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PSICHIATRIA 2 (sbobine a cura di Debora Mancuso a.a. 22\23) I DISTURBI ALIMENTARI Inizialmente si pensava che questi disturbi fosse collegati ad alterazioni di alcuni centri ipotalamici che portavano all’a...

PSICHIATRIA 2 (sbobine a cura di Debora Mancuso a.a. 22\23) I DISTURBI ALIMENTARI Inizialmente si pensava che questi disturbi fosse collegati ad alterazioni di alcuni centri ipotalamici che portavano all’attivazione di nuclei che regolano la fame, facendola aumentare o sopprimendola. Cosa sono i disturbi alimentari? I principali sono anoressia e bulimia ma ce ne sono tanti altri; anoressia e bulimia sono patologie cliniche psichiatriche. Sono patologie che costringono il soggetto (“costringono” perché il soggetto non decide di mangiare di più o di meno); sono persone che hanno una condotta autodistruttiva che non si può controllare e normalmente questi disturbi colpiscono in età adolescenziale, anche se esistono pazienti di tutte le età, dai bambini fino a persone molto anziane. Vi è un aumento del numero di pazienti (soprattutto dopo il Covid c’è stato un incremento del 30%). La terapia è lunga e complessa e richiede un’equipe composta da persone con competenze molto diverse. Questi disturbi possono provocare effetti cronici devastanti e quindi, se non curati, il soggetto si trascina alcuni sintomi per tutta la vita e ricordiamo che stiamo parlando di patologie che spesso iniziano in età infantile e quindi, ad esempio, un’osteoporosi avrà delle conseguenze fino a che il soggetto non sarà anziano, con l’aumento della possibilità di fratture patologiche dell’anca o di un crollo vertebrale o problemi neurocognitivi. Inoltre, è la patologia psichiatrica con maggiore mortalità, ma è pur vero anche che sono patologie che si possono curare. Sintomi comuni Fairburn, diversi anni, propose una teoria transdiagnostica di questi disturbi perché secondo lui una persona a cui viene diagnosticata un’anoressia non rimarrà per sempre in questa fase; magari iniziano con sovrappeso, poi passano ad un’anoressia, poi diventano bulimici ecc. I sintomi comuni sono: Anormale perdita di peso. Paura intensa di prendere peso. Rifiuto del cibo Abbuffate → cos’è un’abbuffata? È l’esagerata assunzione di cubo in poco tempo caratterizzata dalla sensazione di perdere il controllo. Abbuffarsi vuol dire mangiare molto di più di quanto non mangerebbero altre persone in circostanze simili con la perdita del controllo. Esistono due tipi di abbuffate (domanda d’esame) - Abbuffata oggettiva → il soggetto mangia infinitamente di più di quanto non mangerebbero altre persone - Abbuffata soggettiva → tipica del paziente con anoressia, che con una sola forchettata di pasta dice di sentirsi gonfio. Ha la sensazione di non essersi riuscita\o a fermare di dronte ciò che aveva nel piatto Autoinduzione del vomito Abuso di lassatici, diuretici, vomito o farmaci dietetici 1 Negazione dell’appetito → questo è importante per spiegare il concetto di anoressia e bulimia. L’anoressia, etimologicamente, viene da “anorexia” (senza fame) e ciò infatti descrive il comportamento, ma in realtà il paziente con anoressia si mangerebbe sua madre, però ha paura che se iniziasse a mangiare arriverebbe a mangiare sua madre. Quindi l’anoressico potrebbe mangiare tantissimo, ma tende a fermarsi autoimponendosi di non mangiare. Viceversa, la bulimia vorrebbe dire “fame da bue”, ma il paziente bulimico non mangia perché ha fame, anzi di solito dopo aver finito di pranzare o cenare si fa la grande abbuffata. Eccessivo ed estenuante esercizio fisico → questo perché hanno una gravissima distorsione dell’immagine corporea (allo specchio si vedono infinitamente più grandi di quanto effettivamente sono). Questa distorsione corporea è presente sia nell’anoressia che nella bulimia. Depressione → spesso si tratta di una depressione antecedente Ossessione del cibo → qual è la differenza fra ossessione e idea prevalente? Un’idea prevalente è un disturbo psichico del contenuto del pensiero e consiste in pensieri intrusivi che sono egosintonici ed è quindi un’idea che ripete sempre; un’ossessione è un disturbo della forma del pensiero ed è un’idea che si insedia all’improvviso nella testa del paziente generando molta ansia (es. la porta è aperta o chiusa? Se la porta è aperta possono entrare i ladri e quindi quest’ansia porta ad avere una compulsione ovvero controllare più volte se la porta è aperta). L’idea prevalente delle persone con un disturbo prevalente è “sono grasso, sono grasso, sono grasso”, mentre l’ossessione consiste nel pensare che un cibo lo/la farà ingrassare tantissimo e ciò porta alla compulsione, ovvero al controllo (contare le calorie, pesarci sulla bilancia spesso, controllare come vanno i vestiti) Assenza delle mestruazioni Isolamento sociale → quando una persona inizia a perdere peso, magari inizia ad avere quello che per lei (o lui) è un bel fisico, ma ciò non porta ad intraprendere relazioni, anzi si richiude in sé stessa, è sempre più depressa e insicura e finisce per isolarsi ancora di più. Mancanza di coscienza della malattia → i disturbi alimentari sono egosintonici e quindi la persona è convinta di non avere un problema. Diminuzione delle ore di sonno → fanno anche molti incubi che riguardano il cibo e le abbuffate. Bassa autostima Disturbi alimentari nel DSM-V Secondo il DSM-V, le persone con disturbo alimentare sono soggetti che mettono in atto comportamenti finalizzati a controllare la figura e l’aspetto fisico. Sono disturbi persistenti dell’alimentazione il cui risultato è un alterato consumo o assorbimento del cibo che provocano un’alterazione significativa dal punto di vista della salute fisica o del funzionamento psico-sociale. Sono disturbi caratterizzati da comportamenti che hanno come scopo il controllo del peso corporeo, però questi comportamenti danneggiano la salute fisica e/o psichica del soggetto (se non creassero danni non sarebbero disturbi). Inoltre, essi non sono secondari ad un’altra patologia: il perdere peso o questi comportamenti li hanno anche molti pazienti; infatti, ad esempio nella depressione c’è perdita di peso, così come il 2 paziente schizofrenico può non mangiare perché convinto che il cibo sia avvelenato. Quindi ci sono altre patologie psichiatriche in cui posso trovare il paziente che non mangia però si deve sempre fare una diagnosi differenziale. Nel DSM-IV, i disturbi alimentari erano classificati in due capitoli separati: Disturbi dell’infanzia Disturbi dell’età adolescenziale e adulta (anoressia nervosa, bulimia nervosa e i DCA- NAS, ovvero pazienti in cui il disturbo c’era ma non venivano rispettati tutti i criteri → es. la ragazza è sottopeso ma ha ancora il ciclo) Criteri diagnostici dell’anoressia secondo il DSM-IV Importanti erano: Criterio peso → La paziente doveva avere un BMI (indice di massa corporea) inferiore all’85%. Il BMI è il rapporto tra peso(kg) e altezza e si considera adeguato tra il 18,5 e 25 (persone normopeso), mentre al di sotto (17.5) si parla di anoressia Criterio “paura di ingrassare” → intensa paura di acquistare o di diventare grassi anche quando si è sottopeso Criterio “immagine corporea” → alterazione del modo in cui il soggetto vive il peso o la forma del corpo; eccessiva influenza del peso e della forma del corpo sui livelli di autostima; rifiuto di ammettere la gravità dell’attuale condizione di sottopeso. Criterio “mestruazioni” → la paziente doveva avere l’amenorrea (assenza di 3 cicli mestruali consecutivi). Questo criterio ha creato tantissimo dibattito anche perché questo escludeva i maschi; si ha avuto un cambiamento poi con il DSM-5 Criteri della bulimia (DSM-IV) Criterio “abbuffate” → assunzione di una grande quantità di cibo e senso di perdita di controllo Criterio “comportamenti di compenso” → dopo aver mangiato qualsiasi cosa, il paziente si sente in colpa e decide di disfarsi delle calorie appena assunte, con: - Vomito auto-indotto - Uso improprio di lassativi e diuretici - Esercizio fisico eccessivo Quello che si notò però è che i quadri incompleti erano di gran lunga maggiori rispetto a bulimia e anoressia. Perciò si decise di unire i disturbi dell’età infantile (pica, ruminazione ecc..) con quelli classici. Ora, infatti, nel DSM-V abbiamo: Anoressia nervosa Bulimia nervosa 3 Binge eating disorder Pica Ruminazione ARFID (Avoidant/Restrictive Food Intake Disorder → Disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo) NAS (non altrimenti specificati) Pica La pica è cambiata tra il DSM-IV e il DSM-V ed è un disturbo caratterizzato da un’ingestione ricorrente di sostanze non nutritive; ad esempio, tanti anni fa, durante la carestia, le donne incinte andavano a mangiare la calce delle mura. Per poter fare diagnosi occorre avere un’età superiore ai 2 anni perché si sa che il bambino più piccolo qualsiasi cosa che trova se la infila in bocca. Va distinta da comportamenti che sono evolutivamente normale. Culturalmente supportati o socialmente normalizzati (es. In Italia mangiamo carne rossa, bianca, pasta ma non mangiamo né rettili né insetti; in altre culture pensano magari che ciò che noi mangiamo siano porcherie e che invece i topi, i gatti, gli insetti siano adeguati). Potrebbe descrivere un craving o il forte bisogno di consumare la sostanza a causa del suo gusto o della sua consistenza. Ovviamente non sarebbe coerente con la diagnosi di Pica il consumo di prodotti che sono considerati come alimenti, o bevande, anche se non sono senza valore nutritivo, come ad esempio la Coca-Cola light e altri prodotti “senza calorie”. Quali sono i criteri della Pica? A. Persistente ingestione di sostanze non alimentari per un periodo di almeno un mese B. L’ingestione di sostanze non alimentari è inappropriata rispetto al livello di sviluppo C. Il comportamento di ingestione non fa parte di una pratica culturalmente sancita D. Se il comportamento di ingestione si manifesta esclusivamente durante il decorso di un altro disturbo (Ritardo mentale, disturbo generalizzato dello sviluppo, schizofrenia ecc..) è sufficientemente grave da giustificare di per sé attenzione clinica. Disturbo di ruminazione Prima era considerato come la ripetuta rigurgitatine di cibo con la masticazione e a volte il paziente sembra trarre piacere dall’attività che compie. Il termine “rigurgito” implica che il comportamento è volitivo, altrimenti sarebbe considerato vomito o reflusso gastroesofageo. Il rigurgito non è associato a nausea e non è spiegato da una malattia o condizione medica; gli individui possono tossire, impegnarsi in contrazioni della lingua o addominali, o movimenti, o mettere le dita in bocca per facilitare che il cibo sia portato indietro. A differenza del DSM-IV, nella quinta edizione tra i criteri rientra il rigurgito e non più la masticazione. Quali sono i criteri del disturbo di ruminazione? a. Ripetuto rigurgito di cibo per un periodo di almeno 1 mese b. Il comportamento non è dovuto ad una condizione gastrointestinale associata o ad un’altra condizione generale c. Il comportamento non si manifesta esclusivamente durante il decorso di Anoressia nervosa o bulimia nervosa. Se i sintomi si manifestano esclusivamente durante il 4 decorso di ritardo mentale o di un disturbo generalizzato dello sviluppo, sono sufficientemente gravi da giustificare di per sé attenzione clinica. Ricorda: per una diagnosi, minore