Organizzazione D'Impresa PDF

Summary

Questo documento fornisce un'introduzione all'organizzazione aziendale e alla gestione delle risorse umane. Sono spiegati i concetti fondamentali, le diverse teorie, e le forme organizzative. Il testo descrive anche le teorie classiche del pensiero organizzativo, come il taylorismo.

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1 ORGANIZZAZIONE D’IMPRESA E GESTIONE DELLE RISORSE UMANE L’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE INTRODUZIONE La disciplina di organizzazione aziendale nasce nel secondo dopoguerra del ‘900, anni di nascita delle grandi organizzazioni, ovvero aziende. Si tratta di una scienza i...

1 ORGANIZZAZIONE D’IMPRESA E GESTIONE DELLE RISORSE UMANE L’ORGANIZZAZIONE AZIENDALE INTRODUZIONE La disciplina di organizzazione aziendale nasce nel secondo dopoguerra del ‘900, anni di nascita delle grandi organizzazioni, ovvero aziende. Si tratta di una scienza interdisciplinare, che integra a sé contributi vecchi e nuovi provenienti da diverse aree di studio. Il pensiero organizzativo, invece, nasce nell’800. L’essenza della “competenza organizzativa” sta nel saper: analizzare le dinamiche, facendosi un’idea completa delle questioni da affrontare. progettare soluzioni efficaci ai problemi riscontrati. Ogni organizzazione ha bisogno di realizzare un compito tecnico, è costituita da persone che collaborano tra di loro. Secondo la definizione di Daft, le organizzazioni sono: ENTITÀ SOCIALI (fatte di persone) GUIDATE DA OBIETTIVI DELIBERATAMENTE STRUTTURATE E COORDINATE (sono costituite da parti diverse, strutture che fanno l’ossatura dell’organizzazioni che devono essere coordinate, ovvero le parti devono andare insieme. Vengono scelte con un pensiero progettuale raffinato). INTERAGENTI CON L’AMBIENTE ESTERNO (l’organizzazione non guarda solo all’interno ma guarda costantemente l’esterno). Queste rappresentano le caratteristiche di fondo di un’organizzazione, il cui prodotto deve essere sempre maggiore della singola attività di una singola persona. Un’organizzazione può realizzare prodotti efficaci e ricercati sul mercato ma in maniera poco efficiente. EFFICACIA capacità di un’organizzazione di raggiungere obiettivi. EFFICENZA si riferisce ai mezzi di cui un’organizzazione dispone per raggiungere obiettivi. METAFORE DELL’ORGANIZZAZIONE Per capire come è fatta un’organizzazione vengono usate delle metafore. La metafora viene usata come strumento di analisi organizzativa. A seconda della concezione di organizzazione, ciascuno opera all’interno di essa in modo diverso, in quanto tali concezioni condizionano il nostro modo di operare (chi dice “giungla” lavorerà in maniera più selvaggia rispetto a chi dice “macchina”). Dietro alle teorie organizzative ci sono persone che avevano in mente un immagine/metafora e in base a questa hanno concepito le loro teorie. Morgan, ricercatore americano, è andato a chiedere “cos’è un’organizzazione?” ai manager in tutto il mondo e ha scoperto che: le metafore non sono tante e queste sono alla base di un modo di pensare e di costruire le organizzazioni che ha una ricaduta su quello che fanno effettivamente le persone. Le organizzazioni sono fenomeni sociali complessi e ambigui. Il pensiero metaforico rappresenta una utile chiave di accesso per decifrarne le molteplici dinamiche che le caratterizzano: strutturali, culturali, politiche e interpersonali. Secondo Morgan, pensare per metafore ci aiuta ad avere una comprensione più profonda dell’organizzazione. “Chi pensa per metafore comprende la realtà organizzativa in modo più profondo e completo, sviluppa un approccio gestionale flessibile e capace di adattarsi ai diversi contesti, è in definitiva un attore organizzativo (manager) più efficace” (G. Morgan, 1986, Images of Organization) 2 MORGAN INDIVIDUA 5 METAFORE PER L’ORGANIZZAZIONE: 1.MACCHINA (o L’organizzazione è un ingranaggio perfetto, basato su una chiara gerarchia piramidale (“c’è chi alveare, pensa e chi esegue”). Le persone al pari delle componenti meccaniche sono “esecutori formicaio, sostituibili”. L’analisi organizzativa è basata su: strutture e ruoli formali, mansionari e procedure orologio, codificati. piramide) Ci aspettiamo che le organizzazioni funzionino in maniera efficiente, mettendo il secondo piano il valore umano. 2.ORGANISMO (o L’organizzazione è un organismo vivente, che nasce e si sviluppa tramite adattamenti continui corpo umano, all’ambiente esterno. Le persone, dotate di autonomia e discrezionalità, supportano i processi pianta, squadra, di adattamento dell’organizzazione. L’analisi organizzativa è basata su: rapporto tra orchestra) organizzazione e ambiente, strategie di sopravvivenza, processi di cambiamento. Così come ci sono diverse specie di animali, ci sono diverse specie di aziende che si adattano in alcuni ambienti e non in altri (teorie contingency). L’organizzazione più efficace ed efficiente non è la macchina perfettamente operante, ma quella che riesce ad essere in equilibrio con l’esterno, quella che si adatta ai bisogni delle persone; in questo caso è importante sopravvivere nel tempo, non creare sempre più prodotti e tutti efficienti. 3.CLAN/TRIBU’ (o L’organizzazione è una tribù di persone legate tra loro dal senso di appartenenza a un insieme famiglia, cultura) di valori condivisi (cultura organizzativa = significa avere la stessa idea di cosa è giusto e cosa è sbagliato). Le persone cercano costantemente sicurezza e conferma della propria identità conformandosi al modo essere e di fare condiviso. L’analisi organizzativa (svolta da antropologi sociali) è basata su: tradizioni, linguaggi, miti, rituali, cerimonie, storie, eroi. 4.ARENA L’organizzazione è una arena politica caratterizzata da giochi politici e lotte di potere tra singoli POLITICA (o attori e opposte fazioni. Le persone mirano a massimizzare i propri interessi e obiettivi personali, guerra, scontro, muovendosi spesso in una dimensione informale (dietro le quinte della rappresentazione). Qui conflitto) pensiamo a gladiatori che si scontrano decidendo chi è il più forte. L’analisi organizzativa è basata su: sistemi di interessi, fonti formali e informali del potere, strategie politiche, alleanze. 5.ICEBERG (o L’organizzazione è il prodotto dell’interazione tra persone, che, come l’iceberg, hanno inconscio, pancia, comportamenti e atteggiamenti largamente imperscrutabili (per 9/10 sono sommersi!). Qui le sfera emotiva) metafore sono ispirate all’area psicoanalitica, l’uomo è formato da una parte manifesta e una parte imperscrutabile. Le persone agiscono non solo sulla base delle prescrizioni di ruolo (job description), ma anche delle proprie emozioni, aspettative, paure e ansie. L’analisi organizzativa è basata su: tratti di personalità individuali, dinamiche emotive e motivazionali, rapporti interpersonali. I dipendenti possono accettare qualcosa del capo solo perché lo temono, non perché sia giusta la cosa che ha fatto, agiscono per paura. Le metafore descritte non rappresentano diversi modelli di organizzazione, ma diversi aspetti sempre compresenti di una stessa organizzazione. Provate a immaginarli come differenti paia di occhiali, ognuno dei quali ci aiuta a capire una facciata diversa dell’organizzazione. Solamente usandoli tutti possiamo realizzare una analisi organizzativa profonda e completa. TEORIE CLASSICHE DEL PENSIERO ORGANIZZATIVO Il pensiero organizzativo può essere suddiviso secondo tre concezioni: 1. TEORIE DEL SISTEMA: si intende un insieme ordinato di parti in interazione reciproca, se si modifica una parte ne hanno conseguenza anche le altre. Il focus è su elementi che compongono l’organizzazione. Si dividono in: o Sistema meccanico: analizza i meccanismi, la staticità dell’organizzazione. Analizza come l’organizzazione si struttura in maniera efficace ed efficiente. o Sistema organico: organizzazione come un essere vivente, in cui gli elementi interagiscono tra loro. 2. TEORIE DELL’ATTORE: focus sulle persone che compongono l’organizzazione. Il loro punto di vista. 3. TEORIE DELL’AZIONE: focus sui movimenti che avvengono nell’organizzazione. 3 In ogni teoria andiamo a prendere gli elementi che ci servono ancora oggi nelle organizzazioni. TEORIE DEL SISTEMA MECCANICO Le teorie organizzative classiche del sistema meccanico sono “classiche” perché sono le più antiche e le più conosciute, ma utilizzate tutt’oggi nelle aziende. Esse analizzano le organizzazioni sulla base della prospettiva del sistema meccanico, secondo cui: 1. Vi è il predominio della razionalità oggettiva, per cui esiste una “one best way of organizing”, una soluzione unica e ottimale di organizzare le attività e il lavoro in grado di massimizzare l’efficienza e l’efficacia e dunque sviluppare un’organizzazione perfetta. 2. Le aziende operano in modo razionale ed efficiente. 3. Efficacia ed efficienza sono ottenute attraverso alla divisione del lavoro in compiti elementari per avere i benefici della specializzazione, con una rigorosa definizione delle attività, dei tempi e delle tecniche di esecuzione; 4. Il coordinamento è svolto attraverso norme, regole che possono essere universalmente valide e programmazione rigida del lavoro; 5. Il controllo è affidato ad una supervisione rigida; 6. Il coinvolgimento è ottenuto attraverso incentivi economici (logica del cottimo) e qualsiasi devianza o resistenza rispetto al “programma” è dovuta a debolezze umane. La riflessione di Taylor si inserisce in un panorama storico in cui la produzione artigianale stava piano piano scomparendo. Lui andava in giro per le aziende ad aiutarle a funzionare meglio. Nella seconda parte dell’800 c’è una crisi della produzione artigianale perchè nascono le grandi società. Di conseguenza, la domanda di beni era cresciuta e la produzione artigianale non riusciva a soddisfarla. PRINCIPI DI FONDO DELLA PRODUZIONE ARTIGIANALE : Il sapere era tramandato di padre in figlio, si imparava facendo. La logica di base era fare bene ciò che sai fare, non fare di più, non c’era la spinta a produrre di più (standardizzazione) ma a fare il meglio possibile. Le botteghe erano piccole, vicino a casa degli artigiani e tutte i prodotti erano unici. L’artigiano segue la lavorazione dall’inizio alla fine. Questo sistema serviva società con piccole capacità di consumo, per questo non era più compatibile con la società di massa che si stava affermando. 4 LA FABBRICAZIONE DEGLI SPILLI Taylor riprende il pensiero di Adam Smith del 1776, quasi un secolo prima di lui. Smith ne “La ricchezza delle nazioni” pone le basi per la teoria del taylorismo. Smith era andato a visitare una fabbrica che produceva spilli e arriva alla conclusione che, se dividiamo ogni fase per produrre uno spillo, si ottiene una capacità produttiva impensabile. L’organizzazione scientifica del lavoro di Taylor sostiene che bisogna sostituire le opinioni, tradizioni, prassi con lo studio scientifico. Passare dalla logica artigianale a quella industriale. Taylor sviluppa un sistema “TEMPI E METODI”: 1. Prendere un campione di attività. 