Document Details

Uploaded by Deleted User

Tags

psichiatria storia della psichiatria malattie mentali medicina

Summary

Questo documento fornisce un'introduzione alla psichiatria, esplorando la sua storia dalla preistoria fino all'epoca moderna, sottolineando gli aspetti chiave della comprensione e del trattamento delle malattie mentali. Il testo analizza diverse concezioni e approcci, dai riti magici alle teorie mediche, illustrando l'evoluzione del pensiero e delle pratiche.

Full Transcript

04/10 Prima della fine del diciottesimo secolo non esisteva una disciplina come la psichiatria. Eppure, i disturbi psichiatrici in quanto tali sono sconosciuti da sempre e le malattie mentali sono vecchie quanto il genere umano. La storia della psichiatria come scienza medica, data solo circa 200...

04/10 Prima della fine del diciottesimo secolo non esisteva una disciplina come la psichiatria. Eppure, i disturbi psichiatrici in quanto tali sono sconosciuti da sempre e le malattie mentali sono vecchie quanto il genere umano. La storia della psichiatria come scienza medica, data solo circa 200 anni. La storia della diagnosi e cura delle malattie mentali inizia lontano nel tempo. Dall’antichità più remota la concezione dei disturbi mentali deve fare i conti con una potente figura dell’immaginario collettiva: la FOLLIA→comportamento astratto che però ha un impatto inevitabile con la realtà. Dimensione astratta e simbolica dell’irrazionale, concepita come una forza imponderabile, inconoscibile e inevitabile, ma allo stesso tempo materialmente incidente nella realtà. Il rapporto della follia con il reale è problematico→non è un semplice fenomeno, ha una dimensione minacciosa, si oppone al sistema codificato. Sistema che si oppone al sistema universalmente condiviso e lo stravolge nel profondo. Ogni volta che accade qualcosa che si oppone al sistema si invoca il concetto della follia. Mette in crisi le forme e i concetti della realtà riconosciuti dalla cultura dominante. DEFINIZIONE DI SALUTE: una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente l’assenza di malattia o infermità (OMS). La psichiatria è collegata al PREGIUDIZIO: a priori, senza dati di realtà. Pensare male degli altri senza ragioni sufficienti. È basato sui normali ragionamenti che facciamo per capire la realtà sociale. Giudizio spesso infondato, figlio spesso dell’ignoranza. Il pregiudizio è un’opinione che formuliamo precedentemente senza avere nessuna prova o supporto e può essere positivo, ma in genere è negativo. È un’opinione positiva-negativa su gruppi o oggetti, non documentata. ALLPORT: pregiudizio come pensar male degli altri senza una ragione sufficiente. La definizione contiene i due elementi essenziali: il riferirsi ad un giudizio infondato ed il valore negativo. La storia nasce da lontano, dagli egizi, poi quarto secolo a.C., Ippocrate (medico greco)→teoria dei 4 umori che potevano invadere l’organismo e dare luogo alle diverse malattie, anche di tipo psichiatrico. 1800 nasce il manicomio (identificazione del paziente psichiatrico). Prima ospedali, poi asili, poi manicomi. La svolta più importante per la storia della psichiatria avviene nella prima metà del 900/fine 800→Freud: teoria psicanalitica e proposta di cura attraverso la parola. 3400 a.C.: Egizi e prime testimonianze dei disturbi mentali IV sec. a.C.: la medicina ippocratica dal 200 d.C. al 1300: magia ed esorcismo dal ’400 al ’500: il rogo dei folli dal ’600 al ’700: la segregazione l'800: la nascita del manicomio la prima metà del '900: nascita della visione psicoanalitica la seconda metà del '900: la nuova psichiatria Dal ricovero coatto al ricovero volontario La legge 180: una questione giuridica e culturale Dall'internamento al diritto alla salute: la legge di riforma Il Servizio sanitario nazionale Il primo Progetto obiettivo tutela salute mentale 3400 a.C.-la medicina degli Antichi Egizi: la più antica testimonianza sembra essere costituita dal documento chiamato PAPIRO DI EBERS. Si ritiene che il documento arrivato a noi sia una copia di un originale databile intorno al 3400 a.C. Gli egizi consideravano malattie i disturbi mentali→fra i quadri clinici descritti si possono riconoscere la depressione e la demenza. Nell’esposizione delle ipotesi causali si propongono delle congetture che attribuiscono la responsabilità dei sintomi ad avvelenamenti, problemi legati alla materia fecale e demoni. IV secolo a.C.-la medicina ippocratica: La scuola medica greca fondata da Ippocrate di Kos (460-370 a.C.) si distingueva dalla medicina egiziana ed assiro-babilonese per una concezione non più statica, ma dinamica della malattia, della quale studiava lo sviluppo e il decorso, descrivendone le fasi, la maturazione, i parossismi e le crisi. L’uscire ’’fuori di sé’’ era considerato come la manifestazione di uno sviluppo, generalmente grave, di un quadro patologico. Il medico ippocratico Diocle di Caristo, attivo ad Atene intorno al 360 a.C., nell’opera Pathos, aitia therapeia (Malattia, causa, cura) mostra un particolare interesse per le malattie psichiche, delle quali si indicano le cause. La mania era ricondotta ad un ribollire del sangue nel cuore, in quanto dall’organo cardiaco, da cui muoveva lo spirito vitale, dipendeva il pensiero e il senno (phronēsis). Si consiglia la cura mediante impacchi freddi ed altre misure refrigeranti. A queste epoche vanno forse fatti risalire i primi mezzi propriamente farmacologici: - L’ELBORO, capace di indebolire la furia dei pazienti con diarrea e vomito - Le POZIONI a base di oppiacei o altre sostanze vegetali come la reserpina o lo stramonio. Nell’opera di Diocle altre due malattie psichiche hanno un notevole rilievo: la frenite e la melancolia. La FRENITE, descritta come disturbo del pensiero, veniva spiegata come un’infiammazione del diaframma (da phrenes = diaframma) che, interessando anche il cuore, era in grado di alterare le costruzioni della mente. La MELANCOLIA, caratterizzata da un umore depresso, si riteneva fosse causa dall’addensarsi intorno al cuore della bile nera (da melaina kholē = melanconia. Diocle aveva evidentemente osservato le frequenti somatizzazioni gastroenteriche delle persone depresse e ansiose; descrive un tipo particolare di melancolia che riteneva interessasse la cavità addominale, che denominò affezione flatulenta. Un ignoto autore ippocratico nel trattato Sul Male Sacro non esclude la possibilità che siano in gioco forze soprannaturali per l’epilessia, approfondendo le reazioni psicologiche, quali la paura al sopraggiungere della crisi di grande male epilettico. L’epilessia in epoca romana diventerà il “male comiziale” perché le crisi si rendevano evidenti in occasioni di assemblee pubbliche quando era difficile per gli ammalati appartarsi nell’imminenza dell’attacco. Nella medicina ippocratica i disturbi mentali e le espressioni umane di follia, per quanto possibile, sono ricondotte al corpo, secondo una visione rigorosamente medica. I medici, basandosi su tradizioni interpretative elaborate nella totale ignoranza della fisiologia, costruiscono congetture fantasiose, tanto lontane dalla realtà, da apparirci oggi arbitrarie e bizzarre. DAL 200 D.C. AL 1300: MAGIA ED ESORCISMO Nella cultura europea, nell’ampio periodo dall’Impero romano al Rinascimento italiano, si confrontano, coesistono o si alternano quattro diversi tipi di spiegazione della follia→organica, magica, religiosa, psicologica. 1. Dalla fine del II sec. si afferma nel mondo latino la scuola medica di Galeno, che riprende l'impianto degli studi di Ippocrate. Spiega il disturbo mentale come uno “squilibrio umorale" del cervello. Siamo di fronte alla spiegazione organica del disturbo mentale. 2. Ad essa si contrappone la spiegazione magica, strettamente legata alla cultura delle superstizioni, che collega il disturbo mentale a contatto con oggetti o animali, o a congiunzioni astrali. Tutt'oggi sopravvive, nella credenza popolare e nel linguaggio, l'idea che alcuni disturbi siano da collegare alle fasi lunari; "lunatico" è ancora il termine usato per riferirsi a persona che dà segno di mancanza di equilibrio. Il rimedio, secondo questa concezione, consiste in pratiche e rituali magici, uso di filtri, amuleti, formule che dovrebbero proteggere dagli influssi negativi. 3. Diversa, anche se per molti aspetti simile, è la spiegazione religiosa: colui che manifesta disturbi psichici è un indemoniato, un posseduto da spiriti maligni. L'intera comunità religiosa si sente coinvolta e interviene con provvedimenti che possono essere di segno opposto: solidarietà, preghiera, ricorso ad esorcismi oppure persecuzione e rogo. L'atteggiamento magico è individuale, l'atteggiamento religioso è collettivo e corale. 4. Nella cultura religiosa del Medioevo ci sono inoltre modi ricchi e raffinati di interpretare gli stati mentali che potremmo definire spiegazioni psicologiche da intendere però non con i significati di oggi, ma come il riferimento alle "affezioni dell'animo" espressioni di grandi crisi esistenziali ed emotive. (narrazioni di espiazioni, conversioni, "vite esemplari", sublimazioni, biografie di santi). 400 e 500: IL ROGO DEI FOLLI È un’epoca dove prevale la spiegazione religiosa della follia, vista come possessione demoniaca, segno della maledizione e del peccato, la cui purificazione richiede spesso il ricorso a pratiche di tortura e al rogo. All'idea di follia comincia ad associarsi quella di pericolosità, che permette di trovare un capro espiatorio per le numerose calamità (carestie, epidemie). Comincia a prendere piede l'intolleranza verso la persona con disturbi mentali. Contro tale tendenza cominciano però a sollevarsi anche voci ’’scientifiche’’ critiche Paracelso (1493-1541): corea lasciva (ballo di S. Vito) Weyer (1515-1588): definisce pericolosi i processi alle streghe Cartesio (1596-1650): distinzione mente-corpo Willis (1622-1675): prime descrizioni della mania, stupor e demenza. Alla fine del ’500 si cominciano ad operare le prime distinzioni tra “insani” e “criminali” e, conseguentemente, la differenziazione dei trattamenti (metodi “dolci e comprensivi” o “tortura innocua”). nascono i primi luoghi di ’’ricovero” Valenzia 1409: Padre Joffre - enfermarias Spagna 1525: Juan Ciutat (S.Giovanni di Dio)-Ordine dei Fratelli della Carità Charenton, Senlis, Londra: Asylum Parigi 1656: Hospital General 600 e 700: LA SEGREGAZIONE Gradualmente il destino del folle si confonde con quello del povero e del criminale. La sua figura è vissuta come una minaccia alla quiete pubblica o all'ordine costituito. Le autorità dispongono, adesso, non solo di carceri, ma anche di luoghi di ricovero più o meno coatto (istituti di segregazione). Anche se a volte si chiamano ospedali, questi luoghi non hanno niente in comune con gli ospedali moderni: sono essenzialmente luoghi di reclusione, a metà tra l'ospizio e il carcere, dove si riceve assistenza, ma anche punizioni e contenzione, e dove le condizioni igieniche e di vita sono molto precarie. La popolazione internata, nella maggioranza dei casi, è rappresentata da poveri, “miserabili” scarti, malati di pellagra. Tra gli “scemi del villaggio” molti soffrivano di ritardo mentale o di schizofrenia in seguito a trauma da parto (il travaglio era spesso prolungato poiché il bacino delle donne poteva essere ristretto a causa del rachitismo). Essendo cacciati dalle loro case e dai loro villaggi, i malati di mente si univano alla fiumana dei mendicanti e vagabondi che vagavano per le strade. Questi luoghi, contemporaneamente, riescono a svolgere una duplice funzione: Garantiscono l’ordine e la sicurezza sociale Organizzano la sorveglianza e la disciplina dei “folli” Non è questa l'origine del manicomio anche se ne costituisce la prima immagine drammatica. 