti possano consultarla e iniziare uno scambio aperto. -Centinaia di migliaia di persone da tutto il mondo, appena lanciato il portale, rispondono mandando i propri contributi e iniziando a dare vita ad una performance globale. L’obiettivo di questa apertura radicale della propria malattia alla comunità sul web non è stato solo quello di trovare una cura medica, ma di poter accedere a pareri differenti, ascoltare esperienze simili e orientarsi nelle diverse opzioni conosciute e sconosciute. La cura viene definita come un processo dinamico in cui tante persone possono far parte di una comunità, conversare, essere solidali con il fine di dar forma a delle soluzioni che combinino umanità, tecnologia, tecnica filosofia ed arte. LEZIONE 5 | MEDIA LITERACY NELL’ECOSISTEMA DELLE PIATTAFORME DIGITALE (cap 1) DATIZZAZIONE: il mittente si trasforma in trasmettitore di dati e ricevente in ricevente di dati, la relazione di A e B si trasforma in un controllo di informazione che appartiene alla òiattaforma e non più ai due attori, è quindi un processo di datification: trasformiamo l’info in dati che vengono processati da algoritmi, che producono economia. A e B sono produttori di informazioni che creano business. Il focus è che il dato informazione diventa caratteristica dominante dell’informazione. Questo aspetto ha una ricaduta tecnologica, economica, sociale ed etica. Il processo di datificazione oggi inizia in maniera inconsapevole nella maggior parte dei casi dall’infanzia, quando si nasce. I paradigmi relativi alla comunicazione che interessano di più in una prospettiva di riflessione pedagogica sono: 1. Il paradigma informazionale, secondo cui comunicare è una trasmissione e un trasferimento di informazioni; esso pone l'accento al processo di trasmissione, ma non agli effetti di chi riceve il messaggio; 2. il paradigma relazionale che pone invece l'accento sugli effetti di chi riceve il messaggio. Il Paradigma relazionale rivela alcune dimensioni essenziali dell'uomo: a) la dimensione etica , per esempio, per cui il bisogno di avere delle regole, delle leggi e dei valori da seguire e rispettare per vivere in comunità; b) la dimensione espressiva interiore e quindi il bisogno di narrarsi, di sentire, di esserci. LA SOCIETÀ INFORMAZIONALE - PLATFORM SOCIETY Le attività online eseguite attraverso i media digitali s’intersecano alle attività offline creando un ambiente in veloce cambiamento che chiama in causa il valore della responsabilità sia a livello individuale che collettivo. Onlife L’ecosistema dei media è frutto di quella che Fidler (1997) definisce mediamorfosi, il processo di evoluzione dei media stessi caratterizzato da una integrazione dei device e delle loro funzionalità che si ibridano tra loro modificando l’ambiente, le forme comunicative, le routine pubbliche e private. La quarta ondata di questa mediamorfosi è contraddistinta da una convergenza tecnologica tra vecchi e nuovi media e dalla nascita, a partire dal primo decennio del XX secolo, del cosiddetto web 2.0 (Colombo, 2020). Questa evoluzione ha dato vita a quella che oggigiorno viene chiamata platform society, ovvero un ecosistema di piattaforme online che “stanno progressivamente infiltrando (e convergendo) con le istituzioni (offline, tradizionali) e le pratiche che strutturano sul piano organizzativo le società democratiche” (Van Dijck, Poell, De Waal, 2019, p. 24). La cittadinanza oggi nasce dall’infanzia. https://datachildfutures.it/ 1. DATIZZAZIONE VITA FAMILIARE Siamo di fronte alla prima generazione "datizzata" dalla nascita: da un lato, i genitori, che condividono immagini e video dei figli sui social media (sharenting: condivisione sui social della vita dei propri figli), e che usano dispositivi digitali per monitorarne lo sviluppo e il benessere; dall’altro le nostre case, sempre più popolate da dispositivi connessi a internet (IoTs, Internet of Things) e smart, come smart TV, altoparlanti intelligenti, elettrodomestici connessi, video citofoni smart che trasformano la casa in un ambiente per così dire “datificato”. A differenza dei contesti familiari (primo spazio) e scolastici 8secondo spazio) sono spazi metaforici, virtuali e fisici, in cui i rapporti sociali avvengono nell’area di intersezione costituita dalla sfera dei media digitali, della formazione e della cultura. “Terzi spazi” = sono spazi in cui rientrano tutte quelle occasioni di incontro e aggregazione informale di tipo partecipativo tra stuenti e formatori., Questi collegamenti fra studente e docente all’interno di questi spazio modificano il rapporto didattico e il rapporto di avvicinamento fra le due figure in un contesto sempre più partecipativo, orizzontale e transmediale. Noi abbiamo un processo di datificazione familiare tramite L’IoT: connettere a internet dispositivi all’interno della casa, quindi il primo ambiente datificato tramite cui le piattaforme mettono in atto questi processi è proprio la casa. Non è cambiato nulla rispetto alla televisione perchè il potenziale influenzamento della cittadinanza partendo dalle grandi narrazioni avvenivano all’interno un mass media