2. Scomposizione del lavoro in attività/movimenti semplici che chiunque riesce a fare. 3. Misurazione dei tempi. 4. Scelta delle modalità e degli strumenti più adatti per eseguirlo in modo efficiente, cioè, produrre maggior numero di tavoli con il minor numero di risorse. 5. Definizione di standard (tagliare il tavolo esattamente in quel punto) per i movimenti e degli strumenti di lavoro. 6. Addestramento secondo la nuova procedura e affidamento delle attività semplici a singole persone, che le ripetono diventando sempre più specializzati e veloci. Con questo sistema, Taylor migliora sia la produttività sia l’efficienza in termini di tempi, risorse materiali impiegate e dunque costi. L’ORGANIZZAZIONE SCIENTIFICA DEL LAVORO (OSL) TAYLOR La teoria di Taylor sposa in pieno la metafora della macchina. Taylor elabora la prima teoria compiuta di organizzazione; egli pensa a come organizzare le aziende, che allora stavano nascendo, in modo che queste siano al contempo EFFICACI ed EFFICIENTI: l’efficienza significa usare il minor numero di risorse possibili per arrivare all’obiettivo, mentre l’efficacia vuol dire avere la capacità di raggiungere un obiettivo. L’obiettivo di Taylor era, non solo fornire una teoria di principi per organizzare le aziende, bensì definire una nuova ideologia che comportasse una completa rivoluzione mentale da parte dei dipendenti e dei dirigenti verso il loro lavoro. Il valore del surplus prodotto attraverso l’OSL è in grado di soddisfare lavoratori e imprenditori. Taylor vuole superare il conflitto sociale sulla distribuzione del surplus, ossia del valore aggiunto dato dalla produzione. Bisogna concentrarsi sul suo aumento fino a che esso diventi così grande da rendere superato il litigare (lotta di classe) su come debba essere diviso. PRINCIPI FONDAMENTALI: Parcellizzazione del lavoro, specializzazione ed efficienza. Selezione e addestramento scientifico della manodopera: collocare la persona giusta, al posto giusto, cercando le caratteristiche fisiche, le conoscenze e le capacità pratiche necessarie per ricoprire al meglio una certa mansione. Collaborazione tra direzione e lavoratori: abbandonare la contrapposizione generata dalla divisione dei profitti, per concentrarsi sull’aumento di questo e per far sì che entrambe le parti ne traggano vantaggio. Separazione di responsabilità tra direzione e lavoratori: le parti devono sì collaborare, ma nell’ambito di una chiara distinzione delle reciproche responsabilità (c’è chi dirige e chi esegue) L’incentivo è solo economico: maggiore produttività, maggiore retribuzione («cottimo»). L’uomo è mosso dall’esigenza di una retribuzione, se noi lo paghiamo le persone sono contente. 5 LA FORD T: ESEMPIO È l’esempio più celebre dei primi utilizzi dell’OSL nell’industria, prodotta dalla Ford Motor Company a Detroit tra il 1908 e il 1927. È la prima auto di massa. La prima automobile prodotta in grande serie utilizzando la CATENA DI MONTAGGIO è considerata la prima auto economica, ha permesso alla classe media americana di viaggiare. Viene prodotta attraverso i nuovi sistemi di fabbricazione in linee di assemblaggio anziché la lavorazione artigianale a mano. Le altre auto di quell’epoca erano ancora prodotte da artigiani, questa fu la prima. L’impatto sull’efficienza della produzione è enorme: per costruire una Model T sono necessari 93 minuti, anziché settimane. Grazie a questa soluzione produttiva nel 1914 Ford produce da sola un numero di vetture superiore a quello di tutti gli altri concorrenti messi insieme. L’impatto sui costi è molto rilevante: le prime FORD T sono vendute al prezzo di 850 dollari, contro i 2.000-3.000 necessari per l'acquisto di una vettura concorrente. Le ultime, grazie all'efficienza della produzione costavano meno di 300 dollari. Dal 1914 Henry Ford alza la retribuzione dei dipendenti a 5 dollari al giorno (circa il doppio del settore) per arrivare in seguito a 8 dollari al giorno, la migliore sul mercato. Questo ha consentito loro di acquistare l'automobile che essi stessi producevano. LE CRITICHE ALL’OSL È uno STRUMENTO DI SFRUTTAMENTO (critica marxista): il lavoro concepito secondo questi principi comporta alienazione. È una FORMULA CONTINGENTE: la teoria prese corpo in un contesto in cui si poneva il problema di inserire velocemente nella fabbrica la manodopera immigrata dalle campagne. Tale teoria è frutto del contesto storico e va inquadrata come risposta coerente delle necessità di quel tempo. Per questo la si considera coerente solo con fattori ambientali e tecnologici unici e pertanto non generalizzabile. È UN’UTOPIA TECNOCRATICA: è l’uomo che deve adattarsi alla macchina. Il taylorismo è diventato pervasivo in ogni tipo di organizzazione, non solo nelle fabbriche; soprattutto le microaziende si organizzano secondo questa teoria (es. Mc Donald) LA DIREZIONE AMMINISTRATIVA (FAYOL) È una teoria complementare a quella di Taylor, in quanto, non si occupa del lavoro operaio, bensì delle funzioni di management, ossia dei ruoli alti dell’organizzazione e dei principi di gestione. Secondo Fayol la funzione manageriale consiste nel prevedere (capire quale sarà il contesto, preparare programma di azione per le risorse), organizzare (fare in modo che l’azienda funzioni con criteri scientifici), comandare (dare ordini), coordinare (mettere d’accordo le persone), controllare (che ordini e principi siano passati). I principi di direzione aziendale universali sono: ❖ Divisione del lavoro e gerarchia, ❖ Unità di comando: ogni dipendente deve avere un solo capo, ❖ Span of control: numero massimo di dipendenti che può avere un manager, ❖ Line e staff: le line sono unità organizzative che partecipano direttamente al business, mentre lo staff è l’insieme delle unità organizzative che aiutano le line es. legale, comunicazione ecc. LA BUROCRAZIA (M. WEBER) Se per noi burocrazia è eccesso di norme, per Weber, è invece la modalità più efficiente per organizzarsi in una società moderna, sia in contesti economici che di pubblica utilità. Weber è interessato alle grandi amministrazioni. Lui prende 6 in esame ciò che succede nella società a lui contemporanea. È la forma di organizzazione più razionale ed efficiente, prevedibile, impersonale (non arbitraria). PRINCIPI FONDAMENTALI DELLA BUROCRAZIA: Compiti specializzati e ben definiti, Separazione tra posizione di lavoro e Regole e procedure standard, persona: il lavoro di ogni persona deve essere Qualifiche stabilite e competenza tecnica (non scritto in un “mansionario” cosicché in caso si per tutti), assenza di questa, qualcun altro può essere in Gerarchia dell’autorità, grado di svolgerlo, Obbedienza e lealtà verso i ruoli, non alle Archivi per custodire la memoria: bisogna persone, saper ricostruire cosa è successo per dare continuità organizzativa all’azienda. Anche le organizzazioni più creative o flessibili hanno al loro interno strutture burocratiche. Sistemi di regole impersonali orientate ad una gestione razionale delle risorse esistono nelle imprese private, nelle amministrazioni pubbliche, nei partiti politici, negli eserciti, scuole, ospedali, nella Chiesa, ecc. Per Weber, la burocrazia è una forma di organizzazione superiore rispetto a quelle tradizionali, in quanto caratterizzata da: Precisione, Rapidità, Univocità degli atti, Continuità, Adesione a regole certe, Autorità che riduce contrasti tra persone. LE CRITICHE ALLA BUROCRAZIA: La burocrazia rischia di ACQUISTARE POTERE ECCESSIVO, sottraendosi al controllo. Si “DISUMANIZZA” escludendo i sentimenti. É RAZIONALE rispetto allo scopo (a cui si collega in un rapporto di causa-effetto), trascurando la dimensione dei valori, come movente dell’azione umana e organizzativa. TEORIE DEL SISTEMA ORGANICO Secondo la prospettiva del sistema organico: L’organizzazione non è una macchina perfetta, bensì un insieme di variabili fra di loro collegate da rapporti di interdipendenza e in relazione costante di scambio e adattamento con l’ambiente esterno. Non esiste una “one best way of organizing”, ma diverse possibilità di organizzare, le quali dipendono dalle situazioni specifiche esistenti all’interno e all’esterno dell’organizzazione. L’efficacia e l’efficienza dipendono dalla capacità di integrazione e adattamento degli elementi del sistema ai cambiamenti ambientali: l’organizzazione deve adattarsi all’ambiente e adattare internamente i propri elementi Il coordinamento non è assicurato solo da norme e regole ma anche dal ‘mutuo aggiustamento’ e dall’integrazione fra variabili hard (strutture, tecnologia, processi) e soft (valori, persone, relazioni). Importante è valorizzare il potenziale umano, costruire mansioni ricche e motivanti e consentire una partecipazione diretta del lavoratore nella progettazione e decisione organizzativa. LA NASCITA DELLE HUMAN RELATIONS (MAYO, 1927 - 1932) Le human relations nascono per caso con gli esperimenti di Hawthorne. Nel 1924 la direzione degli stabilimenti della Western Electric Company di Hawthorne, presso Chicago, aveva deciso di promuovere un programma di ricerche sperimentali sul grado di connessione esistente tra illuminazione e rendimento. Si voleva determinare se ed in che misura l’aumento di luce nell’ambiente di lavoro influenzasse l’ammontare del lavoro compiuto. Era una ricerca pienamente conforme allo spirito del scientific management: tanto che i risultati dell’esperimento disorientarono i tecnici della Western Electric. - il ricorso alla scienza come strumento neutrale di conoscenza, 7 - la scelta di alcune condizioni fisico-ambientali, - gli operai come oggetti passivi di esperimento. Il risultato fu che l’aumento della luce attuato in un reparto di operaie appositamente scelte per la prova determinò, come si prevedeva, un certo aumento della produzione. Ma lo stesso fenomeno si verificò anche nel reparto di controllo dove l’illuminazione era rimasta immutata. Lo sconcerto aumentò quando in un esperimento successivo si provò a diminuire la luce e si constatò che la produzione continuava ad aumentare lievemente. Se ne dedusse che le operaie avevano interpretato la diminuzione della luce come una sfida alle loro capacità e volevano dimostrare che sapevano produrre anche in condizioni ambientali peggiorate. Questo comportamento venne interpretato come l’indicazione che esisteva un “ fattore umano” prima trascurato. Emerge la rilevanza del “fattore umano” e del gruppo, le persone non sono ingranaggi. L’uomo non è più visto come un individuo isolato che non deve interagire con gli altri per non distrarsi, ma per Mayo, esso opera