1789 LA RIVOLUZIONE FRANCESE→nascita dello Stato moderno (stato di diritto) Con le nuove idee dell'Illuminismo e l'affermazione dei diritti dell'uomo conseguenti alla Rivoluzione francese inizia ad affermarsi la spiegazione della follia in termini di malattia. Si chiudono gli istituti di segregazione. Lo psichiatra francese Philippe Pinel con il collega Esquirol, libera dai ceppi i malati di mente dando inizio alla psichiatria contemporanea. Alla richiesta di togliere le catene ai degenti, il Presidente della Comune di Parigi risponde a Pinel: “Cittadino Pinel, voi pure siete matto se volete slegare quegli animali! Potete fare quello che volete, ma ho paura che sarete vittime della vostra stessa presunzione!” La condizione del folle viene distinta da quella del povero e del criminale e si comincia a pensare ad un trattamento in termini medici. La malattia mentale entro l’orizzonte della ragione: - la rende più vicina e familiare - la sottrae da una dimensione di alterità nemica Nel 1817 un membro della Camera dei Comuni irlandese afferma: quando un uomo o una donna di costituzione fisica robusta sono affetti da pazzia, l’unico rimedio consiste nello scavare nel pavimento una fossa profonda cinque piedi e nel coprirla con una grata per evitare che questa si alzi in piedi; qui, questi disgraziati vengono nutriti e, in genere, muoiono. In tutta Europa agli inizi dell’800, la follia si medicalizza e la gestione degli asili diviene gradualmente laica: - La carità diventa tutela dei folli - La pietas cristiana nei confronti della malattia si trasforma in terapia medica La cura consisteva però sempre nell’internamento e nell’isolamento totale. I pazienti psichiatrici vengono separati nel 1800 dal resto dei pazienti. Mentre in Egitto i medici del faraone parlavano di una malattia mentale, nel medioevo si torna indietro con magia nera, possessione demoniaca, con nessuna possibilità di cura. Due erano le modalità con cui ci si avvicinava a queste persone: o l’esorcismo o i riti magici o con il rogo. Nel 600-700 il destino del paziente psichiatrico viene confuso, segue la stessa strada degli indigenti, dei criminali e dai pazienti affetti da epilessia→venivano isolati negli asili/ospedali. Istituti di segregazione, alternativa al carcere. Questo accadeva nelle grandi città/molti abitanti (Parigi, Londra, Valencia, Roma), da noi diffusi grazie alla chiesa cattolica, che aveva il monopolio di questi ospedali (spesso a fianco delle chiese). Le catene iniziano ad essere rimosse grazie a PHILIPPE PINEL (psichiatra), durante la Rivoluzione francese→comunica che toglierà le catene ad un certo numero di pazienti (psichiatrici ed epilettici). Il Presidente della Comune di Parigi gli da del matto. Stigma e pregiudizio verso la malattia mentale viene da molto lontano. Ad inizio 800 la follia e la malattia mentale iniziano a medicalizzarsi→non più pietas e Caritas di stampo cristiano. Si allontana dalla religione diventando più laica, come successo durante la Rivoluzione francese. Catene tolte ma non molto la segregazione→manicomi. 800→NASCITA DEL MANICOMIO Lo stesso Pinel, infatti, istituisce il manicomio che diventa il luogo di cura dei malati. Questa nuova istituzione, che si diffonderà presto in tutta Europa, almeno in teoria, costituisce un passo avanti rispetto ai luoghi di reclusione del passato, perché è basata su obiettivi di cura e di ricerca medica. Si diffuse in maniera rapida il concetto che gli istituti stessi avrebbero potuto svolgere una funzione terapeutica e che l’internamento, anziché liberare semplicemente la famiglia da un peso, avrebbe potuto migliorare le condizioni del paziente. Questa maggiore vicinanza della follia permette di liberarci di un “teorema” arcaico→La nozione di follia come furore cieco, impulso forzato e involontario, inaccessibile all’azione terapeutica. Tuttavia, il manicomio rappresenta ancora la continuità con i luoghi di segregazione, dal momento che la "cura" coincide con l'obiettivo del controllo dei malati. L'istituzione manicomiale si perfeziona, ma reclude e isola, oltre ai pazienti, anche sé stessa: si specializza nella funzione sociale di contenitore della follia, ma viene meno ad ogni effettivo programma di cura e di riabilitazione. DAL RICOVERO COATTO AL RICOVERO VOLONTARIO La prima legge sull’assistenza psichiatrica fu promulgata nel 1904 dal governo Giolitti, divenne legge nel 1909→”disposizione e regolamento sui manicomi e sugli alienati”. Non faceva riferimento al ministero della sanità, ma al ministero dell’interno, era una legge sull’ordine pubblico. In primo piano bisogno che la società ha di proteggersi da questi comportamenti→la custodia prevale sulla cura. L’internamento manicomiale veniva motivato→persone affette da qualsiasi tipo di alienazione mentale se pericolose per gli altri o possibile scandalo pubblico. Tempo di osservazione di 15 giorni→poi relazione scritta al procuratore della repubblica→entro 30 giorni persona o dimessa o internata. Persone passavano la vita in manicomio anche solo per questioni di interesse, motivi futili. Una volta che si veniva internati/ricoverati si perdevano i diritti civili. Entro 30 giorni la persona veniva o dimessa o sottoposta a "ricovero definitivo", e quindi interdetta: perdeva, cioè, i diritti civili, con la nomina di un tutore Se l'istituzione manicomiale resta immobile, viceversa, con l'inizio del XX° secolo, prende avvio la più ampia rivoluzione storica nel campo delle conoscenze. Aiutati dalla nascente sviluppo tecnologico, inizia l’epoca in cui vengono definitivamente gettate le basi scientifiche di tutta la medicina e quindi anche della psichiatria. E’ l’epoca del nosografismo e sistemazione, della ricerca delle basi anatomo-funzionali delle malattie e dell’anima. Nel 1896 Emil Kraepelin, nel suo celebre Trattato delle Malattie Mentali, ipotizza l’origine biologica delle psicosi. Adottando la definizione di “demenza precoce”, riunì in una sola categoria diagnostica diverse manifestazioni cliniche, perché accomunate da un disturbo dell’affettività, espresso come apatia o sentimenti paradossali, e da un indebolimento psichico progressivo. Lo psichiatra svizzero Eugen Bleuler (1857-1939) accetta l’impostazione nosografica di Kraepelin, ma osserva che l’elemento caratterizzante la “demenza precoce” non è il dato quantitativo di un decadimento mentale, ma l’alterazione qualitativa dell’esperienza psichica e del comportamento. 1911 – Viene introdotto il termine e il concetto di “schizofrenia”. Bleuler conia il termine schizofrenia (scissione della mente): sostiene che il processo patologico fondamentale, alla base di tutta la sintomatologia di questi pazienti, consiste nella perdita della funzione di associazione delle facoltà psichiche→Nella scissione schizofrenica Bleuler individuava la mancanza o la perdita di questa sintesi necessaria alla produzione e all’espressione fisiologica della psiche umana. A Bleuler si deve anche l’introduzione del concetto di autismo All’inizio del 900 Freud, poi Jung, Klein, Winnicott, Anna Freud→altra grande rivoluzione intorno alla metà/fine anni 50 con la scoperta e l’introduzione del primo psicofarmaco→clorpromazina (usata per la schizofrenia). A metà degli anni 60 introduzione del serenase, da cui poi i primi antidepressivi triciclici. Altra evoluzione alla fine del 900, anni 90, escono gli antidepressivi di seconda generazione e gli antipsicotici (non più neurolettici). Trattamento sanitario obbligatorio. Il TSO è una pratica medica→rifiuto alle cure che potrebbero essere però indispensabili (paziente pericoloso per sé stesso, obbligati a curarsi). Il TSO dura 15 giorni, rinnovato poi solo per altri 7 giorni. PRIMA META DEL 900: NASCITA DELLA PRIMA VISIONE PSICOANALITICA Un vasto moto di rinnovamento radicale sconvolge la psicologia generale e la psichiatria. Confluiscono e trovano riscontro nelle nuove tendenze i risultati dell'antropologia e della riflessione fenomenologica. Viene riveduto il concetto di identità della persona, del rapporto tra individuo e contesto sociale, dei confini tra salute e malattia mentale. Il nome da ricordare, naturalmente, è quello di Freud, ma non si tratta del cambiamento prodotto da una sola persona, né soltanto della nascita della psicoanalisi→Sigmund Freud, propone una netta distinzione nosografica fra nevrosi e psicosi, impiega per la prima volta il termine proiezione e propone la spiegazione di questo processo come meccanismo di difesa, consistente nell’attribuzione ad altri di un proprio contenuto psichico inconscio. La malattia mentale esce dall’alveo della follia. Dalla metà degli anni Cinquanta vengono introdotti gli psicofarmaci: sostanze che, indipendentemente dai risultati curativi, hanno l'effetto di attenuare i sintomi più gravi e vistosi, e di rendere più governabili i momenti di crisi. Uso ’’ambiguo’’ degli psicofarmaci: Aiutano le persone sofferenti nelle situazioni più difficili e facilitano la sperimentazione di soluzioni alternative al ricovero Possono costituire un ulteriore strumento di controllo DALL’INTERNAMENTO AL DIRITTO ALLA SALUTE: LA LEGGE DI RIFORMA La legge 180, legge Basaglia, approvata il 13 maggio 1978 ’’Norme per gli accertamenti e i trattamenti sanitari volontari e obbligatori’’, inserita in seguito nella legge di Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale (833 dicembre 1978), stabilisce che è il diritto della persona alla cura e alla salute, e non più il giudizio di pericolosità, alla base del trattamento sanitario anche in psichiatria. Tale trattamento è di norma volontario e viene effettuato, come la prevenzione e la riabilitazione, nei presidi e nei servizi extra-ospedalieri, operanti nel territorio. La psichiatria attuale è il frutto di tre grandi filoni di correnti di pensiero e approccio allo studio e alla cura delle malattie della mente: - Biologico - Psicologico - Economico-sociale La psichiatria attuale fa riferimento al modello biologico-psicologico e sociale modello bio- psico-sociale. Modello di riferimento per la medicina. La salute può essere definita come uno stato di completo benessere fisico, mentale e sociale. DEFINIZIONE DI SALUTE OMS: Una condizione di completo benessere fisico, mentale e sociale e non esclusivamente l'assenza di malattia o infermità. E’ uno stato di benessere emotivo e psicologico nel quale l'individuo è in grado di: - sfruttare le sue capacità cognitive o emozionali - esercitare la propria funzione all'interno della società - rispondere alle esigenze quotidiane della vita - stabilire relazioni soddisfacenti e mature con gli altri - partecipare costruttivamente ai mutamenti dell'ambiente, adattarsi alle condizioni esterne e ai conflitti interni MODELLO BIO-PSICO-SOCIALE: nasce nel 1973, prima con Howard Brody, proposto con l’articolo “The systems view of man: implications for medicine, science and ethics”. Nel 1977 Engel presentò al mondo medico un modello relativo alla salute costruito sui principi esposti dalla teoria generale dei sistemi: l’approccio bio-psico-sociale. Approccio alla persona, che tiene conto delle variabili che influenzano la salute mentale, fisica, spirituale, propone attività sanitarie o sociosanitarie integrate, percorsi di cura con la partecipazione delle strutture del paziente e della sua rete sociale/famiglia. (salute multidimensionale). 