è la quantità di tempo che si richiede e più grave è la patologia, tranne per la schizofrenia. C’è da dire che sia la Pica che la Ruminazione sono molto rari, almeno in età adolescenziale e adulta. ARFID Il disturbo dell’alimentazione nel DSM-IV dell’infanzia o della prima infanzia è stato ribattezzato “disturbo evitante/restrittivo dell’assunzione di cibo” e i criteri sono stati notevolmente ampliati. Ci troviamo di fronte persone che non mangiano, non perché vogliono dimagrire, ma per 3 possibilità: 1. Non sono interessati al cibo 2. Mangiano solo cibi con una serie di caratteristiche (es. non mangiano cibi rossi o mangiano solo cibi di colore rosso ecc..) 3. Non mangiano certi cibi per le possibilità conseguenze avversive (es. “se beve cose liquide queste mi fanno soffocare” o “non mangio gli spaghetti perché ho la sensazione che rimangano in gola e soffoco”) Per poterlo diagnosticare, devono verificarsi almeno una delle 3 seguenti conseguenze: Perdita significativa di peso (tanto significativa da non far proseguire la crescita della persona) Necessità di una nutrizione enterale-parenterale Per via del mal nutrimento non può lavorare o condurre una vita normale Il criterio B dice che deve essere evidente che non ci sia la mancanza di cibo oppure non deve essere dovuto ad una cultura (es. ramadan) Non deve succedere all’interno di anoressia e bulimia e non deve essere spiegato da altre patologie mediche. Anoressia nervosa Se nel DSM-IV si parlava di “rifiuto di mantenere un certo peso”, il DSM-V parla di: A. Restrizione nell’assunzione di calorie in relazione alle necessità, che porta a un peso corporeo significativamente basso nel contesto di età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica. Il peso corporeo significativamente basso è definito come un peso inferiore al minimo normale oppure, per bambini e adolescenti, meno di quello minimo previsto. B. Intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi, oppure un comportamento persistente che interferisce con l’aumento di peso, anche se significativamente basso. C. Alterazione del modo in cui viene vissuto dall’individuo il peso o la forma del proprio corpo, eccessiva influenza del peso o della forma del corpo sui livelli di autostima, oppure persistente mancanza di riconoscimento della gravità dell’attuale condizione di sottopeso. 5 Il DSM-V ha tolto il criterio peso e il criterio mestruazioni. Le persone con anoressia sono persone che mangiano di meno, che non riescono a raggiungere un certo peso e che sono eccessivamente preoccupate per il peso e la figura. Esistono due sottotipi: Sottotipo restrittivo Sottotipo con abbuffate o condotte di eliminazione Questo DSM è che ha inserito due cose nuove: Ha specificato la gravità dell’anoressia in funzione del BMI - Lieve se BMI ≥ 17 - Moderata se BMI è 16-16.99 - Severa se BMI è 15-15.99 - Gravissima se BMI è < 15 Però questo non è vero perché la gravità non la dà soltanto il peso; il peso è uno degli indici ma bisogna considerarne altri: i pensieri di morte, autolesionismo, ossessività. Il DSM ha messo anche il criterio di remissione: parziale o totale. I padri del DSM-V hanno detto che si può parlare di remissione parziale se dopo aver avuto tutti i criteri sopra esposti, per un periodo sostenuto (non si sa quanto) la paziente non ha più il criterio A. Inoltre, hanno detto che per fare diagnosi di anoressia nervosa ci vogliono 3 mesi, così come per bulimia e BED (Disturbo da Alimentazione Incontrollata). Invece, hanno detto che si può parlare di remissione totale quando la persona non ha i 3 criteri per un periodo sostenuto di tempo. Secondo questa logica essere brutto vuol dire essere bello oppure non avere un ritardo mentale vuol dire essere un genio; ovviamente non è così e perciò i criteri per dire che una persona ha o non ha più un disturbo ancora non sono chiari. Bulimia nervosa La bulimia è rimasta uguale tra i DSM tranne per il criterio temporale perché nel DSM-5 si parla di ricorrenti abbuffate e condotte compensatorie almeno 1 volta alla settimana per 3 mesi (e non più 2 volte alla settimana per 3 mesi). I criteri sono i seguenti: A. Ricorrenti episodi di abbuffata. Un’abbuffata è caratterizzata da entrambi i seguenti aspetti: - Mangiare, in un determinato periodo di tempo (per es., un periodo di due ore), una quantità di cibo significativamente maggiore di quella che la maggior parte degli individui assumerebbe nello stesso tempo e in circostanze simili. - Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (per es., sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a controllare cosa e quanto si sta mangiando). B. Ricorrenti e inappropriate condotte compensatorie per prevenire l’aumento di peso, come vomito autoindotto, abuso di lassativi, diuretici o altri farmaci, digiuno o attività fisica eccessiva. C. Le abbuffate e le condotte compensatorie inappropriate si verificano entrambe in media almeno una volta alla settimana per 3 mesi. D. I livelli di autostima sono indebitamente influenzati dalla forma e dal peso del corpo. E. L’alterazione non si manifesta esclusivamente nel corso di episodi di anoressia nervosa. Non esistono i sottotipi per la bulimia. Basta solo un’abbuffata oggettiva anche senza vomito, ma con digiuno e attività fisica per poter dire che la paziente ha una bulimia. 6 La gravità di stabilisce in base dei comportamenti di compenso e non delle abbuffate e quindi quante volte alla settimana il paziente vomita, usa lassativi: Lieve se ha comportamenti compensatori inappropriati 1-3 volte alla settimana Moderata se ha comportamenti compensatori inappropriati 4-7volte alla settimana Severa se ha comportamenti compensatori inappropriati 10-13 volte alla settimana Gravissima se ha comportamenti compensatori inappropriati più di 13 volte alla settimana Però anche qui c’è un problema perché se una persona prende una volta alla settimana 150 pillole di lassativi non si può dire che abbia una bulimia lieve. I pazienti bulimici sono molto più depressi e impulsivi dei pazienti con anoressia e hanno un’autostima ancora più bassa. BED – Disturbo da Alimentazione Incontrollata (o Binge Eating) I criteri sono: A. Episodi ricorrenti di alimentazione incontrollata. Un episodio di alimentazione incontrollata è caratterizzato dalla presenza di entrambi i seguenti elementi: - Assunzione di un peridio definito di tempo (es. in un periodo di 2 ore), di un quantitativo di cibo significativamente più abbondante di quello che la maggior parte delle persone mangerebbe in un simile periodo di tempo e in simili circostanze - Sensazione di perdita di controllo B. Gli episodi di alimentazione incontrollata sono associati a tre o più dei seguenti aspetti: - Mangiare molto più rapidamente del normale - Mangiare fino a sentirsi sgradevolmente pieni - Mangiare grandi quantitativi di cibo anche se non ci si sente affamati - Mangiare da soli a causa dell’imbarazzo per quanto si sta mangiando - Sentirsi disgustati verso sé stessi, depressi o molto in colpa dopo l’episodio. C. È presente marcato disagio riguardo alle abbuffate. D. L’abbuffata si verifica, mediamente, almeno 1 giorno alla settimana per 3 mesi. E. E. L’abbuffata non è associata alla messa in atto sistematica di condotte compensatorie inappropriate come nella bulimia nervosa, e non si verifica esclusivamente in corso di bulimia nervosa o anoressia nervosa. Le persone non fanno, come nella bulimia, un’abbuffata che dura nel tempo, ma mangiucchiano (grazing) durante il giorno. Nel caso del binge eating la severità si valuta in base all’abbuffata. Altri tipi di disturbi alimentari Esistono: Anoressia nervosa atipica → i pazienti hanno tutti i sintomi dell’anoressia ma manca loro il sottopeso Bulimia sottosoglia → il paziente magari anziché abbuffarsi 1 volta alla settimana lo fa ogni 2 Disturbo da alimentazione incontrollata sottosoglia Disordine di eliminazione → le persone senza fare abbuffate oggettive e soggettiva fanno uso di comportamenti di compenso 7 Sindrome da alimentazione notturna → abbuffate notturne a cui seguono anoressia al mattino (che non vuol dire non avere fame) Esistono altri disturbi non presenti nel DSM-5, come l’ortoressia nervosa, un disturbo caratterizzato dal “mangiare giusto”, ad esempio iniziano con il mangiare prodotto a km 0, senza conservanti, cucinati in certo modo altrimenti fa male, cucinati con un certo tipo di pentola ecc... però in realtà hanno un’ossessione in relazione al cibo. Ancora non è ben chiaro come disturbo. Così come l’anoressico ha la preoccupazione per la quantità, quelli con ortoressia hanno la preoccupazione per la qualità; spesso fanno molta attività fisica, più per la salute che per altro. Un altro disturbo è la pregoressia, tipico delle donne incinte che non vogliono ingrassare durante la gravidanza e quindi si mettono a dietissima. Esiste anche la drunkoressia, tipica di quelli che non mangiano niente perché vogliono “sballarsi” bevendo; essendo che questi pazienti conoscono le calorie di ogni cosa sanno che l’alcool è ipercalorico e pur di beve questo restringono da un’altra parte. Ancora non è chiaro se questa debba far parte dei disturbi dell’alimentazione o dei disturbi da abuso di sostanze. LE COMPLICANZE MEDICHE NEI DCA Sebbene siano patologie che interessano moltissimo gli psicologici, i DCA sono sempre patologie psichiatriche e sono anche quelle con maggiori complicanze fisiche. Così come esiste un continuum tra anoressia, bulimia e BED, esiste anche un continuum delle complicanze fisiche perché come sappiamo essi non sono patologie statiche e ad ogni fase si associano complicanze fisiche diverse. Le complicanze possono essere la conseguenza di: Malnutrizione, che può essere - Quantitativa → restrizione alimentare - Qualitativa → incorretta scelta di alimenti che porta ad una carenza di alcuni nutrienti importanti Comportamenti compensatori (vomito, abuso di diuretici e/o lassativi) Esiste una correlazione fra tipo di comportamento e diagnosi, nel senso che tutte le persone che seguono una dieta ferrea e restringono molto avranno una serie di sintomi in comuni, le persone che fanno uso di comportamenti di compenso, a prescindere che siano anoressiche o bulimiche, avranno altri sintomi. I pazienti che fanno abbuffate oggettivi avranno altri sintomi ancora. Questo vuol dire che io posso avere tanti sintomi e questi sintomi dipendono dal tipo di comportamento alimentare o di compenso che realizza il soggetto. La paziente che hanno un’anoressia restrittiva hanno molti sintomi che riguardano: Apparato vascolare Apparato endocrino e metabolico Apparato muscolo-scheletrico Apparato gastrointestinale, neurologico e cutaneo Se queste ragazze fanno anche uso di lassativi, diuretici e vomito, a questi sintomi, ne aggiungiamo altri di tipo: idroelettrolitico per la perdita di elettroliti 8 renale a carico dell’esofago cardiologiche (diverse rispetto a quelle di prima) polmonari Il paziente con bulimia avrà queste ultime che ha il paziente anoressico con condotte di eliminazione e in più quelli legate alle abbuffate. Alcuni sintomi sono tuttavia facilmente identificabili, mentre altri no; ad esempio, il lanugo, ovvero la peluria è molto facile da riscontrare. Frequenza e mortalità La frequenza e la gravità delle complicanze mediche dipendono moltissimo dall’età perché sono tanto maggiori quanto più precoce è l’età di insorgenza del DCA. Quindi avere