all’interno dell’organizzazione anche per mezzo dell’interazione con i gruppi (maggior soddisfazione e produttività). Per progettare il lavoro, bisogna partire dall’uomo, non dalla macchina: ricerca di correttivi nelle organizzazioni affinché le persone operino secondo logiche di collaborazione e cooperazione. I capi non devono essere supervisori tirannici, ma devono ascoltare i bisogni dei lavoratori. PRINCIPI FONDAMENTALI DELLE HUMAN RELATIONS: Rilevanza del “fattore umano” e del gruppo: dare spazio all’uomo e alla sua aggregazione in gruppo, in quanto questi elementi possono fornire un valore aggiunto all’organizzazione (la macchina perfetta è una macchina disumana). Il ruolo del gruppo di lavoro: l’essere in tanti modifica il comportamento. Il primato degli aspetti informali: al di là degli aspetti formali, esiste all’interno dell’organizzazione una fitta rete di rapporti sociali che, se collaborativi, favoriscono l’integrazione sociale e la produzione. Le persone sono portatrici di bisogni in ogni attività della vita, anche nel lavoro: es. bisogno di essere riconosciuti, lasciare una traccia. Il lavoro in azienda come antidoto all’ anomia della società industriale: da un senso alle vite delle persone, anomia nel senso di assenza di riferimenti. NEO HUMAN RELATIONS Teorie che si concentrano sulla motivazione dei lavoratori. Secondo gli psicologici, bisogna tener conto dei bisogni dell’uomo, la risposta a questi bisogni genera motivazione. Maslow ha proposto una classificazione gerarchica dei bisogni e dice a chi disegna l’organizzazione nelle fabbriche dice che MOTIVAZIONE per far lavorare bene le persone bisogna soddisfare questi bisogni. Supera la convinzione di Taylor che bastasse la retribuzione economica. Herzberg individua due tipologie di bisogni: - BISOGNI IGIENICI -> influenzano il livello di soddisfazione «il minimo indispensabile», sono quelle cose che mi permettono di avere un minimo di soddisfazione, se mancano generano grande insoddisfazione ma se ci sono è ok, non mi danno grande motivazione. Es. le condizioni di sicurezza del lavoro, avere retribuzione soddisfacente, lavorare in un clima sano ecc. 8 BISOGNI MOTIVANTI -> producono reale motivazione. Sono quelli che fanno riferimento allo sviluppo alla crescita, al talento. Es. gli avanzamenti di carriera. Bisogna aiutare individui e organizzazione a progettare sistemi partecipativi e non burocratici, in cui le risorse umane siano valorizzate. MC Gregor e Likert: - Attenzione ai white collars, PARTECIPAZIONE - Ricerche sui capi, - La partecipazione come leva di motivazione e produttività, - Studi sulla leadership che sostiene e orienta il gruppo, e collega gruppo e organizzazione (leader come linking pins). CRITICHE ALLA NEO HUMAN RELATIONS: Non ci sono evidenze del LEGAME TRA MOTIVAZIONE E PRODUTTIVITÀ. Danno poco significato al fatto che la TECNOLOGIA non può essere costruita attorno ai bisogni dell’uomo; essi, inoltre, si muovono più sul LAVORO IMPIEGATIZIO, che su quello operaio, in quanto in esso è possibile applicare maggiormente questi principi così come tali principi sono applicabili più sui ruoli manageriali piuttosto che esecutivi. TEORIE ORGANIZZATIVE CONTINGENCY Le teorie contingency nascono tra gli anni ’60 e ’70 soprattutto in Gran Bretagna. Ancora oggi sono tra le teorie più usate sia dai teorici che dai pratici che progettano le organizzazioni. A differenza delle teorie scientifiche, tali teorie sostengono che ogni organizzazione deve essere progettata a seconda di variabili esterne e interne, come se fosse un prototipo: esaminano le connessioni tra variabili interne all’organizzazione e variabili contingenti sia interne che esterne. Assunti fondamentali: NON ESISTE UN MODELLO UNIVERSALE DI ORGANIZZAZIONE, ma può esistere una pluralità non predeterminata di forme organizzative. L’ORGANIZZAZIONE È UN SISTEMA APERTO IN CONTINUO INTERSCAMBIO CON L’AMBIENTE ESTERNO. L’organizzazione è vista come un sistema aperto fatto di elementi interagenti e interdipendenti tra di loro e in continuo adattamento rispetto all’ambiente esterno; per le teorie classiche, il sistema era chiuso, progettato per fare sempre le stesse cose, indipendentemente dall’ambiente deve sempre operare per raggiungere massima efficacia ed efficienza. LE RICERCHE DEL TAVISTOCK INSTITUTE SULLE CONDIZIONI DI LAVORO I primi teorici della contingency furono gli studiosi del Tavistock institute di Londra; essi svilupparono il concetto di “sistema socio-tecnico”, considerato antefatto teorico fondamentale di queste teorie. Trist e Bemforth fecero una ricerca in una miniera di carbone su come si passa da un’organizzazione basata su squadre autonome e specializzate, ad una più tayloristica allo scopo di raggiungere la massima efficienza: in questo modo, le conoscenze e le carriere degli operai non valgono più, in quanto bastano addetti che muovessero macchine. Con tale aumento ci si aspetta un aumento della produttività, ma al contrario si verificano forti tensioni e un calo di produzione dovuto alla perdita di professionalità degli operai. I ricercatori Trist ed Bemforth suggerirono quindi di usare macchine più compatibili alle professionalità possedute: rinunciare a parte dell’efficienza, per predisporre macchinari compatibili con le condizioni interne dell’organizzazione. RISULTATO TEORICO 1. Esistono due differenti ordini di variabili che concorrono in eguale misura a definire un sistema organizzativo: TECNICHE (tecnologie, strutture, meccanismi operativi, le cosiddette variabili “dure” del sistema organizzativo) e SOCIALI (uomini, leadership, competenze). Tali variabili vanno conciliate tra loro in modo da realizzare una joint optimization: ottimizzazione congiunta tra uomo e macchina. 2. Ogni organizzazione è vista come un sistema aperto verso l’ambiente circostante e la leadership dell’organizzazione funge da interfaccia con l’ambiente esterno. Il leader non è l’uomo più bravo e influente 9 come per Taylor, ma la leadership è legata alla capacità di leggere l’ambiente esterno e, a seconda del suo variare, condurre i cambiamenti interni. 3. Non è vero che la tecnologia impone un solo modello organizzativo, ma esistono diverse tipologie di tecnologie e soprattutto in ogni organizzazione i vincoli tecnologici vanno conciliati con quelli sociali: è possibile scegliere tra macchine diverse, senza guardare solo all’efficienza, ma anche all’efficacia (la macchina deve tener conto di obiettivi ma anche bisogni delle persone, rinunciando ad un po’ di efficienza in favore della coerenza dell’organizzazione). Ciascuno degli studiosi della contingency considera una variabile interna o esterna all’organizzazione per poi analizzarne la relazione con le altre. Studi del rapporto fra organizzazione e le seguenti variabili: Tecnologia (Woodward) Dimensioni (Aston group) Ambiente e struttura (Lawrence e Lorsch) Sistemi e ambiente (Burns e Stalker) Strategia (Chandler) ORGANIZZAZIONE E TECNOLOGIA (WOODWARD) Woosward nella metà degli anni 60’ studia i rapporti tra le TECNOLOGIE e altre variabili organizzative. Sulla base di uno studio su 100 imprese nel South Essex (UK), la woodward desume che a seconda della tecnologia utilizzata, esistono forme di organizzazione più adatte: ❖ Aziende che usano tecnologie di piccola serie seguono la logica dell’artigianato, anche se in aziende più grandi (strumenti musicali, abbigliamento di lusso, cantieri navali, ecc.) ❖ Aziende che usano tecnologie di grande serie si occupano della fabbricazione di tantissimi prodotti (automobili, elettrodomestici, ecc.) ❖ Aziende che usano tecnologie di processo/produzione continua (fonderie, prodotti chimici, ecc.) Lei reintroduce il principio di DETERMINISMO TECNOLOGICO, secondo cui la tecnologia determina l’organizzazione, non imponendo una “one best way” ma offrendo una pluralità di soluzioni. ORGANIZZAZIONE E DIMENSIONE (ASTON GROUP) Negli anni 70’ gli studiosi dell’università di Birmingham sviluppano i rapporti tra organizzazione e DIMENSIONE DI IMPRESA. Il modello di un’organizzazione è collegato alla dimensione dell’impresa stessa. Quanto più grande è un’impresa, tanto maggiori sono: La specializzazione dei compiti La standardizzazione delle procedure (divisione del lavoro) La formalizzazione delle comunicazioni interne. Quanto più è grande, quanto più un’azienda assume connotati di stampa taylorista. ORGANIZZAZIONE E AMBIENTE (LAWRENCE E LORSCH) Loro sono i padri delle teorie contingency. A differenza di altri studiosi, partono dall’analisi delle variabili esterne all’organizzazione: studiando i diversi AMBIENTI per capire se a fronte di questi le organizzazioni devono assumere modelli organizzativi diversi. ❖ L'efficienza dell'impresa è funzione delle combinazioni fra configurazione dell'ambiente e configurazione della stessa. L’impresa è strettamente collegata al tipo di ambiente in cui lavora; solo una che opera in monopolio, può non considerare le condizioni dell’ambiente esterno. ❖ Esiste una correlazione diretta fra grado di incertezza dell'ambiente e grado di flessibilità delle strutture organizzative. più l’ambiente è incerto, imprevedibile, turbolento, più le organizzazioni devono essere flessibili e aperte al cambiamento, più è statico più taylorismo e più specializzazione —> organizzazioni più aperte (l’incertezza massima in R&S - media nelle vendite - bassa nella produzione). 