3 dimensioni: biologica, psicologica e sociale→spesso paziente complesso, non processo lineare. Complessità di diagnosi, ambientale, ambito socioeconomico, difficoltà nelle relazioni, non accesso a facilitazioni di tipo economico o difficoltà assistenziale (non autonomo→es. scala Barthel). Complessità misurabili con dei test→schede sociali degli assistenti sociali. BIOLOGICA: età, genere, variabili genetiche PSICOLOGICA: carattere, personalità, attitudini, adattamento SOCIALE: educazione, cultura, contesto familiare e stato socioeconomico 07/10 IL COLLOQUIO CLINICO Non colloquio psicoterapeutico→comunque rapporto medico-paziente. L’obiettivo è creare un’alleanza terapeutica affinché il paziente partecipi alla terapia. Avere una compliance alla terapia farmacologica. COLLOQUIO: conversazione tra 2 o più individui. Non è un rituale, si invita una persona a parlare di sé. Il colloquio si rivolge alla realtà psichica di chi ci sta di fronte e, come tale, non può corrispondere solo alla raccolta anamnestica o all’esame obiettivo propriamente detto. Realtà psichica della persona. Un colloquio è sostanzialmente una conversazione, cioè un dialogo tra due persone e quindi una modalità di comunicazione reciproca. Alcune caratteristiche del colloquio nelle professioni sanitarie, ne fanno una forma molto particolare di conversazione e lo rendono significativamente diverso dalla comunicazione quotidiana. Una corretta impostazione del colloquio con ogni nuovo paziente è da intendersi come parte integrante di una valutazione diagnostica: lo scopo del colloquio non si esaurisce nell’acquisizione di informazioni sulla storia passata o attuale del paziente, ma consiste essenzialmente nella comprensione di come questi si sente e costituisce una premessa indispensabile per una diagnosi corretta e un trattamento efficace. ASCOLTO ATTIVO L’operatore sanitario deve dimostrare: - Partecipazione - attenzione (distanza ottimale) - capacità di ascolto (ascoltare con un terzo orecchio) - focalizzare quello che il paziente dice e come lo dice Notare le caratteristiche modalità di espressione verbale quali: - selezione e progressione degli argomenti - capacità di rispondere adeguatamente alle domande poste - evidenziate se il linguaggio è accompagnato in modo sintonico con la mimica, la gestualità, l’emozione espressa atteggiamento di ascolto piuttosto che inquisitorio→assumere informazioni specifiche attraverso domande prevalentemente aperte, lasciando spazio al paziente per esprimersi spontaneamente e liberamente. Saper limitare al minimo indispensabile i propri interventi, così facendo si possono ottenere 2 importanti elementi conoscitivi: 1. constatare le modalità con cui spontaneamente il paziente affronta la relazione interpersonale 2. leggere le reazioni emotive suscitate dal paziente Ogni incontro con una persona, in medicina anche il primo, è già l ‘ inizio di una terapia. Parte della risposta alla sofferenza di un paziente è costituita dal diagnosticare in modo accurato la sua sofferenza mentale. Dare il nome alla sofferenza di una persona reca di per sé giovamento. Si può dare inizio ad un’ALLEANZA TERAPEUTICA anche durante un colloquio diagnostico. ANAMNESI: raccolta di dati→patologica prossima: motivo e momento della consultazione. Anamnesi familiare: storia delle malattie della famiglia. Anamnesi patologica remota: se sono state presenti altre malattie. Occorre distinguere il colloquio intrapreso da uno psichiatra/psicologo/psicoterapeuta da quello di un investigatore, giudice o storico. S’indaga sempre una realtà. LE FASI DEL COLLOQUIO CLINICO: - Raccolta delle informazioni preliminari - Accoglienza e riconoscimento - Analisi della domanda→cercare di capire cosa la persona vuole sapere e il motivo per cui è arrivata alla richiesta di una consultazione - Raccolta delle informazioni - Resoconto e restituzione→importante far capire alla persona che comprendiamo la sua sofferenza e non siamo là per giudicarlo. LE PRIME DOMANDE Storia sociale→ per raccogliere dati sulla storia sociale e valutare in modo implicito il funzionamento psicosociale del paziente Dove vive? Con chi vive? Come trascorre i giorni? Come si mantiene? 10 domande→vissuto di malattia: 1. Cosa pensa abbia causato il suo problema? 2. Perché pensa che sia iniziato proprio in quel momento? 3. Cosa pensa che la sua malattia le faccia? 4. Cosa sa di questa malattia? 5. Quanto è grave la sua malattia? 6. Avrà un decorso breve o lungo? 7. Quale tipo di trattamento pensa di dover ricevere? 8. Quali sono i risultati più importanti che lei spera di ottenere da questo trattamento? 9. Quali sono i problemi principali che la sua malattia le ha procurato? 10. Cosa teme maggiormente della sua malattia? Queste domande neutre, aperte, vi daranno una comprensione dell’esistenza materiale, sociale, economica e pubblica del paziente. Esse forniscono un contesto ai sintomi che verranno elicitati successivamente e nello stesso tempo costruiscono l’alleanza rivolgendosi implicitamente a lui come persona prima che alla sua condizione di paziente. In ogni conversazione, le persone inconsciamente assumono relazioni di ruolo. In un incontro clinico, un paziente vi può accogliere come un genitore amorevole, come un pari crudele come un partner indifferente. In una buona alleanza terapeutica è importante modulare il colloquio in risposta ai bisogni del paziente. Quindi mentre si ascolta un paziente, si è soliti ascoltare ciò che dice. Ma non ci si dovrebbe mai dimenticare di appurare a chi sta parlando veramente il soggetto, aiutandoci a comprenderlo meglio. Domande per imparare a riflettere sul nostro operato: Cosa sta dicendo? Come lo dice? Cosa non sta dicendo? In che modo le sue affermazioni si accordano con il suo aspetto? A chi si sta rivolgendo? Come fa esperienza di me? Come si dipinge? Come descrive le persone che lo circondano (madre, padre , fratelli, amici, precedenti terapeuti) e la sua relazione con loro? IL COLLOQUIO IN 30 MINUTI MINUTO 1: Presentatevi alla persona. Chiedetele come preferisce che vi rivolgiate a lei. Date le indicazioni su quanto tempo durerà il vostro incontro e su cosa farete. Poi domandate: Perché ha chiesto questa visita? MINUTI 2-4: Ascoltate. Il discorso ininterrotto di una persona mostra molto circa il suo stato mentale, guida la vostra raccolta della storia e costruisce l’alleanza. Anche se potete essere tentati di interrompere o di cominciare a fare altre domande, con l’esperienza scoprirete che permettere alla persona di parlare inizialmente senza interruzioni vi dà più informazioni su di lei di quanto non facciano le risposte alle vostre domande. MINUTI 5-12: Storia della malattia attuale. Quando è iniziato l’attuale disagio della paziente? Quando è stata l’ultima volta in cui si è sentito bene emotivamente e fisicamente? Può identificare degli eventi precipitanti, attenuanti o che mantengono il disturbo? In che modo i suoi pensieri e comportamenti incidono sul suo funzionamento psicosociale? Come considera il suo attuale livello di funzionamento, e in che modo è diverso da quello che è stato nei giorni, settimane o mesi passati? Ci permette di cercare di conoscere gli eventi precipitanti ANAMNESI PATOLOGIA REMOTA 1: Quando ha notato i sintomi per la prima volta? Quando ha cercato un trattamento per la prima volta? Ha mai fatto esperienza di una piena guarigione? È mai stato ospedalizzato? Quante volte? Quale è stata la causa di quelle ospedalizzazioni e per quanto tempo è stato ospedalizzato? Ha ricevuto altri trattamenti per il suo disturbo? ANAMNESI PATOLOGICA REMOTA 2: Ha assunto farmaci per…? Quali farmaci l’hanno aiutata di più? Ha avuto degli effetti collaterali negativi a qualche farmaco? Per quanto tempo ha assunto ciascun farmaco e quanto spesso lo ha assunto? Conosce il nome, l’efficacia e il numero di dosi giornaliere delle medicine che assume attualmente, compresi farmaci da banco e fitoterapici? Domande per specifiche patologie es… Ha mai assunto farmaci iniettabili o ricevuto una terapia elettroconvulsivante? MINUTI 13-17: Revisione dei sistemi diagnostici. La revisione dei sistemi rappresenta una breve visione d’insieme dei sintomi che potete non aver elicitato attraverso la storia dell’attuale malattia MINUTI 18-23: Passata storia medica→Ha dei problemi medici cronici (diabete, ipertensione, patologia psichiatrica)? Prende delle medicine per problemi medici? Prende regolarmente degli integratori, vitamine, o farmaci che non richiedono ricetta medica, o erbe medicinali? Ha mai subito interventi chirurgici? Ha mai fatto esperienza di traumi come ad es. battuto la testa in modo così forte da perdere conoscenza? Allergie→È allergico a dei medicinali o cibi, piante etc.…? Può descrivere la sua allergia MINUTI 24-28: esame obiettivo. Esame dello stato mentale (ESM). Include le seguenti componenti: - Aspetto - Comportamento - Eloquio - Umore - Affetti - Processi di pensiero - Contenuti del pensiero - Cognizione e risorse intellettuali - Insight/capacità di giudizio: Che problemi ha? Sta male in qualche modo? Quali sono i suoi progetti per il futuro? - Mini-esame dello studio mentale (MMSE). E’ evidente che le persone che hanno problemi di stress talvolta hanno delle difficoltà nel concentrarsi o nel ricordare. Ha mai avuto problemi di questo tipo? Mi aiuti e noi due insieme capiremo in che misura può aver avuto questo tipo di difficoltà. A) UMORE: È stato triste, nervoso, giù, depresso o irritabile? Ha perso interesse per, o trae meno piacere da, le cose da cui solitamente traeva piacere? Ci sono state delle volte, durate almeno un po’ di giorni, in cui si è sentito all’opposto di depresso è stato molto allegro o felice e ciò è apparso diverso dal suo sé normale? B) PSICOSI: Ha mai avuto visioni o visto altre cose che le altre persone non vedono? Ha udito rumori, suoni o voci che altre persone non odono? Ha mai avuto la sensazione che delle persone la seguano o cerchino di ferirla in qualche modo? Ha mai sentito di avere poteri speciali, come leggere la mente di altre persone? Ha mai ascoltato la radio e la televisione e percepito che si stessero riferendo a lei? C) ANSIA: Durante i mesi trascorsi, si è preoccupato frequentemente di molte cose che riguardano la sua vita? E’ difficile per lei controllare o fermare le sue preoccupazioni? Ci sono degli oggetti, posti o situazioni sociali specifici che la fanno sentire molto ansioso o triste? Ha sperimentato attacchi di panico ricorrenti? Un attacco di panico è un improvviso attacco di intensa paura che sopraggiunge all’improvviso senza una ragione apparente, o in situazioni in cui non ci aspetta che si verifichi. D) OSSESSIONI E COMPULSIONI: Fa esperienza frequente di immagini, pensieri o impulsi indesiderati? Ci sono delle azioni fisiche che sente di dover fare per evitare o ridurre la sofferenza associata a tali immagini, pensieri o impulsi indesiderati? E) TRAUMA: Quale è stata la cosa peggiore che le è capitata? Ha mai fatto esperienza o è stato testimone di eventi in cui è stato seriamente ferito o la sua vita messa in pericolo o ha pensato che stava per essere seriamente ferito o messo in pericolo? Sto per farle delle domande molto personali e se non si sente a suo agio nel rispondere, per cortesia me lo faccia sapere: è mai stato abusato fisicamente, emotivamente o sessualmente? F) DISSOCIAZIONE: Tutti abbiamo problemi a volte nel ricordare le cose, ma lei perde mai tempo, dimentica dei dettagli importanti su di sé o ha delle prove che ha preso parte a eventi che non riesce a richiamare alla memoria? A volte sente che delle persone o dei luoghi che le sono familiari sono irreali o che è così distaccato dal suo corpo che è come se stesse al di fuori di esso o stesse guardando sé stesso? G) PREOCCUPAZIONI SOMATICHE: Si preoccupa della sua salute fisica più della maggior parte delle persone? Si ammala più spesso delle altre persone? H) ALIMENTAZIONE E NUTRIMENTO: Cosa pensa del suo aspetto? Riduce o elimina dei particolari cibi in modo da incidere negativamente sul suo peso o sulla salute? I) SONNO: Ha spesso un sonno spesso insufficiente o di cattiva qualità? Al contrario, ha spesso troppo sonno? Prova spesso un bisogno irrefrenabile di dormire o sperimenta improvvisa mancanza di sonno? Ha notato dei comportamenti insoliti mentre dorme? Lei, o un partner di letto, ha notato che smette di respirare o fa sforzi per respirare mentre dorme? J) ABUSO DI SOSTANZE E ALTRE DIPENDENZE: Beve spesso alcol? In un giorno medio quando prende almeno un drink, quanti drink prende? Ha avuto dei problemi come conseguenza del bere? Quando smette di bere ha sintomi di astinenza? Si ripeta per droghe illecite o farmaci con prescrizione medica obbligatoria; Ha mai provato droghe? Dopo aver fatto domande sulla droga, chiedete: Scommette o gioca d’azzardo in modo che questo interferisca con la sua vita? K) PERSONALITA: Quando si riflette sulla propria vita, si possono identificare dei pattern - pensieri, stati d’animo e azioni tipici –che sono iniziati