una carenza o una malnutrizione in età infantile è molto più grave rispetto ad un adulto perché quest’ultimo ha completato il suo accrescimento, una ragazzina di 13 anni no. La gravità dipende anche dal BMI raggiunto perché non è la stessa cosa avere un BMI di 16 e uno di 11; così come dipende dalla durata perché un conto è se dura qualche mese, un altro conto è se dura anni. Purtroppo, però la mortalità per anoressia può raggiungere percentuali molto alte; ancora più alte rispetto ad altre patologie psichiatriche. Alterazioni della cute e degli annessi La prima cosa che fa un medico quando arriva un paziente è vedere come è vestito, come cammina, come si muove, come parla; dopodiché il primo organo visibile è la pelle: Cute distrofica, secca e fredda con un colorito giallognolo (ipercarotinemia) o bruno (come carta invecchiata o come fosse sporca) presenza di sottile peluria (lanugo → dovuto alla perdita degli estrogeni) soprattutto in corrispondenza della faccia, del labbro superiore, della schiena, delle braccia e delle gambe unghie e capelli fragili e cadenti (acrocianosi → colorazione violacea verso le estremità delle dita dovuta ad una nuova di distribuzione del sangue perché se io ho poca energia, l’organismo deve riservare al massimo questa energia per far funzionare gli organi vitali) segno di Russell → callosità con iperpigmentazione in corrispondenza di articolazioni metacarpo-falangee; questa è una cicatrice che si forma a furia di mettersi le mani in bocca per autoindursi il vomito. presenza di petecchie (puntini che si formano a causa della rottura di capillari dovuta allo sforzo del vomito) soprattutto in regione per peripalpebrale lesioni infiammatorie in regione periorale segni di autolesionismo, ustioni Le pazienti possono avere anche delle unghie sfaldate o piccolissime perché vengono mangiate oppure si può avere un’alopecia areata, caratterizzata da una mancanza di capelli dietro la nuca. Spesso i pazienti hanno edemi, dovuti al fatto che non mangiando si riduce molto l’albumina; alcuni edemi possono essere normali, altri sono gravissimi perché legati all’uso di lassativi o diuretici e da questo si muore. I sintomi sono molto più evidenti quando il BMI inizia a scendere sotto i 16 9 Alterazioni gastro-intestinali Esse possono essere dovute o al mal nutrimento, per il digiuno, mentre nei pazienti che si abbuffano possono essercene a livello esofageo e gastrointestinali; chi vomita può avere dallo stomaco in su e chi prende lassativi dallo stomaco in giù. L’apparato digerente è fatto di muscolatura liscia e come tutti i muscoli se io lo alleno funziona di più, ma se smetto di mangiare questo muscolo piano piano perde tonicità e quindi si possono avere lunghissime digestioni, stipsi. Si può presentare un problema epatico importantissimo e ragazzine di 13-14 anni possono ritrovarsi con un fegato simile ad una persona di 60 anni che ha gli enzimi epatici e transaminasi alle stelle. Ci sono anche alterazioni pancreatiche gravissime che possono essere mortali. Quando una persona si abbuffa e vomita si possono avere alterazioni secondarie al vomito: alterazioni esofagee alterazioni che riguardano lo sfintere gastroesofageo alterazioni del cavo orale alterazioni dentali con carie le ghiandole sottomandibolari sono enormi perché devono secernere salire per tamponare l’acidità Se, invece, il paziente prende lassativi, avrà problemi dallo stomaco in giù. Quello che fanno i lassativi è evitare l’assorbimento dell’acqua che c’è nei cibi e quindi quando uno si prende un lassativo ha una diarrea. Quando l’organismo di rende conto che sta perdendo liquidi e che si sta disidratando, mette in atto una sostanza per riprendere i liquidi, motivo per cui a lungo andare questi farmaci non funzionano e la gente aumenta le dosi (e il peso non cambia, anzi). La stessa cosa avviene quando la persona vomita e perde sodio, potassio, ovvero l’organismo si attiva e in più la persona ha tutti gli effetti collaterali dovuta alla perdita di questi. Una mente psicotica pensa che basta prendersi un lassativo per andare in bagno, ma se uno non sta mangiando, cosa espelle? Tutte queste condizioni determinano alterazioni a carico della mucosa orale e a carico dei denti che diventano scuri, filini. Si può avere un’ulcera del palato. Le ghiandole sottomandibolari si possono ipertrofizzare e in alcuni casi diventano dure come le pietre. Ovviamente l’induzione del vomito altera la mucosa dell’esofago e si può presentare un’ulcera che poi potrebbe essere una causa successiva di tumore. Il colon può presentarsi anche nero perché alcuni lassativi contengono l’antrace oppure si può avere una condizione nota come “megacolon” perché a furia di prendere lassativi l’intestino non ce la fa e perde tonicità e così si formano delle grossissime sacche di feci. L’immagine mostra un’abbuffata oggettiva alla TAC. Dopo una grande abbuffata la persona si sente fisicamente male, ha mal di testa, stanchezza, sonnolenza. 10 Alterazioni cardiovascolari Alcune alterazioni sono adattive perché quando il cuore inizia a pompare di meno per conservare energia, la prima cosa che vediamo è una bradicardia nei pazienti con anoressia; però se a questo aggiungiamo vomito, diuretico e lassativi allora aumentano le aritmie. È la causa di morte della maggior parte delle pazienti. Se alcune alterazioni cardiovascolari sono adattive, altre sono secondarie a malnutrizione e quindi quando uno non beve e non mangia, il suo organismo cerca di adattarsi creando situazioni molto gravi. A sinistra abbiamo il cuore di una persona sana e a destra il cuore di una persona mal nutrita; un cuore normale è fatto di muscolatura striata, ma quando una persona non mangia e non assume proteine, l’organismo le prende da dove la trova e dopo averle prese dalle braccia, dalle gambe arriva al cuore. Se la parete del cuore non è sufficientemente trofica, non si possono tenere le valvole dense e chiuse e quindi si ha un prolasso della valvola mitrale e tricuspide. Si ha una riduzione del volume del cuore senza modificazioni della sua forma (cuore a goccia). Con i comportamenti di compenso si perdono potassio, magnesio, calcio e altre cose, ma soprattutto aumentano i problemi cardiologici, come per il QTc, un parametro che gli psichiatri tengono sempre sotto controllo perché può riguardare anche farmaci psichiatrici. I problemi cardiologici sono tanto gravi quanto più si perde peso e quanto più sono associati ai comportamenti di compenso: vomitare fa male, ma fa ancora più male assumere eccessivamente lassativi e diuretici, senza contare se associamo tutto ciò ad un’attività fisica estrema e/o altre condizioni cliniche, la situazione si aggrava ancor di più. I sintomi sono: palpitazioni astenia dispnea dolore toracico freddo alle estremità (acrocianosi) polso debole, lento e irregolare Alterazioni metaboliche Sono le più importanti e tra queste abbiamo: ipoglicemia aumento del colesterolo (ipercolesterolemia) chetosi e chetonuria (hanno un alito davvero pessimo) aumento dell’azotemia (iperazotemia) riduzione delle proteine e dello zinco caroteni molto elevati (ipercarotinemia) Alterazioni elettrolitiche sono comuni a tutte le forme di DCA in cui siano presenti vomito e/o abuso di diuretici e lassativi. Si riducono cloro, magnesio, potassio, sodio, fosforo, zinco. Si può arrivare all’alcalosi metabolica che è gravissima ed è associata di solito alla riduzione di cloro e potassio. 11 Con il vomito si perdono una serie di acidi che provocano la disidratazione, mentre con l’abuso di diuretici si perdono sodio e cloro e si arriva perciò allo stesso punto; quindi, l’organismo attiva il sistema renina-angiotensina-aldosterone che fa riassorbire sali e bicarbonati (provocando un possibile edema) Alterazioni del sangue Si può presentare anemia, problemi con le piastrine, ma la cosa più curiosa nell’anoressia è che alcune volte arrivano pazienti con delle analisi perfette, ma poi, prendendo un bicchiere d’acqua, le analisi sono totalmente alterate perché sono disidratate e quindi sono emoconcentrate; basta idratarle un po’ per vedere com’è la reale situazione. Alterazioni ossee nell’anoressia nervosa Hanno problemi a livello del midollo osseo e questo è uno dei motivi per i quali si arresta anche la crescita (ricordiamo che le ossa non sono altro che una matrice proteica sulla quale si deposita il calcio; il calcio aderisce alla matrice proteica grazie agli estrogeni (donne) e al testosterone (uomini). Quindi se una ragazza ha una riduzione degli estrogeni perché non ha più il ciclo e perché non assume grassi e in più ha un deficit proteico, inizia un’osteopenia che poi diventa osteoporosi e aumentano così le fratture patologiche. Saldare un osso fratturato, in queste condizioni, è difficilissimo. Alterazioni muscolari Un deficit muscolare, un deficit calorico, un’attività fisica eccessiva e un’ipotassiemia proteica provocano una miopatia primitiva, ovvero un’atrofia delle fibre muscolari, che poi può provocare a sua volta un’ipotonia e ipotrofia muscolare. Alterazioni neurologiche Facendo una TAC o una risonanza ad una paziente nel pieno della malattia, osserveremo una pseudoatrofia, ovvero i ventricoli cerebrali sono allargati, i solchi sono diversi e la sostanza grigia è minore. Si ha un importante rallentamento motorio e dell’eloquio e inoltre tutte le funzioni cognitive sono alterate. Hanno alterato il sonno REM (accorciamento delle fasi del sonno profondo e REM) e vi è l’aumento del rischio di crisi epilettiche. Alterazioni endocrine Come la maggior parte degli ormoni che hanno una base lipidica grassa, anche questi si alterano e quindi nell’anoressia nervosa c’è l’amenorrea, per le donne, e negli uomini si verifica un rimpicciolimento dei testicoli. I testicoli nello scroto sono avvolti nel grasso che ovviamente, in un quadro clinico di DCA, non c’è e perciò si verificano alterazioni testicolari; questo è di solito uno dei motivi che motiva le persone a curarsi. Nell’anoressia altre alterazioni possono essere: ipogonadismo alterazione dei ritmi circadiani di entrambe le gonadotropiche risposta invertita alla somministrazione di GnRH Nella bulimia si può avere, invece, amenorrea o oligomenorrea (cicli più lunghi); però nella bulimia gli estrogeni tendono ad essere normali. Ci sono alterazioni dell’ormone della crescita, ma soprattutto, e sono importantissime, alterazioni tiroidee; questo ipotiroidismo è funzionale, adattivo e quindi non va curato. Se il 12 paziente ha gli anticorpi tiroidei adeguati non si cura perché per “protezione”, il nostro organismo mette a rilento la frequenza cardiaca, la respirazione, il calore; dando ormoni tiroidei si peggiora la situazione. La sindrome da rialimentazione Questi pazienti hanno una massa muscolare cardiaca alterata, con un cuore debilitato per via della malnutrizione; iniziano a rialimentare con il glucosio e ciò aumenta il volume circolatorio e quindi la quantità di liquida che il cuore deve pompare. Da un’altra parte, quando introduco glucosio con la flebo sto facendo in modo che aumenti il passaggio di fosfati nello spazio intracellulare (aumento di edemi). Questo riduce ancor di più il poco potassio che è rimasto, così come il magnesio, il fosforo che normalmente aiutano il cuore a pompare sangue. Perciò così facendo si crea un collasso cardiocircolatorio. Motivo per cui in questi casi occorre mettere il sondino