10 ❖ Diverse parti dell’organizzazione possono avere ambienti di riferimento (task-environment) differenti. Non tutta l’azienda deve aprirsi all’ambiente, ma i diversi settori possono avere livelli di apertura diversi. Il dipartimento Ricerca e Sviluppo deve costantemente guardare all’esterno, mentre la produzione non lo necessita, in quanto la valutazione di cosa produrre a seconda dell’ambiente è già stata precedentemente fatta, la produzione può basarsi sull’efficienza. Mentre la promozione vendita ha una media apertura, dipende dal tipo di mercato con cui ho a che fare. ❖ Al crescere dell’incertezza ambientale aumenta il bisogno di DIFFERENZIAZIONE E L'INTEGRAZIONE (o coordinamento). L’azienda è fatta di dipartimenti diversi: ognuno ha obiettivi diversi. Questa differenziazione è accentuata quando ho a che fare con un ambiente mutevole. Bisogna lavorare anche sull’integrazione, è fondamentale che i diversi dipartimenti si muovano in sinergia. SISTEMI MECCANICI E SISTEMI ORGANICI (BURNS E STALKER) All’inizio degli anni 60’, gli autori fanno una distinzione tra due tipi di sistemi organizzativo-manageriali: SISTEMI MECCANICI -> adatti ad ambienti SISTEMI ORGANICI -> adatti ad ambienti stabili e prevedibili (suddivisione e definizione flessibili, instabili, incerti e in rapido e continuo rigida dei compiti che vengono parcellizzati, cambiamento (compiti adattati con il lavoro di alta definizione dei compiti, rigida gerarchia, gruppo, bassa definizione di compiti, scarsa molte regole, alto controllo dal vertice, definizione dei compiti, poca gerarchia, poche comunicazione verticale). regole, controllo diffuso e tra pari, comunicazione orizzontale). ORGANIZZAZIONE E STRATEGIA (CHANDLER) Studia il processo di adeguamento organizzativo collegato a STRATEGIE di crescita dell’impresa. Ogni azienda sceglie la propria struttura a seconda della sua strategia. Una strategia è un piano di interazione tra organizzazione e ambiente competitivo per raggiungere obiettivi di mercato e segmenti. La strategia è la pianificazione e gestione dello sviluppo aziendale. Invece la struttura è quando un’organizzazione progettata e costruita per amministrare i settori di attività e le risorse. Secondo Chandler la struttura consegue alla strategia secondo un processo adattativo, prima scelgo la strategia poi l’organizzazione: STRATEGIE DI ESPANSIONE corrispondono a STRATEGIE DI DIFFERENZIAZIONE strutture funzionali centrate sull’efficienza: corrispondono a strutture divisionali centrate quanto più un’azienda decide di espandersi, sull’efficacia: l’azienda vuole entrare in quanto più adotta un modello taylorista. Per mercati diversi e ha un problema di efficacia produrre il più possibile uso una struttura (es. oltre che macchine voglio produrre ruspe). funzionale e risolvo il problema di efficienza (es. da 100 macchine a 200 macchine prodotte). 11 CRITICHE ALLE TEORIE CONTINGENCY L'ADATTAMENTO DELL'ORGANIZZAZIONE ALL'AMBIENTE non è rappresentato da una legge di corrispondenza biunivoca tra tipo di ambiente e tipo di struttura: non è sempre vero che l’organizzazione deve mutare al mutare dell’ambiente. L'IMPRESA PUÒ CAMBIARE AMBIENTE O MODIFICARLO (non solamente “subirlo”). Può inventare una tecnologia nuova che sconvolge il mercato, non deve per forza adattarsi. Viene sottostimato il peso DEI FATTORI CULTURALI E POLITICI INTERNI nel determinare la configurazione dell’organizzazione. Le idee delle persone non cambiano mai facilmente. IL SISTEMA ORGANIZZATIVO Concetti generali dell’organizzazione come sistema: 1. NON ESISTE UN MODELLO OTTIMALE DI ORGANIZZAZIONE: il mondo organizzativo è imperfetto e per questo deve adattarsi alle contingency che vengono da interno ed esterne. 2. L’organizzazione più efficace ed efficiente è quella che meglio si adegua e risponde alle richieste dell’ambiente esterno (mercato, società, norme, ecc.) e interno (risorse umane, tecnologie). 3. L’ORGANIZZAZIONE È UN SISTEMA APERTO, descrivibile come un campo di forze dinamico e in continuo adattamento, in continuo scambio con l’esterno: esso è soggetto a incertezze di scelte da parte dei soggetti interni e allo stesso tempo a criteri di razionalità (un campo di forze dinamico e unico). 4. L’ORGANIZZAZIONE È UN INSIEME ORDINATO DI VARIABILI SEPARATE E INTERDIPENDENTI, aventi natura sia sociale che tecnica, costituito con lo scopo di raggiungere OBIETTIVI PREFISSATI. L’organizzazione è un sistema sociotecnico (integra al suo interno dimensioni tecniche e dimensioni sociali). SISTEMA raggruppamento ordinato di componenti interdipendenti (ogni variabile è condizionata e condiziona tutte le variabili) EFFICACIA grado in cui un’organizzazione realizza i propri obiettivi EFFICIENZA ammontare di risorse utilizzate per produrre un’unità di output IL SISTEMA SOCIO -TECNICO Le due barre trasversali indicano che il sistema è aperto, riceve e restituisce, sono variabili esterne e di confine. Le distinguiamo in: Ambiente generale - > tutto ciò che è all’esterno dell’organizzazione e ha su di essa un impatto indiretto (bassa rilevanza); es: dinamiche economiche, politiche, sociali, normative generali, risorse finanziarie. Ambiente rilevante o area di influenza -> tutto ciò che è esterno e altamente rilevante per il raggiungimento degli obiettivi aziendali. Es: mercato, concorrenza, clienti, fornitori, normativa di settore, ecc. È fondamentale conoscere l’ambiente rilevante perché esso ha effetti sull’organizzazione e ne provoca il cambiamento. Quello che permette di distinguere un ambiente dall’altro sono gli obiettivi e le strategie aziendali, che si riferiscono sempre all’ambiente rilevante. Le organizzazioni possono sempre cambiare ambiente in base al cambiamento di obiettivi e strategie. 12 Obiettivi strategici (strategia) -> scelte dell’organizzazione volte a determinare con quali risorse, quale lasso di tempo e con quale mezzi questa decide di raggiungere i suoi obiettivi, rivolgersi al mercato e soprattutto di sopravvivere. Essi sono collegati all’ambiente rilevante da una freccia doppia: l’ambiente rilevante è determinato dagli obiettivi strategici dell’organizzazione. Gli obiettivi sono la variabile che consente di definire qual è l’ambiente rilevante (se cambio gli obiettivi strategici cambio l’ambiente rilevante). Le variabili sono distinte in HARD (blu) e SOFT (rosso): VARIABILI TECNICHE (HARD) -> strutture, tecnologie e meccanismo operativi, che per cambiare hanno bisogno di decisioni forti. - Strutture (scheletro): insieme quasi stabile (perché possono anche cambiare) dei ruoli che consentono all’organizzazione di raggiungere i propri obiettivi. - Tecnologie: tecniche e macchinari necessari per trasformare gli input organizzativi (materie prime) in output. Si portano alcune variabili esterne all’interno dell’organizzazione per trasformarle e dargli un valore superiore. - Meccanismi operativi (muscoli e tendini): insieme di strumenti che consentono ai membri dell’organizzazione di attivare comportamenti coerenti con gli obiettivi dell’organizzazione (sistemi di controllo, di pianificazione, processi, regole). VARIABILI SOCIALI (SOFT) -> persone e relazioni, potere e cultura, che sono soggette a cambiamenti umani. - Persone/relazioni: sentimenti, emozioni, ansie, desideri e cooperazione che portano ad un valore aggiunto. L’organizzazione si crea ogni volta che bisogna realizzare qualcosa che da soli non si potrebbe fare: ci sono le persone da selezionare e le relazioni che le persone hanno tra loro. - Potere: dinamiche politiche di influenzamento e strategie di massimizzazione dei propri interessi da parte dei diversi attori organizzativi (all’interno dell’organizzazione ci sono persone che riescono a influenzare il comportamento altrui e quindi attivare una cooperazione tramite incentivi psicologici o monetari). La capacità di influenzare i comportamenti delle persone verso gli obiettivi prefissati, se viene fatta in modo soffice viene detta LEADERSHIP, se fatta in modo più duro e formale è detta AUTORITÀ. - Cultura: è l’insieme dei valori condivisi dell’organizzazione. Si sviluppano dei modi di agire ricorrenti nell’organizzazione, è il carattere dell’organizzazione. 13 Prisma -> indica che ogni variabile è collegata con le altre in un rapporto di interdipendenza. Quando cambia qualcosa in una variabile ci sono ripercussioni in tutto il sistema (per mantenere equilibrio e coerenza). Es. con l’introduzione di un nuovo macchinario (intervento sulla tecnologia per migliorare l’efficienza) possono cambiare i rapporti di potere, i sistemi operativi etc. Bisogna quindi controllare gli effetti su tutte le altre variabili. Bisogna avere una logica di best fit e non di ottimizzazione per evitare che il sistema perda l’equilibrio. Bisogna prevedere quali sono gli effetti non sulla singola variabile ma sull’interno sistema. IMPLICAZIONI DELLA PROSPETTIVA SISTEMICA L'organizzazione è il risultato dell’interazione di variabili tra loro interdipendenti. Queste variabili sono funzionali rispetto a obiettivi e strategie dell'organizzazione. Il sistema è aperto e in continua evoluzione: dall’ambiente generale ci sono degli elementi che entrano e mettono il sistema in equilibrio precario. Gli obiettivi e le strategie regolano gli scambi con l'ambiente rilevante. I processi di cambiamento implicano il riadattamento di tutte le variabili. Il sistema tende all'equilibrio e alla coerenza, non all’ottimizzazione: le variabili devono restare in equilibrio. Si ragiona in un’ottica olistica: conta il tutto, non la singola parte. Esistono soluzioni ad hoc per ogni campo organizzativo, ogni organizzazione è unica e irripetibile. L’attività di progettazione organizzativa è quindi molto complessa perché si deve rispondere al fatto che ogni organizzazione è unica. LA PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA Dopo aver descritto e analizzato il sistema (prima fase di progettazione), è necessario fare anche una diagnosi e poi progettare i cambiamenti necessari per raggiungere un nuovo equilibrio e attuare questi interventi. L’attività di PROGETTAZIONE ORGANIZZATIVA è un’attività continua. Esistono 3 livelli di scelte di organizzazione: - Scelte del campo organizzativo: cosa voglio fare, con che ambiente rilevante voglio avere a che fare (scelta che deve fare chi fa una start up); - Scelte macro-strutturali: aggrego le mie unità di base e cercare le modalità per tenerle assieme; - Scelte del campo micro-organizzativo: divisione del lavoro all’intero nell’unità di base. La progettazione organizzativa risponde alle necessità di ricercare una configurazione esternamente e internamente coerente, efficiente ed efficace sia rispetto ad oggi sia rispetto alle opportunità e minacce future. La progettazione è l’insieme di relazioni che consentono di mantenere il sistema organizzativo in equilibrio con le funzioni che deve svolgere e l’ambiente in cui opera. L’azione di progettazione ha due funzioni: INTENZIONALE: intenzione di raggiungere certi obiettivi, non nascono a caso RAZIONALE: soggette alle leggi dell’economia, di equilibrare costi e ricavi e di produrre qualità. Le fasi di progettazione organizzativa: 1. ANALISI -> dei sintomi in rapporto all’unicità, alle capacità di adattamento e di equilibrio e alla coerenza interna. 2. DIAGNOSI -> individuazione delle variabili critiche che influenzano le forze; non bisogna fare una diagnosi allopatica ma olistica (nel suo complesso) in quanto ogni organizzazione è diversa dalle altre. 3. PROGETTAZIONE -> è il confronto fra le aree di criticità a livello di strutture, persone, culture, leadership etc. È il mix di azioni che portano all’equilibrio e ad una nuova coerenza. 4. ATTUAZIONE -> efficacia ed efficienza con cui l’organizzazione raggiunge i suoi obiettivi, i quali sono il risultato del bilanciamento di due esigenze di: - DIFFERENZIAZIONE (Lorenche e Lorsh) -> specializzazione, il sistema deve avere qualcosa di diverso da tutte le altre. - INTEGRAZIONE (coordinamento) -> capacità di tenere assieme il tutto. Il problema è che più mi specializzo più ho bisogno di integrazione e coordinamento. 