quando si era giovani e si verificano tutt’ora in molte situazioni personali e sociali. Pensando alla sua vita, può identificare dei pattern come questi che le hanno causato problemi significativi con gli amici o con i familiari o sul lavoro o in altre situazioni? L) EVACUAZIONE: Ha urinato o defecato negli abiti, a letto, sul pavimento o in altri posti inappropriati? M) SICUREZZA: Pensa frequentemente a farsi del male? Ha mai provato a uccidersi? Quanti tentativi ha fatto? Come lo ha fatto? Quale trattamento medico o psichiatrico ha ricevuto dopo questi tentativi? Ha spesso dei momenti in cui è così sconvolto da fare, o persino mettere in atto, minacce verbali o fisiche di ferire altre persone, animali o beni? È mai stato aggressivo nei confronti di persone o animali, ha distrutto proprietà, ingannato altre persone o rubato delle cose? Mini-esame dello studio mentale (MMSE). E’ evidente che le persone che hanno problemi di stress talvolta hanno delle difficoltà nel concentrarsi o nel ricordare. Ha mai avuto problemi di questo tipo? Mi aiuti e noi due insieme capiremo in che misura può aver avuto questo tipo di difficoltà. MINUTI 29-30: Mini-esame dello studio mentale (MMSE). E’ evidente che le persone che hanno problemi di stress talvolta hanno delle difficoltà nel concentrarsi o nel ricordare. Ha mai avuto problemi di questo tipo? Mi aiuti e noi due insieme capiremo in che misura può aver avuto questo tipo di difficoltà? LA DIAGNOSI CATEGORIALE DSM5 Presentazione Caso Clinico→presentate il paziente come se fosse un racconto, introducendolo per nome, età, genere e per il disturbo principale, preferibilmente attraverso una citazione illustrativa del paziente stesso. Continuate con la storia della sua attuale malattia, organizzata secondo i criteri del DSM-5, comprese informazioni pertinenti che provengono dall’esame psichiatrico dei sistemi. La parte centrale della presentazione deve contenere precedente storia ostetrica precedente storia medica, storia familiare, storia evolutiva e storia sociale. Nella seconda parte della presentazione, si descrivono: esame obiettivo, conclusioni diagnostiche, valutazione e pianificazione del trattamento. La diagnosi può essere considerata non una conclusione del discorso ma piuttosto come l’inizio di una conversazione che aiuta alla comprensione della sofferenza, ma anche l’inizio dell’alleanza terapeutica. PIANIFICAZIONE DEL TRATTAMENTO Primo, studiate tutti i provvedimenti necessari per ottenere o mantenere la sicurezza. Ciò dovrebbe includere il luogo in cui il trattamento si verifica, la condizione legale del paziente e il suo livello di osservazione. In ogni presentazione, la sicurezza precede tutte le altre preoccupazioni. Secondo, parlate di come la salute fisica del paziente incida sul trattamento. In setting diversi, si potrebbe consigliare un esame fisico completo o focalizzato, esami di laboratorio o di imaging, richieste di consulenza o consultazioni con altri professionisti, o nutrizionisti o altri trattamenti ancora. Concentratevi sulle condizioni che influenzano la salute mentale del paziente. Terzo, considerate ogni trattamento. Quarto, affrontate i bisogni sociali e culturali del paziente. Trattate i punti di forza, le condizioni di vita, le relazioni significative, il lavoro, il sostegno della comunità. GRADO DI STRUTTURAZIONE DEL COLLOQUIO: grado di predeterminazione dello scambio comunicativo I colloqui possono essere: - INTERVISTA STRUTTURATA→interviste del DSM-5TR. Dipende dal tipo di domande che facciamo, implica l’uso di domande chiuse. - INTERVISTA SEMISTRUTTURATA→domande semiaperte, ad esempio conoscere le motivazioni o le aspettative del colloquio, approfondimenti anche con domande chiuse. - COLLOQUIO ORIENTATO→esperienza lavorativa - COLLOQUIO CLINICO→strutturato o semi strutturato Il colloquio è prevalentemente una tecnica di osservazione del comportamento umano che ha lo scopo di comprendere e aiutare il paziente. DIVERSI TIPI DI COLLOQUIO: classificazione che varia a seconda degli approcci teorici e dell’organizzazione del lavoro. Il colloquio clinico prevede: - COLLOQUIO INIZIALE: inquadrare il caso. - COLLOQUIO TERAPEUTICO: trattamento dei disturbi psicologici, alleanza terapeutica. Il colloquio clinico predilige: - Basso grado di strutturazione del colloquio - Un polo di centratura sull’intervistato - Una modalità di conduzione non direttiva - Uno stile di comunicazione consultivo o partecipativo - Una focalizzazione su ciò che il soggetto dice, su come lo dice e sulle modalità relazionali (terzo orecchio). Visione che abbiamo di noi stessi ma anche degli altri+come ci vedono gli altri. La paura che il paziente possa mentire ci può spingere alla ricerca della “realtà obiettivata” della verità. Ciò che è importante è che quella storia, per quanto menzioniera, ci parla del paziente, e per quante bugie racconti non è in grado di spersonalizzarsi a tal punto da non dirci nulla di sé stesso. Si può mentire sulla realtà esterna ma non su quella intrapsichica. Posso mentire sulla realtà esterna, non sulla realtà psichica interna. Focalizzando l’attenzione su questa realtà e, superando le difese psichiche che si oppongono a conoscerla, riusciremo non solo a capire il paziente, ma anche a trasmettergli un sentimento di profondo rispetto. Il colloquio è dunque lo strumento che noi utilizziamo per comprendere com’è fatta la mente del paziente. OBIETTIVI DEL COLLOQUIO - Valutazione del funzionamento mentale, comprensione della realtà psichica. Di favorisce l’alleanza terapeutica disponendo il paziente alla collaborazione e al dialogo. - Raccolta dei dati clinici indispensabili per fare diagnosi, prognosi e terapia del disturbo psichiatrico attraverso la fenomenologia descrittiva: segni, sintomi e decorso clinico (scopo diagnostico). PREREQUISITI DEL COLLOQUIO DISPONIBILITA: flessibilità, accoglienza, mettersi dalla parte del paziente senza tuttavia colludere con i suoi atteggiamenti patologici. Ciò favorisce la comunicazione. INTERESSE E ATTENZIONE per la realtà offerta dal paziente che in questo modo si sente preso sul serio. STILE PERSONALE DEL COLLOQUIO: fondere la propria tecnica con quella del colloquio elaborando così uno stile comunicativo che consente al paziente di sentire che ha davanti una persona disponibile provvista di mezzi tecnici tali da facilitargli l’espressione di sé stesso e dei propri vissuti. COSCIENZA DEL PROPRIO STILE COMUNICATIVO: a volte i pazienti ce lo dicono, es. “lei oggi non è quella di sempre”, più o meno direttamente CURIOSITA NON INVADENTE: discreta e tollerante CAPACITÀ DI ESSERE ATTIVAMENTE NEUTRALI: atteggiamento che fa si che ci “tiriamo da parte” lasciando il paziente libero di esprimersi quanto meglio può. Evitare degli atteggiamenti che possano far sentire il paziente (eccessiva autorità o rigidità) Cercare di non instaurare dei comportamenti “sadici” che facciano sentire il paziente torturato→curiosità invadente, mancanza dell’attesa dei tempi più adeguati. Non insistere in quel momento CAPACITÀ DI UTILIZZARE IN MODO IMMEDIATO le informazioni derivanti dal primo colloquio. Per questo occorre: INTUIZIONE→conoscenza sintetica e prelogica che favorisce la capacità di entrare in relazione con l’altro. INTELLIGENZA→rapido riconoscimento ed organizzazione logica delle informazioni acquisite. Si basa sulla capacità di osservazione PARTECIPAZIONE AFFETTIVA→è indispensabile per la trasmissione di stati d’animo non definibili a parole RIFLESSIONE→operazione del pensiero che permette di rendere consapevoli e valutabili i principali processi intrapsichici. BASI DELLA RELAZIONE Per noi è importante chi abbiamo davanti e non “cosa” abbiamo davanti. ANALISI DELLA COMUNICAZIONE VERALE Il linguaggio che si usa durante un colloquio è quello del paziente. È fondamentale conoscere il vocabolario, il lessico e lo stile del discorso del paziente. L’utilizzo da parte del paziente e dell’operatore, di un linguaggio pseudo-tecnico non è altro che un uso finalizzato al distanziamento emotivo. Colloquio asimmetrico, il paziente non sa quello che sa il medico, importante usare un linguaggio comprensibile. La comunicazione verbale è un fattore fondamentale della relazione e si costituisce sia attraverso la parola, si attraverso i silenzi. il silenzio, ad esempio, può indicare un rifiuto, un’inibizione oppure una manifestazione attiva di sfida o di ostilità. Il contenuto (concetti espressi) e la forma (modalità con cui esprime i concetti) dei discorsi del paziente deve essere studiata per poter stabilire un’alleanza terapeutica e trovare una via d’accesso alla conoscenza della personalità del paziente. Importante anche l’immagine, soprattutto l’abbigliamento del soggetto. Occorre dare importanza ed interpretare anche i simboli (oggetto concreto, abbigliamento, immagine) e segni (pallore, tremore talvolta anche in chiave simbolica) usati dal paziente per comunicare. Il paziente si esprime anche nel linguaggio non verbale, comunicazione per mezzo del corpo, mediante anche il comportamento e l’abbigliamento. Il corpo viene considerato come organismo, schema corporeo, immagine di sé e vissuto. CORPO-ORGANISMO: dato di natura, valutato secondo l’anatomia e la fisiopatologia, quello che posso toccare. CORPO-SCHEMA CORPOREO: percezione unitaria del proprio corpo e delle sue parti nello spazio e nei rapporti tra i vari segmenti corporei tra loro. Dato anche dai sensi. CORPO-IMMAGINE DI SÉ: è la prospettiva psicologica del mio corpo, quella che in molti disturbi si storce. Delinea in modo caratteristico ed irripetibile un essere umano. La persona è l’immagine che un soggetto dà di sé sesso mediante il suo corpo: modo con cui l’Io si manifesta. L’immagine interna non coincide spesso con quella esterna. CORPO-VISSUTO: è considerato come una qualità essenziale della presenza umana attraverso la quale medico e paziente possono fare esperienza l’uno dell’altro. Conosco il mio corpo ma anche l’altro, riconoscere anche l’altro. Da come l’uomo vive il proprio corpo si capisce il rapporto di coscienza che ha con sé stesso e con il proprio mondo. Siamo un corpo e abbiamo un corpo→due polarità. L’immagine di sé è la forma con cui immediatamente e sinteticamente un paziente si presenta al medico. Dell’immagine di sé fa parte il comportamento e l’abbigliamento. Es. anche come stringe la mano. Il COMPORTAMENTO è la modalità di azione e di relazione del soggetto, da questo possiamo capire il suo rapporto con la realtà esterna. Occorre valutare se il comportamento è dotato di FINALISMO, persegue cioè uno scopo, di adeguatezza al contesto. PERTINENZA rispetto alle caratteristiche della persona→continuità e prevedibilità. Il comportamento deve essere finalizzato→es. togliere il cappotto, osservare come lo fa, perché, se è adatto al contesto oppure no. Il linguaggio del corpo ci mostra l’affettività e le disposizioni inconsce. Il comportamento comunica gli aspetti razionali di una personalità, le sue intenzioni, il modo di interagire con gli oggetti del mondo esterno. Occorre tener presente: COMPORTAMENTO DI BASE: descrive come sta un soggetto in una determinata situazione. È quello assunto nei pochi istanti che precedono l’incontro COMPORTAMENTO DI RISPOSTA: rivela come reagisce un soggetto e quindi il tipo di rapporto che ha con la realtà esterna COMPORTAMENTO D’AZIONE: illustra come agisce un soggetto. Ci consente di valutare la modalità con cui manifesta le sue intenzioni e organizza in modo coordinato i suoi movimenti per raggiungere un determinato obiettivo Il corpo fissa la realtà nei suoi parametri spazio-temporali ed oggettuali, inoltre stabilisce i confini dell’Io. Il corpo è rappresentante dell’Io, ma l’Io trascende sempre il corpo esattamente come la personalità trascende la persona. Il corpo diventa la sede delle istanze inconsce e quindi è chiara l’importanza del linguaggio del corpo. L’analisi del comportamento è fondamentale, in quanto la patologia psichiatrica è soprattutto patologia del comportamento. Si parla di: - Comportamento di ossessività del DOC - Iperattività e mania. - Arresto psicomotorio della catatonia - Rallentamento della depressione - Agitazione psicomotoria, perlopiù a-finalistica, della demenza L’ABBIGLIAMENTO è un’altra forma di comunicazione non verbale che dispone di corpo, simboli e segni. È un segno di differenziazione, distinzione, qualificazione e rafforzamento della propria identità personale. L’abito è una forma di corporeità voluta e assolve il compito di manifestare e rappresentare l’Io cosciente. L’abito supera la limitatezza corporea e denota l’investimento affettivo che il soggetto dà sul proprio corpo: - Valore nell’adolescenza - Trascuratezza del depresso e dello schizofrenico - Policromia e abbondanza di particolari nel maniacale Occorre valutare l’adeguatezza, il finalismo, l’opportunità, la persistenza e l’armoniosità, nonché l’appartenenza. CONSIGLI PER IL COLLOQUIO - COMINCIARE IN MODO APERTO: dopo aver salutato il paziente, lasciare che per i primi 15 minuti sia libero di parlare e di raccontare la sua storia. In seguito, si può intervenire con una domanda aperta come “cosa lo ha portato a venire qua?”