naso-gastrico e alimentare il paziente attraverso lo stomaco. Eziopatogenesi dei DCA Esistono molte teorie sullo sviluppo dei DCA. Uno è il modello di Garner, creatore del test EDI (Eating Disorder Inventory); egli ritiene che esistano: fattori predisponenti fattori precipitanti fattori perpetuanti Esistono sicuramente dei fattori genetici, ma ci sono anche dei fattori ambientali che aumentano il rischio. Studi condotti su gemelli omozigoti dimostrano una maggiore frequenza di questa malattia in gemelli che condividono lo stesso corredo genetico, anche se questi sono stati separati alla nascita. Si è visto che esiste una maggiore associazione fra familiari di primo grado e anoressia con disturbo ossessivo compulsivo. Esistono dei fattori psicologici che vanno dalla bassa autostima al perfezionismo clinico, alla disregolazione emotiva; esistono molti dati che riguardano anche fattori neurocognitivi, come la rigidità cognitiva, ma spesso questi fattori sono stati notati prima quando il disturbo è già iniziato. Infine, ci sono i fattori ambientali. Noi sappiamo che i disturbi alimentari sono disturbi tipici dei paesi occidentali ricchi perché in un posto dove non c’è cibo è molto difficile che una persona possa rifiutare il cibo o in un luogo, come la Mauritania, dove per poter sposare la donna questa deve essere “grassa e grossa” come segno di fertilità, è molto difficile che ci sia anoressia. Però poi ci sono Paesi come l’Italia, dove si parla di sfilate, di pubblicità inerenti alla prova costume, di programmi dimagranti con diete, però dall’altra parte ti offrono cibi che fanno ingrassare… tutto è il contrario di tutto. In questo campo, se una ragazza ha già una bassissima autostima e accade un evento traumatico (lutto, rottura con il fidanzato, abusi) si parla di fattori precipitanti. All’inizio si inizia a dimagrire, ma questo miglioramento dell’autostima è piuttosto parziale perché nella sua mente pensa “se ho perso 5kg, possono perdere 10. Se ne ho persi 10 posso perderne 15” e così via) I fattori perpetuanti consistono nella perdita di peso, crisi bulimiche, vomito e/o lassativi che fanno arrivare alla patologia vera e propria. 13 Fattori di rischio Generali → sesso femminile, adolescenza, vivere in una società occidentale Generici → presenti in altri disturbi mentali (es. timidezza, l’essere molto accondiscendenti, perfezionismo, l’assenza di veri amici, fobie e paure scolastiche) Specifici → presenti solo nei disturbi dell’alimentazione (es. membri della famiglia a dieta per qualsiasi motivo o peggio ancora, la migliore amica; critiche di familiari o prese in giro su alimentazione, peso e forme corporee, obesità dei genitori Precipitanti → cambiare casa, cambiare citta, morte di una persona cara, malattia grave di una persona cara, subire un abuso ecc.. DISTURBI ALIMENTARI: IL BINGE EATING DISORDER (BED) Nella storia dell’umanità si è pensato che l’obesità fosse sinonimo di bellezza, fertilità, potere tant’è che in alcuni posti del mondo, come la Mauritania, c’è la consuetudine di chiudere le ragazze, che hanno avuto la prima mestruazione, in case e farle mangiare moltissimo per ingrassare per poterle sposare. La ricerca scientifica ha dimostrato che l’obesità non è fantastica dal punto di vista fisico, anzi è correlata ad una serie di problemi di diverso genere. Quindi sappiamo che l’obesità non è una questione di moda o di estetica, perché si collega con molte patologie non solo fisiche, ma anche psichiatriche. Infatti, l’OMS in un documento molto importante, dimostrò che è molto più probabile che muoia una persona con obesità che una sottopeso; perciò, a lungo termine è molto più grave l’obesità. La differenza tra fame e appetito Logicamente non tutte le persone che hanno un problema di sovrappeso o obesità sono uguali. Nel 1951, uno studioso, Walter Hamburger, scrisse un articolo molto bello da nome “Emotional Aspect of Obesity”; egli si rese conto che tra i pazienti che erano ricoverati, che cercava di far dimagrire, c’erano persone che mangiavano per rispondere a tensioni di tipo emozionale e lui iniziò a parlare di food addiction, come una sorta di dipendenza dal cibo. Questo articolo è molto importante perché lui inizia a parlare della differenza tra fame e appetito. La fame si manifesta quando c’è uno squilibrio omeostatico ed è una reazione fisiologica che indica la necessità di energia per il nostro corpo. Ovviamente se non diamo energia al corpo, il corpo non può funzionare. L’appetito è un desiderio, invece, ed è perciò psicologico ed è molto soggettivo; infatti, ad alcune persone piace di più il dolce e ad altre piace di più il salato. L’appetito può essere collegato alla fame, però spesso può non esserlo. Da questa differenza, partì lo studio dell’obesità in modo più indirizzata verso gli aspetti psicologici. Cos’è il binge eating disorder? Il binge eating disorder è il disturbo da alimentazione incontrollata caratterizzato dalla presenza di abbuffate. Le abbuffate sono ricorrenti episodi (almeno 1 volta a settimana per 3 mesi) caratterizzate da: Mangiare una quantità di cibo molto più grande rispetto a quella che mangerebbe una persona in circostanze simili in un periodo di tempo di circa 2 ore. Avere la sensazione di perdere il controllo 14 A queste caratteristiche dell’abbuffata, il DSM-V aggiunge altri sintomi e per fare diagnosi di binge eating, il paziente deve presentarne almeno 3 di questi: 1. Il soggetto mangia fino a quando il soggetto non si sente pieno 2. Il soggetto mangia anche se non ha fame 3. Il soggetto mangia molto più velocemente di quanto mangerebbe altre persone in circostanze simili 4. Il soggetto mangia da solo perché si vergogna, prova imbarazzo 5. Il soggetto si sente disgustato e si sente in colpa dopo aver mangiato Il DSM-V determina la gravità del binge eating disorder in funzione del numero di abbuffate; quindi, fino a 3 abbuffate lo considera lieve, tra 4-7 moderato, tra 8-13 severo e al di sopra di 13 lo considera gravissimo. Obesità con BED vs obesità senza BED È importante distinguere un paziente obeso normale e un paziente obeso con BED. L’obesità senza BED è molto più frequente; in Italia si stima che circa il 50% della popolazione sia sovrappeso o obesa, mentre i pazienti con BED arrivano più o meno al 3%. In realtà se noi andiamo a vedere i pazienti obesi e andiamo all'interno delle sottopopolazioni a rischio vediamo che questo numero è molto più basso, perché se ad esempio cerchiamo pazienti con BED sul corso, la percentuale è molto più bassa. Se invece ricerchiamo pazienti con BED in un posto specifico, come ad esempio dal nutrizionista, allora in questo caso la percentuale sale. Il BED è il più frequente tra tutti i disturbi del comportamento alimentare; è un disturbo molto “democratico” perché lo possono avere tutte le fasce della popolazione e in tutte le parti del mondo, tranne in alcune popolazioni. La differenza tra maschi e femmine non è molto spiccata come succede per l’anoressia (dove il rapporto maschi-femmine è di circa 1: 9). Inoltre, questo disturbo può colpire qualsiasi fascia di età, dall’età infantile fino all’età anziana. C’è anche da dire però che, pur essendo più frequente di anoressia e bulimia, spesso non viene diagnosticato perché ha somiglianze con l’obesità. Sebbene ci siano somiglianze per quanto riguarda il peso e le complicanze mediche (problemi cardiologiche, ginecologici ecc..), qualche anno fa la prof ha proposto uno studio dopo aver ritenuto che una persona che mangia troppo durante i pasti principali è diversa da una che mangiucchia dalla mattina alla sera o da una che si fa una mega abbuffata. Quello che è emerso è che effettivamente i pazienti obesi con BED erano metabolicamente più gravi, ovvero avevano più colesterolo, maggiore glicemia, maggiori globuli bianchi e altro, rispetto a quelli senza BED. Ci sono anche differenze genetiche, e perciò esistono una serie di geni candidati che riguardano dopamina, trasportatori della serotonina o geni che riguardano la grelina, il gene CLOCK che regola il sonno, geni endocannabinoidi; insomma, ci sono molti geni che sono espressi in modo diverso tra pazienti obesi con BED e senza. Sappiamo anche che i pazienti con BED e senza si presentano, a livello clinico, in modo diverso: quelli con BED tendono a mangiare di nascosto perché si vergognano di mangiare davanti agli altri. Nello stesso studio, condotto dalla prof e sopracitato, è stato chiesto ai pazienti del campione quali fossero i comportamenti alimentari che attuavano ed è emerso che: 15 L’abbuffata era riconosciuta da nemmeno il 40% dei pazienti I pazienti riconoscevano, però, molto il grazing, ovvero il mangiucchiare Riconoscevano l’emotional eating, cioè riconoscevano di mangiare di più quando erano stressati, ansiosi, depressi Non riconosceva molto il post-dinner eating (mangiare dopo cena), quanto il night- eating (alzarsi la notte per mangiare) Avevano più sweet-eating (erano più golosi di dolci) Quelli con BED avevano meno social eating (mangiavano meno con gli altri) In un altro suo studio, classificarono i pazienti obese in funzione del loro modo di mangiare, ovvero non fecero una diagnosi ma andarono a vedere se questi pazienti presentavano grazing, emotional eating e tutte queste cose. Da qui emersero due cluster: Cluster 1 → i soggetti avevano iperfagia e social eating, cioè mangiavano molto di più durante i pasti principali e il resto della giornata niente Cluster 2 → i soggetti avevano binge eating, grazing, emotional eating, food addiction, night eating, sweet eating Comparando I due cluster, i soggetti del cluster 2 avevano punteggi molto più elevati alla Binge Eating Scale, una scala che misura le abbuffate; inoltre avevano maggiore depressione, più ansia di stato e tratto e avevano una maggiore tendenza ad avere disturbi bipolari. Valutando, anche, la psicopatologia alimentare c’erano punteggi molto elevati a quasi tutte le scale più importanti. C’erano delle differenze a livello personologico, temperamentale e caratteriale perché i soggetti del cluster 2 avevano minore autodirezione e maggiore impulsività. Quindi osservando come mangiava una persona, si potevano osservare due tipologie di soggetti con obesità completamente diversi. Molto interessante fu scoprire che, dal punto di vista genetico, i pazienti con obesità che erano del cluster 2 avevano una maggiore frequenza dell’allele S del gene trasportatore per la serotonina che è tipico delle persone che hanno maggiore depressione e che rispondono meno alla terapia antidepressiva. Andando a guardare la psicopatologia specifica e i fattori premorbosi, è emerso che c’è un’associazione molto importante tra l’aver avuto un trauma infantile e aver sviluppato un binge eating disorder in età adulta. Tra i traumi infantili abbiamo: Abuso fisico Abuso emotivo Abuso sessuale L’emotional neglect (essere stato trascurato dal punto di vista emotivo) Neglect fisico (essere stato trascurato dal punto di vista fisico) 16 L’emotional neglect e l’abuso emotivo sono i due più frequenti nei pazienti con BED. Esistono anche alterazioni che riguardano il tipo di parenti; spesso pazienti con BED hanno avuto problemi familiari (es. assenza di uno o entrambi genitori) oppure hanno vissuto in famiglia sgangherate. In un altro studio, sono stati analizzati tre campioni: uno con pazienti con anoressia, uno con pazienti con BED e un altro di