14 TEORIE POST-CONTINGENCY Le teorie contingency sostengono che l’organizzazione si basi su un fenomeno contingente, in base a come si declina una variabile l’organizzazione si adatta. Le teorie post-contingency sono il gruppo di teorie tutt’ora più utilizzate, che hanno posto critiche nei confronti degli assunti base delle teorie contingency, quali: L’efficienza dell’impresa è data dalla correlazione tra le esigenze, la configurazione dell’ambiente e la configurazione dell’azienda (dato un ambiente, esiste una sola configurazione adatta all’organizzazione). La performance dell’organizzazione dipende da una combinazione dinamica del contesto ambientale e dell’assetto organizzativo. Le organizzazioni sopravvivono solamente quando sono intrecciate con l’ambiente in cui operano: per una specifica situazione esiste solo una possibile configurazione organizzativa (non idealtipi). Esiste una correlazione diretta tra grado di incertezza dell’ambiente e grado di flessibilità delle strutture organizzative. Gli ingredienti fondamentali di un’azienda per far fronte alla variabilità dell’ambiente sono DIFFERENZIAZIONE e INTEGRAZIONE: quanto più l’ambiente è variabile, complesso e variegato, quanto più l’azienda deve essere flessibili e adattativa. Critiche rivolte alle teorie contingency: Non esiste una soluzione “best fit”, ma varie soluzioni “BETTER FIT”, che possono tuttavia essere meno efficienti ed efficaci, ma l’azienda non muore per questo. Spesso i costi del cambiamento sono superiori rispetto ai costi alla resistenza al cambiamento, come ad esempio nel caso di ambienti in cui l’organizzazione può consentirsi il lusso di essere inefficiente. L’IMPRESA PUÒ MODIFICARE L’AMBIENTE ESTERNO, sono possibili strategia di influenza dell’ambiente e adattamento reciproco -> corrispondenza biunivoca tra ambiente e organizzazione. Le scelte di organizzazione possono avvenire per SELEZIONE NATURALE, le organizzazioni possono procedere a seguito di cambiamenti naturali. Le informazioni sull’ambiente sono AMBIGUE. Esso è qualcosa di poco oggettivo, è nella mente delle persone. Le teorie: 1. Dipendenza dalle risorse (Pfeffer & Salancik) 2. Adattamento e selezione naturale (Hannan & Freeman) 3. Costi di transazione (Williamson) 4. Neo-istituzionalismo (Meyer & Rowan; Di Maggio & Powell) 5. ‘Cestino dei rifiuti’ (Cohen, March & Olsen) DIPENDENZA DA RISORSE (PFEFFER E SALANCIK) Le organizzazioni dipendono da attori/stakeholder esterni (la dipendenza è qualcosa di più della semplice interazione) che detengono risorse critiche per il loro agire. Il grado di dipendenza aumenta se le risorse sono scarse es. chi produceva respiratori durante il covid aveva il potere contrattuale. La forma dell’organizzazione dipende da come e quanto dipendi da questi soggetti esterni. La gestione efficace di questi attori (aziende, governi, partiti politici, pubblica opinione) determina la configurazione organizzativa che è il risultato di questa lotta per la sopravvivenza (“Politica Estera” dell’impresa). L’azione politica volta a garantire le risorse indispensabili, comprese la legittimità e l’approvazione esterna, è più importante della mera performance economica (->modifica intenzionale ambiente esterno). Gli assetti strutturali dell’azienda sono il risultato di una negoziazione tra imprese e attori dell’ambiente esterno. La gestione di questi rapporti con gli stakeholder conta di più della performance aziendale, ecco alcune azioni da fare: - Partecipazioni incrociate, fusioni e acquisizioni -> posso acquisire un produttore così da non dipendere più da lui, oppure posso fare delle partecipazioni incrociate, quindi acquisto una quota dell’azienda. - Cartelli -> quando le aziende si mettono d’accordo per fare qualcosa insieme es. Ford, Fiat, Skoda insieme vanno a stipulare un accordo con il produttore cinese. 15 - Presenza in CdA (Consiglio di Amministrazione) -> è un modo per influenzare i fornitori di risorse scarse critiche. - Lobby -> è un’attività economica, significa mandare qualcuno a discutere e cercare di influenzare il governo, è una negoziazione politica. Gli autori, quindi, sostengono che non c’è una sola e unica possibilità di rapporto “strategia-organizzazione” per ogni tipo di ambiente (come previsto dalle teorie contingency), ma esiste una varietà di possibili strategie e assetti organizzativi in grado di rispondere a diversi tipi di pressione ambientale. In particolare, sono possibili due tipi di strategie: STRATEGIA DI ELUSIONE DELL’AMBIENTE: seppur l’azienda si rende conto che l’ambiente è cambiato, questa non cambia la propria struttura organizzativa (es. banche anni ’90: nonostante l’inflazione, non cambiarono le loro strutture in quanto possedevano utili molto forti). STRATEGIA DI MODIFICAZIONE DELL’AMBIENTE: le organizzazioni, di fronte ad un ambiente difficile possono decidere di cambiarlo e modificare le proprie strategie. Distinguiamo in: - Modifica dell’ambiente senza modifica degli assetti (confini organizzativi): partecipo alla costituzione di ‘cartelli’ con concorrenti per controllare i prezzi, o svolgo attività di lobbying a livello di associazionismo industriale per ottenere una normativa più favorevole dal governo. - Modifica dell’ambiente con modifica degli assetti proprietari dell’impresa: attraverso l’ingresso di stakeholder esterni rilevanti in CdA (Consiglio di Amministrazione) o tramite operazioni di fusione e acquisizione, ecc. (es. faccio entrare una banca in CdA per gestire meglio il fabbisogno finanziario, o acquisisco un’azienda fornitrice per controllare le materie prime). L’adattamento all’ambiente è l’eccezione, non la regola: i teorici ribaltano l’ipotesi dei teorici contingency, in quanto per loro, in condizioni di risorse scarse, la prima strategia è modificare l’ambiente. Diventare monopolisti e proprietari delle risorse più critiche e più scarse, es. proteggere le risorse umane, tecnologie più importanti e decisive. La lotta per la sopravvivenza dipende dalla politica estera dell’organizzazione nelle possibilità di questa di cambiare l’ambiente. Le aziende operano per mantenere e conquistare il potere rispetto alle loro risorse scarse. ADATTAMENTO E SELEZIONE NATURALE (HANNAN E FREEMAN) Questa teoria considera come unità di analisi non la singola organizzazione, bensì una popolazione di organizzazioni (un settore, un mercato, un territorio geografico) ed applica il concetto darwiniano secondo il quale in un certo ambiente tendono a sopravvivere le specie che meglio si adattano al contesto. La selezione darwiniana dice che sopravvive la specie più adatta al contesto es. azienda che produce scarpe è leader nel mercato, 11 dicembre 2001 la Cina entra nel WTO World Trade Organization, diventano leader perché più adatti al contesto, le aziende non flessibili hanno chiuso. L’organizzazione è il risultato di processi sia di ADATTAMENTO (apprendere le competenze chiave, non geneticamente date, per sopravvivere) che dipendono dai comportamenti dei soggetti e dalla competitività dell’ambiente esterno, sia di SELEZIONE, tramite un processo di selezione naturale sopravvivono solo le forme organizzative caratterizzate da maggior adeguatezza (better fitting) con le richieste dell’ambiente. In particolare, si possono distinguere: ❖ ORGANIZZAZIONI GENERALISTE (flessibili) -> sono capaci di sopravvivere in ambienti variabili e sono meno efficienti. Sanno fare più cose, aziende molto diversificate. ❖ ORGANIZZAZIONI SPECIALISTE -> sono molto efficienti sopravvivono solo in contesti stabili. Sanno fare una sola cosa con tanta efficienza, ma hanno meno possibilità di sopravvivere in contesti variabili. 16 ❖ ORGANIZZAZIONI POLIMORFICHE (network) -> nascono dall’aggregazione di organizzazioni specialiste che formano una sorta di ‘federazione’ che ne aumenta la flessibilità e quindi la capacità di affrontare contesti variabili (es. reti di piccole medie imprese, in cui alcune sono specialiste e altre invece più generaliste. Es. Aprilia si aggrega ad altre aziende per creare le moto e così compete con i colossi giapponesi). COSTI DI TRANSAZIONE (WILLIAMSON) È il contributo della teoria economica agli studi organizzativi e si focalizza sul concetto di costo delle transazioni fatte dalle organizzazioni. Williamson sostiene che qualsiasi problema possa essere affrontato come un problema di tipo contrattuale e analizzato in termini di “costi di transazione”. La transazione è uno scambio, l’organizzazione è un sistema che deve fare transazioni efficienti. Tale teoria vede l’impresa come una struttura di governo (governance) il cui problema fondamentale è quello di stipulare e garantire contratti (transazioni) affidabili ed efficienti. Si tratta di un’analisi in termini di costi e scelte comprese tra due estremi: MAKE -> l’organizzazione interna fa le cose (fare, internalizzare), l’azienda usa le sue strutture. Le transazioni sono basate sul controllo gerarchico e l’azienda limita l’opportunismo e favorisce il controllo, generando costi. Es. se io assumo una persona, aumentano i costi fissi. BUY -> la contrattazione di mercato esterno (comprare, esternalizzare). Il mercato esterno usa transazioni basate sul prezzo e produce un risparmio di costi e maggiore flessibilità aprendo però la porta all’opportunismo. Compro da altri. Es. azienda si affida a freelance, paga solo quella prestazione. Ogni scelta organizzativa può essere definita come una decisione tra mercato (buy) e organizzazione interna (make). La ricerca dell’efficienza consiste nella minimizzazione dei costi di transazione, vale a dire quelli necessari per regolare un certo scambio (tra l’impresa e un fornitore, tra l’impresa e un suo dipendente). Le imprese scelgono il proprio assetto organizzativo cercando di minimizzare i costi di transazione, con la consapevolezza che: l’internalizzazione (make) limita l’opportunismo e favorisce il controllo gerarchico. Aumenta i costi fissi. l’esternalizzazione (buy) determina minori costi diretti e assicura maggiore flessibilità. L’azienda perde il controllo della risorsa. Se ad esempio decido di allargare la mia azienda devo prendere una decisione efficace ed efficiente: ▪ Vado sul mercato e compro un’azienda già fatta. ▪ Creo un’azienda al mio interno. Quanto più l’operazione è specifica, incerta e frequente quanto più userò la gerarchia; mentre, quanto l’operazione è generica, certa e poco frequente, tanto più userò il mercato (es. io sono Amazon, ho bisogno di persone che mi fanno le consegne - operazione certa e generica - uso il mercato; se mi serve una persona che utilizza un determinato macchinario, io preferirò assumere questa persona). NEO ISTITUZIONALISMO (MEYER E ROWAN, DI MAGGIO E POWELL) Gli studiosi partono da una domanda: perché le organizzazioni tendono ad assomigliarsi così tanto nel proprio assetto? Secondo gli studiosi, il problema chiave per le organizzazioni è legittimarsi nell’ambiente istituzionale e dunque avere buoni rapporti con enti sovraordinati (UE, Stato, Sindacati, ecc.). Oggi le aziende devono curare la propria legittimità, ovvero devono essere in linea con il pensiero degli stakeholder che pressano. 