. Se il paziente è particolarmente teso o imbarazzato sarebbe più opportuno utilizzare un colloquio più strutturato, formulando domande emotivamente neutre a cui non è difficile rispondere - DOMANDE SPECIFICHE (fase successiva): per poter comprendere il disagio del paziente, occorre formulare delle domande più mirate. Sente e vede delle cose che gli altri non vedono?” (…capire se il paziente è psicotico) “Si sente in pericolo?” (può rivelare un delirio persecutorio) - DEFINIRE LA CRONOLOGIA DELLA MALATTIA: il decorso delle malattie mentali è importante quanto i sintomi, è necessario porre delle domande che indaghino più approfonditamente la storia della malattia. “Quando sono cominciati i sintomi?”. “La malattia è stata presente in maniera continua, fluttuante oppure si è presentata in maniera episodica?” “Gli interventi terapeutici hanno modificato il decorso?” “E’ migliorato o peggiorato?” - DISPONIBILITA E RISPETTO: l’intervistatore non deve mai offendere il paziente né prenderlo in giro. Occorre fare attenzione allo stato emotivo del paziente: alcune domande che suscitano rabbia, ansia, tristezza o pianto possono aiutare il paziente a comunicare meglio ma occorre evitare che sia sopraffatto dall’emozione. Nel caso in cui il paziente non collabori, non è opportuno insistere, tantomeno arrabbiarsi con lui. In queste situazioni la soluzione migliore è rimandare il colloquio 11/10 COLLOQUIO CLINICO→REGOLE DEL SETTING IL LUOGO: è importante che ci sia una stanza decente e dignitosa, con aperture verso l’esterno e possibilità di entrare e uscire. Tenere conto delle persone con disabilità. È altrettanto importante che ci sia nel luogo la possibilità di non essere disturbati o interrotti. Anche l’ARREDAMENTO è importante→qualcosa di materiale che ci presenta al paziente, che gli comunica aspetti del professionista. Non si tratta solo fi singoli oggetti contenuti nella stanza, ma dell’insieme. Da un punto di vista pratico un tavolo semplice, due/tre comode sedie e una luce diffusa non fastidiosa (non deve sembrare un interrogatorio) rendono l’ambiente più umano. No foto della propria vita o della propria famiglia. Anche l’aspetto, l’abbigliamento, l’atteggiamento posturale e la mimica dello psichiatra/psicologo aiutano a costruire l’immagine che il paziente si fa del medico, come tale va conosciuto e considerato. PRELIMINARI DEL COLLOQUIO L’APPUNTAMENTO è già un momento fondamentale, preliminare al colloquio ma è comunque una vera e propria comunicazione al paziente poiché, in tal senso, è come dirgli che lo si sta prendendo in debita considerazione. Se si prendono gli appuntamenti in prima persona già ci comunica qualcosa. È auspicabile che, se non si tratti di un’urgenza, anche solo il primo contatto, quasi sempre telefonico, in cui si fissa l’appuntamento venga preso direttamente tra il professionista e il paziente, possibilmente, senza l’inserimento di terzi. L’intervento in urgenza avviene quando il paziente si rende conto che è il momento giusto per iniziare la terapia. INIZIO Presentazioni formali: salutare, dare una stretta di mano e fornire un’indicazione precisa “prego, si accomodi” sono più che sufficienti per iniziare. Inizio: informazioni preliminari: dati che, o attraverso l’appuntamento o tramite altre fonti, spesso si hanno a disposizione ma i dati non sono mai troppi (iniziare con dati anagrafici). Scelta del tipo di colloquio: libero, semi strutturato o strutturato. In questa breve parte iniziale il terapeuta ha avuto una serie di informazioni preliminari sul paziente, ma anche il paziente ha avuto informazioni preliminari sul terapeuta (dati sul proprio stile comunicativo)→è avvenuto il riconoscimento. Sia il terapeuta che il paziente raccolgono dati. Le prime impressioni e fantasie solo per la prima volta soggette a verifica. FASE LIBERA: tolleranza, discrezione ed empatia→esaminare le aperture tipiche del paziente. Il paziente si presenta enunciando i sintomi (accade spesso), occorre considerare che il sintomo è sempre anche un comportamento difensivo (contenuti inconsci) che l’Io del paziente ha spesso faticosamente elaborato per evitare di essere invaso da contenuti inconsci intollerabili. Il rapporto medico-paziente è sempre un rapporto asimmetrico, il paziente ha bisogno di un esperto per la propria sofferenza. Il sintomo deve essere anche considerato in chiave relazionale, ossia che tipo di significato ha quel sintomo in quel dato momento. Può essere un gesto di fiducia (mostrare la parte più fragile) o un attacco aggressivo (sfiducia o difficoltà, ad esempio, ad associare sintomi e stati emotivi). Spesso dopo il paziente si ferma e sta in silenzio, ciò può indicare una separazione tra la sindrome psicopatologica e sé stessi come persone. Dopo una prima fase in cui il paziente parla liberamente, ad un certo punto più o meno implicitamente richiede l’intervento da parte del terapeuta. Il paziente spesso richiede un intervento precoce: se non si è ancora in grado di fornirlo, si prosegue con la fase libera, se necessario, guidata da qualche domanda. Il paziente comincia raccontando minuziosamente la propria storia, si perde spesso in particolari non propri di questa fase, talvolta i racconti ci allontanano dal punto, è necessario con tatto e umanità interromperlo e fargli intendere che questo meccanismo/flusso di parole è fallimentare per lui stesso. Ci sono pazienti che parlano tutto il tempo perché non riescono a tollerare il silenzio. Il paziente comincia parlando del proprio ambiente: lavoro, famiglia, modo di vivere…A questo punto la barca del colloquio va da sé e la barra del timone viene tenuta da entrambi i colloquianti. Empatia e tolleranza→non sempre abbiamo la stessa tolleranza verso tutti i pazienti. LIBERE ASSOCIAZIONI: È un momento molto importante perché da qui partono per il paziente delle libere associazioni che ci spiegano il suo funzionamento mentale quotidiano. Il paziente che riesce a fare delle libere associazioni in modo naturale e organizzato ha tollerato la frustrazione indotta dalla libertà di parola. RIFORMULAZIONE/CONFRONTAZIONE In questa fase, è il tipo di intervento migliore consiste nel rileggere le affermazioni fatte dal paziente, stabilendo dei semplici nessi tra un argomento ed un altro, riferendosi comunque ad elementi in “superficie”. Ha l’effetto di far sentire quanto può essere positiva un’alleanza per capire sé stessi. In questa prima fase, l’introspezione p uno strumento di difficile utilizzo. Non si parla di interpretazione, riguarda il transfert, nei colloqui iniziali non possono essere fatti. Riformulazione: mettere insieme attraverso dei nessi che abbiamo trovato tra quello che il paziente ci ha detto. IPOTESI DI LAVORO Fase nella quale, attraverso un’ulteriore riformulazione o un riassunto di ciò che è stato finora (lasciando anche spazio ad ulteriori domande) verifichiamo le ipotesi di lavoro (come procedere in base a ciò che abbiamo compreso del paziente) e ci accingiamo a fare delle proposte al paziente. (ipotesi diagnostica) Nei casi in cui abbiamo chiaro che il paziente necessita di un trattamento che non rientra nella nostra formazione, lo inviamo da un collega specializzato per quella patologia. (spiegare al paziente che non si tratta di un rifiuto→es. necessità di intervento farmacologico). Una situazione delicata è quella in cui si consiglia il ricovero ospedaliero. Occorre spiegare di cosa si tratta un ricovero, a che serve e a chi può rivolgersi senza precipitare il paziente in infondati allarmismi. La fase finale del colloquio va sottolineata con semplici frasi, ad esempio “cerchiamo di vedere un po' cosa possiamo concludere”. Talvolta capita che proprio in questo momento finale il paziente cominci a parlare delle due opinioni in merito al trattamento o che tiri fuori qualcosa, che in precedenza, mancava. Accompagnare il paziente fino alla porta. A questo punto, il paziente, in merito alla nostra proposta, ci fornirà una risposta che comunque, avvenendo nel “qui ed ora” del primo colloquio, va considerata una risposta approssimativa, non definitiva. SALUTO: momento delicato poiché nel paziente si affollano ancora domande, idee, magari sentimenti di colpa, o di insufficienza. Spesso il paziente è convinto di averci fornito un’immagine insoddisfacente e quindi potrebbe anche, nei pressi della porta, ricominciare il colloquio. Occorre quindi interromperlo gentilmente ma fermamente e chiudere il colloquio DSM5-TR Un primo interessante problema della diagnosi è se classificare le malattie utilizzando categorie o dimensioni. Utilizzare CATEGORIE significa suddividere le malattie mentali appunto in categorie diagnostiche (schizofrenia, depressione, ansia, ecc.), in linea con la tradizione della medicina e della psichiatria kraepeliniana e neokraepeliniana Utilizzare DIMENSIONI invece significa distribuire le malattie secondo variazioni quantitative (relative alla gravità del disturbo, alla personalità, alla percezione, alla cognizione, alla tonalità dell'umore, ecc.) distribuite in un continuum che va fino alla normalità La tradizione ippocratica concepiva un continuum tra la salute e la malattia lungo determinate dimensioni; fu la rivale scuola platonica, invece, a postulare che le malattie potessero essere catalogate in tipi ideali e distinti l'uno dall'altro. In generale, in campo scientifico si è assistito ad una progressiva evoluzione da modelli di tipo dicotomico (ossia categoriali), in cui alcune specifiche variabili sono considerate presenti o assenti, a modelli di tipo continuo (ossia dimensionali), in cui vi è appunto un continuum di gradazioni della stessa dimensione indagata, il che ne permette una migliore precisazione. MODELLO CATEGORIALE - VANTAGGI: possibilità di utilizzo di gerarchie diagnostiche, facilità di impiego nella clinica, adeguatezza alla ricerca epidemiologica - SVANTAGGI: difficile classificazione di casi al confine tra diverse categorie, creazione di territori neutri tra una diagnosi e l’altra, riempibili solo con diagnosi ibride di forme “atipiche”, “miste”, “residue” etc., non contemplazione dei casi “sotto-soglia” MODELLO DIMENSIONALE - VANTAGGI: migliore definizione di casi al confine tra differenti categorie, migliore definizione dei casi di “comorbilità” - SVANTAGGI: maggiori difficoltà per l’impiego nella pratica clinica, maggiori difficoltà comparative Sistema di classificazione CATEGORIALE, con una serie di limiti→suddivide le malattie in categorie, in disturbi, in linea con la tradizione nosografica della fine dell’800 (Kraepelin). Non tiene conto del continuum normalità-malattia. La medicina è evidence-based, anche i segni e i sintomi devono essere standardizzati e statisticamente validi. Il sistema categoriale si presta di più rispetto a quello dimensionale. Usa delle gerarchie diagnostiche→più sono numerosi i sintomi, più pesano e più posso avere una gravità di quella malattia, non preso