controllo. È emerso che nell’Iowa Gambling Task (è un test per cui al soggetto vengono dati 4 mazzi di carte: in alcuni mazzi hai molte vincite ma anche molte perdite e in altri mazzi hai poche vincite ma anche pochissime perdite. Il soggetto deve scegliere per vedere se impara a vincere e non perdere e scegliere, perciò, il mazzo adeguato) i pazienti con BED erano messi malissimo perché non imparava dagli errori. Ma il test a cui andavano ancora peggio era la figura di Rey, un test che va a valutare diverse cose: la memoria a breve termine, la coerenza centrale e altro. Anche qui avevano moltissime difficoltà. Ciò non è dovuto né al peso e né all’età: il paziente con BED è così a prescindere che sia più giovane, meno giovane o con un più alto o più basso BMI. Si è anche studiata la cognizione sociale con il test di Ekman e sia i pazienti con BED che senza vanno bene perché riescono a riconoscere le emozioni nel volto altrui. Una cosa c’era però: una difficoltà ad identificare i propri sentimenti. Si è pensato perciò che questa disregolazione emotiva è presente più perché non riescono a capire i propri stati interni (non sanno se hanno fame o noia o stanchezza o ansia o tristezza e calmano ciò con il cibo). BED e comorbidità Un altro problema dell’obesità con BED sono le comorbidità, ovvero la compresenza di più patologie. Noi sappiamo che esiste un continuum dall’anoressia all’obesità e che il mangiare di più o di meno porta ad un diverso grado di indice di massa corporea. Abbiamo già visto che l’indice di massa corporea si associa ad alterazioni fisiche così come a patologie psichiatriche. Sappiamo che anoressia e bulimia hanno un’altissima comorbidità con patologie psichiatriche quali i disturbi depressivi e i disturbi d’ansia, come il DOC, la fobia sociale e la fobia specifica. Da uno studio è emerso che circa l’80% dei pazienti con BED ha almeno una diagnosi psichiatrica in comorbidità e che il 50%, insieme al BED, riceve altre 3 diagnosi (le più frequenti sono ansia-depressione-personalità o ansia-bipolare-personalità) creando un deterioramento del funzionamento della vita quotidiana in molti di questi pazienti. Perciò che esiste un’associazione tra BED e depressione è poco ma sicuro, anche se bisognerebbe capire quale delle due cause l’altra perché un paziente può avere un BED che ha slatentizzato una depressione o viceversa. In altro studio sono stati presi 119 pazienti obesi: 25 di loro (21%) avevano anche il BED; 49 di loro (41%) avevano il BED e il disturbo bipolare. Quello che si è notato è che maggiore era la comorbidità e maggiore era la severità della psicopatologia. Tutto ciò ci porta a sapere che quando si andrà a fare la terapia per il BED, non basterà fare una dieta dimagrante o una cura antidepressiva o psicoterapia, ma bisogna fare tante cose contemporaneamente. Questo vale per il BED, come per l’anoressia e tanti altri disturbi. Il punto di partenza è sempre il metabolismo perché se un paziente ha problemi gravi cardiocircolatori causati dalla sua condizione, non possono iniziare con una psicoterapia perché nel frattempo potrebbe avere un infarto: la terapia prevede un team multidisciplinare che agisca simultaneamente e non esiste un singolo intervento che risolve tutto. 17 Da tutto ciò che abbiamo detto possiamo concludere che mangiare non è sempre un piacere. All’interno del BED o dell’obesità non c’è solo l’abbuffata, ma esistono altri comportamenti alimentari che differenziano il paziente con e quello senza BED. IL BED E LA VITA REALE Un disturbo per poter essere incluso nel DSM come una patologia deve avere: 1. Ampia letteratura → il che vuol dire che ci sono molti studi che hanno trattato questa patologia 2. I criteri diagnostici proposti sono chiari, concisi e servono per classificare bene, per fare le differenze. 3. La sindrome proposta dovrebbe essere diagnosticabile con un alto grado di affidabilità da due o più valutatori 4. Dovrebbero essere disponibili prove che la sindrome proposta può essere differenziata da altre sindromi (simili) 5. Evidenze riguardanti la coerenza e la validità della sindrome Il BED secondo l’ICD-11 L’ICD-11 è l’International Classification of Diseases dell’Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS). In anni passati per capire lo stato di salute della persona si faceva la classificazione delle patologie. Nell’ICD-11 esiste il capitolo per le patologie cardiologiche, per le patologie respiratorie, per le gastrointestinali ed esiste anche il capitolo per le patologie mentali; quindi, l’ICD-11 è come se fosse il parallelo a livello mondiale del DMS, anche se ne esistono altri come il sistema di classificazione cinese. Per fare diagnosi l’ICD-11 dice che: “Il BED è caratterizzato da frequenti episodi di abbuffata (es. una volta a settimana o più per un periodo di diversi mesi). Un episodio di abbuffata è un periodo di tempo distinto durante il quale l'individuo sperimenta una perdita soggettiva di controllo sull'alimentazione, mangia di più o in modo diverso dal solito e si sente incapace di smettere di mangiare o limitare il tipo o la quantità di cibo consumato. L'episodio di abbuffata è vissuto come molto angosciante ed è spesso accompagnato da emozioni negative come colpa o disgusto. Tuttavia, diversamente dalla bulimia nervosa, gli episodi di abbuffata non sono le regolarmente seguiti da comportamenti di compenso inappropriati volti a prevenire l'aumento di peso (es. vomito autoindotto improprio uso di lassativi o clisteri, esercizio fisico strenuo)” Importante: per fare diagnosi di BED bisogna escludere che il paziente abbia la bulimia. ICD-11 e DSM-V a confronto La WHO (ICD) e l’American Psychiatric Associationi (DSM) sono d’accordo sul fatto che i pazienti con BED presentino: Abbuffate Perdita di controllo durante l’abbuffata Comportamento frequente Disagio collegato al comportamento alimentare Assenza di comportamento di compenso 18 Ora vediamo in cosa si differenziano. Il DSM-V parla di abbuffata oggettiva; mentre l’ICD parla di “mangiare di più o in modo diverso dal solito”. Un’abbuffata si stabilisce, perciò, dal quanto e dal come ed è bene chiedere al paziente che viene da noi quanto mangia. Mettendo le variabili “quanto” e “come” su due assi mi trovo con due possibilità: mangiare molto e non mangiare tantissimo. Se io mangio molto e perdo il controllo ho la cosiddetta “abbuffata oggettiva” (objective binge) Se io mangio poco ma perdo il controllo ho la cosiddetta “abbuffata soggettiva” (subjective binge) Se io mangio molto e non perdo il controllo è iperfagia Se io mangio poco e non perdo il controllo si parla di subjective overating (il paziente pensa di aver mangiato molto ma in realtà non è così e non ha perso nemmeno il controllo) Quando c’è un’abbuffata oggettiva, considerando la quantità, il rischio di fare una diagnosi inesatta di BED è altamente inferiore. Sicuramente c’è un problema: quanto è una quantità di cibo significativamente più abbondante di quello che le altre persone mangerebbero in circostanze simili e in simile periodo di tempo? Quindi il criterio quantità è un problema. Se, invece, valutiamo il criterio “perdita di controllo” le cose cambiano perché i pazienti raccontano cosa hanno mangiato o il grazing. È emerso da alcuni studi che un’alta percentuale di pazienti con BED ammettono di perdere il controllo e avere una perdita di controllo si associa molto di più, non solo ad essere depresso, ma ad una maggiore quantità. Quindi va fatta un’indagine seria su quantità e perdita di controllo. Un’altra differenza tra ICD-11 e DMS-V è la durata dell’abbuffata: il DSM-V indica 2 ore, mentre l’ICD-11 dice “per più tempo”. Il criterio tempo è molto importante perché mangiare dalla mattina alla sera senza potersi fermare o fare l’abbuffata concentrata alla fine le calorie sono quelle. Esiste anche un grazing non patologico, come chi va al cinema e si prende una grande quantità di popcorn, perché lì non c’è perdita di controllo. Il grazing, ovvero il mangiare in maniera ripetitiva più di due volte piccole quantità di cibo in modo non pianificato, può essere con e senza controllo; quando è fuori controllo è come il BED. Un’altra differenza sono i comportamenti associati: nel DSM-V sono mangiare velocemente, mangiare senza fame ecc... Secondo un ricercatore, M. Grillo, mangiare da solo perché è imbarazzato e si vergona è il miglior criterio di inclusione; è il più specifico. Sentirsi disgustato dal peso e dal corpo dopo aver mangiato è molto importante perché chi non ce l’ha non ha un BED. E poi sarebbero anche importanti i criteri che prevedono il mangiare grandi quantità di cibo anche quando non si ha fame. Un altro criterio è il distress: il soggetto di sente stressato, depresso per il suo modo di mangiare; esso si associa a maggiori sintomi depressivi e a maggiore insoddisfazione corporea. Infine, c’è il criterio severità che è in funzione della frequenza delle abbuffate; esso è presente nel DSM-V e non nell’ICD-11. Però non possiamo solo considerare questo, dobbiamo anche valutare l’overevaluation, ovvero l’importanza che si dà al peso e alle forme corporee. Questo perché un paziente obeso con BED solitamente va in giro con vestiti larghi e scuri, pensando che il nero snellisca, però quando questo valore man mano aumenta anche la gravità. Ci sono 19 molti studi che dicono che l’insoddisfazione nel sesso femminile è altissima a prescindere dall’essere magra, normopeso, magrissima, sottopeso, obesa. Quali sono le cose che questi due manuali non contemplano? Tra le cose abbiamo: Eccessiva valutazione del peso e della forma del corpo Presenza di sovrappeso/obesità Sintomi alimentari patologici associati Tipologia del cibo assunto (è lo stesso abbuffarsi di lattuga che abbuffarsi di dolci?) C’è da dire che la maggior parte dei pazienti con BED non va ad una visita perché perde il controllo, ma perché vuole perdere peso e solitamente perché hanno fatto tantissime diete che non hanno funzionato. Sia l’ICD-11 che il DSM-V attualmente valutano la parte osservabile, però è importante capire soprattutto cosa c’è sotto e sarebbe anche interessante individuare dei sottotipi. Com’è il paziente BED attualmente? Spesso è una donna tra i 30-40 anni, obesa o sovrappeso, che ha fatto molti tentativi di dieta e che ha il weight cycling. Sono persone che spesso non riconoscono di mangiare tanto, però ammettono di avere il grazing, l’emotional eating, il nighteating e così via; inoltre, spesso anche in comorbidità una positività con i disturbi affettivi. L’obesità non è considerata una patologia psichiatrica dal DMS-V, ma è riconosciuto come qualcosa di frequentemente associato. Tra obesità e una patologia psichiatrica c’è una correlazione bidirezionale perché essere obeso spesso vuol dire essere stigmatizzato e ad avere una depressione, ma è pur vero che avere un disturbo bipolare, una schizofrenia, un BED può aumentare il rischio di obesità. Inoltre, i primi farmaci erano farmaci, come alcuni antipsicotici (es. Clozapina), che facevano aumentare di peso. 20 LA PERSONALITÀ Innanzitutto, bisogna fare una distinzione fra temperamento, carattere e personalità. Il temperamento, secondo il vocabolario, deriva dal latino temperamentum che vale giusta misura di cose unite insieme, da temperare, porre nella misura conveniente. Ancora: sistema di composizione; particolarmente costituzione fisica del corpo umano; e indi