17 L’organizzazione quindi si modifica per soddisfare queste pressioni. La forma organizzativa rappresenta una risposta cerimoniale a tali pressioni istituzionali, che tuttavia non ha a che fare con considerazioni razionali o di efficienza. Infatti, un grande rischio è che a volte dietro a “ufficio sostenibilità” o “ufficio diversità” è che non ci sia niente. Le organizzazioni assumono determinate forme organizzative per conformarsi alle altre. (es. diviene di moda il “bilancio sociale”, allora tutte le aziende lo fanno per apparire e crearsi un’immagine). Le organizzazioni tendono così ad assomigliarsi sempre più a causa DELL’ISOMORFISMO ISTITUZIONALE: tutte le organizzazioni devono seguire e rispecchiare concezioni di “appropriatezza” socialmente definite al fine di mantenere la propria legittimità a esistere e operare. È un contributo di tipo sociologico, spiega quali fenomeni sociologici determinano la somiglianza tra organizzazioni. Es. tutti hanno ufficio sostenibilità. Il problema fondamentale da gestire per un’impresa è la costruzione e il mantenimento della propria legittimità istituzionale verso gli stakeholder interni ed esterni. L’isomorfismo può essere di 3 tipologie: ISOMORFISMO COERCITIVO -> la legge 231 su governance delle aziende dice che ogni azienda deve avere un collegio di revisori, sindaci per i meccanismi di controllo del suo funzionamento, gli standard EMAS su carbon footprint sono standard che ti dicono come gestire elettricità, ecc. per ridurre impatto sul pianeta. Queste sono pressioni che nascono a livello legislativo. ISOMORFISMO MIMETICO -> Incertezza ambientale e benchmarking ‘acritico’. Guardo cosa fanno gli altri e lo copio, faccio benchmarking, in un mondo incerto gestisco le cose come le altre aziende anche se non so se sia giusto o no. ISOMORFISMO NORMATIVO -> Enti che promuovono la professionalizzazione come università e ordini professionali. Le persone che lavorano sono formate con le stesse competenze e portano le stesse cose nelle imprese, assumono stesse persone formate nello stesso modo. CESTINO DEI RIFIUTI/GARBAGE CAN MODEL (COHEN, MARCH, OLSEN) Visione tradizionale dell’organizzazione: Questa teoria ribalta tali assunti, sostenendo che: La partecipazione delle persone Le persone partecipano in modo fluido, nell’organizzazione è tendenzialmente stabile. variabile, talvolta bizzarro. I problemi e le soluzioni si leghino in modo I problemi si legano alle soluzioni in modo chiaro e stretto secondo rapporti di causa- spesso casuale, ambiguo e debole. effetto. L’ambiente non è una variabile indipendente, L’ambiente è qualcosa di oggettivo. ma è qualcosa di cangiante, mutevole, soggettivo che si trova nella mente delle persone. Consiste in una serie di informazioni ridondanti che l’impresa deve selezionare sulla base della mediazione realizzata dai processi di percezione e di allocazione dell’attenzione. È una teoria che immagina che ci sia un cestino dei rifiuti in cui si accumulano problemi, decisioni, persone e così si produce un atto organizzativo. L’ambiente non è oggettivo, non è una variabile indipendente. È una prospettiva che ci dice che i processi organizzativi sono in larga parte casuali. L’ambiente è qualcosa di soggettivo, in quanto costruito sulla base di modelli, teorie e processi cognitivi che variano da persona a persona. Se l’ambiente è ambiguo e dotato di senso ex post, se gli obiettivi degli attori sono a loro volta ambigui, se la tecnologia da utilizzare è spesso poco chiara, se la partecipazione è altalenante, allora diventa difficile pensare all’organizzazione come qualcosa di stabile, gestita secondo criteri di razionalità strumentale. 18 L’ambiente è concepito come una serie di informazioni ridondanti che l’impresa deve selezionare sulla base delle proprie strutture percettive (cognitive e culturali) e dell’allocazione dell’attenzione (risorsa limitata): ambiente socialmente costruito. Significa dare senso a cose casuali, razionalizzazione di fatti casuali. La determinazione della configurazione organizzativa procede in modo adattivo per tentativi ed errori, provando e poi ‘spiegando e rileggendo’ a posteriori. L’organizzazione è “una collezione di scelte che cercano problemi, di questioni e sensazioni che cercano situazioni di decisione in cui possono essere rese note, di soluzioni che cercano domande alle quali possono essere date risposte e di decisioni in cerca di lavoro". L’organizzazione è un processo largamente casuale: è vista come un “cestino dei rifiuti” in cui i vari elementi finiscono e si mescolano in modo largamente casuale. TEORIE DELL’ATTORE Si tratta di un approccio teorico di matrice fenomenologico-costruttivista, i cui assunti di fondo sono: Attenzione verso la natura umana dei sistemi sociali. Attenzione a come gli individui si pongono nei confronti di una organizzazione, a come la percepiscono, la interpretano e la trasformano in funzione del loro punta di vista soggettivo. Organizzazione come una realtà umana soggettivamente costruita dalle percezioni e attribuzioni di senso e di significati operate dagli individui. Analizzando le strategie introdotte dagli attori è possibile, ex post, dare un senso dell’agire degli individui e dell’organizzazione. Attenzione alle strategie personali, dei giochi e dei sistemi di interessi degli attori. Come indicato nello schema di sintesi iniziale, si distinguono tre filoni principali: politico (Michel Crozier), culturale (Edgar Schein), cognitivista (Karl Weick). MICHEL CROZIER : ATTORE COME PORTATORE DI INTERESSI - FILONE POLITICO Per sviluppare la sua teoria, Crozier studia le organizzazioni statali, in particolare l’istituto contabile e il monopolio di Stato (teoria perfettamente rispondente ai canoni della burocrazia weberiana: ambiente esterno completamente stabile, dominio delle procedure formali, ruoli definiti con chiarezza assoluta). Analizzandole, osserva che in queste organizzazioni rigide, è possibile individuare un mondo parallelo dove gli attori attivano canali informali e strategie sotterranee per aumentare il proprio spazio di influenza e limitare quello degli altri: per lui le persone dentro l’organizzazione non sono solo un braccio (come diceva Taylor) né un cuore (come dicevano gli studiosi delle Human Relation), ma una MENTE, una STRATEGIA, una LIBERTÀ (esseri liberi in organizzazioni costrittive). Egli vede l’organizzazione come UN’ARENA POLITICA, all’interno della quale gli individui attivano strategie volte a perseguire i propri interessi personali o di coalizione, a scapito dell’organizzazione. Dunque, l’organizzazione, intesa come azione cooperativa verso un obiettivo comune, viene dopo. Il concetto fondamentale per guardare le persone è il POTERE, ossia la capacità di difendere i propri margini di libertà e di sottrarsi al controllo altrui: ha potere chi è in grado di difendere i propri interessi, condizionando gli interessi degli altri. Il sistema è condizionato dai giochi politici degli attori, dunque le organizzazioni si muovono a seconda degli interessi delle persone che cercano di acquisire il potere. Per capire un’organizzazione bisogna studiare le strategie che gli attori, individuali e collettivi (coalizioni), adottano nei quotidiani rapporti reciproci dentro il quadro delle regole formali dell’organizzazione (all’interno di norme prescritte, ruoli, regole, ecc.) 19 EDGAR SCHEIN : ATTORE COME PORTATORE DI VALORI - FILONE CULTURALE Secondo Schein, le organizzazioni non sono né macchine né organismi, bensì “ culture”, cioè entità simboliche dotate di significato per chi ne fa parte. Dunque, per comprenderne i meccanismi interni, bisogna soprattutto esaminarne il CAMPO SIMBOLICO: riti, cerimonie, miti, storie, simboli, valori, linguaggi, eroi. L’analisi di un’organizzazione consiste nello studiare la sua cultura. Le organizzazioni sono TRIBÙ MODERNE: per studiarle, così come gli antropologi studiano le tribù, si ricorre ad analisi di tipo qualitativo, in particolari i metodi dell’antropologia culturale e dell’etnografia (mettersi nei panni dei nativi, osservare, entrare dentro per dedurre regole e modalità di funzionamento). Per Schein, la cultura organizzativa rappresenta l’insieme coerente di principi che un gruppo sociale ha inventato, scoperto e sviluppato imparando ad affrontare i problemi di integrazione interna e di adattamento esterno. Per Schein, l’analisi di una cultura si articola su tre livelli di profondità crescente: ARTEFATTI E CAMPO SIMBOLICO -> attraverso cui l’organizzazione si esprime e si manifesta visibilmente. È un insieme di espressioni, simboli che hanno alle spalle dei significati. VALORI ESPLICITI -> in cui i membri si ritrovano e che vengono comunicati anche all’esterno. ASSUNTI DI BASE/PROFONDI -> ossia principi che vengono agiti in modo automatico e inconscio (cosa è buono e cosa è cattivo, cosa fare per stare all’interno - non sono regole scritte nelle norme aziendali, ma vanno interpretate dai simboli come rituali, cerimonie). L’analisi deve essere integrata da un approccio che metta a fuoco tre aspetti: ❖ come la cultura organizzativa viene trasmessa, recepita e adattata; ❖ le risposte date a eventi critici nella storia dell’organizzazione (concorrono a formare l’identità collettiva dell’organizzazione); ❖ le anomalie o i tratti sorprendenti osservati o scoperti. La cultura incide su dimensioni organizzative cruciali: motivazione, appartenenza, coesione, ecc. KARL WEICK: ATTORE COME PRODUTTORE DI SENSO - FILONE COGNITIVISTA È una prospettiva teorica che mette al centro il “cervello”: egli focalizza la propria attenzione sui processi cognitivi attraverso cui i soggetti organizzano le informazioni e danno senso ai flussi di esperienza (soggettivismo). L’assunto di fondo è che il mondo esterno non possiede un senso intrinseco, ma ha sempre e soltanto il senso che noi gli attribuiamo con le nostre MAPPE CAUSALI, quindi attraverso i processi di creazione di senso (sense-making -> creare senso = organizzare). Tale teoria si collega alla teoria del CONTENITORE DEI RIFIUTI, secondo cui le organizzazioni sono cangianti, mutevoli e soggettive, in quanto si dotano di senso a seconda delle spiegazioni e dai valori profondi delle persone. L’organizzazione è un NON-SENSO che assume senso a seconda delle esperienze dei soggetti che ne fanno parte. Secondo questo approccio, all’idea di “organization”, intesa come qualcosa di stabile, si sostituisce quella di “ORGANIZING”, che indica un processo dinamico in cui le persone, calate in un mondo ambiguo e largamente incomprensibile, provano a dare senso ai flussi di esperienza che vivono mettendovi