in considerazione in quella dimensionale. Ateoretico. Si basa sul criterio di presenza/assenza del sintomo indagato→facilità di impiego nella clinica e adeguato nella ricerca epidemiologica. Domande chiuse, si o no. A volte i casi al confine sono difficilmente individuabili→con o senza specificazione. Ci sono dei territori, con le forme atipiche o miste. Ad esempio, nei disturbi della nutrizione posso avere u comportamento alimentare restrittivo ma non essere anoressica, o avere abbuffate ma non raggiungere i criteri, ad esempio, della bulimia→disturbi sottosoglia→sfuggono dal sistema del DSM. Criteri minimi diagnostici. Il modello dimensionale ha il vantaggio nei casi confine, non gli sfugge il sotto soglio, permette la presenza di comorbidità. Maggiori difficoltà nelle indagini epidemiologiche, risente delle capacità e dell’esperienza dell’intervistatore, mentre nel DSM no. Molti cambiamenti nel DSM→DSM5 (2014), DSM5-TR (2022-3). Passaggio da DSM-IV a DSM-5 importante→non più diagnosi assiale (da asse 1 ad asse 5). Non si parla più di doppia diagnosi ma di comorbidità. Non sono più 5 assi ma abbiamo 3 sezioni: 1. Principi fondamentali 2. Criteri diagnostici 3. Disturbi che richiedono ulteriori studi. Presenti anche le scale di misurazione (es. disabilità, qualità della vita, interviste per valutazioni) sia della diagnosi che della qualità di vita del paziente con malattia mentale. Presente una definizione di DISTURBO MENTALE (definizione secondo il DSM-5, spesso criticata): un disturbo mentale è una sindrome caratterizzata da turbe clinicamente significative della cognitività individuale, della regolazione delle emozioni, o del comportamento, che riflettono una disfunzione nei processi psicologici, biologici o dello sviluppo che stanno alla base del funzionamento mentale. I disturbi mentali sono di solito associati a stress significativo o disabilità sociale, lavorativa o di altre importanti attività. Una risposta prevedibile o culturalmente accettata ai comuni stress o alle perdite, come la morte dell’unico amore, non è un disturbo mentale. Il lutto non è un disturbo mentale→presente il lutto complicato nel manuale. Un comportamento socialmente deviato (politico, religioso o sessuale) ed i conflitti che esistono primariamente tra l’individuo e la società non sono disturbi mentali a meno che non comportino una disfunzione nell’individuo. Se non la vivo male, se non manifesto un disagio interpersonale o intrapersonale non sto parlando di un disturbo mentale, ma di un comportamento socialmente deviato. CLASSIFICAZIONE SINDROMICA/CATEGORIALE→i disturbi psichiatrici vengono prevalentemente classificati su base categoriale. Una sindrome viene identificata da un raggruppamento di sintomi di stato e di decorso tra loro correlati. Le sindromi quando diventano categorie diagnostiche standardizzate vengono indicate nei sistemi classificativi come disturbi. La diagnosi categoriale viene effettuata quando sono soddisfatti i criteri minimi diagnostici necessari per rientrare in una delle categorie. Il sistema di classificazione categoriale più utilizzato è il DSM ormai giunto alla 5 edizione (DSM5) nel quale sono previste varie entità nosografiche indicate da specifici criteri diagnostici. Attualmente il sistema internazionale più diffuso per la classificazione dei disturbi mentali è il DSM, Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders, a cura dell’American Psychiatric Association, giunto alla sua quinta edizione (2014) Il DSM è il massimo rappresentante del modello categoriale di diagnosi→fatto sulla base del criterio di presenza/assenza di un certo numero di sintomi tra loro correlati e che durano per un periodo di tempo x, presenti nel momento del colloquio in un certo numero. Es. 7/10. Certo numero di sintomi per fare una diagnosi. Ci sono stati molti cambiamenti tra il DSM-5- TR e le edizioni precedenti. Fino al DSM-IV si parlava di diagnosi a più assi. ASSI DSM-IV-TR→divisione in 5 assi ASSE I: sindromi→disturbi clinici o altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione ASSE II: disturbi di personalità ASSE III: condizioni mediche generali→la patologia somatica può accompagnare o causare il disturbo psichiatrico. ASSE IV: problemi psicosociali e ambientali→vengono riportati i life events del paziente, anche se non sempre esiste un rapporto di causalità lineare tra eventi e patologia. Non sempre esiste un rapporto lineare di tipo causale tra stressors e psicopatologia. ASSE V: valutazione globale del funzionamento→viene riportato attraverso una scala dal 100 a 0 il giudizio clinico sul funzionamento globale del soggetto in ambito psicologico, sociale e lavorativo. DSM-5-TR (2014) grande cambiamento, non si parla di assi ma di tre sezioni. Tutti i disturbi stanno all’interno della sezione 2: criteri diagnostici. 1. Principi fondamentali, come usare il manuale, definizione di malattia mentale 2. Criteri diagnostici 3. Disturbi che richiedono ulteriori studi E’ stata abbandonata la visione multiassiale della diagnosi: tutti i disturbi vengono elencati su un unico asse la sezione 2 (compresi i disturbi di personalità), con annotazioni separate per i fattori psico-sociali e ambientali (prima inseriti in Asse IV), e di disabilità (prima inseriti in Asse V). Un disturbo mentale è una sindrome caratterizzata da turbe clinicamente significative della cognitività individuale, della regolazione delle emozioni, o del comportamento, che riflettono una disfunzione nei processi psicologici, biologici o dello sviluppo che stanno alla base del funzionamento mentale→definizione del DSM. I disturbi mentali sono di solito associati a stress significativo o disabilità sociale, lavorativa o di altre importanti attività. Una risposta prevedibile o culturalmente accettata ai comuni stress o alle perdite, come la morte dell’ultimo amore, non è un disturbo mentale. Un comportamento socialmente deviato (politico, religioso o sessuale) ed i conflitti che esistono primariamente tra l’individuo e la società non sono disturbi mentali a meno che non comportino una disfunzione dell’individuo. È stato ampliamente riconosciuto che le malattie mentali non son sempre completamente adattabili entro i confini di un singolo disturbo. I risultati di una moltitudine di studi di comorbilità e di trasmissione familiare delle patologie psichiatriche, hanno infatti evidenziato che i confini tra molte categorie di disturbi sono molto meno rigidi rispetto a quanto riconosciuto nel DSM-IV, e che molti sintomi assegnati ad un singolo disturbo possono manifestarsi, con vari livelli di gravità, in molte altre patologie. Questi risultati dimostrano che il DSM dovrebbe trovare il modo di introdurre approcci dimensionali ai disturbi mentali, per consentire una descrizione più accurata delle manifestazioni sindromiche del singolo paziente ed aumentare così la validità di una diagnosi. Rispetto alla valutazione del funzionamento (ex Asse V), per fornire una valutazione completa della disabilità, la scala VGF (Valutazione Globale del funzionamento), è stata sostituita con la “Disability Assessment Schedule” dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (WHODAS), un metodo standard per valutare il livello di disabilità globale per i disturbi mentali, che si basa sulla Classificazione Internazionale del Funzionamento, della Disabilità e della Salute ( ICF) ed è applicabile in tutta la medicina. L’ordine dei capitoli non è casuale, ma risponde a due criteri specifici: l’età della vita, per cui si comincia dall’età infantile con i disturbi del neurosviluppo, per finire con i disturbi neurocognitivi più tipici dell’anziano ed il tentativo di un approccio dimensionale, per cui si andrebbe da disturbi di tipo “internalizing” (emotivi e somatici) a disturbi di tipo “externalizing” (impulsività, uso di sostanze, etc.). Nel DSM 5 i disturbi della personalità sono quindi presenti sia nella sezione II, dove sono state riproposte le stesse categorie diagnostiche presenti nel DSM-IV-TR, sia nella sezione III, dove si propone un modello dimensionale-categoriale ibrido, secondo il quale il processo di diagnosi si dovrebbe articolare attraverso tre livelli di valutazione: il funzionamento generale, la patologia e i tratti/domini. Per migliorare la- specificità diagnostica, il DSM-5 sostituisce la precedente definizione di disturbo NAS con altre due definizioni: - Disturbo con altra specificazione: consente al medico di comunicare la ragione specifica per la quale la presentazione non soddisfa i criteri per una precisa categoria all'interno di una classe diagnostica. - Disturbo senza specificazione: se invece il medico sceglie di non specificare la ragione per la quale i criteri non sono soddisfatti per un disturbo specifico, "Si noti che la differenziazione tra questi due disturbi si basa sulla decisione del medico, offrendo la massima flessibilità per la diagnosi. Disturbi inclusi nel DSM-5 sono stati riordinati in una organizzazione strutturale rivista e pensata per rispondere meglio all'esigenza (di medici, pazienti, famiglie e ricercatori) di una descrizione chiara e concisa di ogni disturbo mentale, organizzata con espliciti criteri diagnostici, integrati, quando necessario, da misure dimensionali, ed un breve compendio di informazioni su diagnosi, fattori di rischio, caratteristiche associate, progressi della ricerca, e varie espressioni del disturbo CLASSIFICAZIONE DSM-5TR Disturbi del neurosviluppo Disturbi dello Spettro della schizofrenia Schizofrenico e altri Disturbi Psicotici Disturbo Bipolari e Disturbi Correlati Disturbi Depressivi Disturbi d’ ansia Disturbo ossessivo compulsivo e disturbi correlati Disturbi correlati a eventi traumatici Disturbi dissociativi Disturbo da sintomi somatici e disturbi correlati Disturbi della nutrizione e dell’alimentazione Disturbi dell’evacuazione Disturbi del sonno-veglia Disfunzioni sessuali Disforia di genere Disturbi da comportamento dirompente Disturbi correlati a sostanze (disturbi non correlati a sostanze gioco d’ azzardo patologico) Disturbi neuro cognitivi maggiori Disturbi di Personalità Disturbi Parafilici Disturbi del Movimento indotti da farmaci e altre reazioni avverse da farmaci Altre condizioni che possono essere oggetto di attenzione clinica Nel DSM 5 i disturbi della personalità sono quindi presenti sia nella sezione II, dove sono state riproposte le stesse categorie diagnostiche presenti nel DSM-IV-TR, sia nella sezione III, dove si propone un modello dimensionale-categoriale ibrido, secondo il quale il processo di diagnosi si dovrebbe articolare attraverso tre livelli di valutazione: il funzionamento generale, la patologia e i tratti/domini. I disturbi di personalità si caratterizzano come un pattern abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alla aspettative della cultura dell’individuo. Questo pattern si manifesta nelle seguenti aree: - COGNITIVA: modi di percepire e interpretare sé stessi, gli altri e gli avvenimenti - AFFETTIVA: intensità della risposta emotiva - FUNZIONAMENTO INTERPERSONALE - CONTROLLO DEGLI IMPULSI Il pattern abituale risulta inflessibile e pervasivo in un’ampia varietà di situazioni sociali e personali. Il pattern determina disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo. Il pattern è di lunga durata e l’esordio può essere fatto risalire almeno all’ adolescenza o alla prima età adulta 14/10 RAPPORTO MEDICO-PAZIENTE Questo tipo di relazione si pone a metà strada tra quella di servizio e quella interpersonale, è infatti centrata sul sintomo e contemporaneamente sulla persona. Viene definita una relazione d’aiuto. Questa relazione ha alcune caratteristiche: - ASIMMETRIA: tra persone con ruoli diversi come accade per alcune relazioni interpersonali (madre-figlio) o in quelle di servizio. - COMPLEMENTARIETA: impossibilità di invertire i ruoli - CONTRATTUALITA IMPLICITA: doveri e diritti stabiliti a priori in base al contratto terapeutico per cui tutti i pazienti danno per scontata la soddisfazione di alcune aspettative (essere ascoltato e compreso, essere considerato come un essere umano, poter contare sul segreto professionale). Trovare un alleato nel medico. - CENTRALITA DELL’OBIETTIVO: la relazione si sviluppa intorno all’obiettivo implicito (ciò che il paziente chiede) o esplicito (quello che il paziente si aspetta). Presenta dei limiti rappresentati da: Tempo→durata del colloquio e rispetto degli orari e delle festività. Spazio→ambulatorio o domicilio. Contenuti→malattia e terapia. - INTIMITA: fa riferimento ai contenuti intimi del paziente. Il senso di intimità coinvolge in primo luogo il corpo e poi fatti, emozioni e pensieri ritenuti intimi, ossia interni a noi e quindi da sottrarre agli altri. - RITUALIZZAZIONE: si riferisce all’insieme delle regole della relazione, il compenso, il camice, la sequenza delle manovre semeiologiche, il diritto di chiedere notizie intime al paziente e il diritto del medico di entrare nel suo spazio corporeo. COMUNICAZIONE È un processo di scambio di informazioni e di influenzamento reciproco che avviene in un determinato contesto. La comunicazione è quindi un processo circolare che prevede l’interazione tra 2 poli e che attiva sempre una reazione. Non può esserci quindi una relazione senza comunicazione. Si comunica non solo con le parole, ma anche con il linguaggio del corpo. Tutto il comportamento, e non soltanto il discorso, è comunicazione, e tutta la comunicazione influenza il comportamento. PROPRIETA DELLA COMUNICAZIONE: 1. NON SI PUO NON COMUNICARE: ogni comportamento in una relazione è una comunicazione ed ogni comunicazione, anche il silenzio è comunicazione. 