Natura particolare dell’animo. Il carattere, secondo il vocabolario, deriva dal greco Charakter e significa impronta, e dal verbo Charasso (imprimere, scolpire, incidere). In antico significò qualunque segno, nota, marchio o impronta stampata, incisa o altrimenti impressa, mediante cui si ottenga distinguere cose da cose. Oppure, complesso di qualità morali che distinguono una persona dall’altra e, in modo, più speciale: fermezza, coerenza e sani principi. Persona: maschera di legno portata sempre sulla scena degli attori nei teatri dell’antica Grecia e d’Italia nella quale i tratti del viso erano esagerati perché meglio potessero essere rilevati dagli spettatori e la bocca era fatta in modo da rafforzare il suono della voce. Questo vocabolo venne poi applicato ad esprimere l’individuo rappresentato sulla scena che ora chiamiamo “personaggio” I termini “temperamento”, “carattere” e “personalità” spesso vengono utilizzati come fossero sinonimi, ma ciascuno di loro indica aspetti ben diversi del nostro mondo psichico e del nostro modo di essere. Queste caratteristiche sono ben insite in noi dal momento della nascita in poi e si esprimono nel nostro modo di parlare, comportarci, vestirci, muoverci. Cos’è il temperamento? Il termine “temperamento” sta a significare una disposizione biologica, che abbiamo ereditato dai nostri genitori e deriva da un substrato genetico o costituzione (che sottintende il livello di energia e la qualità dell’umore) che determina una particolare reattività nel rispondere ad uno stimolo esterno. Il temperamento lo si può iniziare a studiare dal momento della nascita in poi. Cos’è il carattere? Per “carattere” si intende un insieme di qualità personali che permettono che il soggetto aderisca alle norme, ai valori, ai costumi della società in cui vive. Il carattere inizia a forgiarsi dal momento della nascita in poi a partire da questo temperamento con il quale è nato. Rappresenta attributi acquisiti che traggono la loro origine dalle esperienze dell’età evolutiva e nell’ambito del contesto socio-familiare. Cos’è la personalità? La personalità nasce dall’interazione tra aspetti biologici acquisiti geneticamente e elementi acquisiti derivanti dall’apprendimento e dai rapporti con gli altri; questo modo di essere di ciascuno di noi può essere normale o patologico, adattivo o disadattivo (e in quest’ultimo caso si parla di disturbo della personalità). Quindi in maniera molto sintetica: Personalità = Temperamento + Carattere Possono esserci tante definizioni di personalità quante scuole di pensiero o ricercatori; però ciò che devono avere in comune tutte le definizioni della personalità è che essa è un sistema di 21 caratteristiche psicologiche profonde di un individuo che sono: In gran parte inconsapevoli Stabili (non facilmente mutate, anche perché ci vuole tanto per formarla) Si esprimono automaticamente in ogni aspetto del funzionamento psichico e comportamentale. Tra le tante definizioni una è “Insieme di caratteristiche psichiche e comportamentali che, nella loro integrazione, costituiscono il nucleo irreducibile di un individuo che rimane tale nella molteplicità e diversità delle situazioni ambientali in cui si esprime e si trova ad operare.” In poche parole, la personalità non è altro che il modo abituale di comportarsi. Sviluppo della personalità Immaginiamo 3 mamme che hanno appena partorito 3 blocchi di argilla. La prima argilla è di colore marroncino, ruvida, ideale per fare un pignatta; la seconda è un’argilla chiara, sottile, ideale per fare una porcellana di Limoges; mentre la terza è un’argilla buona per fare la pulizia del viso. La prima mamma magari ha avuto altri figli ed è come un artigiano che ha fatto altre argille, ma ora invece di creare una pignatta crea un vaso di ceramica bellissimo. La seconda mamma è un artigiano con una buona base, però ancora sta imparando e anziché fare una porcellana di Limoges fa un vasetto di ceramica e così via. temperamento M.A carattere. M.A personalità. Perciò l’argilla è il temperamento di base che viene dato da ogni mamma; la mamma è il medio ambiente. Quindi ho una base di partenza, però in funzione delle circostanze in cui mi trovo potrò sviluppare prodotti diversi; per esempio, c’è una bambina che ha una buona predisposizione a diventare una grandissima persona, però vive in un ambiente difficile, di precarietà e quindi non lo diventa. Il carattere è l’insieme delle regole che noi apprendiamo e continua a forgiarsi sempre interagendo con l’ambiente; arrivati intorno ai 18 si sviluppa così la nostra personalità. L’elemento più importante è il temperamento perché è il punto di partenza. Il temperamento Esso è una disposizione affettiva fondamentale e caratteristica di ogni persona. È il tono affettivo di fondo che precede l’esperienza e che ad essa predispone; ad esempio, se sono una persona timida, paurosa, incapace di dire la sua, davanti una determina situazione tenderò a rispondere in un determinato modo. Se invece sono una persona aperta, tendente all’esplorazione, davanti alla medesima situazione risponderò in modo diverso. Dal temperamento dipendono tantissime cose del nostro modo di essere: Livello di attività → ci sono persone che sono continuamente in movimento e ci sono persone pigre Ritmicità → ci sono persone che studiano tutti i giorni e altre che il giorno prima dell’esame si fanno l’abbuffata di scienza e poi non studiano per altri 5 mesi 22 Intensità di reazione → davanti un insulto ci sono persone che ignorano la cosa e altre che invece alzano le mani Approccio o evitamento → davanti ad una cosa mai vista un bambino si avvicina e un altro invece si allontana perché ha paura Adattabilità Soglia di risposta Quantità dell’umore Capacità di attenzione e persistenza Distraibilità Tipi di temperamento Ne esistono essenzialmente 4: Ipertimico → è tipico delle persone intraprendenti, attive, ottimiste, infaticabili, estroverse, sociali Depressivo o distimico → è tipico delle persone tristi, isolate, chiuse, frustrate, pessimiste. Attenzione: non si parla di depressione. Ciclotimico → tipico delle persone con un tono affettivo fluttuante che non dipende dall’esterno Irritabile o disforico → tipico delle persone irascibili, insofferenti, insoddisfatte che spesso hanno reazioni di rabbia. Teoria di Cloninger Secondo questa teoria se il temperamento avesse una base biologica, dovrebbero esserci delle differenze nei cervelli delle persone ed è stata sviluppata da Cloninger, uno psichiatra americano. Egli dice che per poter descrivere temperamento, carattere e personalità di un individuo, bisogna valutare una serie di variabili. Tali variabili lui le ha collegate ad un substrato biologico. Per il temperamento abbiamo: Ricerca di novità Evitamento del danno Dipendenza dalla ricompensa Persistenza La ricerca della novità è la maggiore o minore tendenza ad essere facilmente eccitabili, ad esplorare, ad essere curiosi, entusiasti, impulsivi. La ricerca della novità è un sistema di attivazione del comportamento che dipende dalla dopamina; quindi, un maggiore o minore livello di tono dopaminergico generale spiegherebbe una maggiore o minore tendenza ad avere alta o bassa ricerca della novità. Un alto livello di ricerca della novità porta il soggetto ad essere: esploratore, impulsivo, eccentrico, stoico; mentre un basso livello di ricerca della novità porta il soggetto ad essere: riservato, rigido, avaro, irritabile. Questo sistema è la tendenza ereditaria a rispondere con forza a nuovi stimoli e segnali di ricompensa (o sollievo dalla punizione) che portano a un’attività esplorativa di ricerca della ricompensa, nonché a evitare la monotonia e la punizione. 23 L’evitamento del danno fa riferimento ad un maggiore o minore livello di timorosità, paura, cautela, insicurezza ed è un sistema di inibizione comportamentale che dipende dal tono serotoninergico. Le persone con un alto evitamento del pericolo sono: pessimiste, caute, timide; quelle con un basso evitamento del pericolo sono: ottimiste, audaci, estroversi, energici. La dipendenza dalla ricompensa fa riferimento alla deferenzialità, sottomissione, eccessiva sensibilità alla gratificazione e alla punizione. È un sistema di attaccamento e appartenenza sociale che dipende dal tono noradrenergico. Persone con un’alta dipendenza dalla ricompensa sono: affettuose, amichevole, aperte; viceversa, quelle con una bassa dipendenza dalla ricompensa sono: sentimentali, indifferenti, distaccate, indipendenti. La persistenza indica la tendenza ad essere testardo, nonostante la frustrazione e la fatica. Una persona con un’alta persistenza sarà: lavoratore, determinato, ambizioso, perfezionista; mentre uno una bassa persistenza sarà: pigro, con pochi risultati, pragmatico. Per il carattere abbiamo: Autodirettività Cooperativismo Trascendenza L’autodirezione è la capacità che ciascuno di noi ha di decidere dove vuole andare nella vita; ci sono bambini che 5 anni dicono già di volere diventare qualcosa e persone che, invece, a 50 anni non sanno ancora che farne della loro vita. La coooperazione ha a che fare con la consapevolezza che non esistono solo io, ma ci sono anche tante altre persone che hanno i loro bisogni; riguarda la capacità di collaborazione, la capacità empatica. La trascendenza è come se fosse lo stendardo che ciascuno di noi porta, il perché delle nostre azioni. Sono gli schemi dei valori di ciascuno. Cloninger dice che in base a come si coniugano le dimensioni, avremo diversi tratti personologici e dice anche se autodirezione e cooperazione sono basse, allora si può parlare di un disturbo della personalità; ovvero, la personalità è patologica e disadattiva quando: 1. Io non capisco cosa voglio fare di me stesso 2. Non riesco ad avere contezza degli altri 24 PERSONALITÀ, TRATTI E DISTURBI DI PERSONALITÀ Tutti noi nella nostra vita dobbiamo avere un po’ di ciascun tratto (istrionico, ossessivo ecc..), e normalmente c’è qualche tratto che è un po’ più accentuato però ciò dipende da come ci è andata la vita. Alcune persone, invece, hanno un certo tratto in modo sproporzionato oppure non hanno imparato adeguatamente a fare il “gioco” di questi tratti e quindi usano l’ossessivo quando devono utilizzare l’istrionico, usano il paranoide quando devono usarne un altro. Questo è il disturbo di personalità. DSM-V Secondo il manuale, la personalità è costituita da modalità perduranti di percepire, rapportarsi o pensare a sé stessi o all’ambiente. I tratti di personalità sono aspetti predominanti della personalità che vengono manifestati in un’ampia varietà di contesti sociali e personali. I disturbi di personalità si hanno quando i tratti sono così rigidi e disadattivi da determinare limitazioni funzionali e disagio soggettivo poiché costituiscono modelli durevoli di percepire, di riferirsi e di pensare rispetto all’ambiente e a sé stesso. Criteri per il disturbo di personalità Prima di fare diagnosi di un determinato disturbo di personalità, devo accertarmi effettivamente che sia presente un disturbo di personalità. I criteri diagnostici sono: A. Un pattern abituale di esperienza interiore e di comportamento che devia marcatamente rispetto alle aspettative della cultura dell’individuo. Questo pattern si manifesta in due (o più) delle seguenti aree: 1. Cognitività (cioè i modi di percepire e interpretare sé stessi, gli altri e gli avvenimenti) 2. Affettività (cioè la varietà, intensità, labilità e adeguatezza della risposta emotiva) 3. Funzionamento interpersonale 4. Controllo degli impulsi B. Il pattern abituale risulta inflessibile e pervasivo in un'ampia varietà di situazioni personali e sociali. C. Il pattern abituale determina disagio clinicamente significativo o compromissione del funzionamento in ambito sociale, lavorativo o in altre aree importanti. D. Il pattern è stabile e di lunga durata e l'esordio può essere fatto risalire almeno all'adolescenza o alla prima età adulta. E. Il pattern abituale non risulta meglio giustificato come manifestazione o conseguenza di un altro disturbo mentale. F. Il pattern abituale non è attribuibile agli effetti fisiologici di una sostanza (es. farmaco), o di un'altra condizione medica (es. trauma cranico). Quindi i disturbi di personalità comprendono anomalie pervasive e persistenti del funzionamento generale della personalità che causano difficoltà nell'area della socialità e/o distress soggettivo, ma che non sono dovute ad episodi ci disturbi dello stato mentale e che non sono il risultato di processi di pensiero qualitativamente disturbati. La cosa importante è che i disturbi di personalità sono egosintonici e quindi il soggetto lo considera normale. 