ordine. TEORIE DELL’AZIONE Le teorie dell’azione valorizzano i processi e i movimenti all’interno dell’organizzazioni: collegano le azioni condotte dagli uomini ai fini organizzativi, considerando il TEMPO come variabile fondamentale. L’organizzazione è vista come 20 un insieme di processi finalizzati a raggiungere determinati obiettivi. L’AZIONE ORGANIZZATIVA (un processo fatto di azioni e decisioni) è basata su una razionalità intenzionale e limitata. Si distinguono 3 teorie diverse: le funzioni del dirigente (Barnard), la razionalità limitata (Simon) e la protezione del nucleo tecnico (Thompson). C. BARNARD: LE FUNZIONI DEL DIRIGENTE Barnard è contemporaneo a Taylor, pur avendo una visione diversa dell’organizzazione. La TEORIA DELLE FUNZIONI DEL DIRIGENTE si basa sul concetto di impresa come “sistema cooperativo”, che per esistere necessita di 3 ingredienti fondamentali: fine comune volontà di cooperare comunicazione (tessuto connettivo dell’organizzazione e linfa vitale della cooperazione) Per spiegare la sua teoria, Barnard immagina un’auto che sta andando su una strada di campagna; questa si ferma per un problema, allora il guidatore, impedendo alle altre macchine di passare, cerca di spingere la macchina per spostarla; chiede alle altre persone sulla macchina di cooperare per spostarla; queste persone, spinte dall’interesse di proseguire e aiutarlo, scendono e spingono la macchina (cooperazione volontaria, interessata). Anche in questo caso non riescono a spostare la macchina, allora cercano persone che possano aiutarli: alcune sono disposte a farlo gratuitamente, altre invece solo se ricevono incentivi (monetari); alla fine riescono a spostare la macchina —> l’organizzazione nasce quando c’è un fine comune e una cooperazione, che può essere libera oppure legata alla ricezione di incentivi. L’uomo si pone sempre scopi per trasformare l’ambiente circostante; tuttavia, gli si presentano sempre dei limiti (fisici, biologici, conoscitivi, sociali) che per superare, deve passare dallo sforzo individuale alla cooperazione interpersonale: nel momento in cui le persone cominciano a cooperare, entrano in gioco le ORGANIZZAZIONI FORMALI. I rapporti formali (taylorismo) non sono sufficienti e devono integrarsi con quelli informali (relazioni umane) che, anch’essi, da soli non bastano per un buon funzionamento organizzativo; bisogna analizzare il rapporto fra aspetti formali (fini organizzativi, regole, modalità prestabilite) e informali (moventi individuali che spingono a aderire al fine comune dell’organizzazione). Barnard fa una distinzione fra FINI DELL’ORGANIZZAZIONE e MOVENTI INDIVIDUALI, sostenendo che per raggiungere i primi, bisogna rivolgere particolare attenzione ai moventi individuali (cosa spinge le persone a aderire ai fini organizzativi). Il compito del dirigente è lavorare alla convergenza dei fini organizzativi e dei fini personali attraverso la comunicazione. Per spingere le persone a cooperare, occorre costruire un rapporto positivo tra contributi e incentivi non solo economici ma soprattutto non materiali (gratificazione morale, stima, buon clima nelle relazioni) —> l’organizzazione è quanto più efficace ed efficiente tanto più si occupa di quegli INTERESSI IMMATERIALI che muovono le persone. Barnard codifica le principali funzioni del dirigente: - assicurare un EFFICIENTE SISTEMA DI COMUNICAZIONE; - garantire L’ACQUISIZIONE regolare e costante delle RISORSE NECESSARIE al funzionamento dell’organizzazione; - determinare con CHIAREZZA I FINI DELL’ORGANIZZAZIONE. H. SIMON: LA RAZIONALITA’ LIMITATA La teoria della razionalità limitata segna il passaggio dal funzionalismo (focus su fini e funzioni dell’organizzazione) al comportamentismo (focus sui comportamenti concreti agiti). L’uomo non è un soggetto perfettamente razionale, ha 21 limiti cognitivi, è influenzato da interessi, talvolta ha poche di alternative, si confronta con catene di mezzi/fini incomplete, deve mediare con gli altri nelle decisioni collettive. Per questo motivo, l’azione organizzativa è guidata da una razionalità strumentale e non oggettiva: le decisioni non sono quasi mai prese in condizioni di certezza: condizioni ottimali non ci sono quasi mai, bisogna arrangiarsi tra le opzioni possibili. PRINCIPI CHIAVE: Organigrammi e ruoli vs interpretazione e decisione L’uomo non è un soggetto perfettamente razionale. Le decisioni sono processi (non atti istantanei) in cui mezzi e fini sono continuamente confrontati alla ricerca di una soluzione soddisfacente (e solo raramente ottimale): cerco un ago nel pagliaio che mi consenta di svolgere l’operazione di cucire, non quello più aguzzo. L’organizzazione deve trovare un EQUILIBRIO TRA INCENTIVI E CONTRIBUTI (non solo monetari) per far sì che l’individuo sia sempre spinto a darsi da fare. J. THOMPSON: LA PROTEZIONE DEL NUCLEO TECNICO Le organizzazioni sono sistemi che muovendosi in contesti di forte incertezza cercano di rimanere il più possibile razionali al proprio interno. L’organizzazione è come una MELA: o Torsolo (duro - NUCLEO TECNICO) -> fornisce prestazioni regolari e costanti e funziona secondo criteri di razionalità tecnica. o Buccia (dura - LIVELLO ISTITUZIONALE) -> deve confrontarsi con le sfide dell’ambiente, adattandosi e ispirandosi ai criteri della razionalità organizzativa, preserva l’organizzazione dalle sfide dell’ambiente. o Polpa (morbida - MANAGEMENT) -> collega nucleo tecnico e livello istituzionale, gestione dell’organizzazione. In sintesi, l’organizzazione si stratifica su tre livelli: TECNICO, MANAGERIALE E ISTITUZIONALE. L’azione organizzativa mira alla protezione del suo nucleo tecnico (tecnologia chiave). Il management cerca di proteggere la tecnologia chiave, determinate risorse umane oppure tutto ciò che l’organizzazione sa fare bene o che ha diverso rispetto agli altri. Alla razionalità tecnica (perfetto rapporto di causa effetto tra input e output) tipica dei sistemi chiusi, si aggiunge quella organizzativa, basata su 4 logiche: BUFFER: assorbire fluttuazioni esterne del mercato (stock, magazzini), SMOOTH: riduzione variazioni esterne (promozioni di prodotti fuori stagione), ANTICIPATE AND ADAPT: prevedere le fluttuazioni (assunzioni stagionali di personale per il picco natalizio), RATIONING: razionamento risorse (servire solo clienti VIP). MODELLO DI VALUTAZIONE DELL’ATTIVITÀ DELLE ORGANIZZAZIONI (THOMPSON) I manager attutano 4 strategie possibili a seconda di due variabili: ❖ Conoscenza dei mezzi (completa o incompleta) ❖ Preferenze sugli obiettivi (chiare o ambigue) 22 Le 4 strategie sono: ▪ Efficienza (strategia di CALCOLO) -> obiettivi chiari tipo produrre 100 pezzi e conoscenza completa dei mezzi, ho 3 macchine. Calcolo in modo chiaro quanto ci mette ogni macchina e scelgo la macchina che mi permette di produrre 100 pezzi nel minor tempo possibile. ▪ Sufficienza (strategia di STIMA, giudizio) -> obiettivi chiari tipo fare una campagna pubblicitaria per raggiungere certi obiettivi di vendita però la conoscenza dei mezzi è incompleta, due agenzie pubblicitarie mi propongono l’utilizzo di due mezzi diversi. Uso delle strategie di stima per scegliere quale mezzo utilizzare, scelgo a spanne chi mi permette di raggiungere i miei obiettivi. ▪ Negoziazione (strategia di COMPROMESSO) -> obiettivi ambigui tipo produrre utili e conoscenza dei mezzi completa, ci sono diversi modi per produrre utili come ad es. aumentare le vendite, ridurre i costi, ecc. Devo negoziare al mio interno con le persone che posseggono le risorse. ▪ Intuito (strategia di ISPIRAZIONE) -> obiettivi ambigui tipo raggiungere la pace nel mondo, ridurre l’inquinamento e conoscenza incompleta dei mezzi. Il management agisce per intuito. L’organizzazione non tende alla massima efficienza, ma all’equilibrio e all’adattamento affinché tutte le variabili interne operino secondo coerenza, tenendo conto anche dell’ambiente esterno. COORDINAMENTO E STRUTTURE ORGANIZZATIVE Alcuni concetti fondamentali Organigramma È la rappresentazione grafica della struttura aziendale e ha finalità di formalizzazione e comunicazione delle responsabilità. Cioè, serve a capire chi riporta a chi. È composto da rettangoli collegati tra loro da linee orizzontali e verticali. Ogni casella ha una posizione e delle responsabilità. Posizione È la singola “casella” dell’organigramma e individua una responsabilità organizzativa formale. Indica delle responsabilità. Mansioni Insieme di compiti/attività affidate a una posizione organizzativa. Non si trova nell’organigramma. Staff Unità organizzative investite di una responsabilità consultiva, di servizio rispetto alla linea, non riguarda il core business dell’azienda ma supportano lo sviluppo. Aiutano le linee a prendere decisioni. Collegamento con linea orizzontale in organigramma. Es. studio legale, comunicazione, amministrazione del personale, ecc. Linea Unità organizzative investite della responsabilità diretta di fare il business, presidiando le attività primarie. Collegamento con linea verticale in organigramma. Es. produzione, vendite, ecc. 23 Rapporto Indica la dipendenza da una posizione gerarchica sovraordinata (con facoltà formale di gerarchico “premiare/punire”), rappresentata graficamente da una linea continua. Chi ha l’autorità formale di fare il capo: non sempre autorità significa autorevolezza (capacità di farsi sentire indipendente dall’avere autorità formale =leadership). C’è chi comanda e chi segue le indicazioni. Rapporto Indica la dipendenza da una posizione di indirizzo metodologico (con facoltà formale di funzionale “suggerire il modus operandi”), rappresentata graficamente da una linea tratteggiata. Mi dice come fare qualcosa, consigli su come operare. Span of Control Numero di posizioni dipendenti da una posizione gerarchicamente superiore. Quanti riporti diretti può avere un manager. Dipende dalla complessità del lavoro: se il lavoro è semplice lo span si può allargare, se invece il lavoro è più complesso lo span deve essere più ridotto perché c’è bisogno di un confronto continuo con il manager, e lui deve avere tempo per farlo. - Span ridotto verticalità: piramide stretta e alta, potere verso il vertice. - Span allargato orizzontalità: piramide bassa e larga, struttura flat, tende a decentrare la responsabilità decisionale. Consiglio di Gruppo di persone che esprime la composizione proprietaria e affida la gestione a un amministrazione Amministratore Delegato (AD/CEO): è la persona che collega il Consiglio di amministrazione alla direzione. Non c’è nell’organigramma perché è superiore. Comitato di Organo di gestione dell’organizzazione, composto dall’AD e dai Direttori delle principali unità Direzione organizzative (funzioni/divisioni). Il vertice è il Consiglio di amministrazione poi c’è l’AD e poi ci sono le direzioni. STRUTTURA