2. OGNI COMUNICAZIONE PRESUPPONE DUE LIVELLI: il contenuto e la relazione. L’aspetto del contenuto presuppone i dati e l’oggetto della comunicazione; l’aspetto di relazione riguarda il modo in cui questi dati vengono interpretati e come tale è meta- comunicazione. 3. LA NATURA DELLA RELAZIONE dipende dalla modalità in cui ogni interlocutore organizza e mette in sequenza gli eventi. Nelle relazioni vi è una logica circolare per cui il comportamento di un individuo è al tempo stesso causa ed effetto del comportamento altrui. 4. La comunicazione avviene sia con il MODULO NUMERICO (parole, numeri) che con quello ANALOGICO (gesti, riflessioni, movimenti). Il linguaggio verbale o simbolico è adatto a comunicare prevalentemente a livello di contenuto quello non verbale (analogico) definisce la natura della relazione. È la comunicazione non verbale che qualifica la relazione. Esempio: portare un dono al medico a Natale. 5. Tutti gli scambi di comunicazione sono SIMMETRICI o COMPLEMENTARI, a seconda che siano basati sull’uguaglianza o sulla differenza. Quindi ciascuna interazione di relazioni interpersonali può essere vista come una dinamica durante la quale si susseguono relazioni simmetriche o complementari. Posizione di uguaglianza→i comunicanti sono sulla stessa posizione, amico-amico. Posizione di differenza→un comunicante è in posizione di inferiorità e l’altro di superiorità, medico-paziente. Occorre valutare il “prendersi troppa confidenza” del paziente perché questo può indurre il medico ad irrigidirsi per ristabilire le posizioni così come il “tu” dato dal medico enfatizza una posizione già di superiorità. Falsa confidenza. COMUNICAZIONE DISTURBATA: l’utilizzo da parte del medico di un gergo troppo tecnico non è comunicazione, ma induce una perturbazione nella trasmissione di emozioni e contenuti. Comunicare significa utilizzare un linguaggio chiaramente comprensibile che fornisce risposte anche a domanda inespresse evitando di usare stereotipi di comunicazione inadeguati a quel contesto o a quella persona, o ancora sulla spinta di particolari stati d’animo o disposizioni. L’utilizzo di un linguaggio meno preciso ma più comprensibile può incoraggiare il paziente e fornirgli elementi rilevanti rispetto al suo problema alternative rispetto al suo futuro. SILENZIO: Il silenzio è comunicazione, ed è sempre ricco di significato. Può esprimere ostilità, sfida, rifiuto, aggressività, esitazione, indecisione o ambivalenza. Stabilisce distanza tra i membri della relazione e li differenzia; in tal senso può risultare gravoso e persino intollerabile. I silenzi hanno un significato e vanno rispettati. Facendo troppe domande si preclude al paziente la possibilità di dire elementi fondamentali di sé che possono aprire orizzonti illuminanti sulla sua vita e sulla sua psicopatologia. ASOLTO ATTIVO: il medico comprende il paziente imparando ad ascoltare attraverso sollecitazioni, esplicazioni e concessioni di spazi. Lo acquisiamo imparando a conoscere il nostro paziente, quando sollecitare o quando non farlo. COMUNICAZIONE DI DIAGNOSI INFAUSTA: è senz’altro uno dei compiti più difficili per il medico e di volta in volta ci si chiede se, come, quando e a chi comunicare tale diagnosi. Il medico che si identifica eccessivamente con il suo paziente può inconsciamente sentire che lui stesso in quella circostanza non reagirebbe all’angoscia; ciò comporta una comunicazione falsata o delegata ad altri. Non essere pronti a tutte le reazioni del paziente, perché ci si è identificati troppo. Il medico che invece, si identifica per proteggersi, comunica la diagnosi rapidamente e brutalmente non confrontando il paziente. Occorre una giusta distanza emotiva, ossia l’equilibrio tra personificazione e oggettivazione, cosicché il medico sarà in grado di scegliere le parole più giuste senza mentire per comunicare. L’operatore deve fare i conti con la propria di angoscia nei confronti di quella patologia, va trovata la giusta distanza emotiva. RELAZIONE COME STRUMENTO DIAGNOSTICO NOSOGRAFICA: la relazione col paziente si pone come priorità l’obiettivo diagnostico. Partendo dai dati forniti dal paziente e formulando un’ipotesi si arriva alla definizione diagnostica, ossia alla malattia. È un SLIDE DESCRITTIVA: SLIDE PERSONIFICANTE: implica la conoscenza dell’unità somato-psichica di quell’individuo e quindi anche delle sue reazioni alla malattia. Il medico in tal modo supera la conoscenza della malattia e attiva alla conoscenza del malato, così da SLIDE EMPATIA: - DESCRITTIVA→capacità del terapeuta di trasmettere una descrizione obiettiva delle manifestazioni psicopatologiche del paziente. - DINAMICA→capacità del terapeuta di fare una descrizione delle dinamiche per come si manifestano all’interno della psiche. - ESISTENZIALE→considerare il paziente con un rispetto umano di fondo, stimandolo come una persona che lotta con dei problemi. RELAZIONE COME STRUMENTO TERAPEUTICO La relazione medico-paziente può essere trasformata anche in un atto terapeutico attraverso il quale il medico somministra sé stesso come farmaco. Imparare ad avere, nei confronti della relazione terapeutica, la stessa attenzione e competenza che si deve utilizzare nella prescrizione e nella gestione dei farmaci. RELAZIONI DIFFICILI: comportano un coinvolgimento emotivo impossibile da controllare. È fondamentale SLIDE - PAZIENTE IPOCONDRIACO: richiede aiuto sottoponendosi ad innumerevoli visite e controlli che rappresentano per lui la risposta più funzionale al suo bisogno di essere malato. Il medico che non comprende la natura del suo disagio lo percepisce come scomodo e fastidioso e, attraverso le visite e i controlli, trova il modo più efficace per liberarsene. Ogni esame fornisce al paziente un ulteriore rinforzo alla convinzione di essere malato e i risultati negativi dei controlli lo conducono alla ricerca di un altro medico nella speranza che questo confermi l’esistenza di una malattia. - PAZIENTE CHE NON MIGLIORA: è un paziente che non gratifica il suo medico, frustrando continuamente la sua onnipotenza. Occorre considerare se ciò è dovuto ad una sconsiderata assunzione di onnipotenza guaritrice da parte del medico, ad un’incongrua aspettativa del paziente o persino ad intenti sadici e manipolatori del paziente che vuole punire il medico. - PAZIENTE CRONICO: può generare nel medico una continua frustrazione dell’attesa di guarigione. Ne deriva un disinvestimento del rapporto che attiva valenze negative nei confronti del paziente. Il medico tende a mascherare queste valenze ritardando gli appuntamenti, interrompendo il paziente o non considerandolo. Il medico si sente impotente, sfoga così la sua aggressività e col tempo anche il paziente disinveste la relazione, rompendo il rapporto. - PAZIENTE ANZIANO: è angosciato e frustrato per aver accumulato perdite continue e definitive. Le perdite più significative riguardano la morte del coniuge o di altre persone vare, la perdita del ruolo sociale nonché la drastica diminuzione della propria autonomia ed efficienza. Il medico può aiutare l’anziano a fronteggiare il proprio disagio esistenziale senza potergli offrire reali soluzioni. È importante che il medico sia in grado di tollerare SLIDE - PAZIENTE CHE REGREDISCE TROPPO: slide diventano troppo dipendenti. Una regressione può fare comodo, ma ci sono diversi livelli di dipendenza. - PAZIENTE OPPOSITIVO: slide vivono come una punizione la terapia, sia farmacologica che psicoterapeutica. - PAZIENTE CRITICO: es. OCD, usa la razionalizzazione, ci toglie il potere della confrontazione, la dice prima lui, da un punto di vista razionale, difficile farlo scendere sul piano emotivo. Mettono in dubbio il ruolo del terapeuta, suscitano spesso rabbia. SLIDE - PAZIENTE IN FOLLOW-UP NEOPLASTICO: paziente consapevole della propria malattia, che ha la speranza del miglioramento e la paura del peggioramento e della morte. SLIDE - PAZIENTE TERMINALE: SLIDE - PAZIENTE SENZA EMPATIA: si compiace a mettere in difficoltà il medico, mette in crisi le sue competenze. SLIDE - PAZIENTE PSICHIATRICO: patologie più grandi come la schizofrenia o pazienti che abusano di sostanze, diventano violenti. SLIDE FATTORI PREDITTIVI DI VIOLENZA APPROCCIO AL PAZIENTE AGITATO: - Ambiente adeguato: evitare spazi ristretti, corridoi frequentati da altri pazienti - Allontanare familiari o altri pazienti agitati - Avere sempre una via di fuga: posizionarsi tra il paziente e la via d’uscita - Porta aperta o colleghi che osservano la scena - Evitare la presenza a portata di mano o sulla scrivania di armi potenziali (biro, siringhe, forbici, ombrelli…) - Evitare di avere addosso oggetti da vittima utilizzabili come appigli o armi (lunghi portachiavi, ciondoli, cravatte). COME AVVICINARSI: non ci si deve inoltre avvicinare al paziente con modalità rapide e decise in senso frontale, poiché può essere percepito come un atteggiamento di confronto, di sfida. Evitare il contatto diretto e prolungato nello sguardo degli occhi del paziente. Sorridere o ridere può SLIDE ATTEGGIAMENTO COLLOQUIO: restare calmi, con atteggiamento tranquillo e accogliente SLIDE COSA NON FARE: non fare promesse che non si possono mantenere. SLIDE Sapere quando interrompere il colloquio, quando è necessario il trattamento farmacologico…SLIDE 21/10 SEMEIOTICA PSICHIATRICA - Definizioni tradizionali, descrittive della sintomatologia psichiatrica - Le funzioni psichiche sono strettamente correlate tra di loro - Isolare la funzione è solo una necessità a fini didattici E’ la disciplina che consente, la valutazione DESCRITTIVA di segni e sintomi indicativi di alterazione delle attività e funzioni psichiche. Permette in ambito clinico la costruzione di un linguaggio psichiatrico di base in cui segni e sintomi hanno una precisa definizione. Disciplina medica (detta anche semiologia) che ha per oggetto il rilievo e lo studio dei segni che orientano verso la diagnosi. Approccio che si discosta dalle tradizionali concezioni - dicotomica: pensiero tipo “o - o “ - meccanicistica: pensiero “causa - effetto Si divide in: - Semeiotica Fisica→come metodi si avvale della ispezione, palpazione, percussione e ascoltazione - Semeiotica Funzionale→si occupa dello studio delle funzioni dei vari organi, attuato con i metodi della chimica di laboratorio con le prove funzionali, le prove di carico, l’impiego di radioisotopi ecc… - Semeiotica Speciale→si avvale di strumenti e di tecniche particolari