25 I fattori eziologici possano essere diversi: Predisposizione genetica Esperienze di attaccamento Eventi traumatici Fattori e disfunzioni familiari Fattori socioculturali Le prime manifestazioni di solito li vediamo nella prima età adulta e si mantengono stabili per la maggior parte della vita, possono attenuarsi con l’età avanzata. Se un ragazzino di 14 anni ha dei tratti particolari non bisogna fare diagnosi perché finché la personalità non si forma in maniera consolidata potrebbe essere solo un periodo di transizione. Molte volte i pazienti vengono portati a visita dai familiari perché sono esausti. Quando una personalità diventa patologica? Una personalità diventa patologia quando ci sono: Devianza statistica Devianza funzionale → il soggetto non riesce a fare una vita normale Devianza clinica → il soggetto soffre o fa soffrire gli altri per il suo modo di essere Epidemiologia In funzione di dove cerco, la frequenza dei disturbi di personalità cambia tantissimo. Per esempio, se dovessimo esaminare un campione all’uscita di un supermercato avremmo che circa il 4-10% delle persone ha un disturbo di personalità; dal medico di base la percentuale sale al 20%; nella sala di attesa di un centro di salute mentale arriviamo al 40%, ma se andiamo a cercare nelle prigioni la percentuale sale tantissimo; infatti, circa il 70% dei carcerati ha un disturbo di personalità. La prevalenza cambia molto in funzione del sesso ma anche di fattori socioculturali (livello sociale, livello economico, livello culturale). I più frequentemente diagnosticati sono l’ossessivo-compulsivo, il dipendente e lo schizotipico, mentre i meno frequentemente diagnosticati sono il narcisistico e lo schizoide. I più evidenti sono borderline e antisociale. Alcuni di essi tendono ad essere più stabili nel tempo, infatti, ad esempio, borderline e antisociale sembra che man mano che diventano più grandi tendono a “calmarsi”. Classificazioni In Italia si utilizza la classificazione dell’ICD e non quella del DSM, anche se, pur essendo arrivati all’ICD-11, nelle cartelle cliniche delle persone che sono state dimesse dagli ospedali troveremmo l’ICD-9; ciò non è una cosa producente perché ad esempio, parlando di disturbi alimentari, l’ICD-9 non contempla il BED. Nel DSM-V i disturbi sono divisi in 3 cluster (ricordiamo che la clusterizzazione è una tecnica statistica che fa dei sottogruppi, infatti i disturbi di personalità sono raggruppati per una serie di somiglianze) Cluster A → caratterizzato da comportamento bizzarro ed eccentrico; gli individui appaiono strani o eccentrici: - D. paranoide di personalità - D. schizoide di personalità - D. schizotipico di personalità 26 Cluster B → caratterizzato da comportamento imprevedibile, impulsivo e traumatico; gli individui appaiono melodrammatici, emotivi o imprevedibili: - D. antisociale di personalità - D. borderline di personalità - D. istrionico di personalità - D. narcisistico di personalità Cluster C → include comportamenti caratterizzati da ansia ed insicurezza; gli individui appaiono ansiosi o paurosi - D. di personalità evitante - D. di personalità dipendente - D. di personalità ossessivo-compulsivo - (una volta era anche presente il passivo-aggressivo che poi è stato tolto) Tra l’ICD e il DSM non ci sono molte differenze, ma hanno solo modi diversi di nominare i sintomi. Ad esempio, Disturbo Borderline: l’ICD parla di instabilità emotiva, immagine di sé, preferenze soggettive non chiare o disturbate, sentimenti di vuoto interiore, relazioni intense ed instabili (crisi emotive, sforzi di evitare l’abbandono, tentativi di suicidio, autolesionismo); il DSM invece parla di instabilità, impulsività, timore di abbandono, rabbia, percezione di sé instabile, tentativi di suicidio. Disturbo paranoide di personalità il soggetto è: Diffidente e sospettoso verso gli altri Spesso mal interpreta le intenzioni o le azioni degli altri Trovano significati nascosti Hanno risentimento verso gli altri e colpevolizzano gli altri Hanno una gelosia patologica e spesso accusano il/la partner di tradimento Hanno una natura litigiosi ed ostile Non si confidano con nessuno perché pensano che tutto possa essere usato contro di lui Portano molto rancore e non dimenticano niente, neanche il torto più piccolo. 27 Il disturbo paranoide ha una prevalenza del 2.5% della popolazione ed è più frequente nel sesso maschile. Spesso chi ha questo disturbo può averne in comorbidità altri disturbi di personalità come lo schizotipico di personalità, il borderline e l’evitante. Un dato molto interessante è che queste persone hanno una maggiore familiarità per altre patologie di tipo psicotico, ovvero non è infrequente trovare persone con DP paranoide tra i familiari di primo grado di soggetti che hanno una diagnosi di schizofrenia. Disturbo di personalità schizoide Il soggetto appare: Distaccato dalle normali relazioni sociali Propensione per attività solitarie perché si sentono bene da soli Nessun desiderio per le relazioni sessuali o interpersonali Inetto o socialmente goffo Ha una ristretta gamma di emozioni ed è freddo e distaccato; non sono empatici Hanno una ricerca della novità bassa, una ricompensa dalla ricompensa bassissima Un esempio è Sheldon di The Big Bang Theory che ad esempio crea un contratto quando la ragazza gli dice di voler avere rapporti sessuali, ha un comportamento bizzarro (basti pensare che aveva un canale YouTube di bandiere). La prevalenza del disturbo fortunatamente è bassa (meno dell’1%), però questo dipende dal fatto che non si riproducono. Disturbo di personalità schizotipico Il disturbo schizotipico è una sorta di via di mezzo tra paranoide e schizoide. Il soggetto: Appare diverso, non conforme Ansioso in situazioni sociali Sospettoso verso gli altri Ha credenze strane o eccentriche (credono nella chiaroveggenza, magia ecc..) Pensiero e discorso a volte disorganizzati Ha un modo molto strano di interpretare la realtà Idee di riferimento, ideazione paranoide I comportamenti sono ancora più strani rispetto al paranoide e allo schizoide, tant’è che lungo un continuum di disturbi psicotici e schizofrenia, il disturbo schizotipico sarebbe al livello 28 inferiore rispetto la psicosi. Quindi viene considerato un fattore di rischio per poter sviluppare un disturbo psicotico di tipo schizofrenico. Sono persone che appaiono diversi, si vestono in maniera diversa, hanno anche delle consuetudini strane. Anche questa diagnosi una volta effettuata è difficilissima da togliere e infatti per poterla fare devono essere soddisfatti 5 sintomi. Questo cluster è caratterizzato da un comportamento che ricorda vagamente la schizofrenia (deliri, pensiero intrusivo, comportamento bizzarro). Questo disturbo ha una prevalenza del 3% ed è più comune nei maschietti e ci sono legami con la schizofrenia. Disturbo istrionico di personalità Attualmente la nevrosi isterica, di cui parlava Freud, nel DSM è stata sparpagliata in diversi disturbi e sarebbero: il disturbo di personalità istrionica, disturbi conversiti e disturbi dissociativi. Le istrioniche sono persone che: Richiedono eccessiva ammirazione (lui è l’attore di scena che deve avere tutti i fari puntati su di lui) molto drammatiche (Raccontano una cosa e pare che ogni giorno stiano vivendo l’iliade o l'odissea) sono persone molto molto suggestionabili egocentrici (sono molto focalizzate sul proprio aspetto fisico e utilizzano il trucco, l’abbigliamento, la pettinatura, il modo di parlare e di muoversi per attirare l'attenzione e quindi cercano sempre di fare di tutto per essere il perno dell'interesse di tutti). Ad esempio, ad un matrimonio l’istrionico andrebbe vestito in modo non elegante perché così attirerebbe di più l’attenzione. Sessualmente provocanti Si pensa che le persone con questo tipo di disturbo possono avere anche grandissime difficoltà a raggiungere l’intimità di tipo sessuale o sentimentale. Spesso sono quelle che devono avere il ruolo della “vittima” o della “principessa” nelle loro relazioni con gli altri; sono persone che tra l'altro ti mettono in imbarazzo perché compromettono un'altra persona con il loro stile sessualmente provocante. Questo può capitare anche sia nel sesso maschile che femminile. 29 Sono persone che non tollerano la frustrazione, si annoiano con la solita routine, e sono sempre alla ricerca di novità, però una delle cose più importanti è che sebbene sia più diagnosticato nel senso femminile, la prevalenza è uguale nel senso maschile. La prevalenza è piuttosto elevata (2-3% della popolazione) e spesso è in comorbidità con il borderline e se io dovessi andare a fare uno studio, e quindi mi servisse cercare istrioniche, andrei a cercarlo tra le comunità delle donne separate divorziate perché, essendo che devono essere sempre al centro dell’attenzione, spesso combinano dei pasticci (es. tradimenti) perché sono anche sessualmente molto provocanti e quindi i loro rapporti spesso si rompono. Disturbo narcisistico di personalità Sono persone che hanno una autostima ipertrofica ed è molto più frequente nel sesso maschile che femminile, però fortunatamente anche questi sono pochi quindi la popolazione generale la stima è inferiore all’1%. Sono persone che: si sentono grandiosi con forte bisogno di ammirazione mancanza di empatia sentimenti di superiorità sfruttano le persone possono essere molto ambiziosi sono invidiosi Se io volessi dar fastidio a una persona narcisista, dovrei ignorarla. Il disturbo ha una prevalenza inferiore all’1% ed è più comune nel sesso maschile. In realtà il paradosso narcisistico è che queste persone sembrano forti, ma hanno una bassissima autostima. 