ORGANIZZATIVA La struttura organizzativa è la configurazione unitaria e coordinata degli organi aziendali e degli insiemi di compiti e responsabilità loro assegnati. Per formalizzare i rapporti tra le persone è opportuno fare un grafico in cui individuo gli organi aziendali (direzione generale, responsabile vendite, responsabile creativo) e i loro compiti. La struttura organizzativa è il risultato di un processo di divisione e ricomposizione orizzontale e verticale del lavoro. È come lo scheletro nel corpo umano: comprende gli elementi stabili che costituiscono l’organizzazione. Essa non riguarda solo la configurazione strutturale (attribuzione ruoli e livelli gerarchici), ma riguarda anche il grado di specializzazione del lavoro, la standardizzazione di procedure, la formalizzazione delle decisioni, il grado di centralizzazione delle decisioni: non dice solo come è diviso in modo statico il lavoro, ma anche in che misura. La struttura è l’insieme delle relazioni stabili, in una certa misura, che caratterizzano un’organizzazione. La struttura organizzativa può essere FUNZIONALE o DIVISIONALE: al di sotto del vertice ci sono delle funzioni organizzative, che riguardano le attività che ogni azienda deve fare per funzionare. Non esiste una struttura ottimale: nel disegnarla, ne faccio una “sub-ottimale”, che mi permette di posizionare in modo coerente le attività per conseguire i miei obiettivi (dalla divisione del lavoro, ottengo dei vantaggi e allo stesso tempo svantaggi, dunque, per forza sosterrò dei costi). I modelli fondamentali di strutture organizzative sono la struttura funzionale e divisionale: per leggere un organigramma bisogna guardare il primo livello (cosa c’è dopo il vertice): se ci sono funzioni (acquisti produzione vendite) è una struttura funzionale; invece, se trovo diverse tipologie (distribuzione aree geografiche, prodotti) è struttura divisionale. STRUTTURA FUNZIONALE (O STRUTTURA PER INPUT) Prevede una divisione del lavoro sulla base delle SPECIALIZZAZIONI FUNZIONALI quali produzione, commerciale, amministrazione, personale, acquisti, ricerca e sviluppo, ecc.: si raggruppano in una “casella” tutte le persone che svolgono una determinata attività. Le diverse direzioni sono sotto la gestione della direzione generale. È una struttura orientata all’efficienza interna più che all’efficacia con obiettivi chiari che, se cambiano, comportano problemi stessa specie di processi ma oggetti diversi). 24 VANTAGGI della struttura funzionale: Favorisce il raggiungimento di obiettivi di Accentra le responsabilità di profitto: il efficienza: minor utilizzo di risorse possibili. responsabile di profitto dell’organizzazione è il Favorisce lo sviluppo della formazione direttore generale (coordina le varie funzioni); specialistica: verticale ma scarsa visione il responsabile funzionale è responsabile solo d’insieme. di una parte, ossia dell’efficienza della sua Permette di sfruttare le economie di scala: il funzione. numero di persone è coerente al volume che Consente una gestione rapida delle eccezioni devo produrre. operative: se si verifica un problema in una Favorisce il controllo centralizzato: nel casella dell’azienda, è possibile subito dividere il lavoro in termini funzionali, ogni identificare sulla base della natura del persona ha il controllo di una funzione. problema, qual è la funzione coinvolta. Quando c’è un problema sia le persone sotto che sopra, sanno a chi rivolgersi. SVANTAGGI della struttura funzionale: Problemi di coordinamento: conflittualità tra Non si sviluppano competenze manageriali funzioni, classica tra produzione e vendita, in Resistenza alla diversificazione quanto le due funzioni hanno obiettivi diversi. prodotti/mercati: difficoltà a adeguarsi ai Se non si riescono a risolvere le conflittualità, cambiamenti in quanto bisognerebbe deve intervenire il capo. modificare l’intero sistema. Rigidità e lentezza di risposta ai cambiamenti Non si favorisce l’innovazione: se ci sono esterni: i cambiamenti dell’ambiente innovazioni, riguardano una singola funzione. modificano gli assetti messi a punto fino a quel modello. CONDIZIONI alle quali il modello si adatta: Ridotta varietà di prodotti: sfruttare economie Elevata stabilità ambientale di scala Tasso di innovazione basso Ciclo di vita del prodotto lungo: non sono Orientamento all’efficienza: ottimizzare i costi costretto a continui cambiamenti di prodotti Mercato maturo. es. Coca Cola STRUTTURA DIVISIONALE (O STRUTTURA PER OUTPUT) Prevede una divisione del lavoro sulla base del TIPO DI PRODOTTO, o in base al MERCATO/CLIENTELA, ALL’AREA GEOGRAFICA. Ogni divisione presidia segmenti esterni dell’ambiente rilevante. Lo sguardo non è rivolto all’efficienza esterna, ma all’ambiente esterno rilevante. Nell’organigramma di una struttura divisionale, le funzioni agiscono da supporto alla direzione generale, mentre le divisioni sono più importanti (processi diversi che riguardano lo stesso oggetto). Ci sono delle funzioni di staff che aiutano il direttore generale nel prendere decisioni in settori che non riguardano l’ambiente esterno, ma certi problemi interni all’azienda. Ciascuna divisione (o unità di business) presiede un segmento di ambiente esterno (abbigliamento, tessuti, arredamento) comprendendo tutti gli input (vendite, produzione ecc.) 25 Ogni funzione è subordinata al direttore di divisione cui appartiene: sotto una divisione, troviamo sempre una struttura funzionale. Le 3 divisioni sono come 3 aziende diverse, ognuna della quale è responsabile del profitto del proprio ambito e dunque ha a disposizione tutte le risorse che gli consentano di fare profitto. È come se la direzione generale fosse divisa in 3 parti (divisioni). La direzione generale è supportata poi da delle funzioni che la aiutino a risolvere situazioni che riguardano tutte e 3 le divisioni ma in maniera saltuaria (non sono funzioni necessarie sotto ogni singola divisione). Struttura divisionale per aree geografiche della APPLE COMPUTER. All’interno di ogni unità organizzativa di business c’è un manager responsabile del profitto a livello di quel sotto-segmento di mercato; egli risponde al direttore generale, ma ha il potere di organizzarsi al proprio interno per funzioni. Ormai quasi tutte le aziende decidono di organizzarsi con strutture divisionali, in quanto: - I mercati sono sempre più turbolenti - I cicli di vita dei prodotti sono sempre più rapidi - È sempre più importante rispondere ai bisogni dei clienti e diversificare - È sempre più importante l’efficacia, senza trascurare l’efficienza. Riorganizzazione da una struttura funzionale a una divisionale nel campo dell’info-tech. Fino agli anni ’80 nel settore tech c’era solo un unico concorrente: l’IBM (mercato monopolista e statico). Per questo le poche aziende presenti sul mercato erano organizzate in strutture funzionali, per ottimizzare le risorse e fare economie di scala con i pochi prodotti che vendevano. Quando l’innovazione si velocizza nascono i pc, i tablet, ecc. e i clienti vogliono prodotti sempre più personalizzati, l’IBM fatica a rispondere al mercato con una struttura funzionale, quindi si organizza in modo divisionale. Vengono creati 3 settori di ambiente molto promettenti, dunque crea 3 divisioni, 3 mini-aziende e seleziona tre persone promettenti che possano sviluppare questo business liberamente. A loro volta i manager organizzano la loro divisone in termini funzionali (fare al meglio sempre le stesse cose), poiché nel loro singolo settore devono fare efficienza (R&S, produzione, contabilità, mkt, vendite, ecc.). Un’organizzazione può essere divisionale anche al secondo livello. VANTAGGI della struttura divisionale: Efficace coordinamento interfunzionale: se Favorisce la crescita tramite la divido l’azienda in “3 aziende”, riesco a diversificazione: posso aprire una divisione coordinare meglio. nuova e espandermi in altri mercati. 26 La responsabilità di profitto è distribuita in Consente elasticità operativa e tempestività più divisioni: ci sono più capi azienda. di risposta agli stimoli ambientali (efficacia). Favorisce la formazione di quadri direttivi con capacità manageriali. SVANTAGGI della struttura divisionale: Con lo sviluppo dimensionale ogni divisione Aumentano i problemi di coordinamento tra tende a presentare i problemi tipici della divisioni. struttura funzionale. Possibile insorgenza di conflitti tra divisioni: Elevato costo a causa di duplicazioni allocazione delle risorse, utilizzo staff centrali. funzionali. È necessario coordinare gli obiettivi divisionali con quelli globali. CONDIZIONI alle quali il modello si adatta: Alta eterogeneità: prodotti, mercati, Orientamento all’efficacia: non efficienza, geografie, ecc. ossia fare sempre meglio le stesse cose. Ciclo di vita del prodotto breve Mercato in sviluppo Elevata instabilità ambientale: necessità di reattività e decentramento. È difficile fare efficienza e efficacia nello stesso momento: se punto all’efficienza (interna -input) scelgo una struttura funzionale, se invece punto all’efficacia (esterna - output) , scelgo una struttura divisionale. STRUTTURA PER PROGETTI Prevede una divisione del lavoro sulla base di PROGETTI DI ATTIVITÀ aventi una durata limitata nel tempo: la variabile chiave non è il presidio di input o output, ma il tempo es. se devo costruire una diga, decido di creare una nuova organizzazione solo per questa attività, prendendo risorse da quella già esistente. Nella struttura per progetti la direzione generale nomina un project manager: responsabile di business a cui affido il proseguimento del progetto e che dunque ne ha la responsabilità del profitto. In entrambi i casi, sotto la direzione generale ci sono due sezioni di staff (servizio legale e direzione finanza) e poi ci sono varie funzioni (direzione vendite, mkt, produzione, amministrazione, ecc.); la differenza sta nell’impiego delle risorse delle varie funzioni: STRUTTURA PER PROGETTO “DEBOLE” -> le direzioni sono coinvolte sul progetto “part time” es. 2 giorni al mese. Il project manager attinge alle persone delle varie delle funzioni solo per un tempo limitato. Esse continuano ad essere solo dipendenti alle direzioni cui appartengono e sono solo “prestate” al project manager nel momento in cui ne ha bisogno; a partire da questo caso sono dipendenti a questo, ma quando non sono più necessarie per il progetto, ritornano nella loro direzione di appartenenza. STRUTTURA PER PROGETTO “FORTE” -> le risorse sono coinvolte sul progetto “full-time” es. tutti i giorni per 6 mesi. Il product manager ha bisogno di queste risorse full time, per tutta la durata del 27 progetto; dunque, le persone sono cedute al responsabile di progetto e portate alle sue dipendenze, non appartengono alla l

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