da richiedere una specifica competenza (encefalografia, mielografia, broncografia, cardioangiografia, tecniche endoscopiche ecc…) La semeiotica PSICHIATRICA consente la valutazione descrittiva di segni e sintomi indicativi di funzioni e attività psichiche. FUNZIONI PSICHICHE: - Pensiero - Percezione - Memoria - Affettività - Coscienza - Attenzione - Intelligenza - Comportamento psicomotorio PENSIERO PENSIERO: attività mentale complessa che consente attraverso ragionamento, valutazione, critica e giudizio, sia la conoscenza della realtà che la soluzione di problemi, usando le conoscenze acquisite in base al contesto. Il pensiero è quel processo mediante il quale il soggetto identifica e diversifica da sé i soggetti e gli oggetti della realtà con cui si relaziona. Il processo inizia con la senso-percezione per arrivare, tramite le rappresentazioni, alla formazione dei concetti. L’IDEAZIONE è il processo che conferisce ordine e forma al pensiero. Le idee si susseguono, hanno una forma e sono collegate le une alle altre. Il processo percettivo prevede il coinvolgimento dei processi mnestici, intellettivi ed emozionali per giungere al riconoscimento e all’interpretazione. I DISTURBI DEL PENSIERO: - FORMA→il concatenarsi delle idee e il loro fluire l’una dietro all’altra. - CONTENUTO→che cosa c’è dentro i nostri pensieri. I disturbi del contenuto si riferiscono alle abnormità delle singole idee. DISTURBI DELLA FORMA DEL PENSIERO Sono rappresentati da alterazioni della produzione e del fluire delle idee. Riguardano il modo con cui il pensiero si struttura e si svolge nel tempo. Alterazioni dei principi generali di strutturazione del pensiero, il modo in generale in cui si struttura il pensiero. Disturbi FORMALI: - Della quantità e velocità→accelerazione, rallentamento e impoverimento - Coerenza dei nessi associativi→deragliamento, disorganizzazione, illogicità, circostanzialità e tangenzialità - Anomalie del linguaggio→perseverazione, assonanze, neologismi Sono divisi in due categorie (disturbi della forma): 1. Disturbi intrinseci del pensiero 2. Disturbi del processo del pensiero: quantitativi e qualitativi DISTURBI INTRINSECI PENSIERO CONCRETO: tendenza del soggetto a selezionare una qualità fisica di un concetto, a spese del significato globale. Il paziente non è in grado di liberarsi del significato letterale delle parole. Es. nell’interpretazione dei proverbi, la persona non riesce ad operare un’analisi più profonda del contenuto e dell’intrinseca qualità ad essi connessa. Il pensiero concreto è normale nell’infanzia, diventa patologico negli adulti. Lo troviamo: - Nei disturbi cognitivi - Nel ritardo mentale - Nella schizofrenia, dove è massima la compromissione del livello di astrazione e della concettualizzazione. PENSIERO IPERINCLUSIVO: aspetti falsi o irrilevanti (anche solo lontanamente correlati) si inseriscono in un concetto o in una categoria. È un ampliamento inappropriato di un concetto ed è dovuto alla mancata soppressione di elementi marginali. È presente nella schizofrenia e si associa al pensiero concreto. Fattore caratteristico della ideazione del paziente schizofrenico per il quale determinati contenuti parassiti che il soggetto normale elimina (a chiunque capita che, mentre si sta pensando a qualcosa ci si ritrova di fronte a contenuti parassiti che normalmente eliminiamo, ritornando al contenuto precedente del pensiero) mentre il paziente schizofrenico è incapace di eliminarli, questi contenuti entrano nel suo pensiero e nel suo discorso. PENSIERO ILLOGICO: è un modello di pensiero alterato, perché propone spiegazioni bizzarre, del tutto contrarie ad ogni forma di logica, devianti dall’usuale. Il sistema illogico di riferimento viene meno, l’eloquio è disorganizzato e non c’è più la struttura del discorso e la finalità comunicativa. Ha frammenti di idee. Si trova soprattutto nella schizofrenia disorganizzata. PENSIERO DISORGANIZZATO: intrusioni di pensieri e sensazioni contrastanti. Incapacità di attribuire un significato simbolico, a pianificare lo svolgimento di un’attività in sequenza e ad orientare un comportamento finalizzato. Presenza di confusione, incapacità di mantenere il flusso di pensiero con l’abituale chiarezza, coerenza e velocità. Alcune idee sono mantenute ma solo in maniera contrastante. PENSIERO MAGICO: è una forma particolare, in cui i pensieri, le parole e le azioni sono dotati del potere di modificare magicamente la realtà e quindi di scatenare o al contrario, evitare eventi. Linguaggio digressivo, vago, iper-elaborato, circostanziato, metaforico. Pensiero magico non giustificato dalla cultura: chiaroveggenza, telepatia, sesto senso, convinzione che gli altri possano provare gli stessi sentimenti, idee prevalenti e di riferimento. Pensieri inusuali: illusioni ricorrenti, presenza di una forza o di una persona. DISTURBI DEL PROCESSO DEL PENSIERO Divisi in: a) DISTURBI QUANTITATIVI ACCELERAZIONE IDEATORIA: le idee si susseguono l’una all’altra più rapidamente della norma, con nessi associativi allentati, talvolta per assonanza: vi è un abnorme produzione ideica cin carenza dei meccanismi selezionatori, logici e finalizzati, strutturanti il pensiero. Si manifesta come FUGA DELLE IDEE. Non riesco a fermarmi, le idee sono talmente veloci che sembra che fuggano fuori dal pensiero. È presente nella fase maniacale dei disturbi bipolari e in stati di eccitamento psicorganici e tossici. FUGA DELLE IDEE→possibile individuare le parole che innescano le connessioni tra frasi successive, ma i pazienti non arrivano alla meta. Spesso si associa ad un’accelerazione dell’eloquio. Possibile seguire la successione delle idee, a differenza dei pazienti schizofrenici, in cui il senso del discorso è criptico. RALLENTAMENTO DEL PENSIERO: le idee si susseguono più lentamente, i processi associativi sono ridotti, l’attività di pensiero è rallentata e impoverita. L’eloquio manca di spontaneità. Il soggetto parla solo se stimolato, presentando un’aumentata latenza di risposta alle domande. Spesso non riesce a sviluppare un processo associativo e la finalizzazione del pensiero è persa. Le idee scorrono lentamente, con riduzione della vivacità, ricchezza e varietà dei legami associativi: l’attività del pensiero appare impigrita, rallentata e come spenta. È presente nel paziente depresso in cui non soltanto si possono avere disturbi del contenuto del pensiero, ma si può avere, più in generale, quella che è l’alterazione della strutturazione della forma del pensiero. Questa alterazione consiste nel fatto che il pensiero è rallentato, stentato e difficile. È un sintomo tipico della depressione e, in casi di estremo rallentamento, si può arrivare al BLOCCO DEL PENSIERO in cui il soggetto di interrompe a metà di una frase, tace per qualche momento e afferma di non ricordare cosa volesse dire. Si può trovare anche in quadri tossici, psicorganici, nell’ipertiroidismo e nelle oligofrenie. - ACCELERAZIONE→FUGA DELLE IDEE - RALLENTAMENTO→BLOCCO DEL PENSIERO b) DISTURBI QUALITATIVI→del processo RUMINAZIONE: il soggetto insiste costantemente sullo stesso tema, senza mai giungere ad una conclusione. Di solto corrisponde alla presenza di un’idea prevalente a livello del contenuto di pensiero. Di solito precede l’ossessione. OSSESSIONE: è un’idea, un pensiero, una parola, un ricordo, un’immagine mentale o un impulso che si intromette nella mente e che non si riesce ad allontanare pur riconoscendone l’irragionevolezza. Il pensiero causa profonda ansia o disagio per cui il soggetto si sente costretto a neutralizzarlo con altri pensieri o azioni (compulsioni). È avvertito come estraneo, intrusivo e persistente. I più frequenti pensieri ossessivi riguardano: - La possibilità di contagiarsi o di essere contagiati - Il dubbio relativo ad aver compiuto un’azione - Il pensiero di non aver messo sufficientemente in ordine Il pensiero ossessivo è tipico del disturbo ossessivo-compulsivo COMPULSIONE: comportamenti ripetitivi o atteggiamenti mentali che l’individuo si sente costretto a mettere in atto in risposta ad un’ossessione. CONDENSAZIONE O FUSIONE: due o più idee o i loro frammenti si fondono in una nuova idea bizzarra e incongrua. È ancora mantenuta la consequenzialità delle associazioni, ma le idee vengono concatenate mettendo insieme elementi eterogenei i quali, raccogliendosi in maniera indiscriminata, non hanno progressione logica. Fenomeno che si trova all’inizio della sordità. PENSIERO CIRCOSTANZIALE: pensiero prolisso, ricco di dettagli inutili che riflette l’incapacità dell’individuo di discriminare tra tema principale ed elementi di sfondo, vi è un difetto della capacità di sintesi. Il soggetto, durante il discorso, apre numerose parentesi su concetti superflui che vengono esplorati in maniera esaustiva e solo nel momento in cui viene soddisfatta tale esigenza è possibile riprendere la strada per la conclusione, se la finalizzazione è mantenuta. Capacità di ritornare sul tema principale. Associato spesso con l’iperinclusione. Si presenta nelle personalità ossessive, nella schizofrenia, nell’epilessia e in sindromi psicorganiche. TANGENZIALITA: disturbo in seguito al quale un soggetto risponde ad una precisa domanda in maniera solo marginalmente collegata al tema della domanda stessa. Nella tangenzialità il fine è solo marginalmente perseguito e il soggetto non risponde alle domande in maniera diretta e pertinente, ma parte da un punto senza mai arrivare all’obiettivo desiderato. Consiste nella perdita della finalizzazione del pensiero per cui il soggetto non risponde alla domanda in maniera diretta e pertinente. Non centrando l’obiettivo del discorso, fornisce risposte solo parziali o totalmente irrilevanti. DERAGLIAMENTO: fenomeno per il quale il filo del pensiero sembra per un certo tempo essere logico poi improvvisamente devia da un tema ad un altro. Si verifica un allentamento dei nessi associativi fino alla perdita di finalizzazione con totale incoerenza. Il filo del discorso interno tiene per il soggetto al punto che questi sarà meravigliato dalle richieste di spiegazione del senso delle sue parole. Non mi rendo conto che ho perso il filo del discorso, se vengo riportato sul tema mi chiedo il perché. Allentamento dei nessi associativi fino alla perdita della finalizzazione con totale incoerenza della scelta tematica. L’argomento del discorso si allontana sempre di più, fino a perdere la connessione con la domanda posta. Il soggetto non è consapevole di aver perso il filo del discorso. È tipico dei disturbi schizofrenici (spesso allucinazioni uditive). Il percorso associativo devia verso concetti non inerenti alle conclusioni, e la capacità di perseguire una finalità viene persa. Il soggetto NON è consapevole di aver perso il filo del discorso. IDEAZIONE INCOERENTE: frammentazione e sconnessione del pensiero in cui la mancanza di continuità si estende all’interno delle singole frasi, rendendo il discorso incomprensibile. Si associa spesso alla fuga delle idee. Il grado estremo dell’incoerenza è noto come insalata di parole. DISSOCIAZIONE DEL PENSIERO: Alterazione dei normali nessi associativi caratteristici del pensiero logico, per cui il pensiero diventa bizzarro e incomprensibile. La continuità logica e la finalizzazione sono alterate. Il disturbo è tipico dei quadri schizofrenici. NEOLOGISMO: si tratta di parole nuove, coniate dal soggetto e prive di significato generalmente riconosciuto. Spesso sono ottenute attraverso la combinazione di sillabe di altre parole che hanno per il soggetto uno specifico significato, per lo più risultano incomprensibili. Si trovano spesso quando il bambino inizia a parlare, prima dei 3 anni. RISPOSTE DI TRAVERSO: sono risposte assurde, vaghe nel loro significato e in contrasto con quanto detto prima. Si tratta perlopiù di risposte molto rapide che vengono fornite di solito a seguito di domande più esigenti e con il prolungarsi del colloquio. Paziente con una patologia stanco alla fine del colloquio. PERSEVERAZIONE: nel gi

Use Quizgecko on...
Browser
Browser