30 Disturbo antisociale di personalità Questa diagnosi richiede molte cose e tra l’altro è l’unico disturbo di personalità per il quale il DSM richiede un’età; infatti, per poter fare diagnosi il soggetto deve avere almeno 18 anni però il suo comportamento si deve manifestare sin dall’età di 15 anni. Le caratteristiche sono: mostra una generale non curanza per gli altri; mancanza di rimorsi per le proprie azioni frequenti problemi giudiziari ingannevole impulsivo irritabile ed aggressivo irresponsabile (lavoro, aspetti economici) I problemi comportamentali iniziano nell’infanzia (disturbo della condotta) e peggiora durante la crescita. Ha una prevalenza del 3% negli uomini e l’1% nelle donne e fortunatamente non è frequente però le carceri sono piene. Si pensa che, in realtà, questo disturbo possa essere spiegato come un meccanismo adattivo perché è più frequente trovarlo in ceti sociali più bassi; se io abito in un quartiere malfamato e non ho soldi, imparo questo modus operandi come un mezzo di sopravvivenza e quindi non è detto che tutti quanti per forza siano delinquenti. Disturbo di personalità borderline “Borderline” vuol dire “via di mezzo”; il borderline ha sintomi che ricordano la depressione, l’ansia, la psicosi, la qualunque. Sono persone che hanno: instabilità nei rapporti interpersonali, umore e immagine di sé mancanza di identità umore altalenante e forti emozioni paura dell’abbandono o del rifiuto aggressività e propensione all’autolesionismo divisione del mondo in bianco o nero → non riescono a vedere tutte le sfumature e quindi in funzione della parte della realtà che io sto guardando vedo soltanto o uno o l'altro e reagisco di conseguenza; se sono io che mi vedo brutta allora mi taglio o mi butto dalla finestra o faccio finta di farlo ecc. La ricerca della novità è altissima, l’evitamento del pericolo è bassissimo. Ci può essere in comorbidità un disturbo alimentare, infatti spesso la bulimia ha comorbidità con il DP borderline. 31 Disturbo evitante di personalità Il soggetto è: sensibile alle critiche, al rifiuto, alla disapprovazione riduce le sue attività per evitare l’imbarazzo si ritiene incompetenti o inadeguati bassa stima di sé Mentre lo schizoide sceglie attività individuali perché non ha interessi, l’evitante lo fa perché ha paura. Questo tipo di DP è anche molto frequente nei disturbi del comportamento alimentare. Si sentono magari inibiti nei rapporti sessuali e nei maschi è frequente avere poi altri problemi sessuali, come l’eiaculazione precoce. La differenza tra fobia sociale e disturbo evitante è che il primo è egodistonico, mentre il DP è egosintonico perché il soggetto con fobia sociale si rende conto dell’assurdità e farebbe di tutto per risolvere il problema e va da psicologo, psichiatra, mentre l’evitante non va da nessuna parte perché considera davvero di non valere niente. Disturbo dipendente di personalità Il soggetto dipendente è una persona incapace di dire “no” ed è convinto di non valere nulla, di non riuscire a sopravvivere se non c’è un’altra persona che si occupa di lui. Eccessivo bisogno di essere aiutati Sottomissione, attaccamento Ricerca di rassicurazione dagli altri Non esprime disaccordo: timore di disapprovazione o rifiuto Paura di essere “messo da parte” 32 È più comune nel sesso femminile e per esempio spesso si può riscontrare questo disturbo nelle donne con un BED. Disturbo ossessivo-compulsivo di personalità Perfezionismo Preoccupazione per l’ordine, le regole, i dettagli Necessità di controllare Non si prendono mai ferie perché c’è sempre qualcosa da finire infatti sono molto devoti al lavoro e cercano poco tempo libero o amicizie Spesso avaro Rigido, inflessibile, ostinato Non lavora bene con gli altri Qual è la miglior fidanzata di un narcisista? Dipendente L’istrionica è la peggior fidanzata di? Paranoide Miglior fidanzato per una schizoide? Evitante Peggiore fidanzata per un ossessivo-compulsivo? Antisociale. Per capire come sono i disturbi di personalità, vediamo un po’ come andrebbero a parcheggiare: 33 LA SCHIZOFRENIA E I DISTURBI DELLO SPETTRO DELLA SCHIZOFRENIA Distinzione fra delirio e delirium Il delirio è un’alterazione del contenuto del pensiero e rientra nel campo delle psicosi. Il delirium è un’alterazione dello stato di coscienza, della focalizzazione dell’attenzione e un’agitazione psicomotoria. Il delirio è tipico di un paziente psicotico, schizofrenico, bipolare che ha una convinzione errata, immodificabile; mentre il paziente con delirium è agitato, confuso. Cenni storici La schizofrenia è il classico disturbo psichiatrico ed è quella che nei secoli scorsi veniva definita “pazzia”. I primi elementi risalgono già al XVI-XVII secolo, anni in cui il malato mentale veniva rinchiuso e separato dalla società; la pazzia era vista, all’inizio, addirittura come un peccato, poi come un reato sociale e poi, finalmente, gli venne data la dignità di disturbo, di malattia mentale. Nel XVII i malati psichici vengono riconosciuti per la prima volta dopo il Medio Evo come tali e la psichiatria fu considerata una scienza medica, completamente libera dai ganci della religione. Philippe Pinel nel XVIII secolo, per la prima volta, cominciò a distinguere i malati mentali dai poveri, i vagabondi e gli emarginati e riconobbe la follia come una malattia, definendo le prime caratteristiche psicopatologiche (ovviamente molto arcaiche): Malinconia Mania senza delirio Mania con delirio Demenza Idiotismo (il futuro ritardo mentale) In quei secoli, il folle, lo schizofrenico era visto come un individuo incapace di padroneggiare i propri istinti e quindi veniva visto anche con sospetto. La “cura” è stata per secoli l’isolamento e la chiusura nei manicomi, non essendoci farmaci. Nel 1978 con la legge Basaglia furono aboliti in Italia gli ospedali psichiatrici e vennero istituiti i servizi di igiene mentale, per la cura ambulatoriale dei malati di mente. Questo fece dell’Italia un paese pionieri nel riconoscere i diritti del malato. Il primo che diede un nome a questa malattia fu Kraepelin (1983), definendola “demenza precoce”. Questo nome che diede all’attuale schizofrenia non era un caso perché la cosa che l’aveva colpito era che questi pazienti di 18, 20, 25, 30 anni avevano un’evoluzione simile ad una demenza precoce. Quindi definì la schizofrenia come una malattia con: Esordio in età giovanile Progressivo decadimento di varie funzioni psichiche Esito con un quadro simil demenziale Oggi questi quadri in un certo senso non li vediamo più così perché oggi 9 schizofrenie su 10 sono “sporcate” dalle sostanze (cannabis, cocaina, allucinogeni...) e questo cambia moltissimo. Un altro canale che lui identificò fu la psicosi maniaco-depressiva (attuale disturbo bipolare) che, secondo lui, aveva sempre un esordio in età giovanile, un’alternanza di fasi maniacali, depressive e libere, ma non c’era un quadro simil demenziale. 34 Nel 1911, Bleuler diede proprio il nome di schizofrenia e, lavorando a Zurigo con questi pazienti, iniziò a valutare che le funzioni psichiche essenziali della mente erano come divise e quindi poteva essere alterata la memoria, il pensiero, l’eloquio, l’attenzione e altre. Da qui definì la schizofrenia come un “disturbo delle associazioni” (schizofrenia = mente divisa). Ormai la schizofrenia è associata ad uno stigma molto forte; cioè oggi fare diagnosi di schizofrenia è una cosa pesante e infatti bisogna valutare attentamente il quadro perché poi non è una diagnosi da cui si torna indietro. Per tutti questi motivi oggi c’è un dibattito sul cambiare nome alla malattia per alleggerire un po’ questo stigma. Bleuler identificò anche alcuni sintomi fondamentali: alterazioni legate quasi all’autismo, al ritiro sociale, alla psicosi, allucinazioni che sono proprie della schizofrenia. Nel 1946, Schneider identificò due tipi di sintomi: Sintomi di 1° rango → eco del pensiero, voci commentanti, allucinazioni somatiche (es. l’idea di avere un cip nella propria testa o non riconoscere una parte del corpo), deliri di controllo e di influenzamento Sintomi di 2° rango → altre allucinazioni, perplessità, appiattimento affettivo, variazioni, dell’umore Tutto ciò fu approfondito dalla Scuola di Bonn, in cui iniziarono a studiare i sintomi di base della schizofrenia. Inoltre, nel 1980, Crow iniziò a suddividere due tipi di schizofrenia: Con sintomi positivi → sintomi che emergono dal quadro clinico della psicosi e sono allucinazioni, deliri, disfunzioni intellettive, agitazione comportamentale, disorganizzazione dell’eloquio e del pensiero Con sintomi negativi → sintomi che rimangono sommersi rispetto al quadro clinico e sono il ritiro sociale, deterioramento intellettivo, povertà attentiva, scarso funzionamento. Infine, Andreasen, nel 1982, riportò la schizofrenia per come oggi la conosciamo ovvero caratterizzata da sintomi positivi, negativi o misti. Definizione di schizofrenia La schizofrenia può essere definita come un disturbo psicotico; ha un esordio giovanile (tra i 16-20 anni) con un decorso cronico-intermittente, il che vuol dire che dura tutta la vita però ci sono fasi di benessere e fasi di ricaduta. Si identifica con 3 componenti fondamentali: Trasformazione della realtà (deliri e allucinazioni) Impoverimento ideoaffettivo (alogia, abulia, apatia e asocialità) Disorganizzazione (pensiero, eloquio e comportamento) Epidemiologia L’esodio tipicamente è anticipato per gli uomini (15-25 anni) e un po’ più tardivo per le donne (25-30 anni) però di solito intorno ai 18-20 c’è il primo episodio psicotico. C’è un’incidenza mondiale leggermente superiore per gli uomini, in cui ci sono anche più sintomi negativi; mentre c’è un miglior decorso nelle donne. Una cosa curiosa che si è riscontrata nel corso del tempo è che c’è un fattore di rischio superiore per gli individui che sono stati concepiti d’inverno. Ricordiamo che la prevalenza riguarda i casi attuali di un disturbo nella popolazione, mentre l’incidenza sono i nuovi casi per anno che si presentano. La prevalenza della schizofrenia è di circa l’1%. C’è da dire che nei 35 paesi rurali l’impatto è meno evidente perché in un paesino di 1000/2000 abitanti c’è un paziente ogni tanto, mentre nelle grandi città questa cosa è molto più evidente e i soggetti schizofrenici si concentrano di più anche perché qui girano molte più sostanze. Non c’è un grande fattore culturale, a differenza di altre patologie, e quindi la cultura occidentale non influisce più di altre sulla malattia. Quello che, invece, influisce è la familiarità, ovvero avere in famiglia qualche parente diretto del paziente che ha avuto o ha un disturbo psichiatrico e questo è importantissimo da tenere a mente per quanto riguarda tutta la psichiatria. Bisogna fare molto attenzione all’età perché è quasi improbabile fare diagnosi di schizofrenia ad un signore di 60 anni che è sempre stato bene, così come è poco probabile fare diagnosi di demenza ad un ragazzo di 18. Eziopatogenesi e fattori di rischio L’eziopatogenesi della schizofrenia non è conosciuta purtroppo, ma sappiamo che si sono svariati fattori di rischio che messi tutti insieme causano i disturbi psichiatrici. La teoria, ad oggi, più accertata è che per qualsiasi disturbo psichiatrico esiste sicuramente una predisposizione genetica; poi subentrano dei fattori di rischio che, nel caso della schizofrenia, partono già dalla via intrauterina (es. la madre che fuma, beve alcolici, fa uso di sostanze, ha infezioni o ha traumi cranici rappresenta un fattore di rischio). Altri fattori potrebbero essere traumi come abusi sessuali, psicologici o fisici. Esiste però una componente neurobiologica perché ci sono delle vie identificate all’interno delle psicosi. Esistono ipotesi genetiche, sociali e psicodinamiche (queste ad oggi hanno perso un po’ di valore perché tanti anni fa si parlava delle “madri frigorifero schizofre

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